La giustizia che vorrei
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La giustizia che vorrei
Giustizia, economia e riforme, questi sono solo alcuni dei temi affrontati nel dialogo tra Luigi Contu, giornalista e direttore Ansa e il Ministro della Giustizia ed ex magistrato, Carlo Nordio. Si è discusso della complessa normativa italiana, con riferimenti a leggi obsolete e incongruenze nel sistema giuridico, sottolineando la necessità di semplificare le procedure giudiziarie e di rendere omogenee le fonti del diritto.
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Carlo Nordio non ha bisogno di presentazione ma vedo molti ragazzi quindi forse va detta qualche parola, è stato un magistrato per tantissimi anni, un PM per tanti anni, ha svolto le chieste più importanti della storia della Repubblica, anche in momenti molto drammatici molto complicati del terrorismo, insomma una vita nella giustizia, poi è diventato anche un nostro collega perché ha scritto tanto, ha scritto editoriali, ha scritto libri, saggi quindi possiamo dirci colleghi, non so se posso, è un onore essere, grazie, quindi insomma io ho la prima curiosità prima di entrare un po' nel merito delle questioni, la prima domanda che le volevo porre è proprio questa, come ci si sente ntrare nel governo di un Paese, nel governo della giustizia di un Paese dopo tanti anni in prima linea che effetto le ha fatto e che impatto ha avuto su di lei questo arrivo al governo? Innanzitutto grazie per l'invito, un saluto a tutti i presenti dell'autorità militari e civili e ai colleghi, colleghi magistrati, dico colleghi magistrati perché sempre il magistrato, e ai colleghi giornalisti perché, benché non fossi scritto all'ordine nemmeno come pubblicista ho superato i mille articoli di fondo scritti in questi ultimi vent'anni, potrei chiedere l'inscrizione subito, potrei chiedere l'onore, allora come ci si sente? Innanzitutto una sorpresa perché io non ho mai fatto politica, non ho mai partecipato a nessuna, non dico carica ma nemmeno attività politica, è vero che nel 1963, quindi un'età, già vi dà l'idea della mia età, ero iscritto alla gioventù liberale, ho cambiato tante idee nella mia vita su molte cose ma non su questa, sono sempre rimasto un liberale, però naturalmente quando sono entrato in magistratura negli anni settanta ho restituito la tessera e da quella volta non mi sono più occupato di politica neanche se non come commentatore, aggiungo che come commentatore, e qui introduco un argomento che potrebbe anche essere un po' divisivo, ho a suo tempo criticato da magistrato, giornalista le leggi ma soltanto sotto il profilo tecnico, perché il magistrato proprio perché per primo deve applicare le leggi è legittimato a trovare quelli che possono essere i punti sui quali l'applicazione diventa difficile o contraddittoria, ma mai sul merito perché secondo me la divisione dei poteri impone che un magistrato non critichi il merito delle leggi come il politico non deve criticare il merito delle sentenze, questo per me in un mondo ideale dovrebbe essere un principio sacrosanto che purtroppo viene disatteso. A parte ciò dopo i cinque anni di Tempus non dico l'ugendi al contrario, io sono stato rottamato razione e tatis nel 17 e quindi sono uscito completamente dalla sfera della magistratura, non avrei mai pensato di entrare in politica e quindi il primo senso è quello di grande sorpresa, poi di grande senso di responsabilità e soprattutto di umiltà perché il servizio pubblico esercitato da magistrato che già impone una necessaria umiltà perché hai tra le mani la vita e l'onore e la libertà personale dei cittadini in questo caso direi ancora più alto perché entri nell'ambito della produzione legislativa quindi direi queste tre sensazioni di sorpresa, di responsabilità e soprattutto di umiltà. Senta Ministro visto che siamo qui al festival dell'economia io vorrei farle una prima domanda proprio diciamo di carattere conomico nel senso che ormai è chiaro a tutti quanto economia e giustizia siano legate, quanto una giustizia efficiente, le leggi che funzionano, delle procedure semplici, comprensibili aiutino il processo economico, parleremo poi del PNRR ma le difficoltà che si stanno incontrando in gran parte derivano dalle complessità diciamo così amministrative dalla giurisprudenza e dalle leggi italiane è stata qui oggi la ministra Casellati che ha abrogato recentemente alcuni reggi decreti chissà quando arriveremo a abrogare le leggi degli anni 90 di magari di Andreotti e Fanfani non lo so ma noi stiamo ancora abolendo decreti reggi quindi immaginate qual è la produzione legislativa e quante cose possono andare ecco quindi questo aspetto su questo aspetto che lei affronta anche in alcuni dei suoi studi e dei suoi articoli di semplificazione di alleggerimento delle procedure di alleggerimento di responsabilità che cosa può fare che cosa si sta facendo dal suo fronte della fronte della giustizia? Partiamo dall'osservazione che lei ha fatto e che è condivisa non solo da me ma purtroppo anche in ambito internazionale nel senso che in questi mesi io ho avuto colloqui sia a Roma sia in altre capitali in occasione di incontri bilaterali quindi a Berlino a Londra a Parigi non solo con ambasciatori e i ministri miei colleghi ma anche con i rappresentanti delle industrie e della finanza italiana che lavorano a Londra a Parigi a Berlino eccetera e la domanda ricorrente o meglio la risposta ricorrente era la seguente noi abbiamo difficoltà a investire in Italia perché la giustizia è molto lenta e il diritto è molto incerto nel senso che Tizio ha un certo tipo di controversia in un certo luogo e ottiene un certo tipo di decisione, Caio ne ha un altro identica come questione e ottiene una decisione opposta. Cosa possiamo fare? Allora innanzitutto tutto questo deriva quello che ha detto lei dalla complessità, dal numero e dalla contraddittorietà delle leggi che abbiamo giustamente ha citato la meritoria opera della collega Casellati che sta eliminando decreti, ne ha eliminati 2 mila che sono stati emanati tra il 1870 e il 1890. In Italia abbiamo circa 250 mila leggi forse di più ma a un certo punto abbiamo smesso di contarle perché avevamo perso anche perché poi continuavano a crescere. Attenzione però se dall'aspetto quantitativo passiamo all'aspetto qualitativo è la cosa anche peggiore perché lei ha citato ci sono dei leggi decreti e io vorrei proprio partire da questo, noi abbiamo un codice penale, codice penale magari per i ragazzi che sono di giune di diritto è quello che disciplina i delitti e le pene mentre il codice di procedura penale è quello che disciplina le indagini e il processo, ecco il codice penale è un regio decreto perché è firmato da Benito Mussolini e da Vittorio Emanuele III, questo non lo sa nessuno e nessuno lo dice ma se un cittadino oggi venisse condannato per apologia di fascismo sarebbe condannato in base a un codice che è firmato da Mussolini, ora è vero che in quel codice non c'è scritto il reato di apologia di fascismo ma la struttura del reato, delle esimenti, dell'elemento oggettivo e soggettivo, insomma tutto quello che fa l'impianto del codice penale è ancora quello del 1930 e aggiungo che gode di buona salute mentre il codice di procedura penale che è relativamente recente del 1988-89 ed è stato firmato da un roe della resistenza, una medaglia d'argento della resistenza per il professor Vassalli, è stato demolito dalla Corte Costituzionale e dagli interventi legislativi e non funziona più, cco questa è già una delle contraddizioni che abbiamo in questa iper produzione normativa che non è mai stata resa omogenea, se pensiamo quindi che già i capisaldi dei nostri della nostra legislazione penale ma anche quella civile sono vecchi e sono tra i loro contraddittori si riesce a capire perché l'incertezza del diritto sia ormai per noi una fisiologia più che una patologia, allora che fare ripeto, bisogna cambiare, bisogna semplificare le procedure, individuare bene le competenze e eliminare il più possibile il troppo il vano, lo stiamo facendo però attenzione e questo è un aspetto molto delicato ma va affrontato, alcune di queste riforme esigono una riforma costituzionale perché alcuni principi che sono incompatibili con il codice di procedura penale devoluto dal professor Vassalli, ripeto eroe della resistenza da cui è nata la Costituzione però sono incompatibili con la Costituzione mentre ci sono i principi del codice di Mussolini del 1930 che sono sempre stati ritenuti compatibilissimi con la nostra Costituzione nata appunto dalla resistenza, ecco se noi cominciamo da questa contraddizione che sta alla base del nostro sistema giuriziario e giuridico in generale possiamo capire quanto lavoro si debba fare per rendere omogenee queste fonti del diritto. Poi le chiederò delle riforme delle riforme costituzionali perché sono sicuramente uno dei temi che tocchiamo e che poi saranno al centro del dibattito nei prossimi anni di questa legislatura però vorrei un attimo riprendere il tema della semplificazione e dei tempi perché diciamo un elemento molto molto complicato del nostro Paese appunto la lentezza della giustizia, lei prima giustamente citava la difficoltà degli imprenditori stranieri a venire a investire in Italia, io associo anche quelli italiani perché anche quelli italiani considerando quanto cambiano le leggi, vediamo in materia di lavoro e di contratti è una giungla nella quale veramente si fa fatica a trovare la strada. Ecco parlavo dei tempi della giustizia, siamo in una fase un po' delicata sul PNR per tanti motivi, c'è un ragionamento con Bruxelles, il PNR è fissa dei target molto ambiziosi per la nostra giustizia perché giustamente uno dei tempi è proprio l'accorciamento, mi pare devono ssere accorciati del 25 per cento i tempi del processo civile e del 15 il penale, però questi interventi sul PNR sono già stati fatti da chi l'ha preceduta, quindi si sta andando avanti ma c'è una preoccupazione anche sul fronte della giustizia, sull'applicazione del PNR o invece questo lavoro sta andando avanti e andremo a dama, almeno su questo fronte? Il lavoro è iniziato subito già dal governo precedente al quale ho dato atto, io sempre l'ho scritto anche nei miei articoli che la ministra Cartabia, mia precedente, era stata una delle migliori ministre della giustizia, naturalmente la sua opera era condizionata da un parlamento che era molto più eterogeneo e molto più conflittuale di quanto non sia l'attuale, noi abbiamo una maggioranza estremamente omogenea, estremamente compatta e presumiamo e auspichiamo duratura, quindi abbiamo un compito facilitato, per di più questo PNR è stato convenuto prima delle due grandi emergenze che conosciamo tutti, la guerra e l'epidemia. Per quanto riguarda la giustizia noi siamo messi molto bene, nel senso che abbiamo iniziato subito il lavoro e abbiamo praticamente rispettato quasi tutti i tempi che ci erano stati per finire. Alcuni obiettivi sono diciamo così distonici rispetto anche alla realtà, per esempio c'è stato imposto di eliminare un arretrato di 10 milioni di fascicoli che in realtà non esistono perché in quel caso sono stati eliminati, mentre se ne sono altri che non sono stati tenuti in considerazione Quindi lei deve intervenire anche lei in questo percorso? Sì, infatti noi adesso stiamo cercando sempre nei limiti invalidabili delle direttive che ci consentiranno di ottenere i finanziamenti, eventualmente di rimodulare queste risorse che ci sono state date per velocizzare i processi, però ripeto siamo molto avanti, perché là, adesso do proprio una risposta concreta che magari voi vi attendete in un forum economico, noi siamo per una assoluta precedenza nella digitalizzazione e nella attività telematica. Anche i concorsi della magistratura noi stiamo cercando di renderli più veloci attraverso la introduzione proprio delle prove scritte telematiche, io non voglio anticipare notizie. No, per una ragione che magari diranno altri di questa bella ragione e quindi noi puntiamo molto su questo perché sappiamo che la tecnologia ci può molto aiutare, ma la tecnologia non è tutto, occorre, ripeto, semplificare le procedure che sono in parte ancora quelle dei vecchi codici di procedura civile, sono stati fatti e rifatti, però vedete c'è molta pigrizia mentale ancora per fare delle riforme serie, non è questione di ssere nemmeno vorrei dire di destra o di sinistra, vi è una difficoltà forse genetica nella nostra mentalità giuridica in generale di accettare il nuovo, quello che si chiama appunto il misonismo, c'è diffidenza perché si è sempre fatto così e invece anche se si è sempre fatto così questo non significa che si sia fatto bene, vi faccio solo un esempio, un concorso di magistratura dal momento del bando al momento del conferimento della toga al vincitore dura cinque anni, cioè non è possibile che se oggi tu ti candidi a fare il magistrato se tutto tira bene la toga ti venga data tra cinque anni, questo perché ci sono delle difficoltà sia burocratiche sia organizzative che devono essere compresse, devono essere eliminate e quindi noi il nostro per esempio obiettivo è di ridurre questo tempo quantomeno della metà quindi avere più magistrati, abbiamo anche fatto molte assunzioni, abbiamo assunto, quelle stanno andando avanti soprattutto il personale amministrativo che sono più facili perché il concorso di magistratura in realtà è molto più difficile anche da un punto di vista proprio del suo svolgimento e ripeto con il PNR siamo direi messi bene, siamo messi molto bene. Ok ministro, entrerei un po' proprio sul tema delle riforme, intanto comincerei con una riflessione sul metodo, la presidente Meloni già dal discorso in parlamento di insediamento ha sempre sostenuto di voler cercare un dialogo con le opposizioni sul tema delle riforme costituzionali, sappiamo qual è la procedura ma insomma si è quasi sempre cercato nel Paese con vari tentativi più o meno fortunati di arrivare a una visione complessiva e soprattutto che andasse al di là degli steccati, noi l'altro giorno abbiamo visto nello stesso giorno un momento di grande identità e di unità tra un esponente della maggioranza da presidente del Consiglio Meloni e il governatore dell'Emilia Bonaccini che erano uno accanto all'altro a ragionare delle difficoltà di quella regione senza naturalmente steccati ideologici e questo è stato secondo me un episodio molto importante, qualche centinaio di metri più in là si è votata la presidenza della commissione antimafia con uno schema diverso, non c'è stato un accordo, c'è stata una votazione a colpi di maggioranza con addirittura l'opposizione che è uscita, quindi abbiamo visto nella stessa giornata da una parte il tentativo riuscito di dialogo, di comprensione, di sforzo comune e dall'altra una dialettica parlamentare molto stressata in cui non è stato possibile trovare un accordo su una presidenza importante come quella dell'antimafia. Cosa ci dobbiamo aspettare noi nei prossimi anni secondo lei, la prima o la seconda? Questa è una domanda che forse eccede le mie competenze. Allora, premetto che quando ho visto... Lei nel suo tentativo di portare la responsabilità di tutta la maggioranza. Allora, quando ho visto l'immagine dell'incontro tra la nostra presidenza e il Presidente della Regione, l'ho trovato molto bello, quasi commovente auspicabile di ripetizione, non di ripetizione per un'altra catastrofe, ma di ripetizione in tutto quello che può essere il campo delle riforme che devono essere condivise. Naturalmente, tanto più queste riforme incidono sui interessi collettivi, tanto più devono essere condivise. Cioè, quando magari incidono sui interessi più settoriali, allora il gioco della maggioranza dell'opposizione fa parte della dialettica democratica e di questo non c'è da scandalizzarsi. Per quanto riguarda la giustizia, beh, noi sappiamo già, perché è stato riferito da molti, che una parte dell'opposizione, parlo di Italia Viva e della Diazione, lo hanno dichiarato loro, sono favorevoli alle nostre riforme in senso garantista. Sappiamo perché abbiamo partecipato a congressi, perché abbiamo avuto colloqui più o meno informali, che non siamo solo noi gli unici garantisti che desiderano queste riforme. Alludo per esempio la riforma sui reati per una pubblica amministrazione, l'abuso di ufficio. Io credo che il desiderio dei sindaci d'Italia sia omogeneo in questo, trasversale, anche omogeneo, nel senso che si pensano tutti allo stesso modo, anche se ovviamente non lo possono dire. Però, naturalmente, non credo che ci sarebbe un forte accanimento in questo tipo di riforme. Altre potrebbero ssere più divisive. Altra cosa è l'atteggiamento della magistratura. Io, da ex magistrato, ho dei punti fermi sui quali naturalmente sarebbe persino banale intrattenersi. Quello sull'autonomia e l'indipendenza della magistratura, quello sul fatto che il pubblico ministero non debba mai dipendere dell'esecutivo. Per me questo è il Vangelo, non avrei fatto il magistrato. Tra l'altro per 40 anni il pubblico ministero, perché ho fatto sempre solo il pubblico ministero, se avessi solo avuto sentore, che sarei diventato un esecutore di ordine altrui. Allo stesso modo, però, va detto che questa modulazione della responsabilità dei magistrati, soprattutto dei pubblici ministeri che hanno questo grande potere oggi di dirigere la polizia giudiziaria e quindi di essere protagonisti nell'indagine penale, senza avere delle responsabilità conseguenti, perché godono delle stesse autonomie e indipendenze dell'autorità giurisdiziarale, cioè dei giudici. Questo va ripensato, perché il pubblico ministero in Italia è l'unico organismo al mondo, e sottolineo al mondo, che abbia un potere ffettivo ed esecutivo senza avere responsabilità. Perché noi abbiamo assunto, con il codice Bassalli, la fisionomia, la collocazione, la figura, ecco meglio, del pubblico ministero americano, del district attorney, che è il capo della polizia giudiziaria, quindi dirige le indagini, però ha una responsabilità politica perché viene eletto dal popolo, e quindi se sbaglia paga, nel senso che viene andato a casa. Dio mi guardi dal pensare a questo, al PDM elettivo, però è anche vero che non possiamo mantenere una figura di un pubblico ministero che non abbia nessun tipo di responsabilità, nessun tipo di limiti, addirà dei controlli che vengono fatti poi dall'organo giurisdizionale. Questo è uno dei tratti, quindi ecco, riforme, io spero che nella magistratura non troveremo delle resistenze come purtroppo è accaduto nel passato, forse anche per delle iniziative sbagliate o forse per delle iniziative imprudenti o eccessive negli anni passati, però va chiarita una cosa, che le leggi le fa il Parlamento, cioè non esiste da parte del magistrato né il diritto creativo, cioè il diritto di interpretare le leggi come vi pare sostituendosi dal legislatore e vorrei dire non esiste nemmeno il diritto di criticare il merito delle leggi, a meno che non si riconosca al politico il diritto di criticare le sentenze e questo non andrebbe bene né in un senso né nell'altro, ripeto nel mio mondo ideale di Montesquieu della divisione dei poteri ognuno fa il lavoro suo. Vorrei proprio parlare di Montesquieu se posso un attimo, nel senso che il ministro ha scritto da poco un libretto che consiglio soprattutto per i ragazzi che studiano girispludenza sulla giustizia, sul senso della giustizia, la storia della giustizia, il senso della giustizia nel tempo partendo da job e arrivando ai giorni nostri citando praticamente tutti, ho trovato un po' tutti fino a Shasha mi pare, mi ha colpito una cosa, io la cito un attimo, perché nella conclusione il ministro parla proprio della carta costituzionale che tutti quanti ammiriamo e certamente rispettiamo però in questo passaggio, quello proprio relativo alla giustizia lui dice che la carta è un continuo ripensamento di concetti troppo conservatori per piacere e progressisti, troppo arditi per gratificare i conservatori e troppo confusi per convincere entrambi. Quindi sostanzialmente il ministro ci sta dicendo che questa carta è frutto di un compromesso tra le due grandi forze che l'hanno scritta, sostanzialmente ha un po' sacrificato il concetto liberale di costituzione e anche di giustizia, se ho capito bene perché è un testo complesso. E lei ha parlato prima di garantismo e quindi nelle riforme costituzionali che vuole fare lei, che vorrebbe introdurre, cerchiamo di sostanziarlo un po', che cosa significa avere una carta e quindi un sistema della giustizia più liberale, più libertario? Se interpretiamo autenticamente da parte dell'autore, il mio pensiero era il seguente, la nostra costituzione è, per usare una parola che Benedetto Croce ha usato invece per un'altra occasione, la legge delle garantie, è un monumento di sapienza giuridica ed è un monumento di genialità politica perché è riuscita in un momento drammatico alla fine di una guerra mondiale e anche fratricida in Italia a comporre delle forze che erano tra loro confliggenti, quindi il comunismo da una parte e il cattolicesimo dall'altra e le firme dei nostri padri costituenti, i quali ci inchiniamo con rivenenza quasi invidiosa perché basta citare i nomi da Calamandrei a De Gasperi a Togliatti a Nenni a Saraga che sono persone che ognuno la pensa come di pare, io non sono un ammiratore di Togliatti politico però anche se ho la sua scrivania vicino alla mia, di fronte alla qualità politica culturale di Togliatti ci inchiniamo con un certo timore rivenziale. Detto questo le tre firme che sono quelle di Terracini che esprime il marxismo, quella di De Gasperi che esprime il cattolicesimo e quella di Nicola che in piccola parte esprime il liberalismo ti dicono cos'è la nostra costituzione, è un compromesso geniale, l'unico che si potesse fare all'epoca tra due ideologie confliggenti, quella cattolica e quella marxista, con una piccola parte di liberalismo ed è per quello che ho scritto che ci sono tutti questi ossimori, c'è una parte che spinge e una parte che frena, prendiamo per esempio l'articolo che dice che la proprietà privata è libera ma deve avere una funzione sociale, che vuol dire che la proprietà privata è una funzione sociale? Il bene è tuo e ne fai quello che ti pare salvo che ovviamente per solidarietà devi pagare le tasse, ma la funzione sociale della proprietà è una di quelle vage, metafisiche espressioni, Egel l'avrebbe chiamata... O uno stato etico diciamo no? Esatto, proprio uno stato etico. Si chiama vuota metafisica dell'intelletto speculativo, significa tutto e nulla. Allora cosa vuol dire riportarla ai ranghi per rispondere? Allora poiché oggi il marxismo è crollato, nessuno si dice più marxista, lo stesso cattolicesimo si è secolarizzato e invece tutti più o meno si dicono liberali e paraliberali, forse varrebbe la pena di rivedere una nuova Costituzione improntata di più ai principi liberali, che non ai principi che ripeto in quel momento rano gli unici che potessero essere conciliati del cattolicesimo e del marxismo. Poi adesso non posso, non voglio entrare nei dettagli, sarebbe anche irriverente, però è un fatto, per esempio la stessa concezione dell'individuo nella nostra Costituzione non è vista in senso liberale e questo è anche compensibile. Ma ha comunque delle limitazioni no? Certo ma perché? Perché culturalmente parlando le due ideologie che stanno alla base della nostra Costituzione, quella cattolica e quella marxista, si incrociano e quasi si identificano in una uguale conseguenza che la persona non è soggetto primario di diritti ma è secondario perché da una parte ha un'entità superiore che è l'onnipotente e dall'altra parte ha un altro capo che è o il partito o lo stato inteso come stato sociale, cioè l'individuo è compresso nella sua individualità, nella stessa esplicazione delle sue facoltà, tra due entità che sono più alte di lui, quindi non è più un protagonista, è una specie di soggetto, di oggetto di queste due autorità che esprimono due ideologie che in quel momento rano dominanti. E infatti viene fuori adesso, non so se non vorrei essere troppo insistente su questo ma anche le grandi difficoltà che ci sono state negli ultimi anni nell'individuare leggi e riformi sugli elementi del fine vita, del rispetto della vita, dei diritti tra religione personale e l'individualismo, insomma è molto complesso nel nostro ordinamento, forse anche per questo non si riesce ad andare avanti così come in altri paesi. Lei ha toccato proprio il punto cruciale perché ancora oggi il diritto della vita è considerato un diritto indisponibile e questo crea tutta una serie di conseguenze perché per esempio il Parlamento non riesce a mettersi d'accordo sulla legge sul fine vita, è intervenuta la Corte Costituzionale, ha messo in moro il Parlamento, eccetera, ma questo perché accade? Perché la stessa nostra Costituzione ha due principi che sembrano, parliamo per sempio del diritto della salute, che sembrano inconciliabili perché da un lato tutta la nostra Costituzione è impostata sul fatto che il diritto alla vita è un diritto indisponibile questo è scritto nel codice civile, è scritto nel codice penale tra l'altro, la manistigazione del suicidio, il suicidio non è punito, manistigazione sì, ecco, quindi l'omicidio del consenziente, ecco. Allora perché questo? Perché queste due culture si sono incrociate, per la ragione che dicevo prima, nel ritenere che il soggetto, il cittadino non abbia la disponibilità della sua stessa esistenza e questo cosa ha comportato? Che quando tu ti trovi di fronte ad argomenti, diciamo problematiche, che la tecnologia ti pone e che 40 anni fa o 80 anni fa quando è stata promulgata la Costituzione erano impensabili, oggi ti trovi con una legge che non esiste ma che deva esistere per disciplinare fenomeni che all'epoca erano impensabili. Faccio un esempio, quando è stata fatta la Costituzione o quando è stato fatto il codice penale nel 1930, nessuno pensava che si sarebbe potuto mantenere in vita un moribondo o un morituro, cosa che invece si può fare con strema facilità. Allora, non solo, ma un articolo della Costituzione che è stato dimenticato per 40 anni dice che nessuno può essere sottoposto a una cura contro la sua volontà, ma quando è stato fatto questo articolo si intendeva per cura l'operazione o altre cose, mentre adesso per cura si intende in mantenimento in vita anche quando sei praticamente a livello delle cure palliative. Adesso io non voglio prendere nessuna posizione su questo per l'amore del cielo, un argomento così delicato in cui ogni coscienza la pensa come crede. Mi limito a dire che c'è non solo un vuoto legislativo ma vi è proprio una difficoltà di conciliare i principi della Costituzione con quelli del codice civile e del codice penale e della stessa Corte Costituzionale che si è pronunciata su questo in modo inequivoco due o tre anni fa. Allora io adesso scenderei un pochettino sul concreto e verrei anche a una domanda che riguarda molto il nostro lavoro con qualche difficoltà ministro, perché io sono abbastanza in minoranza e mi riferisco anche a tanti colleghi dell'agenzia che fanno la cronaca giudiziaria che so che non la pensano esattamente come me e parliamo delle intercettazioni. A volte detto di volere intervenire e regolamentare, noi abbiamo vissuto anni in cui abbiamo pubblicato tonnellate e tonnellate di intercettazioni, a volte bene, a volte discutibilmente, lo devo riconoscere, lo riconosco da giornalista nel senso di aver coinvolto persone che non ntravano con le indagini, privati cittadini, rivelato particolari che forse non andavano rilevati, però ognuno fa il mestiere come crede. Però c'è un elemento che io le sottopongo che comunque alcune notizie di rilievo che derivano da intercettazione la stampa deve continuare a pubblicare quando parliamo di notizie importanti che riguardano importanti indagini, importanti fatti di crimini. Quindi lei che cosa intende fare? Come vuole arrivare a questo equilibrio? Se lo vuole trovare o le vuole vietare to court, qual è la sua posizione? Prima di tutto, questo poi l'ho scritto già 25 anni fa, intitolato a non sparate sul cronista, cosa non bisogna fare, non bisogna prendersela con chi pubblica le notizie. Se un giornalista viene a conoscenza di una notizia, a meno che non sia tale da compromettere proprio le indagini, tipo venga a sapere che si sta per liberare un sequestrato, vabbè ma lì è una deontologia minima, hai il diritto e forse il dovere di pubblicarla. Il problema è che alcune notizie riservate, segrete, che non dovrebbero essere divulgate, vengono invece lasciate passare dagli uni o dagli altri, qui un po' magistrati, avvocati, cancellieri, non lo so, magari lo so, ma posso immaginarlo, vengono fatte divulgare. Allora, come intervenire? Per quanto riguarda le intercettazioni, ovviamente sarebbe improprio se adesso io dicessi come intervenremo tra poco e come intervenremo più avanti. Posso solo dire che a breve saranno presentati dei progetti per cambiare la disciplina delle intercettazioni in termini diciamo minimi, perché l'abbiamo fatto proprio per dare un segnale importante, ma a termine medio, quando rifaremo il codice di procedura penale, la riforma sarà radicale. Radicale perché deve, diciamo meglio, attuare completamente l'articolo 15 della Costituzione, che dice che le conversazioni sono segrete, perché la segretezza è l'interfaccia della nostra libertà. Non per nulla le votazioni sono segrete, perché se non fossero segrete non sarebbero libere e Pascal diceva che se tutti sapessero quello che ognuno di noi dice degli altri non avremmo un amico, perché tante volte si parla, voce del se è fuggita, si dicono cose che però viste poi e pubblicate sui giornali hanno un loro impatto. Allora, noi intervenremo radicalmente a medio termine sulle intercettazioni. Per ora, ripeto, sarebbe improprio se anticipassi, ma interveneremo in un modo più settoriale. Per quanto riguarda, però, le indagini, l'ho detto e ripetuto cento volte in Parlamento, le intercettazioni è ovvio che sono utili e indispensabili per certi tipi di reati, è ovvio che non intervenremo mai sulle intercettazioni contro i mafiosi contro i terroristi, ma se noi andiamo a vedere quello che è stato speso dallo Stato italiano, 200 milioni di euro all'anno, spendiamo per le intercettazioni il 90% delle quali, anzi il 95% delle quali, si rivelano poi assolutamente inutili. Tutto questo non va bene, tutto questo è illogico, è irrazionale nel momento in cui ci mancano i denari per tenere in piedi le strutture carcerarie, le strutture giudiziarie, per pagare il personale. Certo, ci sono due cento milioni, guardate che 200 milioni tra l'Italia fa un numero di intercettazioni dieci volte maggiore di quello dell'Uni, ecco tutto questo deve cambiare, deve cambiare per ragioni conomiche, deve cambiare per ragioni etiche, deve cambiare per addare piena attuazione all'articolo 15 della Costituzione, è tutto qua. Poi non si venga a ripetere per la centesima volta che vogliamo fare un regalo alla mafia o ai terroristi perché, lo ripeto per la centesima volta quello che ho detto alle camere, quello che riguarda i grandi reati che toccano la sicurezza dello Stato non saranno toccati. Allora Ministro, vedo dal contatempo, dal timer che siamo in addirittura ad arrivo e ho ancora moltissime domande però a questo punto me ne tengo una finale perché questo è stato un anno importante, importante per la lotta alla criminalità, è stato arrestato Matteo Messina Denaro che era l'ultimo mafioso accusato di stragi ad essere ancora latitante, tantissimi anni di latitanza, domani cade l'anniversario dei gergofili, spero che i ragazzi ricordino la storia eppure ci sono ancora indagini, inchieste, dubbi a che punto è la lotta alla mafia e che cosa si può fare per cercare di estirparla? Beh, ovviamente questa parte riguarda l'attività della magistratura quindi il Ministro della Giustizia non ha nessun titolo per commentare. Quello che posso dire dal nostro punto di vista è che abbiamo dato e stiamo dando la massima attuazione nei limiti dei nostri poteri alla lotta contro la mafia, quindi per quanto riguarda la strumentazione ma per quanto riguarda anche la stessa legislazione e oserei dire anche per l'atteggiamento che abbiamo ottenuto quando siamo stati anche in un certo senso messi sotto pressione per il mantenimento dei 41 bis e la nostra posizione è stata nettissima, non si tratta con i mafiosi, con i terroristi, lo Stato non tratta perché deve tenere una politica di assoluto e coerente rigore. Poi se vogliamo dirla in termini molto più generali e allora dobbiamo riprendere il pensiero di Falcone che diceva che la mafia come tutti gli fenomeni umani non è indistruttibile bisogna partire però dalle radici perché la prima e la più importante lotta alla mafia va fatta in termini culturali, va fatta in termini etici, va fatta in termini educativi va fatta in termini di esempio perché le belle parole servono molto soprattutto in famiglia ma se tu non dai con l'esempio di come ti devi comportare è dalle piccole cose che poi si raggiungono i grandi risultati del rispetto delle regole. Gli inglesi dicono take care of the pens and the pens will take care by themselves, considera i penni e le sterline verranno da sole. Ecco se tu cominci a rispettare le regole fin da piccole a quelle piccole alla fine ti trovi anche automaticamente a rispettare quelle grandi e a combattere chi non le rispetta. Questo era un leitmotif di Falcone che l'ha ripetuto un miliardo di volte assieme al fatto che la mafia si deve vincere come tutti i fenomeni umani. Ripeto per quanto riguarda il Ministero della Giustizia la nostra adesione ma anche visibile. Le prime uscite che abbiamo fatto noi sono state quelle di rendere omaggio alla rapide di Falcone Borsellino a Palermo e ai residui della sua vettura che è stata fatta esplodere. Mi inviterei anzi a darla a vedere dove già c'è presso la polizia penitenziaria. Abbiamo cercato di dare anche il massimo della visibilità a quella che però non è un'attività puramente platonica e astratta ma è un'attività concreta. Per noi la lotta alla mafia e al terrorismo è una priorità assoluta. Bene Ministro davvero io la ringrazio di questa conversazione. Grazie di aver citato alla fine Falcone Borsellino e ricordiamo tutte le persone che hanno perso la vita nella lotta alla qualità. Grazie Ministro. Grazie a tutti. Grazie a tutti.
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