Il ruolo delle tecnologie negli equilibri della geopolitica, dallo spazio alle biotecnologie
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Il ruolo delle tecnologie negli equilibri della geopolitica, dallo spazio alle biotecnologie
Il panel ha approfondito il complesso tema del mondo post-globalizzazione, accentuato dalla pandemia. La competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina è stata al centro del dibattito, con la Cina che utilizza il suo dominio in settori chiave come arma di coercizione.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buongiorno, benvenuti a tutti a questa nuova puntata del Festival dell'Economia di Trento. Come sempre affrontiamo dei temi dell'attualità e dobbiamo affrontare in un'ora temi che meriterebbero un'intera giornata o una settimana di riflessione, per cui cerchiamo di essere sintetici e di andare diretto al punto. Allora, dalla emergenza epidemica siamo usciti con una nuova complessità, quello che emerge, che era un processo che stava già avviandosi prima ma che si è accelerato, quello si può dire di una fine della globalizzazione o quantomeno di una trasformazione della globalizzazione in cui ci siamo ritrovati a fare i conti con un mondo nuovo in cui non possiamo più dare per scontato quei termini di apertura e di confronto che erano tipici del mondo precedente. In questo mondo le tecnologie e le materie prime diventano ancora più importanti, l'abbiamo verificato praticamente con tutto il tema delle supply chain, delle difficoltà di approvvigionamento, con tutte le conseguenze di avvicinamento della produzione, di difficoltà della produzione. Questo è un fenomeno che non è più un'eccezione ma è un fenomeno col quale faremo i conti per i prossimi anni se le materie prime e le tecnologie sono sempre state un'arma della geopolitica, oggi lo sono ancora di più anche perché le tecnologie cambiano in maniera rapidissima, volvono velocemente e stanno trasformando la nostra vita in maniera preponderante per cui la rilevanza di queste tecnologie diventa davvero un elemento fondante della dominanza politica. Questa è la mia introduzione, adesso mi taccio perché abbiamo un panel di grandissimo livello per affrontare questi temi. Ve lo presento dalla mia sinistra, Daniela Viglione, direttrice scientifica di Italia Decide, Marta Dassou, politologa, Alessandro Aresu, capo ufficio tecnico del Ministero dell'Università e della Ricerca Alessandro Bulfon, CEO di Angelini Technologies e Fama Eccanica. Buongiorno, benvenuti a tutti. Io lascerei la parola a Marta Dassou che in quanto politologa è espertissima della geopolitica e di come stia evolvendo il mondo. Se ci dà un quadro di questo nuovo mondo in 5 minuti, poco più. Sicuramente, non c'è il dubbio. Diciamo che la tecnologia è sempre stato il fondamento del potere politico internazionale, ma questo non è una novità dalla rivoluzione industriale alla pax britannica per essere nei 5 minuti. Quello che è nuovo forse sono nuovi due problemi. Il primo è che il dominio su alcune delle tecnologie vengono usate come un'arma di coercizione diplomatico, politica ed economica. Il caso più eclatante da questo punto di vista è il vero e proprio dominio tecnologico che la Cina ha in alcuni settori delle energie rinnovabili, il manufacturing, la manifattura dei materiali rari. Come sapete le terre rare non sono rare affatto, ma è rara la capacità di manifattura e la Cina su questo ha un notevole dominio, così come ha una forte percentuale delle batterie elettriche e così via. Quindi, nel caso della Cina, la Cina si è preparata in anticipo rispetto al mondo occidentale, alla transizione verde, anche per i problemi di inquinamento che ha, e usa questo suo leverage, questo potere di pressione, in particolare nei confronti dell'Europa. Per quello che riguarda invece più in generale la questione tecnologica è fondamentale la lettura del libro di Alessandro Aresu, che ha un sottotitolo che si chiama la guerra invisibile, la guerra tecnologica invisibile o qualche cosa del genere, no Alessandro? Ecco, ora questa guerra invisibile è diventata in realtà visibile, nel senso che gli ultimi due anni, direi dall'ottobre del 2022 del rapporto stati-uniti-cina, sono stati segnati da una crescente competizione tecnologica, non solo, ma da una crescente guerra tecnologica, dal momento in cui nell'ottobre del 2022 Biden, che sulla Cina ha fondamentalmente continuato a seguire la politica di Trump e forse l'ha accentuata, ha deciso il bando dell'esportazione di quei semiconduttori avanzati che sono chiave appunto per lo sviluppo delle tecnologie ulteriori, fra cui l'artificial intelligence e così via. Quindi il problema oggi geopolitico legato alla tecnologia riguarda in particolare i rapporti fra la Cina e gli Stati Uniti, il che significa che riguarda i rapporti fra la potenza aspirante al predominio nel sistema internazionale, la Cina, la potenza incumbent, quella che è stata la grande potenza dal 900 in poi, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, stabilendo un ordine internazionale che la Cina vuole almeno in parte rivedere. La questione da mille miliardi di dollari a cui rispondere è se andremo verso una guerra fra la Cina e gli Stati Uniti, non una guerra tecnologica e basta, ma un vero e proprio conflitto fra Cina e gli Stati Uniti di cui la questione di Taiwan potrebbe essere l'inesco. Come sapete la leadership fortemente nazionalista di Xi Jinping pone l'obiettivo della riunificazione con Taiwan come uno degli obiettivi strategici del suo terzo mandato al potere, la Cina è anche in una fase abbastanza difficile all'interno, in parte proprio per questa pressione esterna, ma in parte per esaurimento, diciamo così, di tutta una fase del suo modello di crescita, perché ha un problema di invecchiamento della popolazione che comincia a somigliare al problema europeo. Quindi la Cina è in una fase delicata, dovrebbe riuscire in qualche modo a ridurre la propria dipendenza dal mondo, cioè dall'export e innescare una fase di crescita legata ai consumi interni, ma ci riesce fino a un certo punto. E il controbilanciamento, diciamo così, di questa minore crescita diventa il nazionalismo conclamato di una leadership come quella di Xi, che si scarica sulla questione di Taiwan, in generale una volontà di giocare un ruolo internazionale che noi europei vediamo sul fronte ucraino, ma che si dispiega con la Belten Road Initiative, la Via della Seta, la grande fame di materie prime e di presenza in Africa, i nuovi rapporti con l'America Latina. Quindi è una potenza che contesta, diciamo così, il vecchio ordine internazionale a marca americana e che pone una sfida diretta agli Stati Uniti. Ora la mia risposta all'idea, ci sarà una guerra vera, non solo tecnologica fra Cina e Stati Uniti, la mia risposta è fondamentalmente di no, io credo, perché sarebbe estremamente costosa sul piano economico e estremamente pericolosa. È la guerra tra i due giganti del secolo, quindi ci credo poco, ci potrebbe essere un blocco navale, e questo è possibile, ma non credo in uno scontro militare esteso, il che significa che la guerra sarà appunto tecnologica, giocata su questo piano. E quali saranno gli effetti sulla ristrutturazione della globalizzazione? Dico molto rapidamente, in due parole, poi magari ci torniamo dopo, che due effetti mi sembrano importanti. Prima di tutto quello che noi definiamo il decoupling, cioè il grande disaccoppiamento fra i sistemi economici, in realtà rimarrà limitato, perché c'è troppa integrazione, ad esempio nel 2022 i rapporti commerciali fra Cina e Stati Uniti hanno toccato il loro picco storico, a differenza di quanto uno potrebbe pensare. Quindi non sarà un decoupling generalizzato, ma sarà un disaccoppiamento in settori specifici, in particolare in questi settori a tecnologie avanzate di cui parlavo prima. Quindi avremo, per guardare al futuro, insieme alla balcanizzazione di Internet, che è già evidente, anche due sistemi, due ecosistemi economici nel campo della tecnologia da cui dipenderanno i vari attori. Il secondo effetto che mi sembra importante è che l'Europa rischia di essere schiacciata da questa competizione tecnologica fra Cina e Stati Uniti, è difficile tenere insieme due mercati che per noi sono però assolutamente cruciali, per noi e per la Germania in particolare. L'Italia, come sapete, ha fatto nel 2019 la scelta in cauta, per me sbagliata, di firmare con la Cina un memorandum di understanding sulla Belt and Road Initiative, da cui adesso si trova faticosamente a dover riuscire fondamentalmente, perché il rapporto strategico con gli Stati Uniti per noi è importante su molti versanti, ma deve cercare di limitare i danni, perché se c'è uno degli effetti di questa competizione è che la Cina applica molto platealmente una diplomazia coercitiva. Abbiamo visto gli effetti che questo ha avuto su paesi come la Lituania, l'Australia, verso cui la Cina ha fatto delle retaliation economiche e commerciali molto precise, quello che il governo italiano vuole evitare è di avere un trattamento dello stesso genere. Quindi, per concludere, siamo in una fase di transizione del potere internazionale, come a solito queste fasi sono molto pericolose, lo abbiamo visto nella storia, gli esperti la definiscono la trappola di tucilide, quando c'è una potenza che sale, una potenza che difende, il suo primato internazionale ci può essere una guerra. Non considero questa guerra possibile sul piano militare, mi sembra troppo costosa, è una guerra già in corso invece sul piano tecnologico e questo pone all'Europa e all'Italia dei problemi molto difficili di collocazione internazionale. Grazie. Grazie a Marta Dassou, mi colpisce il fatto che la trappola di tucilide è stata citata ieri sera qui in questa sala in un ambito completamente diverso che era la politica monetaria, per cui siamo sempre lì attorno, grazie anche per il conforto, parliamo di guerra tecnologica ma speriamo a questo punto che rimanga soltanto guerra tecnologica, è quello che dobbiamo augurarci. Io passavo a Alessandro Laresu proprio perché appunto lui ha scritto questo libro Domingo del XXI secolo, La guerra è invisibile sulla tecnologia, visibile e invisibile però evidentemente ci sono degli ambiti tecnologici, i chip, l'intelligenza artificiale, le materie prime, il green, la sostenibilità, quindi ci sono questi ambiti tecnologici ma lui ha scritto anche un altro libro sullo spazio perché anche lo spazio diventa un ambito di confronto politico sia dal punto di vista dell'osservazione ma anche di nuovi mondi futuri e di nuove risorse. Ecco ci prego anche qui una sintesi di quello che è l'aspetto tecnologico di questo confronto. Ci proviamo, grazie, grazie per l'invito, sono contento di essere qui a Trento e di dialogare con Marta e tutti voi. Lo spazio perché è interessante per inquadrare l'attenzione geopolitica tra Stati Uniti e Cina perché nello spazio è proprio il piccolo ambito in cui effettivamente il cosiddetto disaccoppiamento è avvenuto, quella secondo me è il suo grande elemento di interesse. Cosa è successo molto brevemente nel corso degli anni 90 per delle azioni che gli Stati Uniti hanno ritenuto di spianaggio industriale da parte della Repubblica Popolare Cinese dopo che c'era una grande condivisione di tecnologie che era quello che George Herbert Walker Bush voleva fortemente per mantenere ancorata la Repubblica Popolare Cinese al sistema internazionale dopo i fatti di Tiananmen. Il congresso degli Stati Uniti, quindi Parlamento degli Stati Uniti, è intervenuto in modo molto pesante con un famoso rapporto, il rapporto Cox, che ha determinato il disaccoppiamento nello spazio tra gli Stati Uniti e la Cina sostanzialmente negli anni 90. Poi c'è stata una legge che impedisce alla NASA di avere dei rapporti anche con una buona parte degli attori scientifici cinesi. Quindi esiste questo sistema per cui probabilmente sapete che c'è la Stazione Spaziale Internazionale, ma poi ci sono dei moduli cinesi, Tiangong e quindi gli astronauti cinesi. E' tutto un percorso rivendicato fortemente, anche pubblicamente dal Presidente Xi Jinping, della Cina che di fatto ha fatto da sola in quell'ambito. Quindi gli Stati Uniti hanno perso completamente il mercato cinese aerospaziale, pagando all'inizio degli anni 2000 questo costo in termini industriali. L'industria spaziale statunitense ha avuto dei momenti di declino e come sappiamo tutti, a un certo punto è arrivata la rivoluzione di SpaceX, estremamente importante. Quindi ora noi viviamo già in questo mondo dove la Repubblica Popolare Cinesa considera lo spazio come grande elemento di orgoglio in cui abbiamo fatto da soli senza gli Stati Uniti e la rappresentazione migliore di questo processo è stato che nell'ultimo reshuffle del Partito Comunista Cinese tante professionalità scientifiche e tecnologiche dell'Università Aerospaziale di Pechino, la cosiddetta Beihang, sono state elevate e promosse in dei ranghi importanti del Partito Comunista Cinese. La Cina dice così come abbiamo fatto nello spazio dobbiamo essere in grado ma in termini diversi di fare in alcune filiere tecnologiche di cui la più importante sicuramente è quella dei semiconduttori perché è la base della nostra vita digitale tecnologica nonché la prima voce dell'importazione della Repubblica Popolare Cinesa. Quindi c'è questo progetto titanico cinese che va avanti da tanto tempo in particolare da 2015 a oggi e che significa praticamente sostituire in alcuni dei complessi segmenti dell'industria dei semiconduttori perché le persone che la conoscono spesso pensano che c'è solo la produzione dei semiconduttori, quella su cui diciamo i leader mondiali per la parte più altamente tecnologica sono a Taiwan l'azienda di Morris Chang TSMC però c'è una marea di altre cose, gli strumenti di software, le aziende di progettazione, la chimica, i materiali però il progetto della Repubblica Popolare Cinesa è su tutti questi ambiti, un po' ci sono riusciti nell'assemblaggio e nel packaging noi dobbiamo avere le nostre capacità per servire il nostro mercato e in quest'industria come in altre industrie c'è anche una dimensione militare quindi duale che non è grande in termini di mercato, si stima che sia meno dell'1% a livello globale ma naturalmente molto importante perché poi come si vede quando si combattono le guerre sul campo se tu non hai i chip da mettere negli armamenti insomma o li devi rubare o devi ottenerli da altre parti e sono dei temi estremamente importanti, quindi c'è questo tentativo a cui risponde questo contrattacco statunitense molto forte in termini di guerre economiche dove c'è dietro anche sicuramente questa idea dell'amministrazione Biden della politica estera per la classe media della rinascita manifatturiera degli Stati Uniti che poi si lega anche alle filiere della transizione ecologica quindi a un altro capitolo di questa partita dove invece in questa la posizione cinese è diversa perché nelle filiere della transizione ecologica i cinesi in alcune parti hanno raggiunto il primato in particolare grazie alla loro chiusura della filiera quindi non solo le materie prime ma la capacità di raffinazione diffusa delle materie prime e poi saper scalare questo su un mercato molto ampio per questa ragione i leader delle batterie non sono più i giapponesi e i coreani ma ora è un'azienda cinese che si chiama CATL e nei mercati del sud-est asiatico e magari nei nostri mercati tra un po' arriveranno le auto di BYD di un'azienda fondata da un chimico cinese che nel 2008 ha ricevuto gli investimenti di Warren Buffett che poi ha ridotto il suo investimento, BYD vuol dire build your dreams, costruisci i tuoi sogni e allora hanno costruito il sogno dell'auto elettrica cinese su vastissima scala quindi sono successi questi processi estremamente importanti per questo la tecnologia va vista da vicino nella poi grande capacità dei processi industriali e dei processi finanziari di stare vicino c'è una crescente consapevolezza su quanto questi elementi economici e tecnologici poi abbiano a che fare con quello che diceva prima Marte quindi con la questione fondamentale del rapporto tra Stati Uniti e Cina ora questo l'ho scritto anche su Aspenia peraltro quello di cui io sono convinto visto che c'è qui Marte è che non si tratta soltanto della competizione tecnologica cioè la forza dell'attenzione tecnologica tra Stati Uniti e Cina è che ognuno vuole poi evidenziare le altre debolezze dell'avversario la leadership cinese pensa che l'America sia un paese marcio quindi accentua molto ovviamente le sparatorie, l'assalto a Capitol Hill, il fatto che hanno lasciato l'Afghanistan quindi quello che ritengono il marciume americano che mangia quella società quindi quella è la loro scommessa cioè il suicidio degli Stati Uniti. D'altra parte la scommessa degli Stati Uniti, gli apparati degli Stati Uniti ora non bisogna nemmeno esagerarli in termini complottistici però ci sono anche persone intelligenti quindi tutte queste sanzioni controllo delle esportazioni lo sanno pure loro che se metti le sanzioni alle imprese cinesi poi le imprese cinesi cercheranno di fare innovazione su quello qui hai messo le sanzioni e magari hanno un incentivo affinché arrivino queste aziende cinesi Quindi qual è il loro obiettivo? Il loro obiettivo è frenare degli elementi di sviluppo tecnologico cinese perché poi arrivano altri problemi come quello demografico, come quello del rapporto della Cina con i vicini, come gli altri problemi economici quindi attraverso la tecnologia e l'attacco alla tecnologia ognuna di questi due giganti poi cerca di colpire le debolezze di lungo termine dell'altro Ecco colpire le debolezze dell'altra potenza abbiamo visto appunto una complessità che va sempre di più facendosi ancora più complessa per l'aumentare di strati e di strategie Allora io adesso coinvolgevo Alessandro Bulfon di Angelini Technologies e Meccanica perché abbiamo visto appunto delineato un mondo polarizzato in due sistemi separati voi rappresentate un'esperienza in controtendenza di un sistema industriale multinazionale che è presente negli Stati Uniti e in Cina con impianti produttivi Come vivete questo nuovo mondo, questa nuova prospettiva come azienda divisa tra due mondi? Sì, buongiorno a tutti, allora noi siamo privilegiati, abbiamo una visione privilegiata essendo presenti sia negli Stati Uniti che in Cina e questo almeno inerente al nostro settore e degli equilibri di questi paesi In questi paesi riusciamo a vedere le differenze, concordo con Marta che si tratta di guerra tecnologica pienamente e comunque si parla soprattutto di quella che è una supply di tecnologia, tutta una parte di supply chain Giustamente Marta diceva terre rare sì, però soprattutto la parte manufatturiera che viene da queste terre rare Quindi io penso che la gestione della supply chain in questo contesto geopolitico ma soprattutto tecnologico a mio avviso sarà sempre più centrale, più strategica e anche molto più articolata Almeno per quanto riguarda l'ambito industriale lo sentiamo in questo modo Penso che l'ordine geopolitico sicuramente è influenzato dalla tecnologia in quanto motore di sviluppo e soprattutto adesso estremamente accelerato Ma ritengo che in alcuni ambiti come quello esempio è quello nostro di impresa l'antagonismo tra Cina e Stati Uniti non debba essere necessariamente una scelta di binario Penso sia che sia un falso binario di scelta, ecco questo Quindi il ruolo dei paesi e delle imprese deve essere quello di identificare i propri vantaggi competitivi Attuare le proprie strategie di sviluppo aprendo attivamente con paesi diversi Quindi sì siamo in Cina, siamo negli Stati Uniti, siamo in Italia, esportiamo il 90% se ci legassimo solo a Cina o solo a Stati Uniti non si riuscirebbe E così penso che sia valido per il sistema paese Quindi il ruolo delle imprese non deve essere periferico ma deve essere posizionato al centro per definire assieme quello che deve essere una strategia di sviluppo per raggiungere questi risultati In questo caso sì la Cina ha fatto una forte politica industriale governata dallo Stato E gli Stati Uniti invece il privato che ha gestito la sua espansione industriale è la sua politica Io non penso che dobbiamo copiare questi modelli, anzi penso che per noi sarebbe qualcosa di non naturale Penso però che dobbiamo prenderli come ispirazione poi a trovare un nostro modello che si basi sui nostri equilibri Quindi entrando di più nella questione specifica della catena di approvvigionamento Anche poi tocchiamo i semiconduttori che Marta ha toccato che è stato un elemento per noi quest'anno e anche gli anni scorsi quest'anno e penso che tocherà anche gli anni successivi Tutta questa catena di approvvigionamento è stata fortemente influenzata da questa guerra tecnologica da questo contesto geopolitico che ha influenzato tutta la parte di prezzi, tempi e condizioni di fornitura Ed è necessario, è proprio imminente per noi ricostruire delle catene di fornitura con delle strategie che sono legate a relazioni internazionali diversificate per poter renderle resilienti e affidabili Abbiamo visto sì che negli ultimi anni la Cina e gli Stati Uniti hanno armato politiche commerciali, barratecnologiche dove la Cina ha limitato l'accesso a mercati che hanno ritenuto strategici dall'altra parte è un falso tentativo di limitare l'export della tecnologia da parte degli americani perché anche noi vediamo nel nostro settore aziende cinese che entrano negli Stati Uniti come americani e comunque riescono a esportare la tecnologia quindi penso che in questo gli Stati Uniti stia un po' perdendo però questo porta ad un conflitto di quello che sarà l'estrazione, poter arrivare le terre rare e controllare le terre rare controllare poi di conseguenza la parte manufaturiera però se noi guardiamo adesso Cina e gli Stati Uniti, abbiamo iniziato questo panel con Cina e gli Stati Uniti però se guardiamo anche più vicini abbiamo l'Ucraina l'Ucraina è un paese estremamente ricco di risorse minerarie che poi ancora non sono sfruttate a pieno chiaramente adesso c'è il conflitto però se noi guardiamo l'Ucraina hanno 20.000 siti minerari di cui 97.000 metalli diversi per noi questa potenzialmente parlando Europa, Italia è una fortissima ricchezza anche perché l'Ucraina ci considera un partner elettivo pensiamo microprocessori e semiconduttori, l'Ucraina prima del conflitto produceva 540 milioni tonnellate di neon oggi ne produce la metà neon che è estremamente necessario per la produzione del laser per poi produrre semiconduttori o per la produzione di altri oggetti anche metto la cura del laser per la chirurgia ottica mi viene questo come esempio quindi estremamente strategico anche questo come paese da lì poi per comprendere meglio vorrei fare un breve excursus se vediamo i costi correlati all'informatica cosa che noi abbiamo visto e monitoriamo tantissimo visto perché ormai siamo in un mondo digitale non più meccanico vediamo che dal 2012 al 2022 i costi dei componenti sono sempre stati in riduzione questo ha gevolato la digitalizzazione della società portando da 10 miliardi a 40 miliardi i dispositivi connessi in rete poi nell'ambito industriale ha dato il la a quello che è l'industria 4.0 quindi adesso però 2022 cambio di traiettoria dovuto a questa guerra tecnologica si parlava di microprocessori l'aumento dei semiconduttori e conseguentemente per noi azionamenti elettrici hanno hanno avuto un aumento di prezzi del 10 il 15 per cento di media aumento che difficilmente mercato assorbe e quindi si rallenta un po tutta la parte di investimento dall'altro lato i tempi di consegna perché siamo passati da due settimane a 44 o per dare una sensazione ancora un po più forte siamo passati da giorni a quasi anno quindi anche la catena di fornitura più resiliente in questo caso cade davanti a quello che è una guerra tecnologica sì tra stati uniti e cina e taiwan casca proprio proprio in mezzo anche perché io vi faccio un esempio di una di un sistema robotico che stiamo producendo in questi giorni i componenti sono 80 mila componenti quindi in 80 mila componenti se arriviamo al primo livello di fornitura tocchiamo 10 paesi se poi andiamo un livello sotto si moltiplica di questi di questi componenti ormai le macchine si hanno una componente metallica ma è molto elettronica tutti ritardati dai microprocessori quindi diventa estremamente imminente per noi pensare che dobbiamo diversificare non possiamo dipendere da da questi due colossi da lì il mio il mio falso binario io abbiamo parlato di microprocessori i principali produttori sappiamo che sono gli asiatici taiwane e sud corea diciamo che però adesso sia gli stati uniti che l'europa che non sono favoriti nel poter attingere a questo bacino hanno stanziato budget importanti per quello che secondo me è utopico è arrivare all'indipendenza io penso che un paese o un'azienda non riesca a farcela da sola bisogna sempre lavorare in un ecosistema quindi ecco perché l'obiettivo dovrebbe essere quello della diversificazione e costruire catene di privilegiamento resilienti d evitare singoli punti di rottura e quindi a noi serve una squadra Italia Europa che porti avanti il proprio modello di crescita commerciale ed economica che garantisca un equilibrio poi tra aziende governo e cittadini e sia una squadra che possa navigare nella competizione geopolitica capendo che siamo schiacciati tra due due colossi però dobbiamo dare una nuova opportunità e nuove forme di cooperazione internazionale per poi proseguire quelli che potrebbero essere ambiti quasi di indipendenza però almeno solidità e resilienza Grazie per questo quadro di come le aziende si devono adattare a questo nuovo scenario dal punto di vista concreto Io adesso volevo fare però un passo laterale per vedere questo scenario da un altro punto di vista Daniele Aviglione Italia Decide è un'associazione che ragiona sulle politiche pubbliche legate alla democrazia e alla partecipazione è chiaro che già l'innovazione e la tecnologia ci mette un po' di ansia e comporta dei rischi a livello di partecipazione democratica di incertezza complessiva come società. Se ci aggiungiamo anche a questo aspetto geopolitico ci mette ancora più ansia Quali possono essere le politiche pubbliche che siano adeguate a questo tipo di scenario in cambiamento? Grazie, buongiorno. Questo è un aspetto rilevante perché è un aspetto come interno al funzionamento delle democrazie al rapporto tra i sistemi democratici e i sistemi che sono autocratici come si dice ora o non democratici Le innovazioni che stiamo vivendo hanno un impatto sconvolgente sulle sistemi democratici, molto specifico perché intaccano, si occupano delle informazioni. Informazioni ed energia sono le condizioni per lo sviluppo di tutto il mondo vivente sin dall'inizio, non solo dell'umanità ma proprio dell'intero mondo vivente della natura e anche prima. Questo perché noi dipendiamo da come produciamo informazioni ed energia come le trasmettiamo, come le riceviamo, come le immagazziniamo, come le conserviamo nel tempo quando un'innovazione è molto forte nel campo dell'informazione, ecco allora che mette in crisi tutte le tradizionali relazioni che esistono fino all'ora tra gli uomini e tra gli uomini e il resto del mondo dal battero, alla cellula, alla galassia. Ora ci sono stati due, per raccontare l'importanza di questa ffettivamente aspetto del legame tra l'innovazione dell'informazione, quindi parliamo del digitale sostanzialmente i sistemi democratici, basta pensare alle due grandi innovazioni che ci sono state nel passato la prima è stata l'invenzione della scrittura che è durata millenni, la seconda l'invenzione della stampa ora l'invenzione della scrittura ha creato la storia, ha creato l'agricoltura, i commerci con la moneta, gli stati con le leggi scritte, le tavole della legge, naturalmente la pedagogia, il tipo di scienza, la matematica quindi ha cambiato sostanzialmente per millenni tutto quello che era il senso, anche persino le grandi religioni monoteistiche, sono le religioni delle sacre scritture, sono legate a quelle. Quando arriva la stampa la stampa viene attribuita a tutti i grandi cambiamenti che si sono succeduti, la stampa cambia il rapporto tra l'uomo e Dio, il rapporto tra l'uomo e la donna, crea la responsabilità individuale del potere leggere le sacre scritture e interpretarle individualmente, da lì nasce la riforma protestante, da lì nasce i sistemi democratici del tempo, lì nasce il diritto civile e anche la scienza come capacità di osservazione dei fenomeni in divenire piuttosto che come memoria dei testi scritti. E ora l'ICT, il digitare cambia di nuovo tutto questo, si crea una nuova scienza, una nuova genetica, una nuova economia, una nuova finanza nuovi modi di fare il commercio, tutte le nuove catene di cui si è parlato prima, cambia radicalmente di nuovo tutto, solo che cambia in maniera molto diversa che rispetto alle due precedenti, perché ha dei tempi normemente più veloci, ha una globalità per cui si diffonde immediatamente ovunque, impatta ovunque nelle relazioni tra gli uomini, tra l'economia, tra la città e ha dei costi infinitamente più bassi di quelli del passato portati dalla stampa o addirittura dalla scrittura. E quindi, perché questo intacca particolarmente i sistemi democratici? Perché intacca la fiducia? Ha a che fare con la fiducia? La fiducia è, diceva Harrocher, un premio Nobel dell'economia, un matematico, la fiducia è l'istituzione invisibile che è alla base delle democrazie rappresentative, dove ha progressivamente sostituito, affiancato, poi in parte ha sostituito l'uso della forza nella convivenza civile. Ed esiste la fiducia privata, poi esiste la fiducia pubblica, la fiducia è una cosa per le democrazie su cui le democrazie si basano perché è estremamente efficiente avere fiducia negli altri, pensare, fidarsi alla parola degli altri comporta meno spese, meno tempi, meno difficoltà. E la fiducia è l'unica materia che più la consumi, più si riproduce. Ma è anche la fiducia pubblica dei cittadini verso le istituzioni deriva dalla loro affidabilità, dalla loro capacità di rispondere a quello che hanno promesso ai cittadini a quello che i cittadini chiedono. E questo è sempre più difficile perché poi la fiducia è un bene che non si può comprare, se la compri ti accorgi che non hai comprato fiducia. Ora perché questa difficoltà di avere della fiducia nei sistemi denocraci? Beh, innanzitutto per la velocità delle innovazioni che producono, come dicevamo, in maniera velocissima come frecce, si spandono ovunque. Anche le istituzioni evolvono, ma molto più lentamente, perché le istituzioni democratiche, non le altre, sono legate alla parola, al linguaggio, alla memoria e al rispetto di quei meccanismi istituzionali e giuridici che permettono il confronto tra le persone, tra i potevi dello Stato, assicurano condizioni di dialogo e di civiltà. E poi perché c'è una disparità di conoscenza immensa tra la conoscenza di cui dispongono, appunto, esperti, scienziati, tecnici, anche imprese, e quella di cui possono disporre invece le istituzioni. E quindi c'è una difficoltà di regolazione. Regolare la fiducia scappa. Regolare, scusate, l'innovazione. L'innovazione, quando comincia a regolare, è già andata avanti. E quindi tutti ritrovi spesso a mettere delle regolazioni, delle norme, dei vincoli che sono già arretrati. E quindi in questo quadro le istituzioni perdono sempre, appaiono sempre più incapaci di governare il sistema e quindi appaiono sempre, e la fiducia si sfibra, si perde, c'è un'eclissi di fiducia. Ci sono delle grandi agenzie, questa si chiama Edelman, che studiano da ormai 25 anni la fiducia. Nell'ultima analisi fatta, tutti i sistemi democratici segnalano ovviamente perdite di fiducia, ma che non è solo la fiducia pubblica, perché poi diventa la fiducia tra i cittadini. Reggevo che nei paesi intervistati, che sono oltre i 21, il 70% dei cittadini non vorrebbe abitare in un quartiere con persone che la pensano diversamente da lui, e l'80% non vorrebbe lavorare in luoghi di lavoro con persone diverse. Grazie, grazie per questo quadro, poi dopo torneremo sulle politiche, sulle sistemi per compensare questo. Voi non vedete ma il timer è già entrato in allarme rosso, per cui dobbiamo davvero accelerare ancora di più della tecnologia. Veniamo all'Europa, Marta da Su, avevi detto che rischia di essere un po' il vaso di coccio tra le due superpotenze, come può reagire, con che strategia può sviluppare una sua politica autonoma? Grazie, ne parlava già Alessandro molto bene, dicendo che l'Europa deve costruire un ecosistema che permetta l'innovazione tecnologica con degli investimenti ovviamente e con una cooperazione fra investimenti pubblici, istituzioni europee e imprese private, sennò non riesci a fare questo. Ora non è facilissimo perché l'Europa fondamentalmente non funziona come l'America. Se l'America decide con il famoso Inflation Reduction Act di dare un sacco di soldi a quello che diceva Alessandro, cioè l'innovazione green, diciamo così, delle clean technologies americane e lo fa con dei crediti fiscali, un meccanismo molto semplice, molti soldi e molto rapido. L'Europa invece agisce prima di tutto con meno soldi perché il modo in cui l'Europa dà soldi è un patchwork fondamentalmente, sono aiuti nazionali, in genere aiuti di Stato nazionale, che hanno sempre il rischio di aumentare il rischio di frammentazione del mercato interno perché c'è una disparità di quello che viene definito lo spazio fiscale. La Germania può dare un sacco di soldi adatti alla difesa o al sostegno per i prezzi energetici, l'Italia può farlo molto meno perché, come sapete, c'è tutta una discussione in corso, ma si va verso il ritorno ai regoli fiscali più stringenti. Quindi c'è un problema di risorse che l'Unione Europea è in grado di allocare perché gran parte di queste risorse fondamentalmente sono allocate dagli Stati nazionali medesimi. C'è una discussione che è sempre sulle nuvole su quanto non sarebbe giusto introdurre dei meccanismi simili al Next Generation EU, cioè dei fondi europei finanziati attraverso l'emissione di Eurobond. E' una discussione che purtroppo non passa, diciamo così, non solo perché il Next Generation EU non sta andando benissimo né per l'Italia né per una serie di altri paesi, ma perché c'è una controversia interna tra gli Stati cosiddetti virtuosi, che non lo sono più tanto in realtà, e gli Stati cosiddetti meno virtuosi sulla necessità di andare in questo senso. Io personalmente penso che, ad esempio, Giorgetti abbia ragione il Ministro dell'Economia quando dice che è abbastanza assurdo non decidere di defalcare le spese per la Green Transition dal calcolo del deficit. E invece vengono, nonostante questo, tenute lì. Dico solo un punto rapidissimamente, mi sono piaciuti tantissimi interventi di tutti, quindi volevo riprendere un secondo una cosa. Quello che viene fuori dal discorso di Alessandro e di Alessandro è che poi tutto questo de-linking, de-capling, cioè quello di cui stiamo parlando, che è la revisione della vecchia globalizzazione triunfante, diciamo così, ha un costo. Il problema vero è che in parte riesce fino a un certo punto, tant'è vero che l'America ha già modificato i suoi toni e invece di parlare di questo famoso disaccoppiamento parla di riduzione dei rischi, un po' come fare l'Europa. Soprattutto ha un costo, cioè questa revisione delle filiere internazionali del valore, che vuol dire ricollocarne in parte in altri paesi, eccetera eccetera, ha un costo molto forte, non è gratis. Non è gratis affatto. Le imprese cercano delle strategie in qualche modo compensative, China plus one, cioè investo in China ma investo anche in Nammo, investo anche in India per parare i rischi. Quel che è certo è che il rischio geopolitico è entrato molto fortemente nelle decisioni economiche. Diciamo che la prima globalizzazione era l'idea che il mondo in qualche modo andasse grazie alla forza dei mercati e quanto più i mercati diventavano globali, tanto meglio era perché si creava pacificazione, si creava una tendenza, la convergenza dei sistemi politici. È successo l'opposto, siamo nell'epoca della grande divergenza, che è lì per restare, la grande divergenza, per i motivi di cui parlavi tu, che hai fatto un excursus affascinante ma che porta in fondo a quel ragionamento lì. Cioè c'è una, diciamo così, resilienza della contrapposizione fra democrazie e autoritarismo perché in effetti questa grande rivoluzione digitale per i sistemi demographici democratici è particolarmente difficile da gestire. C'è il problema della sfiducia, diciamo così, nelle istituzioni. È divertente perché quando leggiamo le statistiche italiane in fondo noi continuiamo a avere fiducia solo nel Presidente della Pubblica e nei Carabinieri, poi per il resto c'è una sfiducia che coinvolge un po' trasversalmente tutti quanti. Non solo c'è la sfiducia che è veramente una cosa fondamentale nel rapporto fra governanti e governati perché erode la legittimità democratica su cui si fondono le nostre società, ma c'è anche l'epoca della postverità che è il tuo ultimo sondaggio. Cioè non c'è più un punto di riferimento condiviso in base a cui compiere le decisioni che la politica deve compiere, che la gente deve in qualche modo volere accettare. Ci sono delle tribù, è un'epoca di tribalismo, che hanno la loro verità e questo rende tutto molto difficile. E' questo dibattito fra verità alternative che è molto esaltato dai social media e dalle tecnologie. La tecnologia è esplosiva con la pandemia ad esempio e i social media lo rafforzano perché, come diceva giustamente Daniela, il fenomeno è quello del confirmation bias. Io non vado a cercare su internet qualcuno che la pensi diversamente e mi aiuti in fondo a sviluppare un pensiero più dialettico, io voglio cercare qualcuno che la pensa come me. E quindi i social media rafforzano enormemente queste tribù concettuali e quindi è una società che da globale e convergente sta diventando in parte perché poi resiste per fortuna e grazie alle imprese tutta una parte invece di mercati globali e così via su cui viviamo tutti quanti. Ma insomma da lì è diventata invece in parte protezionistica, in parte tribale e in parte ripiegata su se stessa ed è questa la grande sfida dei sistemi democratici di oggi. Ci torneremo alla fine su questo punto, volevo con Alessandro Aresu tornare un po' invece all'interno dell'Europa sul ruolo dell'Italia nell'ambito di questa redistribuzione delle risorse che dobbiamo attuare anche con l'Europa. Quale ruolo può avere l'Italia? Allora prima cosa con sapevolezza dell'entità della sfida vi do un numero. C'è un'azienda che spero che tutti conoscano al contrario di come è stato scritto su un quotidiano che si chiama Nvidia. Questa azienda è cresciuta di circa 170 miliardi di capitalizzazione in una giornata di contrattazione. La capitalizzazione combinata di Leonardo e di Tim è di circa 11 miliardi quindi Nvidia in un giorno è cresciuta, il motore dell'intelligenza artificiale è cresciuto di 170 miliardi. Quindi il livello è questo di cui dobbiamo essere consapevoli. Un aspetto che secondo me è molto importante è la consapevolezza dell'esistente. L'Italia ha alcune capacità che noi come casse dirigente, come contesto pubblico non siamo riusciti a fare emergere. Luca Benini è uno dei più grandi scienziati al mondo delle architetture per i semiconduttori e per tutto quello che riguarda il calcolo ad alte prestazioni. Quindi io voglio che milioni di persone sappiano che c'è Luca Benini a Bologna. A Catania esiste uno dei poli di ricerca più importanti al mondo sul carburo di silicio che sono materiali e componenti alternative rispetto al silicio e fondamentali per il futuro dei semiconduttori per l'auto elettrica e l'elettrificazione. C'è questo signore che si chiama Corrado Rosario Spinella che da anni e anni alimenta questo gruppo incredibile di ricerca del CNR, del consiglio nazionale delle ricerche. Quando sono andato a ST Microelectronics da Grattebrianza, là dentro c'è un altro laboratorio del CNR e c'è un altro scienziato che si chiama Alessandro Moll che è un giovane ricercatore che ha vinto due European Research Council di seguito che si è messo a fare lì. Quindi una delle cose più importanti per me è che bisogna alzare il livello di attenzione su queste cose perché i giovani italiani devono pensare a questo, devono sapere che c'è Nvidia, avere voglia di studiare ingegneria elettronica perché così possono essere protagonisti di questa sfida, studiare chimica, studiare fisica, studiare matematica, studiare biotecnologia e questo è importantissimo ed è un fattore culturale da alimentare costantemente. Devono sapere che c'è Federico Faggin che è una leggenda e che ha creato parte del mondo che noi viviamo e queste persone sono italiane. Devono avere voglia di costruire il futuro dell'astronomia multimessaggera nelle miniere in Sardegna che è stata fondata grazie alla gente che lavora nei laboratori del Gran Sasso. Quindi secondo me questo aspetto culturale è essenziale e se devo insomma portare Luca Benini e Corrado Spina Ladappi e Luigi Pardo che ho visto che è arrivato da Fedez o quello che è io ce li porto perché sono disposto a tutto affinché ci sia questo cambiamento culturale. Benissimo, quindi una consapevolezza delle nostre risorse. Io aggiungerei, visto che hai citato Faggin, anche l'importanza delle materie umanistiche perché non dobbiamo dimenticare la nostra specificità e voglio dire l'intelligenza artificiale fatta anche di competenze umanistiche. Alessandro Bulfon, io continuerei su questo filone perché appunto le aziende devono lavorare su una parte hardware di logistica e di produzione ma anche una parte software che è questa della ricerca delle competenze che diventa sempre più essenziale. Come rispondete voi su questo piano? Cercherò di stare nei tre minuti. Io penso che la conoscenza è il fondamento necessario per affrontare l'economia del futuro. Nel nostro gruppo abbiamo messo le competenze al centro, i talenti al centro. È estremamente importante. In questo sono d'accordo con Alessandro, bisogna prendere coscienza. Io ho la consapevolezza ma anche un po' di preoccupazione su quello che è il divario tra sistema educativo e il domanda della futura crescita occupazionale perché oggi è circa il 50%. Se andiamo a snocciolare un po' di dati vediamo che l'Italia come terza economia d'Europa per attenersi a quelli che sono gli obiettivi digital compass 2030 deve formare 20 milioni di persone alla formazione digitale di base. Parlavi di ICT. Siamo il fanalino di coda in Europa, di persone che si iscrivono a corsi specialisti di ICT. La Germania 6 volte tanto, la stessa Spagna 3 volte tanto. Poi se facciamo il salto ancora in più vediamo i laureati. I laureati in Italia nelle stesse materie siamo al 1,4%, la media europea quasi al 4%, 3,9% per essere puntuali. Poi quindi noi dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo fare un salto per partecipare a quella guerra tecnologica. Noi dobbiamo fare un salto e dobbiamo farlo, io non ritengo sia soft più le competenze. Io penso che diventino un altro elemento hard tanto quanto letterarare. Quindi perché abbiamo molto da fare siamo un po' indietro. Adesso io non voglio intaccare la fiducia, però penso che anche perché noi storicamente c'è un passato. Storicamente noi siamo passati attraverso la rivoluzione del lavoro. Quell'agricola abbiamo fatto bene, quell'industriale ci ha lasciato un patrimonio manufatturiero sul quale ci appoggiamo ancora, quella digitale già abbiamo nicchiato. Su questa dell'avvento dell'artificio di intelligence noi dobbiamo essere puntuali. Aziendalmente noi stiamo facendo tutti gli sforzi, formiamo le persone che sono già, perché questa è la generazione che entra, ma dobbiamo pensare anche alla generazione che abbiamo. Quindi è impensabile che una persona che si è formata 30 anni fa, con lo stesso bagaglio oggi, nonostante tutti gli aggiornamenti, formazioni che facciamo, riesca a lottare in questa nuova guerra. Quindi da qua penso che non si debba avere paura, su questo bisognerà investire, non è che freniamo la tecnologia, bisogna fare degli investimenti in formazione e sicurezza, perché bisogna prenderlo di pari passo. Cerchiamo di essere positivi, perché secondo me la tecnologia porterà tanti benefici. Tante persone mi dicono, lavorate in ambito della robotica, la robotica sostituirà il lavoro, non è vero, affiancherà, renderà il lavoro di persone meno usurante, più sicuro. Ci sono tantissimi vantaggi, una miriade di opportunità che dobbiamo cogliere, dobbiamo morirci velocemente. Sono stato nei tuoi 3 minuti. 3 minuti, grazie. Adesso il timer rosso inizierà a intermittenza, dire che proprio siamo in un allarme rosso, ma abbiamo ancora 5 minuti per Daniele Aviglione per chiudere su quella prospettiva appunto, abbiamo visto fiducia, consapevolezza, partecipazione. Come poter davvero superare questa frammentazione, questa polverizzazione in una logica di bene comune? Dunque, innanzitutto devo dire che appunto il che fare, che poi è una parte un po' difficile, però ritornano tutti i temi di cui avete parlato. Prima direi, vado velocissimamente, mi scuserete, noi dobbiamo curare la resilienza delle nostre democrazie. E qui ci può aiutare, c'è la loro capacità di funzionare anche quando la fiducia è intaccata da crisi di maggiore profondità, da cyberattack, da malfunzionamenti. Perché qui può soccorrere la teoria dei nodi, che dice che più un sistema è ricco di piccoli nodi ed è ricco di link con legamenti, relazioni tra questi nodi, più è in grado di sopportare la distruzione dei nodi. Mentre i sistemi più accentrati, in cui esistono pochi nodi importanti con pochi legami, hanno una soglia critica di distruzione molto più forte. Direi che è una descrizione del rapporto tra le democrazie e i sistemi non democratici. Come si può immaginare di curare questa resilienza? Naturalmente in moltissimo modo ne cito alcuni per essere positiva. Uno è un processo che è nato da tempo in Italia e che è un processo poso conoto, ma è imponente, che è la crescita dei processi di partecipazione delle persone alle politiche pubbliche. La partecipazione ai beni comuni, alla loro tutela, a beni comuni immateriali e immateriali. E' una cosa che ha alle spalle la Costituzione, l'articolo 116 della Costituzione, che vede questo non come una cosa octueie dallo Stato, che non ha il monopoglio del bene pubblico della politica pubblica, ma è un diritto dei cittadini a partecipare a questi processi. Pensate solo che vivono nei comuni, nei territori, nelle città metropolitane, che hanno già dei regolamenti, dei patti tra cittadini e amministrazione per i progetti dei beni comuni, il 20% della popolazione italiana. Un'altra cosa da fare è la regolamentazione della rappresentanza degli interessi pubblici e privati. Il sistema non andrà avanti se le imprese non collaboreranno con le istituzioni, non daranno loro un input di conoscenze di cui hanno bisogno, che diventerà un output di buona qualità delle politiche pubbliche, di cui abbiamo bisogno per tutti i progetti, ma anche per difendere i sistemi democratici, per aumentare la fiducia nei sistemi democratici. Un ultimo punto è quello di una evoluzione della pubblica amministrazione dal modello tradizionale, che è un modello autoritativo di comando, controllo, punizione, a volte incentivo, a un modello invece di collaborazione. Una delle norme di incentivazione, diceva negli anni 60 Bobbio, le teorie del naggio, della spinta gentile. Noi dobbiamo collegare le norme ai comportamenti. Le norme e le leggi sono fatte senza tener conto dei comportamenti delle persone. Invece questo collegamento è importante perché bisogna fare norme a cui i cittadini aderiscono con lealtà spontaneamente e non perché è imposto. E poi naturalmente alla fine c'è la regolamentazione condivisa a livello sovranazionale di tutte queste tecnologie, dell'evoluzione di queste tecnologie, che sarà un processo lungo di cui si cita sempre l'esperienza sull'energia nucleare che fu fatta nel dopoguerra. Mi pare un po' che l'allarme sulle possibili impatti delle tecnologie, soprattutto digitali, in termini di libertà delle persone e dei sistemi democratici sta mettendo le imprese, le istituzioni e i paesi sulla via di condividere una regolamentazione. Grazie, grazie davvero per questa chiosa finale. Io notavo che molti di voi si sforzavano di essere fiduciosi. Credo che dobbiamo essere etimisti, ma per natura credo che questo ultimo accendosia veramente la strada per cui... Posso dire una cosa che mi sono dimenticata di dire? La cosa forse più importante da fare è rimettere l'educazione al centro del nostro paese. Era esattamente quello che stavo dicendo, che era emerso in quest'ultimo giro, che anche in un mondo, anche in un mondo, tanto più in un mondo dove la tecnologia diventa un strumento di geopolitica e di concorrenza, la formazione in tutti i sensi, dal punto di vista tecnico, scientifico, civile, diventa fondamentale per tutta la società. E con questo io chiudo. Ringrazio davvero tutti i partecipanti a questa sessione e a voi che avete aspettato 5 minuti in più. Sottotitoli a cura di QTSS
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