Le tre F del Made in Italy nelle eccellenze del territorio: Fashion, Furniture e Food
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Le tre F del Made in Italy nelle eccellenze del territorio: Fashion, Furniture e Food
Un talk dedicato alla bellezza, alla creatività, alla capacità di inventare con la mente, con gli occhi, con le mani e di farlo in maniera produttiva. Michela Baldessari, Walter Tomio, Riccardo Turri, accompagnati dalla direttrice HTSI Nicoletta Polla Mattiot, discutono sulle eccellenze del Made in Italy.
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In maniera che aiuta il territorio, aiuta l'occupazione. E quindi, come ho già fatto ieri, almeno due dati, visto che siamo nel contesto organizzato dal sole 24 ore, ve li voglio dare. Intanto, il primo dato è un'informazione. Le aziende del lusso del Made in Italy sono state riconosciute dall'Unione Europea come imprese culturali e creative. Questo ci tenevo a dirvelo all'inizio di questo incontro perché ieri abbiamo parlato di arte, di musica, abbiamo parlato di danza. Oggi invece parliamo di cibo, parliamo di arredo, parliamo di moda, ma siamo sempre nell'ambito di una creatività che è un prodotto culturale e creativo. Questo prodotto culturale e creativo, però, ha un peso economico molto importante. Il 2022 per le aziende del lusso Made in Italy è stato un anno record, un anno importantissimo, le previsioni, nonostante, voi sapete, il mercato in questo momento ha moltissime variabili non chiare quindi è difficile fare previsioni, però almeno per questo comparto si prevede di nuovo un 2023 che si chiuderà con un più 6, un più 8%, quindi dei dati molto rassicuranti. Il bello e ben fatto, ultimo dato, poi lascio la parola ai miei ospiti, il bello e ben fatto vale, questi sono dati aggiornati al 2021, quindi dovremmo aggiornarli ancora, vale 135 miliardi di euro di export. Comincio sempre con questi dati perché è interessante quantificare che cosa il bello e ben fatto produce, però qui parleremo di cose buone, di cose belle di cose molto piacevoli legate al Made in Italy. Io chiedo subito aiuto a Michela Baldessarvi che un po' nella sua esperienza, nonostante la tua esperienza cardine sia legata al mondo del design, però un po' tu attraversi tutte le tre F quindi mi fa piacere come prima cosa chiederti quanto il contributo di creatività e di cultura è fondamentale per animare queste tre F del Made in Italy che sono fortemente identitarie del nostro paese. Certo, grazie Nicoletta. È un piacere essere qui anche questo secondo step appunto del, lo chiamiamo questo format, economia della bellezza. Sicuramente le tre F sono oramai una formula consolidata che generano valore. Mi piaceva proprio per dare un po' di forza ulteriore ai valori che hai dato riportare anche questa ricerca condotta e pubblicata da poco, pochissimo, in maggio da simbola. Fondazione per le qualità italiane che si occupa di sostenibilità, innovazione e bellezza, di cui tra l'altro uno dei soci è anche ADI, l'associazione che rappresenta il mondo del design di cui faccio parte, ma mi piace sottolinearlo perché è una collaborazione fattiva, proprio perché tiene sempre monitorata la situazione proprio fra gli studi di design, fra le aziende di design quindi c'è una realtà, c'è una corrispondenza reale poi in questi numeri che ci sono sempre un po' difficili a noi creativi. Comunque questa ultima ricerca che leggo proprio per non cambiare i termini titola 2023 l'Italia in 10 Selfie, un'economia a misura d'uomo per affrontare il futuro. Ci sono chiaramente 10 punti dove vengono indicati i 10 valori principali dell'economia produttiva fra questi casualmente ci sono i soliti nostri tre punti. Quindi per la moda si dice Italia seconda al mondo e prima in Europa per export. Per il design siamo primi in Europa nel design, la bellezza è una chiave del Made in Italy e della sostenibilità. Per il food l'Italia leader mondiale nella produzione di vino e nelle produzioni certificate. Chiaramente sappiamo che il vino fa un po' la parte del leone nel food, però proprio oggi tra i nostri ospiti c'è un'eccellenza qui nel nostro territorio che ci racconterà di un prodotto forse un po' più di nicchia, ma che ha portato alto il valore della bellezza e dell'economia sempre nel nostro territorio ma anche nel mondo. Ti chiedo ancora una cosa, perché in questi giorni e moltissimo anche qui al Festival di Trento, stiamo parlando di tecnologia che è sicuramente un settore di innovazione importantissimo. Però quando si parla delle tre F, ci piace ancora molto parlare invece di un'attenzione al dettaglio che è fatto di cura artigianale. Quindi siamo da una parte molto artigianali se c'è una caratteristica del Made in Italy è questa capacità, queste competenze e conoscenze che si passano da padre in figlio magari in aziende piccolissime che però sanno fare quelle cose specifiche per contro appunto l'innovazione. Si può parlare di artigianato tech in qualche modo? Sì, tra l'altro a queste tre F a me piacerebbe aggiungere una quarta F un po' più romantica se vogliamo, ma tratta da una frase che ho letto e che mi ha colpito molto che è la felicità del fare. La mano è lo strumento dell'intelligenza dell'uomo diventa una parte fondamentale di ogni processo creativo. Quindi chiaramente la mano è il nostro strumento principale con la quale noi ci rapportiamo perché è direttamente collegata al cervello, quindi le idee escono da lì. Però i tempi vanno avanti, la tecnologia va avanti, ci aiuta, c'è un saper fare dei grandi maestri artigiani che dobbiamo ottenere sempre con un grandissimo occhio di attenzione perché secondo noi, dico secondo noi, perché è una cosa che ci raccontiamo spesso anche in studio, è un patrimonio insostituibile soprattutto è anche una fonte per andare a ricercare stimoli sempre dettagli diversi, sempre cose più approfondite. Chiaramente anche nell'alto artigianato entrano le tecnologie, in questo caso penso che si possa parlare per esempio delle stampanti 3D che hanno avuto una già grossa influenza, penso possiamo parlare di dieci, quindici, vent'anni fa forse, dove però ancora erano molto grezze. Adesso devo dire che abbiamo proprio visitato dei laboratori recentemente dove si vedono dei micro oggetti con una precisione assoluta, diventano dei gioielli proprio, fino ad arrivare alla costruzione per moduli anche di cose di importanza anche sociali, per esempio le case nei paesi per esempio sottosviluppati, dove possiamo creare anche questi blocchi con l'argilla, non solo con i materiali sintetici, quindi diamo anche alla tecnologia questo valore sociale e etico che può aiutare a sviluppare delle cose che prima non erano immaginabili. Fra l'altro è bellissima quest'idea di aggiungere la quarta F la sposo sul giorno, la felicità del fare. Come How to spend it, io uso spessissimo in realtà un'espressione che invece è di uno psicanalista che dice sempre bisogna imparare a sognare con le mani. È bello, perché il sogno è la cosa più impalpabile però poi lo rendi concreto nel momento in cui sogni con le mani. E allora apriamo un po' ai nostri altri ospiti io chiamo subito Walter Tomio in questa idea di sognare con le mani. Walter Tomio rappresenta un'eccellenza nel mondo del food però un'eccellenza molto legata a questo territorio che è la caratteristica di questi incontri di economia della bellezza. Noi diamo spazio a realtà che all'interno di un territorio molto specifico nascono, si sviluppano e poi si fanno conoscere dal mondo. Ma questo legame con le radici è importante. È eccellenza del food in Italia. Devo dire che il primo pensiero non viene al cioccolato. E mancanza mia di cultura generale del food oppure davvero vi siete inventati qualcosa di nuovo di molto particolare, poi magari lo raccontiamo, però prima parliamo del food made in Italy in generale. Grazie anche dell'invito, sono onorato di essere qui con voi. La storia del cioccolato, o meglio, inizialmente la cioccolata, parte proprio dal Mediterraneo. Oggi siamo abituati a pensare al cioccolato belga, al cioccolato svizzero, eccetera. In realtà il cacao arriva in Spagna e nel Cinquecento si diffonde per quanto riguarda la penisola italica amodica dove è rimasta una tradizione molto antica del cioccolato. Lavorato in un modo un po' diverso. E troviamo già nel Seicento le cioccolaterie a Venezia, a Torino e a Firenze. Da qui ne menzeranno che parte la partita della cioccolata. Solo poi arriverà in Francia. C'è una storia anche sul nostro territorio legata a Venezia. La mia città è appartenuta per quasi un secolo a Venezia, a Rovereto. E quindi non ci siamo inventati. Ci siamo inventati un modo di lavorare il cioccolato, questo sì. Però la cioccolata, che indica la cioccolata in tazza o la versione cremosa, o il cioccolato, quello solido, sono invenzioni che c'erano già, insomma, ecco, sì. E qui faccio un piccolo escursus autobiografico. Sono torinese d'origine, quindi il bicerin è una bella traduzione. Ma veniamo invece proprio a exquisita. Come si fa a inventare qualcosa di nuovo in un mondo come quello del food, tanto più del food italiano, che è molto... È talmente famoso e talmente risaputo che siamo bravi nel cibo, che è difficile inventarsi qualcosa di diverso. Beh, la base è ovviamente la creatività, no? Qui cito una poetessa, Luciana Dolfi, che dice la creatività è fare l'amore con qualcosa che ti genererà un figlio. Direi che è questo, no? Che facciamo noi creativi, tutti, perché siamo tutti creativi, più che meno, in vari settori. Ecco, nel caso nostro, e penso non solo per noi, oltre all'innovazione di prodotto, prima, rispondendo alla sua domanda, è interessante andare a fare innovazione di filosofia d'impresa di modello di business. Allora il prodotto arriva. È più facile, per noi è stato questo il percorso. Ci siamo reinventati quello che facciamo. E quindi il cioccolato per noi è diventato un vettore. Quindi, di fatto, quello che andiamo a fare è materializzare storie di aziende, di musei, di festival, di inti un po' in tutti i settori. Prendiamo queste storie, queste narrazioni che il committente vuole fare lo trasformiamo in materia solida, utilizzando il cioccolato. E a quel punto diventa un vettore, insomma. Il percorso, però, è quello di innamorarsi, no? Anche la parola che dicevi tu di felicità, sono vicine a queste due cose. Nel senso che a volte ci chiedono, poi magari mi daremo spazio, racconterò anche qualcuna di queste invenzioni, a volte ci chiedono, ma chissà quanto avete studiato per creare la pralina per Palazzo Ducale di Piazza San Marco in Venezia, per raccontare le cose che vi chiedevano. In realtà non c'è nessuna fatica, nel senso che il processo è sempre lo stesso. Andiamo, facciamo silenzio, cerchiamo di ascoltare quello che ci dice il committente, poi non ci interroghiamo neanche un po' sul cioccolato. Anzi, chi mi dice, ah, ma sai che... No, no, no. La cosa che facciamo è ci innamoriamo, studiamo Palazzo Ducale, cerchiamo di innamorarcene. E poi un giorno la ricetta arriva da sola, non c'è fatica. Io dormo sul comodino, un blocco, con la penna, materialmente succede così, che a un certo punto, il 29.05 del mattino, mi sveglio con un'idea, non è che l'ho sognata. C'è un'idea? Esatto. Me la scrivo, poi mi riaddormento e al mattino, quando mi sveglio, la leggo, cerco di capire il significato. E mi stupisco man mano che la leggo, dico, ma che bella sta cosa, che segnalata! Cioè, ma non so da dove è venuta, non c'è fatica, insomma. Beh, non so da dove è venuta, però mi sembra di capire che il processo è ascoltare molto, studiare anche molto, conoscere il luogo poi, a quel punto, esprimerlo con una competenza che è quella del cioccolato. Come dire, apparecchiare la tavola per l'ospite, che è la creatività, che prima o poi arriva, creare i presupposti, creare l'ambiente, il terreno. Noi lavoriamo su questo, non tanto sull'idea. E quindi, mi permetto di fare questa domanda, Poi torniamo su qualche esempio concreto, perché voglio coinvolgere il terzo ospite di questa giornata, ma proprio in una battuta chiedo questo. Quindi, dal punto di vista, poi, di chi assaggia, si può dire che noi pensiamo sempre che si conosca solo col cervello, no? Con la testa. Invece c'è anche una conoscenza sensoriale, no? Quindi, il gusto può essere uno strumento di conoscenza. Ah, dice una cosa fondamentale. Ha toccato uno di quelli che sono proprio i nostri temi. Quando facciamo appunto i corsi sulla tecnica di degustazione del cioccolato. No, quello che diciamo sempre è non pensare. Ascolta. Percepisci e ascolta. E questo per noi è una chiave fondamentale nella degustazione, esattamente. Poi ci torniamo, perché, come vedete, siamo richiamando i sensi. Prima, vi hanno detto, sogniamo con le mani, quindi il tatto. Poi c'è molto interessante questa evocazione del gusto, ma con un verbo che invece ha a che fare goludito. Ascolta, no? Quindi siamo in un ambito di sensorialità a cinque sensi anzi quasi sinestesica. E quindi chiamo inevitabilmente Riccardo Turri a intervenire. Faccio un passo indietro, però, perché ho detto che ci interessa parlare di realtà legate a questo territorio che poi appunto esportano quello che è l'identità del territorio del Made in Italy anche all'estero. E qui andiamo sotto le dolomiti proprio. Starpool, spa a cielo aperto, questo è il modo che più volte richiamate. Quindi la mia domanda è quanto conta, appunto, ssere nati lì sotto le dolomiti per la definizione dell'identità d'azienda proprio? Buonasera, buonasera a tutti anche da parte mia e grazie per l'invito. Diciamo che di necessità facciamo virtù, nel senso che siamo nati lì, siamo gente del territorio, siamo cresciuti lì e quindi abbiamo sviluppato la nostra impresa lì. Dopodiché il territorio nostro è straordinariamente ispirazionale, perché sei in mezzo alla natura, perché è un territorio dove c'è molta relazione tra le persone, c'è una relazione anche intima e c'è anche un confronto costante. Nel nostro territorio ci sono molte imprese, anche di successo, devo dire che la capacità di confrontarci è straordinaria. C'è sempre la possibilità di un confronto con chi magari ha già fatto un'esperienza. Quindi per noi il territorio, in senso le dolomiti quello che noi definiamo spa a cielo aperto è sicuramente un esempio straordinario di che cosa vuol dire benessere. Il benessere, noi produciamo tecnologia, ma può essere tante cose, quindi il primo elemento di benessere che cerchiamo di importare trasformare con le nostre tecnologie è quello che ci ridà la natura. Da questo punto di vista è ispirazionale. E poi anche per il tessuto sociale del nostro territorio, io parlo di Val di Fime, ma in realtà tutto il Trentino è così, si tratta di piccole realtà. Non siamo in centri urbani grossi, in centri industriali, con tutte le limitazioni del caso. Spesso mi chiedono se vorresti essere da un'altra parte. Io dico, beh, non te lo so dire, perché sono abituato a star lì quindi la mia presa l'ho sviluppata lì. Certo. E c'è una cosa interessante. Voi investite moltissimo, ovviamente, in ricerca e in tecnologia. Però poi il benessere ha a che fare proprio, tanto più in un'azienda come Starpool, ha a che fare con l'entrare in contatto con la pelle, con la sensorialità delle persone. Ecco, quindi rispetto al discorso che facevamo prima, un tema di sensorialità fondamentale poi un tema di tecnologia che apparentemente è qualcosa di molto distante, ma invece in realtà ci aiuta molto a avvicinarci in un modo diverso all'esigenza di benessere che tutti sentiamo. Allora, ci vogliono entrambi le cose. Credo che l'aspetto esperienziale sia legato al contatto, ma non solo, al profumo, ai suoni. Ecco, il gusto è una cosa che noi abbiamo una volta fatto un progetto con Esquisita per esprimere il gusto nel nostro concetto di benessere. Quindi per noi sono elementi che devono per forza di cosa esserci entrambi. La tecnologia è quello che noi produciamo, è quello su cui abbiamo fondato la nostra impresa, però non può essere esclusivamente tecnologia. E l'aspetto esperienziale deve essere... lo stiamo legando sempre di più al risultato non solo esclusivamente all'effetto. Quindi l'obiettivo nostro è quello che utilizzando le nostre tecnologie o utilizzando il nostro metodo di applicazione al benessere, il risultato c'è, e quindi la famosa user experience è quella che ti porti a casa e quella che poi trasmetti agli altri. Ci sono messi entrambi. Dovessi darmi una definizione di benessere? Devi star bene. Quindi torniamo alla felicità del fare. Quindi ci rientra. La quarta F rientra anche nel benessere. Penso che bisogna star bene. L'obiettivo è proprio quello. Noi, diciamo così, il benessere che facciamo noi, che è quello delle spade, c'è altro benessere, è sempre stato più legato allo stile di vita. Cioè, era più un vizio che ci si prendeva, col quale mi prendo due ore, tre ore, vado in un albergo. E sta diventando, per fortuna, sempre più concreto. Ed è una delle cose che credo che noi abbiamo stimolato negli anni. Ossia, tutto ciò che facciamo noi, comunque il benessere, è invasivo. Se ti entra, stai bene, se no, no. E anche quello che facciamo noi, in qualche modo, deve darti un risultato. Ciò che facciamo noi per la questione delle temperature, perché per il freddo, per il caldo, è invasivo e ha degli effetti. Noi, quello che abbiamo fatto, è sempre stato studiare cosa succedeva al corpo. E questo ci ha portato a togliere tutto quello che era superfluo, mantenere esclusivamente quello che era essenziale, combinarlo con tutti gli elementi che facciamo, affinché si potessero creare dei protocolli, dei processi di utilizzo che portavano a un benessere tangibile. Questo, oggi, si è portato e studiato dalla ricerca scientifica. Quindi, siamo in un settore che è fatto di cose semplici, oppure di cose non per forza che dovevano dare un risultato, abbiamo cercato un risultato che fosse invece tangibile, proprio perché portasse un benessere che fosse misurabile. Che uno sente. Ma la cosa che mi colpisce sempre quando si parla delle treppe, con una quarta aggiunta, è che in qualche modo tutte le aziende che nel Made in Italy producono prodotti nelle treppe di alta qualità, in realtà non vendono prodotti, ma vendono proprio stili di vita. E se c'è una ragione per cui noi all'estero siamo così famosi, mi fa ridere perché lo si dice all'inglese, si parla della way of life italiana, non capisco perché non possiamo dire lo stile di vita italiano, ma è proprio un brand in sé lo stile di vita italiano. E come se il prodotto venga dopo, è quasi dato per scontato che ci sia un'eccellenza nel prodotto, però è il come lo usi. Questo credo sia importante tanto più per un'azienda come Starpool, ma credo altrettanto per Exquisita in generale per tutte le aziende italiane che lavorano specialmente nell'alto di gamma. Penso proprio di sì. Penso che sia l'elemento differenziale rispetto a tutti gli altri paesi. I nostri competitor oppure i paesi che sono maggiori produttori di tecnologia come le nostre sono i paesi nord europei. E per me noi lì siamo decisamente più forti, proprio perché non forse sul prodotto, ma sull'applicazione, sul sistema di utilizzo, spessissimo ci troviamo a confrontarci ci rendiamo conto che parliamo una lingua diversa, ma è una lingua molto più affascinante. Ed è per quello che poi, in qualche modo, generiamo curiosità interesse anche da interlocutori che tecnicamente direbbero ma voi siete italiani, le tecnologie italiane non funzionano, non bisogna stare a nord delle Alpi. E devo dire che però questo, credo sia una caratteristica trasversale dell'italiano che è un'imprenditoria curiosa, che non si ferma, che non si limita a fare il prodotto perfetto, ma vuole sempre qualcosa di più e ama raccontare una storia. E la storia è sempre autentica, non è mai finta, perché poi le storie finte le percepisci. E quindi credo che di questa italianità dobbiamo esserne orgogliosi e dobbiamo essere anche molto gelosi dobbiamo comunque continuare a coltivarlo. Per cui viva lo stile di vita italiano. Poi è stressante lo stile di vita italiano. Torniamo un attimo alla sensorialità che abbiamo evocato in vario modo. E ti chiedo aiuto, Wichela, perché ci manca forse il senso per eccellenza che è la vista, no? Abbiamo evocato il gusto, abbiamo evocato il tatto, abbiamo evocato l'ascoltare, la vista. E da designer, è riduttivo definirti designer, ma almeno per spiegarci e per velocità. Da designer l'aspetto visivo è forse il primo. Tu vedi un oggetto e ti piace per quello. Però poi un designer in realtà lavora sul gesto, lavora sui comportamenti, sul modo in cui si interagisce con gli oggetti. Mi piacerebbe che raccontassi sempre tenendo a mente le treffe, per cui prendi esempi da dove preferisci, ma la tua esperienza di rendere visivo una cosa che invece hai in mente e che poi traduci in un oggetto. E che non è facile, perché è sempre un po' quell'idea che nasce dalla mano. Però credo che questo sia grazie anche un po' veramente alla creatività italiana. E che possiamo chiamarla audace, dicono che trova le radici nel nostro rinascimento per questo appunto anche si dotta e ha la disponibilità di avere a disposizione veramente tantissimi materiali. E quindi tantissimi materiali, prima li vedi con la vista, però subito dopo li tocchi. E quindi la sensorialità del tatto potrebbe essere un altro elemento che ci aiuta tanto. E che ancora va a riscoprire quello che ci hanno lasciato i nostri grandi artigiani, le nostre grandi sapienze, le nostre conoscenze. E diciamo che anche per esempio, guardando proprio l'ultimo salone del mobile, che è qua recente, noi abbiamo visto tantissimi prodotti, intrisi di novità, fra virgolette, perché oramai anche nel mondo dell'arredo è difficile trovare la cosa nuova. Però intrisi di storia e quindi anche appunto di quella ricerca del dettaglio, che è quella che forse credo possa fare un po' la differenza su un prodotto, mi piace o non mi piace, perché ci troviamo di fronte oramai veramente a una quantità enorme di oggetti che saper distinguere. Il bello dal brutto non è poi facile. Certo che quando parliamo di design, non parliamo solo di design, perché il nostro design entra negli interni. Il nostro design, come dicevi tu, entra nel lifestyle. Il nostro design entra nelle tre F, perché sono i tre temi che sicuramente vengono toccati principalmente dal mondo del design. Quindi tutto il forniture e tutto il mondo che sta dietro al mondo dei mobili. Il food, solo per portare un piccolo esempio, proprio con Esquisita, abbiamo affrontato un tema di packaging che apparentemente è semplice. Dopo magari possiamo anche scartarlo se è lo stesso. Apparentemente semplice, ma che è diventata una microarchitettura. Quindi anche queste contaminazioni che abbiamo in studio, proprio anche perché arriviamo anche da mondi diversi, ma che però oramai abbiamo veramente intrecciato le nostre professionalità, Paolo ed io, ci aiutano anche a vedere con un occhio diverso con una scala diversa quello che è l'oggetto di design da un edificio o da un volume architettonico. Questo è bellissimo, l'idea di poter progettare un enorme palazzo però di poter riprodurre in una scatola di cioccolatini sattamente lo stesso equilibrio di forme. Io credo sia veramente un indici di abilità anche un indici di capacità di essere eclettici di prendere sul serio le piccole come le grandi cose. Perché non è detto che si debba progettare soltanto palazzi, a volte è quasi più difficile inventare qualcosa di nuovo sul dettaglio. È vero, ci sono tanti aneddoti che possono raccontare questa cosa, ma a volte ci siamo trovati veramente in difficoltà a dover sviluppare un progetto, per esempio, di interior, di un appartamento di 50 metri quadri, piuttosto che l'attico di 300 metri quadri, perché tutte le cose ci devono stare anche in quello piccolo spazio quindi la complessità diventa molto maggiore. Il disegnare ad hoc e curare veramente in tutti i piccoli centimetri che ci sono diventa complesso. Come, appunto, lo può essere in un oggetto piccolo tipo il packaging, ma anche negli oggetti di design, perché c'è tutta la tecnologia... Allora, chiaramente noi non possiamo sapere tutto, però avere un'informazione delle tecnologie che abbiamo a disposizione questo è dovuto nel mondo creativo. Quindi avere anche questa contaminazione fra di noi, di portare mondi diversi all'interno del nostro studio, credo che ci aiuti. Che è un po' anche quello che stiamo facendo qui oggi con l'economia della bellezza. Ciascuno ha le sue competenze. Io credo che le contaminazioni siano importanti nel momento in cui però ciascuno mantiene la sua identità , appunto, coinvolge e dialoga con tutti gli altri mondi. Un po' come dicevamo ieri, parlavamo di altri mondi, di creatività, di danza, di arte. E' molto importante non fraintendere i diversi ambiti, ma nello stesso tempo metterli in dialogo fra loro. Ma tu citavi alcune cose molto interessanti, secondo me, proprio per fare questo viaggio un po' rapido che stiamo facendo in quello che è proprio l'identità del Made in Italy e delle Treffe. Citavi due cose. Uno, l'importanza dei materiali. A me viene da aggiungere l'importanza anche della filiera. Se c'è una realtà che in Italia c'è ancora e nessun paese ce l'ha, è proprio la possibilità di avere intere filiere complete dove, appunto, dall'inizio, dalla produzione fino al prodotto finito, ci sono tutte le lavorazioni. E l'altro, quello che citavi, è le radici, l'heritage, che è una parola di cui si parla, si ripete tantissimo. Qui avete tre esempi completamente diversi di tre realtà familiari di persone che hanno raccolto l'heredità di chi le ha precedute e rilanciato in un modo innovativo. Quindi, Valtetto Mio, vengo di nuovo da lei perché il nonno ha cominciato e poi la mamma e il papà poi arriviamo oggi. Raccontiamo un po' questa storia di famiglia perché, insomma, ereditare una tradizione di famiglia da un lato è una ricchezza, dall'altro è una bella responsabilità. Sì, sì. Il nonno parte nel 1920, quindi ha più di cent'anni di impresa, parte con una drogheria, il nonno. E poi il papà nel 1952 crea anche il mondo dei dolci, quindi porta il focus sulla dolceria e sul cioccolato. Dopodiché nel 2000, con mia moglie la mia famiglia, la più piccola della mia figlia qui, abbiamo pensato di andare a Monte quindi di integrarci con dei cioccolatieri andare a fare noi le produzioni di cioccolato, creando anche il marchio exquisite, insomma. Scegliendoci un marchio che ha a che fare con quello che ci piace, dal latino exquare, ricercare, esplorare. È quello che ci piace, insomma, giocare con gli elementi andare a ricerca. Questa è la nostra passione, sì. Ma quanto è cambiata l'azienda, se posso definirla appunto così, rispetto al concetto che aveva in mente il nonno? Completamente, sì. Diciamo che se vogliamo rintracciare un filo conduttore, c'è questo, d è la passione per le cose fatte e fatte bene. Questo, sì. Questo ce l'aveva il nonno, l'ha trasmessa al babbo, il babbo l'ha trasmessa a noi, insomma. Questo è il filo conduttore. Però parliamo di una trasformazione importante, insomma. Questi 103 anni è successo di tutto, è cambiato il mondo. Noi abbiamo intravisto la possibilità, a un certo punto, di riposizionare l'azienda, andando a intraprendere un viaggio verso una nicchia ancora più nicchia, con tutto quello che ne consegue a livello di strategie di nicchia, quindi di crearsi una forte identità, quindi di fare un grosso lavoro prima che sul prodotto, su noi stessi, questo ci ha permesso di fare un percorso di identità, quindi una forte coincidenza tra noi e la nostra azienda, insomma. Un percorso un po' alternativo, se vogliamo, rispetto a molti modelli. A noi ci ha guidato questo, il cercare di investire sulla risorsa più importante per noi, ovviamente, che siamo noi, cioè noi intendo la mia squadra, io, i nostri collaboratori, i nostri elfi. Noi abbiamo degli elfi, non so se gli ho detto, abbiamo degli elfi. Abbiamo questa cooperativa sociale che dà lavoro a ragazzi diversamente abili, che sono straordinari, i nostri confezionamenti vengono realizzati da loro. Noi li chiamiamo simpaticamente gli elfi della nostra azienda. Quindi un investimento importante sull'aspetto umano, quindi i fornitori, per esempio, amano sempre dire, noi li scegliamo partendo per noi tutto da mi piace questa persona oppure no. Poi l'aspetto del prezzo, eccetera, sono tutte cose interessanti, ma ci è piaciuto circondarci in tutti i livelli dai designer, all'elettricista che viene a lavorare alle chiavi dell'azienda per lavorare, ai fornitori di qualsiasi cosa, anche ai clienti e ai nostri rivenditori. Cerchiamo di circondarci di belle persone, cioè persone che sposino questo nostro modo di vedere le cose. Questo, ovviamente, è possibile su dimensioni, sulle dimensioni che dicevamo, la nicchia della nicchia. In realtà, economicamente, si possono sostanzialmente fare due cose. Uno è quello di aumentare i numeri, via via. I grandi gruppi sono obbligati a fare grandi numeri. L'altro è invece operare verticalmente, andare sempre più nella specializzazione, magari tenere numeri piccoli, ma quei numeri piccoli ti consentono comunque di rendere il business sostenibile, proprio perché è piccolo, il vostro modello di business. Qual è? Tanto mi ha affascinato il suo. Willy Wonka, la fabbrica del cioccolato. Tutti noi, forse, l'abbiamo visto, questo film fascinosissimo. Quindi, già vogliamo visitare la exquisita. Anche se io andare sotto le Dolomiti a scoprire come funzionano le bolle e altre sensorialità su cui voi lavorate, credo sia altrettanto interessante. Allora, noi abbiamo sicuramente un modello di business diverso. Noi stiamo affrontando una sfida che è esageratamente faticosa, ma sono convinto che siamo abituati a lavorarci sulle cose. Ossia, il nostro è un settore che è veramente molto difficile da scalare. Cioè, tutto ciò che produciamo noi è poco scalabile. E quindi è un sistema artigianale da un punto di vista produttivo, che poi viene venduto e installato, è una complessità esagerata, poi deve essere anche spiegato se vuoi arrivare al risultato finale del beneficio. Quindi, quello che stiamo cercando di fare noi è che siamo in qualche modo abbastanza forti sul mercato italiano perché riusciamo a governare tutta la filiera. Quando invece deleghi la filiera, non riesce ad averne il controllo. E in un'ottica di sviluppo di una qualità del processo, invece, l'obiettivo nostro è quello di riuscire a governare la filiera. Per cui, nei paesi che abbiamo deciso di entrare prima, abbiamo fatto un primo sondaggio estero. Prima parlava dell'effetto che ha il Made in Italy all'estero. Noi abbiamo effettivamente la possibilità di esportare molto. Però, per esportare, hai bisogno di avere le persone informate. Quindi, prima siamo stati, diciamo così, ci sono venuti addosso e hanno detto, vorremmo esportare. Quindi, abbiamo fatto un primo sondaggio. E oggi, invece, stiamo facendo il secondo step della distribuzione dello sviluppo del nostro modello di business, che è quello di entrare nei paesi, provare a governare tutta la filiera, in qualche modo, dalla vendita all'installazione, con tutto quello che ne consegue, perché è una fettica incredibile, soprattutto per una dimensione di azienda come la nostra. E quindi, diventare un player di riferimento in quel paese. Lo stiamo facendo oggi nei paesi più vicini a noi. Quindi, controllare tutta la filiera significa con persone vostre? Con persone nostre o comunque dedicata al 100% a noi. Questo è... Però, devo dire che proprio perché non vendiamo un prodotto, ma vendiamo uno stile di vita, vendiamo un'applicazione, anche i venditori, anche la parte commerciale, ha bisogno di essere estremamente formata e dentro, condivido il valore delle persone. Senza le persone non riesce a costruire assolutamente nulla. E' maggior ragione per dimensioni come le nostre è maggior ragione quando tu provi a vendere un prodotto ad alto valore aggiunto, ma che comunque si porta dietro una artigiannalità che fa fatica a rifare quello stampino. Cioè, hai bisogno dell'esperienza, hai bisogno della qualità delle persone che fanno le cose. E questo poi si riflette anche nella scalabilità del business. Poi ci stiamo lavorando, stiamo cercando di rendercela un po' più facile, perché vorremmo diventare una realtà non solo... Riteniamo che il nostro... che per come siamo fatti noi per l'ambizione che abbiamo, possiamo dire la nostra nel mercato del benessere globale, seppur sarà un mercato di niche. E quindi abbiamo voglia di renderlo più facile di renderlo più scalabile. Però ci portiamo dietro queste complessità all'origine con queste ci conviviamo e probabilmente lo rendono più affascinante. Certo. Beh, il tema dell'espansione è veramente un tema centrale per il tessuto italiano, dove la maggior parte delle aziende sono piccole o medie aziende non a caso poi, nel momento in cui si deve fare il salto internazionale, alcune riescono e altre no. Sono i due grandi temi, appunto, delle aziende italiane, sono quello e sono il passaggio di testimone fra generazioni, che è un altro elemento di grandissima difficoltà di grandissima delicatezza. Starpool esiste da 50 anni, è corretto? Da 1975, sì. Quindi anche qui c'è una storia importante. È una storia, la cosa che l'azienda l'aveva creata mio padre di là dei passaggi generazionali che ci sono stati, io la gestisco da vent'anni devo dire che prima si diceva che in cent'anni è cambiato il mondo. Nel benessere il mondo è cambiato, negli ultimi vent'anni è cambiato penso dieci volte. Se pensiamo agli ultimi tre anni ha fatto tre giri carpiati ha cambiato totalmente la modalità di vivere il benessere delle persone. Per cui noi ci troviamo in mezzo. La cosa che però mi piace ricordare della storia dell'azienda è che nel 1975 nello statuto c'è scritto che Starpool nasce per occuparsi di tutte quelle attività per lo sviluppo armonico di corpo e mente. Che detta oggi può sembrare banale, ma detta nel 1975 è di un lungimirante che nessun altro poteva... Non si parlava di benessero l'istico allora. Assolutamente. E devo dire che alle volte anche in maniera assolutamente casuale o non ricercata, forse oggi siamo più attenti, siamo sempre stati molto coerenti allo statuto originale. Proprio perché tutto quello che facevamo a tutto quello che facevamo cercavamo di dargli un senso. E che il senso fosse effettivamente l'efficacia o l'impatto positivo sulla persona. E quindi questa è l'eredità generazionale che sto portando avanti. Interpretata. A proposito di eredità generazionale, chiedo, Michela, di uscire dal suo understatement. Che le riconosco e che è una qualità bellissima. Però, ecco, di raccontarci anche il vostro passaggio generazionale, perché voi avete alle spalle due importanti figure di riferimento, di cui, fra l'altro, in questo momento si sta anche parlando più del solito. Però non vi anticipo niente e lascio dire a Michela. Innanzitutto il peso e la bellezza, come sempre, di questo cognome e l'eredità che avete raccolto e state portando avanti. Diciamo che allora parto prima con il papà, perché ovviamente di cuore è lui che credo ci abbia avviato questa professione. Perché credo che sia solo grazie all'entusiasmo che portava a casa, raccontandoci dei suoi progetti, dei suoi clienti, di come sviluppavano. Nonostante parlassimo di anni molto più facili, quindi sicuramente non con le problematiche di adesso, però credo che sia stato un po' quello che ha fatto sì che continuassimo sulla sua strada ci innestassimo sulla sua attività, quando lui ancora c'era, quindi abbiamo potuto lavorare tanto anche con lui. E quindi questa è un po' la bellezza e non il peso, devo dire, assolutamente, perché è sempre stata una persona che ci ha lasciato fare la nostra strada. Poi immagino che ti riferisci, senza immaginarmi, all'altro nostro, noi lo chiamiamo Zio, ma è un parentale a lontana, Luciano Baldessari, che comunque ha avuto un peso nell'architettura italiana non solo, molto importante. Ma forse un po' dimenticato, quindi per volontà della moglie, Zita Mosca Baldessari, è stata costituita questa fondazione, fondazione Casva, che ha sostanzialmente cercato di riaprire un cassetto per rimettere in circolazione tutta una serie di informazioni che forse erano rimaste un pochino sottotraccia. E quindi proprio adesso, lo scorso 5 maggio, abbiamo inaugurato, anzi, prima avevamo inaugurato, alla fine di aprile, mi pare, una mostra a Bergamo, che ha avuto una durata limitata, un po' più limitata nel tempo, invece questa, che durerà per tutto il periodo della Biennale, una mostra alla fondazione Cini, dal titolo Architetture per la Scena. Diciamo che un po' il filo conduttore, anche qui, si intersecano le cose, perché anche lui è stato un progettista veramente molto eclettico, perché è stato scenografo, è stato artista, è stato architetto, che più ne ha, più ne metta. Però noi abbiamo trovato, in questo primo percorso, che, tra l'altro, aveva trovato l'edizione 0 l'anno scorso al Salone del Mobile, con l'uscita, siamo riusciti a rieditare, a rimettere in produzione, una lampada che lui aveva disegnato, che era partita prima come manichino per l'Expo di Barcellona del 29, dove, negli stand dei testi italiani, aveva esposto questo oggetto per esporre i tessuti. E poi è stata trasformata in lampada, siamo stati molto contenti di aver rintracciato un'azienda molto qualificata, Codice Icona, che ha proprio nel suo DNA quello di andare a recuperare i progetti dei grandi maestri del Novecento, non in produzione, per dedicare una riedizione. Questo è stato un po' il filo conduttore di queste tre mostre iniziali. Adesso la cosa vorrà solo che andare avanti continuare a dare voce a questo architetto che comunque leggo. Storici come Fulvio, Irace, Cesare de Sete e Vittorio Vigone gli hanno riservato un posto di spicco nella storia dell'architettura del XX secolo. Quindi anche qui una grande trasversalità di progetto. Sì, perché lui poi si è dedicato anche proprio alle scenografie teatrali, ha fatto veramente una grande, oltre che grandi, padiglioni, palazzi, ha avuto una grande trasversalità anche lui. Scenografie teatrali, così richiamiamo di nuovo l'economia della bellezza di cui parlavamo ieri. Allora, noi abbiamo poco tempo e nel poco tempo che ci rimane propongo e mi ospiti di fare una cosa difficile, perché ieri abbiamo parlato di oriento occidente, di artesella siamo stati un po' facilitati perché avevamo delle immagini che passavano alle nostre spalle. E quindi, man mano che si raccontavano i progetti, però gli occhi aiutavano e l'immaginazione era aiutata dall'immagine. Non dice la parola stessa. Qui, invece, dobbiamo evocare i sensi, dobbiamo evocare il gusto, il piacere, appunto, di una pralina che si scioglie in bocca, oppure il piacere di immergersi in una vasca con profumi, colori questo senso di grande benessere e non vi facciamo vedere niente. Quindi chiedo ai miei ospiti uno sforzo enorme di provare a raccontare uno, non abbiamo tempo per più di uno, uno dei loro prodotti, narrandolo e facendoci immergere dentro come se lo stessimo, assaggiando, provando, toccando. Difficile, eh? Non ci siamo preparati prima, quindi dovete avere un po' di indulgenza. Ci proviamo. Devo farlo a coloro? Posso stare in piedi che forse è più facile? È più facile. Eh sì, dai, è un po' di verticalità, insomma. Allora, vi racconto la pralina che abbiamo creato per Palazzo Ducale di Piazza San Marco in Venezia. È stato un incarico piuttosto impegnativo. Ci chiama giù la fondazione dei musei civici, andiamo giù con mia moglie. Parlo del 2017-18. E ci dicono che hanno sentito parlare di questi lavori che facciamo, di creare praline, di prendere una razione e trasformarla in cioccolato. E quindi gli chiediamo cosa vogliono raccontare. Quindi ci mettiamo in ascolto, come dicevamo prima. E loro ci dicono degli elementi, un insieme di cose, che poi noi sintetizziamo in quattro piste. Quindi praticamente dopo aver elaborato quello che ci avevo detto, gli diciamo, ma se abbiamo capito bene, noi dovremo raccontare queste quattro cose. La trattificazione di Palazzo Ducale di Piazza San Marco. Dovremmo poi raccontare, da quello che ci avete detto voi, la centralità di Venezia tra Oriente e Occidente. Dovremmo raccontare il tema della luce di Venezia e dei Tramonti sulla Giudecca. E dovremmo raccontare il tema lato, così, se avete detto voi, della bellezza. E voi ci avete detto, sì, provate. Tutto in un cioccolatino, è corretto? Sì, sì, in un cioccolatino. E quindi, il procedimento, lo ho già detto prima, quindi noi ci siamo solo dedicati a studiare Palazzo Ducale, quindi andare su e giù da Venezia, dove uno dei nostri figli vive, a frequentare Palazzo Ducale, a studiarci un attimino per innamorarci. E quindi è nata una pralina, è nata da sola, ripeto, così. È nata fatta a due strati, sotto è un cioccolato bianco con l'arancia sopra un cioccolato fondente. Arancia perché, e abbiamo capito dopo che ho letto la ricetta il perché, arancia perché l'arancia è un albero originario della Cina, traslato da est a ovest, noi oggi lo consideriamo un simbo del Mediterraneo, quindi c'è questa traslazione est-ovest. Arancia perché mi permette di dare una spiccata acidità al cioccolato bianco che mi guiderà durante tutta la degustazione. Arancia perché mi permette di colorare di arancione il cioccolato bianco casualmente l'arancione è il nostro colore totemico, la nostra azienda è tutta arancione. Arancia perché mi permette di dare luce quando la scartiamo proprio siamo subito catturati a questa luce arancione quindi di prendere i tramonti della Giudecca e inserirli nella parte bassa della pralina. Sopra è un altro strato, appunto la stratificazione di palazzo ducale, quindi cioccolato fondente con un solo cacao proveniente da Trinità del Tobago, si chiama Trinitario questo cacao. Dentro ancora strati, uno strato di gianduia di nocciole, quindi la gianduia classica, perché il nocciolo è una pianta originaria dell'Asia minore, l'Anatoge, la tuaia e Turchia, ma oggi la nocciola più pregiata al mondo è la Piemonte IGP, la trilubata tonda gentile e langhe, quindi c'è questa traslazione est-ovest ancora. Sopra abbiamo fatto un altro strato che è di gianduia di mandorle, quindi una gianduia anomala, perché il mandorlo è un albero originario dell'Indocina in Italia è uno dei primi alberi che fioliscono primavera, ancora al tema della luce, ma luce stavolta è intesa come rinascita, non tanto come la luce del cielo. E infine l'ultimo ingrediente, sulle orme di Marco Polo, siamo andati a prendere il pepe di Sichuan, regione della Cina, che dà un effetto paradossale in bocca, perché pungente, ma fresco, apporta una grande freschezza. Alla fine di tutto questo cerchio abbiamo scoperto che tutti gli ingredienti hanno un senso anche geografico. L'ingrediente più occidentale che abbiamo utilizzato viene da Trinidad. L'ingrediente più orientale viene da Sichuan. Se voi aprite in Atlante, vedrete che casualmente sono equidistanti, sono solo 30 km di distanza da Venezia. Quindi la pralina è stata costruita, è nata, con Venezia al centro di Oriente e di Occidente, insomma. È nata esattamente così. Però manca ancora un tema, quello della bellezza. Ho capito, Walter, bravo, bravo, ma la bellezza dove la metti? Il pepe del Sichuan apporta una freschezza esasperata a questa pralina, perché quando voi l'assaggiate, mentre tutte le altre praline le possedete, cioè voi dite, ho capito il gusto, questa sa di lampone, questa sa di cioccolato, quella lì è sfuggevole. Voi potete mangiare dieci, cento, non riuscirete mai a catturarla. È la bellezza, non è una cosa che possiamo catturare, è una cosa che ci porta nell'ulteriorità. Questa è la pralina di Palazzo. È nata così, non lo meriti, è arrivata così, insomma. Non so, siete riusciti a capire? Ci facciamo un applauso a questo racconto meraviglioso che ha fatto veramente... Vedete quanto è importante la narrazione. E adesso facciamo quest'altro esperimento. Chiedo a Riccardo Turri, magari noi facciamo finta di avere tutto il tempo davanti a noi non invece soltanto un minuto per chiudere questo incontro, ci regala un momento di benessere. Allora... Aspetta. Difficile. Però... Nel nostro misurare tutte le cose che facciamo, le sauna, i bagni di vapore, le piscine, a un certo punto, per incontri fortuiti, abbiamo capito che il galleggiamento... poteva avere degli effetti straordinari. E quindi ci siamo messi a studiare. E in effetti il galleggiamento, anche per dopo tutta la misurazione che abbiamo fatto, è l'unico trattamento che in 20 minuti ti garantisce una riduzione dei parametri dello stress dal 20% al 30%. E questo risultato te lo porti... E' prolungato, si mantiene. Il galleggiamento, tutti abbiamo galleggiato. Al mare? Abbiamo mai fatto il morto? Quindi tutti sappiamo cosa vuol dire galleggiare. Oggi abbiamo sviluppato una tecnologia specifica per galleggiare, l'abbiamo fatta anche asciutta, così si può fare anche vestite. Quindi potete farlo vestito. Immaginatevi di essere effettivamente galleggianti... Vi viene a chiudere gli occhi? Chiudiamo gli occhi, troviamoci. E respirate profondamente con la pancia per un minuto. E pensate solo a voi stessi. Con la pancia dovete respirare. Posso dire una cosa? In tanti anni che ci conosciamo, ci propongono ogni volta che ci vediamo di provarla questa cosa. E non l'ho ancora provata, però adesso, per come l'hai raccontata, devo provarla. Ma adesso la puoi provare qui, devi chiudere gli occhi e respirare per un minuto. Sono già passati più di mezzo minuto. E proviamo a galleggiare. Se siete riusciti a galleggiare su delle sedie, penso che quando vi troverete in mezzo all'acqua, potrete goderne di questo effetto. È straordinario. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie a Riccardo Turri e grazie a Valterto Mio di esservi prestati anche a questo gioco che abbiamo fatto insieme. Non siamo dei sadici, per cui siccome abbiamo parlato di sensorialità di cinque sensi, vi invitiamo tutti all'aperitivo che c'è nel giardino qui fuori, dove appunto non ci saranno cioccolati, ma è il momento dell'aperitivo e quindi ci sarà un aperitivo, però in mezzo a un giardino, nella bellezza del luogo in cui siamo, è appunto la possibilità di una sensorialità allargata. Io però vorrei che mi raggiungesse anche Paolo qui così vi salutiamo insieme, perché... Ecco, e ci alziamo. Ci alziamo tutti in questa esperienza. Un ringraziamento in particolare sia Paolo che a Michela, con cui abbiamo costruito insieme appunto questo format di economia della bellezza adesso questa bellezza la concretizziamo in un aperitivo tutti insieme. Grazie. 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