Formare il futuro: scommettere sui giovani per generare cambiamento
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Formare il futuro: scommettere sui giovani per generare cambiamento
Si discutono le sfide dell'alta dispersione scolastica in Italia e le iniziative di diverse organizzazioni per contrastare questo fenomeno e promuovere l'attivismo giovanile. Intervengono relatori che presentano progetti innovativi di educazione, inclusione sociale e orientamento, utilizzando lo sport e la scienza come strumenti di empowerment. Si evidenzia la necessità di un approccio collaborativo tra istituzioni, terzo settore e giovani, superando le barriere economiche e culturali per creare un futuro più equo.
In questa serie di video Un film di Luca Bacchetta Cercavo il futuro Volevo toccare il cambiamento E un giorno mi sono guardato attorno E ho visto una città, la sua storia Una storia che non accettava limiti Che non voleva barriere Che guardava oltre E poi ho visto una comunità Che si è unita nell'acqua, nel fame Tra le speranze e i diritti E ha creduto alla solidarietà Alla condivisione E allora ho cercato per le strade tutto questo E ho incontrato una persona Poi un'altra E li ho visti essere presenti Con la loro attenzione Con il loro tempo E poi ho visto un'altra Per tutti E sai cosa? Ho voluto esserci anch'io E ho visto un sorriso Poi un'altra E poi il mio E allora ho capito il cambiamento Il futuro, è questo È energia che si trasforma in cura In sostegno E costruire un presente di tutti Più giusto, più equo E oggi siamo tantissimi in queste stesse strade Per una comunità che diventa sempre più grande Per un territorio che crede sempre di più ai valori E siamo così tanti Che quasi questa non è più solo una città Oggi siamo una capitale Buongiorno e benvenuti a questo evento Formare il futuro, scommettere sui giovani Per generare cambiamento Viviamo in un paese in cui abbiamo Punte di eccellenza da una parte E dall'altra una dispersione scolastica Che per esempio è tra le più alte d'Europa Anche se c'è un leggero miglioramento Negli ultimi anni, nel 2021 eravamo i terzi Nel 2022 siamo i quinti In Europa con una percentuale dell'11,5% Contro una media europea del 9,6% E un obiettivo che si è dato dell'Unione Europea Di arrivare al 2030 a una media del 9% Anche se poi abbiamo delle punte al sud del 18,8% E in alcune categorie, per esempio i figli di immigrati Che hanno una bassa scolarizzazione Che superano anche il 20% E poi come mi facevano notare C'è anche la dispersione implicita Che in alcuni casi aggiunge un ulteriore 10% A queste percentuali E sarebbero i ragazzi che arrivano A un nuovo luogo di studio Ma che non hanno acquisito nel frattempo Le competenze adatte E quindi la formazione diventa un problema E come risolvere la mancanza anche di formazione Quindi qui abbiamo delle esperienze Di tutte le persone che si occupano Di trovare anche una soluzione E di supplire in qualche modo Di accompagnare la scuola tradizionale Per riuscire a migliorare E magari anche ad appassionare i ragazzi In materia in cui magari la scuola Non riesce ad avvicinarli Allora io partirei con un ordine alfabetico Così rimaniamo assolutamente neutri Con Stefano Laffi Che è un sociologo e co-fondatore di Codici A cui appunto chiedo cosa fa Codici E come Codici aiuta a formare il futuro Allora Codici è una cooperativa sociale Basata a Milano ma siamo ottivi in tutta Italia Siamo 25 persone L'abbiamo creata con altri Io l'ho creata con altre 3 persone 18 anni fa Il nome intero è Codici Ricerca Intervento E di fatto noi crediamo che sia fondamentale Che la ricerca sia al servizio del cambiamento sociale E pensiamo che il cambiamento non si genera Senza il lavoro di ricerca che c'è a monte Quindi cerchiamo di tenere insieme queste due anime La nostra area elettiva è il welfare La nostra educazione, le politiche giovanili Quello che in genere facciamo Abbiamo scelto come taglio di lavoro metodologico La partecipazione, il protagonismo, la cittadinanza attiva Un po' le cose che abbiamo visto prima Abbiamo provato a scommettere credendoci molto Quasi come una scelta di parte Che fosse il caso di guardare con uno sguardo positive di fiducia Diciamo alle giovani generazioni Che cosa facciamo? Per esempio, così è molto concreto e si capisce Parto da qua, da Trento Un lavoro fatto poco tempo fa Più o meno un anno fa Il tema era quello della movida Quindi della convivenza fra anime diverse della città E allora ho provato a portare a Trento una tecnica psicoterapeutica Che viene dalla Finlandia L'ho modellata sulla mediazione dei conflitti Si chiamano dialoghi al futuro Il concetto è questo Quando hai un problema davanti Fai molto fatica a immaginare come cambiare quella roba lì Ti devi spostare in avanti nel tempo Andare a cinque anni da quel problema Descrivere al presente indicativo Quella situazione ottimale che sei riuscito a mettere in piedi E poi ti giri indietro E guardi rettorspettivamente come sia arrivata quella soluzione Così è molto più semplice pensare il cambiamento Che spingere in avanti e partire da oggi E dire come fai affrontare le cose E questa è una tecnica che si usa quando nei conflitti All'interno delle vite, per esempio, familiari Non se ne vede il capo Ma se mentalmente ti sposti dopo Questa cosa consente di sbloccare dei meccanismi mentali Che ti portano a delle soluzioni che altrimenti non vedi Un'altra cosa, in un altro territorio, a nord di Milano Il tema era un tema fortissimo Che c'entra coi dati che hai appena dato Il disorientamento dei ragazzi e ragazze di fontane scelte Di scuola, di università, di lavoro Non sanno da che parte girarsi Oggi senti in una classe delle scuole superiore Anche gli ultimi anni Chiedi quanti di voi temono di non essere nel posto giusto Almeno la metà alzano la mano E siamo al quarto anno di scuole superiore Quando chiedi quanti di voi sanno cosa fare domani 4, 5 su 25 lo sanno Questo vuol dire che è molto forte oggi il senso di insicurezza E difficoltà capire cosa fare Cosa fare oggi è oggettivamente complicato I nomi delle facoltà cambiano I nomi delle scuole superiori cambiano Oggi le scuole superiori non so se voi lo sapete Ma si chiamano in modi stranissimi Liceo scientifico con curvatura ambientale Hanno introdotto le curvature Quindi diventa molto disorientante Anche le facoltà hanno cambiato nomi I mestieri non li conosciamo Quindi questo mondo è complesso da affrontare La cosa che abbiamo pensato di fare L'ho chiamata biblioteca dei futuri possibili La biblioteca dei futuri possibili è questa Quando oggi tu devi decidere Se restare qui a andare a Londra a studiare Non lo sa la tua insegnante inglese Perché lì c'è andata, se c'è andata Prima della Brexit E cosa vuol dire oggi? Vivere a Londra o vivere in un'altra città inglese Studiare, provare a trovare lavoro Lo sa solo chi è appena partito Allora la biblioteca dei futuri possibili è questa Siamo andati a intervistare dei diplomati Un po' di diplomati che hanno fatto scelte diverse Che sono a 2, 3, 4 anni dal diploma Quindi hanno presente oggi Cosa vuol dire andare all'estero a studiare? Trovare casa a Bologna? Superare il test di medicina? Iniziare a lavorare? Solo loro sanno cosa vuol dire fare il weekendista da Primark Che è una cosa che nessuno all'agenzia dell'impiego Non sanno cos'è il weekendista da Primark C'è un sapere fortissimo, implicito Che è legato all'esperienza di vita dei ragazzi e ragazze La nostra idea è stata quella di metterlo a valore Ok, facciamosi che i veri orientatori delle scelte dei ragazzi e ragazze Siano i ragazzi stessi I fratelli e le sorelle maggiori per usare un'immagine Quindi raccogliere delle interviste Fare dei clip di 5 minuti Metterle su YouTube e dire Ok ragazzi, provate a sfogliare questo catalogo Provate a vedere se queste storie di oggi Di oggi, di vostre fratelle e sorelle maggiori Vi parlano rispetto alle scelte che state per fare Il terzo esempio che faremo Una cosa che stiamo facendo per il Comune di Milano Il Comune di Milano aveva questa necessità Simile al video che abbiamo visto Fare esordire i suoi adolescenti Allora abbiamo lanciato un bando Che si chiama Bando Centide Lo stiamo seguendo con altri partner Che vuol dire promuovere 100 gruppi Di adolescenti, quindi minorenni Che esordiscono sulla città Quindi coi loro gruppi di interesse E vengono finanziati per realizzare le loro attività Che sia da un torneo di scacchi di quartiere Piuttosto che una cosa musicale Una cosa artistica, ambientale Quello che è va bene tutto Questa è anche una tecnica per censire gli interessi Che hanno in questo momento Quindi cerchiamo di far emergere dei gruppi Che sono in potenza ma non sono ancora in atto Per far sì che la città veda gli adolescenti attivi E si accorga di quello che possono fare Una volta che hanno i mezzi per farlo Quindi accompagniamo questo processo per il risolvere Questi sono tre esempi Grazie Allora adesso andiamo avanti con Luca Solesin Che è responsabile dei programmi Giovanie scuole di Ascioca Che è una società americana Che però ormai è presente in tantissimi paesi Anche con voi ti chiedo Cosa fa Ascioca Cosa fa in Italia E cosa fate per formare il futuro Grazie mille, intanto buongiorno a tutti Grazie dell'invito Grazie di questa domanda Ascioca è un'organizzazione internazionale Non governativa Siamo presenti oramai da 40 anni Siamo in 90 paesi E ci occupiamo di cambiamento sociale Di trasformazione sociale Lo facciamo in tanti modi diversi Il primo modo E quello che abbiamo sempre fatto E continuiamo a fare anche in Italia E quello di selezionare, accompagnare Formare un network Di imprenditori e imprenditrici sociali Persone che con la loro idea Con la loro associazione Con il loro movimento, con la loro impresa Stanno trasformando la società Cercando di risolvere i problemi sociali Alla radice Con un approccio che noi chiamiamo Di cambiamento sistemico Quindi la famosa frase del nostro fondatore Non basta solo dare il pesce a chi ha fame Non basta nemmeno insegnarli a pescare Un imprenditore sociale Non si fermerà finché non avrà Rivoluzionata completamente l'industria della pesca Quindi noi quello che facciamo In 90 paesi E selezionare queste persone Fra cui Mohamed Yunus Che tra l'altro è ospite al festival Francesca Fedeli Che è un'altra delle vostre Relatrici di Fight e Stroke Il fondatore del Fairphone Il fondatore di Wikipedia Delle persone che appunto stanno Cambiando e hanno cambiato la nostra società In Italia noi siamo presenti Quasi da 10 anni Abbiamo continuato a fare Questo lavoro di selezione Di imprenditori e imprenditrici sociali E parallelamente abbiamo sviluppato Un programma, quello che seguo io Insieme ad alcune colleghe Legato all'innovazione educativa E all'intergenerazionalità Per contrastare un fenomeno Che abbiamo visto emergere Che è il fenomeno delle nuove disuguaglianze Disuguaglianze che abbiamo visto Continuano ad essercene Legate ai fattori che conosciamo Molto bene di status socioeconomico Ma anche con le disuguaglianze Dovute alla possibilità O meno di avere sviluppato Durante il percorso di crescita Quelle competenze che ti permettono Di diventare un cittadino attivo Responsabile nella società Quindi immaginiamoci davvero Tanti ragazzi ragazze che magari hanno preso un diploma Ma poi si ritroveranno incapaci Di partecipare ai meccanismi Di generazione del valore E quindi quello che facciamo Lo facciamo con tanti progetti Tante iniziative, accompagniamo i percorsi Di transizione Verso un'educazione più innovativa Lo facciamo con dei network Nettwork delle scuole change maker E il network dei giovani change maker Di persone che tramite attività di capacity building Di costruzione di un ecosistema Promuovono cambiamento sociale E' un po' molto ampio Come tema Non racconto nello specifico Dei determinati progetti Però ci occupiamo di questo Grazie, andiamo avanti con Alessandro Tappa Che è fondatore e presidente Sport senza frontiere Quindi, sempre formazione E' un altro tipo di formazione Però prima che risponde alla domanda Vediamo un video che ci racconta l'attività Sport senza frontiere Onlus Lavora per un mondo in cui lo sport Sia un diritto sociale E accessibile, riconosciuto come strumento Di educazione, inclusione E coesione sociale Per questo Abbiamo sviluppato un modello di intervento Rivolto a bambini e ragazzi Al rischio di marginazione Che prevede per ognuno di loro Una presa in carico dal punto di vista sportivo E sanitario E un protocollo di monitoraggio Che ne verifica il percorso Grazie ad una rete solidale di società sportive Che li accoglie Ogni giorno li portiamo sui campi di allenamento In piscina, in palestra Li accompagniamo alle visite mediche Ascoltiamo i loro bisogni E interveniamo a supporto Dell'intero nucleo familiare Se la situazione lo richiede Facciamo di tutto Perché diventino adulti sani e responsabili Capaci di valorizzare Le proprie risorse E gestire le loro sconfitte Questo ci insegna lo sport E noi, gente di sport Senza frontiere In questo crediamo E' un'altra cosa Che è la mia domanda E' un'altra cosa Che è la mia domanda E' un'altra cosa Che è la mia domanda E' un'altra cosa Che è la mia domanda E' un'altra cosa Che è la mia domanda E' un'altra cosa Che è la mia domanda E' un'altra cosa Che è la mia domanda Il mondo sportivo è bellissimo Dal punto di vista formativo E perciò, ormai 14 anni fa Come un gruppo di amici Abbiamo avuto la visione E l'idea di dar vita A un'organizzazione Che fosse dedicata A utilizzare tutto il potenziale Dello sport Il mondo sportivo normalmente È fatto di tanto volontariato Di imprese fantastiche Però mancava qualcosa E' un approccio di politiche Di cambiamento Perciò Sport senza frontiere Nasce con questo scopo qui Ci siamo particolarmente concentrati Sul modello di intervento Su come lo sport Potesse esercitare cambiamenti Importanti Perciò lavoriamo insieme agli altri Abbiamo organizzato un modello Che prende tre reti Una prima rete sono gli enti segnalatori Chi ci indica ai bambini Non è facile partire Però abbiamo messo in piedi una rete Fatta dai servizi sociali dei comuni Dalle associazioni del terzo settore Tipo Caritas, Comunità di Sant'Egidio I centri di aggregazione Le case famiglia Le parrocchie, le scuole Che sono un enti segnalatore importantissimo Poi ci siamo resi conto Che se vuoi parlare di inclusione sociale Non puoi trascuare l'aspetto Del benessere psicofisico Della prevenzione sanitaria Della partita sportiva Di screening approfonditi Che abbiamo elaborato insieme a qualche università E poi alla parte centrale dello sport Noi nasciamo dal basso Senza neanche un impianto sportivo Di proprietà Questo nasce a Roma In un quartiere di Roma Nord E perciò da subito necessità e virtù Ci si mette insieme Perciò la costituzione di una rete Di tante società sportive Che credono nel progetto E quindi è il nostro braccio armato Perciò noi tipicamente Inseriamo i bambini proprio nei corsi sportivi Dove vanno i nostri figli E questo è decisivo Nel senso che il concetto di integrazione Viene praticato automaticamente Insomma nasciamo 14 anni fa Adesso siamo presenti In 9 città italiane Non mi sembra possibile questa cosa Però è accaduto Siamo molto dedicati a questo Tra l'altro qui a Trento 8 anni fa Il sport senza frontiere Trentino E saluto il presidente Marcello Carli Che è lì seduto Insomma è uno che ha creduto all'epoca Fermamente in questo progetto Ed è molto bello Vedere come accadono cose Abbiamo capito che ci stavano tanti punti Di delicatezza, non basta mettere un bambino A fare sport affinché si esercita Un cambiamento, non basta Perciò da qui una rete intorno Noi abbiamo dei tutor-educatori Percorso dei bambini dialogando Con gli allenatori sportivi Con l'associazione sportiva che viene formata Abbiamo i nostri psicologi e psicologhe Che esercitano un monitoraggio Attento a come va l'andamento Del percorso del bambino Ci occupiamo delle famiglie Perché se non lavori con la famiglia Spesso e volentieri qualsiasi tipo di intervento Salta, chiaramente purtroppo Abbiamo bambini affidati ai servizi Che non hanno famiglia Ma la maggior parte, per fortuna, famiglie Ci occupiamo di bambini e ragazzi In condizioni di forte disagio socio-economico Parliamo di povertà Parliamo di esclusione sociale Di mancanza di opportunità Perciò il lavoro è quello di garantire L'accesso gratuito alla pratica sportiva Ma andando un po' in oltre Perciò sostegno della famiglia Sostenio scolastico L'inclusione è fatta di tante cose L'intuizione, ma non è un'intuizione originale Però lo sport è il potere attrattivo Che lavora sulle emozioni Sul gioco, sulla passione L'aggancio è lo sport E si lavora intorno al beneficiario Creando una rete Che esercitiamo Insieme ad altre realtà Questo è quello che fa Sport senza frontiere Ormai da diversi anni Poi magari vi racconterò qualche altra cosa Abbiamo tempo per continuare Invece finiamo questo primo giro di presentazioni Con Erzie Lavaudo Che è un astrofisica È chief diversity officer dell'Agenzia Spaziale Europea Ma è anche presidente e fondatrice Del Ciale Otinerante Che ci racconterà che cosa fa Perché è un'iniziativa per avvicinare i giovani A materie che spesso sono considerate A scuola un po' complicate Però anche in questo caso Vediamo prima dell'intervento un video L'universo è un'ora Per vedere le cose che stanno scritte sui libri Nella strada vedessi un cielo grandissimo Le stelle, tutto Tutti i pianeti dell'Italia, tutti Penso alle stelle Mi piace la luce che trasmettono Talmente forte Che si riesce a percepire Che la luce è una macchina del tempo Ogni puntino È un attimo di passato diverso Ho visto la luna Ed era piena di bughi E l'ultimo è la luna E' un'altra luna Ed era piena di bughi Da bambina ero affascinata Dalla luna, questa meraviglia In fondo ha nutrito la mia curiosità E la scienza non è difficile La scienza ha il suo linguaggio E va semplicemente trasformata e portata A un linguaggio che possa essere compreso da tutti In Italia sono tanti luoghi In cui non arriva la scienza Ed è proprio in quelle zone che il cielo vuole andare E lo fa in maniera itinerante La parola desiderio viene da desidera essere Lontani dalle stelle Abbiamo tutti bisogno di una tensione in avanti Una grande Vorrei viaggiare nel tempo Perché vorrei vedere altre cose nuove Che le altre persone le vedranno dopo Come distingui il giorno della notte? Quando tornate sulla terra Avete difficoltà Sei mai uscita con la tua Fuori da una vicenda Come è nata la tua passata Per il viaggio nello spazio? Over Soprattutto da bambina Un po' guardando il cielo come state facendo voi Con il cielo itinerante Un po' con gli studio Un po' anche con le serie televisive come Star Trek Over Il mio sogno da grande È diventare ingegnere Però la dipende perché poi la vita cambia Come ha insegnato proprio oggi Samantha Anche lei con un film si è fatta ispirare E gli è cambiata la vita E non mi cambia niente Non è come a Ciro quando va a essere senti Sallutiti la tua testa Le bambine spesso non si autorizzano Neanche a sognare di essere astronauti Quello che si chiama un dream gap Samantha Cristoforetti è stata In grado di trasmettere Che non è poi così eccezionale Pensare che si possono fare grandi cose Grazie a lei, grazie alla sua voce Ho capito che niente è impossibile E che quindi anche in futuro Potrà diventare un astronauta Nasciamo con una grandissima voglia Di capire questo mondo a cui apparteniamo La miraviglia del mondo intorno a noi Grazie, sono davvero felice di essere qua Perché mi rando conto che le speranze Sono diverse, ma i valori sono gli stessi E soprattutto il target Quindi di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui E di essere qui ho inuchivo blob un altro al centro della città, quindi periferie che hanno tutte caratteristiche diverse, è proprio quello di una sorta di desiderio indebolito, cioè non si riesce a desiderare qualcosa per se stessi, al di là di un contesto che ti trattiene giù, non ti dà stimoli. Quindi sono felice anche appunto di venire a conoscenza di tutte queste altre iniziative e poi spero che ne continueremo a parlare. Lo spazio sicuramente è un grandissimo attivatore di trasformazione. Noi abbiamo avuto ormai, diciamo, incontrato più di 4.000 bambini e lavoriamo con Ipsos per valutare l'impatto di quello che facciamo su questi bambini. Fondamentalmente abbiamo una possibilità di proposte, andiamo col pulmino, un pomeriggio in piazza si impara a cucinare comete, a costruire un razzo e la sera si guardano le stelle, la notte con un telescopio, oppure campi estivi. Ma quello che vi posso dire è quando un bambino o una bambina vengono da queste situazioni complesse, anche psicologicamente complesse, guardano i criteri della luna o gli anelli di Saturno, sicuramente una trasformazione si mette in atto. Cominciano a volere qualcosa in più per loro stessi e cominciano a chiederlo. Noi poi cerchiamo anche di seguire quello che succede dopo. Non lavoriamo con le scuole, lavoriamo con il terzo settore, che è un elemento molto importante proprio per in qualche modo andare ma poter restare. E fondamentalmente al di là del potere del cielo e di quello che rappresenta, mi posso raccontare episodi meravigliosi, perché poi appunto in questi bambini in realtà c'è un potenziale straordinario. Per dirvi una volta, la prima volta in realtà che siamo andati è stato a Forcella a Milano parlando della velocità della luce, poi è venuta da me una bambina di 8 anni, mi ha chiesto ma la velocità del buio? Perché la notte ci mette un po' ad arrivare. Quindi c'è una curiosità infinita che cerca solo appunto di essere smossa, di essere stimolata. In realtà la militanza del messaggio politico per noi è soprattutto rispetto alla matematica. La matematica è un abilitatore di futuro ed è un abilitatore di pariopportunità. Se i bambini vengono lasciati fuori già dalle elementari e dalla matematica, non avranno poi possibilità di avere accesso a diventare ingegnere, ma anche ad altro, non è necessario per forza diventare ingegneri, ma è un linguaggio che è sempre più essenziale per navigare il mondo di domani e comunque restare fuori dalla matematica già da piccoli significa che poi appunto non si potrà scegliere il proprio futuro in modo giusto, equilibrato. E chi viene da disagio socioeconomico rimane sempre, e questo in tutti i paesi OX, e non solo in Italia, fuori dalla matematica. Io vivo in Francia, nel 2017 la matematica fu dichiarata emergenza nazionale, non solo perché c'è una considerazione economica, un paese debole in matematica lo sarà anche economicamente, ma perché era chiaro che chi si sente inadeguato rispetto al linguaggio della matematica sarà poi ad adulto più incline a diffidare della scienza, a ridere gli esperti, a delegare ragionamenti complessi. Quindi la democrazia stessa ha rischio, la democrazia stessa che è più debole. Abbiamo parlato anche dell'esercizio di una cittadinanza consapevole che passa anche dal non sentirsi esclusi da questi mondi. Quindi l'inclusione nella matematica è fondamentale. Noi l'estate scorsa abbiamo fatto un esperimento bellissimo per cui abbiamo avuto anche un premio dal Financial Times e ciò abbiamo fatto venire a Napoli dei professori di Stanford che hanno sviluppato un metodo molto innovativo di insegnamento della matematica. Abbiamo selezionato 30 ragazzi universitari da tutta Italia che hanno poi fatto quattro settimane di campi estivi in matematica e devo dire che portarli dopo la scuola a fare i campi estivi in matematica non è semplice, con risultati enormi, perché sempre misurando l'impatto questi bambini ti dicono la matematica mi fa schifo, ma poi ti dicono quanto sarebbe bello essere bravi in matematica. E riallaccio un punto perché abbiamo scelto i ragazzi universitari perché io credo moltissimo nel messaggio dei role models di prossimità inutile. L'adulto e il bambino si stabilisce sempre una percezione di genitore, figlio o insegnante, che invece è il 22enne che può cambiare la vita del 12enne, perché loro riescono a proiettarsi e c'è una fiducia diversa. Quindi i risultati si vedono e cerchiamo anche nel tempo di coltivare questa cosa e aggiungo una cosa sempre riferente a quello che è stato detto. È vero che i ragazzi non sanno cosa vogliono fare, però secondo me è molto importante anche cominciare a chiedere loro che tipo di vita vorresti fare e qual è il tuo talento, perché loro non si fanno questa domanda e quando gli chiedi qual è il tuo talento, anche lì qualcosa si smuove. Grazie. Grazie. E vi vorrei fare una domanda a tutti sempre nel giro, perché sono tutte iniziative che vanno a incidere sulla formazione, sulla mancanza anche di formazione in alcune aree, su situazioni socio-economiche svantaggiate. Però la barriera da abbattere è solo quella economica, ci sono altri limiti, ci sono altri problemi, ci sono delle richieste che possono essere fatte alla politica perché possa aiutare realtà come le vostre che vanno a intervenire, dove a volte mancano le istituzioni che possono essere dalla scuola, ma anche delle volte nelle periferie, alcuni servizi basilari che dovrebbero dare magari i comuni. Quali sono i problemi pratici che voi riscontrate, quali sono le barriere anche più grandi e quelli che potrebbero essere magari degli interventi che voi avete visto, anche piccoli, che se fatti potrebbero migliorare le situazioni in cui voi intervenite? Allora, nella mia esperienza, che è un'esperienza che lavora sulle biografie delle persone, di ragazze e delle ragazze, sulla progettazione sociale, quindi sulla reimmaginazione di una scuola, di una piazza, di una biblioteca, io le barriere li incontro negli adulti, non i ragazzi. Cosa vuol dire? Vuol dire che tendenzialmente incontro una resistenza, spesso delle istituzioni, a fidarsi, a credere nel fatto che da quel gruppo possano nascere davvero delle proposte, delle idee così via, a volte a non sapere come si fa l'accompagnamento di un gruppo, perché è chiaro che se tu prendi un gruppo di 15 anni, gli chiedi cosa vuoi fare della piazza qua fuori? Non viene fuori niente perché non funziona così. Solo che se lo fai e i ragazzi sono interdetti, perché è la prima volta che qualcuno glielo chiede, e neanche loro se lo sono chiesti, hanno un attimo di spaisamento e stanno muti, cosa fa gli adulti e le istituzioni che hanno questo atteggiamento? Vedete? Non siete capaci. E quei ragazzi ne escono con la frustrazione di non aver detto nulla e l'istituzione è confermata dall'idea che non c'è niente da aspettarsi. La cosa che mi ripetono più spesso i ragazzi e ragazze che incontro, noi incontrati tantissimi, abbiamo fatto anche un film che si chiama Futura, che è andato al festival del cinema di Cannes, intervista a 500 ragazzi d'Italia, da tutte le parti d'Italia, proprio sulle loro rappresentazioni del futuro. La cosa che si nota è esattamente quello che ha appena stato detto, dipendentemente da dove nasci, ti dai o non ti dai una possibilità di futuro. È proprio chiarissimo. Se vai alla normale di Pisa hai certe rappresentazioni, se vai alla periferia di Palermo ne hai tutt'altre. Non è che non ne hai alla periferia di Palermo, ma ne hai una sola. Da maschio ti pensi nell'esercito. Non è che non hai, ma hai solo quella. Dipendentemente da quanto è ampio quel ventaglio, dove ci può anche essere quella, ma ce ne devono essere forse anche altre, tu capisci che tipo di gap c'è rispetto alle rappresentazioni del futuro. Allora cosa si fa in queste situazioni? La prima cosa che dico, che succede, è questa. L'immagine che a me viene in mente è quella di un dialogo di Gregory Bateson, che era questo filoso americano che racconta questa cosa qui. Un giorno in un dialogo un padre e un figlio si parlarono così. Il figlio chiese al padre, papà è vero che i grandi sanno sempre di più dei piccoli? Il padre dice in genere così. Il figlio chiese, papà ma chi ha inventato la macchina a vapore? Il padre ci ha menzionato e poi dice James Watt, contento di ricordarsela. Allora il figlio chiede, papà ma perché non l'ha inventata il papà di James Watt? Allora questa è la questione. Le invenzioni sono dei figli, non dei padri. E questo è fondamentale che ce lo mettiamo in testa. Noi non ne sappiamo di più sul futuro, ne sappiamo di meno. E questo vuol dire che da parte degli adulti, delle istituzioni, bisogna scendere dal piedistallo, questo. Quindi questo è quello che faccio quando dialogo con le istituzioni per scommettere sulla capacità di progettazione sociale o sul cambiamento dei ragazzi. Scendere dal piedistallo e dire, qui l'unica cosa da fare è mettersi in dialogo. Un dialogo dove si interruga il futuro e sul futuro, noi ne sappiamo quanto loro se non meno. Il futuro, fra l'altro ragionare sul futuro, come è stato appena detto, è molto interessante perché costringe a domande legittime, non illegittime. La scuola è il luogo dove si fa, è un'espressione tecnica, non me la sono inventata io, questo illegittimo è tecnico. Chi fa la domanda sa la risposta e chi risponde sa di vedere la risposta che è nella testa di chi domanda. Ok? Le verifiche. Poi, per carità, per insegnare matematica passi da lì. Però su alcune cose le domande devono essere legittime. E quando si interroga il futuro, siccome il futuro è ignoto a tutti, non puoi che fare domande legittime, cioè, ma tu come te lo vedi, come te lo immagini? Che cosa pensi si possa fare? Liberare questo capitale di immaginazione è una cosa molto sofisticata e molto importante. Il futuro va abitato, va interrogato, va interpolato. Oggi i ragazzi, i molti hanno paura di affrontarlo, di nominarlo, di guardarlo. Quindi la prima cosa da fare è chiaramente abitarlo e abitarlo con i desideri, con proezioni di desideri, di progetti, di intenzioni. Abilitare l'immaginazione e quindi aprire un po' quel ventaglio, che altrimenti, ovviamente, può essere in qualche modo costretto da degli stereotipi a delle cose che si dicono in casa. Perché poi è molto interessante, quando vai a vedere la correlazione statistica fra le risposte dei figli e lo status dei genitori, alla domanda, tu sei stato libero di scegliere la tua scuola, il lavoro, se andare a studiare la università? I figli dicono sì. Poi guarda la correlazione fra il titolo di studio dei genitori e le risposte dei figli. E noti una correlazione ferrea? Perché il condizionamento magari non è diretto, ma è quello che si sente dire in casa. È tuo zio che dice, non preoccuparti, se vai a mia scuola vieni da me in officina. Oppure andiamo a lavorare insieme nei campi. Quindi tu sai che tu hai un margine di errore diverso. E quindi succede che i ragazzi si pensano liberi e poi si trovano in qualche modo condizionati da una certa situazione. Credo che questo meccanismo dei dialoghi, sul futuro, sull'immaginazione, sulla produzione di progetti, di intenzioni, di possibilità, sia davvero la cosa che dobbiamo fare. La cosa bella del dialogo Greer-Bateson è che intanto è uno spostamento della frontiera della conoscenza. Ma viene in un dialogo, non da una scoperta solitaria, e l'inventore è il bambino. E io da adulto, da genitore, mi dico, ma allora io cosa ci sto a fare? Ma è chiaro cosa ci sto a fare. Quel bambino l'ha scoperto perché c'ero io in dialogo con lui, altrimenti da solo non ci sarebbe arrivato a quella click. L'intuizione lo dà la domanda, non la risposta. Questa è un'altra cosa fondamentale. Lavorare sulle domande, non sulle risposte. Questo dovremmo fare con i ragazzi, no? Se il mondo cambia rapidamente, se i saperi si bruciano, è chiaro che dobbiamo insegnarli a fare domande, non a rispondere. E tanto meno a trovare la risposta giusta, perché a quel punto credono di aver saldato il loro debito col sapere e smettono di studiare, di interrogarsi e così via. L'altra cosa che dico è quello che dobbiamo metterci in una logica sperimentale. Questa generazione, guardo anche i ragazzi, le ragazze che sono qui, chiaramente hanno di fronte dei futuri che non somiglieranno a quelli dei loro genitori, fanno dei mestiri diversi. Io ho parlato una sola lingua, ho fatto un solo mestiere, ho abitato una sola città. Tre condizioni che saltano nei ventenni di oggi, è molto semplice. È molto poco probabile che queste tre condizioni si verifichino nella vita dei miei figli. I miei figli in questo momento sono in Australia, ha 17 anni. Per me l'Australia era la terra dei tanguri. Punto, punto. Luntano, irraggiungibile. Oggi l'Australia è, papà, vorrei andare in Australia. In Australia, ma in Irlanda no, no, in Australia. E quindi è irraggiungibile, il messaggio ricevuto dal papà, grazie. Niente, oggi hanno di fronte vite diverse di quelle degli adulti, dei loro insegnanti, dei loro genitori, dei loro educatori. Quindi è chiaro che dovranno inventarsi una vita, non replicare o scegliere di rilevare attività e così via, come se ci fosse una linea retta. Questo cosa vuol dire? Che dobbiamo concederlo a una logica sperimentale che è fatta di tentativi, è fatta di tanti errori, da cui si apprente, è fatta di cure, fatte di scoperte, di serendipiti. Quindi di scoperte che non pensavi di scoprire, ma ci sei capitato per caso. Ecco, mettersi di fronte una generazione in dialogo e concedere loro questa logica sperimentale come se la vita fosse un laboratorio dove, da scienziati della vita, questi adolescenti e questi adolescenti si mettono a provare, a capire, a sperimentare, a cadere, a resarci. Credo sia l'unico atteggiamento possibile da parte di istituzioni che però devono dare fiducia e credere. Quel bando 100 idee che dicevo prima è esattamente questa scommessa. Non prescriviamo cosa devono fare. Proviamo a vedere cosa stanno cercando nel mondo, diamogli le possibilità di farlo. Al fine gli adulti, le istituzioni devono allestire opportunità. Questo che abbiamo appena visto è l'allestimento di un'opportunità di futuro, di guardar in avanti. Poi chissà cosa faranno questi bambini, ma intanto hanno acceso quella luce, ne accenderanno altre cose via. Posso rispondere come lui? Cioè, è la stessa roba. No, però sono stato chiamato a parlare, quindi provo a ridiricolare qualcosa di sensato. Però parte da quest'ultimo punto, perché quello che manca e quello su cui potremmo e dovremmo investire e dobbiamo chiedere alle istituzioni di farlo, e anche al terzo settore, è il coraggio di guardare lontano. Perché il 23% di dispersioni implicite ed esplicite in Italia non è dovuto al Covid, è dovuto alla mancanza di coraggio nella progettazione di 20 anni fa. Ed è dovuto anche dall'ottica del tutto e subito, del fare un investimento, un intervento, una riforma, che domani e fra un anno avrà le sue conseguenze. Un PNRR che ha due anni o tre anni di spesa è troppo poco per la trasformazione sociale, per trasformare il futuro, per cambiare le cose. È troppo poco. E questo lo dico anche rivolto al terzo settore. Spesso abbiamo quest'ottica del progetto, dell'output, del risultato concreto, del numero di beneficiari. Quando forse dobbiamo ampliare il nostro sguardo e guardare come generiamo dei processi di cambiamento, gli outcomes. Generare impatto a lungo termine e che forse non saremmo noi a dover misurare. Certo, poi il finanziatore ti dice dammi il report di impatto a fine progetto quanti numeri di beneficiari. Va bene, te lo faccio anche, però guardiamo lontano. E alcuni degli investimenti che facciamo oggi sono delle scommesse. Sono delle scommesse sulle giovane generazioni che sono rischiose. Sono assolutamente rischiose. Quindi diamoci anche la possibilità di perdere alcune di queste scommesse. Secondo punto, allargare il campo da gioco. Mi è piaciuto tantissimo questa idea della comunità educante, di lavorare tutti insieme. Famiglie, scuole, istituzioni. Spesso anche nel terzo settore, anche che si occupa di progettazione e di cambiamento, guarda la propria mattonella, i propri interlocutori privilegiati, quelli con cui siamo, almeno noi ci capiamo, riusciamo a lavorare bene insieme. Però questa tendenza, quest'ottica, questo modo di lavorare ci impedisce la possibilità di accogliere prospettive diverse. Ci impedisce la possibilità di lavorare insieme e andare lontano, il famoso proverbio, per cui da soli si va veloci, ma insieme si va più lontano. Terzo punto, sono quattro velocissimi. Dobbiamo lavorare per accogliere la possibilità di perdere potere, come adulti, come generazione che si occupa di cambiamento, perché quando lavoriamo con i giovani non dobbiamo avere una postura deterministica, per cui io ti faccio questo così che tu possa immaginare questo e farai quest'altra cosa qua. Ma dobbiamo abilitare agentività individuale, per cui la possibilità di un giovane di dire che ho fatto il percorso di matematica, ma poi mi scrivo a lettere. Io ho fatto mille interventi sullo sport, ma poi dopo non fa per me. Allora, la possibilità per noi, cioè accogliere l'idea di perdere potere, ci investe a noi come individui, come attori di cambiamento. Oh mio Dio, ho fatto una cosa ma non funziona. Ho fatto una cosa e il giovane poi finisce il percorso e se ne va e mi lascia, mi abbandona. E stai immaginando dei percorsi di diversità che o non capisco o non mi piacciono o non voglio accogliere. Ok, parlare di diversità e inclusione, però effettivamente quando la diversità non ci piace, cosa facciamo? Quarto, ultimo punto, lo sforzo narrativo. Dare la possibilità di immaginare futuro significa anche dare la possibilità ai giovani di vedere nel proprio futuro non solo l'ansia, la fatica, la frustrazione, ma dare loro la possibilità che nel futuro ci sia anche qualcosa per loro, uno spazio assolato, un cielo stellato, qualcosa di bello da raggiungere perché il dream gap è anche un future gap. Non sappiamo che tipo di futuro vogliamo avere o possiamo avere e quindi creare una narrazione abilitante al cambiamento può essere fondamentale se vogliamo appunto costruire questo tipo di futuro. Spero di avere risposto simile. Beh, insomma, bravi eh? Un sacco di punti di ispirazione, no? Allora io mi riallaccio alla tua solucitazione, barriere, istituzioni, perché poi alla fine, no, insomma, poi le cose devono essere calate a terra. Parto con una bella notizia. 20 settembre 2023, modifica dell'articolo 33 della Costituzione, inserimento comma 7. Emozionante per tutti noi che, insomma, abbiamo dedicato una vita allo sport. La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale, di promozione del benessere psicosistico in tutte le forme dell'attività sportiva. Nell'attività sportiva in tutte le sue forme. Allora, è un passaggio storico, perché di fatto dopo una vita c'è il riconoscimento dello sport di fatto come una infrastruttura sociale, a tutti gli effetti. Un'infrastruttura sociale che impatta a una dimensione economica, a una dimensione educativa, a una dimensione culturale. È una dimensione appunto legata al benessere psico fisico. Perciò a tutti gli effetti riguarda la vita di tutte le persone e in particolare un'inversione di un'opinione, e in particolare un investimento sui più giovani diventa determinante. Perciò da adesso tutti noi ci aspettiamo che di conseguenza ci siano investimenti rispetto a questa tematica, a questa infrastruttura. Finora lo sport è stato riconosciuto in tutto il suo valore di promozione del benessere, non c'è dubbio di divertimento, di stare insieme, tutte cose importantissime. Però da ora in poi, ecco, finora sono stati veramente pochissimi gli investimenti nel riconoscire lo sport come appunto strumento di politiche attive. Le barriere sono ancora tantissime. In Italia, pensate, il fenomeno sportivo produce circa, ultima ricerca dell'Istituto del Credito Sportivo e di Sport e Salute, 22 miliardi di euro, 1,3 del Pil nazionale, sono numeri. Volevo dire che è un'industria a tutti gli effetti, ma questa cosa per me è meno interessante. L'interessante è che soltanto una piccola parte di quel valore riguarda l'utilizzazione dello sport come strumento di inclusione sociale, cioè quell'impatto lì. E attualmente, vi do un dato, una delle barriere più grandi sono banalmente gli impianti sportivi, dove fare attività sportive, ok? Noi abbiamo un patrimonio di impianti sportivi costruiti soprattutto tra gli anni 70 e gli anni 80, massimo 90, e potete immaginare che cosa vuol dire. Siamo in un altro mondo da punti s'energetico, dell'impatto, della manutenzione e tutto. Poco più della metà delle scuole italiane, ed è un dato allarmante, hanno la parte sportiva, cioè il 46% delle scuole italiane non hanno impianti sportivi collegati alla scuola stessa. E del patrimonio italiano, l'impianti sportivi del meridione sono soltanto il 26%, perciò c'è un gap pazzesco, pazzesco. Ecco, questa è una barriera che se non si pone rimedio, di fatto è uno dei primi fattori limitanti, inizio a vedere che ci sono investimenti in tal senso, apprezzo molto, il lavoro da fare ancora tantissimo, però insomma, ecco, questa è una delle barriere. Dopodiché lo sport di per sé è un luogo veramente dove interagire, agire tutti insieme, perché lì si abbattono facilmente, lavorando, ci sono parolari, barriere culturali, sociali, economiche, lo sport azzera tutto facilmente, lo sapete, dico delle cose abbastanza scontate, però mettere in pratica veramente esercita cambiamenti. Insomma, gli esempi sono tantissimi, ce li abbiamo da Nelson Mandela che ha utilizzato il rugby per combattere la discriminazione raziale, ha tantissimi esempi di squadre miste o di, insomma, tantissimi cambiamenti. Ecco, il nostro augurio è dare la possibilità a questi ragazzi, a questi giovani di poter, appunto, vivere lo sport. In Italia circa il 30% dei bambini e dei ragazzi non fanno attività sportiva, il primo motivo è quello purtroppo economico, perciò c'è poco da fare, insomma, alla fine, il garantire l'accesso. In Italia c'è un modello sportivo per cui, al di là di tante lodevoli piccole iniziative di volontariato, lo sport in Italia è uno sport a pagamento, la parte scolastica è ancora molto carente. Ecco, queste sono le barriere su cui subito lavorare. Di storie, anche noi ce ne abbiamo tantissime, perciò sarebbe bellissimo mettersi qui a chiacchierare, magari poi lo faremo dopo. Però una cosa vi dico, ovviamente molti dei nostri ragazzi, noi cerchiamo di tenerli in carico tanti anni, il più possibile, non è facile, minimo 4, ci siamo dati questa regola, difficilissima a volte, perché ci sono tante componenti, però molte dei nostri ex beneficiari adesso sono i nostri educatori, sono i nostri tutor, ed è bellissimo questo. E quando una ragazza che adesso è scritta economia e commercio, e lavora anche con una commeditrice, ti dice che a un certo punto, facendo il badminton, non magari la palla vuole, inserimmo a fare il badminton, e dice che in quel momento, io e la mia famiglia marocchina, a un certo punto pensavo che la mia strada fosse quella, di colpo ho capito che avevo altre possibilità, grazie allo sport, ad essere inseriti in un gruppo squadra, ad avere fatto amicizia, ad avere le possibilità. La dico facile, insomma, però questo è il potere dello sport. Allora, anche io... Il potere dello sport è grandioso, nel senso che soprattutto l'appartenenza a una comunità, e questa cosa la dico perché, appunto, noi siamo itineranti, no? Quindi siamo andati veramente in tantissime periferie, le periferie si assomigliano tutte, nord, sud, isole, e vedi che cosa dovrebbero fare le istituzioni, eccetera. A volte c'è un'assoluta assenza di presenza. Chi periferia di Milano, dove comunque, appunto, ha altissima diversità etnica, chi fa qualcosa sono gli oratori, e il campo sportivo già è un passo avanti, è una possibilità straordinaria. Noi adesso andremo in una zona molto, molto difficile del sud, però, e vai, c'abbiamo finalmente un campo sportivo, che è considerato proprio l'inizio di un cammino importantissimo, e anche per noi perché c'è un luogo, rappresenta un luogo fisico, dove si può poi fare anche tanto altro. Quindi io credo molto a questa presenza immobiliare, fisica, perché bisogna avere un luogo, non lo è più la piazza, ma questi per me devono potersi incontrare. Io penso che già questa sia una cosa fondamentale anche per evitare che poi siano altre le tentazioni di aggregazioni, magari, appunto, non rispetto a degli obiettivi, diciamo, di grande portata. Quindi cosa dovrebbero fare le istituzioni? Garantire una presenza. I bambini sono soli, sono abbandonati a loro stessi, hanno solo la scuola, e la scuola non sempre diventa un luogo dove tu puoi esprimere chi sei, puoi far venire fuori chi sei, c'è sempre un giudizio, c'è sempre una... Per esempio, una cosa che si potrebbe fare, almeno in tutte quelle periferie vicino a centri universitari, è dare crediti ai ragazzi che hanno attività nelle periferie, cioè faremo dover che l'università riconosca l'attività di volontariato, perché i ragazzi che vanno a fare volontariato apprendono quelle soft skills che per loro saranno sempre più importanti nel futuro, la differenza le faranno le soft skills, e quindi nel misurarsi con ragazzi 10 anni più giovani, cercando appunto di... coinvolgendoli nel raccontando, eccetera, si crea questa prossimità essenziale. Io credo davvero in questo, cioè devi restare e devi essere vicino, quindi cercando di esserci con associazioni, ci sono zone dove non c'è veramente nulla, neanche l'associazione che se non riusciamo ad avere, se non la scuola, che però molto spesso è talmente esausta in un certo senso che non vuole fare altro, quindi bisogna esserci, bisogna creare una rete di presenze, e secondo me basta poco un centro sportivo che magari fa anche altro, che fa tornare ragazzi che sono andati d'estate a interagire con i ragazzi del luogo, cioè bisogna mettere al centro le relazioni e i luoghi, e basta guardare come sono strutturate anche geograficamente queste aree per capire che in fondo basta poco. Io veramente conto sulla fascia 20-27, bisogna fare in modo che si attivi una corrispondenza con invece questi bambini che sono ancora a scuola perché non possono essere solo rapporti adulti e giovani, e lo sport è anche questo, l'unica passione che ho avuto nella vita per me è stato il basket e devo dire che stare insieme e sbagliare l'errore, l'errore si impara con lo sport, il valore dell'errore, a scuola non osi perché poi significa un voto sulla paggella, nello sport significa che la palla a canestro non ci va e quindi devi capire come fare meglio, quindi penso che più o meno abbiamo tutti percorso nello stesso filo rosso, però appunto esserci con una presenza di giovani e con luoghi. Grazie. Prima di chiedere se avevate delle curiosità anche in sala, io avevo una curiosità, un'altra domanda che volevo fare a tutti ripartendo un giro, in questo contatto anche con i ragazzi, c'è qualcosa che vi ha arricchito voi, qualcosa che vi è rimasto, qualcosa che poi avete portato magari anche in altre esperienze di vita? Cioè magari in questa parte del cielo interiore, nel lavoro, c'è qualcosa che vi ha arricchito? Ma fondamentale c'è sempre un'intenzione anche egoista, c'è moltissimo che torna, e cioè per esempio già solo capire, per esempio io appunto sono l'Agenzia Spaziale, il valore dello stupore, vi faccio un esempio, c'è una cosa di legno semplicissima dove se tu la orienti verso il sole si vede il puntino, il sole, si vede proprio l'ombra, tu parli e a un certo punto i bambini fanno, ma non c'è più il puntino, perché loro diciamo il fatto che la terra giri è un concetto astratto, invece il puntino è sparito e cominci a rincorrere il puntino che gira, e ti accorgi che davvero c'è, ci sono tante cose che noi possiamo, cioè bisogna un po' tornare bambini, ecco forse questo ho imparato, che è proprio il cambiamento di prospettiva, quello che ti dà, quello che si diceva anche prima, guardare il futuro non dalla tua prospettiva e poi il futuro in fisica ha un valore particolare, perché appunto noi guardiamo nel passato, quando vediamo un tramonto stiamo vedendo qualcosa che non esiste già più da otto minuti, cioè il futuro è uno sconosciuto, ma comunque ha degli elementi deterministici, oggi metti le condizioni di quelle formule che poi in qualche modo ti portano al futuro, quindi questa importanza di sapersi proiettare, ma lo devi fare con gli occhi di un bambino. Grazie. Sì, continuiamo. Ovviamente tornano tante cose, io vi racconto una storia, no? All'inizio c'era molto entusiasmo per i Feria Nord di Roma, e a un certo punto il progetto era partito da poco, perché appunto nello sport si sbaglia per forza, la sconfitta è insita, e che facciamo? Inseriamo di colpo nove bambini rom in una società di rugby di Roma Nord. Ovviamente non è che l'abbiamo inserita a sorpresa, avevamo fatto un accordo con la società sportiva, avevamo raccontato non bene il progetto evidentemente, dopo due settimane è raccolta firme dei genitori, gli zingari insieme ai nostri figli, cioè pericolo di furto, che cosa è questa cosa, la prima volta è tutto. Avevamo sbagliato evidentemente noi, non loro, perché il tema è complesso, non lo devo qui approfondire. Interveniamo, spieghiamo meglio ai dirigenti, agli allenatori sportivi il progetto, convochiamo i genitori raccontando il progetto, mettiamo una amidatrice culturale rom sugli spalti insieme agli altri genitori, uno aiutava i bambini a farsi capire, perché molti non parlavano bene italiano, e poi raccontava comunque inevitabilmente su gli spalti un po' gli usi e costumi, le storie dei bambini. Spingo un bottoncino e dividiamo i bambini in sotto gruppi, perché anche lì l'avevamo messi tutti insieme, figuratevi, errore madornale, insomma va bene. Spingo un bottoncino, Sasso, dopo un anno è diventato il capitano della squadra Under 12 del CUS Roma Regbi. I genitori, da soli, hanno dopo un po' fatto una raccolta fondi per comprare i libri di scuola per i bambini rom, e la domenica al campo rom, fuori Roma, in periferia, andavano i genitori con il proprio figlio a prendere al campo rom l'amico compagno di squadra per portarla alla partita della domenica o alla trasferta. Ecco, questo è il potere trasformativo dello sport. Io la racconto questa storia perché sono storie che viviamo, ma ci torna tantissimo, e a volte uno sbagliando migliora come a volte capita nella vita. Velocemente. Un progetto con i quasi deteniti, quelli che non studiano e non lavorano, a un certo punto un ragazzo, vita complicata, un disastro, scolarsi, cose via, ovviamente lavoro con questo approccio che io chiamo antibiografico, cioè sostanzialmente cancello quello che si dice di lui, si sa di lui, evito di fare quella cosa tipica che fa il curico un vita, quelle robe lì perché è il ritratto della sconfitta quel curico. Quindi dico partiamo da zero. Che cosa vorresti fare? Quindi vado tutti in avanti proiettivo, cancello il passato, e lui dice per la prima volta, guarda io una cosa, se la vorrei, vorrei fare lo steward di volo di EasyJet. Allora, ovviamente c'è una sorta, la reazione è questa, anche la mia, eh. Pogna in mente una cosa che mi aveva detto Lea Melandri, Lea Melandri è una bravissima giornalista femministe e così via, che aveva detto che lei aveva scoperto la sua vocazione di scrittrice quando facendo un tema in classe l'insegnante aveva scritto, l'hai scritto benissimo, sei andata fuori tema 4. E quindi lei aveva capito che il fuori tema era la chiave perché nonostante quel titolo, lei era stata bravissima proprio nel tradire la consegna. Allora mi era rimasto in mente questa cosa del fuori tema, ma quando uno è così fuori tema come fare lo steward di voli di EasyJet, ma questo ce l'avrà in testa. Questo chiaramente non mollerà mai finché quella roba lì. Noi gli abbiamo abilitato quella cosa, gli abbiamo sbloccato, ok proviamo, intanto devi sapere l'inglese. Indovinate cosa fa oggi dopo due anni? EasyJet. Allora noi con, qualche anno fa abbiamo realizzato un'iniziativa che si chiama Generazione Changemaker insieme all'Agenzia Nazionale per i Giovani, oggi Agenzia Italiana per la Gioventù, con un partenariato di 56 organizzazioni, un'iniziativa multi-stakeholder, siamo andati in giro per l'Italia, abbiamo fatto iniziative di capacity building per Giovani, abbiamo fatto davvero di tutto, ma una delle cose che abbiamo fatto è stata anche quella di fare una ricerca sociale su come sono i giovani attivisti, i generatori di cambiamento in Italia. Io ogni tanto mi rilego le risposte a questo questionario perché mi dà felicità. Abbiamo studiato come, quando chiedevamo ai ragazzi, ma secondo te come è un giovane changemaker oggi? Tutte le risposte di ragazzi sotto ai 24 anni. E una delle cose più belle che abbiamo scoperto è che questi ragazzi, quando parlano di cambiamento sociale e di trasformazione delle loro comunità, utilizzano il pronome noi. Per questa generazione il cambiamento sociale è plurale, è fatto da tanti ragazzi e ragazze come loro. E questo mi fa venire i brividi perché esce dalla dinamica del self-made man dell'uomo, tendenzialmente maschio, bianco, nel garage, che si fa la sua startup, 10 per investimento, ma diventa una trasformazione collettiva fatta fra pari. E questa è stata una delle realizzazioni più belle che abbiamo avuto da questo progetto fatto in tutta Italia e che mi porto dietro quando lavoriamo con i giovani. Ci sono nel frattempo domande? No, sennò... Quindi va bene, abbiamo concluso così. Grazie a tutti, grazie a voi. Grazie a tutti
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