Europa, le ragioni dell’astensionismo e perché non conviene
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Europa, le ragioni dell’astensionismo e perché non conviene
Discussione sul crescente astensionismo elettorale in Europa, analizzando dati raccolti da una rete di giornali europei. L'inchiesta evidenzia una correlazione tra basso reddito e alta astensione, esplorando le ragioni di questo fenomeno attraverso interviste in diverse località europee. Emergono criticità nella comunicazione dell'Unione Europea e una generale sfiducia nella politica, con riflessioni sul ruolo dei media e sulle possibili soluzioni per incentivare la partecipazione.
Grazie, prego. Io sono molto contenta di poter presentare queste indagini perché spero anche che a Giammeduc e al dottor Duc piaccia ragionare sui numeri e sui dati, perché attraverso i numeri davvero si raccontano tantissime storie. Qui però stiamo raccontando un fenomeno che è esploso negli anni. Abbiamo visto anche in Italia, l'astensionismo è cresciuto dalle primissime elezioni del 79 a oggi in modo importante. Le elezioni europee sono per definizione in Italia in realtà la tipologia di elezione dove il non-voto è maggiore. Quindi ho deciso a suo tempo di partecipare a questa inchiesta promossa proprio da Divergente, che è un digital magazine portoghese dove a loro piace tantissimo andare davvero in profondità nelle storie attraverso i numeri e per raccontare questo aspetto. Luciana, quindi a te la parola per raccontarci prima i dati e poi racconteremo anche come è nata. The non-voter time bomb. Questa bomba è destinata a esplodere, cioè nel senso a queste prossime elezioni europee, soprattutto raccontaci cosa emerge da questi dati. Avete tutti a traduzione se volete. Grazie, grazie mille per l'opportunità di essere qui con voi a ciò vereggio. Ora, a proposito della bomba, la bomba a rologeria sembra già essere pronta ad esplodere, però non riusciamo in questo momento a capire quali saranno le conseguenze, quali saranno gli impatti. Sappiamo semplicemente che la bomba a rologeria sta per esplodere, perché se guardiamo allo scenario europeo e anche a quello internazionale dal punto di vista politico, vediamo dei cambiamenti e dobbiamo naturalmente pensare a questa cosa, dobbiamo rifletterci, perché insomma è davvero una bomba ad rologeria, ma per il momento non sappiamo quali saranno le conseguenze. Ecco perché questo titolo, non volevamo allarmare tutti quanti, ma volevamo utilizzare questo titolo come punto di partenza per riflettere su questo argomento, perché la gente che non vota, gli astenzionisti, non ricadono sotto un unico profilo e questa è una cosa che dobbiamo tenere in assoluta considerazione. Chiedo a Lorenzo Ferrari, ovviamente in qualità di coordinatore editoriale dell'Europa andata a Journalism Network, so che fai tantissime altre cose anche però in questo particolare ruolo, ti chiedo, come è nata poi l'idea di generare un'inchiesta collaborativa? Quante persone hanno partecipato e quanto importante è stato addirittura scambiarsi le opinioni tra tutti i partner, di cui anche il Sole 24 Ore ha fatto parte di questa inchiesta per generare questo risultato? Allora, è servito il lavoro di un sacco di persone per un sacco di tempo, soprattutto da parte di Vergente che ci ha lavorato davvero per mesi e mesi, ma molte altre testate europee ci hanno contribuito, hanno collaborato. L'Europa andata a Journalism Network è appunto un'iniziativa che è nata e vive a 500 metri da qui, a Observatorio Balcanicaucas, ma che raccoglie al momento 33 testate da 22 paesi europei che noi qui da Trento coordiniamo e che di fatto la rete serve per produrre lavori come questi, lavori di inchiesta giornalistica profondita su temi che sono interessanti o rilevanti per più di un paese europeo in modo collaborativo, quindi ci sono sempre delle testate che si mettono assieme, dei giornalisti che si mettono assieme, come appunto il Sole, di Vergente e credo una quindicina di altre testate hanno contribuito a questo progetto in vari modi. L'idea in questo progetto, ma in realtà in un po' tutti i lavori che facciamo, è quello di andare aiutare i giornalisti, le opinioni pubbliche ad andare oltre quello che è il dibattito puramente nazionale o anche le informazioni che sono disponibili a livello nazionale e metterle in un contesto più ampio, quindi capire l'astensionismo in Italia, certo ne parliamo, però come si relaziona, che somiglianze ha con questo fenomeno in altri paesi, quali sono i punti di contatto, quali sono le specificità nostre, ci sono delle buone soluzioni che magari altri paesi hanno trovato per invitare più cittadini ad andare al voto e quindi fare questo esercizio, un po' di comparazione, di confronto tra i diversi paesi, individuazione di tematiche che magari a noi sembrano problematiche, che ci sembrano solo nazionali, andando a lavorarci con dei giornalisti stranieri si capisce che sono tematiche in realtà molto, molto comuni, lo si vede su quasi ogni tema che affrontiamo, c'è sempre almeno un lato di quella storia che è rilevante, che è presente in altri paesi e ci si mette insieme per fare il lavoro dei dati anche, perché non ci limitiamo a fare l'intervista con l'esperto in Italia e l'intervista con l'esperto in Portogallo, ma andiamo a vedere i dati, i numeri, cosa dicono, in dare in profondità e quei dati lì spesso non sono disponibili già a livello europeo, vanno raccolti paese per paese, poi come sa bene anche Michela che ci lavora molto, vanno messi insieme e resi effettivamente comparabili e confrontabili e ci vanno tirate fuori poi delle storie. Mi viene subito da chiedere in quanto responsabile dei media a Giàmeduco, poi guardiamo i risultati dell'inchiesta, però Dottor Duc, qui stiamo parlando di un lavoro su scala europea condotto con dei dati, a me personalmente quello che è piaciuto di più è far lavorandoci durante l'inchiesta e vedere come venivano fuori dei tratti comuni e delle storie comuni anche in paesi molto distanti. Poi Luciana ci racconterà adesso i risultati. E questo è una chiave anche per raccontare quanto è differente l'Europa. Come vede il ruolo di un network come questo che racconta le storie di tutti i paesi? Prima di tutto grazie da l'invito, sono veramente contento di essere qua. Io spero di vedere anche questi dati, sono molto interessato perché è certo che a livello europeo ci sono dei trends, ci sono delle tendenze che sono un po' le stesse paese per paese, ma poi ci sono anche delle differenze fra il nord e il sud, ma soprattutto direi fra l'ouest e l'est per delle ragioni storiche. E questo si vede chiaramente nelle elezioni europee, dove c'era sempre fino al 2019, 14-19, una differenza importante fra il voto nella parte diciamo della vecchia Europa, l'Unione Europea degli anni 80-90, e il voto dei paesi che sono arrivati in 2004. Ma poi quando uno osserva paese per paese si rende anche conto che quando la gente ha la sensazione che quella volta le cose possono cambiare, cambiare veramente, sia in positivo o in negativo, allora si vota di più. E quando la gente ha la sensazione che niente cambierà molto e che le cose continueranno nella stessa forma, allora logicamente molta gente o diciamo gente che vota meno. Il famoso distacco da quello che è poi il momento del voto. Veniamo ai risultati, quindi Luciana, chiedo di mostrare i risultati di questa ricerca. Grazie, so che hai delle diapositive, quindi prego. Sì, sì, un aiuto visivo per poter dire, vediamo le diapositive. Allora, a proposito di questo progetto, il progetto, come ha detto Lorenzo, è un progetto collaborativo, un lavoro che è stato condotto su diversi paesi europei. Abbiamo iniziato sulla base della nostra curiosità, volevamo sapere che cosa sarebbe successo non solo in Portogallo ma anche in altri paesi. All'inizio nei paesi del Sud Europa e poi ci siamo mossi anche verso le altre regioni dell'Europa e dell'Unione Europea. Questo lavoro si basa su dati, perché era importante per noi in divergente, crediamo nel potere delle storie personali per spiegare argomenti complessi, ma allo stesso tempo per scegliere le persone da intervistare a proposito dell'astensionismo, dovevamo anzitutto considerare i dati e quindi abbiamo condotto questa ricerca sui dati, abbiamo raccolto i dati nei 27 paesi, abbiamo considerato più o meno gli ultimi 50 anni di elezioni, abbiamo considerato le elezioni locali ma anche nazionali per il Parlamento e anche quelle europee, proprio per cercare di vedere quale fosse la tendenza, quali fossero gli schemi, dove fosse più elevato o meno l'astensionismo. Se guardiamo alla dimensione dei cerchi, rappresentati qui questi dati, tra l'altro riguardano le ultime elezioni europee, vediamo la dimensione dei cerchi e vediamo anche i colori. Allora, più è grande il cerchio e più è stato elevato il livello di astensionismo e se consideriamo i colori, i cerchi arancioni o rossi mostrano il tasso di astensionismo superiore al 60% e nel rosso invece siamo addirittura al di sopra del 70%. Se consideriamo le elezioni nazionali, vedete che c'è una enorme differenza e in quelle locali ancora una volta invece in alcuni paesi il tasso di astensionismo è molto simile a quello delle elezioni europee. Quindi, dopo aver raccolto i dati e dopo aver creato questi grafici che ci potessero aiutare a capire quale fosse la situazione, non abbiamo considerato gli ultimi 50 anni soltanto, ma abbiamo incrociato queste informazioni sull'astensionismo, come diceva Michele, con alcuni indicatori socioeconomici e demografici, non per creare un rapporto causa-effetto, ma semplicemente per vedere se ci fossero delle correlazioni. E una delle correlazioni che abbiamo sicuramente riscontrato in tutte le elezioni ha a che vedere con il salario e lo stipendio delle persone che votano. Dove lo stipendio e il salario è molto basso, il tasso di astensionismo si alza considerevolmente questo è stato semplicemente il punto di partenza per cominciare a pensare a quale avrebbero potuto essere le interviste. Poi, naturalmente, abbiamo dovuto iniziare con le interviste per parlare con delle persone e per capire che cosa avessero da dirci. Quindi, una volta giunti a queste conclusioni, abbiamo identificato in ogni singolo paese le 10 farocche dove il tasso di astensionismo era più basso. Nel caso del Portogallo, siamo andati dal nord al sud, siamo andati sull'isola, sulle azorre e anche in aree rurali sia all'interno che sulla costa. L'astensionismo è presente in tutto il paese, quantomeno in Portogallo abbiamo sì delle tendenze, le persone che hanno un reddito più basso sono più astensionismi. L'istruzione non sembra essere invece correlata al tasso di astensionismo con un tasso elevato o con un tasso basso. Però ci sono comunque delle conclusioni o della sensazione abbastanza importante che siamo riusciti a deturre sulla base delle nostre interviste. Nelle parrocchie abbiamo cercato di avere un po' un'immagine della regione per capire quali fossero le similitudini, le differenze tra le diverse persone, le differenze, per esempio, nel territorio. Dopo aver intervistato diverse persone e dopo aver considerato i dati ci siamo resi conto che c'erano delle sensazioni comuni a proposito dell'Unione Europea, tanto per iniziare, perché la gente ci ha detto in generale che l'Europa è lontana da loro. Non solo perché non la vedono o non ne sentono parlare nei media su base continuativa, ma anche perché, per esempio, in alcune regioni dove è molto importante l'agricoltura, la burocrazia per ricevere fondi è davvero pesantissima e per alcune agricolture è davvero difficile ricevere l'aiuto di cui hanno bisogno dall'Europa. Quindi non è soltanto una questione di distanza geografica, ma anche una questione della modalità in cui funziona l'Unione Europea e la gente. La gente ci ha detto anche che ci ha parlato anche delle campagne elettorali. Adesso abbiamo le elezioni e ci hanno detto che, per esempio, le campagne elettorali non si muovono verso Mourcad, che è all'interno del Portogallo. La gente in quella zona non ne sa nulla praticamente. E questa è un'altra cosa che dobbiamo considerare. Dobbiamo pensare a quali potrebbero essere le modalità per comunicare in modo più efficace, perché naturalmente se andiamo con una brochure, piuttosto che con relazioni istituzionali o cose di questo genere, la gente non capisce. Dobbiamo quindi pensare a come comunicare meglio in modo più efficace, in modo più pratico e reale, se vogliamo effettivamente vedere una differenza. Perché abbiamo detto precedentemente che ci sono delle similitudini, ma ci sono anche delle differenze. Quindi consideriamo queste differenze e cerchiamo di capire in che modo comunicare al meglio con le persone. E tra l'altro questa fiducia nel lavoro e nell'opera dei politici, secondo i cittadini, si scontra col fatto che sono molto teorici, molto istituzionali, ma non capiscono veramente o non cercano di mettere davanti a tutto le esigenze, l'energizia della gente comune. E poi tanti si sentono sottorapresentati, perché per esempio la crisi degli alloggi, che è una cosa che riguarda tutta l'Europa, in alcuni luoghi in particolare, soprattutto nell'Algarve, nel sud, dove tanti vanno in vacanza, ecco lì il problema degli alloggi, chiaramente vede alcune persone che si possono permettere di comprare una casa e non hanno particolari problemi, però quasi la metà del patrimonio immobiliare disponibile è rappresentato da seconde casa, casa di vacanza. Quindi anche se fossi una residente della zona e volessi comprarmi una casa, non lo potrei necessariamente fare, anche perché le leggi che regolamentano le nuove costruzioni in questa zona sono molto restrittive, perché bisogna appunto costruire ancora case appunto di residenza e non solo per le vacanze. E poi una cosa molto interessante, importante, che ha catturato la nostra attenzione, è che in tutti questi luoghi abbiamo riscontrato una mancanza di interesse o un certo sentimento di alienazione. I cittadini hanno qualcosa da dire, ci pensano ai politici e al sistema politico, e lo vedono in modo diverso, perché alcuni di questi cittadini si sentono troppo lontani dai centri decisionali, però hanno qualcosa da dire, da esprimere. Se consideriamo le elezioni parlamentari che si sono tenute a marzo, il tasso di astensionismo è stato basso, veramente circa il 10%, quindi il 10% sono quelli che sono andati a votare, quindi un astensionismo altissimo, ma quando abbiamo visto i risultati ci siamo resi conto che ci sono delle modifiche, dei cambiamenti nel sistema politico, perché in gran quantità i voti espressi sono andati a favore di un partito populista di recente creazione, e quindi bisogna anche vedere in che direzione ci si sta avviando, perché una delle domande che ho visto a proposito del Festival è se populismo e democrazia si possano riconciliare. Pensiamoci bene, perché questa potrebbe ben essere la nostra realtà, perché il sistema politico sta cambiando, la realtà politica sta cambiando. Comunque molto importante è il fatto che l'astensionismo, abbiamo appunto lavorato e parlato con moltissime persone in questi 10 zone, 10 parrocchie dove abbiamo appunto studiato l'astensionismo, abbiamo riscontrato che tanti hanno un interesse nei confronti della politica, ma non trovano chi li ascolta e li dà voce. Anche le azioni di protesta tramite l'astensionismo sono sempre più comuni, la gente cerca di muoversi in modo diverso, quindi non si sentono ascoltati. Grazie Luciana, grazie mille per la sua presentazione. Meritatissimo applauso. Da questi risultati mi sembra che in realtà emergono delle cose, mi sembrava di sentire parlare un po' dell'Italia, anche se stavi parlando di molte cose che riguardano il Portogallo, perché questa distanza, soprattutto nelle aree interne, quelle che noi monitoriamo in realtà anche a livello statistico, come aree lontane dai grandi centri urbani, anche per noi hanno il tasso di astensionismo più elevato. Nelle nostre indagini sono emersi dei Paesi, Carrega e Ligure, quindi nell'entroterra Ligure, nelle elezioni europee è stata il comune con l'astensionismo più elevato, San Luca in Calabria è stato quello invece per le politiche del 2022. Quindi stiamo parlando di località dove probabilmente non arriva l'Europa, dove forse non arriva la distanza tra i cittadini e le istituzioni europee è elevatissima, e non solo le istituzioni europee, anche quelle nazionali, aimè. Però il punto è che in questi territori il terreno per la democrazia e per quindi l'espressione massima della democrazia, che è quella del voto, non è fertile, manca proprio l'ingrediente fondamentale. Lorenzo, sentendo parlare ovviamente Luciana, ti chiedo una cosa proprio legata a quello che queste inchieste mettono in luce, nel senso che mi sembra quando ne abbiamo parlato anche in altre inchieste fatte attraverso l'European Data Journalism Network, vengono fuori dei tratti comuni e delle grandi differenze che però ci raccontano il cuore dell'Europa, il cuore di quello che è il meccanismo in cui le istituzioni europee entrano. Noi abbiamo indagato anche tanti altri fenomeni nell'ambito del network, lascio a te raccontarlo. Però ovviamente è un modo per conoscere anche cos'è l'Europa, giusto? Sì, è sicuramente un modo per conoscere cos'è l'Europa e anche per conoscerla in modo un po' diverso. Noi quando parliamo di Europa spesso pensiamo a quello che succede a Bruxelles, a quello che succede al Parlamento, alla Commissione che ovviamente è un pezzo importante dell'Europa, è un pezzo fondamentale da raccontare, che va raccontato e conosciuto probabilmente anche meglio di quello che si fa, ma l'Europa è anche il paesino delle azzorre che vota molto poco alle elezioni europee. Quando i nostri lavori nello European Data Journalism Network escono meglio, credo sia quando riescono a raccontare una grande storia europea, a esplorare un tema di interesse, di rilevanza europea, però andando fino al livello locale o iper locale, il piccolo paesino nell'entroterra del Portogallo, il piccolo paesino nell'entroterra Calabria o in qualsiasi altra realtà, e quindi legare quelle che sono le grandi dinamiche e le grandi anche problematiche o sfide a livello continentale, a livello di Unione Europea con quelle che sono le realtà locali, come sono percepiti. In questa operazione di legare il livello macro e il livello micro i dati aiutano, perché i dati ti danno un po' l'immagine generale, però ti fanno evidenziare quelli che sono i contesti che spiccano per una ragione per l'altra, e dopo in quei contesti lì si può andare a fare un lavoro come quello che ha fatto Divergente, che è disponibile in portoghese e in inglese sul sito di Divergente, che è divergente.pt, P-T come Portugal, e che è un lavoro molto bello, è davvero un lavoro, Lusiana dice, siamo andati in questi 10 comuni, loro ci sono andati, ci hanno trascorso una settimana in ogni comune, hanno parlato praticamente con tutti gli abitanti, cioè è un lavoro non del giornalista che va lì e parla per mezz'ora con le prime due persone che incontra, è un lavoro quasi antropologico di ricerca, di raccolta, di spunti, di ascolto anche di queste persone, perché sì, magari la politica fa fatica ad arrivare in questi posti, le istituzioni fanno fatica, però dovrebbero perlomeno arrivarci i giornalisti, o quando ci arrivano i giornalisti è una bella cosa, penso, perché soprattutto su un tema come questo, qui parliamo di persone che scelgono di non votare o che per qualche ragione non partecipiano al voto, quindi che non prendono la parola in qualche misura, non esprimono la loro preferenza, quindi rischiano di finire un po' per essere dei fantasmi di cui ci dimentichiamo, di cui non parliamo nel dibattito pubblico, se non per metterli in questa grande categoria del popolo dell'astenzionismo o il partito del non voto, queste espressioni infelici che nascondono dentro una grande varietà di realtà, di soggetti, di motivazioni, di problemi, e invece magari andare a dargli la parola in un'altra forma come quella giornalistica può aiutarci comunque a capire che cosa sta succedendo e a capire perché alcune persone fanno determinate scelte o si trovano a dover fare quelle scelte. Assolutamente, il nostro ruolo ne stiamo parlando anche oggi e direi che avere qui il Dottor Duc in qualità proprio di portavoce del Parlamento Europeo mi sembra un'occasione proprio per a questo punto lanciarle la palla, qui in Italia parliamo sempre di calcio, quindi gli faccio questa metafora e dirle, allora il Parlamento Europeo come fa ad arrivare in questi luoghi, ad arrivare a queste persone dove c'è questa distanza così abissale, insomma, tra le istituzioni e come ha detto Luciana, c'è proprio anche un disinteresse, un distacco verso quello che è l'Europa. Prima di tutto, come ho detto prima, la situazione non è la stessa in tutti i paesi. E parlare in forma generale per tutta l'Europa immaginando che tutte le situazioni sono le stesse secondo me sarebbe sbagliato. Ci sono dei paesi dove, sia nelle grandi città, sia nelle zone rurali, l'informazione sul lino europeo arriva poco, ma arriva poco soprattutto perché i media non lavorano sulla situazione europea. E poi ci sono dei paesi dove, guardando i sondaggi, non c'è differenza o non c'è una grande differenza tra quelli che abitano le zone urbane o le zone rurali per due ragioni. Prima perché ci sono più media a fare il lavoro di informazione su quello che l'Unione Europea fa o non fa. E poi perché c'è il social e perché c'è l'internet. E l'internet e i social media in qualche modo hanno democratizzato la possibilità di prendere dell'informazione quando uno è interessato. Perché qual è la differenza tra i media tradizionali e i social media? I media tradizionali normalmente ti informano anche delle cose che non ti interessano molto. Perché tu sei davanti la TV o apri il giornale e pure nella pagina 4 c'è una cosa che ti interessa, la pagina 5 no, ma la leggi. O leggi il titolo e già hai capito un po'. Nei social tu finisci per leggere o per prendere soltanto l'informazione sui soggetti che ti interessano. E questo fa la grande differenza quando ci chiedono ma voi che fate come istituzione europee per dare più informazione su cosa è l'Europa, cosa è l'Unione Europea, come funzionano le istituzioni, quali sono le leggi che si sono adottate, qual è l'impatto di queste leggi? Io la mia risposta a qualche volta sembra un po' facile, spero di no, principalmente il nostro lavoro deve essere di aiutare ai media a fare il loro lavoro. Per chi ci ha detto, i cittadini in generale non aspettano il governo italiano o la regione toscana o il municipio Trentino chiamare alla porta per dare informazione su quello che fanno. Al contrario, qualche volta questo poteva essere un po' la propaganda, ah perché vengono a spiegarmi quello che fanno loro, preferisco prenderlo io per una via più independente, più professionale, dunque i media. Con il problema che adesso è vero che per esempio nelle generazioni più giovani la fiducia nei media è in calo e i giovani adesso si informano ogni volta più via quelle persone che non sono necessariamente dei professionali dell'informazione ma che loro hanno fiducia su queste persone, influencers, content creators, celebrities, etc. È tutto un altro mondo e lì anche le istituzioni abbiamo una certa difficoltà ad adattarci a questo mondo. Ma poi c'è la percezione e poi c'è la realtà. E quando vediamo per esempio l'eurovarometro, l'eurovarometro è il grande sondaggio che si fa ogni sei mesi, 27.000 persone, 1000 persone per paese, e dove ogni volta si chiedono le stesse cose per poi avere la possibilità di fare diciamo il trend, di vedere qual è l'evoluzione. Se prendiamo l'ultimo eurovarometro, quello da adesso, primavera 2024, pubblicato un mese e mezzo fa, vediamo che infatti il livello di accettazione dell'Unione Europea tra i cittadini adesso, oggi, è il più alto, istoricamente, da sempre, da quando si fanno gli eurovarometri, dunque 30 anni. Perché ci sono molte ragioni, c'è il Covid, c'è la guerra in Ucraina, c'è la Brexit, c'è la lotta contro il cambio climatico, etc. Ognuno ha la sua ragione, ma oggi il livello di accettazione dell'istituzione europea o dell'idea dell'Unione Europea è molto più alta che 5 anni fa o che 10 anni fa. E quando chiedi alla gente se si sentono informati, anche se la situazione, ovviamente, non è ancora assolutamente positiva, vedi questa differenza con 5 anni fa. Perché? Perché grazie alla Brexit, grazie a, grazie, non posso utilizzare la parola grazie qua, ma con la pandemia, con i vaccini, con il next generation, con tutto quello che è stato fatto questi anni, adesso con la creazione di una certa unità, diciamo, per proteggere, per aiutare l'Ucraina, io posso essere d'accordo o posso non essere d'accordo con quello che l'Unione Europea fa, ma i media mi parlano ogni giorno dell'Unione Europea perché ogni giorno c'è una notizia su una di queste cose. E questo pure, pure, non lo so, in 15 giorni ci sarà la risposta, e spiega anche perché questa volta, quando chiediamo alla gente se voteranno in elezioni europee, il numero di persone che ci dicono sì sì, senz'altro andrò a votare, poi sappiamo che non tutti quello che lo dicono lo fanno, ma il numero di gente che ti dice sì sì, andrò a votare, è quasi 10 punti più alto che quello di 5 anni fa. E già 5 anni fa, nel 2019, c'è stato un aumento della partecipazione dei 9 punti, 9 punti. Dunque sì, ci sono ancora molte cose a fare, probabilmente tantissime, ma quando facciamo un po' la comparazione dove siamo adesso, dove c'eravamo in 2019, dove c'eravamo in 2014, il trend è abbastanza positivo. Quindi lei si aspetta una maggiore affluenza a queste prossime elezioni, quanto dicono le previsioni? Se devo credere alle previsioni, sì. Guardi, nel 2014 hanno votato il 42% dei cittadini europei che avevano diritto al voto, 42%. Questa è stata l'ultima volta in 25 anni dove più gente è restata a casa che quelli che sono andati a votare. Nell'Europa occidentale, a me non mi piace molto fare la differenza, ma in questo caso devo farla. Nell'Europa occidentale, istoricamente, nell'elezione europea ha votato sempre intorno al 50% della gente e l'altra 50% no, con delle differenze tra i paesi enormi. In Germania vota sempre più del 60%, in Francia non vota mai più del 50%. Lì la questione è se questo dipende dall'Europa o dipende dal paese, perché l'Europa è la stessa in Francia, in Germania, in Portogallo o in Spagna. Nel 2019, la prima volta dove c'è stato un aumento della partecipazione, abbastanza importante, dal 42% al 51%, 9 punti. Questi 9 punti vengono soprattutto dai giovani. I giovani votano meno che i genitori o gli anziani, ma nel 2019 proporzionalmente hanno votato molto più. Loro votavano soltanto il 28% e quella volta hanno votato il 42%. Dunque c'è ancora una differenza, ma subitamente un 40% più dei giovani, quelli che avevano diritto di votare per la prima volta, hanno votato. Perché? Per la Brexit, perché i giovani si sono mobilizzati contro il cambio climatico. Era il momento di Greta Thunberg, di tutte queste manifestazioni alle porte delle scuole, e quello ha creato una situazione di interesse in qualche paese, pure non tutti, che prima non esisteva. Ma poi se uno guarda l'est, i paesi che sono arrivati molto più tardi e che vengono, diciamo, di un periodo storico molto oscuro, lì, quando sono arrivati, hanno votato molto meno che gli altri. E quando uno andava a chiedere ma perché vota così poca gente, la risposta molte volte era perché per molti anni votare era obbligatorio. Votare era obbligatorio ma allo stesso tempo non c'era una vera scelta. Dunque adesso che c'è la scelta e che votare è non obbligatorio, la mia scelta è di restare a casa. Ok, visto da qua sembra un po' strano, ma bisogna mettersi, diciamo, nella situazione personale o collettiva in questi paesi. Tra l'altro la provo comportandola in Italia, nel senso che noi lunedì, questo prossimo che viene, il 27, pubblicheremo sul giornale un sondaggio che abbiamo in realtà fatto proprio più che altro per capire l'idea di Europa che hanno i giovani. E da questo sondaggio emerge che in realtà la domanda, quali sono le sue priorità, stiamo parlando di tra 18 e 35 anni, quindi quali sono le sue priorità per l'Europa di domani chiesto ai giovani, under 35? Un 20%, in realtà un 19% qualcosa per cento, dice non saprei. Questo dimostra, al di là di, ce ne sono altri che hanno dato anche delle risposte molto interessanti, però quel non saprei, ed è uno zoccolone, un 20%, ci dice che non arriva forse proprio a queste generazioni l'idea di come, a proposito venendo allo slogan con cui usate la campagna elettorale, come posso usare questo voto per far cosa? Non capiscono, probabilmente non arriva l'idea di capire perché devono votare e qual è l'utilità, l'interesse a farlo. L'apporto in Italia, ancora di più dicendoli, guardi, noi qui in realtà il trend dell'astensionismo è crescente, ci sono questi territori che fotografavamo nell'inchiesta dove non solo i media magari non arrivano, ma non arrivano le condizioni per la democrazia magari più di base. Ecco, c'è un rischio, adesso non so se conosce bene il caso italiano o poi magari anche alcuni tratti del Portogallo, ma c'è un rischio che in alcuni paesi la minaccia di queste caratteristiche sia a livello di media che di condizioni socio-economiche sia una minaccia per la democrazia europea? Io penso di sì prima di tutto perché è chiaro, l'abbiamo visto, Luciana Marutta l'ha spiegato, la gente che ha più difficoltà sociale, economiche o di accesso all'educazione è la gente che vota meno. Stiamo anche vedendo che per altre ragioni in generale adesso tutti votiamo meno che 10 o 20 anni fa. Poi qualche volta subitamente c'è un pic, c'è un aumento importante, per esempio l'anno scorso ci sono state delle elezioni in Polonia, in Polonia il voto è cresciuto più di 15% subitamente. Perché? Perché i giovani e le donne sono andati a votare molto più. Perché sono andati a votare molto più? Perché hanno capito che quella elezione era fondamentale, che in quella elezione dipendendo del risultato di quella elezione la Polonia andrebbe da un lato o da un altro per i prossimi non 4 anni ma pure 10, 15 o 20 anni. E come ho detto prima quando tu vedi o pensi che le cose possono cambiare per bene o per male adesso vai a votare. Se tu consideri che questa elezione finalmente è un tramite perché le cose saranno piuttosto le stesse allora diciamo che hai più facilità per andare a casa o per restare a casa. Io ho guardato adesso il sondaggio fatto giusto dopo l'elezione europea del 19 dove c'era la domanda perché lei non ha votato. I tre primi motivi in realtà non hanno molto a vedere con l'Europa, hanno a vedere con la politica. Dunque probabilmente servono per l'elezione europea, non lo so, non sono lo specialista, ma servono anche per i casi nazionali. Il primo motivo per il quale la gente che non votava o che non ha votato non ha votato erano perché erano delusi in generale con la politica. Io non credo più nella politica, dunque non voto. Il secondo era perché non sono interessato nella politica, non sono neanche deluso, semplicemente la politica non mi interessa. Il 22% della gente ha detto prima sono deluso, il 18% ha detto prima non sono interessato nella politica e poi il terzo 14% hanno detto non voto perché votare non porta a nessuna conseguenza, non serve a niente. Secondo me votare non cambia niente. Tutte queste ragioni sono difficili a corrigere soltanto con l'informazione, non è una questione di informazione, è una questione di fiducia nella politica, di fiducia nel sistema politico e di fiducia anche nei partiti politici. Dunque lì probabilmente la problematica è più grande. E poi c'è una parte della gente che non vota ma è ancora una minoranza, quello che noi chiamiamo i soft abstainers, quella è la gente che quando tu chiedi nel sondaggio ma tu andrai a votare la settimana prossima ti dicono sì sì senz'altro andiamo a votare. E poi non votano. E perché non votano se hanno detto che erano interessati a votare? Perché avevano molto lavoro quel giorno e non potevano? Perché erano in vacanze, non erano in città, in paesi come in Spagna e in parte anche in Italia. Se non voti nel tuo collegio elettorale non puoi votare, adesso in Italia hanno aperto la possibilità gli studenti, mi sembra una grandissima, una bellissima idea. E poi questa è anche una ragione importante perché non siamo capaci, e adesso parlo delle autorità elettorali degli stati membri, di fare più facile votare. Votare continua a essere complicato, voti un giorno, in Italia un giorno e mezzo, in qualche paese dalle nove del mattino alle tre del pomeriggio, se sei un po' distretto, già finito. Secondo, devi votare a un posto concreto, non puoi votare a un altro, se vado al mare perché non posso votare al mare? Se oggi sto lavorando in un'altra città perché non posso votare in quest'altra città? Perché devo tornare la mia? Se io abito a Taranto poi non vado a Bologna a votare. E poi ancora più importante, nel momento che tutti i giovani votano cento volte per giorno con il telefonino, ogni volta che tu fai un like stai votando, perché non proviamo anche a facilitare il voto da questa forma. Si fa già in Estonia, funziona abbastanza bene, ma a un certo punto, secondo me, si deve fare qua. È vero e certo che votare si fa ancora in una forma molto solenne, ma pure il momento è arrivato di sacrificare un po' la solennità e di diventare un po' più pratici. Assolutamente. Questa dinamica dei fuorisede, noi in Italia stiamo cercando quantomeno per gli studenti di correggerla, ma in realtà ricordiamo che in Europa ci sono cittadini europei che sono sparsi un po' in tutti i paesi. Quindi riguarda tantissimi cittadini che volendo potrebbero anche votare fuori dai confini o trovare delle modalità proprio per le elezioni europee per votare in modo più snello. Mi sembra di capire però che all'inizio eravamo partiti da un ruolo dei media, da un ruolo dell'informazione, poi c'è un tema, il ruolo della politica, ci sono tantissime variabili che incidono su questo elettore non votante. È chiaro che però nel momento in cui noi abbiamo avuto, il caso della Polonia lo dimostra, delle dinamiche di attenzione mediatica su temi europei molto importanti, abbiamo avuto anche ovviamente la necessità di gestire a livello europeo la pandemia, c'è il cambiamento climatico che ha portato i temi proprio a scaldare tutta l'Europa, questo ha avuto dei riflessi nel voto. Quindi è come se anche a livello mediatico poter in qualche modo far capire cosa può fare l'Europa e quando può incidere diventa assolutamente importante. Da un altro lato c'è il rischio delle fake news, della disinformazione, di tutta questa chiaramente partita che in realtà ha fossa un dibattito costruttivo in questi momenti mediatici. C'è la possibilità di trovare una ricetta anche per riuscire a far capire come i media possono davvero cercare di dare delle informazioni senza entrare in quel grande overload information in cui in realtà non capiamo più niente e alla fine qual è cosa decidiamo, non andiamo a votare perché non cambia niente, tanto non cambia niente. In che modo i media possono in realtà far capire che qualcosa si può fare? Prima di tutto, non soltanto i media, tutti noi, non soltanto i media, anche la politica e anche tutti quanti. Prima di tutto spiegare la realtà, cominciare a parlare ai cittadini su quale può essere il nostro futuro dipendendo del risultato dell'elezione, dell'elezione europea, dell'elezione presidenziale negli Stati Uniti a novembre. Sono uno di quelli che pensano che come andrà la nostra vita nei prossimi cinque, dieci anni dipende da due elezioni combinate, l'elezione europea e l'elezione americana. Ma con una differenza, io l'elezione americana mi affascina, ma non posso votare. L'elezione europea qualche volta sembra un po' più noiose, ma sono quelle dove possiamo votare. E dunque sì, è molto interessante di sapere quali sono i Stati americani dove si gioca finalmente chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, ma pure prima di tutto dobbiamo pensare a chi saranno quelli che decideranno nel nostro nome sia nel Parlamento Europeo sia nelle altre istituzioni. I prossimi anni possono essere abbastanza complicati, perché abbiamo una guerra in Europa e qui in Italia, come in Spagna, come in Belgio, la vediamo in TV, ma molti cittadini europei la vedono dall'altra parte della frontiera. I polacchi, i baltici, quello che succede lo vedono lì. Qualche volta, anche quando c'è un missile che sbaglia, va dall'altra parte della frontiera. Questi cittadini europei hanno già cominciato a discutere, per esempio, sulle misure a prendere nel caso che questa guerra vada avanti anche da un punto di vista geografico-territoriale. Questo lo cambia tutto. Poi abbiamo visto anche che, dipendendo di quello che succederà negli Stati Uniti, quello umbrello che ha funzionato benissimo per 50 o 60 anni, possiamo essere d'accordo, non essere d'accordo, ma l'umbrello c'era, oppure questo umbrello un giorno lo fermano e se ne vanno. E poi noi cosa facciamo? Aspettiamo tranquillamente cosa decideranno i russi. Dunque ideologicamente possiamo essere a favore, possiamo essere incontro, ma la situazione sta cambiando. La situazione non è la stessa da 10 anni fa o da 15 anni fa. È molto più complicata. E dunque, se questo non è una ragione per tutti e anche i media per dare più pubblicità all'importanza di quello che fa o quello che non fa l'Unione Europea, allora secondo me come lo facciamo? Detto questo, insisto, quando uno guarda i sondaggi, la realtà sta cambiando e la percezione della gente sta cambiando. 80% dei cittadini dicono sì, questa volta le elezioni europee sono più importanti perché il mondo è diventato più inseguro, perché il mondo è diventato più complicato. Dunque quello che succede fuori le frontiere dell'Unione Europea fa che queste elezioni europee siano più importanti che tutte le altre prima. E poi lei mi chiedeva, la gente voterà più? I sondaggi oggi ci dicono che il 70% degli europei dicono sì, se ci sono delle elezioni europee la settimana prossima voterò. Io lo so che il 70% non voterà, ovviamente voteranno pure in qualche Paese, soprattutto in Belgio, in Belgio il voto è obbligatorio, dunque voterà l'85% della popolazione. Slovacchia l'ultima volta ha votato il 20%, oppure questa volta voterà il 30%, non lo so, ma c'è sempre una differenza grande tra Paesi. Ma il 70% in generale ci dicono sì, questa volta io penso che andrò a votare perché la situazione è veramente l'ovale di andare a votare. Poi non andranno tutti, ma cinque anni fa il 60% hanno detto che voterebbe e il 50% ha votato. Dunque questa volta possiamo pensare ok il 70% non voterà, ma fra il 50% e il 60% lì probabilmente si troverà alla fine il numero di persone che voteranno. Grazie. Prima di lasciare un po' di domande, tra l'altro se qualcuno dopo ha voglia di fare delle domande dal pubblico, volentieri le poniamo ai nostri relatori. Volevo chiedere a Luciana Maruta, alla luce anche di quello che ci ha raccontato il Dottor Duc, sullo scenario che in realtà dicono sia i sondaggi ma soprattutto un po' le aspettative su questo prossimo voto. È davvero possibile secondo te che la percezione dell'insicurezza legata alle guerre, il dibattito crescente su certe tematiche porti a generare una maggiore attenzione anche in quei paesi dove siete andati voi con la vostra inchiesta a raccontare l'astensionismo? Sì, quando abbiamo fatto le interviste le abbiamo fatte tra il dicembre del 2023 e febbraio-marzo di quest'anno, quindi sono recenti. Nessuno ha parlato delle guerre, nessuno ha parlato dell'importanza delle elezioni e ovviamente il modo in cui noi abbiamo posto le domande è andato anche a interferire perché a seconda delle domande che si fanno si avranno determinate risposte, ma noi da giornalisti cerchiamo di non influenzare le risposte delle persone. Quindi abbiamo lasciato che fossero gli intervistati che ci spiegassero, che ci facessero vedere come vivono, quali sono le loro preoccupazioni, le loro aspettative. Quindi questo argomento non si è affrontato perché alla gente non è venuto in mente di nominarlo, non l'hanno portato alla luce appunto gli intervistati. In Portogallo, se vediamo la realtà che affrontiamo, devo dire che nessuno ci ha risposto che sarebbero andati a votare perché adesso vedendo quello che succede bisogna appunto preoccuparsene e quindi votare per questi motivi. Però pensando a quello che diceva lei anche a proposito della mancazza di interesse e del fatto che la gente sia disinteressata alla politica, è importante per noi ovviamente ricordare sempre che questi studi hanno comunque delle loro limitazioni e dobbiamo intervistare e fare domande in periodi di tempo brevi. Però per parlare di un breve aneddoto che ci è successo quando siamo andati in un piccolo comune nel nord del paese. Allora in questo paesino c'era un agricoltore che aveva delle mucche che ha cominciato a dirci non mi interessa la politica, però poi il giorno successivo siamo tornati, siamo andati a trovare questa signora che appunto, questa famiglia di agricoltori a casa loro, abbiamo parlato anche con le figlie, abbiamo parlato col marito, abbiamo passato del tempo insieme e alla fine la signora ci ha spiegato che il fatto che non fosse interessata alla politica dipendeva soprattutto dal fatto che se si guardava attorno si rendeva conto che la sua subsistenza era a rischio perché la politica aveva provato a riattivazione delle miniere di litio e quindi in questo caso ci sarebbe stato un impatto enorme nella sua dita quotidiana così come la sta conducendo adesso. Quindi quando si cerca di approfondire le cose vediamo che tante volte la prima risposta che riceviamo è non mi interessa, ma non è detto che sia veramente così. Quindi bisogna veramente approfondire, andare a vedere quella che è l'origine di questa sensazione di disinteresse. La mancanza di interesse magari nasconde proprio appunto le ragioni vere dell'astensionismo e probabilmente è così nel senso che va indagato chiaramente da noi come giornalisti ma anche dalla politica, probabilmente in primis come territorio su cui... Certo, assolutamente. Se abbiamo il microfono per le domande magari abbiamo un paio di persone, raccogliamo un paio di domande e poi lasciamo rispondere i nostri relatori. Telegrafica, ma non prima di aver detto che dopo tre anni dalla morte del marito inglese ho risentito la lingua che avevo cancellato. Lui ne parlava otto e convinceva tanti giovani come docente Wilkinson, quaranta premi di poesia in quaranta città italiane ed europei. Vedrò di recuperare l'inglese perché le morti sono troppo traumatizzate. Al Ferrari, dottore. Una domanda, ok, prego, vada. Pensi che credevo ci fosse il mio ex studente, ormai si chiama Lorenzo Ferrari. Ho detto non è possibile. Beh qui giochiamo in casa. La domanda è questa. Secondo quello che ho capito e dedotto io, lei che ne pensa, sono stata presa del liceo per trenta anni e venti in Consiglio Provin. Vivendo molto tra i giovani noto questo. Ma perché dobbiamo andare a votare adesso per l'Europa un'altra istituzione? Siamo già pieni di problemi schiacciati dalla politica. Vogliamo trovare un lavoro più corrispondente alla nostra preparazione e che non dobbiamo aspettare troppi anni. Una delle motivazioni che io, invogliandoli e conoscendoli e molti girando, lei che ne pensa. Grazie a lei. La mia è solo, può essere anche una provocazione, perché ho sentito che in Belgio per esempio il voto è obbligatorio. Non ci sono penali, ma il fatto che il voto è obbligatorio mi sembra che in una ventina di stati, in Australia invece ci sono delle penalità. Non possiamo aspettare che ci siano grossi problemi, tipo guerre o catastrofi, per spingere un certo numero di persone a votare. Il fatto di considerare a livello della comunità europea, di inserire questo tipo di nuova legislazione, secondo me si potrebbe fare questa valutazione. Perché il rischio di avere nel corso degli anni, noi abbiamo visto questo trend che dal dopo guerra in avanti ha continuato anche in Italia a portare sempre meno persone alle urne. Il rischio che ci siano poche persone che vanno a votare è grossissimo anche dal punto di vista dei gruppi che possono più facilmente manipolare le persone che sono portate. Grazie, assolutamente. Raccogliamo l'ultima qui davanti, oppure dietro direi tre, poi dopo le gestiamo in tre, poi vediamo se riusciamo a farne altre. Intanto proviamo la terza. Sì, volevo chiedere alla rappresentante del Consiglio Europeo, del Parlamento Europeo, una questione legata al discorso dei media. Perché secondo me l'informazione sulle tematiche europee è scarsa in Italia, è filtrata per lo più da prese di posizioni politiche e perciò è focalizzata sulla visione italiana. Io mi chiedo, ma come mai dopo tanto tempo che ormai ci sono le istituzioni europee non si è pensato di fare un media indipendente, una televisione indipendente europea, dal centro che diffonde quella che è il sentire dello spirito europeo? Questo lo dico perché in Italia, dopo la Costituzione italiana, a fare l'Italia possiamo dire che ha contribuito soprattutto nella fase iniziale la RAI, la Radio e la Televisione italiana. Cioè è un'altra cosa avere un'informazione di livello europeo che è una tematica europea filtrata sempre attraverso la visione del singolo Stato e soprattutto delle singole forze politiche. È una cosa diversa. Grazie. Mi ci metto in mezzo come media italiano e un po' mi sento in causa perché giustamente i media italiani hanno molto uno sguardo italiano anche purtroppo a livello europeo. Posso dire che in Italia è un grande ruolo quello della politica che tende a rendere anche il dibattito delle elezioni europee un dibattito sulle politiche italiane. Lo vediamo perché anche le candidate che sono insomma in lista sono per lo più esponenti della politica italiana. Quindi è tutto un tema forse molto italiano, però rivolgo queste domande ovviamente al disinteresse dei giovani e l'obbligatorietà e il ruolo dei media brevemente a Dottor Duc. Brevemente proverò. Prima sui giovani, abbiamo già un po' parlato, ma io penso che sui giovani la questione è soprattutto il fatto che i giovani sono molto interessati nelle cause. Tutti hanno una causa o due o varie cause a difendere, ma le difendono in una forma diversa, non la difendono per la via politica tradizionale o per la via per esempio dei sindacati, che erano i due casi tipici dell'Europa occidentale durante molti anni. E dunque questo probabilmente fa che l'idea dell'elezione sia qualche volta un'idea che non piace lo stesso che per esempio fare un lavoro per una NGO, eccetera eccetera. Dunque lì bisogna probabilmente riconnettare il senso delle elezioni con la maniera di pensare e di agire dei giovani. E poi nel caso dell'elezione europee si aggiunge non soltanto il problema che sono più lontani eccetera eccetera, ma il fatto che loro non hanno dovuto lottare per diventare cittadini europei. Loro sono nati cittadini europei, dunque se tu non hai dovuto lottare, se tu non puoi fare la differenza tra essere o non essere cittadino europeo, probabilmente vedi le cose di un'altra maniera che per esempio i giovani in Ucraina, in Moldova, in Georgia, dove adesso li vediamo nella strada, con la bandiera del paese e con la bandiera europea. Perché per loro la bandiera europea è la bandiera di quello che loro vogliono diventare. Dunque secondo sul Belgio, qui ogni paese ha la sua tradizione politica, la sua tradizione anche dal punto di vista legislativo, e provare a far passare tutti i paesi per lo stesso posto, quello che in inglese dicono one size fits all sarebbe molto difficile. In Belgio teoricamente c'è una penalità se non voti, teoricamente poi nella pratica nessuno riceve mai la multa, ma è vero, 80-85% della gente vota, l'altro 15% non vota e non succede niente. Ma sono sicuro che se cominciamo il dibattito sull'obbligazione del voto in altri paesi la gente sarebbe conto e probabilmente il risultato sarebbe un disastro, anche dal punto di vista di cosa voterebbero dopo se si sentivano obbligati a votare. E poi sulla questione dei media, questa idea di avere una tv europea o un media diciamo paneuropeo è una vecchia storia e infatti ci sono stati delle prove, ci sono stati dei momenti dove qualche DIT hanno provato a fare questo, per esempio, e adesso esiste ancora, Euronews. Ma il vero problema sono le lingue, questo si può fare negli Stati Uniti, si può fare in Australia, si può fare in molti posti, ma non si può fare nell'Unione Europea, è molto difficile perché a ognuno bisogna parlare la sua lingua. E dunque anche se per esempio Euronews lavora in diverse lingue, alla fine, spero che Euronews non mi senta adesso, alla fine è tutto un po' freddo e dunque si interessa a quelli che sono già interessati direttamente ma è molto più difficile interessare ai altri. Non lo so, pure in qualche anno possiamo andare avanti ma fino adesso è stato piuttosto impossibile. Poi io devo dire che in Italia, e io guardo ogni giorno diciamo la stampa in diversi paesi, noi giornali ma diciamo il pezzo con le notizie, in Italia si scrive molto sull'Unione Europea, moltissimo e non soltanto il sole 24 ore, molti. E devo dire che i corrispondenti italiani a Bruxelles non solo sono abbastanza numerosi, sono buoni, sono dei giornalisti veramente buoni. Poi il problema probabilmente, e questo non succede soltanto in Italia, succede in altri paesi, è che soggetti che sono europei, i politici li trasformano in soggetti nazionali. Ma anche questo cambia perché oggi, adesso, provare a fare la differenza tra la parte europea e la parte nazionale di un soggetto è molto difficile. Se parliamo di politica industriale, se parliamo di ambiente, se parliamo di migrazione, se parliamo di igualità di genere, stiamo parlando di politica europea? Sì, stiamo parlando di politica nazionale anche. Dunque arriva un momento che la questione non è questa è la politica europea, questa è la politica nazionale. La questione è che queste due parti fanno questa politica e probabilmente i dirigenti politici, non soltanto in Italia, in tutti gli altri paesi, devono fare anche un po' di pedagogia su questo. Grazie, abbiamo finito il nostro tempo purtroppo. Mi dispiace per le domande che sarebbero, sono contenta che ci sarebbero state ma purtroppo non abbiamo il tempo perché, a parte il rosso che vedo, ma ci sono altri eventi subito dopo e siamo di corsa. Ringrazio comunque i relatori di questa bellissima chiacchierata.
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