Quo vadis Medio Oriente
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Quo vadis Medio Oriente
Intervengono diversi esperti, tra cui Luigi Di Maio, Valeria Talbot e Nicola Pedde, discutendo il ruolo di attori chiave come Qatar, Arabia Saudita, Iran ed Egitto, l'impatto sulla normalizzazione israelo-araba e le implicazioni per l'Europa, con particolare attenzione alle sfide economiche e alla possibile escalation del conflitto. Si affrontano anche le dinamiche interne iraniane e il ruolo della Turchia.
Singaressa C'è una regia qui in prima fila che mi dice ciò che posso e non posso fare, grazie grazie per essere qua così numerosi a un incontro su politica estra, devo dire che nel panel precedente ero in competizione con Giorgia Meloni, non io Paolo, il panel intendo e c'era tantissima gente, dicevo ma è una scelta politica. In questo pane siamo in competizione con, solo fra due ore inizia la Zanzara e qui fuori e io sono stato, dicevo prima, a fare una piccola chiacchierata su nessun luogo lontano e c'era questa piazza piena, dico ma pensa quanta gente ha sentito la politica internazionale e Musume ci mi dice ma che? Sono qui dalle due a aspettare la Zanzara che inizia stasera alle 7 e voi invece siete proprio qua a sentire noi, a sentire soprattutto Luigi Di Maio a cui ho chiesto prima come devo presentarlo perché non posso chiamarti rappresentante, quindi onorevole Luigi Di Maio abbiamo trovato questo accordo. Grazie, rappresentante speciale dell'Unione Europea per la regione del Golfo, grazie mille, sappiamo che essere qui con noi in questi giorni un po' complicati non è facile per nessuno ma in modo particolare per il rappresentante speciale dell'Europa. Valeria Talbot, responsabile dell'Osservatorio Medio Oriente e Nord Africa dell'ISPI e Nicola Pedde, direttore dell'Institute for Global Studies, anche lui qua nonostante i tanti impegni perché forse alcuni di voi non sanno che lui è in particolare un grande esperto di RAN e in questo momento sei un pochino in alta stagione per le richieste di commento. Ovviamente carissimo pubblico L'attualità ci potrebbe portare a discutere per delle ore ma poco fa, oggi insomma, la Corte di Giustizia Internazionale ha preso una decisione su Israele dopo che il Tribunale Penale l'aveva presa nei giorni scorsi, ma voi siete persone informate di fatti, non siamo qua a parlare dell'attualità spicciola, noi siamo qua a fare una riflessione su appunto dove va Quo Vadis in Medio Oriente e dove va questa regione così importante ma anche così complicata a volte e doveva il Medio Oriente, vi rubo solo due secondi prima di entrare con i nostri ospiti, per capire cosa può aver comportato, cosa può comportare ciò che è successo il 7 ottobre, vi ricordo brevemente di che cosa avremmo parlato se ci fossimo visti otto mesi fa. Avevamo parlato di una regione, il Medio Oriente, dove c'era in corso un processo di insolita positiva normalizzazione politica, meno tensioni di prima, meno tensioni fra Israele e gli altri paesi che avevano firmato il patto di Abramo, meno tensioni fra la Turchia e i paesi con cui la Turchia aveva avuto, nonostante la politica di zero problems, molti problems negli anni precedenti, meno tensioni persino fra i due arcinemici storici, l'Iran e l'Arabia Saudita che avevano sotto mediazione cinese trovato un punto di dialogo. Vedevamo quindi una regione con meno tensioni e quindi qualche motivo di speranza, una regione peraltro che si guardava in giro, che non aveva più la tradizionale dipendenza all'America ma guardava in modo anche più opportunistico anche al ruolo della Russia, al ruolo della Cina, al ruolo dell'India, al ruolo della Turchia stessa, al ruolo di altri attori e una regione infine dove il conflitto israelo-palestinese era un po' nelle retrovie. Questa era la regione in Medio Oriente fino a otto mesi fa e otto mesi fa, il 7 ottobre, insomma è successo quello che sappiamo, l'orrore di Amas a cui poi ha risposto altro orrore, quello che su cui ha deliberato in questi giorni i tribunali internazionali e il risultato è che tutto apparentemente, qui entriamo nel dibattito, tutto apparentemente sembra cambiato. Dico apparentemente sembra perché se quanto è successo in questi mesi fosse successo vent'anni fa avremmo già un conflitto regionale pienamente esploso, in realtà noi abbiamo visto molti razzi in tutte le direzioni ma l'escalation che tutta abbiamo ottenuto, per fortuna nonostante il dramma che si sta vivendo nei due paesi coinvolti, non c'è ancora stata. Onorevole Di Maio, lei ha, qualcuno prima sentivo scherzando diceva, è arrivato su questo ruolo nel momento in cui appunto non c'è più la normalizzazione ma è tornata una priorità assoluta su questa regione e in particolare il golfo che nel suo incarico lei segue in prima persona è non solo in grande trasformazione economica e di questo pure parleremo ma sta giocando un ruolo molto importante di freno rispetto all'escalation e addirittura di mediazione penso al Qatar. Ecco ci aiuti un po' a capire questo ruolo prima del golfo ma del Qatar così importante in questo momento di mediazione su questa crisi. C'è da dire buonasera a tutti prima di ogni cosa grazie direttore dell'invito grazie al festival al solo 24 ore a l'ispi per l'organizzazione sono molto contento di poter essere qui e spiegare anche velocemente dare qualche risposta rispetto a un'esperienza io passo tre settimane al mese nel golfo e una a brookshire quindi sostanzialmente quello che io percepisco sul campo è il contributo che posso dare qui. Il Qatar non è come sa meglio di me non è nuovo ad essere un partner per le mediazioni con quelle parti del mondo con cui noi o non possiamo o non vogliamo parlare o tutte e due. Quando sono stato ministro loro sono stati fondamentali per le evacuazioni dall'afghanistan non solo la leadership politica di amassi a doha ma anche c'è stata e c'è ancora l'ufficio politico dei talebani a doha e sono stati un paese che soprattutto negli ultimi anni è stato un partner dei paesi europei in determinati momenti la crisi del gas dopo l'attacco della russia all'ucraina come dicevo prima l'evacuazione dall'afghanistan ci hanno tenuto a dimostrare solidarietà l'italia gli altri paesi dell'europa coinvolti nel covid immediatamente nei giorni dopo la crisi e poi così andando avanti quello che sta avvenendo a Gaza sicuramente è un paese il catar che insieme agli altri paesi del golfo ha un interesse uguale al nostro cioè la stabilità questi paesi oltre dieci anni fa anche per effetto di una transizione generazionale nelle leadership capiscono più di ogni altro che il gas e il petróleo non potranno essere un introito per sempre cominciano questi programmi a implementare i programmi vision vision 20 30 30 35 20 40 dipende dai paesi ma i programmi vision hanno un obiettivo diminuire la dipendenza del bilancio dello stato e della crescita economica dai carbon fossili superando il loro obiettivo andando oltre il 50 per cento alcuni sono anche già vicini al 50 per cento introiti nel bilancio dello stato non da carbon fossi questo che cosa produce un cambio di paradigma c'è stata il fuoco unilaterale nello yemen la normalizzazione gli accordi di abbramo anche se quelli rappresentavano anche un interesse più ampio a livello internazionale degli stati uniti la normalizzazione con l'iran con la facilitazione della cina e poi la time che il corridoio india middle east europe e poi ancora la siria di nuovo nella lega araba cioè una serie di aperture che miravano ad un obiettivo stabilizzare il più possibile la regione e dall'altra parte anche guadagnare sempre più leva sempre più peso a livello internazionale voglio concludere solo citando una cosa so benissimo che c'erano tante critiche sul fatto che gli emirati arabi stessero ottenendo durante l'ultimo anno nel 2022 sul 2023 la presidenza della cop 28 a dubai perché era un paese ed è un paese che fornisce carbon fossile a tutto il mondo ma il fatto che un paese come questo abbia avuto quella presidenza portò a tanti scetticismi all'inizio della trattativa io era a dubai in quei giorni la davano tutti per spacciata ma questi paesi avendo implementato rapporti con l'africa col centro asia con questo approccio multipolare hanno dimostrato anche che lavorando con l'europa con l'occidente quindi anche con gli stati uniti con altri partner si è raggiunto comunque un risultato che è definito storico sulla cop 28 perché per la prima volta c'è la transition away from fossil fuels nella conclusione nelle conclusioni di una cop quindi ovviamente abbiamo tante differenze per esempio l'unione europea ha un dialogo strutturato sui diritti umani con ognuno di questi paesi formale o informale che prevede discussioni franche e anche a volte delle discussioni forti su alcuni casi specifici o su alcune norme però in generale io vedo che il catar come anche l'arabia saudita come gli emirati come l'oman se guardiamo all'iran sono state negli ultimi anni sono stati dei paesi porta per noi per riuscire a raggiungere anche degli obiettivi bilaterali in momenti di crisi lei ha citato abbiamo citato gli accordi de bramo messi a dura prova dal conflitto e in particolare l'arabia saudita era considerata prossima ad aderire mentre ora si è apparentemente fermato il processo anche se la percezione che gli americani stiano insistendo perché questo processo invece continua davanti ecco cosa ci può dire su questo questo ovviamente era l'ennesimo processo di normalizzazione ho dimenticato di citare un processo perché stavamo parlando del catar l'ho dimenticato quello di alula che ha portato alla normalizzazione tra di loro tra i paesi gcc dopo il caso dell'embargo contro il catar quindi questo processo di dialogo con israele era un processo che noi sostenevamo pienamente soprattutto dopo quello tra arabia saudita iran quello arabia saudita israeli avrebbe in qualche modo non dico chiuso il cerchio ma sarebbe stato un game changer anche perché sappiamo il peso dell'arabia saudita anche rispetto a tutto il mondo arabo oggi io lo definirei congelato questo processo per quello che sta avvenendo a gaza ma anche dobbiamo dire perché in generale in arabia saudita c'è in questo momento un'opinione pubblica sensibilissima e ricordiamoci che come i nostri giovani anche i loro giovani sono pienamente colpiti da quello che sta avvenendo a gaza come colpiti da quello che è avvenuto nell'attacco terroristico di amass il 7 ottobre contro israele il punto che li giovani sono il 70% della popolazione è un po' diverso sono un po' diverse anche le quantità e la demografia questo crea una massa critica che oggi questa è la mia personale opinione non può che vedere congelato il processo di dialogo con israele ma auspico e ospichiamo tutti che dopo un cessato del fuoco sostenibile a gaza e anche dopo la ripresa del dialogo della comunità internazionale sulla soluzione a due stati si possa arrivare a una normalizzazione con israele che dobbiamo dire ad onore del vero era già nella arab peace initiative del 2002 di re salman che lancio questa iniziativa dicendo noi riconosceremo israele nel momento in cui israele riconoscerà la palestina si verificheranno anche altri nove punti di quei dieci punti dell'arab peace initiative ovviamente con questo processo eravamo andati un po più avanti e fino a settembre alla assemblaggio in aree delle nazioni uniti quando muhammed bin salman rilascia quest'intervista alla fox news negli stati uniti sembrava cosa non dico fatta ma quasi fatta ovviamente tutto questo avviene in un momento nel quale è vero il 7 ottobre però ricordiamoci che noi stavamo già registrando delle tensioni precedentemente al 7 ottobre in questa nuova fase di normalizzazione l'attacco droni al confine con lo yemen che portò alla morte di 5 soldati alla fine di settembre 5 soldati bareniti al fine di settembre era qualcosa che non accadeva da tempo dalla proclamazione del cessato il fuoco unilaterale da parte dell'arabia saudita e della coalizione araba in game e secondo ancora prima la subito dopo quindi prima del 7 ottobre la disputa sui confini marittimi tra quate ed irak quella sentenza della corte costituita della corte federale irakena che sembra addirittura rivisitare lo storytelling di saddam usain su il quate irakeno ha portato a far saltare un momento storico l'assemblare delle nazioni perché antonio guterres stava organizzando per la prima volta un incontro a livello ministri nel formato gcc iran irak e noi aspettavamo tutti quel momento perché si era esisteva già questo formato ma si era sempre riunito a livelli di rappresentanti permanenti alle nazioni uniti questo salta perché tutti i gcc mostrano solidarietà al quate facendo saltare quell'incontro che era un incontro si doveva tenere appunto a settembre l'assemblare le nazioni uniti queste cose alcuni osservatori della regione non tutti le riconducono comunque all'iran che sentiva secondo alcune voci secondo alcune analisi non voci perché non siamo in un cortile secondo alcune analisi comunque sentiva la pressione di un accordo israele arabia saudita che avrebbe comunque stravolto gli equilibri all'interno della regione no chiaro ha fatto molto bene ricordarci in questi passaggi dove comunque poi l'impatto però sulle opinioni pubblica appunto non tanto sugli esperti di quello che sta succedendo israeli gaza è un detonatore assolutamente come giustamente il raffa lo è ancora di più no c'è no si potrebbe esserlo ancora di più e per questo che un po di cautela nell'ottimismo sulla ripresa del dialogo israeli abbassero dita sulla verificabilità del punto numero uno di quell'accordo ce la dobbiamo porre perché il clima mi sembra abbastanza complesso io passerei grazie passerei a nicola pedde e passerei ho già accennato nicola che mangada la tua area e l'iran è appunto perché l'iran lo abbiamo già un po citato abbiamo citato in quella voci di cortile o di analisti che diceva non avevo di mai o prima su quanto era preoccupato sulla normalizzazione e lo citiamo ora ricordando anche perché però neanche dall'iran ci sono arrivati correggimi segnali di una volontà di escalation dopo quanto è successo perché il famoso ride intercettato totalmente ma un po annunciato in un certo senso come quello di trump sulla siria ecco era un segnale di un paese che non vuole un escalation probabilmente anche perché è consapevole al di là delle della cecità dei regimi delle fragilità c'è una fragilità politica una fragilità economica e una fragilità strategico in questo momento ecco che lettura ci dai grazie a tutti grazie e buonasera sicuramente si diranno ha cercato ed infatti sta cercando ancora oggi di impedire in qualsiasi modo che si possa arrivare a un escalation regionale che la coinvolgerebbe fu malgrado in quasi immediatamente la gran parte degli attori regionali che sono interessati da questa dimensione di crisi sono in un modo o nell'altro ricollegabili all'iran e quindi l'esplosione di un escalation regionale avrebbe delle conseguenze immediate sulla repubblica islamica e tutta questa dinamica tuttavia si inserisce all'interno di una dinamica di politica interna e di un profondo mutamento che sta interessando il la politica interna iraniana ormai da tempo ma che è importante citare soprattutto perché è alla base diciamo delle strategie che l'iran poi adotta nella regione abbiamo due ordini di problemi secondo me nel gestire questa transizione dell'iran la prima è che la transizione generale come ci diceva onorevole di maio prima che interessa i paesi del golfo interessa forse ancor più l'irani in questo momento perché la prima generazione del potere quella che sono i rivoluzionari che fecero la repubblica islamica tra il 78 e 79 che era di espressione clericale ormai di fatto è ridotta a numeri esigui se noi andiamo a contare quelli che sono ancora gli esponenti attivi di prima generazione non arriviamo a 10 mentre la seconda generazione del potere non è nata all'interno del contesto clericale è nata all'interno di un apparato nato come militare quello dei pas d'aran ma poi sviluppato se in un qualcosa di molto più articolato oggi è una sorta di stato nello stato è un conglomerato militare economico amministrativo che ha ramificazioni dovunque che oggi rappresenta l'ossatura della delle istituzioni dell'economia e dell'apparato di difesa della repubblica islamica sono pervasivi sono ormai riusciti a conquistare ogni ambito del controllo politico ed economico del paese pur tuttavia in una condizione dove ancora la prima generazione e i simboli della prima generazione tra i quali la guida rappresentano formalmente l'immagine del potere iraniano queste due generazioni hanno idee molto differenti dal punto di vista ideologico dal punto di vista della strategia di politica estera e soprattutto di difesa e la seconda generazione è molto più assertiva della prima la prima generazione ha sempre costruito il paradigma di politica estera e di sicurezza su quella che la guida chiama la pazienza strategica e soprattutto la difesa avanzata cioè questa ramificazione di interessi all'interno della regione attraverso una serie di alleati che idealmente dovrebbe portare qualsiasi minaccia contro l'iran lontano dai confini della repubblica islamica anche qui sarebbe da aprire una parentesi perché tutta questa rete di alleati non è più quella che era venti anni fa quindi non sono più le sbolla di oggi i siriani gli stessi huti non sono certo quelli che erano anni fa e oggi hanno agende molto più individuali che non condivise con l'iran ma prescindendo da questo il mutamento di questo scenario dove l'iran cerca quindi di acquisire un maggiore ruolo all'interno della regione medio orientale cerca di riconquistare quelle che considera delle posizioni sottratte da 45 anni tra imbarghi e isolamento hanno un limite cioè quella di non oltrepassare la linea rossa del confronto diretto con israeli e con gli stati uniti che è sempre stato un mantra per la prima generazione questa linea rossa la seconda generazione la vede in modo molto diverso e l'affermazione ormai evidente di questa seconda generazione ha portato a un cambio forte di paradigma in termini di politica strategica e lo abbiamo visto con l'attacco a israeli in risposta al bombardamento del consolato a damasco e lo abbiamo visto con il recente la recente esplosione di un dibattito aperto in termini politici sulla possibilità di militarizzare il programma nucleare. Nicola tu mi impoli un cambio di programma e di farti subito la domanda del giro successivo quindi salterai un giro dopo ma se seguiamo come abbiamo seguito con attenzione il tuo ragionamento pensiamo male cioè seguiamo il tuo ragionamento e diciamo ma allora tu hai parlato di esplosione ha portato all'esplosione la seconda generazione è appena detto allora quell'elicottero del presidente Rezzi che è stato un incidente in questa versione ufficiale se non fosse un incidente pensare che possa essere la seconda generazione che elimina il possibile successore al ruolo della prima generazione è un'ipotesi aperta e oltretutto la seconda considerazione è che allora dobbiamo preoccuparci particolarmente perché qualcuno ha detto adesso non c'è più Rezzi ci sarà in molto molto moderato potrebbe essere una battaglia interna che porta la seconda generazione quella che non ha la linea rossa al potere in Iran quando anche la guida suprema lascerà il suo incarico su questa vita terrena un po' di complottologia non so come si dica ma complottismo grazie aiutaci allora parto dall'ultima parte di questa domanda la seconda generazione è già al potere controlla già sostanzialmente la gran parte delle prerogative di potere del sistema della repubblica islamica dell'Iran manca la formalizzazione di un passaggio oltrevo che sarà quello dato dalla transizione con la prossima guida si apre un'opportunità oggi di conquistare anche la presidenza della repubblica cioè l'ultimo organo elettivo che di fatto era in mano a un esponente ricollocabile nella seconda generazione dal punto di vista anagrafico ma ideologicamente legato alla prima ma la seconda generazione è già ormai pervasiva all'interno del sistema tant'è che appunto è cambiato il dibattito è cambiato lo abbiamo visto nelle ultime settimane è cambiato il paradigma strategico del paese io credo che fino a tre quattro anni fa non avremmo visto la reazione contro israeli e che abbiamo visto invece nelle settimane scorse dopo l'attacco a damasco la prima generazione era sempre stata ferrea nel rispetto di alcune linee rosse e quella del confronto diretto con israeli era una delle più importanti ma lo abbiamo visto come dicevamo anche in altri temi sul dibattito sul nucleare e quant'altro quindi tornando invece alla prima parte della tua domanda sul complottismo in realtà è qualcosa ormai di più di complottismo perché di fatto anche se andiamo a vedere proprio due giorni fa il capo di gabinetto presidenziale ismaeli che era sul terzo elicottero di questa formazione che volava dal confine l'azerbaigian per riportare il presidente al terran via tabrizia il terzo elicottero quindi quello ultimo nell'ordine di marcia che aveva la migliore visibilità il vicepresidente ha detto noi avevamo una condizione meteorologica assolutamente ottime non c'erano problemi di nebbia di visibilità e quant'altro ad un certo punto è comparso un piccolo banco di nubi e il pilota dell'elicottero presidenziale ci ha detto prendete quota che superiamo questo piccolo banco di nubi in quel momento è scomparso l'elicottero del presidente sono iniziate queste ricerche a vista che poi sono dovute terminare dopo poco per ragioni di autonomia e ha confermato peraltro che è riuscito a parlare per almeno tre ore telefonicamente con l'imam di tabriz che era a bordo dell'elicottero presidenziale ora non voglio arrivare a delle conclusioni però la versione che il capo di gabinetto l'ufficio del presidente ha fornito dell'incidente è in molti punti discordante da quella ufficiale fornita poi dal governo e dagli organi di stampa ci sarà un'indagine sicuramente avremo dei risultati in più dopo l'analisi del relitto e quant'altro però ci sono molti elementi di questa dinamica che hanno alimentato un dibattito all'interno dell'iran questo è sulle prime pagine ormai della stampa quotidiana iraniana da un paio di giorni c'è un dibattito in cui ci si chiede ma può essere stato qualcos'altro e se qualcos'altro può essere stato nella rosa di tutte le possibilità che possiamo individuare noi abbiamo storicamente avuto israelia che è stato molto aggressivo nei confronti del programma nucleare iraniano e quant'altro potrebbe essere uno dei sospetti non credo onestamente che in questo momento perché anche israeli non ha alcun interesse a far saltare un escalation regionale con l'iran quindi non credo che sia imputabile israeli diciamo che la matrice che tutti guardano dovendo considerare l'aspetto dolore con maggiore probabilità è una matrice interna e se questa matrice fosse confermata non dico che siamo di fronte un po' a quasi un colpo di stato ma insomma è un qualcosa che ci sia vicina è un acceleratore di questa dimensione di scontro tra i due generazioni che è molto grave. Nel cortile che lei frequenta mettiamola così è un'interpretazione che sta ricorrendo o stiamo facendo del complottismo? No è un dibattito rispettabilissimo più iraniano come si diceva nel senso interno all'iran ovviamente dal di fuori noi avevamo tante criticità con l'iran già prima di questo incidente che tra l'altro ha visto la morte anche del ministro Iestri, la persona che avevo incontrato per anni e con cui anche con tutte le difficoltà avevamo tenuto i canali aperti. Io credo semplicemente che nella regione ci sia la consapevolezza che comunque in Iran colui che in ogni caso detiene lo scettro del comando è il leader supremo e quindi probabilmente l'effetto come diceva il professore di quello che appena avvenuto lo vedremo nelle dinamiche politiche nella fase di successione probabilmente del leader supremo. Detto questo, questo cambio di dottrina come veniva descritto produce effetti uguali e opposti cioè se da un lato si comincia a temere la militarizzazione del programma nucleare dall'altra parte del golfo si comincia a parlare di garanzie di sicurezza e anche di utilizzo civile dell'arricchimento dell'uranio sul proprio suolo che questo genera poi anche il coinvolgimento dell'agenzia per il nucleare alle nazioni unite delle garanzie che noi stavamo cercando di farci dei parametri che stavamo cercando di farci garantire dall'Iran e che poi abbiamo perso dopo il fallimento del JCPOA però si avverte comunque una cosa cioè è caduto un tabù come diceva il professore quando abbiamo visto i missili e i droni iraniani che andavano verso Israel. Tra l'altro di cui il 99% non è andato a segno e questo però ha prodotto anche un effetto sebbene fortunatamente non siano andati a segno e comunque hanno causato il ferimento di una bambina il vero tema è che ha compattato non solo la comunità occidentale di più contro l'Iran ma anche creato delle crepe nella regione che abbiamo visto quella notte non si sono alzati solo i cacciere della NATO per difendere Israel ma per bloccare l'invasione allo spazio aereo per esempio Giordano di droni e missili sono intervenuti paesi che dovrebbero appartenere al the West versus the West ma questo non è più così quindi credo sia stato anche un errore strategico perché per esempio noi in Europa stavamo ancora dibattendo se approvare un nuovo pacchetto sanzioni ed è chiaro che due giorni dopo tutti gli stati membri anche i più critici sulle sanzioni hanno detto dobbiamo approvare un nuovo pacchetto. Ha cambiato tutta la narrativa c'era il momento di una forte tensione con Israele e appunto come lei diceva c'è stato un ricombattare abbiamo parlato per una settimana dei missili intercettati e non di quello fino al giorno prima stavamo parlando della carestia e della morte di fame dentro Gaza e per una settimana si è parlato di come si intercettavano i missili assolutamente è un autogol incredibile quasi da pensare che quei missi nel complottismo che nella regione abbonda che quei missi partissero da un altro paese non dall'Iran. Valeria scusa se ti ho fatto attendere ma era troppo ghiotto il collegamento fra la domanda 1 e la domanda 2 per Nicola. Valeria stiamo cercando di chiederci dove va il Medio Oriente ovviamente ci stiamo interrogando su dove vanno abbiamo parlato i due attori principali l'Arabia Saudita e l'Iran ma c'è un attore l'Egitto che era un attore regionale importantissimo e che era un po' in affanno sia nel ruolo strategico negli ultimi anni che nel ruolo economico cioè se non ci fosse stato a zardo anche io un'altra analisi se non ci fosse stato quello che è successo a Gaza a Israele a ottobre probabilmente oggi parleremmo del default dell'Egitto perché l'Egitto era a un centimetro dal default economico e con questa crisi ha riacquisito centralità diplomatica ce ne parlerai ma anche riacquisito una centralità economica per cui i paesi del golfo e la banca mondiale che non lo stavano aiutando con l'Egitto che ha un milione di palestinesi che potrebbero scavalcare i vari interrotti è diventato un must aiutare l'Egitto aiutaci a capire cosa sta succedendo il cuovadis dell'Egitto Grazie Paolo e buonasera a tutte e tutti voi quindi l'Egitto in questo Medio Oriente in subuglia in trasformazione ritorna ad essere protagonista, ritorna ad essere protagonista grazie agli sforzi di mediazione che insieme al Qatar insieme agli Stati Uniti sta portando avanti con grandi difficoltà. Un Egitto che ha tutto l'interesse a giocare il ruolo di stabilizzatore perché? Perché l'Egitto confina con Gaza, l'Egitto controlla il valico di Rafa e controlla chi entra chi esce o meglio chi non fa uscire dalla striscia di Gaza quindi per giocare questo ruolo di stabilizzatore quindi è un ruolo strategico la stabilità dell'Egitto è cruciale. L'Egitto è tornato ad essere un polo di questo Medio Oriente che tende alla multipolarità riflettendo la multipolarità del sistema internazionale ma un polo un attore che alle sue fragilità l'hai detto bene tu forse o se non ci fosse stata Gaza noi oggi staremmo parlando del default dell'Egitto l'Egitto un paese di oltre 100 milioni di abitanti il più popoloso del Medio Oriente quindi rendiamoci conto delle dimensioni di questo paese per questo è importante la stabilità di questo paese anche perché appunto crisi economica crisi del debito inflazione in crescita siamo oggi oltre il 30% svalutazione della valuta nazionale e su questo sfondo di criticità di fragilità economica è intervenuta la crisi a Gaza un impatto economico per l'Egitto non indifferente è stato colpito il suo settore turistico e il turismo rappresenta oltre il 10% del pil per l'Egitto ma anche l'altro fronte quello del Marrosso quello degli uti per l'Egitto è un danno a livello economica significa la riduzione del 40% dei traffici attraverso il canale di Suez canale di Suez che è altro voce importantissima del pil egiziano quindi questa situazione diciamo è impatta su un contesto economico fragile e poi ricordiamolo da un punto di vista geopolitico non c'è soltanto Gaza non c'è soltanto il Marrosso per l'Egitto c'è la crisi del sudanna sud c'è la crisi libica a a ovest quindi tenere in piedi l'egitto è è cruciale è proprio per questo il fondo monetario internazionale ha sbloccato la sua tranche da oltre erano previsti 3 miliardi ne ha dati 5 di miliardi di dollari ma cosa più importante sono nuovamente intervenute le monarchie del golfo monarchie del golfo che lo ricordiamo negli ultimi 10 12 anni sono stati i principali sostenitori finanziari dell'egitto senza le monarchie del golfo legito sarebbe imploso imploso da tempo e non da ultimo è intervenuta anche l'unione europea ricorderemo qualche settimana fa forse più di una settimana il viaggio di fonder lyon con il presidente meloni altri leader europei offrire all'egitto un pacchetto mai offerto prima ad un paese del mediterraneo oltre 7 miliardi di euro e quindi vediamo appunto come le sfide per questo paese sono sono molteplici sono sfide sul piano interno sono su sfide sul piano regionale ma per giocare uno ruolo da stabilizzatore è importante che la stabilità dell'egitto sia puntellata e quindi questo ci spiega appunto il sostegno un egitto e qui concludo che lo vorrei ricordare è stato il primo paese arabo che nel 1979 ha concluso un trattato di pace con israele trattato di pace che costituisce un pilastro del sistema medio orientale l'operazione militare a raffa ha aperto diverse crepe tra il cairo e telaviv ma il ministro degli esteri egiziano su crì si è affrettato a dire il trattato di pace non è in discussione però per dire l'egitto continuerà a giocare il suo ruolo di stabilizzatore però anche qui vale quanto diceva non ero di maio sulla opinione pubblica il 70 per cento la popolazione giovane è infiammata in egitto come non abbia sudita su saudita su quello che sta succedendo dentro gaza anche oltretutto il governo sta tenendo una posizione molto di chiusura ma il gioco non tiene a lungo se la situazione è più gialla. Questo è un punto importante, cruciale in egitto ma anche negli altri paesi della regione governi che hanno normalizzato con israele che a fatica appunto tengono le relazioni diplomatiche con opinioni pubbliche che sono sempre più contrarie ad israele e che diciamo il 7 ottobre ha rinfiammato ha riacceso la questione palestinese la causa palestinese nelle popolazioni arabe e questo è un punto molto importante da tenere in considerazione. D'altra parte quando nei primi giorni si reagiva a quello che era successo si dice gli americani stessi quando invitavano israele a non cadere nell'errore fatto dopo un settembre ricordate quelle parole non rispondete all'orrore perché questa è la trappola, il trappolone e sono passati mesi lo stiamo vedendo stiamo parlando di questo da tre quarti d'ora del fatto che quel momento ha destabilizzato dei tentativi di normalizzazione a vari livelli in corso ha riacceso le opinioni pubbliche rendono tutto un pochino più difficile. Ma torniamo con un evolo di maio sul ruolo dell'Europa perché appunto abbiamo parlato di mar rosso di mar rosso di uti di difficoltà di introiti persi del mar rosso per Suez per l'Egitto e lì sul mar rosso l'Europa ha avarato da febbraio la missione navale Aspides del cui partecipiamo che noi italiani ecco non è orato a tre mesi dall'inizio di questa missione quali sono quali le valutazioni di ciò che si sta facendo? Ovviamente voglio permettere che per affrontare la questione uti mar rosso Yemen la soluzione strutturale non è una missione militare, immagino concorderete tutti con me, una missione militare marittima nel mar rosso per scortare le navi commerciali e evitare che vengano colpite da droni e da missile. La soluzione è l'attuale roadmap del processo di pace delle Nazioni Unite nello Yemen che coinvolge anche gli uti al tavolo per trovare un nuovo ordine a questo Paese che consenta anche la convivenza delle diverse entità. Su questo ciò che secondo me è rilevante sottolineare è che negli ultimi negli ultimi anni i paesi del golfo come gli Emirati Arabi e l'Arabia Saudita sono diventati dei profondi sostenitori, dei forti sostenitori di questo processo di pace nello Yemen e da cessare il fuoco unilaterale in poi perché anche per loro la stabilità dello Yemen come la stabilità dell'Egitto è un interesse come la stabilità della Giordania e così via è un interesse che porta ad implementare un programma economico su cui hanno scommesso queste leadership e come diciamo se qui scommettessimo per cinque anni su una su cinque leggi di bilancio con entità diverse e poi arrivano gli eventi disruptive tu devi cercare di realizzare quel programma in ogni caso e stabilizzare il più possibile intorno a te. Questo è una se vogliamo chiamare la linea che portano avanti questi paesi ovviamente nel breve termine abbiamo cercato di aiutare le nostre compagnie di navigazione sostanzialmente il 40% solo per l'Italia il 40% di traffici commerciali passava da Aden, Babel, Marrosso, Canale di Suez ovviamente una parte di questo flusso ha iniziato a circunnavigare l'Africa e ha cambiato rotte e sostanzialmente quella parte mi dispiace dire sia anche strutturata si è consolidata cambiando rotte la missione a spides ha scortato di moltissime navi europee l'escorta materialmente è una missione difensiva abbiamo ricevuto sono anche diciamo pubbliche le dichiarazioni diverse compagnie di navigazioni che apprezzano il lavoro delle nostre marine nel Marrosso ad oggi il calo si è fermato ma tornare ai livelli pre attacchi uti gli ultimi attacchi uti a mio parere si potrà ritornare a quel livello nel momento in cui c'è la garanzia di una pace nello Yemen e soprattutto il vero tema è che gli uti dicono di stare attaccando le navi commerciali che sostegno dei paesi che sostengono israele finché non ci sarà il cessare il fuoco la mia impressione è che comunque questa cosa vada oltre e la grande preoccupazione deve essere se gli uti che stavano al tavolo della road map con l'inviato speciale delle nazioni unite che portava avanti il processo la road map stavano al tavolo e stavano partecipando a questo esercizio torneranno al tavolo e accetteranno la stessa road map o riapriranno aprendo di fatto un vaso di pandora perché si sentono più forti perché il tema fondamentale delle milizie che si stanno, filo iraniane che stanno facendo queste cose è che loro stanno incrementando il loro supporto, il loro consenso che significa reclutando tanti giovani tra le loro fila per andare ad attaccare o per in qualche modo minacciare il nemico la situazione a Gaza gli sta dando la possibilità di reclutare molti più giovani che imbracciano le armi insieme a loro e questo non vale solo per gli uti ma vale anche per Hezbollah e per altre milizie che sono nella regione un'ultima cosa vorrei dire quando io cito anche la preoccupazione comune Unione Europea Paesi del Medio Oriente su quello che sta avvenendo è anche legata ad un altro grande tema che noi abbiamo in casa da decenni che è la radicalizzazione la radicalizzazione è sostanzialmente diciamo che i processi di radicalizzazione cercano sempre una causa ora questa causa viene utilizzata da chiamiamola così la macchina della radicalizzazione dall'autorradicalizzazione che può portare a come abbiamo visto all'inizio del dopo il 7 ottobre agli eventi di brussell dove una persona sicuramente non sana di mente dal mio punto di vista ha ucciso due cittadini europei che erano lì per una partita di calcio invocando il fatto che lo faceva per il popolo palestinese ma è chiaro ed evidente che i processi di radicalizzazione anche quando non c'era Gaza c'erano ma questi possono quando non c'era l'ultimo conflitto a Gaza c'erano ma questo momento può aumentare i processi di radicalizzazione in Europa e quindi terrorismo in Europa e anche nei paesi arabi chiamiamoli arabi moderati che come stiamo come stavo dicendo hanno investito e stanno investendo sui loro programmi economici che richiedono stabilità visione e anche relazioni con una una comunità di investitori banalmente che se vede le tensioni diminuisce gli investimenti ha fatto bene a ricordarlo perché già stanno uscendo molte analisi su quale può essere l'impatto di questa crisi mi riferisco a Gaza sulla radicalizzazione perché analisi che non vengono riprese perché abbiamo sufficienti problemi per occuparci di quelli che potrebbero arrivare però è giusto pensare in prospettiva e noi sappiamo che nelle nostre società in Gran Bretagna in Francia in Belgio anche in Italia ci sono queste cellule dormienti quelle famose quando c'era l'epoca del terrorismo noi sapevamo che c'erano 10.000 radicalizzati in Gran Bretagna ce ne erano 3.500 in Italia 12.000 in Francia impossibili lupi solitari ecco perché la nuova il nuovo trend oltre a forme più organizzate che in alcuni paesi hanno colpito perché giustamente il terrorismo noi ci siamo concentrati sul nostro ma colpiva soprattutto i paesi della regione i paesi moderati colpiva lo Sri Lanka ha colpito a varie parti del mondo quindi c'è questo tema della questa crisi cuovadis terrorismo potremmo anche chiederci dopo in un prossimo incontro sperando che ciò sia solo un'ipotesi io torno da Valeria Talbu perché abbiamo detto che Nicola salta giro avendo fatto il doppio giro prima, torno da Valeria per qualche battuta perché poi prenderei qualche domanda dal pubblico se siete d'accordo qualche battuta sulla Turchia perché anche la Turchia lo abbiamo detto all'inizio aveva normalità aveva avuto un bel po' di problemi nella regione sia con israele che con i paesi che l'accusavano di essere troppo vicini ai fratelli musulmani quindi al Qatar quindi problemi con l'Abbessordita con l'Egitto e però si stava tutto un po' normalizzando e soprattutto Erdogan ha cercato di proporsi come mediatore fin dall'inizio anche lui come il Qatar come l'Egitto in questa crisi ma poi dopo anche lui preso dalle elezioni aveva le elezioni municipali e che lo imponevano di essere molto anti a mass molto anti israele si è preso un po' la mano e alla fine non poteva più fare mediatore perché era chiaramente schierato con una delle parti come cosa ci devo dire sulla Turchia? La Turchia è anch'essa protagonista attore del contesto medio orientale forse meno protagonista in questa conflitta Gaza proprio perché non è riuscita a ritagliarsi col ruolo di mediatore che all'inizio auspicava, ruolo di mediatore che la Turchia voleva proprio in virtù dei suoi rapporti tanto con israele rapporti normalizzati due anni fa all'interno di un più ampio processo di riconciliazione con i paesi medio orientali appunto si è iniziato con gli Emirati Arabi Uniti c'è stata anche l'Arabia Saudita, israele da ultimo l'Egitto e la Turchia ha tentato anche un approccio con la Siria ma lì diciamo la storia è stata diversa. Quindi in questo contesto di normalizzazioni di distenzioni che hanno avuto nei fattori economici un driver molto importante come del resto anche per gli altri paesi della regione, la Turchia appunto normalizzato con israele dal 2010 ha rapporti con Hamas, porta aperta a Hamas che la Turchia ricordiamolo non considera un'organizzazione terroristica al contrario appunto di israele chiaramente Stati Uniti e Unione Europea ma appunto come hai detto tu Paolo guardando per considerazioni di calcolo interno visto che la questione palestinese è una questione fortemente sentita non soltanto nei paesi arabi ma anche anche in Turchia diciamo la bilancia l'equilibrio del governo di Ankara è andato spostandosi sempre più verso verso a Hamas, definito movimento di liberazione patriottica dei palestinesi, d'altro canto la retorica nei confronti di israele è diventata sempre più forte, sempre più dura, ricordiamo come Erdogan abbia apostrofato il leader israeliano Netanyahu come il macellaio di Gaza quindi toni molto accesi che sono comunque tipici della retorica di Erdogan in questi vent'anni ne abbiamo viste tante anche nei confronti dell'Europa e dei leader europei. Il punto è che questo sbilanciamento ha portato la Turchia fuori dai giochi ma sì in chiave elettorale è vero c'erano le elezioni municipali da vincere ma questo non è servito al partito di Erdogan anzi anzi non avere avuto una posizione di facciata se vogliamo ma aver continuato le relazioni commerciali con israele è stata una delle critiche che gli è stata rivolta dalla parte più conservatrice del suo elettorato. Che poi ha interrotto però dopo le elezioni. Dopo aver perso le elezioni elettorato che è migrato verso un partito ancora più conservatore di quello di Erdogan quindi relazioni commerciali che sono state interrotte e questo ci tengo a sottolinearlo è una cosa senza precedenti perché anche nel momento più basso delle relazioni tra Turchia e israele quindi dopo il 2010 l'incidente della mavi marmara rottura delle relazioni diplomatiche i rapporti economici non solo sono continuati ma sono anche cresciuti, sono anche cresciuti tanto che lo scorso anno nel 2022 l'interscambio commerciale era arrivato a quasi 9 miliardi di euro quindi c'è di dollari scusate quindi una cifra consistente. Poco tempo fa dopo le elezioni Erdogan sempre guardando al suo elettorato ma non solo in questo caso ha deciso di interrompere le relazioni commerciali di fatto però il petrolio dalla Zerba Igan attraverso la Turchia continua ad arrivare in israele e questo per israele comunque è un un canale importante e dove porterà a questo è difficile è difficile dirlo però il rischio per la Turchia e qui vado alla conclusione il rischio per la Turchia di sostenere Hamas potrebbe essere quello di inclinare dei rapporti con altri attori regionali in primis le monarchie del golfo che la fratellanza musulmana abbiamo visto come nell'ultimo dalle primavera e arabe in poi e siano state un obiettivo delle monarchie del golfo quindi la Turchia sta facendo un po' un gioco pericoloso forse perché vuole sottrarre all'Iran l'influenza su Hamas questa è una delle ipotesi che è stata avanzata ma la Turchia come tutti gli altri attori regionali ha interesse alla stabilità, ha interesse a che non ci sia un escalation regionale, a che i rapporti continui e l'interesse è principalmente il suo in un'ottica pragmatica ha bisogno di stabilità, di relazioni economiche stabili, ha bisogno così come l'Egitto del sostegno finanziario delle monarchie del golfo perché anche la Turchia non entro nel dettaglio ma ha tutta una serie di fragilità e di difficoltà economiche che poi sono state il motivo che è valso la sconfitta a Erdogan nelle elezioni municipali. Grazie Valeria, grazie Valeria ma per percipire il senso forte della decisione interrompere le relazioni commerciali voi ricorderete che la politica estera turca è sempre stata definita come una politica molto pragmatica e guidata dagli interessi commerciali quindi per un paese che ha una politica estera pesantemente guidato tutti ce l'abbiamo guidata agli interessi commerciali ma il caso turco era un caso di scuola interrompe il dialogo commerciale con un paese importante e ha un significato importante. Non escluso però che trovino altre vie per arrivare a Israele. No no ma questo lo sapete, se arrivano le merci in Russia figuriamo se non arrivano in Israele nonostante i blocchi commerciali o nel caso russo le sanzioni. Io chiedo una battuta e ti ho fatto saltare un giro ma non voglio penalizzarti ovviamente e anzi ci serve la tua competenza. Una battuta su l'asse che nei fatti si è un po' creato tra i cattivi cioè i russi, Russia, Iran e Corea del Nord. Il significato nei fatti è un po' così ma ha un significato come lo leggiamo. Le relazioni dell'Iran con la dimensione asiatica sono una conseguenza della chiusura delle porte sul fronte occidentale. Lo stesso si può dire sulla Russia. Assolutamente e la propensione del paese è sempre stata quella di intrattenere rapporti con l'Europa addirittura con gli Stati Uniti. C'è un aperto dibattito soprattutto nel corso della precedente legislatura. C'è stata una esplicita volontà di andare in direzione della difesa dell'accordo sul nucleare che poi per una serie di infinite ragioni è sostanzialmente crollato e congelato. Il rapporto quindi con la Russia, con la Cina, con gli altri attori, poi ci sono parecchi elementi di questo asse critico, oltre la Corea del Nord, il Venezuela, sono sostanzialmente un matrimonio forzato, un rapporto costruito sulla chiusura di altre porte. Il rapporto con la Russia ha sempre avuto parecchi alti e bassi nella storia dell'Iran ma è sempre stato legato ad un driver principale che è l'anti-americanismo. Cioè è stato molto forte quando forte è stato l'anti-americanismo di entrambi gli attori. È stato però anche fortemente critico. Durante la guerra civile, per esempio in Siria, i rapporti tra Russia e l'Iran che pur erano alleate sullo stesso fronte al fianco di Basher al-Assad sono stati fortemente critici e ci sono stati episodi di grave tensione anche tra i due paesi. Oggi è il fallimento del JCPOE, l'isolamento del paese che riporta l'Iran in una condizione per la quale il rapporto con la Russia è conveniente economicamente e non produce danni su un altro fronte. Cioè non hanno niente da perdere sostanzialmente, non c'è nulla che gli possa essere tolto ormai quindi diventa gioco forza una sorta necessaria. La stessa cosa un po' con la Cina anche se è diverso, è diverso anche nella dimensione internazionale però questo è anche espressione della visione di questa seconda generazione di cui abbiamo parlato che sta cercando di ricostruire un'immagine, una proiezione degli interessi strategici dell'Iran verso l'Asia, verso il continente asiatico e su questo stanno anche cambiando proprio la narrativa della geografia, non parlano quasi più di Medio Oriente, parlano di sud dell'Asia, si collocano all'interno di una area geografica che non è più quella mediorientale. Grazie mille. Prima di andare con qualche domanda, non ero di maio, posso dire che il suo ruolo di rappresentante fino a qualche mese fa aveva primariamente una motivazione, un obiettivo economico per l'importanza che la cooperazione che per l'Europa ha con questa regione, con o senza vision di grande crescita e che ora è subentrato in questi mesi una componente politico strategica importante che era un po' affuscata, ma posso però chiedere prima di andare domande di ricordarci cosa c'è in gioco nella cooperazione economica fra Europa e Golfo che appunto sicuramente guidava la sua missione in modo prioritario fino a sette mesi fa. Raccontiamo un attimo la Genesi velocemente, nel 2022 io ero ancora ministro, abbiamo avuto un incontro per definire a livello Ministeri degli esteri a Bruxelles per definire una nuova strategia con i paesi del golfo, in particolare i GCC e poi per la sicurezza regionale nella loro proiezione con l'Iran, per questo il ruolo si chiama rappresentante speciale per la regione del golfo e non all'inizio l'idea era EUGCC, stop, ma si capiva che se c'era la sicurezza regionale bisognava ampliarlo spettro. Il punto fondamentale, l'obiettivo fondamentale che c'è tuttora è una strategia per elevare il livello della partnership a livello strategico lungo cinque pilastri che furono stabiliti nel 2022, il trade, le rinnovabili, la sicurezza regionale, il people to people, quindi tutta la parte scambi, turistici, studenti, diplomatici e così via e le relazioni tra le istituzioni. Questi sono ancora i cinque pilastri, però come dice lei è chiaro ed evidente che si è rivelato prezioso che per una volta tanto abbiamo impostato una strategia prima di una crisi e adesso avendo costruito all'inizio di quest'anno grazie al mandato noi eravamo insieme ai ministri degli esteri a fare il primo joint council EUGCC a livello ministri degli esteri a Moscatt il 10 ottobre 2023, quattro giorni dopo, tre giorni dopo quello che era avvenuto il 7 ottobre. Questo ha generato un momento preziosissimo dove abbiamo creato un nuovo dialogo strutturato sulla sicurezza a livello di alti funzionali tra Unione Europea e Paesi del Golfo che sta funzionando sui temi della sicurezza regionale, contro proliferazione, antiterrorismo e così via e poi avevamo già deciso di fare una conferenza dei ministri degli esteri sui temi della sicurezza e della cooperazione regionale che è stata fatta a Lussemburgo il 22 aprile che ha prodotto un deliverable che forse tra qualche settimana potremmo annunciare. Questo perché lo dico? Perché è assolutamente vero. È anche vero che l'Unione Europea ha questo per chiarirlo anche a coloro che io non sono il rappresentante speciale per il processo di pace medio oriente. C'è un altro collega che si chiama Sven Kuppmans, viene dai Paesi Bassi, sta lì da quattro anni come rappresentante speciale per il processo di pace medio oriente. Ma è chiaro ed evidente che lavoriamo fianco a fianco perché è chiaro ed evidente che il primo rischio di quello che sta avvenendo a Gaza è lo spillover del conflitto al resto della regione e ci siamo andati vicino tante volte perché quello che sta succedendo nel Mar Rosso, l'attacco dell'Iran a Israele, il sbolla che colpisce la Libano e quello che appunto stiamo raccontando a Gaza e anche con l'effetto su Rafa, è un grande rischio per lo spillover di questo conflitto lungo tutto nel resto della regione, facendolo diventare un unico conflitto e su questo lavoriamo come Unione Europea però utilizzando canali diplomatici che avevamo progettato nel 2022 e che già si erano rivelati utili perché dopo la crisi della Russia contro l'Ucraina, per esempio il Qatar proprio qualche giorno fa ha patrocinato questo ritorno di sei bambini in Ucraina, abbiamo visto come per esempio Riada ha ospitato Zeneschi per una visita e partecipa al processo della peace formula sull'Ucraina, questi paesi sono un po' ovunque ormai e sottovalutarli pensando che siano solo dei fornitori di gas e petrolio è un grande errore perché dal covid in poi anche geograficamente loro si sono posizionati nel mezzo dei due poli e per scambi commerciali politici diplomatici e anche umanitari sono diventati fondamentali, la forza della frontiera e mi fermo saranno le critical raw materials diversi paesi del golfo hanno acquistato il 51 per cento della più grande miniera mi pare di lidio di rame in Africa e la food security perché loro stanno investendo in Africa e in centroasia tantissimo su quantità di derrate alimentari o coltivazioni per prepararsi per loro ma ormai sono andati oltre loro perché guardando la quantità degli investimenti loro stanno pensando in grande e saranno anche quindi un interlocutore in competizione a mio parere comunque in parallelo alla Cina in Africa che in questo momento economicamente non se la passa benissimo e quindi potrebbero anche avvantaggiarsi nella strategia rispetto ai paesi africani con cui condividono molte più tradizioni a volte anche religiose rispetto ai cinesi. Grazie, ha fatto molto bene a portare l'attenzione su questo lavoro diplomatico dell'Europa e non solo prima della crisi, durante la crisi perché in questo momento di un po' di sbigottimento che le opinioni pubbliche hanno soprattutto da noi con queste guerre vicine e guerre che non finiscono, questa sensazione di questa narrativa che i conflitti si decidono sul campo di battaglia, non c'è più spazio per la diplomazia, quante volte l'abbiamo sentito, è di fatto di visibile diplomazia di negoziato in questo momento, non c'è nulla né sull'Ucraina né sulla crisi in Gaza e Israele però questo è il visibile, dietro questo visibile c'è un lavoro di vari attori che c'è, che funziona anche con delle operazioni un po' spregiudicate rispetto alle opinioni pubbliche e che forse hanno impedito nelle due crisi sia quella russa che l'escalation, non hanno risolto la guerra in entrambi i casi ma quell'escalation che abbiamo temuto sia sul fronte est che sul fronte sud non c'è stato grazie a questo lavoro della diplomazia. Abbiamo cinque minuti per prendere due domande, ecco ne abbiamo una qua in seconda fila e una per il signore, siamo già quattro, cominciamo con due, se fate domande breve e chiediamo risposte breve ne prendiamo più di due. Grazie, buonasera. Io vorrei una domanda per il direttore Pede, all'interno della Repubblica Islamica c'è o nel breve futuro ci può essere qualcuno che contende il potere alla seconda generazione? Ok, bravissimo, nella sintesi, nella domanda, andiamola in fondo, poi c'è un solo microfono? Buonasera, mi chiamo Pietro Cucciucchian, sono il consul onorario della Repubblica d'Armenia a Milano. Ci sono due assi geopolitici, strategici, economici e finanziari, uno sud-nord l'altro ovest-est, uno va dall'India, Bandarabas, Iran, Armenia, Yerevan, Georgia, Russia, l'altro va dall'Ovest, lui di Ankara, Dakhichevan, Azerbaijan, Kazakhstan, fino al vecchio Turkestan, Uiguri della Cina. In mezzo a questa crocevia c'è l'Armenia, che rischia di scomparire, è già stata attaccata parecchie volte, ultimamente gli armeniani hanno perso il Nagorno-Karabakh pochi mesi fa, la politica dell'Europa per difendere quest'unica Repubblica veramente democratica, cosa può fare? Guardi, lei oltre ad aver messo dura prova le nostre conoscenze di geografia, anche chi fa un po' di questo mestiere, io stavo cercando, ma le rispondo già per l'onorevole di Maio, per averlo qua, grazie mille innanzitutto, per averlo qua nel frattempo può venire un microfono perché c'è una domanda, mi fate il segno dove c'era, una domanda lì in mezzo e poi una qua, poi ci fermiamo. Signor Consul, lei non sa che per avere l'onorevole di Maio qua, c'è stato un laborio perché non è che vada da tutte le parti, ma una cosa che mi ha chiarito fino all'inizio lui e i suoi due collaboratori era che l'onorevole di Maio non è responsabile del processo di pace in Medio Oriente, non è responsabile dell'area di cui lei ci ha interrogato, è responsabile del golfo. Però vediamo se qualcuno comunque le dà una risposta alla sua domanda per la quale le ringraziamo moltissimo perché ci ha aperto un'altra prospettiva. C'è una prima domanda che, cominciamo a rispondere, è per te Nicola, sull'Iran. Prego. Grazie. Sì, allora in teoria sì, c'è la terza generazione iraniana che è la generazione che rappresenta sostanzialmente il 70% e oltre della popolazione, sono i più giovani, quelli compresi in una fascia d'età che arriva fino ai 30-35 anni, sono la stragrande maggioranza degli iraniani e all'interno di questa componente, non possiamo dire che siano tutti anti-regime o anticonservatori, ma diciamo che c'è una predominante componente di questa fascia giovanile che è sicuramente sostenitrice delle politiche che abbiamo visto poi esprimersi attraverso il riformismo di Khatami o il pragmatismo di Rouhani. Il vero problema è che i candidati che rappresentano questa enorme generazione, che peraltro è scesa in una plateale protesta lo scorso anno successivamente all'omicidio di questa giovane iraniana, i candidati di questa generazione non sono presenti nel tessuto politico, non hanno ancora capacità di accesso al sistema politico, una parte di questi ha già fatto un esperimento il riformismo che è fallito per diverse ragioni, una parte non riesce ad accedere perché comunque le elezioni che sono il baluardo della legittimità della Repubblica Islamica sono comunque caratterizzate da una barriera di ingresso dal Consiglio dei Guardiani che approva selezione e approva i candidati prima delle elezioni, quindi sostanzialmente ne boccia una quantità enorme ogni volta e sempre di più abbiamo visto le ultime elezioni presidenziali, quelle che hanno portato all'elezione il defunto presidente Raisi sono state sostanzialmente costruite su tutta una serie di esclusioni che hanno lastricato la strada unica della vittoria dei Raisi, che è stata poi anche la sua perdita di credibilità sociale nell'ambito della politica. Quindi la risposta è sì, c'è una enorme dimensione politica e ideologica che è alternativa a quella del conservatorismo, ma c'è una barriera di ingresso legata al controllo delle istituzioni da parte dei conservatori e soprattutto alla seconda generazione e della mancanza da parte di queste soprattutto più giovani generazioni della capacità di creare veri e propri movimenti politici. Anche la protesta che abbiamo visto l'anno scorso era a Cefala, in per certi versi ricorda quella che abbiamo visto anche in Iraq, in Algeria, in Libano, una forte protesta molto giura sulle strade ma poi alla fine dopo qualche mese si spegne perché non c'è una leadership, non c'è un programma, non c'è la capacità di trasformarla in un qualcosa che possa trasformarsi poi in politica vera. Grazie Nicola, credo che lo inizierà a zanzare. O sono le prove generali o iniziate. Siamo vicini. Mentre chiedo se qualcuno è in grado e vuole rispondere alla domanda che ci ha fatto il Consiglio Generale, ne raccogliamo una ultima. Non so dove. Eccoci. Salve e buonasera. Innanzitutto volevo ringraziarvi per i vostri interventi precedenti. La mia era una domanda che partiva da un pensiero un po' più ampio, la restringo a fino a che punto voi ritenete che il cambio di visione dei paesi del golfo sia reale oppure per appunto ottenere una posizione nei tavoli più alti della cooperazione internazionale oppure fino a che punto voi vedete una volontà di comprarsi quel posto a questi tavoli con fenomeni come il greenwashing o lo sportwashing e tramite pratiche non di fatto legali come sono emerso tramite il Qatar Gate nel Parlamento Europeo o la corruzione legata alla segnazione dei Mondiali in Qatar di calcio. Grazie mille. Allora vediamo questa domanda per lei ma non solo per lei e poi c'è se qualcuno vuole usare anche se siamo fuori tema rispetto alle nostre competenze dare una risposta alla domanda sull'Armenia. Come ho detto al Consul e Primo ho incontrato il loro ministro, caro amico perché siamo stati ministri per tre anni insieme all'Antalya Forum proprio in Turchia e abbiamo avuto modo di discutere di quanto sia preoccupante la situazione e di quanto dobbiamo essere vicini al popolo armeno e all'Armenia perché poi per il resto non sono titolato a dare linee europee su questo. Però rispondo volentieri all'altra domanda. È chiaro ed evidente che gli eventi non solo la World Cup, l'Expo Dubai 2020 che poi si è fatto nel 2021 per il Covid, l'Expo Riyadh che abbiamo perso noi che hanno vinto loro, la World Cup in Arabia Saudita, gli Olympic Games invernali che si terranno tra qualche anno in Arabia Saudita e così via tra l'altro con un'infrastruttura mastodontica, una diga che sta per essere costruita da una società italiana, Salini We Build, sono sicuramente degli strumenti non solo per gli investimenti, per la politica economica interna ma anche di politica estera. Voglio dire questo vale per tutti, nel senso che anche l'Expo Milano è stata una grandissima opportunità per l'Italia per aumentare ancora di più la visibilità per esempio sul tema del food. Noi utilizziamo quel tema in maniera sistemica per rafforzare anche la nostra presenza dei concessi multilaterali sul tema dell'alimentazione, l'educazione alimentare, sulla povertà alimentare. Non voglio paragonare le due cose, però io credo vivendo quei paesi che in atto c'è un processo reale di trasformazione economica anche perché c'è un pericolo, cioè se quelle economie restano legate agli introiti di oil e gas c'è un pericolo per la loro economia e il petrolio non si finirà di vendere quando finirà il petrolio, cioè l'epoca della pietra non è finita perché sono finite le pietre. Questo tema è un tema molto importante per loro, lo hanno capito molto prima forse anche di noi perché i programmi Vision sono partiti prima dei nostri programmi Repower.eu e New Green Deal. Adesso si incrociano, cioè per fare un esempio, Repower.eu, Unione Europea, entro il 2030 noi dobbiamo importare 10 milioni di tonnellate di idrogeno all'anno dal 2030 in poi, non entro, dal 2030 in poi. Loro dal 2030, l'Arabia Saudita, per come è la traiettoria di investimenti nelle tecnologie sull'idrogeno saranno il primo fornitore di idrogeno al mondo. Quindi questi due mondi si reincontreranno e voglio dire un'ultima cosa, quando io parlavo delle giovani generazioni con tutte le criticità del caso una dinamica che stiamo notando e che vediamo dai flussi è che come sapete molti dei loro studenti, anche l'attuale leadership di quei paesi che sono stati studiati in paesi occidentali, in UK, negli Stati Uniti, il flusso che è molto interessante è che la stragrande maggioranza di questi studenti ritorna lì dopo che ha fatto il suo percorso di studi e di certo non ha problemi di vivere fuori sede, problemi economici nel vivere fuori sede per partecipare a questi grandi processi di ammodernamento del Paese. Perciò che io percepisco nelle leadership attuali, poi magari sarà un mio errore, sarà anche faciloneria, ma io percepisco vicino a queste leadership più la parte giovane del Paese che quella tradizionalista e questo è un fatto che per noi in ogni caso è una buona notizia perché se questi Paesi stanno trasformando le loro economie è anche una buona notizia sull'economia nostra per le nostre imprese, per il nostro know-how per i nostri skills, per i nostri ricercatori, per cooperare insieme e non hanno un atteggiamento predatorio sul know-how come abbiamo visto da altre superpotenze economiche in passato, almeno questo io oggi non lo percepisco e questo è un fatto altrettanto importante. Io mi fermerei qua, perché guardo quella clessidra rossa che mi apparsa qua e che mi dice che devo liberare la sala fondamentalmente ma mi fermerei qua con un messaggio di attenzione per quest'area ma come nelle parole dell'onorevole di Maio anche di cautela perché stiamo comunque parlando di interlocutori che hanno una loro agenda ma su questo io ringrazio tantissimo Nicola Pedde, Valeria Tarbo, del onorevole di Maio ringrazio voi per l'attenzione nel aver seguito questo dibattito e ci vediamo l'anno prossimo, arrivederci.
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