Il 2035 come fine dei motori diesel e benzina è un obiettivo possibile?
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Il 2035 come fine dei motori diesel e benzina è un obiettivo possibile?
Cianflone, giornalista del Sole 24 Ore, affronta il tema inerente al più grande cambiamento nella storia dell'auto: nel 2035 è stato deciso il passaggio forzato all'elettrico. Attraverso questo panel, ne discutono Giovanni Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d'Italia, Alberto Viano, director ALD Automotive, Elisabetta Ripa CEO di Enel X Way e Simona Benedettini, consulente indipendente in politiche e regolazione dei mercati energetici.
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Non discuteremo sull'opportunità di fare questa scelta, perché non è qui la sede, non è il momento, lo diamo per assodato, è un percorso avviato. Quello della transizione verso l'automobile non più a combustione interna, ma con diversi sistemi di trazione, quindi prevalentemente battery electric vehicle, quindi elettriche a batteria o eventualmente marginale elettriche o a celle combustibile, impone un cambiamento a 360° in tutta la filiera fino all'utilizzatore finale, quindi la fabbrica, l'assistenza, la vendita, il modo di gestire e rapportarci con l'automobile. Noi ne parliamo qui con un panel dove do la parola per primo a Gian Primo Colliano, direttore del Centro Studi Promotor che da anni segue e dà il polso del mercato dell'auto. Abbiamo una figura d'eccezione del panorama industriale italiano, Franco Bernabeck, il presidente di Ciaieri d'Italia, Alberto Viano che ha un job title lunghissimo, mi confermi, e lui è il deputi, ha il led automotive, bello lungo, comunque è presidente anche di ANIASAS, dell'associazione del noleggiatori lungo termine che sono una figura importante al mondo di auto. Abbiamo la dottoressa Ripa che è presidente numero uno di Enel X Way invece abbiamo con noi anche Simola Benedettini che è un consulente indipendente che si occupa di politiche e regolazione dei mercati energetici. Io darei se siete d'accordo la parola a Gian Primo Colliano che ci dà l'idea, che sopravviverà il mercato dell'auto, cosa succederà all'industria? Sul fatto che sopravviva non ci sono dubbi, consentitemi però di dare un particolare affettuoso saluto a una persona che è qui in sala che è un mio concittadino, che è il professor Romano Prodi. E' una gloria dell'Italia ma anche della nostra città, quindi io sono bolognese a 360 gradi, quindi mi sentivo di darle questo particolare saluto. Il quesito posto dal titolo di questo incontro merita una risposta. La risposta è sì per quello che mi riguarda. È possibile che dal 2035 non si vendano più in Italia motori a combustione interna alimentati a benzina o gasolio, però è possibile che ci siano altri motori a combustione interna che vengono venduti anche in Europa, perché c'è già una deroga all'impostazione iniziale richiesta proprio dalla Germania per gli fuel poi c'è anche la posizione dell'Italia che punta ad ottenere la stessa deroga anche per i carburanti biologici. Questo è un aspetto. C'è un altro aspetto che comunque benzina e gasolio dovranno continuare ad essere venduti in Europa, nell'Unione Europea, anche dopo il 2035, perché ci sarà un consistente parco circolante costituito da veicoli immatricolati prima del 2035 che hanno ancora questo tipo di alimentazione. E comunque il motore endotermico alimentato a benzina e gasolio continuerà ad esistere nel resto del mondo, perché al momento la conversione all'elettrico sembra prendere sempre più spazio però nessuno pensa di vietare l'impiego di benzina e gasolio, ad esempio negli Stati Uniti o in altri paesi. Quindi questo comporta anche che la nostra industria, l'industria dell'Unione Europea, se vorrà continuare a desportare, dovrà continuare a produrre anche veicoli con motori a combustione interna a benzina, a gasolio e ad altri carburanti. Questo è un primo aspetto. Poi naturalmente la domanda non puntava solo ad accertare la possibilità giuridica che ci sia questa transizione, ma anche se di fatto ci sia la possibilità di arrivarci. Cioè se di fatto potremo arrivare al 2035 avendo già una consistente quota di veicoli elettrici circolanti. Ora ci sono molti problemi ed emergeranno in questa discussione, però quello centrale a me sembra essere il problema del prezzo dei veicoli elettrici. Oggi, a parte una lodevole ma limitata eccezione, un'auto elettrica in Italia costa almeno 25.000 euro. C'è una cosa che tutti coloro che hanno studiato la motorizzazione di massa sanno d è che il processo di motorizzazione di massa decolla quando viene immesso sul mercato un'automobile che ha un prezzo corrispondente al salario medio anno di un operaio. In Italia è stata la Fiat 600 e in altri paesi altri modelli assolutamente di rilievo. Quindi oggi esiste una vettura di questo tipo, non c'è, perché la vettura che costa meno costa 25.000 euro, mentre il salario medio di un operaio è intorno ai 15.000 euro. Quindi ci sono questi 10.000 euro da colmare. Si possono colmare in tre modi. Il primo riducendo i prezzi delle autovetture, e non mi sembra una cosa a portata di mano. Il secondo, auspicabile da tutti, è aumentando le retribuzioni in Italia, cercando di portarle a livelli europei. E il terzo è impegnarsi in una campagna di incentivi veramente robusta, con incentivi importanti, riconoscibili a tutti, e soprattutto constanziamenti molto molto maggiori di quelli attuali. Basti che pensare che per sostituire tutto il parco circolante italiano occorre una cifra di mille miliardi di euro. C'è una terza questione che mi preme sottolineare. Ed è la questione che sulla transizione elettrica ci sono molte resistenze, ma ci sono anche molti negazionismi. E c'è un profondo scetticismo da parte di alcuni ambienti, ma anche da parte di autorevoli direttori di queste estate giornalistiche specializzate, sul fatto che sia effettivamente necessaria la transizione energetica per la salvaguardia dell'ambiente. E in particolare sarebbe quindi assolutamente necessario per dare una risposta ai negazionisti, o comunque agli scettici, che vi fosse un pronunciamento chiaro, autorevole, definitivo da parte di un'autorità scientifica che rispondesse a due quesiti, in sostanza. È vero che le emissioni di CO2 arreccano danno alla Terra in quanto influiscono sul cambiamento climatico? Anche perché cambiamenti climatici nella storia del pianeta avviene solo tantissimi. Il secondo quesito è, qual è effettivamente l'incidenza delle emissioni di CO2 degli autoveicoli sulle emissioni complessive del pianeta? Su questo ci vorrebbe un pronunciamento chiaro, definitivo e credibile. E ci vorrebbe anche che il pronunciamento credibile fosse effettivamente creduto. Quindi occorrerebbe una campagna di comunicazione molto efficace, condotta a tutti i livelli, perché i negazionisti smettano di fare i negazionisti e gli scettici diventino fiduciosi in questa transizione. Grazie a Mario, mi fermo qua. Volevo puntualizzare due secondi. Con l'auto elettrica non salviamo il pianeta, perché le dimensioni delle emissioni di CO2 sono talmente basse che non sono significative. Si migliora la qualità dell'aria, sì, in parte, ma la CO2 non ha nulla a che vedere con la qualità dell'aria. E le attuali vetture, combustioni interne, quanto ad emissione di veleni, sono estremamente molto pulite. Anzi, il livello di polveri è quasi simile alle auto elettriche. La questione è che questa è un'occasione industriale di cambiare il sistema. E da una parte vediamo dei nuovi player, mi riferisco al player americano Tesla. La notizia è che la macchina più venduta nel mondo è una Tesla, il che conferma un punto, che il signore Elon Musk ha capito che si possono vendere tante macchine facendo credere che siano belle e poi sono pure anche bruttine. Cioè c'è anche questo punto. Una volta le case automobilistiche vivevano di design e di restyling costanti, spendendo un sacco di soldi in marketing e comunicazione, il signore Elon Musk ha dimostrato che può vendere una cosa dicendo che è bella, poiché dietro ci sia un'infrastruttura straordinaria che funziona bene nel altro discorso. Ma qui ci agganciamo su un altro tema. L'arrivo in massa dei cinesi, che hanno una freschezza intellettuale nell'ideazione del veicolo che deriva dal fatto che hanno preso know-how dalle industrie europee, che sono andate dagli anni 90 a insegnare con le joint venture al 51% ai cinesi come costruire automobili, con l'elettrico si semplifica tutto perché la struttura della vettura è enormemente più semplice, quindi questo è disruptive sulla filiera, soprattutto stanno arrivando un sacco di marchi nuovi di megagruppi che probabilmente saranno anche maggiormente da appeal su un pubblico di giovani utilizzatori di servizi di mobilità, perché l'automobile sta diventando una parte, una componente del servizio di mobilità, quindi in questa disruptive rimane poco, poco per il sistema italiano, ma c'è qualcosa che resta, freni, gomme, acciaio, servizi, ne parliamo dopo dei servizi. Il punto sull'industria italiana, l'automobile è fatta ad acciaio, qualcuno ha cercato di farla anche in carbonio, BMW, anni fa, però l'automobile è rimasta ad essere fatta ad acciaio. Cosa comporta questo cambiamento? Io vorrei prima di tutto fare due commenti su quello che si diceva prima, perché bisogna partire dai numeri, soprattutto non tanto per valutare la prospettiva dell'ingresso dell'auto elettrica sul mercato automobilistico, quanto per la ragionevolezza delle politiche europee che prevedono la proibizione delle auto a combustione interna entro il 1935. Se noi andiamo a vedere i numeri che ci sono, e sono scientificamente certificati, tutto il sistema dei trasporti personali, quindi le auto mobile possedute da individui, ha un footprint carbonico dell'8%. Se aggiungiamo il trasporto pesante, aggiungiamo un altro 9%, se aggiungiamo altri pezzi di trasporti, quindi l'aviazione e la marina, aggiungiamo anche lì un 7-8%, quindi diciamo che le automobili hanno un impatto dell'8% sul footprint globale di CO2. Ora, l'automobile elettrica è alimentata con energia elettrica, che non sempre è energia verde. Oggi la produzione di energia elettrica a livello mondiale è fatta prevalentemente con carbone, con gas, con energia atomica, quindi tutto si può dire forchè l'alimentazione sia al 100% verde dell'auto elettrica. In più ci sono i problemi che voi sapete a Monte, e cioè della produzione di litio, cobalto e nickel, che sono materiali altamente inquinanti, e a Valle, che è lo smaltimento delle batterie, che anche quello comporta dei problemi di inquinamento non banali. Quindi diciamo che c'è un problema serio, diciamo che se uno deve valutare da all'inizio alla fine tutta la problematica ambientale che comporta l'introduzione di auto elettriche. Questo non vuol dire che non si debba andare in quella direzione, però visto che è solo l'8%, tenete presente, parlando di industria siderurgica per esempio, l'industria siderurgica da sola fa anche lei l'8% di footprint globale di emissioni di CO2. Però intanto i produttori sono pochi, e quindi diciamo un intervento per la riduzione del CO2 a livello di industria siderurgica, come di industria del cemento e di industria chimica, che sono le tre grandi industrie ad alta concentrazione di CO2, intanto è molto più fattibile, perché sono pochi soggetti e le tecnologie attraverso le quali si arriva la decarbonizzazione sono note e la decarbonizzazione arriva rapidamente. Nell'industria siderurgica oggi il carbonio è parte essenziale del processo, perché bisogna togliere ossigeno dalle matite, dal minerale di ferro, aggiungere carbonio per fare l'acciaio, e in questo modo sostituendo il carbonio, che oggi è essenziale, senza carbonio non si fa l'acciaio, con l'idrogeno, praticamente a posto di emettere il CO2 si emette vapore d'acqua. E quindi diciamo che la decarbonizzazione, quel 8% di decarbonizzazione, comporta che i 30 operatori mondiali più importanti dell'acciaio abbiano un incentivo o non un incentivo, comunque si orientino in quella direzione, perché la riduzione del footprint di CO2 sia sostanziale. Per quanto riguarda l'automobile, significa che miliardi di persone devono passare da un modello all'altro con un sistema infrastrutturale gigantesco, quindi i tempi sono evidentemente molto più lunghi. Ma c'è anche un'altra cosa, e cioè che in Europa. L'Europa da sola emette un footprint del 9% sul totale delle emissioni mondiali, l'Italia emette meno dell'1%, la Spagna 0,5-0,6%, quindi qualsiasi cosa faccia l'Italia, la Spagna, ma anche la Francia, è del tutto irrilevante. Ma andiamo a vedere i costi di questa transizione. Allora, un'auto elettrica, si diceva prima, un'auto a combustione interna ha circa 9.000 componenti, se uno conta anche le viti, un'auto elettrica ha 4.000 o meno componenti, se uno conta anche le viti, se uno invece conta solamente le cose importanti, cioè i componenti importanti, sono 4.500 per l'auto a combustione interna e 2.000. Quindi, diciamo, tutta la filiera di produzione, di componentistica, che in Italia è molto importante, viene a cessare, ma viene a cessare per un altro motivo, perché è vero che Elon Musk ha questo ruolo, diciamo, in termini di immagine molto importante, ma la Cina ha il 60% del parco installato di automobile elettriche. Oggi i cinesi cosa fanno? I cinesi prendono, tenuto conto anche del fatto che hanno un'industria dell'acciaio che non risponde agli stessi criteri ambientali a cui dobbiamo rispondere noi, fanno quello che si faceva negli anni 50 con l'industria automobilistica, cioè si smontano, si producono i pezzi, si portano i pezzi nel mercato di destinazione e si montano, tanto un'auto elettrica è un po' di ferraglia, scusate se considero questo anche perché ci va un acciaio speciale per fare l'automobile, un po' di ferro e delle immense batterie che producono i cinesi, quindi Gili, BYD, eccetera, eccetera, che oggi hanno una quota di mercato enorme, diventeranno quelle che hanno il predominio sul mercato europeo dell'automobile. Ecco, questo significa un processo di riconversione di cui io non vedo lo spazio in termini occupazionali, cioè l'industria meccanica italiana che lavora in modo sostanziale per l'automobile verrà drammaticamente ridimensionata. Quindi io dico andiamo in quella direzione, ma andiamo con tempi che siano compatibili con l'obiettivo di gestire una transizione sociale e industriale che sarà una transizione sociale estremamente complessa. Le vorrei fare una domanda in merito, ma non è che ormai sia scopertiato il vaso di Pandora sul sistema industriale italiano che non è stato mai in grado di puntare su digitale, impresa d'alto contenuto cognitivo, software, microchip. Questo non è assolutamente vero. Il sistema industriale italiano, che tra l'altro ha dimostrato una resilienza straordinaria, tant'è che negli ultimi sei anni va molto più forte di quello che è il sistema industriale tedesco e del resto il sistema industriale europeo, ha puntato su due transizioni ambientalmente molto importanti. Uno è il riciclo. Il riciclo, l'Italia che ha incominciato a fare il riciclo su varie filiere 40 anni fa. La Corepla credo che abbia 45 anni. Le altre filiere del riciclo hanno altrettanti anni di esperienza alle spalle. Arrivando a delle innovazioni straordinarie, perché oggi 40 anni fa il problema della chimica era un problema serio di rifiuti, etc. L'industria italiana ha sviluppato delle tecnologie per cui non è che produce dal riciclo materie prime, cosiddette seconde. È riuscita a sviluppare delle tecnologie che consentono la depolimerizzazione dei polimeri che servono appunto nella plastica. Quindi uno rientra nei monomeri. A quel punto uno ha prodotto materia prima, non materia prima seconda. Ora questo è importante perché la filiera del riciclo viene ad essere fortemente sacrificata sulla base di teorie che sono veramente problematiche. Voglio citare quella del biofuel. L'Unione Europea giustamente dice che non possiamo mettere le aree agricole a disposizione per la coltivazione della materia prima che viene usata per fare biocarburante. Ma non li facciamo con questi. L'ENI ha riconvertito due raffinerie per fare biofuel da oli esausti. Quindi la materia prima rientra nella tecnologia del riciclo e consente di risolvere un problema ambientale gigantesco. Allora l'Unione Europea che cosa si è inventata? Si è inventata gli e-fuel. Gli e-fuel bisogna che vi li racconti perché gli e-fuel è una roba che è fatta da CO2 e da idrogeno. Allora la combinazione, meraviglioso, uno dice ma se si riusciamo a catturare il CO2, aggiungere l'idrogeno e a fare un carburante sintetico che alimenti i motori termici siamo nel mondo ideale. Allora per fare ovviamente l'idrogeno bisogna utilizzare l'acqua. Il problema dell'elettrolysi è che acqua pulita per fare elettrolysi non ce l'è perché l'acqua pulita serve per altri scopi. Allora bisogna farla dessalinizzando l'acqua marina con dei costi notevoli, ma non c'è solo il problema dei costi. La dessalinizzazione dell'acqua marina comporta la produzione di immensi cumuli di brine, di immensi cumuli di minerali salini che se vengono dispersi nell'ambiente provocano la devastazione. Infatti dove ci sono problemi di quel genere non c'è agricoltura perché lo spolveramento di questa brine comporta la fine dell'agricoltura. Per quanto riguarda la CO2, per utilizzare CO2 per fare gli fuel bisogna fare la cattura di uno stream pulito di CO2 e gli stream puliti di CO2 richiedono investimenti colossali e sono alcuni processi che rigenerano. Quindi io dico benissimo, si può fare tutto quello che si vuole, però bisogna avere in mente prima di tutto la tecnologia, poi i tempi dell'industria per l'adattamento e infine i costi. A questi costi io credo che l'industria europea non sarà in grado di riprendersi dalla crisi che emergerà se effettivamente verrà fatto l'enforcement del blocco dei motori endotermici 135. Io darei la parola adesso ad Alberto Viano che sull'auto elettrica delle posizioni diciamo di estremiste. Io sono mediamente più laico perché per me l'importante è che possa continuare ad usare un'automobile, non mi importa come è alimentata, è poter sia pulita e che funzioni. L'automobile, l'automobile elettrica tra l'altro, diventa servizio più che altro. Devo dire da punto di vista industriale ho pochissimo da aggiungere, mi limito più a osservare sulla parte finale della catena del valore. Oggi in Europa si matricolano oltre il 15% di vetture elettriche con un tasso di crescita che va circa del 30% anno. Per cui adesso non sono in grado di fare il conto al volo con voi speravo ma la mia collega non mi ha aiutato. In ogni caso con una crescita del 30% anno si arriva abbastanza rapidamente alla sostituzione sulle nuove matricolazioni. Il numero di matricolazioni di auto sta scendendo, qualche studente dirà che sono ignorante, ha ragione. Il numero di matricolazioni di auto termiche sta scendendo, sta scendendo anche per effetto della crisi, sta scendendo per saturazione. Il parco auto italiano, sono 40 milioni di vetture, sono oggi quasi superiori al numero di italiani che sono in grado di condurle, patentati e in grado di condurle, considerato che una parte delle patenti non sono poi utilizzate. Per cui è del tutto naturale che, e di questo ringrazio tantissimo Mario per come ci si arriva, io non prendo una posizione sulla tecnologia, prendo una posizione su quanto la vettura debba servire. E una vettura serve se è impiegata altamente. Oggi una vettura mediamente è impiegata per meno del 5% del suo tempo, per cui arrivo a dire in modo assolutamente non popolare benvenga una vettura eventualmente un po' più costosa purché abbia un tasso di utilizzo più alto, che dia quindi lo stesso quantitativo di mobilità a una popolazione, anche tramite sharing, anche tramite noleggio, sono in conflitto di interessi. Io sono amministratore delegato e anche deputy country manager di due società di noleggio lungo termine. Sono presidente di ANNISA, che è l'associazione confrindustriale delle società di noleggio e dei servizi dell'automotive. Per cui è ovvio che non sono una voce pura in questo. Però aumentando la capacità di servire delle vetture, anche tramite modelli di noleggio e di sharing, si può scendere di footprint, cioè si fanno meno macchine, magari più alto valore, magari col fatto che hanno un tasso di utilizzo più alto possono avere un'obsolescenza più gestibile in 4-5 anni invece che avere vetture di 12 anni, che è l'età media del parco italiano, che quindi sono vetture che hanno problemi di inquinamento, ma soprattutto di sicurezza per chi le guida anche per tutti noi altri, perché poi andiamo a girare in bicicletta sulle strade dove ci passa accanto una vettura che dei freni che vanno meno bene rispetto a una vettura più moderna. Per cui tutto questo per noi è una grande opportunità, cioè è un cambiamento di paradigma che richiede di prestare nuovi servizi su un oggetto che è la vettura elettrica, che è più complesso. E dal nostro punto di vista, parlo della mia azienda ma anche un po' dell'associazione che rappresento, la penetrazione di elettrico dovrebbe favorire non solo quindi minori emissioni, Noi misuriamo il colesterolo, giusto? Se il nostro colesterolo sta a 200, tutto bene. Se il nostro colesterolo supera 200, le cose non vanno più bene. Per cui anche il 2% di riduzione di CO2 può essere significativo, pur sapendo che la Cina su anno incrementa del 6, per cui se noi togliamo il 2, dura poco l'effetto. Però non è insensato iniziare a andare anche sulle differenti catene del valore a cercare di riturre, ritorno a noi. E quindi aumentare la capacità delle vetture di servirci, tramite anche aumento di servitizzazione delle vetture, si riduce e già sta succedendo. Il matricolato oggi in Italia marcia sul milione e mezzo, eravamo oltre tre. Ha un significato questo? Sì, perché abbiamo ancora tantissime vetture su strada che si fa fatica a rottamare, sono poco utilizzate. E questo sta comprimendo la domanda di nuove vetture, soprattutto per chi è abitato ad acquistarla. Diverso è il discorso per il noleggio. Quindi quello che crediamo a noi è, sparirà l'auto? Io credo di sì. Credo che il trasporto persone a combustione interna sparirà, ma prima del 2035, non per effetto della normativa europea, o meglio, forse anche per effetto della normativa europea, che ha dettato un orizzonte temporale, ma semplicemente perché è un prodotto che ha un tasso di evoluzione e è ancora immaturo rispetto all'auto termica presto sarà molto preferibile per l'utilizzatore. Questo è un po' quello che credo io. E soprattutto non ci sarà, grazie al fatto che in tanti casi si preferirà l'uso all'acquisto, non ci sarà quel problema che in effetti esiste, più connesso col fatto che l'investimento iniziale potrebbe anche in futuro essere più elevato. E si ha minore certezza sul valore residuo della vettura. In ultimo, per chi dovesse essersi comparato una vettura elettrica e fosse pieno di dubbi, ha un grande vantaggio che potrà raccontare agli amici, ed è una vettura elettrica anche oggi, tra dieci anni saranno migliori di oggi, ma anche quella di oggi è a zero emissioni per sempre. Chiudo. E a zero emissioni se non sono in Polonia e l'ho caricata a carbone? Sì, però una centrale elettrica a circo combinato riesce ad avere un'efficienza molto superiore a consumare carbone. Ma infatti io sono... È vero, noi abbiamo il 40% di produzione di energia rinnovabile in Italia. Non è così male, se continuiamo a investire abbiamo la possibilità di decarbonizzare. Ma sapevo che quest'ultima cosa... Quello che te l'ho sempre detto, secondo me le case autonomistiche, ma anche chi fa servizio automotivo, dovrebbe ben spiegare che l'automobile elettrica è più piacevole e più divertente da guidare. E questo è un dato di fatto. Se uno si compra l'auto o la noleggia a lungo termine, ne entra in possesso e vuole la sua macchina, perché è inutile nasconderci dietro il migliore dei mondi possibili, usiamo tutti lo sharing o cose di questo genere. L'automobile personale è un valore di mobilità individuale. L'automobile elettrica è molto più divertente da guidare. È silenziosa, ha una risposta immediata. Magari non è velocissima, però sta in strada anche meglio, tant'è che i cinesi riescono a fare delle auto che stanno in strada perché hanno una batteria sotto. Secondo me le case autonomistiche dovrebbero venutare più che sulla idea di compro la macchina sostenibile. Compro una macchina che è migliore, che è fatta meglio e probabilmente costeranno anche meno, perché lo stesso Elon Musk, che è un personaggio controverso, prossimo processo di produzione della sua prossima vettura di massa, è qualcosa di molto simile alle macchinine polistil. Chi è boomer come me, se le ricorda, le macchinine pressofuse con dentro i sedili, faranno le macchine così. Poi non le ripareremo, probabilmente ci sarà un tema di obsolescenza, perché il telefonino, possiamo dirci quello che vogliamo, secondo anno o terzo lo buttiamo, ma non perché l'hardware non funziona, perché è il software che diventa inadatto. Quindi ci abitueremo a un mondo diverso, a un mondo di servizi e a un modo diverso di fare il pieno. Quindi sta crescendo la quota del mercato delle macchine elettriche per ricaricarla, fermo, restando che è meglio avere un box con la presa, ma quando devo ricaricare in giro, che cosa succederà nei prossimi mesi? Parola a Elisabetta che ci racconta. Grazie Mario. Io intanto riprenderei alcuni concetti che sono stati articolati molto bene con punti di vista magari non sempre condivisibili, ma per carità il bello di lavorare in Enel, di essere in questi panel, è che non devi dimostrare o non devi spiegare perché credi nell'elettrico, diciamo che ce l'abbiamo per statuto aziendale, ma io sono fermamente convinta che ormai è un trend avviato. Allora, tu dicevi Tesla auto più venduta. Sicuramente Franco diceva che l'Italia è irrilevante nell'economia o comunque nel cambiare le direzioni dell'economia globale. Questo sicuramente è un fatto, così come è un fatto che in questo momento i principali, le principali economie stanno guardando con grande attenzione a tutto quello che è il mondo degli incentivi verso la mobilità sostenibile. Io però prenderei questo punto e focalizzerei il tema in questa maniera. L'auto elettrica in Italia oggi è circa l'1% del parco circolante, quindi poca cosa rispetto a quello che è la media, ad esempio, europea o rispetto al 27% di penetrazione che c'è in Norvegia. Quindi credo che per noi di Enel e Enelway, che è la società che si occupa dell'infrastruttura di ricarica, è importante capire quali sono stati i fattori abilitanti che nei paesi del Nordics, della Norvegia, della Svezia o dell'Olanda hanno determinato una fortissima accelerazione della penetrazione dell'auto elettrica, indipendentemente da considerazioni di carattere sociologico o scelte che possono essere state dettate dal mercato. Parto sicuramente da alcuni dati oggettivi. Se io vado a chiedere oggi ai clienti italiani i che stanno valutando l'acquisto di un'autovettura, i 7 su 10 mi dicono che stanno valutando la possibilità di acquistare un'auto elettrica. Se poi scendo al di sotto della fascia di età dei 25 anni, questo interesse sale. Un dato molto interessante è che il 50% dei giovani ci dice in realtà che non vuole acquistare un'auto di proprietà. Quindi mi riallaccio sul fatto che in realtà per l'industria italiana, per l'industria mondiale dell'automotive, è il primo tema da affrontare, quello della fortissima contrazione della domanda. Studi indicano che il parco circolante in Italia, oggi 40 milioni, sarà nei prossimi 10 anni in forte riduzione fino a un target di 30 milioni, che è già un dato ampiamente ottimistico. Se è vero questo, quindi dobbiamo andare dietro al mercato, che dal mio punto di vista è l'unico che guida le scelte sulla tecnologia. La tecnologia, quindi, deve essere accompagnata, come sempre quando parliamo di cambi tecnologici, da una anticipazione dell'infrastrutturazione. L'abbiamo visto nelle telecomunicazioni, l'abbiamo visto in tutti i altri contesti. Se vogliamo anticipare alla domanda, dobbiamo essere in grado di dotare soprattutto il mercato di un'infrastruttura di ricarica performante. Su questo che ci concentriamo noi di Enel su questo che prendiamo, diciamo così, la nostra parte di sfida. Cosa abbiamo fatto per agevolare e accelerare una abitudine, un'esperienza di utilizzo più semplice da mobilità elettrica? Intanto abbiamo accelerato nella realizzazione dei punti di ricarica, quindi delle cosiddette colonnine, non ci piace questo termine, ma comunque rendono l'idea. Oggi in Italia ce ne sono 41.400, poche, tante. Direi sicuramente poche rispetto alle ambizioni che abbiamo, ma tante se ci confrontiamo rispetto agli altri paesi europei, soprattutto in relazione al numero di auto elettriche in circolazione. Oggi ci sono 21 infrastrutture di ricarica per ogni 100 guidatori di elettrico. Questo ci colloca sopra la media europea. Si potrebbe dire sicuramente che questo avviene perché il numero di auto circolanti in Italia elettriche è un numero ancora basso, circa 200.000 le full electric, che diventano 400.000, se andiamo a guardare anche le plug-in, che però insomma non sono proprio il massimo per noi che costruiamo infrastrutture di ricarica, perché ovviamente la ricarica è un pochino più lenta o comunque di taglia inferiore. Dobbiamo cercare di avere sempre molto chiaro che non è importante soltanto il numero, 41.400 punti di ricarica sono sicuramente un punto importante di partenza, ma quello che è determinante nella mobilità elettrica è il mix, perché a differenza della mobilità tradizionale delle auto endotermiche, la caratteristica che io trovo fantastica è la possibilità di scegliere dove andare a ricaricare, cioè dove fare il rifornimento. Per l'80% dei consumi mediamente di chi viaggia in elettrico, questo avviene o in ambito domestico o in ambito professionale, cioè in ufficio si ricarica quando l'auto è stazionata. L'80% del tempo un'autovettura è ferma, quindi è intelligente utilizzare il più possibile questo tempo, fra virgolette, morto per ricaricare la rete. Il 20% però avviene in cosiddetto itinere ed è per questo che noi stiamo cercando di aumentare il più possibile il numero delle infrastrutture di ricarica, ma soprattutto il mix, per spostarci verso quelle infrastrutture a più alta potenza che consentono di ricaricare con tempi più ridotti. Un importantissimo supporto all'accelerazione nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica per fortuna e finalmente sta arrivando dai fondi che il PNRR ha messo a disposizione per aumentare la capillarità della rete di ricarica in Italia quindi ci accingiamo a partecipare ai bandi per l'assegnazione di circa 740 milioni di euro, quindi un'importante cifra che ci consentiranno come sistema Paese di aggiungere altre 20 mila punti di ricarica. Tutto questo per dire che la scelta, perché è la scelta che ciascuno di noi deve fare sulla modalità di viaggiare per coloro che scelgono ovviamente di viaggiare in elettrico per n motivi, per siano di sostenibilità o come giustamente tu dici, perché l'esperienza di chi viaggia in elettrico è sicuramente un'esperienza molto piacevole, quello che fondamentalmente ci interessa e che abbia un'altrettanta facile e piacevole esperienza in fase di ricarica. Ecco, su questo punto io sono un utilizzatore particolare, utilizzo per lavoro molte macchine, adesso quasi tutte elettriche, ma ci sono serie di problemi. L'interfaccia utente delle app di gestione. L'altro problema grandissimo è che voi che fate infrastrutture dovete correre molto più veloce di un mercato che rischia di essere in crescita esponenziale nei prossimi mesi. Vi do un dato, nel mese scorso l'aprile ha fatto più 2.007, è vero che quei signori consegnano sostanzialmente a 2-3 mesi, quindi arriva la vagonata di macchine, ma questo in Italia, con progressioni molto alte si rischia che le 44.000 colonnine siano insufficienti velocemente, occorre correre molto più veloce di un mercato che tra l'altro è incerto di quanto potrà crescere. Io viaggio anche abbastanza, le ho viste le code, in California hai supercharger Tesla dove si carica a cannone, superveloce, immediato, ma se ci sono 20 macchine ci vuole un quarto d'ora, la gente altro la fare, anche meno tutto quello che vuoi, ti metto 10 macchine in più, non spostiamo di una virgola il problema. Come si fa a essere così veloci in infrastrutture dove anche i tempi burocratici autorizzativi sono un problema? Cioè voi potete correre, ma poi arriva il comune e vi dice no, qui non puoi metterla, devi metterla dall'altra parte. Però Mario, tutti i grandi cambiamenti richiedono uno sforzo di un ecosistema, cioè uno sforzo corale, non di una singola entità, ma di tutti coloro che vogliono operare e dare il proprio contributo. Quindi in questa logica è chiaro che è importante che ciascuno di noi faccia la propria parte, noi lo facciamo con un importante piano di investimenti in termini economici, però anche le amministrazioni devono fare una opera non solo di semplificazione, cosa che peraltro è stata già fatta, però bisogna ancora accelerare. Ma poi bisogna anche cominciare a ragionare su formule più collaborative, faccio un esempio concreto. Oggi le infrastrutture di ricarica sono perlopiù su sito pubblico, quindi sono i comuni che mettono a gara ai siti per realizzare l'infrastruttura. Per accelerare, noi ad esempio siamo andati sempre più sul suolo privato, quindi nei grandi centri commerciali, nei parcheggi, abbiamo cercato di definire, cosa che si sta dimostrando particolarmente efficace, delle forme di collaborazione con tutti coloro che hanno spazi disponibili per dotare di infrastrutture di ricarica. Faccio l'esempio, il ristorante piuttosto che l'albergo che mette a disposizione il proprio parcheggio anche per coloro che vogliono fare la ricarica magari ottengono anche una piccola partecipazione ai proventi di questo business, perché è un business in prospettiva. Vendere energia, li fiamo distribuita, ovviamente è una grande opportunità. E quindi questo per dirti che dobbiamo lavorare in maniera sicuramente molto più sinergica e dobbiamo però ricordarci che la mobilità elettrica ti dà molta più scelta, perché è vero che chi vive in città in questo momento la penetrazione delle auto elettriche preventamente nelle aree metropolitane magari non dispone di un garage, però è anche vero che alcune, quasi un terzo della nostra popolazione italiana vive in centri di più piccole dimensioni dove le unità immobiliari sono unifamiliari, quindi dotate anche di spazi per la ricarica autonoma, questa opportunità è un'opportunità anche molto conveniente, perché ricaricare in casa significa sicuramente accedere a delle tariffe, ai costi dell'energia elettrica che sono significativamente più bassi di quelle che sono in ambito pubblico anche più basse della benzina piuttosto che del diesel. Quindi lasciamo al mercato scegliere quali sono le opzioni, ovviamente facciamo in modo che il mercato possa scegliere attraverso una infrastrutturazione del paese che sia all'altezza dell'ambizione che abbiamo tutti, cioè quella di abbracciare l'innovazione che vorremmo guidare ma in questo caso magari possiamo sicuramente focalizzare su alcuni segmenti. Diceva prima Franco Bernabé il tema del riciclo, io lo tengo particolarmente a cuore perché se è vero che noi non possiamo cambiare il corso di quello che sarà l'evoluzione dell'automotive, io penso che l'industria italiana invece deve diventare un punto di eccellenza e deve comunicare perché già lo è su alcuni verticali. Quello del riciclo è sicuramente un'area su cui possiamo eccellere ma anche cosa che non si sa sulla tecnologia delle infrastrutture di ricarica. Mi piace ricordare che una delle aziende di maggiore successo in Europa è un'azienda italiana che si chiama Alpetronic che produce a Bolzano. Mi piace anche ricordare che Enel ha venduto nella mobilità elettrica oltre 230.000 punti di ricarica che fa della nostra società la terza azienda al mondo in termini di tecnologia in questo verticale. E che vendiamo in 18 paesi del mondo, quindi non voglio fare pubblicità Enel però voglio dire che c'è uno spazio come dicevamo anche per disegnare in questa grande trasformazione che deve essere disciplinata e ovviamente guidata un punto di eccellenza e di distintività per l'industria italiana come abbiamo fatto negli anni passati. Bene, aggiungerei che occorre anche una semplificazione lato pagamenti perché tutto un mondo molto bello se uno non ha a che fare con app con 14 sistemi con 7 abbonamenti perché poi diventa un po' complicatino. La situazione europea sta andando verso quella direzione. Ci vuole un sistema di pagamento, un sistema semplice, la possibilità di pagare con lo smartwatch perché so se qualcuno di voi è mai caricato un'auto elettrica sotto la pioggia armeggiando con un telefono grande così e un cavo pesante. Ci vuole anche fare benzina sotto la pioggia armeggiando con un telefono grande così e un cavo pesante. Il sistema di pagamento devono essere più semplici, immediati e rapidi. Hai perfettamente ragione. Sicuramente il tema dei sistemi di pagamento è anche quello uno degli ambiti di scelta. Il sistema di pagamento continua ad insistere sul fatto che ciascuno di noi deve avere più opzioni, pagare direttamente all'infrastruttura di ricarica oppure beneficiare di alcuni abbonamenti mensili che ci consentono ad esempio di avere il costo della ricarica definito all'inizio del mese e già prestabilito quindi consente di viaggiare in libertà o pagare a chilometro ad esempio nello sharing quindi flessibilità. E a questo ci agganciamo con Simona Benedetti, come cambia il rapporto con il mondo che produce energia? Perché l'automobile diventa un sistema di assorbimento energetico, quindi una cosa totalmente diversa, si porta dietro un accumulatore. Parto da una considerazione, quando ho letto il titolo di questo panel mi è venuto in mente una citazione di Gardini che una volta disse, sono sempre preparato allo scenario del possibile ma anche allo scenario dell'impossibile, lui fu forse il primo che in Italia parlò di combustibili alternativi. Questo perché? Perché noi abbiamo oggi che il piano Repower EU fissa l'incidenza delle fonti rinnovabili sui consumi finali l'ordine di energia del settore di trasporti al 32%. La IEA, che è l'agenzia internazionale per l'energia, alla fine dell'anno scorso ha stimato che purtroppo l'Europa non è sulla giusta strada per raggiungere questo target, che verosimilmente quindi dovremmo intorno al 2027, in uno scenario come quello attuale, cioè a politiche corrente, arrivare ad una penetrazione di circa 16-20% rispetto al 32% atteso. Quindi questo perché? Perché faccio riferimento allo scenario dell'impossibile? Perché bisogna evidentemente, come diceva prima la dottoressa Rieffa, fare uno sforzo significativo per arrivare a questo target che parte dal settore automotive e che richiede un approccio di sistema, cioè ognuno deve fare la sua parte a livello nazionale ma anche europeo. Fino ad adesso abbiamo citato un po' in ordine sparso quelli che sono, un po' le leve dei consulenti abilitanti per arrivare a questo target. Sicuramente essere compliant con quello che ci dice la regolazione sulle emissioni di CO2 dei veicoli, commerciali leggeri e dell'automobili è sicuramente un primo passo. Occorre adeguare anche le regole di funzionamento del mercato elettrico. Questo è importante affinché l'auto elettrica possa diventare, quindi ricollego la tua domanda, un sistema di accumulo. Quindi quello che poi è una batteria che è capace di restituire al sistema elettrico un servizio detto di flessibilità quando il sistema è soggetto in alcune ore a particolari stress, vale a dire quando la domanda tende a superare l'offerta o viceversa. Quindi quando c'è uno squilibrio sostanzialmente tra domande, è offerta di energia elettrica. Occorre semplificare l'iter amministrativo, occorre sicuramente fare delle politiche anche di supporto all'acquisito, occorre infrastrutturare. Però quando noi parliamo di tutte queste le leve abilitanti e poi arrivo al punto centrale della tua domanda, è come un po' se ci ponessimo nell'ottica che quell'obiettivo al 2030 fosse il nostro punto di arrivo e allora è fatta. In realtà quel punto di arrivo che segna una fine è come ogni fine segna un punto di inizio. Allora se noi proviamo a metterci in questa prospettiva immaginiamo quella fine che per inciso non è una fine apocalittica perché qui stiamo parlando di automobili e veicoli commerciali leggeri, tutto il comparto dell'autotrasporto pesante che non è elettrificabile non ha nulla a che fare con la fine del motore endotermico, lì potranno subentrare altre tecnologie altri combustibili sicuramente più sostenibili ma non certamente da decretare la messa fuori mercato del motore endotermico. Quindi se noi ci poniamo nella logica che questa fine diventa invece un punto di inizio dobbiamo però avere dietro un'idea di modello industriale. Quindi che cosa significa questo? Prima sempre la dottoressa Ripa diceva noi produciamo la quasi totalità delle nostre infrastrutture di ricarica in Italia quindi questo significa aver deciso di puntare su una tecnologia, significa anche avere accesso a una catena sostanzialmente di approvvigionamento delle competenze che permettono di supportare questo tipo di industria. Però Enel è un'azienda se vogliamo che rappresenta un unicum e che si sta concentrando su una precisa tecnologia. Noi abbiamo davanti, poiché di transizione si parla, una molteplicità di tecnologie che possono traghettare questa transizione e nessuno sta dicendo che da domani andremo tutti ad elettrico. Da un certo punto in poi la Commissione Europea ci ha detto che il vettore elettrico dovrebbe essere il principale vettore che alimenta il trasporto, ma oltre a questo abbiamo il biometano per esempio, abbiamo gli fuel. All'Italia sarebbe il compito di capire su quale tecnologia puntare, su quali segmenti della filiera puntare. Questo però implica, se io faccio un ragionamento di politica industriale, anche avere ben chiaro che se io voglio sviluppare a casa mia e creare quindi valori aggiunto, altrimenti finiamo col fare come per gli impianti rinnovabili, cioè che ci facciamo produrre pannelli fuori dall'Italia, non creiamo valore e quella fine non rappresenta nessun punto di inizio. Quindi questo significa in primo luogo riflettere su due elementi fondamentali, una volta che io ho capito quali sono le tecnologie a cui voglio puntare. Il tema della supply chain e qui arriva tutto il tema dei minerali critici. Noi oggi sappiamo che per fare un'auto elettrica servono litio, cobalto, ma servono anche rame, acciaio. Sappiamo benissimo che la gran parte dei minerali critici viene prodotto e messo sul mercato dalla Cina, in seconda battuta dagli Stati Uniti, il paese Australia e altri paesi. Dopo la crisi energetica l'Europa è diventato un soggetto politico che sul piano della geopolitica dei mercati globali è decisamente secondario. Oggi i mercati globali sono contesi da Stati Uniti e da Cina. Noi siamo dipendenti dagli Stati Uniti per quanto riguarda il gas, da oggi in polio saremo sempre di più, iniziamo ad essere dipendenti dalla Cina per quanto riguarda i minerali critici. Questo quindi ci deve anche spingere a fare un po' ragionamento su quelle che sono le risorse dentro casa nostra. Noi in Italia abbiamo circa 3.000 siti minerari che potremmo sfruttare, abbiamo per esempio un sito di titania importante in Liguria, abbiamo anche dei depositi di cobalto e così via, certamente non sviluppano tutta la capacità di cui abbiamo bisogno, però sono sicuramente un'espressione di una volontà di avere dietro un disegno industriale. In ultimo il tema delle competenze che per me è quello più importante. Oggi leggevo sul Carriere della Sera che l'Italia è il secondo paese in Europa, scusate cito un giornale concorrente però diciamo è il primo che ho nella rassegna stampa quando l'apro, perdonate. Comunque Eurostat ci dice che l'Italia è il secondo paese dell'Unione Europea dove c'è la più alta percentuale di giovani tra i 19, 20 e tra i 15, 29 anni che non studiano e non lavorano, dove il 20% è rappresentato da ragazze, c'è questa percentuale per il 20% rappresentato da ragazze e il 17% da ragazzi. Ma oltre a questo, se noi guardiamo ai dati hoxe, quindi cito la sede dove siamo, ci rendiamo conto che l'Italia è il terzo paese europeo dove c'è un disalineamento tra competenze che escono dal sistema scolastico e competenze richieste dal sistema industriale. Quindi questi sono i temi che noi dobbiamo affrontare se vogliamo che quella fine rappresenti effettivamente un punto di inizio, tenendo ben conto che si tratta di una transizione. Ecco, proprio su questo punto, sul tema della competenze dei giovani, mi riaggancio. Esperienza personale, l'anno scorso, mi sembra proprio di questo periodo, Volkswagen, il gruppo, ha posato la prima pietra della... No, non è il mio, è di qualcuno altro. Ha posato la prima pietra della Gigafactory prima di sei in Europa per produrre batterie per le loro autoelettriche partendo dalle singole celle, quindi partendola alla chimica, non assemblando pacchi di batterie che arrivano da BYD, da Panasonic, da Sony o da CITL. Quando abbiamo visitato questa fabbrica, l'età media degli ingegneri e dei chimici mi avevano detto che era 23 anni. C'erano ragazzi di un signore ingegnero che stava sviluppando il nuovo modulo delle batterie che vedremo sulla prossima piattaforma di autoelettriche di quel gruppo, che aveva 25 anni. Cioè, questa è la distanza siderale che mi preoccupa. Su questo do un altro dato che, sempre guardando i dati OXE, se si guarda quello che è il fabbisogno di competenze, quindi lo short, dove ho più fabbisogno di competenze, è proprio il settore delle professioni legate alla chimica, nel settore manufacturiero in particolare, legate all'ingegneria e legate a tutte le competenze tecniche. Un'ultima battuta e poi veramente chiudo. Il tema della decarbonizzazione, il tema del motore endotermico, è un tema europeo. È un tema che l'Europa però deve affrontare come tale. Noi abbiamo di fronte due paesi, gli Stati Uniti e la Cina, che hanno stanziato enormi, enormi risorse, miliardi e miliardi di dollari, al sostegno delle industrie cruciali per la transizione energetica. L'Europa da noi che cosa ha fatto? Ha adottato un quadrotempo eranio in materia di aiuti di Stato, nel quale sostanzialmente si dice agli Stati membri spendete come vi pare, diciamo, sostegno di questa industria, però con i soldi vostri. E questo chiaramente non fa che aumentare la divergenza nel percorso di transizione di qualità energetica degli Stati membri, ma rende ancora più debole l'Europa proprio sul mercato globale. Quindi questo è un altro tema secondo me da tener presente. Bene, concluderei con un punto. Noi parliamo sempre di automo... eh? Adesso lo facciamo. Software e microchip, che è un punto che ci siamo persi in Europa da anni. Software non lo sappiamo fare, probabilmente non lo faremo mai, ci stanno tentando alcune case autonomistiche con fortune terribili, tant'è che una divisione intera del gruppo Soswagen è stata il mese scorso azzerata perché produceva dei prodotti terribili. Quindi a noi manca quella spinta dell'alto contenuto cognitivo, che io spero venga ripresa all'interno, soprattutto nel mondo dei servizi, la nobilità del service. A questo punto, a furor di popolo, le domande. Salve. Ma per quanto riguarda i mezzi pesanti, c'avete parlato solo di auto elettriche, ma per quanto riguarda scavatori, camion, c'è una deroga per quel tipo di mezzi? L'ho detto prima, mi spiace di non essere stata sufficientemente chiara. Noi oggi qui parliamo di automotive, perché il regolamento europeo che stabilisce dal 2035 la fine del motore endotermico riguarda le automobili e i veicoli commerciali leggeri. Per l'autotrasporto pesante non è previsto questo pane, ma non potrebbe essere diversamente, perché sarebbe efficiente al momento elettrificare anche quel tipo di utilizzo. L'automotive fino a 35 quintali ha delle problematiche ma risolvibili. Grosso camion, un tir elettrico, impone le batterie di dimensioni notevoli. Arriveranno però con calma, né si può imporre una transizione energetica immediata a questo tipo di mezzi. Discorso analogo anche per l'aviazione. L'aereo elettrico è abbastanza una chimera, non si può pensare di avere un aereo che decolla e pesa 200 tonnellate e riatterra pesando 200 tonnellate, perché un aereo quando atterra ha svuotato 50 tonnellate di carburante. E' un mondo complicato, l'automobile è più semplice. Paradossalmente invece il trasporto superleggero, moto e scooter, ancora resistono per gli alti costi. Quando le batterie costeranno poco, probabilmente anche quel trasporto superleggero, un po' come i monopatti, sarà abbondantemente elettrificato. Ci sono altre domande? Buongiorno, io ho un po' l'impressione di sentire discorsi non troppo innovativi, nel senso che mi sembra di essere nel periodo in cui è stata inventata l'automobile che va alla forma di una carrozza a cui è stato applicato un motore. Il professor Knopfler dell'Università di Vienna 15 anni fa faceva un video che trovate online in cui girava con delle bretelle a cui era attaccato una cornice di 2 metri per 4 e coi suoi studenti si presentava ai semafori. Ora se voi guardate con qualsiasi flusso di pendolari la mattina di una città trovate un sacco di automobili con una singola persona a bordo. Ora mi chiedo, portarsi a spasso due tonnellate di peso per portare in giro una sola persona, è veramente così intelligente o forse non lo so? E altra cosa è vedere sull'autobrennero la colonna di tir uno in fila all'altro, non a caso autotreni, con l'autista stanco, ma anch'io guido stanco e stasera quando torno a Bolzano nella mia città mi piacerebbe anche fermi un bicchiere e non dover fare a bimumba la mia compagna per chi se lo beve. Perciò non so l'innovatività e un po' di intelligenza che non deve essere per forza artificiale se ci può portare da qualche altra parte, oltre al mobility as a service che chiaramente è già un concetto che dà qualcosa. Allora io mi tolgo dai 50 anni fa e passo la parola a chi mi sta vicino. Ma la risposta c'è, lei dice, perché spostare due tonnellate di peso di cui una tonnellata di batteria per una persona? La risposta è al trasporto pubblico. Però in Italia abbiamo un grosso problema perché il nostro trasporto pubblico rispetto al resto dell'Europa è inefficiente, costoso e scomodo. Quindi per quello che riguarda i camion si sta pensando all'idrogeno liquido. L'idrogeno liquido poi finisce per essere, anche l'idrogeno liquido, un sistema di propulsione elettrico, perché l'idrogeno liquido nelle fuel cells si trasforma, si combina con l'aria e quindi restituisce energia elettrica che alimenta poi il motore elettrico. Questa è la soluzione a cui si pensa per il trasporto pesante. Volevo però fare poi chiudo una considerazione. Io non sono un operatore del settore, sono solo uno studioso. La questione che io mi pongo è perché l'Unione Europea, perché noi diciamo sempre Europa ma in effetti parliamo dell'Unione Europea, fa questo sforzo in mani che costerà per la sostituzione del parco circolante 7.000 miliardi. Esatto. E lascerà sul terreno, come ci diceva bene il Dottor Bernabé, morti e feriti, tra cui l'Indux Italiana. Questo sforzo in mani che significato ha quando nel resto del mondo, come ha detto Luca De Meo, per l'auto elettrica si prevedono solo incentivi e nessuno pensa di vietare l'auto a combustione interna? Alla fine, perché noi? E che cosa potremmo fare con 7.000 miliardi? Potremmo fare ad esempio quel piano Marshall per l'Africa, di cui si parlava tempo fa e di cui nessuno parla più. E che sarebbe molto utile anche per l'Italia. Assolutamente così. Purtroppo i carburanti fossili continuano ad aumentare. Negli ultimi 10 anni ha aumentato il consumo dei fossili del 68%. L'Europa ha ridotto il consumo dei fossili del 30%. L'Europa ha fissato un obiettivo, che è il Fit for 55, che prevede di fare in 10 anni quello che è stato fatto negli ultimi 30 anni. Quindi con un'accelerazione pazzesca, mentre tutto il resto del mondo va in un'altra direzione. Ora io dico, certamente noi dobbiamo ridurre l'impatto carbonico, perché questo è un must. Non dico per la sicurezza dell'umanità, perché io non sono della teoria catastrofista. C'è un problema che va affrontato con le regole della scienza e della tecnologia, ma deve essere compatibile con gli altri obiettivi, gli obiettivi sociali, gli obiettivi di crescita, gli obiettivi di equità anche. Perché oggi chi si può permettere l'auto elettrica? Poi è vero che l'auto elettrica scenderà, perché onestamente le batterie e quel pezzo di ferro che gli va intorno non possono costare quanto un oggetto complesso come l'auto termine. Quindi le auto elettriche saranno molto più diverse. Però la vera innovazione nasce da un uso completamente diverso dell'automobile, perché io devo dire, io sono unitizzatore della bicicletta, vado in bicicletta elettrica. A Roma, dove ho l'esperienza e faccio mille chilometri all'anno con la bicicletta elettrica, è un incubo, perché le strade non sono fatte per quello, la paimentazione non è fatta per quello, il rischio è enorme. Quindi deve essere affrontato il teba, non tanto in termini di sostituzione dell'auto termina con l'auto elettrica, ma con un uso completamente diverso dei sistemi di esporto. C'è il trasporto pubblico dove sappiamo quali sono i problemi, c'è il trasporto individuale. Perché in Cina lo sviluppo non è avvenuto prima di tutto con l'auto elettrica, ma è avvenuto con il two-wheeler e il three-wheeler, cioè quello che hanno fatto i cinesi già 10-15 anni fa era accelerare enormemente l'introduzione delle motociclette elettriche. Infatti se voi andate in Cina oramai di motociclette a due tempi, come ci sono ancora quelli che girano in città da noi, non ce ne sono più. Anche perché lì non si respirava con i due tempi, era un mondo un po' diverso, fatte cataste. Mi sembra che ci sia Alberto che sia friggendo. Infatti il tema del trasporto pubblico locale si presta molto bene all'elettrificazione. Non è che dobbiamo andare troppo lontano per vedere quello che stanno facendo i paesi del Nord Europa, ma anche i paesi del Sud America, Santiago del Cile, tutti gli auto stanno diventando elettrici. Quindi un grandissimo contributo lo si può dare sul trasporto pubblico locale proprio per la natura stessa del trasporto, che si ricarica prevalentemente durante le ore notturne e si utilizza nelle ore di diurne. Quindi ci sono grandissime opportunità che noi possiamo sviluppare, ma questo presuppone sicuramente un'apertura all'innovazione e non una difesa, diciamo così, all'altranza dello status quo, che mi sembra ormai già evidente che sia storia del passato. Quindi io condivido e mi piace sentire proprio le conferme da parte dei ragazzi che sono qui, veramente rappresentati in grande quantità, perché forse dovremo ascoltare loro per capire dove dobbiamo andare nei prossimi anni. Buongiorno, vi ringrazio molto per questo dibattito interessante. Da quello che è uscito sembra che questo obiettivo del 2035 sia molto sfidante per tutta l'Unione Europea. E' soprattutto un obiettivo che non possiamo raggiungere da soli, perché ci vuole l'Itio e l'Itio in Europa praticamente non c'è. La stragrande maggioranza del l'Itio si trova in Cile e Australia e mentre l'Unione Europea annunciava questo obiettivo molto sfidante, il Cile adesso sta nazionalizzando le miniere di l'Itio. Quindi mi chiedo che rapporti abbiamo con Cile e Australia e qual è il piano di sviluppo anche nei confronti della materia prima necessaria per poter permettere la realizzazione di questo obiettivo qui. Grazie. Io ho un'accenno di risposta non tecnica, per cui mi scuso. L'Itio è presente su tutta la crosta terrestre. È gravemente impattante l'estrazione, per cui abbiamo deciso di non estrarlo in Europa. 1. 2. Le tecnologie per fare accumulatori sono in evoluzione, per cui io oggi non prenderei mai un'opzione call su dell'Itio a 10 anni, perché non sono per nulla convinto che sarà necessariamente l'Itio. Potranno esserci, come in realtà già ci sono, non a livello industriale ancora, o forse sì per un modello cinese che utilizza l'uro di sodio per gli accumulatori. La cosa bella della chimica e la cosa bella dell'auto elettrica è che al di là del fatto che il motore finale, il motore elettrico, la cui componentistica, ha una leadership italiana a livello globale, la cosa bella è che la parte di accumulatori potrà variare, varierà e avrà un'evoluzione secondo me sorprendente. Così come vorrei essere ottimista sul fatto che, se è vero che noi abbiamo la signora Rottermeier, che è l'Europa che ci impone una dieta fortissima sulla CO2, è abbastanza probabile che ci farà essere fit for 55. Potrebbe essere che questa norma, oggi dura, forzi un'evoluzione industriale che potrebbe portarci in una posizione di leadership, anche se sicuramente ci aprirà all'importazione di ulteriore prodotto, almeno all'inizio da parte della Cina. Questa è una considerazione che credo che sia giusto fare, per cui sul litio non è necessariamente così, si può estrarre, non è necessariamente vero che ci servirà il litio per i prossimi dieci anni. Aggiungo e concordo perfettamente con l'idea che l'evoluzione delle batterie sarà veloce, rapida e consistente, rapida nei tempi dell'automobile, perché l'automobile non è una borsetta o un cellulare, è un oggetto complesso. Quando viene introdotta una tecnologia, va sperimentata, perché a bordo dell'auto ci sono delle persone, e anche l'affidabilità è fondamentale. Per cui già le tecnologie le vediamo, alternative al classico e io nel litio. Bisogna dare tempo all'industria e anche sostegno, perché questa evoluzione possa venire in un modo che sia affidabile e consistente. Sì, una breve battuta, ma in un certo senso lei già ha detto tu, noi abbiamo la cattiva abitudine, ma questo è il nostro bias cognitivo di immaginarci il futuro attraverso un modello fisso, ossia che la realtà di oggi sarà esattamente uguale domani tra i cinque anni. In realtà non è così, perché l'esempio del costo delle batterie è emblematico, ma anche per esempio della costruzione di pannelli fotovoltaci. Passano gli anni e questo costo si abbatte, perché c'è un processo di innovazione che favorisce a solta dell'economia di scala. Ovviamente a capo di tutto questo c'è sempre la competenza dell'attività di ricerca. Non vorrei aver capito male, ma ho sentito che nei prossimi anni si prevede di passare da un parco auto di 40 milioni di vetture a 30 milioni. Non ho capito qual è la motivazione di questa diminuzione così forte del parco auto italiano. Sulla base dello studio che porta queste indicazioni ci sarà una riduzione del numero di auto di proprietà e un aumento delle auto in sharing, con una maggiore efficienza di utilizzo che determina quindi una riduzione del parco circolante. Direi che possiamo concludere. Io vi ringrazio e alla prossima. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti.
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