Studi professionali e nuove tecnologie
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E poi ci raggiungerà tra poco Gaetano Stella che è Presidente di Conf Professioni, il sindacato, anzi l'unione dei sindacati dei liberi professionisti. Bene, ci accomodiamo, è un grande onore aprire questa edizione del Festival di Trento, che parla del futuro del futuro, per noi è un privilegio, credo per tutte noi, parlare di fronte a tanti giovani, a tanti ragazzi che stanno facendo l'ultimo anno delle superiori, in particolare, se non va d'errato, un istituto tecnico commerciale di Bolzano. Allora abbiamo questa mattina un po' un privilegio, ma anche l'onore, di cercare di spiegare che cosa possono offrire le professioni a giovani che si accingono a scegliere quello che sarà il loro futuro professionale, l'università o forse qualche altro sbocco all'interno del mondo lavorativo. Che cosa significa fare la libera professione? Cercheremo di spiegarlo brevemente, anche se questo non è proprio il tema, cercheremo di coniugarlo con una delle valenze che le professioni devono sposare, cioè il fatto di dover sfruttare le nuove tecnologie. Le professioni, quelle dei dottori commercialisti, degli avvocati, dei consulenti del lavoro, che lavorano autonomamente, hanno i loro studi e risolvono i casi dei loro clienti, hanno da tempo aperto alle nuove tecnologie. Basti pensare che i dottori commercialisti sono stati protagonisti, probabilmente un po' controvoglia, un po' forzati negli anni novanti ormai, di una serie di adempimenti imposti dall'amministrazione fiscale che ha imposto loro di trasmettere i dati delle dichiarazioni dei contribuenti, dalle dichiarazioni più semplici, delle 7.30, fino alle dichiarazioni delle società o adesso anche le fatture. Bene, questa digitalizzazione forzata in qualche modo è stata da prima subita. Bisognerà vedere, e lo vedremo con la Presidente Menini, se questa digitalizzazione forzata sia anche trasformata in un'opportunità di crescita degli studi poi cercheremo di capire, in un ambito molto particolare, anche molto delicato, come quello della giustizia che è rappresentato dall'avvocato Patrizia Corona, come la digitalizzazione, come Internet, come il fatto che il processo diventi sempre più smaterializzato e telematico, come questo comporti, come questo cambi la domanda e soprattutto il servizio di giustizia come questo possa anche eventualmente incidere sui diritti. Io inizierei con due considerazioni generali. Intanto gli studi professionali in Italia sono delle realtà molto variegate. Ci sono pochi grandi studi, relativamente pochi, moltissimi studi piccoli, molto parcellizzati, con magari il titolare, un dipendente. Questo non significa che gli studi, quelli piccoli, siano residuali. Alcuni sono di nicchia, ma hanno anche grandi eccellenze. Però è una verità che negli studi piccoli si fa più fatica a trasformare quella che è la digitalizzazione, l'uso dei programmi, l'uso dei software, a trasformare questo processo da elemento, diciamo, magari per cercare di rendere più efficiente l'attività di studio, che ne so, fare la parcella al cliente in modo ordinato, in modo strutturato, in modo anche ben cadenzato nel tempo, si fa fatica a trasformare la digitalizzazione in uno strumento per magari leggere in modo più intelligente la marea di dati che i professionisti si trovano a maneggiare anche da parte dei loro clienti. Io inizierei con la dottoressa Laderchi. La dottoressa Laderchi, le chiedo un po' di spiegare brevemente che cosa fa. È un edunter un po' particolare, perché mi sembra che lei si occupi soprattutto di trovare grandi professionalità a servizio di grandi studi professionali, quindi persone dotate di grande competenza, persone dotate molto mature dal punto di vista professionale. Come è cambiato il mercato, dottoressa Laderchi, in questi anni? Se è possibile, illustri un po' quella che è la sua attività rispetto anche a quello che potrebbe attendere tra qualche anno questi ragazzi. Grazie, dottoressa, grazie a tutti. Sono onorata intanto di essere qui oggi sono felice di vedere di fronte a noi una platea di giovani. La dottoressa mi ha posto questo difficile quesito relativamente al futuro delle professioni. Io spendo due parole per raccontarvi, se posso, quale è stata la mia esperienza in questi 20 anni di ricerca e selezione del personale esclusivamente nel mondo delle professioni. Io, da quando ho iniziato a svolgere questo mestiere, quotidianamente effettuo colloqui a giovani o persone meno giovani destinate proprio al mercato delle libere professioni, sia esso uno studio legale, quindi un'attività, ovviamente, relativa esclusivamente all'avvocatura, piuttosto che all'attività di dottore commercialista o direi altre libere professioni attinenti a questo tipo di realtà. Devo dire che nel corso di questi anni di mestiere posso dirvi con grande gioia che, a mio parere, l'attività libero professionale è una delle attività maggiormente soddisfacenti dal punto di vista personale, oltre che professionale. Ho qui due carissime eminenti colleghe che certamente possono in questo senso supportare la mia indicazione. Considerate, soprattutto persone giovani come voi, che un tempo svolgere la libero professione ra per la nostra generazione un titolo di vanto. Tanto è vero che l'utilizzo della parola sono un avvocato e sono un dottore commercialista ci dava l'idea di come non si interpretasse il mestiere faccio l'avvocato, faccio il dottore commercialista, ma lo sono. In che senso? Nel senso che l'identità personale e quella professionale rano assolutamente sovrapponibili. E qui entro, se mi permette la nostra moderatrice, in una tematica relativa ai valori, al senso del lavoro. Vorrei condividerlo proprio con voi perché una platea di giovani in questo senso mi aiuta maggiormente anche a capire come si è cambiato nel corso degli anni la percezione del lavoro, il senso del lavoro stesso. Io oltre a questa attività di selezione che vi indicavo ho anche la fortuna e l'onore di ricoprire un piccolo incarico accademico all'Università Cattolica, al master in diritto tributario. Mi trovo quindi quotidianamente di fronte a giovani che hanno già compiuto una scelta relativamente alla passione in questo caso per il diritto tributario quindi si affacciano alla professione. Vi posso dire che in questi anni ho verificato un cambiamento, dicevamo, dal punto di vista di come interpretare il lavoro. Poco fa con le colleghe che sono qui accanto a me si ragionava su come cercare di attrarre giovani talenti nuovamente alla professione ma purtroppo effettivamente in questi anni abbiamo registrato al nostro malgrado un numero, diciamo, di giovani interessati a svolgere la professione molto più basso rispetto ad anni fa quando ho iniziato a svolgere questo mestiere. Ed è doveroso per la nostra generazione, per noi, che ci occupiamo di selezione e di formazione per i professionisti che operano diversi titoli in questo settore ma che a maggior ragione gestiscono studio hanno comunque i ruoli di responsabilità, domandarci il perché. Il perché ci sia questa penuria o crisi di vocazioni. Io oggi vorrei, contrariamente magari a quanto ci si aspetti, spendere una parola di ottimismo in questo senso. Io sono convinta che la professione sia un futuro per i giovani estremamente interessante. Perché? Perché le professioni sono cambiate. La dottoressa De Cesari poco fa ci diceva che l'introduzione delle nuove tecnologie certamente ha modificato continuerà a modificare in senso positivo, ne sono convinta, la professione o le professioni. In questo senso ritengo che la parte di attività che l'intelligenza artificiale e le nuove tecnologie andranno a svolgere all'interno degli studi sarà un'attività che presumibilmente libererà il giovane e meno giovane professionista da tutta una serie di mansioni, per così dire, più routine, più basse, meno interessanti che sono ciò che spesso trattiene anche i giovani dall'approcciarsi alla professione. Allora, con la dottoressa, a volte i giovani che si affacciano per esempio all'attività di fiscalista o in generale all'avvocatura all'attività forense hanno un po' un'idea per così dire mitica del lavoro quindi ci si aspetta di svolgere sempre l'attività maggiormente interessante, maggiormente stimolante. Purtroppo, consentitemi, a qui chiudo perché so di aver già sforato i tempi, la libera professione è un'attività che richiede impegno, pazienza e sacrificio. Mi voglio focalizzare soltanto sulla parola pazienza. Quando si è giovani la pazienza probabilmente non è un aggettivo che si riesce ad attribuire a se stessi. La professione certamente richiede pazienza, un orizzonte a lungo termine in cui il presente rappresenta un investimento, un investimento su se stessi in termini futuri. Voi oggi, voi giovani avete questa fortuna, avete la tecnologia dalla vostra parte ed è vostro dovere, oltre che vostro diritto, saperla utilizzare al meglio affinché la professione futura vi liberi da una serie di attività più noiose e più tradizionali, affinché possiate svolgere la parte certamente più interessante della professione. Mi permetto di completare quello che lei diceva su quelli che sono i requisiti, le doti per la professione. La professione però implica anche creatività forse la digitalizzazione in questo senso, come lei diceva, può liberare tempo, può liberare energie proprio per esercitare la creatività, evitare appunto o comunque restringere quelle attività molto rutinarie che appunto sono anche più noiose. Volevo chiederle questo, lei come cacciatrice di teste, cacciatrice di cervelli, che cosa chiedono gli studi più affermati ai giovani, ai giovani magari da, come dire, che hanno già un'esperienza alle spalle magari hanno una solida preparazione in un campo specialistico. Che cosa si chiede? Grazie per la domanda, dottoressa. Posso dire che i grandi studi in questo momento sono alla ricerca di giovani motivati, motivati alla professione, a prescindere dalla preparazione tecnica che vogliamo dare per scontata, nel senso che naturalmente quando ci si affaccia verso una determinata professione è chiaro che si debbono già aver acquisito a priori tutta una serie di competenze, di conoscenze di base. Insisto su un altro elemento, l'aggiornamento professionale la capacità di autoformarsi nel corso della professione. Anche questa è una tematica che abbiamo condiviso poco fa che credo sia la chiave di volta del successo professionale per chi decide appunto di intraprendere la libera professione. Una solida formazione di base, ma poi la capacità di innestare nuove competenze sulla formazione che si acquisita all'università. Quindi all'università si deve acquisire un metodo una formazione di base molto strutturata. Assolutamente, in più aggiungere, se mi consentite, visto che la nostra tematica è legata alle nuove tecnologie, naturalmente anche un'apertura nei confronti di qualsiasi innovazione di tipo tecnologico ci si troverà a dover affrontare nel corso della propria vita professionale, considerandola un'opportunità. Ecco, anche su questo mi permetto di dire che le nuove tecnologie a volte vengono interpretate anche come un rischio professionale. Ci siamo sentiti dire anche in quest'ultimo periodo molto spesso che le professioni potrebbero essere suscettibili di una riduzione perché una parte di attività verrà svolta dalle nuove tecnologie. Il problema dell'intelligenza artificiale, no? Esatto, esatto. Io personalmente ho una condizione. Magari ecco, se vogliamo affrontarlo più tardi, io credo che questa sia una tematica importante per i più giovani che certamente sono anche molto sensibili in questo senso a una tematica certamente rivolta verso una nuova interpretazione il futuro professionale. Dottoressa Menini, dicevamo che soprattutto gli studi dei dottori commercialisti sono stati protagonisti e sono stati parte attiva della digitalizzazione dell'informatizzazione dei dati nella pubblica amministrazione. Oggi l'Agenzia delle Entrate ha una notevolissima serie di banche dati in gran parte o comunque in larga parte fatta di dati che trasmettono coloro che si chiamano intermediari fiscali, tra cui anche i commercialisti. Ecco, come è cambiato negli studi dei commercialisti l'approccio alle tecnologie dagli anni novanta ad oggi c'è adesso il tentativo di utilizzare la tecnologia in modo che sia di supporto ad un'attività molto più elevata che è quella della consulenza? Sì, buongiorno a tutti. Buongiorno a tutti. Anzitutto un ringraziamento agli organizzatori perché è importante anche per me che rappresento un ordine professionale di provincia, la provincia di Treviso che conta 1600 commercialisti, ssere qui a testimoniare dei messaggi che posso condividere con lei con gli altri ospiti di questa intervista. Ci sono messaggi su appunto il ruolo della nostra categoria in questa era, in questa era digitale che come abbiamo visto sta trasformando il modo di vivere, il modo anche di condurre le nostre professioni. La tecnologia da un lato porta delle semplificazioni, però ogni volta che c'è un passaggio, c'è un cambiamento, ci sono delle complessità. La complessità è stata proprio per noi studi di commercialisti quella di gestire quello che è stato proprio il passaggio, la trasformazione digitale. E devo dire che appunto come in Italia ci sono 120 mila commercialisti quasi l'80-85% come ricorda il nostro Presidente dei dati elaborati e trasmessi nei canali del fisco sono frutto di attività degli studi professionali. Quindi si può dire che noi commercialisti abbiamo contribuito alla digitalizzazione del fisco italiano. E questo ovviamente ha portato a delle difficoltà perché ogni volta che c'è un cambiamento c'è innanzitutto, mi consentite di dire, una resistenza al cambiamento, una insofferenza al cambiamento è un atteggiamento umano, quello di contrastare. Non si può fare, è troppa fatica, troppa spesa. Troppa spesa perché il cambiare le cose vuol dire non fare più quello che si era abituati a fare, magari con efficienza. Per cui l'impatto è quello di contrastare un po' il nuovo. Perché poi la digitalizzazione ha cambiato probabilmente le modalità di lavoro nello studio e i tempi di lavoro di una determinata procedura. Assolutamente, innanzitutto il fatto di dover trasmettere dei dati in maniera diversa ha comportato degli investimenti per gli studi in termini di strumenti per poter fare queste attività. Un passaggio importante è che gli strumenti sono la base che poi però deve essere adattata ad ogni fattispecie. Questo è una cosa importante, perché l'intelligenza artificiale produce le tecnologie, delle informazioni in modo diverso che però non possono essere prese senza un adattamento al contesto in cui ci si trova. Dobbiamo essere padroni e dominare le tecnologie. Quindi i commercialisti hanno contribuito, questa è una cosa importante, alla digitalizzazione del fisco perché la montare dei dati trasmessi, se pensiamo, dagli anni 2000 in cui sono dati che ha riportato il nostro Presidente o si trovano nel sito dell'agenzia delle entrate. Da 45 milioni di dati di trasmissioni nel 2020 si è passati a 201 milioni di dati trasmessi e elaborati nel 2022 per arrivare a 111 milioni solo nei cinque mesi del 2023. Quindi trasmissioni delle dichiarazioni, le fatture elettroniche, un mondo nuovo che ha creato delle difficoltà iniziali ai nostri studi. Però la cosa importante è avere una visione nel futuro il fatto che non possiamo contrastare le tecnologie ma dominarle in maniera ottimistica sfruttare quello che c'è per poi liberare del tempo per svolgere attività a maggior valore aggiunto. Questo è un po' il nocello della questione. Rivista oggi l'esperienza di questa digitalizzazione forzata, come va letta? Intanto il processo di digitalizzazione non si è concluso ma è in continua evoluzione ormai non si arresterà più. Non dimentichiamo che la stessa politica, i governi e le istituzioni promuovono la digitalizzazione. A gioco forza non è una cosa che possiamo contrastare assolutamente. I fattori che hanno portato ad una evoluzione della digitalizzazione negli studi sono un po' gli stessi percorsi che possono essere applicati alle imprese di piccole e medie dimensioni. Quindi è necessario che ci sia e c'è stato un cambiamento culturale, quindi la comprensione dell'importanza di utilizzare nuovi strumenti. Nello stesso tempo l'umiltà di affrontare nuovi strumenti, nuove organizzazioni all'interno del proprio studio come all'interno delle aziende e la capacità di selezionare gli strumenti più adeguati. La cosa importante è la capacità di scegliere, perché c'è una elevata offerta formativa di strumenti, scegliere gli strumenti adeguati. E qui torna il concetto che la tecnologia può migliorare delle attività, ma a mio avviso non si potrà mai sostituire al fattore umano. Il fattore umano che sa scegliere la tecnologia corretta, adatta se vogliamo all'impresa ma anche allo studio. Io parlo ovviamente per i commercialisti, ma commercialisti che come professionisti devono interagire con le imprese ma anche con gli altri professionisti. Questo è un fatto molto importante. Questo è molto interessante, perché soprattutto dopo il Covid, probabilmente tutti noi abbiamo capito come le nuove tecnologie possano diventare uno strumento di comunicazione per facilitare le comunicazioni. Questo lo si è visto con l'esplosione della formazione online, la didattica a distanza, ecc. Ma è stato così a scuola ma anche al lavoro. Rispetto al fatto di mettere in comune le competenze da parte dei professionisti, la digitalizzazione, che cosa può comportare? C'è sempre il bisogno di, si parla sempre che il tessuto degli studi professionali italiani è un tessuto fatto un po' di monadi. Ecco, adesso si sta creando una rete grazie alle nuove tecnologie. Credo sia arrivato tra l'altro Gaetano Stella, presidente di ConfProfessioni, che poi aspettiamo qui. Ecco beh direi sicuramente sì, la rete diventa necessaria. Ritornando al fatto che per me è un'occasione quella di parlare anche a un pubblico di giovani, è importantissimo perché gli studi professionali devono fare, ecco il concetto di rete, rete tra professionisti, commercialisti. Cosa significa mettere insieme le competenze? Vuol dire avere la comprensione che il modo di fare, il mondo è diventato più complesso, quindi l'attività di impresa più complessa. Quindi è necessario che ci sia un team di competenze trasversali per l'utilità dell'impresa, per trasmettere all'imprenditore la possibilità di fare delle scelte più adeguate in un mondo più complesso. Quindi questo non vuol dire, ecco questo è importante, che da Banoesta ci sono studi professionali di grandi dimensioni, perché è possibile fare rete anche tra studi individuali. Questo è un concetto importante, tra studi individuali che possono interagire col mondo degli avvocati, ma anche con i tecnici che elaborano e producono i sistemi che poi le imprese utilizzano per la raccolta dei dati. Perché ecco, la raccolta dei dati obbliga a noi, diciamo, consulenti a una verifica del dato che è molto importante, la verifica e la certezza del dato. Non abbiamo ancora parlato del ruolo del professionista sull'affidabilità del dato, del dato che trasmette o del dato che in qualche modo conserva per il proprio cliente e che tesorizza anche per il proprio cliente. Sì, perché c'è, allora, le tecnologie da un lato semplificano delle attività, sempre per il discorso che diceva anche la collega, la semplificazione ti consente di risparmiare del tempo su certe attività per svolgerne altri a maggior valore aggiunto. Però la tecnologia produce anche una complessità, la complessità di molti dati, molti dati che devono essere gestiti correttamente, altrimenti dati non gestiti correttamente provoca dei danni, dei danni importanti, dei danni nel fatto che anche possono sfuggire al controllo, possono essere rubati e qui c'è tutto il tema della cyber security e comunque della privacy. Quindi l'intelligenza artificiale e le nuove tecnologie semplificano da un lato, da un altro lato complicano molto qui c'è il ruolo, ecco, nostro, io parlo per... Quindi negli studi entrano anche, negli studi per esempio dei commercialisti o degli avvocati, ntrano anche degli altri professionisti come diceva lei, cioè l'esperto di privacy piuttosto che l'esperto di cyber security. Esatto, e qui allora ecco se vogliamo allargare il concetto di rete, io vedo una rete anche, poi mi dica se ne vogliamo parlare dopo, ma una rete tra i giovani, i giovani futuri commercialisti e i commercialisti che hanno anni di esperienza alle spalle. Questo è un mix, il mix tra i giovani che possono dedicarsi a così studiare o d'approcciare le nuove tecnologie insieme all'esperienza di chi ha anni alle spalle di collegamento con un network di imprenditori, rende la professione una professione anche creativa, bella dal punto di vista anche delle relazioni. L'affidabilità del dato e quindi del ruolo del professionista nel controllare che il dato sia un dato, tra virgolette, pulito. L'altra faccia di questa possibilità è il fatto che il dato possa servire per dare al cliente, all'impresa un servizio più adeguato, un servizio anche mirato alla consulenza, quindi diciamo anche a consentire all'impresa di cambiare, di evolvere, di rispondere a bisogni molto più complessi rispetto al fatto faccio un addempimento fiscale, cco perché il commercialista non è solo colui che fa gli addempimenti fiscali. Cioè assolutamente, questo è una cosa importantissima, il fatto che i giovani non si affaccino alla nostra professione è probabilmente per la motivazione che non comprendono in che cosa consiste la professione del commercialista, che non è solo il consulente che si occupa dell'elaborazione dei dati, no assolutamente, ma è un insieme di alte attività che possono essere declinate in moltissimi aspetti proprio per il fatto che ci sono diverse attività come anche la, adesso qui non posso elencarle tutte, però esattamente non è solo il calcolo delle imposte ma l'organizzazione dell'azienda, il rapporto con i fornitori, proprio l'organizzazione degli adeguati asseti organizzativi, ecco questo è un tema importante. Il fatto che l'impresa sia perfettamente in grado di essere in continuità e di poter in qualche modo assicurare in un arco temporale predeterminato il fatto che continuerà ad esistere e a svilupparsi. Avvocato Patrizia Corona, parliamo di digitalizzazione e giustizia. Noi abbiamo assistito ad un processo in cui la giustizia è stata tutta digitalizzata, ormai i processi viaggiano online, se possiamo dire in termini così sintetici, tutto questo è stato probabilmente, era già un processo che è iniziato prima, ma il Covid lo ha particolarmente enfatizzato e lo ha velocizzato. Ecco, come è cambiato allora il mestiere dell'avvocato in questo? E soprattutto, quali sono le conseguenze per il cittadino che chiede giustizia? Che chiede giustizia penale, che chiede giustizia civile? Insomma, il cittadino che va dal giudice e vuole affermare un proprio diritto, una propria verità. Grazie, grazie innanzitutto per l'invito, ringrazio il Sol 24 Ore e la provincia di Trento e ringrazio voi che siete qui. Prima di rispondere alla sua domanda, mi consenta una premessa visto che il pubblico è un pubblico di giovani. Io sono un avvocato e abbiamo sentito... Penalista, sì, svolgo la professione soprattutto nell'ambito penale. Fare l'avvocato, ho sentito tanti termini, ho sentito gli interventi che mi hanno preceduto che condivido in gran parte. Fare l'avvocato significa, e mi piace ricordarlo perché è una delle statistiche, arrivare a questa professione soprattutto per passione. Questa è la parola che a me piace utilizzare. Fare l'avvocato significa avere una vocazione per la difesa dei diritti. Avere una tensione ideale nella difesa anche di chi diritti non ne ha e oggi nella nostra società si affacciano molti che diritti non ne hanno. Ma nella vostra vita o nella vita anche di chiunque spesso si va, alle volte si dice purtroppo dall'avvocato, ma si va per difendere diritti che sono magari piccoli ma fondamentali. Pensate al diritto di famiglia, a un padre o a una madre che vanno per difendere anche un'ora soltanto per vedere il loro figlio o un diritto ad avere un equa mantenimento per se stessi o per i propri figli o nel penale per difendere il proprio onore che magari è stato ingiuriato, per difendere la propria integrità morale o la integrità fisica che magari è stata lesa da un determinato tipo di comportamento. Difendiamo diritti, non vendiamo prodotti, non commerciamo nulla e quindi c'è una necessità di tutela dell'individuo. Noi difendiamo l'individuo e l'avvocato è la voce di questo individuo. La mia professione è cambiata moltissimo da quando io ho iniziato una gran parte di questa modifica dovuta proprio alla diversità di organizzazione degli studi alla diversità con cui oggi l'avvocato si presenta davanti al giudice. 20 anni fa non esisteva la possibilità di difendere sia nel diritto civile che nel diritto penale senza guardare negli occhi il proprio giudice. Oggi non è più così, oggi è la maggior parte dei giudizi civili quindi parlo per esempio del diritto di famiglia o delle obbligazioni di tante materne, il diritto del lavoro. Quando voi lavorerete potrete trovarvi a dover difendere il vostro diritto a una giusta retribuzione, a non essere mobbizzati sul luogo di lavoro, a essere trattati con dignità e con giustizia nell'interno del proprio posto di lavoro. Questi processi si facevano con la parte che guardava il proprio giudice, che riconosceva un'autorità che gli dava giustizia. Oggi la tecnologia nella maggior parte dei casi vede un processo che è un processo, l'abbiamo sentito, digitale, abbiamo il processo telematico, gli atti sono tutti scritti nel civile, si mette tutto su una piattaforma, il giudice legge al computer quelli che sono atti scritti che difendono e che sostengono la tesi e la controtesi delle parti. Ha cambiato molto anche la modalità di scrittura degli atti. Esatto, ha modificato la modalità di scrittura degli atti, ha modificato proprio... Devono essere molto più brevi, devono essere dei flag per richiamare i punti salieri. Certamente, bisogna utilizzare al meglio quei criteri di chiarezza e sinteticità che consentono di convincere della bontà delle proprie argomentazioni, un giudice, però questo è un aspetto che va nella direzione dell'efficienza, dell'efficientismo, della giustizia. Però, io parlo dal punto di vista, un aspetto che non è positivo, perde la capacità di comprensione dell'individuo, indubbiamente. Questo io lo devo annotare. La tecnologia ha dato, sicuramente diceva bene la collega, bisogna dominarla nell'utilizzo perché non si può fermare. L'evoluzione dobbiamo sicuramente farla propria per cercare di governarla. Però non possiamo nasconderci che ha anche degli aspetti che non sono sempre positivi. Uno di questi aspetti è proprio questo, la perdita di umanità. Nel penale, la possibilità di un'audizione dell'imputato a distanza, quindi non all'interno del processo, evidentemente, o anche dei testimoni che possono essere sentiti a distanza, evidentemente ha e comporta la possibilità di una lesione, la possibilità del diritto di difesa. Perché una cosa è se io ho davanti a me un testimone che posso controesaminare con anche domande incalzanti, con una mimica che un giudice può accogliere, con una capacità di comprensione della veridicità di quel che dice, che non è quella che è data dalla visione a distanza su una video. Avrete provato la didattica a distanza. Una cosa è la lezione in presenza, una cosa è la didattica a distanza. Magari i contenuti sono gli stessi, ma la percezione di quello che voi apprendete è completamente diversa. È completamente diversa. Abbiamo una barriera che è data da uno schermo. Pensate in un processo penale un testimone che viene esclusso con domande che devono essere filtrate attraverso un monitor, attraverso un giudice, con dei tempi anche, delle pause che possono anche andare ad incidere sulla genuinità della risposta, perché c'è un tempo di riflessione che falsa quello che è anche il dato percettivo che viene poi dato. Il dato positivo da un punto di vista professionale? Chi vuole fare l'avvocato oggi e ha dimestichezza con la tecnologia, il proprio studio è nel proprio cellulare. È nel proprio cellulare perché voi potete scrivere gli atti utilizzando una tastiera applicata al cellulare, potete inviarli sulla piattaforma attraverso il cellulare, potete fare le videoconferenze sul cellulare. Il vostro studio legale è nel cellulare, quindi il giovane che possiede e ha come competenza l'uso della tecnologia tutto sommato potrebbe azzerare anche le spese di uno studio. Non credo sia quello che il cliente vuole, il cliente vuole essere ascoltato dal suo avvocato, vuole potergli dire le proprie ragioni. Quindi si richiede ancora quella passione, quella parola iniziale che io vi ho detto per l'esercizio della mia professione. Senta, l'avvocato, parliamo di un altro tema che è molto collegato a quello che lei ha detto, che è quello della giustizia predittiva, cioè il fatto che oggi abbiamo la possibilità di mettere in una banca dati tanti casi, tante sentenze di poter chiedere all'algoritmo, in questo caso, quale sarà la soluzione che mi dà il giudice? Quali sono gli sviluppi di questa possibilità ma quali sono anche i pericoli da cui bisogna tenersi in qualche modo, che bisogna evitare o cercare di evitare? Allora, la giustizia predittiva lo spiego, per chi non sa di che cosa stiamo parlando, o anche l'impiego dell'intelligenza artificiale che è un prossimo orizzonte. La possibilità di avere, di inserire il proprio caso, il proprio quesito all'interno di un algoritmo e l'algoritmo dà la risposta. Cioè questa è la soluzione. Questo che cosa è nella volontà di chi utilizza questo sistema? Quello di evitare la proposizione di cause di cui si conosce sostanzialmente l'esito, perché la stragrande maggiorante dei giudici decide in conformità a questo tipo di risultato che l'algoritmo dà. Si, quindi questa è anche una possibilità che forse l'amministrazione ha di rendere più veloce il corso della giustizia? Allora, più che più veloce è un sistema per porre un ostacolo anche all'accesso alla giustizia, perché c'è una previsione normativa che sostanzialmente prevede che il giudice possa condannare alle spese la parte che ha chiesto giustizia sapendo che la costante giurisprudenza in quel caso dà quel tipo di risposto. Qual è il pericolo? Il pericolo è un appiattimento della giurisprudenza sostanzialmente. Che cosa significa questo? Appiattimento significa che viene meno quella possibilità di evoluzione della giustizia che noi negli anni scorsi abbiamo visto. Faccio un esempio per farci capire. Fino a vent'anni fa chi subiva un danno aveva diritto a un risarcimento che era l'equivalente del proprio danno patrimoniale. Un incidente con la macchina risarcisca il valore del veicolo che ho danneggiato, se ho subito una lesione c'è una tabella che mi dice che perché mi sono rotta una gamba ho quel determinato tipo di importo. L'evoluzione della giurisprudenza accanto a questo danno patrimoniale ha riconosciuto tutta una serie di voci di danno che sono per esempio il danno esistenziale nel caso di danni dovuti a incidenti molto gravi, il danno catastrofale, il danno morale, cioè tutte delle voci che sono state create e riconosciute dalla giurisprudenza proprio in virtù dell'insistenza che tanti avvocati hanno avuto dicendo no il mio danno non è soltanto il danno perché mi sono rotto la gamba è anche il danno perché non ho potuto andare in montagna per un mese, è il danno che ho subito perché comunque non ho potuto fare la sofferenza che io ho avuto in quel periodo. Quindi è un'evoluzione che anche in altri, ho fatto l'esempio più percepibile, ma anche in tanti altri casi abbiamo avuto un'evoluzione del diritto di famiglia, abbiamo avuto delle evoluzioni sul riconoscimento dell'assegno di mantenimento normi per esempio, ci sono stati dei cambiamenti nella giurisprudenza proprio a 360 gradi per esempio sul riconoscimento di un assegno di mantenimento. Questa è la creatività dovuta alla diligenza, alla passione, all'insistenza nel difendere determinati tipi di diritti. C'è poi un altro profilo, il profilo di chi inserisce i dati perché a seconda dei dati che vengono inseriti ci sarà un determinato tipo di risposta. Sappiamo chi inserisce i dati? Lei vuol dire che in qualche modo con la giustizia predittiva chi è portatore di interessi forti può in qualche modo influenzare. E poi c'è il pericolo che anche il magistrato diventi un burocrate perché comunque si appiattisce su un dato che pare immodificabile. Quindi noi che cosa possiamo fare rispetto a questo pericolo o comunque per limitare questo tipo di utilizzo? Allora, è una domanda difficile alla quale rispondere. Sicuramente quello che l'avvocatura chiede è di poter avere accesso alle sistemi di immissione dei dati in eventuali ipotesi di utilizzo di una giustizia predittiva, ma guardate che in altri paesi è molto avanti. E poi l'altra questione è di conoscere l'algoritmo, come l'algoritmo mischia e abbina gli atti. Ma sotto certi profili, vi faccio un altro esempio, esistono per esempio negli Stati Uniti abbiamo avuto una prima sentenza in un caso penale in condanna di un soggetto per guida in stato di ebrezza in cui è stato condannato una pena detentiva, c'è la possibilità di non scontarla in carcere. L'algoritmo sulla base di risposte date su quesiti di vita ha ritenuto che quell'individuo avesse un 80% di possibilità di recidiva e su questa risposta l'algoritmo ha detto no, deve andare in carcere anziché di essere libero. Vi sto dando una dimensione di quali possono essere i pericoli di una macchina che mi dice tu hai una possibilità di commettere ancora quel reato, quindi tu non meriti di rimanere libero e devi andare in carcere, però sia lontano per noi. Quindi è uno stravolgimento del giudice e uno stravolgimento del diritto di giustizia che il cittadino può chiedere. Gaetano Stella, lei è presidente dei sindacati dei professionisti di questa grande confederazione che riunisce i sindacati dei professionisti. Naturalmente il suo ruolo è quello di cercare di facilitare i professionisti nello sviluppo e una parte dello sviluppo degli studi è naturalmente collegata alla digitalizzazione. Voi avete fatto anche molte ricerche per capire a che punto sono gli studi e diciamo il bilancio è a tutt'oggi un po' in chiaro scuro. Ecco, che cosa dovrebbe fare il legislatore per facilitare un uso positivo, non quello da ultimo ricordato dall'avvocato, della tecnologia? Che cosa bisognerebbe fare? Buongiorno a tutti, grazie dell'invito innanzitutto. Allora, la tecnologia è entrata prepotentemente negli studi professionali. La digitalizzazione ha subito anche un effetto di accelerazione notevole con la pandemia. Prima alcuni sistemi del digitale venivano utilizzati meno, poi lo smart working nelle scuole, per esempio ho visto tanti ragazzi nelle scuole, ma anche con tutti i mezzi di pagamento, anche per venire a casa con Deliveroo e altro, abbiamo utilizzato app di ogni tipo, piattaforme digitali per cui c'è stata una grande accelerazione in questo senso. E tutto si è velocizzato, anche a livello europeo c'è una normativa sulla digitalizzazione che sta appunto a essere normata e sulla quale noi la stiamo un po' presidiando perché gli effetti ci sono problemi di privacy, di cyber security, ci sono problemi di varia natura, anche di etica professionale, perché oggi si stava parlando di tutte queste tematiche nel mondo dell'avvocatura, ma riguarda un po' tutte le professioni. Come si può reagire con questi temi, questo è un tema quello dell'etica legata all'intelligenza, all'utilizzo dell'intelligenza artificiale che sicuramente deve essere normata in qualche maniera proprio per garantire diciamo il cittadino alla fine. Diciamo che tra i professionisti esiste appunto il rapporto fiduciario con il cliente, questo è un valore aggiunto importante, però adesso questo rapporto fiduciario con l'avvio di queste tecnologie sta avvenendo un po' meno, c'è un po' una dematerializzazione del sapere, cioè ciascun individuo può accedere a delle informazioni, va tramite internet come abbiamo detto, in qualsiasi motore di ricerca può trovare delle informazioni che riguardano anche l'attività professionale. Il professionista deve essere consapevole, questo spesso si trova in difficoltà, perché evidentemente deve... Si ritrova di fronte ad un cliente che sa molte cose, o che pensa di sapere molte cose. Non è proprio informato nel vero senso del termine, ma comunque che conosce qualcosa di più della materia, anche noi quando abbiamo un problema di salute, cosa facciamo? Andiamo subito a guardare in internet magari anche facendo scelte. Cosa cambia un pochino il rapporto con il cliente? Questa dematerializzazione porta a un cambiamento del rapporto col cliente, quindi bisogna essere più attenti e prestare maggiore attenzione al rapporto col cliente. Oggi il cliente non vuole più quelle prestazioni standard che c'erano prima, anche il commercialista si parlava. La consulenza si parlava prima, c'è consulenza di tipo tenuta della contabilità, dichiarazione di redditi sicuramente qui, però queste tenderanno sempre di più a essere gestite in forma... Il digitale potrà consentire di svolgere in maniera motomeccanica, quindi invece al cliente bisogna offrire prestazioni di tipo diverso e il cliente ha bisogni più specifici, consulenze più adeguate. Quindi la digitalizzazione ti può consentire di offrire dei servizi migliori al cliente diversi, ad alto valore aggiunto, quindi una maggiore possibilità. Come fare per esempio per un'impresa ad ottenere dei finanziamenti magari quando il canale bancario è resistente, chiuso o quasi chiuso? Anche per esempio se uno deve fare un discorso per vedere i suoi flussi di casa attraverso la digitalizzazione, può accedere alle app che possono consentirgli di ricostruire meglio la sua situazione finanziaria e quindi accedere anche al miglior utilizzo delle banche. Quindi potrà sfruttare al meglio tutta una serie di attività che prima non aveva possibilità di fare. Poi c'è anche un po' di organizzazione dello studio professionale che cambierà, quindi oggi magari lo studio professionale monoprofessionale che è un po' la caratteristica principale degli studi in Italia, invece il fatto della digitalizzazione, un po' perché ci sono investimenti importanti che devono essere fatti per la digitalizzazione, banche dati per esempio si parlava prima e molto altro, un po' anche perché ci sono ormai clienti che chiedono competenze multidisciplinari e quindi ecco che lo studio associato potrebbe garantire delle migliori prestazioni alle proprie clientele. Quindi cambierà un po' il paradigma, voglio dire, nel mondo professionale. Prima di tornare a quello che potrebbe fare lo Stato, il legislatore in questo campo, ce lo lasciamo un attimo tra parentesi e magari rispondiamo dopo. Secondo una vostra ricerca, proprio sulla diffusione degli strumenti digitali negli studi professionali, voi avete interrogato sia i titolari di studio che i dipendenti. Ecco, ne viene fuori che buona parte dei dipendenti degli studi professionali è donna e ha un rapporto di lavoro part time. Ecco, la tecnologia in questo caso può facilitare allora il lavoro femminile? Beh sicuramente sì, questo è giusto. L'interagge l'abbiamo fatta sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Emerge un quadro, bicchiere e mezzo pieno e mezzo vuoto, come è stato detto prima, perché effettivamente i professionisti hanno un'età, diciamo, più oltre 50 anni, quindi non tutti quanti sono avvezzi all'utilizzo di queste nuove tecnologie digitali. Anche se negli ultimi anni sono entrati molti giovani. Anche se il lusso sia un po' affermato negli ultimi anni. Lo so, ma infatti è perché è un calo demografico, ne parlavamo proprio in questi giorni, il fatto che c'è questo calo demografico riguarda la popolazione dei 14-29 anni, quindi ci sono meno giovani, ma non è soltanto un problema di meno giovani che vanno a fare la professione di commercialista, perché c'è o di commercialista o altre professioni, perché oggi c'è un calo vocazionale, dico io, verso la libera professione e questa ha molte motivazioni, sono venuti qua a andare a dirle, anche se ci sono tanti giovani, ma tanto giovani, perché vedo che sono molto giovani questi ragazzi, però voglio dire che c'è un problema di effettiva difficoltà nell'utilizzo di queste risorse. Allora, si parlava invece prima dei giovani. Effettivamente oggi il tema della conciliazione tempi di vita e di lavoro è importantissimo, infatti il settore dei studi professionali per circa l'89% sono donne e quindi hanno dipendenti, quindi in momenti in cui hanno figli evidentemente si risponde al problema di come conciliare la propria attività, cco perché sono i contratti part time, non è che sono proprio part time pieni, sono part time per consentire loro di accudire anche i figli, quindi potrebbe essere, fanno un'orario otto e mezzo, quattro al pomeriggio, fanno le sei ore in questa maniera, cco però spesso utilizzano anche lo smart working, quindi si concede loro la possibilità di lavorare anche per certi tipi di attività, ovviamente non per tutte, di conciliare quindi un orario, una parte in presenza e una parte a distanza, quando si può svolgere questo tipo di attività, quindi questo è il consentito e questa è un'opportunità che è stata dettata praticamente dopo la pandemia. Oggi anche i giovani le svolgono in attività lavorativa, a sempre parlare proprio di questi giorni, che spesso non vogliono intrappendere in attività libero professionale, perché l'attività libero professionale cosa comporta? Impegno lavorativo, notevole, orari lunghissimi, orari impossibili, orari impossibili, grande responsabilità, tutele pochissime e redditi bassi, cioè non è proprio il massimo voglio dire in questo senso. No, no, ma voglio dire che invece i nuovi dinattivi digitali invece hanno delle grandi nuove opportunità che nascono proprio dalla loro capacità di poter utilizzare al meglio questi strumenti digitali che possono cambiare il paradigma delle professioni. Quindi oggi i giovani, parlavo di giovani di oggi, ma i giovani del domani hanno delle caratteristiche completamente diverse nell'entrare nel mercato del lavoro quindi hanno delle opportunità che sicuramente sapranno giustire al meglio. Il ruolo dello Stato in tutto questo, Gaetano Stella, quale potrebbe essere? Intanto dare una mano di più ai giovani per intraprendere un'attività libero professionale in generale, perché oggi... Dare una mano di più ai giovani in linea generale. In linea generale, dappertutto, dappertutto, sì, esattamente. Come pagare meno imposte, per esempio, noi abbiamo fatto delle proposte, in senso che un giovane che intende aprire un'attività professionale fino ai 35 anni, perché ormai bisogna pensare a quelle età lì, non paghi imposte, per esempio. Non paghi imposte sul reddito. Questo sarebbe importantissimo. Quindi avere maggiori tutele. Cioè, oggi un giovane, a meno che non faccia lavoratore dipendente, ha poche tutele, noi sappiamo, e quindi a estendere le tutele. Aiutarlo con degli incentivi per iniziare l'attività professionale. I famosi prestiti d'onore che si diceva che potrebbero essere uno strumento per qualsiasi giovane che vogliono intraprendere qualsiasi tipo di attività, che sia ordinistica o che sia non ordinistica, di lavoro autonomo, diciamo. E poi per gli studi in generale, quali aiuti per la digitalizzazione? C'è stato il Piano Industria 4.0. Piano Industria 4.0. Noi, professionisti o lavoratori autonomi, non abbiamo il diritto ad avere il credito di posta che viene riservato alle imprese. Questa è una battaglia che noi facciamo costantemente proprio due giorni fa. Ma comunque, sulla delega fiscale abbiamo fatto un intervento in commissione finanze e il Presidente della Commissione si è meravigliato di questa circostanza. Si vede che probabilmente la politica è un po' distrata. E allora ha detto che sarebbe giusto che anche i professionisti e i lavoratori autonomi potessero beneficiare degli incentivi di credito di posta per la digitalizzazione 4.0. Il credito di posta è un'agevolazione per acquistare strumenti digitali. Acquistare strumenti digitali di ogni genere. Per noi, per esempio, quando c'è stato il problema della pandemia, per i lavoratori dipendenti, per i studi professionali, come ente bilaterale, abbiamo dato la possibilità di poter comparare degli strumenti per utilizzare la distanza, il lavoro a distanza, quindi computer e formazione. C'è un problema, evidentemente, della sua digitalizzazione e anche di cultura digitale. E quindi bisogna fare corsi di formazione per avvicinare sempre di più professionisti, lavoratori dipendenti alla digitalizzazione, che non è soltanto l'utilizzo di un'app, ma è proprio anche come utilizzare al meglio gli strumenti che possiamo avere a disposizione. Vabbene. Volevo chiedere se ci sono delle domande. Prego. Io volevo sapere un attimo sulla responsabilità che vi ho provocato, per quanto riguarda il lavoro professionale. Vedete, faccio avvicinare i conti, quanto l'intelligenza pubbliciale può aiutare a dichiarare responsabilità per l'intervento dell'intelligenza pubbliciale, realizzandolo, eventualmente, sulle tecnologie. Sicuramente è una domanda affertinente e sicuramente la risposta è sì, nel senso che sia da un punto di vista della responsabilità possibile per un magistrato, che decide magari in maniera erronea, però in base poi a un algoritmo che comunque gli ha detto che nella stragrande maggioranza dei casi l'esito sarà di quel genere, videntemente c'è un effetto di attenuazione del profilo della responsabilità sotto il profilo della colpa. Ma anche per l'avvocato, anche l'avvocato che abbia magari seguito una determinato tipo di, diciamo, scelta nella difesa del proprio cliente, in relazione a questo tipo di pregresso giurisprudenziale che viene dato dalla domanda fatta all'algoritmo, all'intelligenza artificiale in generale, può vedere attenuata eventualmente la sua responsabilità in caso di errore nella impostazione della causa. Tenga presente che anche oggi nella maggior parte dei casi in cui viene attivata la polizia di responsabilità professionale, perché il cliente segnala l'errore professionale dell'avvocato, la difesa dell'ente assicurativo è quasi sempre, quando nega la copertura, è perché in quel caso, nella stragrande maggioranza delle ipotesi, il cliente avrebbe avuto torto. Quindi il danno non viene riconosciuto perché, statisticamente o da un punto di vista della verifica di un caso simile, la risposta sarebbe stata negativa. Quindi a maggior ragione ritengo che un intervento di un algoritmo che dia un responso può essere sicuramente un fattore di attenuazione del riconoscimento di un eventuale danno, quindi della responsabilità professionale. Vedremo, vedremo, però sicuramente sì e potrebbe essere questo anche, e allora io lo dico adesso sotto quel profilo dell'esito, ma potrebbe essere anche una ragione per aderire alla risposta dell'intelligente artificiale, perché in questa maniera attenuo la mia ipotesi di responsabilità ed è anche un qualche cosa di molto comodo sotto certi profili. Quindi diciamo un atteggiamento cautelativo, come la medicina difensiva. Se posso, in tema di responsabilità, visto la complessità che c'è già adesso, ma la complessità nella gestione dei dati, noi come commercialisti, quando svolgiamo luolo anche di revisori contabili, dico i revisori contabili che dovranno in un futuro non troppo lontano esprimersi anche su dei bilanci e che includeranno anche i temi non finanziari, è tutto il tema dell'IRG. E quindi della rendicontazione, che adesso si dice non finanziaria, ma meglio parlare di rendicontazione di sostenibilità, implicherà per le imprese e gli amministratori che dovranno redigere dei nuovi bilanci avere delle responsabilità, perché questi dati non finanziari saranno raccolti attraverso sistemi proprio di intelligenza artificiale e questi dati dovranno essere verificati e controllati anche dai revisori. E attualmente le responsabilità degli amministratori, ma anche dei revisori, sono, e noi professionisti, spropositate rispetto a quelli che sono i termini. E per cui le istituzioni, cosa dovranno fare? Dovranno lavorare anche in tal senso. Io sono assolutamente d'accordo con la dottoressa, perché credo che ci sia un tema anche di interpretazione dei dati, nel senso che anche l'avvocato ci ricordava come l'intelligenza artificiale certamente ha un approccio di tipo statistico-predittivo-matematico ed è certamente utile, ma ci dimentichiamo, a mio giudizio, la parte relativa proprio all'interpretazione dei dati, che è la capacità semantica, che grazie al cielo al momento soltanto l'uomo ha, quindi la persona, il professionista, è in grado certamente di andare a utilizzare il servizio in maniera consapevole, cosciente, proprio in quei termini di interpretazione del dato, che infine rappresenta la responsabilità finale, che a mio giudizio è sempre in riferimento alla persona. L'avvocato ci ricordava anche i rischi che un'intelligenza artificiale utilizzata in maniera, per così dire, poco controllata e non corretta, penso, dall'elemento umano, poi possa portare a delle decisioni anche di impatto decisamente pesante sulla persona stessa. Soprattutto mi viene da pensare nell'esercizio dei diritti, quindi il termine responsabilità, secondo me, che è stato sollevato appunto dal Signore, è estremamente importante perché ci ricorda la capacità semantica che la persona non deve mai dimenticare nell'interpretazione del dato, che è assolutamente necessaria, a mio giudizio. Ci sono altre domande. Prego. Buongiorno a tutti. Più che una domanda è una condivisione di pensiero con i colleghi, un tema che magari noi professionisti dovremmo porre al regolatore perché noi adesso arriviamo dalla Credit Week di Milano come abbiamo già detto anche in alcuni panel, la tecnologia e l'avvento delle nuove tecnologie, l'intelligenza artificiale è un qualcosa che non si può contrastare, cioè oramai fa parte della nostra vita e fa parte delle attività economiche del nostro Paese. Ma quello che noi dobbiamo porre come quesito è il normale questa intelligenza artificiale. Cioè non possiamo bloccarla, ma dobbiamo comunque creare delle regole affinché possa essere utilizzata al meglio. Io cito sempre l'esempio di Al 9000, il famoso computer di 2001 di Sia nello spazio, un film che oramai ha circa oltre 50 anni ma che è quantomai attuale. Cioè un computer che governava la vita degli astronauti e di un'astronave impazzisce e ammazza gli astronauti stessi mandando l'astronave verso l'oblio. Diciamo che sul fatto della regolamentazione siamo un pochino con l'entopeda. Lei giustamente ricorderà, è una notizia del sole 24 ore di martedì, negli Stati Uniti l'intelligenza artificiale ha creato una falsa immagine di un attentato nei pressi del Pentagono. Questo ha creato il panico per alcuni minuti, i fondi quantitativi, perché oramai la finanza è governata quasi interamente da intelligenza artificiale. I fondi quantitativi sono andati short per miliardi di dollari ed è stata bruciata ricchezza di un valore inestimabile per nulla. Quindi quello che noi come professionisti dovremmo sottoporre al regolatore è l'attenzione appunto verso l'utilizzo dell'intelligenza artificiale. C'era il signore dietro che forse voleva fare una domanda e poi siamo alla conclusione. Sì, grazie. Con la dottoressa Laderchi abbiamo parlato di cosa cercano gli studi professionali dai giovani. Volevo chiedere cosa cercano i giovani o i professionisti dagli studi professionali. Grazie per la domanda complicatissima devo dire. Quindi lei mi sta domandando i giovani che cosa richiedono nell'approcciarsi alla professione. Io le ringrazio davvero perché questa è una domanda che io quotidianamente mi pongo nel momento in cui mi trovo di fronte a giovani che si vogliono affacciare alla professione. Ecco, questo, scusate, pensavo si sentisse. Guardi, io le posso dire che nella mia esperienza ultimamente le richieste dei giovani relativamente all'approcciare alla professione sono molto diverse rispetto a quelle che la nostra generazione ha vissuto nell'approcciare alla professione. Lo dicevo all'inizio del mio intervento. Io credo che sia una questione relativa all'attribuzione di senso in generale al lavoro. Lo dicevano anche i miei autorevoli colleghi. L'interpretazione del ruolo della professione sta cambiando assolutamente e credo che proprio su questo ci si debba interrogare. Noi a dette lavori, quindi come cacciatore di teste, coloro che ricercano i giovani talenti per gli studi, gli studi stessi, ma credo anche i giovani stessi. Nel senso che mi è piaciuto molto l'intervento della dottoressa a questo proposito di una sorta di patto intergenerazionale. Nel senso che i giovani alle nostre professioni possono certamente apportare quel contributo di disinvoltura, mi viene da dire, nei confronti della tecnologia che personalmente, ma credo la mia generazione, forse ha dovuto acquisire con molta fatica. Mentre per voi giovani è molto immediato il rapporto nei confronti della tecnologia e questo certamente può aiutare la nostra generazione in questo senso magari anche a, come dire, affidare ai giovani un'attività che sia certamente maggiormente legata alle nuove tecnologie. Alla nostra generazione resta forse la possibilità invece di trasferire esperienza, quell'importantissimo rapporto che dicevamo con il cliente, quindi quel senso di responsabilità e di etica del lavoro che chi svolge le professioni da molti anni sa essere la chiave di volta di un successo professionale. Quindi io posso dire, per rispondere alla sua domanda, che i giovani certamente cercano un futuro professionale, cercano anche rassicurazione, credo che in questo senso, io mi rimetto al nostro legislatore, sarebbe opportuno anche che ci si rendesse conto che la crisi delle vocazioni passa anche da questo, quindi forse da una situazione normativa non favorevole nei confronti dei giovani, che pur con tutta la passione che l'avvocato ci ricordava che deve essere la leva di qualsiasi professione si decida di andare a svolgere, io credo che i giovani oggi ci rivolgano questa domanda, aiutateci, io vorrei svolgere la professione ma le istituzioni ci aiutino in questo senso ad avere un futuro professionale garantito, da parte nostra, lo so, i giovani, da parte vostra, io ogni tanto mi sento vicino a voi in questo senso, potrete certamente professione, impegno, sacrificio, pazienza, il dottore ce lo diceva, ma d'altra parte sta a noi, generazione che vi ha preceduto, a portare, offrirvi la nostra esperienza e d'altra parte il legislatore e le istituzioni aiutino questi giovani a credere nella professione, a fornire loro una cornice normativa rassicurante. Allora, se posso cercare di raccogliere in un pensiero tutte le suggestioni che sono state presentate questa mattina, credo che la digitalizzazione sia una grande opportunità, però bisogna avere la consapevolezza dei rischi, in questo caso quindi il dato deve essere validato, deve essere certo soprattutto si deve essere padroni del meccanismo, proprio per evitare i pericoli che ha ben aprospettato l'avvocato Patrizia Corona. Io ringrazio a questo punto tutti i partecipanti a questo panel, ringrazio Simona Laderchi, Patrizia Corona, Camilla Menini e Graetano Stella e ringrazio tutti voi per la pazienza e l'attenzione con cui ci avete servito. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.
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