Pandemia, guerra e rischio geopolitico: come cambiano le catene del valore
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Pandemia, guerra e rischio geopolitico: come cambiano le catene del valore
Le economiste Valentina Meliciani e Maria Savona si sono confrontate sui possibili scenari geoeconomici attuali e futuri, alla luce delle trasformazioni e dei cambiamenti dell’economia industriale e dello sviluppo di nuove catene del valore a livello mondiale.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buongiorno buongiorno a tutti, nemmeno in orario, addirittura in anticipo, sarà contento il mio direttore che tiene molto agli orari degli eventi. Come lui stesso ha detto questa mattina non siete qui per ascoltare me ma per ascoltare i relatori. Io intanto vi ringrazio di essere qui, ringrazio ovviamente il giornale per il quale lavoro, mi chiamo Daniele Bellasio, sono il vice direttore del sole 24 ore, ringrazio Trentino Marketing per questa manifestazione straordinaria, basta andare in giro per le strade di Trento per capire quanto sia sentita sia dalla popolazione di Trento, dalle scuole, dalle università, come da chi ha deciso di venire qui oggi da altre località, ovviamente anche tutto in diretta streaming sul sito del sole 24 ore ma soprattutto sul sito di 24 ore eventi. Io vi ringrazio di essere qui anche perché questo è un po' il tema del momento, come mi ha detto questa mattina una collega di SkyTG24, Mariangela Pira, che penso conoscerete tutti, che si occupa tutti i giorni dalle onde di SkyTG24, delle questioni dell'economia della finanza, noi oggi in questo panel forse affrontiamo il tema dei temi in questo periodo storico dal punto di vista economico e finanziario con il sottofondo geopolitico. Fino a pochi anni fa, diciamo dopo la grande crisi finanziaria iniziata nel 2008, il mondo tutto sommato sembrava andare in una direzione abbastanza chiara, le aziende potevano decidere i mercati dove vendere, potevano decidere con relativa tranquillità e sicurezza i mercati dai quali acquistare le materie prime di cui avevano bisogno. Poi improvvisamente, per la verità già qualcosa si è visto nel 2014 con l'invasione russa della Crimea, la geopolitica è entrata pesantemente nelle valutazioni economiche e finanziarie. Come se non bastasse a un certo punto abbiamo avuto una pandemia globale, è scoppiata una guerra dentro l'Europa e oggi sempre più parliamo delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, soprattutto riguardo a Taiwan ma non solo. Noi oggi cercheremo di capire come le istituzioni internazionali, gli operatori delle economie, le aziende grandi ma anche le aziende medie e piccole possono in qualche modo prendere le loro decisioni per continuare a crescere e continuare a creare posti di occupazione in un mondo che da un giorno all'altro ha crisi geopolitiche tali che inducono a ripensare completamente le proprie strategie. Insomma, come si può sopravvivere da operatori dell'economia in questa fase storica che ci presenta un cambiamento, una crisi dopo l'altra? Questo è il tema di oggi. Ne parleremo con, vi presento i nostri relatori, uno è in collegamento, Josef Nierling che è amministratore delegato di Porsche Consulting in Italia, grande esperto di innovazione, competitività, strategia che appunto le aziende devono tenere, Daria Taglioni che è research manager della World Bank, Maria Savona che è professoressa, insegna alla Luise e alla Università del Sussex. Poi abbiamo sempre continuando Valentina Meliciani che è direttrice del Think Tank Europe dell'Università Luis Guido Carli. Poi abbiamo in collegamento, non so se riusciamo a vederlo, chiedo aiuto alla regia come si dice in queste circostanze, Marco Annapel che è presidente amministratore delegato di Philip Morris Italia e presidente Europa Sudo Occidentale di Philip Morris International. Poi torniamo in Italia con Pasquale Salsano qui alla mia destra, presidente di Siemest. Allora, io direi di strutturare il nostro incontro in questo modo. I primi relatori hanno anche delle slide da mostrare, sono significative e quindi secondo me è bene dare la possibilità di farlo. Nella seconda parte poi del nostro incontro invece parleremo anche calando un po' di scenari macro che abbiamo visto nella nostra attualità. Quindi per introdurre l'incontro di oggi e dare un quadro di contesto chiederei proprio a Josef Nierling di aiutarci a comprendere perché questo è il tema dei temi nell'economia globale e quindi anche in quella italiana. Grazie Daniele, se non vi dispiace mi alzo, è un po' più facile raccontarvi una cosa. Io stamattina ho aperto il giornale tedesco Handelsblatt e la prima notizia grande riguarda proprio agli scambi internazionali. Sapete che la Germania è entrata in recessione tecnica perché sono due trimestri che sono negativi, 05 è quella chiusura del 2022, 03 questo primo trimestre e devo dire che per l'economia tedesca è stata una cosa inaspettata ed è vero che c'è un problema che è un po' il sentimento in questo momento in Germania che è piuttosto negativo, quindi i consumatori tedeschi sono meno disposti, addirittura meno degli italiani, meno disposti a spendere sentendo maggiormente la pressione dell'inflazione. Vi confesso che c'è stato anche un po' un bombardamento mediatico anche in televisione, io qualche volta vedo la televisione tedesca se bene viva a Milano, c'erano diversi messaggi per ridurre il costo, l'energia, scherzo fare meno docce e cercare di abbassare quello che è l'impatto della crisi che abbiamo avuto con l'attacco in Ucraina. Però devo dire che si immaginava nel primo trimestre una situazione di stagnazione, è stata una sorpresa questo crollo e questo crollo oltre a questo tema del sentimento è molto legato all'export, si è perso in maniera significativa una parte di export verso certi pesi. Uno di questi è sicuramente la Cina, perché tutti sappiamo che la Cina è uno dei mercati importanti, ma sappiate che non è vero che è il primo mercato tedesco per export, il primo gli Stati Uniti e anche lì c'è stato un crollo, meno 10% lì, meno 9% in Cina, in EU in generale anche negativi, intorno al 5% di perdita. Questo cosa ci dice? Che effettivamente intanto si sta incominciando a vedere sull'economia un effetto di quanto è rilevante il trading internazionale quando si incomincia a indebolire le relazioni, lo vediamo, non lo vediamo in questo momento in Italia, ma attenzione perché le nostre economie sono molto legate, l'Italia sapete ha come primo mercato per l'export proprio la Germania, pensate alla catena dell'automotive, tutti quelli che sono i pezzi che poi finiscono nel settore automotive in Germania, quello è uno dei principali flussi che in questo momento hanno un rallentamento. Quindi oggi voglio parlare di alcune cose, queste sono magari delle cose che sono nate, purtroppo non mi funziona questo, ma qualcuno mi cambierà la slide, queste sono cose che sono contingenti in questi mesi, ma ci sono dei trend globali, se mi puoi passate un oggetto che mi aiuta, ci sono dei trend globali che comunque stanno alterando, ecco perfetto grazie, in generale le relazioni tra i paesi, sono quelle della geopolitica, ma ci sono anche degli aspetti tecnologici che stanno spingendo a fare scelte diverse, ci sono aspetti però di costo del lavoro, che se un tempo facevano della Cina la fabbrica del mondo, oggi questo non è più vero anche perché ci sono tanti altri paesi che sono più interessanti dal punto di vista del costo della mano d'opera specificatamente nel manufacturing, vedete lì all'angolo per esempio il Vietnam meno 5%, c'è un altro fattore importante, va benissimo possiamo anche cambiare la slide sul tema dei nono, si va adesso va forse, no non va, possiamo tornare a questa slide perfetto, c'è un altro fattore che è distorcente che sono i capitali che sono messi sul mercato, avete sentito sicuramente parlare del green deal in Europa, del chips act, Stati Uniti, Europa, Corea, ognuno c'è il suo, sappiate che noi stiamo spingendo molto in Europa ma ci sono altri paesi come la Cina che hanno una disponibilità di capitale molto più forte, perché vi racconto tutto questo? Perché vorrei sfatare alcuni miti, il primo di tutto è quello che adesso con questo fenomeno faremo del reshoring verso l'Europa, certo ci sarà uno spostamento di valore tra paesi, sappiate che ogni decennio tra il 10 e il 20% del valore si sposta tra un'area geografica e l'altro, quindi succederà sì, ma i driver possono essere diversi e noi abbiamo fatto un po' cambiare la slide, un'analisi sia diciamo in Italia ma in generale in Europa e abbiamo chiesto ai dirigenti che sono in fase di cambiamento della catena globale del valore quelli sono i driver di scelta, sappiate che nel breve è ovvio che c'è il tema della resilienza che preme parecchio ma in generale quello che conta è l'attrattività in termini di capitali e di praticamente profittabilità del business, quindi questo è fondamentale e allora io direi di passiamo a un po' più avanti e vi vorrei porre ogni volta che ci sono 3 domande, adesso cercherò di essere anche più rapido, che vorrei che si pongano quando si guarda a una nuova catena del valore, soprattutto quanti e come io vado ad affrontare un nuovo footprint e che cosa potrebbe succedere, what if, la seconda è quanti come dicevo quanti mercati devo andare a guardare, quanti fornitori devo andare a guardare e la terza molto raramente è quanto velocemente io mi devo andare a spostare, inizio con la prima, allora per la verità ognuno di noi ha un suo immaginario di come potrà andare a evolvere la geopolitica e che impatti ci saranno sul mondo ma in verità ognuno di noi sta proiettando il suo immaginario, non sappiamo dove andiamo a parare, quindi è fondamentale per ognuno che sfida questi temi di immaginarsi scenari anche molto divergenti perché anche se questi scenari poi non si realizzano magari ci aprono la mente a vedere delle cose, poco fa vi ho fatto vedere il costo del lavoro, magari chi oggi ha degli asset importanti in Cina scopre cominciando con un po' di pancia su quel mercato a guardare altri mercati che sono più attrattivi dal punto di vista il costo del lavoro, quindi questo è uno dei temi molto importanti. La seconda cosa è quanti mercati quanti fornitori devo andare a guardare e per me quello che è importante qui il messaggio core è ridondanza perché non possiamo più avere delle catene del valore troppo stirate e dobbiamo assicurarci che ci possano essere sempre delle alternative quindi ridondanza insieme a flessibilità sono i temi cruciali per poter disegnare la catena del valore del futuro e questo succede soprattutto in certe catene dove c'è poco intensità di capitale, pensate che durante il covid soprattutto nel settore del testere della moda è riuscito a spostare rapidamente dalla Cina che ha un mercato in crisi per le barriere che c'erano verso i paesi del nord africa quindi in questi nuovi asset effettivamente si può si può lavorare. Terza cosa che io voglio, ce la farò, parlarvi è quanto velocemente non possiamo cambiare la nostra prospettiva. Ora oggi c'è la tendenza visto che si fanno nuovi investimenti, ci sono quei capitali importanti che vi ho citato a disposizione a fare gigafactories, tutti dicono questa bellissima parola, faccio una gigafactories di batterie, di semiconduttori, di quel che volete. Bello però dobbiamo stare attenti perché questi grossi asset sono poi come dicono gli americani sticky, si rimane un po' incollati sulla scelta strategica e soprattutto vi devo stare attenti che se verticalizziamo troppo pensando che la globalizzazione è finita e quindi è meglio portarsi a casa quanto più possibile non solo di geografia ma anche di dipendenza da altri attori rischiamo di rendere troppo rigido il sistema quindi andando sulla singola azienda costruire un modello di business che è molto fragile, quindi fluidità è assolutamente la chiave di lettura. Ultima cosa che quindi voglio evidenziarvi è questo, reshoring benissimo ma comunque lo spostamento sarà lì dove c'è l'efficitità di capitale. Seconda cosa che voglio evidenziare è gigafactories quindi cerchiamo di allontanarci da questa idea. La terza per me importante è questa ed è il tema della sostenibilità. Sembrerebbe che il tema della sostenibilità sia stato messo un po' da parte e oggi c'è ad esempio una nuova caccia loro sicuramente avete sentito parlare la caccia loro nel litio delle terre rare di materie prime e sembrerebbe senza confini importante riuscire ad assicurarsi delle partnership a livello globale. Ecco sappiate che questo ha però un rischio molto forte perché se io scelgo il partner sbagliato posso andare a minare radicalmente poi quello che è la mia reputazione di azienda perché tutti noi adesso con il green deal pensiamo di fare uno spostamento verso prodotti più sostenibili, l'Europa anzi è foriera di questo di questo concetto ma se io poi ho una catena di approvvigionamento che non è sostenibile sia in termini ambientali ma anche sociali, pensate alla condizioni lavoro in certi paesi, allora rischio di distruggere tutto il valore che posso fare quindi guardando la catena globale è fondamentale andare a guardare anche questo aspetto qui. Perdonatemi se sono stato un po' frammentato da click con questo pointer però sicuramente avremo un po' di dialogo dove potremmo approfondire. La partecipazione e comunque appunto alla fine di tutti gli interventi magari uno spazio per uno o due domande di chiarimento ci sarà sicuramente. Grazie perché appunto sono stati detti anche alcuni concetti che magari poi dopo possono creare la curiosità dunque vediamo se possiamo già trarre le turbulenze sono state abbastanza recenti perché comunque la pandemia non stiamo parlando di troppi anni fa le tensioni geopolitiche sono tuttora presenti però vediamo con Dario Taglioni se già si possono trarre degli insegnamenti dalle turbulenze che abbiamo visto finora dal punto di vista dell'economia. Sì grazie, direi che le slide che presenterò vogliono credo esprimere un punto in particolare che è difficile deglobalizzare ma se proviamo abbastanza ci riusciamo e sarà molto costoso. Allora la prima slide innanzitutto mi scusa perché ho scoperto che ci sono degli errori su queste slide erano in inglese e le ho fatte tradurre a chat gpt e quindi ho fatto qualche errore ma è super sull'attualità super sul pezzo come si dice ci si prova no ok innanzitutto mi rifaccio a un punto che ha detto il signor Neerling e che per le imprese è importante rimanere connesse. Sono due grafici che ho tratto da un database che ci permette di vedere se le imprese hanno connessioni con altre imprese locali con imprese all'interno dello stesso continente quindi europee o globali e poi possiamo vedere la performance delle imprese e quindi che cosa ci dicono queste linee le linee rosse sono per il periodo più recente il periodo delle turbulenze e le linee blu sono per il periodo precedente che va dal 2012 al 2017 e quello che troviamo se guardiamo questo tipo di dati è che le imprese che sono più connesse normalmente sono quelle che hanno avuto degli output quindi del redditi più alti una performance economica più alta e che hanno resistito meglio agli shock quindi hanno avuto una volatilità che in economia sarebbe la varianza la variazione di questo output più bassa ma la cosa interessante per noi è di vedere che questa differenza tra imprese che sono connesse a livello internazionale imprese che sono meno connesse è aumentata proprio nell'ultimo periodo quindi uno delle cose che si rimprovano alla globalizzazione che espone il rischio ebbene vediamo che nel momento in cui il rischio aumenta sono le imprese che sono più globalizzate che sono quelle che hanno resistito meglio quindi questa è una prima lezione altra lezione da cosa è successo io direi che ci sono tre dimensioni in cui bisogna ragionare uno è di guardare a cosa è successo nella politica economica cioè nelle scelte pubbliche nelle scelte dei governi il messaggio lì è che in realtà non ci sono solo tentativi di deglobalizzare dai governi ma ci sono tendenze contrastanti un po di schizofrania gli stessi attori che vogliono deglobalizzare per certi aspetti poi cercano di creare legami per altri aspetti e cercherò di dare qualche idea e poi possiamo vederlo appunto dal punto di vista macroeconomico che cosa succede dal punto questo è il primo errore dal punto di vista microeconomico quindi dal punto di vista macroeconomico dobbiamo tendiamo a parlare di globalizzazione ma in realtà ci sono diversi gradi di separazione che hanno ffetti diversi e quindi bisogna che iniziamo a distinguere che cosa succede in fenomeni diversi che possono essere la brexit che è completamente diversa dalla guerra commerciale tra cina e stati uniti che è completamente diversa dalla guerra con la russia dal punto di vista microeconomico ra il punto che dicevo prima che se guardiamo alle imprese ne abbiamo sentito dal signor nierling e ho un esempio da un'altra industria che è quella degli smartphone la deglobalizzazione è difficile da raggiungere perché i sistemi economici complessi soprattutto là dove ci sono le alte tecnologie sono diventati estremamente decentralizzati e quindi le decisioni delle imprese sono molto decentralizzate quindi sono difficili da gestire con delle misure di politica conomica sostanzialmente come se uno volesse cambiare le lancette dell'orologio usando una palla di cannone più o meno è quello che stiamo facendo in questo momento quindi politica economica contraddittoria allora è vero che le politiche dannose sono aumentate soprattutto dalla pandemia alla linea blu più scura ma sono aumentate anche le politiche per liberalizzare se andiamo a guardare quali sono le politiche che sono aumentate di più sia per liberalizzare ma soprattutto quelle dannose sono sussidi quindi sono politiche che non sono direttamente volte a gestire il commercio internazionale ma che hanno effetti sul commercio internazionale e sono proprio quelle su cui dobbiamo fare più attenzione un settore in cui ovviamente c'è molte politiche molti sussidi è proprio quello delle politiche climatiche quindi in un lavoro che stiamo facendo insieme a delle persone dell'australia national university ad adelaide che abbiamo iniziato a registrare tutte le politiche per il clima dei g20 dal 1990 in poi e quello che vediamo che effettivamente molte di queste hanno nella spiegazione della una motivazione di fare qualcosa per il clima però negli ultimi anni e questo è la tendenza negativa e che vediamo che con la scusa del voler fare qualcosa del clima in realtà si stanno sempre di più innestando delle motivazioni di rivalità quindi questa competitiveness vediamo sempre di più nella motivazione di queste leggi che si vuole avere un qualche motivo strategico o leakage che è un termine tecnico dove ci si preoccupa se noi facciamo delle leggi ristrittive su quanto possiamo inquinare che le industrie più inquinanti nostre si trasferiscano da un'altra parte e quindi vediamo sempre di più questo tipo di intenzioni che non hanno a che fare soltanto con il clima e quindi questa è una cosa a cui vogliamo fare attenzione e soprattutto come dicevo la maggior parte sono i sussidi quindi i sussidi sono il fronte da tenere sotto controllo questi sussidi pubblici che sono aumentati da per tutto quindi questo è quello che sta succedendo sulle politiche negative sulle politiche positive in realtà i paesi continuano a firmare accordi commerciali continuano a negoziarli anche se se noi togliamo i nuovi accordi che sta facendo l'inghilterra per ricostruire quelli che ha perso uscendo dall'unione europea vediamo che negli ultimi anni ci sono stati almeno una ventina di nuovi accordi commerciali molti per esempio contratti dall'unione europea o da altri giganti tipo l'india la cina e l'altra cosa è che sul commercio di servizi quindi quello che poi diciamo soprattutto i servizi moderni quindi più legati alle tecnologie alle professioni eccetera in realtà ci sono delle tendenze alla liberalizzazione quindi abbiamo queste due tendenze che coesistono e che quindi in realtà io non parlerei di deglobalizzazione parlerei di una globalizzazione che è più difficile più complicata e più incerta l'altro punto che dicevo è che ci sono diversi gradi di separazione brexit è praticamente un divorzio che è diventato un rapporto amichevole ma sia il pre e il post rottura ci sono molte interconnessioni tra i paesi europei e l'inghilterra gli effetti sono quindi diversi da quello che si può avere nel caso di altri tipi di separazione di queste che ho messo qui quella che secondo me è la più preoccupante è proprio la guerra commerciale tra stati uniti e cina perché praticamente distrugge un principio che ha permesso al mondo di crescere negli ultimi 50 anni che è il principio di non discriminazione e quindi questo secondo me è la relazione che bisogna tenere più sotto controllo cosa abbiamo imparato dalla guerra commerciale e stati uniti a cina questo è un caso molto interessante praticamente gli stati uniti e la cina stanno imponendo ai loro consumatori qualcosa come 450 miliardi di dollari di costi per questa guerra bilaterale che hanno in atto che trump ha iniziato ma che biden ha confermato ebbene hanno detto che l'hanno fatto soprattutto perché la globalizzazione questa relazione tra stati uniti e cina aumentava le disuguaglianze eppure chi ha studiato questi fenomeni ha visto che chi sta pagando in entrambi i paesi la guerra sono proprio i consumatori e sta aumentando le disuguaglianze perché è a scapito proprio di quelle regioni che erano più penalizzate dalla globalizzazione quindi anche la protezione ha lo stesso effetto di disuguaglianza di aumentare le disuguaglianze rispetto alla... e qui ci fermiamo credo. Nel senso che era l'ultima? Non era l'ultima, l'ultima si oppone a essere mostrata. Quindi magari possiamo aiutare dalla regia. Ecco, ecco, ecco, aumenta le disuguaglianze. Esatto, all'interno dei paesi. Va bene, insomma. Magari adesso poi tra un intervento e l'altro. Aumenta l'esposizione al rischio agli shock di domanda e ok. Volevo venire all'ultima. Ok, l'ultimo punto è che quindi penalizza i consumatori, aumenta le disuguaglianze all'interno dei paesi, ha aumentato l'esposizione al rischio agli shock di domanda soprattutto ma anche in qualche modo di offerta, ha cercato di rivitalizzare delle industrie domestiche soprattutto negli Stati Uniti a costi che potrebbero essere proibitivi e soprattutto ha spinto paesi tarsi a stringere accordi più profondi proprio con gli antagonisti commerciali. È il caso di tutti i paesi del sud-est asiatico che hanno iniziato un accordo profondo anche con la Cina, guadagnandoci. Quindi, diciamo, finiamola qui con questa slide se riesco a farla. Ok, quindi in conclusione questa deglobalizzazione è molto variegata, può avere degli effetti sorprendenti, può allontanare gli obiettivi che hanno motivato questo tipo di politiche torno al tipo di dati empirici dell'inizio che uno dei motivi è perché queste industrie sono estremamente complesse e decentralizzate e quindi il mio ultimo punto è che la gloria globalizzazione, come la conoscevamo prima, non ha funzionato. Il tipo di politica che stiamo mettendo in piedi adesso non funziona e quindi dobbiamo trovare una forma di cooperazione di lungo periodo dove soprattutto non ci siano logiche di antagonismo e di vittoria a scapito dell'altro. Dobbiamo trovare una collaborazione dove tutti possano trarne guadagno. Molto interessante. Nell'ultimo periodo le strereclistiche globali che continuiamo a vedere si è molto parlato di termini come French shoring, British shoring, New shoring, quasi come il mondo molto pericoloso, siccome quello stato è diventato mio nemico io riporto la produzione in patria oppure faccio accordi solo con gli stati miei, avvicino a me la produzione o l'operimento di alcune materie prime. Allora forse è il caso di rispondere o cercare di rispondere alla domanda se questi tipi di modelli o comunque queste riflessioni possono essere un modello sostenibile per l'Europa e quindi do la parola a Maria Savona sperando che la gag delle slide sia risolta. Vedo in regia dei sorrisi. Forse possiamo direttamente non utilizzarle facciamo prima. Si arrende. Come? Puntatore verso la regia è il suggerimento. Allora mi collego ai colleghi. Innanzitutto vorrei chiarire un paio di cose allora volevo parlarvi di che cosa veramente si intende per deglobalizzazione o near shoring o friend shoring questi termini che sono in voga adesso. Vi spiego cosa sono e poi decidiamo insieme se il mondo si sta avviando verso un trend sostenibile dal punto di vista del internazionale. Allora innanzitutto il near shoring qui non parliamo di imprese. Noi lavoriamo a livelli di paesi quindi a livello più macroeconomico e in questo lavoro specifico che è in collaborazione con Valentina e con altri coautori ci siamo focalizzati sull'Europa, su come si pone l'Europa nei confronti di altri blocchi mondiali e cioè il continente asiatico e quello americano dove in realtà si parla di Nord America e di Sud America che è abbastanza interessante ci siamo chiesti se queste nuove tendenze siano sostenibili per l'Europa e poi ragioneremo insieme su come l'Europa si pone appunto rispetto agli altri blocchi. Innanzitutto che cos'è il near shoring? Oddio, adesso va troppo veloce. Vi spiego a parole. Il near shoring che cosa vuol dire? Allora l'Europa fa near shoring se sostanzialmente tende a importare, cioè si serve di fornitori per le catene globali del valore che sono locati in Europa rispetto a quelli extra europei. Cioè che vuol dire? Vuol dire che le catene del valore si accorciano, i beni intermedi si comprano all'interno dell'Europa e non in Cina e questo significa che possono farlo anche tutti gli altri blocchi ovviamente. Cioè si tende a focalizzarsi su fornitori di materie prime, di beni intermedi che sono più vicini, quindi non soltanto geograficamente ma anche per esempio geopoliticamente, cioè ci fidiamo di più di paesi europei rispetto a quelli asiatici. Questa è una prima definizione di near shoring o reshoring. Tuttavia c'è la contropartita di dove esportiamo e cioè quello che noi definiamo far sharing per esempio near sharing vuol dire cosa fa l'Europa rispetto a come contribuiscono le catene del valore uropee al valore aggiunto di catene del valore extra europee e cioè dove sostanzialmente vende l'Europa. Ora questo significa che la globalizzazione va vista da tutti i due i lati e cioè dal lato dell'utilizzo di valore aggiunto estero in Europa e dal lato del contributo del valore aggiunto europeo all'estero. Ora i trend che abbiamo identificato in questo lavoro sono sostanzialmente che i paesi europei tendono a fare near shoring e quindi tendono a servirsi di fornitori intra europei mentre invece si dipendono in teoria, questo è il punto principale che volevo fare, dipendono molto dal contributo delle catene europee al valore aggiunto ex europeo cioè sostanzialmente dipendono dalla domanda estera. Quindi che vuol dire che dal punto di vista dell'esportazione fanno molto far sharing rispetto a quello che noi abbiamo definito far sharing. Ora ci dobbiamo chiedere se questo modello è sostenibile perché sostanzialmente si dipende molto dalla domanda estera e ci si serve di fornitori intra europei. Abbiamo cercato anche di interpretare il perché, diciamo c'è questo pattern di questa dicotomia diciamo così vis a vis gli altri blocchi e sostanzialmente ci siamo, questa è una cosa su cui potremmo discutere, sostanzialmente si pensa che l'Europa dipenda dalla domanda estera perché ce n'è poco all'interno altrimenti l'Europa farebbe deglobalizzazione sia dal punto di vista degli input diciamo così sia dal punto di vista della destinazione finale dei prodotti. Non è così quindi primo perché e secondo se possiamo andare avanti così nel lungo periodo. Il perché è perché probabilmente si dirige all'estero per vendere il proprio valore aggiunto perché ha meno domanda interna e ha meno domanda interna perché probabilmente si sono fatte anche politiche di austerità e diciamo che hanno intaccato la capacità di consumo interno e quindi le catene globali del valore europee dipendono molto dalla domanda estera. Negli altri blocchi non è così perché per esempio nel blocco americano è tutto sommato diciamo il blocco americano che comprende anche il sud america dipende dalla domanda globale cioè dipende dal contesto globale sia per quanto riguarda gli input che per quanto riguarda gli output quindi sono catene globali che dipendono molto dall'estero viceversa l'asia e cina appunto specificatamente è un blocco che sostanzialmente sta ora diciamo facendoni a shorting quindi è un blocco che sostanzialmente si è sempre servito di fornitori extra asiatici e ha anche molta domanda interna all'interno del blocco asiatico. Ora sostanzialmente il commercio internazionale è una questione di reciprocità quindi il punto di sostenibilità del modello europeo dipende anche da quanto riusciamo a far ripartire la domanda interna europea per permettere di diversificare il pattern di esportazione e sia quanto il blocco asiatico diciamo così come si faccia invece più near shorting rispetto a quello che ha fatto fino adesso quindi in teoria forse andrei direttamente all'ultima quello che abbiamo chiamato. Noi andiamo verso la regia ma è ottimo. Questi si sono queste erano le evidenze tutto quello che vi ho detto ovviamente è basato sui dati mi potete credere e diciamo questo è quello che vi raccontavo prima quello che vi volevo condividere sostanzialmente è non il sole ma l'ultima slide che non è una foto con un sole. Questa esatto. Questo in realtà è il punto il succo del messaggio è esattamente questo cioè quello che noi chiamiamo segnali d'allarme riguardo alla sostenibilità del modello europeo. Allora probabilmente abbiamo sottostimato la contrazione della domanda finale europea e quindi questo è quello che vi dicevo prima che ha spiegato anche il fatto che le catene globali del valore europee dipendono molto dalla domanda estera e questo si può diciamo si può interpretare in vari modi quelle che questo è il nostro. L'altro segnale d'allarme è che probabilmente il consolidamento di un modello export lag dominato dalle esportazioni deve tener conto di questa asimmetria qui che vi raccontavo e quindi sostanzialmente bisogna ragionare in termini di come queste interdipendenze vanno poi direzionate dal punto di vista anche della politica industriale della politica del commercio estero e inoltre diciamo il fatto di parlare di nearshoring frenchoring anche il concetto in sé è un concetto che diciamo ha l'altro lato della medaglia nel senso che se anche gli altri paesi fanno diciamo si comportano in questo modo diciamo c'è possibilità di una riduzione del commercio mondiale e qui con tutte le conseguenze in termini di crescita e di disoccupazione che potremmo avere quindi questo più o meno il succo del discorso. Grazie la professoressa prego prego dicevo che la professoressa Savona ha parlato appunto di reciprocità ci sono però dei campi dove per noi europei per noi italiani sembra difficile individuare la reciprocità perché per esempio non abbiamo alcune materie prime che servono per far funzionare i nostri smartphone le colonnine anzi meglio le batterie lettriche delle nostre macchine quindi ci sono delle dipendenze in qualche modo definite strategiche da parte di alcuni operatori e soprattutto in determinati settori che poi sono i settori ne parlava all'inizio anche Neerling che ci stanno più a cuore oggi la sostenibilità ecologica ambientale e la transizione digitale. Con la professoressa Mediciani affrontiamo proprio il tema delle dipendenze strategiche soprattutto da un punto di vista europeo su queste due catene del valore quella diciamo verde e quella digitale. Prego professoressa. Grazie grazie io mi ricollego a quello che è stato detto fino a questo momento andando a fare un focus appunto sulle catene verdi e digitali ovviamente parliamo di catene molto complesse come è stato già detto quindi è impossibile andare ad individuare in modo dettagliato l'intera catena. Quello che abbiamo cercato di fare è stato quello di andare a guardare a determinati prodotti diciamo materiali componenti prodotti della manifattura e prodotti finali e semplificativi all'interno di queste catene seguendo anche un po' un paper del Parlamento europeo che ha cercato di ricostruire le catene stesse infatti appunto mentre il paper precedente utilizzava dati input output in questo caso siamo andati a utilizzare dati di commercio internazionale che hanno la possibilità di andare ad un livello di disaggregazione molto molto maggiore e quindi che cosa abbiamo fatto anche qui abbiamo cercato appunto di distinguere le tre aree quindi l'Europa e di metterla un po' in paragone con gli Stati Uniti e la Cina e abbiamo appunto scomposto le varie le varie fasi perché scomporre le varie fasi perché c'è un'attenzione un po' forse spasmodica vorrei dire per l'elemento che riguarda i materiali critici su questo l'Europa ha fatto moltissimo ha iniziato a fare molto già dal 2008 e poi fa questo assessment questa valutazione triennale che porta a identificare tutte quelle diciamo materie prime considerate critiche sulla base di due criteri che sono l'importanza economica e il supply risk quindi il rischio misurato come la concentrazione di queste materie prime in pochi paesi e che sono anche considerati paesi non particolarmente amici e quindi questo tipo di approccio ormai è di lunga data e viene portato avanti ogni tre anni e produce una lista di questi materiali ora sicuramente il problema diciamo delle materie critiche sicuramente c'è soprattutto nella transizione verde pensiamo all'iterre rare pensiamo al litio però il problema è molto più complesso rispetto a questo come credo si può vedere in queste poche diciamo slides ovvero se andiamo a vedere le varie fasi della catena del valore della transizione verde noi notiamo che le dipendenze dell'europe non sono necessariamente concentrate allora qui diciamo i diagrammi e diciamo che nell'asse positivo sono negativi perché mi indicano le dipendenze di importazione quindi se stiamo sotto è bene se stiamo sopra è male quindi vediamo che nei materiali critici in alcune cose siamo sopra in altre siamo sotto purtroppo in molte siamo sopra quindi in effetti questa dipendenza c'è ma quello che è più interessante andare a vedere se andiamo a vedere appunto i beni finali quelli ad esempio delle auto elettriche che sono un settore diciamo nel quale la transizione verde sta investendo veramente veramente molto e i pannelli fotovoltaici e troviamo che lì la situazione dell'europe è differenziata noi siamo esportatori netti di auto elettriche ma siamo fortemente dipendenti non tanto anche sì sicuramente dall'estrazione di materiali ma su questo insomma ci sta poco ci sta poco da fare a meno che non vogliamo dire che ci dobbiamo diciamo ricominciare a raffinare materiale che forse non è un'ottima un'ottima idea ma anche nella manifattura di tutta una serie di elementi che sono importanti per questa transizione vedete appunto le batterie al litio dove sono stati fatti però dei passi in avanti se andiamo a confrontare il grafico del 2012 rispetto a quello del 2021 quindi l'europa insomma famoso c'è un'altra relazione oggi vaso di coccio tra i vasi di ferro comunque si sta muovendo e però anche quello ad esempio dei magneti permanenti che sono fortemente legati alle terre rare dove quindi lo svantaggio è molto forte e probabilmente non è sanabile e quindi forse ce ne dovremmo anche un po' fare una ragione come dicevamo prima del fatto che non è possibile no fare diciamo controllare l'intera catena di diciamo processi produttivi che sono così complessi e così frammentati e forse dovremmo porci maggiormente il problema degli investimenti nelle tecnologie e nelle parti anche della manifattura nella quale però abbiamo diciamo così dei vantaggi degli svantaggi che non sono troppo forti e se pensiamo appunto alle misure di politica industriale e quindi su questo poi magari ci torno ci torno dopo anche qui forse l'europa può fare può fare molto può cambiare un po' rotta rispetto a quello che è stato fatto fino fino a questo momento. Se andiamo a guardare la transizione digitale il quadro diciamo di nuovo è un quadro di forti interdipendenze perché anche qui noi vediamo come in questo caso i prodotti finiti ma abbiamo preso diciamo degli aggregati molto ampi come computer e il settore appunto delle telecomunicazioni dove la Cina è esportatore netto e l'europa è importatore netto e però anche qui vediamo che ci sono ad sempio alcuni settori in questo caso della manifattura se andiamo a guardare ad esempio ai macchinari che servono a fare i semiconduttori dove l'europa invece ha un vantaggio ovviamente invece la Cina diciamo si è mossa molto sui semiconduttori anche non riuscendo però a raggiungere diciamo i segmenti più alti di quelle di quelle produzioni e questa è un'altra cosa che ci dovrebbe far pensare nonostante appunto abbiamo visto nei grafici precedenti l'ammontare di risorse che sono state spese per questo tipo di transizione e quindi forse quando parliamo di anche politiche industriali forse bisognerebbe fare diciamo una riflessione sui costi benefici delle politiche che vengono che vengono portate avanti e non puntare su tutto ma puntare su quelle segmenti nei quali i divari sono sanabili e quindi su questo tornerei quindi indietro al grafico sulla relazione che c'è stata c'è sicuramente tra sviluppi geopolitici e variazione del quadro sia di globalizzazione sia di politiche nelle varie aree geografiche per dire che sicuramente questo è un tema che risale il titolo di questa sessione è guerra e pandemia guerra e diciamo ristrutturazione delle catene del valore beh forse dovremo andare un po più indietro della pandemia e della guerra per vedere i trend della globalizzazione sicuramente almeno fino alla crisi finanziaria del 2008 e soprattutto al fatto che a un certo punto ci si è resi conto che questa globalizzazione aveva portato diciamo a diminuire la quota del g7 nella produzione nel commercio mondiale grazie soprattutto ovviamente alla crescita della Cina e questo ha generato una serie di politiche diciamo negli Stati Uniti e la famosa guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che è precedente alla pandemia ed è precedente appunto alla guerra in Ucraina sicuramente questi due eventi hanno accelerato un processo che era già in alto hanno anche cambiato un po l'approccio alle politiche industriali in Europa e su questo diciamo c'è un dibattito che non possiamo affrontare in queste poche in questo poco tempo su ci sono tutti questi documenti che parlano di nuova strategia di politica industriale quindi quanto veramente è nuova questa strategia di politica industriale sicuramente delle discontinuità rispetto al passato si osservano il concetto di autonomia strategica è sicuramente un concetto nuovo ora il diciamo le politiche per raggiungerla non sono forse diciamo paragonabili allo sforzo che è stato fatto in altre aree geografiche e ci possiamo interrogare se questo è un bene o un male non sono appunto diciamo così convinta che sia necessariamente un male dipende dal tipo di politiche sicuramente l'Inflation Reduction Act che è stata la risposta americana al modo di affrontare la transizione la transizione verde ha dei pro ma anche dei contro perché rafforza questa idea di blocchi commerciali che ovviamente non è come abbiamo visto prima il modello migliore per l'evoluzione nel lungo periodo del continente europeo e l'ultima cosa appunto io posso rimanere con il cellulare da qua io qualcosa riesco a sentire facciamo con il cellulare mi dite quando devo partire insomma e io provo a sentire le cose che non sento in questo momento la professoressa cosa sta dicendo cioè sento che parla ma non sento cosa dice diciamo politiche pro-competitive e quindi ad esempio il divieto di utilizzare gli aiuti di stato per fare politiche industriali si sta cambiando un po' rotta in questo senso ma questo va bene grazie perché pone i paesi dell'unione grazie vi spiace la capacità fiscale è molto differenziata tra i vari paesi gli IPCEI hanno funzionato nel caso delle batterie diciamo sono sicuramente uno strumento molto utile ma continuano ad essere finanziati prevalentemente con fondi nazionali e questo quindi pone un problema di asimmetria tra i vari paesi e quindi forse è il momento diciamo di affrontare il problema di una maggiore centralizzazione delle politiche fiscali che bensì sposa con la necessità di essere più attivi in termini di politiche industriali europee dove è ovviamente necessario un coordinamento tra i vari paesi e quindi probabilmente diciamo la strada di ridurre soltanto i limiti aiuti di stato potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio mi fermerei qui. Allora questo questo aspetto prego prego ssendo come ha detto la professoressa ci torniamo magari nel secondo giro perché è molto interessante allora a Marco Annopel che è in collegamento presidente amministratore delegato di Filipp Morris Italia e presidente per l'Europa sud occidentale di Filipp Morris Italia abbiamo chiesto un contributo lui non ci può sentire quindi noi abbiamo chiesto lui di raccontarci un po' degli esempi di azione concreta di grandi aziende per prevenire oppure sanare crisi che sono dovute dovute a shock geopolitici esterni diciamo così alle normali regole del mercato sentiamo che cosa ha da dirci. Buon pomeriggio a tutti, mi spiace non essere lì oggi con voi, sono purtroppo stato bloccato dal connesso nazionale a Roma. La nostra catena del valore nel nostro paese è molto grande, Filipp Morris cambia se stessa con uno stesso purpose, con un obiettivo di visione che viene firmato in bordo nel 2016, sempre in 2016 che è nel nostro paese il più grande standardimento attivo al mondo di Filipp Morris che non produce prodotti antichi, cioè sigarette, ma produce prodotti nella generazione. Una catena del valore che oggi pesa per dare un'idea sull'italiano più di mezzo punto, che dà lavoro a 38 mila persone e che ovviamente è una catena del valore che è esportando in 40 paesi il mondo. Anche qui per dare un'idea di che cosa stiamo parlando, esporta da sola più di più l'olio d'oliva italiano, di tutti i formaggi stagionati italiani, di tutti i motorini italiani, è una filiera molto grande e importante, è necessario che sia una filiera molto forte protetta. Per farlo il primo punto senza dubbio è lavorare integrati con dei fornitori che siano solidi e cimi. Nel nostro caso la vicinanza con la meccatronica e con l'industria del packaging del milione romano mi ha consentito a Bologna di sviluppare tecnologie in quello che si può definire co-design, quindi i macchinari sono stati fatti fondamentalmente a chilometro zero e insieme a queste grandi multinazionali della meccatronica che hanno collaborato con noi, immaginiamoci, la fabbrica di Bologna è la fabbrica più grande fatta in Italia in questo secolo, per farla ci sono avuti 650 aziende e un miliardo o 200 milioni di investimento, di queste 650 aziende 600 sono italiane. Quindi non dire che la soluzione alle crisi mondiali sia il fatto di diventare chiusi e a chilometro zero, ma dove c'è questa possibilità, senza dubbio, si ottengono anche risultati con un solo proiettio. C'è un ecosistema da poter gestire e sviluppare, ma allo stesso tempo c'è una protezione di quella che è anche la velocità con cui si creano, nel nostro caso, macchinari che non esistevano, processi produttivi che non esistevano. Da queste aziende che hanno creato il pianto produttivo, oggi ci sono una birriade di piccole e medie imprese, 7500 metri di territorio italiano che collaborano insieme per creare in ambito industriale quello che oggi è il prodotto infinito che portiamo 30 mesi al mondo. In ambito agricolo, più o meno è la stessa situazione con un accordo firmato pochi settimane fa con il ministero dell'agricoltura, 5 anni per 500 milioni di acquisti di tabacco che vengono fatti l'Italia il paese più produttore di tabacco numero uno in Europa, Veneto, Umbria, Sud della Toscana, Campania, per noi lavorano oltre 22.500 persone in questo settore, quindi anche questo è un modo di integrare l'agricoltura con i macchinari attraverso degli accordi plus generali che non solo, nel nostro caso, sono dati sull'acquisto del prodotto ma anche nell'investimento in sostanzialità di acqua d energia, molto prima delle problematiche che abbiamo purtroppo vissuto in agricoltura in questi mesi. Basti pensare che le attività che abbiamo fatto per la riduzione dell'acqua hanno portato dalla nascita della fabbrica del 2016 ad oggi a un risparmio di 200 mila metri cubi d'acqua. A Bologna, in fabbrica, è al 40% la riduzione degli utilizzi vicici nei campi che, più o meno in questi 10 anni, vale alle sparmi di tutta l'acqua contenuta nel lago maggiore. Quindi parliamo di grandi investimenti di lungo periodo connessi con un territorio che questi sviluppi può farli insieme con piccole e medie imprese che collaborano e anche con un vero e proprio pololo industriale. Questo è il tema con cui ci si difende dagli shock del sistema integrando le filiere sostenibili lungo periodo con le parne scipite lungo periodo con dei progetti che consentono di produrre e eseguire progetti in anticipo. Grazie, ci tenevamo molto ad avere la testimonianza di Marco Annopel per avere l'idea di qualche modello concreto di attuazione di grandi aziende. Ora, per concludere il primo giro, sto facendo forse la domanda delle domande la più difficile, ma allora per spiegare perché la faccio, perché è veramente molto ampia, spiego perché il presidente di Siemens, neanche il direttore affari europei internazionali della Cassa Depositi Prestiti, che come sapete è uno dei più importanti, forse il più importante, operatore dell'economia vicino al pubblico in Italia soprattutto è stato dal 2017 al 2019 ambasciatore d'Italia in Catara, grandissime competenze anche sul fronte dell'energia, però la domanda delle domande è appunto la seguente. Dopo la guerra dichiarata dalla Russia all'Ucraina, come sono cambiate appunto i modi di produrre, se stanno già cambiando le catene del valore e anche un po' come dire le riflessioni commerciali che si fanno nell'economia in questo periodo? La domanda è molto ampia, tanti giovani, in maggio erano giovani universitari e vorrei cercare di essere quanto più semplice possibile, forse anche ricordando i miei anni di università, di dottorato, quindi cerco di essere quanto più semplice possibile nell'analizzare questi contesti un po' ampi. È chiaro che abbiamo sentito parlare di reshoring, del nearshoring, di deglobalizzazione, ma magari la domanda potrebbe essere ma perché oggi stiamo parlando di questi concetti, perché di questi termini oggi noi viviamo così bene nella globalizzazione e perché stiamo parlando di questi concetti, cosa c'è a monte di questi concetti? Dobbiamo andare un po' indietro nel tempo perché appunto sulle aule delle università abbiamo tutti un po' studiato l'organizzazione internazionale, il diritto internazionale, l'organizzazione internazionale, l'ordine internazionale ed è quello che in questi ultimi tempi viene un po' messo in discussione e da qui poi derivano tutta una serie di conseguenze economico-politiche che poi portano a una serie di domande che sono quelle che ci siamo fatti questa mattina. L'ordine come lo conosciamo noi, l'ordine internazionale come lo conosciamo noi è generalmente attribuito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quindi con l'ordine stabilito nel 1945 con la carta di San Francisco, Consiglio di Sicurezza e Nazione Unita si è stabilito che alcuni paesi, tra cui cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, tra cui anche la Russia, fossero un po' garanti della sicurezza internazionale e questo concetto è quello che ci ha accompagnato un po' negli anni successivi, un concetto per cui anche a dispetto di guerre regionali che c'erano comunque eravamo sicuri che ci fosse un ordine superiore. Come sapete sicuramente il diritto internazionale non è un diritto cosiddetto positivo, non è un diritto che si basa su delle norme che abbiano una validità cogente perché non è come il diritto interno che ha uno Stato e lo Stato contribuisce con i propri organi alla positività del diritto, cioè il fatto che le norme siano poi attuate. Il diritto internazionale non è così perché il diritto internazionale è un diritto fra Stati, cioè fra soggetti superiore e meno reconnaissance, non riconoscono un soggetto superiore agli Stati che possa poi mettere in atto le regole che si sono dati, quindi gli Stati si danno sostanzialmente delle regole che poi devono rispettare da soli, non c'è nessuno che li può obbligare a rispettare, quindi quello che noi abbiamo sempre ascoltato, le Nazioni Unite, l'Intervento, sono tutte cose pattizie, quindi sono tutte cose che derivano dall'accordo tra gli Stati in ottenere questo risultato. Questo cosa significa? Che se questo patto tra Stati viene meno, è chiaro che viene meno tutto il concetto dell'ordine internazionale a cui noi siamo abituati, quindi se uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite viola sostanzialmente il patto che soprattutto i paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale si erano tra di loro impegnati a rispettare, è chiaro che ci troviamo una situazione oggi di disordine internazionale. Ecco, questo è il punto fondamentale per cui noi oggi ci troviamo a parlare di assuring, neassuring probabilizzazione, perché se c'è un ordine internazionale allora il mondo è piatto, il mondo è piatto significa che non ci sono elementi della geopolitica che entrano anche nelle scelte industriali, nelle scelte economiche, perché le imprese possono in un mondo piatto, in un mondo dove investire in Italia, investire in Cina, investire in Russia è lo stesso, perché non ci sono sostanzialmente difficoltà geopolitiche, ecco allora le scelte vengono fatte soltanto da un punto di vista di comparazione economica. Negli ultimi anni invece, questa è la grandissima rivoluzione, la grande novità di questi ultimi periodi, è che l'elemento della geopolitica entra nelle scelte industriali, entra nelle scelte di politica economica d è una grandissima novità. Allora da qui poi l'appello del segretario al tesoro statunitense Yellen a parlare di reshoring, ma perché questo? Perché l'elemento della sicurezza internazionale diventa un elemento fondamentale, non è più soltanto l'elemento, come diceva un primo conomico, ma anche l'elemento della sicurezza a cui non eravamo abituati, cioè eravamo abituati a pensare all'intervento delle Nazioni Unite, all'intervento degli Stati Uniti nelle varie guerre eccetera, ma mai a pensare che l'elemento della sicurezza dovesse essere un elemento che le aziende stesse, anche addirittura il piccolo imprenditore, dovesse imparare a conoscere. E questo ovviamente è molto difficile, è enormemente difficile una questione del genere. Devo leggere il sole 24 ore, mi sarebbe da rispondere. Se leggono il sole 24 ore hanno uno strumento in pizzo. Esattamente. Qual è il punto, e poi magari io lascio le domande perché questi sono temi molto molto ampi, complessi, variegati eccetera. Il punto fondamentale è che le possibilità sono varie, ma sicuramente quella di considerare un mondo aperto, quindi globalizzato, in cui si può andare ovunque, è un mondo rischioso. Questo è l'elemento del rischio che entra prepotentemente, il rischio di sicurezza entra prepotentemente nelle scelte dell'impresa. E allora gli Stati dicono, bene allora vi consigliamo, vi chiediamo di esercitare le vostre attività economiche all'interno di un perimetro che possa essere un perimetro di sicurezza. E da qui il friendshoring, cioè facciamolo tra amici, tra persone like-minded, tra Stati che più o meno la pensino allo stesso modo e dei quali possiamo sostanzialmente fidarci. Però tutto questo, ed è stato detto molto bene dai colleghi che mi hanno preceduto, porta delle conseguenze molto molto rilevanti, soprattutto per paesi come l'Italia, che sono paesi fortemente esposti all'export. Pensate che quest'anno il nostro export ha raggiunto 620 miliardi di euro, una cifra enorme, quasi il 30 per cento. Con una domanda interna, che anche questo è stato ampiamente detto, molto più bassa rispetto alle possibilità di crescita del nostro paese, dell'Europa in generale, ma soprattutto del nostro paese. Ecco questo quindi comporta una situazione molto complessa, soprattutto per l'Italia, cioè l'export è indispensabile per il nostro benessere. Questo è evidente, l'export è indispensabile perché senza l'export la nostra economia soffrirebbe grandemente. Ma andare fuori, quindi l'internazionalizzazione, può essere complessa. Allora tutto questo in cosa si risolve? Si risolve innanzitutto in una grandissima conoscenza e informazione per gli operatori economici, quindi le nostre imprese devono essere consapevoli del fatto che andare all'estero non è più una cosa così scontata e semplice come era qualche tempo fa. E soprattutto attrezzarsi. Attrezzarsi, anche questo è stato anche molto ben detto, su quelle che sono le caratteristiche sia finanziarie, sia economiche, ma anche di sicurezza del futuro e soprattutto le due grandi rivoluzioni, quella dell'evoluzione digitale e quella dell'evoluzione della sostenibilità. Perché dico digitale? Perché voi ricorderete durante la pandemia ciascuno di noi utilizzava tantissimo Amazon e gli altri strumenti per ottenere in casa dei beni che magari era molto più semplice acquistare sotto casa fino a poco tempo prima. Ma ricorderete anche che si facevano un po' di scorte, perché si diceva, beh, ma magari non arriverà in tempo, arriverà tardi, non so, ecco questo è un elemento che entrerà ora anche nelle nostre imprese, perché il cosiddetto just in time, cioè il fatto di avere delle merci che transitano sostanzialmente dai magazzini non si fermano perché sarebbero dei costi, oggi invece quei costi vengono supportati e vogliono essere supportati per una questione di sicurezza, quindi si è passato dal just in case, cioè io riempio un po' di più il magazzino, anche se costa di più, perché potrei poi avere necessità di ottenere sia prodotti intermedi o anche prodotti finali, perché magari per una questione della difficoltà delle catenelle di valore o altro non arriverebbero in tempo. Quindi, per concludere, siamo in un mondo diverso, un mondo in cui i costi sono... non dobbiamo pensare a un mondo ristretto necessariamente perché quello sarebbe per noi molto penalizzante, ma volendo immaginare un mondo che comunque rimane aperto per noi è un mondo più costoso, è un mondo meno sicuro, ma è un mondo nel quale dobbiamo essere consapevoli per poter continuare ad esercitare la nostra influenza ovunque nel mondo. Grazie, grazie. Con l'esempio della pandemia commercial online Escort ha reso benissimo l'idea. Allora, intanto che magari prepariamo si provare a qualche domanda. Io avevo una curiosità da giornalista un po' legata all'attualità. Ho partecipato all'incontro del Commissario Gentiloni questa mattina con Adriana Cerretelli è stato commentato il dato della Germania che ha ricordato Niering all'inizio del suo intervento. Insomma fa un po' impressione il fatto che torna alla parola recessione legata alla Germania. Il Commissario Gentiloni diceva non dobbiamo sopravvalutare quella che viene definita recessione tecnica, cioè il fatto che per dei decimali un Paese importante come la Germania possa avere il segno meno davanti alla propria crescita per un o due trimestri. Siccome lo ha accennato all'inizio, chiederei appunto a Niering se ci vuole dire qualcosa in più, su questo dato specifico e soprattutto sul legame che ha ricordato con l'Italia. Cioè se la Germania frena, frena anche l'Italia dopo? Prima di tutto effettivamente stiamo parlando di 0.5 al ultimo trimestre 2022 e 0.3 in questo trimestre. Quindi non sono numeri che devono far spaventare. Però certo è che c'era un'aspettativa diversa perché per esempio ci si aspettava che dopo il crollo di quelle che erano le rigide regole in Cina ci fosse un'esplosione di domanda che quindi in qualche modo faceva ripartire l'economia tedesca nell'exporto verso quella direzione. Ora c'è un rischio per l'Italia, sì, perché questo potrebbe essere un piccolo segnale di un fenomeno un po' più ampio in cui proprio perché adesso in questo momento c'è insicurezza siccome ci sono dei macro trend che sono stati citati anche poco fa in cui ognuno e anche altri mercati esteri comincia a guardare la propria domanda interna, la possibilità di sviluppare la propria domanda interna finanziando anche in maniera importante le imprese locali, crolli in qualche maniera lo scambio internazionale. Ecco, questo è una minaccia che sicuramente se si proteste per lungo termine potrebbe creare una crisi molto molto importante a livello globale ovviamente l'Italia essendo legata all'Europa ne sentirebbe un effetto. Speriamo di no. Appunto, se ci sono domande se no avevo da chiedere alla professoressa Delle lezioni che possiamo apprendere in questa fase molto vivace dal punto di vista geopolitico Qual è secondo lei quella più difficile da comprendere per gli operatori, per la politica europea? Quella che lei suggerirebbe di non dimenticare troppo velocemente per affrontare un mondo così vivace, diciamo. Sì, credo che forse la cosa che sembra meno intuitiva è proprio La cosa che sembra meno intuitiva è proprio che forse dovremo usare un principio che è ben conosciuto in finanza anche in questi temi E cioè che la diversificazione è la migliore assicurazione contro gli shock Perché parlavamo di French shoring, ma chi sono i miei amici oggi? Alcuni di loro erano i nostri piacerri nemici ieri, quindi queste geometrie variabili sono molto difficili Un evento catastrofico come quelli che abbiamo sempre più frequentemente possono rendere dei vicini distanti Semplicemente perché un ponte crolla Il Qatar, per esempio, è un buon esempio di un paese dove i vicini, ad un certo punto, per motivi politici, sono diventati i paesi più distanti E quindi per questo credo che alla fine questa è la lezione più importante, che la diversificazione è forse la miglior forma di assicurazione contro il rischio Ma ovviamente è più costosa E come diceva prima anche il Presidente Domande? Se no, una domanda, così mi riposo un attimo, grazie Buongiorno, scusate, avete descritto benissimo il panorama, eccetera Io quello che non ho capito, o che credo di aver capito, però lo chiedo ovviamente a voi, è quanto questa lotta globale, questa competizione per l'Italia Può passare solo per l'Europa e l'Europa può passarla solo se unita, ma nella sostanza, non nelle polemiche di Baro o cose di questo tipo Quanto importante è questo se lo è e quanto se non lo è, che è la mia personale preoccupazione Perché se no mi viene in mente la Roma che decade, no? L'impero che è raggiunto al massimo e decadiamo Perché siamo un po' Stiamo bene, siamo i più ecologici, nonostante tutti siamo quelli che danno più diritti umani, sociali e cose di via, però fra un po' queste cose si pagano E se noi non combattiamo, non portiamo a caso il PIL Il PIL non si può redistribuire in qualsiasi modo Un governo di una parte o dall'altra lo voglio redistribuire Grazie, che peraltro ci aiuta anche quella parte della risposta che voleva dare la professoressa Mediciani C'è un'altra domanda? Farei rispondere la professoressa Savona, la professoressa Mediciani Lascio poi la parola, soprattutto per quanto riguarda questi materiali critici che secondo me sono super critici appunto Secondo me l'Europa è fondamentale, però appunto dobbiamo fare in modo che abbia una sua funzione, che sia messa in condizione di funzionare Questo è quello che mi sento di poter dire E quindi da questo punto di vista appunto c'è bisogno più di coordinare dal punto di vista anche delle capacità di spendere, di coordinare le politiche industriali Perché il rischio è anche di muoverci come Europa, però che le polarizzazioni interne rimangono inalterate E questa è un'altra cosa che non sarebbe sicuramente sostenibile E' un ottimo assist sulla politica industriale per la professoressa, tema su cui voleva tornare, perfetto Sì, è una questione alla quale accennavo già precedentemente E quindi soprattutto nel momento in cui si devono affrontare delle transizioni che sono molto costose Perché come dice giustamente lei si fanno tante affermazioni di principio E l'Europa è molto brava nel introdurre regolamentazioni e direzioni auspicabili nel medio-lungo periodo Però ovviamente questo fa i conti poi con gli strumenti da utilizzare per raggiungere questi obiettivi E delle differenze nella struttura industriale dei diversi paesi europei Quindi obiettivi così ambiziosi come quelli della transizione verde E che poi abbiamo visto interagiscono poi anche con le politiche portate avanti in altre aree geografiche Quindi la Cina e gli Stati Uniti per arrivare ai risultati sperati non possono essere basate su politiche di tipo nazionale Quindi credo sempre più evidente che ci debba essere quantomeno un coordinamento E non anche una mutualizzazione del rischio Che non passa soltanto per una maggiore centralizzazione della politica fiscale che menzionavo prima E in questo senso sicuramente Next Generation EU è stata un po' una discontinuità importante Con la quale stiamo però oggi facendo i conti col piano nazionale di riprese e resilienza Perché se non saremo bravi a portarlo avanti Ovviamente siamo sotto gli occhi dell'Europa E iniziative di quel genere saranno sempre più difficili da poter essere perseguite Ma anche ci sono tanti altri elementi che riguardano ad esempio il mercato dei capitali Perché noi parliamo del finanziamento pubblico Parlando di questi tipi di programmi della transizione ecologica Ma ovviamente l'ammontare di risorse che è necessaria per portarla avanti Necessariamente richiede anche un finanziamento privato E quindi in questo senso una maggiore integrazione non riguarda soltanto le politiche fiscali Ma riguarda anche passi in avanti nell'Unione bancaria, nei meccanismi di assicurazione dei depositi Come abbiamo visto recentemente con le crisi che hanno colpito per fortuna soltanto parzialmente l'Europa Anche grazie alla regolamentazione che ci siamo dati E quindi direi che la mia risposta è assolutamente che l'unico modo è avere una governance più efficace E che quindi questo è sicuramente il sentiero sul quale maggiori passi in avanti possono essere fatti E che poi possono avere delle ripercussioni positive anche sulle imprese, sui consumatori E anche sul modello di coesione territoriale che altrimenti rischiamo proprio di perdere Dobbiamo tener conto che le politiche di crescita non possono essere disgiunte dalle politiche di coesione Altrimenti sarebbe un po' contraddittorio L'Europa tante volte si è posta degli obiettivi in termini di spese in ricerca e sviluppo Il famoso 3% o di numero di laureati nei vari paesi Però poi ci sono vincoli di bilancio che fanno sì che poi i paesi per non sacrificare le spese correnti Hanno poi sacrificato le spese in ricerca e sviluppo Quindi alla fine l'Italia è rimasta a investire l'1,5% del PIL in ricerca e sviluppo Mentre altri paesi sono andati molto avanti E quindi queste sono domande importanti perché poi non ha senso cercare di redistribuire Attraverso le politiche di coesione territoriale Senza fare uno sforzo di maggiore centralizzazione delle politiche che stimolano la crescita Allora se non ci sono altre domande, non so, non mi pare Allora chiederei col Presidente di Siemens e chiederei sempre un po' a seguito della domanda Non è tanto facile trovare un equilibrio tra politiche nazionali e politiche europee Sono operatori che devono aiutare anche l'economia in generale italiana Nello specifico a trovare questo equilibrio tra nazionale europeo e internazionale E poi chiederei una cosa legata all'attualità perché come ha scritto il sole 24 ore Siemens è stata una delle prime società, diciamo così, operatori dell'economia italiana Per avversi per il sostegno alle miglia romagna con gli strumenti dell'economia e della finanza Quindi le chiederei di concludere questo panel con queste due sulle citazioni, su gestione Grazie, effettivamente l'intervento nell'economia deve essere un intervento per coprire fallimenti del mercato Quindi l'intervento sia nostro, di Cassa di Posti e Presti, di Siemens Interviene lì dove si possono aiutare le imprese ma non coprendo il mercato Perché in quel punto sarebbe sicuramente non positivo per una buona crescita delle nostre imprese In particolare è chiaro quando si creano situazioni di grande difficoltà come quella dell'emilia romagna Gli strumenti a disposizione sono strumenti che non solo aiutano ma poi contribuiscono a rafforzare la solidità delle imprese stesse Noi abbiamo stanziato, forse questo faceva riferimento, 300 milioni di euro a fondo perduto per le nostre imprese esportatrici Proprio al ristoro degli ingentissimi danni subiti, siamo stati l'altro ieri con il ministro Tagliani Perché Siemens gestisce fondi della Farnesina, quindi i fondi per l'internazionalizzazione delle imprese sono fondi del Ministero degli Esteri E abbiamo quindi stanziato 300 milioni esigibili da subito per le nostre imprese che hanno subito danni ingentissimi durante questi eventi catastrofici In più anche altri 400 milioni per lo sviluppo internazionale Quindi questi 400 milioni destinati all'emilia romagna, le imprese che hanno subito questi danni che consentiranno loro di poter continuare il processo di internazionalizzazione tramite finanziamenti agevolati allo 0,4%, quindi sostanzialmente a tassi prossimi allo 0 e anche con la possibilità di intervenire nel capitale di queste imprese L'emilia romagna tra l'altro è una delle imprese con il maggior tasso di internazionalizzazione, quindi quello che è successo è ovviamente gravissimo per il nostro tessuto imprenditoriale ma il nostro intervento speriamo possa veramente essere utile a risollevare questa martoriata regione Grazie, dal mondo all'emilia romagna, tutto si tiene, vi ringrazio molto, è stato molto interessante, ho imparato molte cose, spero anche voi Vi ringrazio di essere stati qui, grazie a tutti, buona giornata e buon festival che continua Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org 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