Nuove regole fiscali per la governance europea
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Nuove regole fiscali per la governance europea
Esperti come Cottarelli, Messori, Cavallari e Buti analizzano il nuovo patto di stabilità e crescita, confrontandolo con il precedente. Il focus è sul percorso pluriennale di aggiustamento dei bilanci pubblici, con particolare attenzione alle sfide per l'Italia, evidenziando i compromessi raggiunti e le potenziali criticità nell'implementazione. Si discute, inoltre, l'importanza della trasparenza e della programmazione a lungo termine per la credibilità del percorso di riduzione del debito pubblico italiano.
Sottotitoli e revisione a cura di QTSS Buongiorno, benvenuti e benvenute. Perché con una giornata così bella fuori, venire ad ascoltare queste argomentazioni mi fa molto sperare bene sul livello di attenzione. Perché il tema che ci hanno dato è molto complicato in realtà. In sala c'è anche Brodi che ha detto, adesso vi faccio l'esame, se qui i relatori saranno bravi, perché le nuove regole fiscali per la governance europea. Mi sono andato a prendere quello che ha scritto il correlatore del nuovo patto e dice, questa riforma rappresenta un nuovo inizio e un ritorno alla responsabilità fiscale. Il nuovo quadro sarà più semplice, più prevedibile e più pragmatico. Tuttavia, le nuove regole potranno essere un successo solo se la Commissione le attuerà correttamente. Quindi mette il punto sugli Stati nazionali ma anche sulla Commissione. Presento gli ospiti. All'estrema sinistra Carlo Cottarelli, direttore del programma di educazione per le scienze economiche e sociali dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Il professor Marcello Messori dell'Istituto Universitario Europeo. Lillia Cavallari, presidente dell'ufficio parlamentare di bilancio, che è una funzione particolarmente delicata in questo Paese perché ha il compito, è un'autorità indipendente, che ha il compito non tanto e non solo di vigilare sui conti, ma proprio di accompagnare il Paese nella responsabilità sul fronte dei conti. E poi Marco Buti che ora è professore all'Istituto Universitario Europeo, ma per tanti anni è stato direttore generale degli affari economici, del comissario per gli affari economici, comissariato degli affari economici, dunque è uno di quegli interlocutori con i quali il Paese è negoziato e che ogni tanto metteva voti non tanto buoni, ogni tanto dava raccomandazioni, ogni tanto aiutava a cercare di trovare soluzioni possibili. Comincerei da Messori. È un passaggio rilevante per l'Europa in questa fase perché il nuovo patto, quindi si è chiusa la stagione della sospensione del patto che era il risultato del dramma della pandemia, è stato negoziato abbastanza lungo anche con molti punti di vista diversi, forse il compromesso è abbastanza equilibrato, ci sono le elezioni, a giugno arrivano le procedure di infrazione non solo per noi ma per tanti altri paesi, quindi queste nuove regole come si sitono in questa fase? Sì, effettivamente per poter valutare le nuove regole fiscali, la nuova governance fiscale come si suol dire, dovremmo fare un passo indietro e confrontarlo un po' con il mondo prima della pandemia. Il mondo prima della pandemia era fondato su un cosiddetto patto di stabilità e di crescita che vincolava i diversi paesi dell'Unione Europea, che era a rispettare una serie di regole di bilancio in modo da poter tenere insieme una politica monetaria, che è una politica monetaria comune quantomeno per l'area dell'Euro ma potenzialmente per tutti gli stati membri dell'Unione Europea, con regole di bilancio nazionali. Quindi regole generali centralizzate servivano a rendere un po' compatibili le due cose. Il problema è che queste regole erano formalmente molto rigide ma pochi paesi o quantomeno una parte consistente di paesi sistematicamente non le rispettava. C'erano impegni exante che poi venivano elusi exposti, anche per ragioni comprensibili, perché queste regole non contrastavano le fasi economiche negative ma anzi le accentuavano, perché spesso erano troppo rigide, perché non se ne capiva bene la logica. Allora in questa situazione è evidente che con una rottura così drammatica come è stata la pandemia l'atto immediato che è stato compiuto è stato quello di sospendere temporaneamente queste regole. Questa sospensione che avrebbe dovuto durare un paio di anni si è prolungata per quasi quattro anni. Non era possibile concepire che una politica monetaria accentrata si combinasse con politiche di bilancio nazionali in assenza di regole centrali. Allora la scommessa era le cambiamo, ripristiniamo le vecchie e dopo una lunghissima discussione, l'ITER è stato molto complesso, finalmente si è approdati prima con una comunicazione della Commissione Europea di novembre 2022, poi con una proposta di schema legislativo della Commissione ad aprile 2023, finalmente con l'approvazione da parte degli Stati membri nel Consiglio dell'Unione Europea di nuove regole che sono state affinate nel rapporto con il Parlamento e con altre istituzioni europee. Finalmente siamo approdati a queste nuove regole. Allora queste nuove regole sono perfezibili, hanno fragilità, però io vorrei, per non prendere troppo tempo, sintetizzare un aspetto che è cruciale e che davvero fa fare un passo in avanti rispetto alle vecchie regole, cioè che le nuove regole hanno un orizzonte temporale di aggiustamento dei bilanci per i paesi che hanno squilibri di bilancio pubblico che non è immediato ma è pluriannale, quattro anni e estensibile a sette anni se questi paesi si impegnano ad attuare riforme e investimenti. Questo aggiustamento graduale nel tempo deve rispettare alcune regole, alcune regole quantitative, io vi potrei dire che ce ne sono troppe che sono un po' ridondanti, ma il punto essenziale è che i singoli paesi hanno una titolarità, hanno la possibilità di decidere un po' la loro strategia su questo piano pluriannale attraverso un programma pluriannale di aggiustamento, quindi sono titolari della modalità con cui avvengono questi aggiustamenti nel rispetto di regole generali e tenuto conto di una valutazione che la Commissione Europea farà per ogni paese che si chiamava prima traiettoria tecnica e che adesso si chiama con l'accordo del Parlamento traiettoria di riferimento e che quindi non sarà vincolante ma sarà un'indicazione e definirà grossomodo il perimetro entro cui muoversi. Allora perché per me è un grande vantaggio questo? Perché a differenza del vecchio patto di stabilità e crescita qui c'è un incentivo ai paesi a rispettare gli aggiustamenti perché possono essere compatibili con una crescita sostenibile, con uno sviluppo sostenibile, questa è la scommessa che le nuove regole vogliono vincere. Poi possiamo analizzarne i problemi, per esempio c'è il rischio che se tutti i paesi aggiustano macroeconomicamente avremo una tendenza recessiva, ma su questo possiamo ragionare in seguito. Grazie, dunque uno dei passaggi centrali è un percorso pluriannale, adesso metto la parola che ci accompagna nelle fasi complesse che è debito, che è il nostro partner non desiderato, che però è il risultato di tante scelte del passato che hanno anche consentito a questo paese di crescere, quindi non è solo male. E vado da cottarelli. Questo percorso pluriannale che da un certo punto di vista ci libera da quella cosa che ogni settembre bisogna negoziare, vedere, arrivano i conti, poi si riempie, poi le previsioni non sono quelle, poi però l'Europa è cattiva, l'Europa è buona. Ecco sul tema debito, lei come vede la possibilità che questa riforma possa aiutare un paese come il nostro a individuarlo un percorso di discesa credibile? Lo diceva anche ieri Gentiloni in uno degli incontri. Credo anch'io che fondamentalmente la Coda che è stata trovata sia adeguata in questi termini che adesso spiego. È chiaro che noi abbiamo un problema di debito pubblico alto rispetto ad altri paesi, non siamo riusciti a ridurlo se non nel periodo tra il 1993 e il 2007 è stato l'unico periodo in cui il debito pubblico si è ridotto, abbiamo un problema. E questo accordo che è stato trovato, che in realtà era partito in maniera un po' diversa, era completamente focalizzato sul disegnare questo piano di rientro al debito pubblico che poteva durare anche sette anni. Fondamentalmente nella proposta iniziale della Commissione ci si sedeva intorno a un tavolo con la Commissione Europea e si discuteva che cosa bisognava fare per avere il debito che da una territoria stabilo crescente gradualmente sarebbe arrivato e entro sette anni bisognava arrivare al punto in cui dopo sette anni, da lì in poi, si era come in pilota automatico e il debito scendeva per conto suo. Questa proposta in teoria era la cosa migliore che ci può essere perché quando tutti si siede intorno a un tavolo, puoi tenere conto di tutte le informazioni rilevanti. I paesi del Nord Europa hanno fatto delle obiezioni a questa cosa perché insomma c'era il rischio che la Commissione poi finisse per essere forte coi deboli e deboli coi forti. Quando ci si siede intorno a un tavolo senza avere nessuna regola particolare da seguire, se non quella appunto di avere dopo sette anni un debito che scende, si può anche essere molto generosi o molto rigorosi. In qualche modo non c'erano regole, c'era una negoziazione. I paesi del Nord Europa hanno detto no, qualche paletto ci vuole e i paletti che sono stati introdotti sono per esempio nel corso di questi sette anni in media il debito pubblico deve scendere di un punto percentuale all'anno, almeno come previsione iniziale. Un punto percentuale non è tantissimo, adesso vediamo se è tanto o poco. Il deficit pubblico che è il flusso di squilibrio che alimenta il debito pubblico, il deficit pubblico ha la differenza tra la spesa dello Stato e l'entrata dello Stato, quindi è quello che ogni anno lo Stato deve prendere a prestito in più e quindi alimenta il debito pubblico, il deficit si deve ridurre di mezzo punto percentuale. È più complicato di come ve lo dico adesso, però è più semplice di come era una volta, qualche paletto è stato messo. Di fronte a questi paletti una buona parte dell'opinione degli economisti italiani ha detto ma no, sono inaccettabili, questi paletti, era meglio la versione precedente, forse sarà stato meglio ma si tratta di un compromesso e poi sinceramente io stesso penso che qualche paletto cibo dovrebbe essere perché altrimenti c'era il rischio che questa negoziazione portasse a un aggiustamento per esempio che della sostanza iniziava dopo tre o quattro anni, cosa di questo genere. Fatto sta che se andiamo a valutare i parametri che sono stati fissati, abbiamo fatto proprio di recente un esercizio con l'Osservatorio sui conti pubblici italiani, abbiamo fatto una nota che è uscita ieri sul sito di Repubblica su questo, si va a vedere in pratica questo che cosa comporta. Noi partiamo attualmente con una posizione di squilibrio nei conti pubblici che deve essere corretta. Per qualche anno da qui al 2000, siamo un debito pubblico che è quasi il 138% del PIL, sapete che il debito si misura rispetto alla dimensione dell'economia, cioè al PIL, 138% siamo. Nei prossimi due o tre anni non c'è niente da fare, continuerà a crescere perché sarà alimentato dall'effetto di cassa del superbono 110%, circa 30 miliardi all'anno. Quindi da qui ai prossimi due o tre anni, 2026, il debito aumenta fino a arrivare intorno al 140% del PIL. Dopodiché, applicando le regole europee, con questa riduzione del deficit pubblico di mezzo punto percentuale all'anno, il debito comincia a scendere. Rispettare la regola più stringente è quella appunto di ridurre il debito pubblico di mezzo punto percentuale all'anno e questo durerà fino, mi sembra, al 2028. Ma dal 2026 in poi il debito scende di un punto virgola due, un po' di più di quello che richiesto, un punto virgola due e un punto virgola tre. E' tanto e poco, insomma siamo al 138%, arriveremo al 140, dopo dieci anni saremo al 127-128. A me questo non mi serve una velocità di discesa particolarmente draconiana, tenete conto che se in questo periodo c'è una recessione l'aggiustamento si sospende, cioè è possibile perlomeno lasciare operare i cosiddetti stabilizzatori automatici, vuol dire se tu hai una recessione si riducono le entrate, il deficit aumenta, va bene lo stesso. Quindi mi sembra un po' che fosse un po' il minimo sindacale avere questa velocità di riduzione del debito. Comporta nei prossimi due o tre anni, un po' di più, soprattutto nei primi due anni, un po' di più, che cosa vuol dire un aggiustamento? Anche lì basta fare un po' di calcoli, vuol dire che per i prossimi due o tre anni se noi non rinnoviamo il taglio di tasse temporaneo che è stato fatto, l'unica altra cosa che viene richiesta è di fare aumentare la spesa corrente al netto dell'inflazione dello 0,2% all'anno. Quindi non c'è un taglio della spesa corrente spesa per la pubblica istruzione e salità, questo non è richiesto. Certo se noi vogliamo tagliare tasse confermando il taglio di contributi e IRPEG che è stato deciso allora dobbiamo fare una manovra di circa 20 miliardi il prossimo anno. Questo più o meno è quello che è necessario per i prossimi due o tre anni. Successivamente la spesa può crescere un po' di più e poi arrivati al 2028 la spesa pubblica può crescere anche un po' più rapidamente del PIL perché da quel punto in poi si riduce la spesa per interessi perché appunto il debito comincia a scendere. Questo è quello che è richiesto. A me non sembra una cura draconiana però ovviamente c'è chi chiaramente non è stato d'accordo e ha detto che anche questo minimo di paletti che sono stati messi sono eccessivi per l'Italia. Grazie. Mi viene in mente quello che aveva detto qualche anno fa il presidente Prodi, il patto è stupido, no? Quello vecchio era un po' stupido. No, il punto è che tutte le regole in linea di principio sono stupide perché mettere una regola vuol dire non tenere in considerazione tutte le cose che si possono che si si è scacchato nella vita. L'approccio punto iniziale, ci sediamo intorno in tavolo e fissiamo un sentiero di ente in linea di principio è valida però a questo si scontra con quella necessità, con quel rischio poiché la commissione sia forte coi deboli o dei deboli coi forti quindi un minimo di regole e a me queste regole mi sembra che siano abbastanza accettabili. Ho segnato l'unico percorso di discesa del debito risale al 2093-2007, facciamo i calcoli, siamo nel 24, sono 17 anni che nonostante gli impegni le cose... Salvo ovviamente con Covid il pile era caduto, il debito era salito, poi sceso, è sceso molto fondamentalmente per l'inflazione, abbiamo pagato una tassa di inflazione elevatissima, l'inflazione erode il valore dei titoli di Stato e quindi quella è stata la cosa che ha fatto bene ai conti pubblici, ha fatto male agli italiani per l'oppresso mucchio di soldi. Grazie, professoressa Cavallari, allora ribadisco questa cosa, l'ufficio parlamentare di bilancio è un pezzo di garanzia per tutti noi, lo dico perché insomma le istituzioni hanno senso anche se delle volte non se ne conosce a fondo la funzione. Se capisco bene, una delle trasformazioni di questo patto è la possibilità di programmare un percorso, devo dire la parola programmazione con la politica qualche volta mi lascia un po' perplesso perché il tentativo è sempre la risposta al subito e mi pare che questo percorso di programmazione vada definito entro il 20 settembre di quest'anno, che sembra lontano, invece è vicinissimo, tre mesi poi in mezzo c'è l'estate e quindi lo vedremo questo. Ecco dal suo, non osservatorio perché è più di un osservatorio, che percezione ha della situazione e di come questo patto ci può aiutare. Questo patto ci può aiutare molto nel senso che quello che io penso sia la principale innovazione di questo patto rispetto alle vecchie regole, quindi misure in cui queste regole sono un po' meno stupide o un po' più intelligenti delle vecchie, è l'attenzione sull'aggiustamento graduale nel medio termine, il che significa in termini pratici che il Governo dovrà entro settembre presentare un piano strutturale di bilancio che ha un orizzonte di legislatura, quindi il piano strutturale ha un orizzonte in Italia di cinque anni che prevede un aggiustamento pluriennale, avendo l'Italia un debito particolarmente elevato, dove l'aggiustamento può essere minimo in quattro anni, estendibile fino ad un massimo di sette anni. Quindi il nostro Paese quello che farà è che presenterà un piano strutturale di bilancio entro settembre con un aggiustamento in sette anni. Questo aggiustamento è assolutamente necessario indipendentemente da qualunque quadro di regole, nel senso che il livello del debito italiano è particolarmente alto, questo crea una vulnerabilità perché espone a cambiamenti nelle aspettative di mercato, quindi c'è una necessità di dover ricorrere al mercato per collocare il debito, nel solo anno 2020, quindi non è il 24, il collocamento netto dei titoli, quindi al netto di quanto è detenuto dalla Banca Centrale, è nell'ordine di 160 miliardi, quindi è una richiesta importante che si fa ai mercati ed è importante ridurre il debito perché l'onere del suo servizio, cioè la spesa per interessi pesa sul bilancio pubblico intorno agli 80 miliardi in quest'anno e previsto in crescita nei prossimi anni fino alla soglia psicologica dei 100 miliardi l'anno, che si raggiungerà nel giro di tre anni. Quindi è importante indipendentemente dalle regole, queste regole aiutano a farlo in maniera graduale, per farlo in maniera graduale occorre naturalmente un piano, occorre naturalmente programmare e questa è la principale novità, perché? Perché la politica di bilancio in Italia è stata di fatto una politica annuale, cioè decisa anno per anno e quindi gli obiettivi programmatici di finanza pubblica che sono tipicamente espressi in un documento che si chiama il documento di economia e finanza che viene presentato in primavera con un orizzonte oggi triennale, questi obiettivi triennali sono stati tipicamente rivisti in seguito già nella nota di aggiornamento, cioè già quindi qualche mese dopo in autunno e questo vuol dire che la programmazione è di fatto fatta anno per anno. Questo sarà molto più difficile con le nuove regole, nel senso che c'è una sorta di scambio, quindi da un lato c'è la possibilità di concordare un piano di aggiustamento ritagliato sulle caratteristiche e le esigenze del singolo paese, quindi è una contrattazione tra Paese membro e istituzioni europee e quindi questo dà una flessibilità, una gradualità, dà il tempo necessario per ridurre il debito, ma dall'altro e quindi questo significa stabilire degli obiettivi programmatici lungo l'intero orizzonte del piano. Una volta che questi obiettivi programmatici sono stati stabiliti è molto difficile però modificarli, quindi bisogna dare attuazione a quegli obiettivi e questo comporta un cambiamento nel modo in cui si fanno le politiche di bilancio nella prassi, nella procedura che è importante, è un impegno notevole e qui il ruolo delle istituzioni fiscali e indipendenti è importante perché è un ruolo sia di controllo, quindi di aiuto e di incentivo ai governi, alla disciplina, sia un monitoraggio sull'attuazione del piano ed è un ruolo importante di trasparenza sulla politica di bilancio, la trasparenza è importante sempre ma importante a maggior ragione in un orizzonte plurinale, quindi quando lo sguardo si allunga bisogna essere più informati e quindi la trasparenza sulla politica di bilancio è particolarmente importante ed è un servizio che un'autorità come la nostra svolge sia nei confronti del Parlamento e innanzitutto sia nei confronti del Paese. Lasciatemi dire solamente una cosa, una evidenza, negli ultimi decenni i Paesi che fanno ricorso, che quindi hanno istituito delle autorità fiscali e indipendenti sono più che raddoppiati, questo è un dato fondomonetario, perché? Perché l'evidenza mostra che istituzioni fiscali forti e quindi le istituzioni fiscali e indipendenti appartengono al quadro istituzionale, aiutano a disciplinare la politica di bilancio, quindi questo è un elemento che si riscontra nell'evidenza e che si riscontra anche nell'evidenza del nostro Paese. L'ufficio parlamentare di bilancio ha una funzione importante tra le altre che è quella di validare le previsioni macroeconomiche del governo, le previsioni macroeconomiche sono quanto cresce l'economia italiana e questo è fondamentale perché su quanto cresce l'economia italiana si costruisce la politica di bilancio, tipicamente i governi hanno una tendenza a fare delle previsioni un po' ottimistiche, perché? Perché questo crea degli spazi fiscali più ampi e con la validazione, con l'esistenza stessa di una istituzione che controlla la bontà di queste previsioni, la tendenza all'ottimismo si è ridotta nel corso del tempo e questo quindi è visibile nei dati, quindi confrontando le previsioni con i risultati exposti ed è un importante elemento di disciplina della politica di bilancio. Grazie, vi piace molto questo concetto di tendenza all'ottimismo che ci vuole, l'ottimismo ci vuole, però quando l'ottimismo si traduce in numeri che non stanno in piedi allora è meglio essere sanamente realisti. Mi sono segnato alcuni numeri che lei ha detto, giusto come promemoria per voi che ci state ascoltando qui e chi ci ascolta a distanza, vanno collocati 160 miliardi di titoli di Stato, lo spread adesso è abbastanza tranquillo, però i mercati sono veloci nel cambiare le loro opinioni, l'Italia ne ha avuta esperienza più volte, lo dico non per fare l'uccello del malagurio, ma questo percorso poi deve essere credibile perché se no le idee cambiano rapidamente. Siamo a 80 miliardi di spesa per interessi, 80 miliardi è una spesa ognuno proprio a fare le divisioni ogni giorno, quanto si versa e quanto queste risorse che certo servono per sostenere la macchina pubblica che è fondamentale per tante cose però vengono in qualche modo drenate dall'economia dell'impresa, dell'attività, delle cose che si fanno e arriveremo a questa soglia che fa un po' paura, siamo tutti serini e tranquilli di 100 miliardi di spesa per interessi, è un numero che ha un suo peso, poi c'è il percorso e arrivo da Buti perché lei c'è stato dentro le strutture europee, nel racconto sono stati i cattivi, i cattivissimi, sono stati quelli che invece ci hanno accompagnato nell'evitare i disastri a seconda delle parti politiche, questo percorso di programmazione come cambierà secondo lei la relazione tra gli Stati nazionali e la commissione? Leggevo le considerazioni del correlatore, dovrà essere applicato correttamente dagli Stati e dalla commissione, prego. Primo grazie a voi per la propria discussione, grazie dell'invito, questo punto sulla programmazione a medio termine emerge come poi il filo rosso dei vari interventi e io penso che sia un punto molto importante. Alla fine è una rivoluzione copernicana, perché si passa da un approccio anno per anno o anche infranuale, perché c'è il DEF, poi a settembre c'è la NADEF, poi entro il 15 ottobre c'è il progetto di bilancio e ogni volta si aggiustano, si cambiano, si chiede l'autorizzazione al Parlamento, si manda una letterina alla commissione e così via. Ora noi abbiamo, e questo lo dico in maniera più generale, al di là della programmazione di bilancio, noi abbiamo un problema, lo metto in termini difficili, di tasso di sconto politico. Ci vuole ogni tanto dire le cose difficili in modo un po' difficile, in questa fase tutti tendono a far finta di semplificare, perché nella semplificazione vengono nascoste molte volte delle cose, quindi è un po' difficile, non troppo. Bisogna abbassare il tasso di sconto politico, che significa? Sostanzialmente forzare la classe politica, il governo senz'altro, ma anche l'opposizione a esplicitare le loro preferenze, in questo caso le preferenze di bilancio sull'orizzonte della legislatura e trarne poi le conseguenze politiche. E tener presente dell'orizzonte più lungo, non del brevissimo termine. Questo secondo me dal punto di vista della salute del debattito democratico è una grande avanzata. Si traduce poi anche in una serie di implicazioni che hanno un tono o una natura apparentemente tecnica, ma sono fondamentali. Per esempio, noi in Italia abbiamo, quando facciamo le previsioni a medio termine sulla finanza pubblica, la tradizione di farlo a legislazione vigente. Questo è rispetto all'approccio che abbiamo in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia, in Italia. E' un po' un vulnus, perché la commissione, così come gli altri Stati europei, proiettano nel medio termine a politiche invariate, a legislazione. Quindi se alla fine di un anno i certi benefici fiscali terminano, la legislazione vigente terminano e quindi non hanno un impatto sul futuro. A politiche invariate invece si estrapolano i comportamenti reali sulla base del passato. Quindi tutta una serie di cose si prolungano, sono proiettate nel futuro anche se poi formalmente la legislazione prevede. Quindi nell'interazione fra commissione e Stati membri, in questo caso commissione e Italia, bisogna avere un cambio di passo per l'applicazione delle regole. Ora, una considerazione, io ero capo di gabinetto col commissario Gentiloni quando abbiamo fatto la proposta iniziale in termini generali, lo ricordava Marcello Messori, nel novembre 2022, la prima comunicazione che dava i paletti dell'anno. E poi il 26 aprile 2023 quando abbiamo messo sul tavolo le proposte legislative. Poi ho lasciato la commissione il 30 aprile, l'ultima cosa di cui mi sono occupato proprio prima di lasciare la commissione. Siamo partiti da una considerazione di base. Se non c'è una titolarità, una ownership delle regole fiscali, la commissione può fare salti mortali, può venire a Roma, può fare delle dichiarazioni, può alla fine non si regge e non si implementano le regole in maniera seria se non c'è un senso di appropriazione profondo, che tra l'altro è un senso di appropriazione che deve passare attraverso il governo, ma tutta la pubblica amministrazione. Dico questo perché il deficit di cui si parla è sulla tutta l'amministrazione pubblica, quindi significa ministeri, enti locali, enti decentrati e così via. Quindi questo è quello che ispira. Allora bisogna abbracciare secondo me questa nuova logica e questo aiuterà nell'interrelazione con la commissione. Si passa da un'attenzione essenzialmente sul deficit, l'indebitamento netto, alla spesa primaria netta. Quindi una serie di sconfinamenti, di comportamenti che non sono in linea con le promesse, con quello che si è messo nel piano, emergono in maniera molto più chiara rispetto agli indicatori attuali che sono meno trasparenti. Salvo se non ci sono delle ragioni oggettive importanti che conducono sia a livello comunitario sia a livello nazionale a applicare delle clausole di sospensione, bisogna correggere questi eventuali sconfinamenti. Quindi questa logica di medio termine secondo me è molto importante. Io sono assolutamente convinto e devo dirlo ho fatto un'audizione alla commissione congiunta a bilancio, quindi Camera e Senato all'inizio della settimana e dagli sguardi un po' stranunati dei partecipanti non sono convinto che questo elemento di medio termine sia poi permeato veramente nel sentire comune della classe politica. L'ultima frase un po' ci preoccupa, perché l'occasione della nuova governance è bene che la comprendiamo tutti, noi cittadini e chi poi assume decisioni. Un passaggio, di come bisogna cambiare la mentalità, è usato un termine molto forte, rivoluzione governicana, che forse in questi mesi sarà anche responsabilità dei giornali ad escrivere in modo da entrare in questo mondo diverso. Però il tema è che bisognerà esplicitare le preferenze politiche su questo orizzonte e questo lo dovranno fare in qualche modo i due soggetti, chi governa e chi sta all'opposizione. Quindi noi siamo passando da una considerazione tecnica di un patto e sicuramente c'è il punto 05, ridurre il debito dell'1%, la possibilità di tenere fuori gli investimenti o pezzi di investimenti da questo conteggio, le risorse cofinanziate dall'Unione Europea che possono essere tenute fuori, è un dibattito lungo per questo Paese, bisogna tenere fuori queste spese, al punto invece di dove vuoi andare, sia tu governo sia tu opposizione, perché in questo tempo peraltro 4 più 3 fa 7, quindi se calcolo i tempi delle legislazioni, in qualche modo in quel piano quello che dici mentre non governi potrebbe accadere che poi tu lo debba fare o viceversa. Lei che dice professore? Io penso che questo sia esattamente il punto su cui ogni governo di ogni stato membro dell'Unione Europea è chiamato a lavorare. Adesso, semplificando un po' come si dice, usando un po' l'accetta, il rapporto debito pubblico PIL è giusto appunto un rapporto, quindi ha il debito che sta sopra la linea della divisione e il PIL che sta sotto la linea della divisione. Allora ci sono due strategie estreme che poi andranno nella realtà combinata, l'una è puntare su ridurre il debito preoccupandosi poco di sostenere il PIL, un altro è quello di sostenere il PIL cercando in questo modo di ridurre il rapporto. Allora, le vecchie regole, quelle vecchie regole annuali di cui abbiamo parlato, non consentivano forti margini di discrezionalità rispetto ai governi su quale delle due scelte perseguire, dettavano un po' con l'enfasi sul deficit la necessità di ridurre il numeratore di questo rapporto rispetto al denominatore. Viceversa adesso, con questo orizzonte pluriannale, con questa possibilità degli Stati membri di decidere la propria strategia, pur se in un quadro di regole definito, ci sono più margini di elasticità. Naturalmente, e lo ricordava un po' Carlo Cottarelli prima, questo modo di procedere presenta qualche rischio. Per esempio, visto che tutti noi siamo consapevoli di quanto la politica soprattutto è un po' molto, nella ultima fase, abbia un orizzonte di corto periodo, c'è il rischio che il ragionamento sia, beh, abbiamo un piano di sette anni, noi per sei anni non aggiustiamo, tanto poi ci impegniamo ad aggiustare sul settimo. Questo non è credibile. Da questo punto di vista la Commissione con lo schema legislativo di aprile ha messo dei paletti, ha detto per esempio che non è possibile rimandare alla fine del percorso tutti gli aggiustamenti, ma questi aggiustamenti devono essere graduali. Quindi io credo che davvero questa strategia ci permetta di fare passi in avanti, di avere dei margini di elasticità, ma di elasticità positiva in cui l'aggiustamento non viene sacrificato. Naturalmente c'è l'altro conno della questione, la Commissione, e qui c'è il tema che è un tema tecnico ma che in realtà ha forte spessore politico, che è quello derivante dal fatto che la Commissione è chiamata a definire delle traiettorie di aggiustamento, cioè da in qualche modo la possibilità di definire un processo tipico per ciascun Paese su come potrebbe aggiustare il rapporto debito e la cosa interessante su cui io non mi stancherò mai di insistere e che è emersa anche in una discussione che abbiamo avuto a Firenze con vari responsabili delle istituzioni europee è che questa traiettoria non è una traiettoria che, detti una regola rigida da cui non si può prescindere, questa traiettoria è una traiettoria di riferimento. Gli Stati membri possono deviare ma devono in qualche modo giustificare questa deviazione con una strategia di medio periodo e dire guarda io faccio un percorso un po' diverso da quello tipico che tu Commissione mi dici ma alla fine arriveremo a un risultato analogo. Questa è la vera scommessa e in questo si racchiude secondo me una sana dinamica tra Commissione e Stati membri. Nel dialogo, confronto, scontro, quando c'è questa sindrome del settimo, a me fa un po' paura perché effettivamente nella programmazione, perché noi arriviamo sempre alla notte dell'approvazione del DEF, alla notte della programmazione a quattro anni mi fa un po' impressione, lo dico anche da cronista. Cottarelli, lei è una delle persone che ci ha provato a suggerire dei tagli possibili, lo racconta anche molto bene nel suo libro dentro le stanze del potere e in qualche modo quella cosa è collegata alle cose che stiamo dicendo, cioè quel senso di responsabilità che insomma da qualche parte qualcosa bisognerà pure ridurla. Ma se mi dovesse dire in una parola perché, lo so che è difficile la domanda però, il moderatore, perché così complicato farlo? La risposta è molto semplice, quando tu tagli la spesa pubblica dai fastidio a qualcuno, non c'è modo di ridurre la spesa pubblica anche facendo cose di efficientamento che non dia fastidio a qualcuno e siccome quel qualcuno normalmente viene colpito in misura pesante e i benefici invece sono distribuiti a tutto il resto della popolazione ma per ognuno degli altri riceve poco per ciascuno e i gruppi che sono colpiti in più gridano tanto, quelli che ci guadagnerebbero ci guadagnano poco e se ne sanno zitti. Questo è un problema fondamentale nel fare qualunque aggiustamento. Devo però sottenere una cosa, qui in linea di principio la soluzione al problema del nostro debito pubblico non richiede tagli nella spesa, casomai quelli sono necessari se vogliamo tagliare le tasse. Quello che sarebbe richiesto da quella strategia che diceva Marcello lavorare sul numeratore e il denominatore del rapporto richiederebbe questo, che è una cosa in teoria facile che altri paesi hanno fatto, il Portogallo per esempio l'ha fatto negli ultimi otto anni, ha ridotto il rapporto debito pubblico e P di 31 punti percentuali in otto anni, figuriamoci. Cos'è necessario fare? Facciamo delle riforme economiche a partire secondo me dalla riduzione della burocrazia che è una cosa fondamentale per rendere l'Italia un paese dove si investe, si fa attività di impresa più facilmente. Se facciamo queste riforme il paese cresce, non soltanto ci sono due effetti, dobbiamo guardare il rapporto tra debito e P, sono due effetti quando il paese cresce, il P cresce e quindi il denominatore del rapporto cresce quando tende a ridurre il rapporto, ma se cresce il P a parità di spesa aumentano le entrate dello stato e il deficit si riduce. Questa è la cosa fondamentale che ci è venuta a mancare in passato perché quando anche nei periodi in cui avevamo una crescita abbastanza non fortissimo, ma un punto, un punto e mezzo all'anno, non è che noi tenevamo la spesa fissa e utilizzavamo le maggiori entrate per ridurre il deficit. Quando le entrate aumentavano e aumentavano magari un po' più del previsto, perché la crescita era un po' meglio di quanto era prevista, appariva, e appare anche adesso nel dibattito pubblico, una parola magica. La parola magica è tesoretto e quando partite parlare di tesoretto parte immediatamente la discussione su come aumentare la spesa pubblica. Invece la strategia dovrebbe essere aumenti il P, aumento l'entrata dello stato, le puoi aumentare le spese, ma non in misura tale all'aumento delle entrate. Allora a questo punto riesci a ridurre il deficit e quindi a influire sul debito senza dover fare tagli drastici. Io ho sempre visto i tagli drastici anche, i tagli alla spesa, se li volete fare come qualcosa che possa aiutare a ridurre la pressione fiscale, ma il vero strumento per far ridurre il rapporto debito pubblico e P sono le riforme strutturali, crescita del P e poi mettere da parte un po' delle maggiori entrate. L'hanno fatto il Portogallo, l'hanno fatto 8-9 paesi tra gli anni 90 e il 2005, quello è stato il periodo in cui 8 paesi avanzati hanno ridotto il rapporto debito pubblico e P di 20, 30, 40, 50, 60 punti percentuali. Il Belgio per esempio ha fatto 50 punti percentuali in 30 anni senza dover fare tagli drastici allo stato sociale. Grazie. Il passaggio riforme investimenti che è una cosa che abbiamo sentito in questi ultimi anni sul piano nazionale di riprese e residenza, la correlazione tra le riforme e gli investimenti, forse questa chiave che poi è quella più complicata, perché è quella dove la politica o i pezzi di interesse dai balneari a chiunque altro si fa sentire più fortemente è la chiave per realizzare questo percorso. Prima, professoressa Cavallari ha usato la parola trasparenza, no? E noi diciamo come io, perché i conti pubblici non sono trasparenti, forse non c'è istituzione finanziaria come lo stato che pubblica tutto il pubblico. Ci aiuta a capire che cosa significa? Sì, trasparenza. E come cambierà con questa nuova governance? La politica di bilancio è trasparente, nel senso che esistono dei programmi e dei documenti programmatici in cui sono esplicità delle varie componenti della politica di bilancio lungo l'orizzonte che è attualmente di tre anni. Trasparenza significa aumentare la quantità e qualità di queste informazioni e dare conto non solo dei numeri della finanza pubblica, quindi non solo dei saldi, quanto è il disavanzo, quanto è la spesa, quanto sono le entrate, ma dare conto anche degli effetti delle misure, effetti attesi, se si tratta di misure nuove, effetti realizzati se si tratta di misure vecchie. Quindi una istituzione fiscale indipendente aiuta non solo a dare atto e dare conto dello stato, della finanza pubblica, delle tendenze, quindi di come si muoveranno le spese, le entrate, ma anche della valutazione. E la valutazione delle misure, degli interventi, della politica di bilancio è fondamentale. C'è una cosa tipo il super bonus, che ogni tanto non è una cosa che si fa in un periodo di tanto, ma come esattamente, se ci fosse questo tipo di atteggiamento probabilmente non avremmo scoperto che quel numero è così. Ho capito bene o ho capito male? Il super bonus lì monitorare la spesa, quindi è stato fatto ed è stato possibile farlo per il super bonus sulla base dei dati dell'Enea, che sono dati riferiti solamente al super bonus, quindi non contengono la componente sisma bonus, e già questo sono decine di miliardi di differenza. E soprattutto dipende anche dal modo in cui sono scritte le norme, nel senso che se ci sono dei ritardi nella comunicazione delle spese e come era possibile fino a tre mesi di ritardo della comunicazione all'Enea, è chiaro che il monitoraggio non può essere nitinere. Quindi il passaggio ad una programmazione di meglio termine richiede anche di disegnare, nel momento in cui si fa un intervento di qualunque natura sulla finanza pubblica, di disegnare quella misura con insieme un sistema di monitoraggio efficace, dove il monitoraggio dipende anche dal tipo di dati, dalla tempestività dei dati. È chiaro che se si lega ad esempio una spesa come quella per il super bonus alle dichiarazioni, alle condomini, è chiaro che quello è un dato molto difficile da controllare. Quindi nel modo in cui si disegnano le leggi deve essere incorporato anche un meccanismo di monitoraggio efficiente e quindi questo aiuta la trasparenza. Questo tema del monitoraggio, cioè il guardare puntualmente come evolve o quale impatto, è un tema che sembra facile da risolvere, ma se uno tiene conto di tutta la macchina, dello Stato, di tutti i soggetti che vanno dal piccolissimo ente fino al ministero, è una macchina per cui quei dati si fa fatica anche a farli dialogare. Non so se uno pensa alla spesa sanitaria, i dati delle varie regioni non comunicano tra di loro nemmeno le condizioni di salute delle persone. Io me lo chiedo sempre, siamo nel tempo dell'intelligenza artificiale e non riusciamo a fare queste cose figure, però si spera sempre che ci si arrivi. Torbuti, una cosa che sono curioso, nella sua esperienza lì a Bruxelles, quando ci vedeva da là, ha visto un paese che è diventato un po' più responsabile? Prima di rispondere a questo vorrei applicare il metodo marzullo, cioè vorrei farmi una domanda e darmi una risposta. La domanda che mi faccio è perché è importante applicare queste regole in maniera seria, in maniera credibile? È importante per le cose che abbiamo detto prima. Noi consideriamo adesso lo spread intorno a 120-130 punti come sufficientemente tranquillo, è molto più alto di quello della Grecia, del Portogallo, della Spagna. Scusi, la interrompo su questa cosa, mi perdoni per la... Questo 129 poi, una cosa è se quel 129 vuol dire che in Germania i tassi sono a 0 e da noi sono a 1,29%, una cosa è se i tassi sono al 4,5% e dall'altra parte sono al 6%, cioè quello è uno, lo dico, scusate, ma questa cosa. Però essendo una differenza, dipende da quale livello e i tassi di interesse attualmente sono piuttosto elevati. Mi scusi se l'ho interrotto. Questo è una buona precisazione, adesso speriamo che da giugno i tassi della BCE decrescano, poi ovviamente lo spread su quello resta o resterà e quello che sappiamo sulla base dell'esperienza passata, vediamo se c'è un cambiamento fondamentale, ma i mercati finanziari, quello che fanno, agiscono lungo linee orizzontali o verticali, quindi o tranquillità o improvvisamente se c'è un problema possono poi saltar su e possiamo trovarci nei guai. Quindi è chiaro che c'è un'importanza dell'applicazione delle regole per la sostenibilità del debito pubblico e questo con impatto poi con la prevedibilità degli investimenti, la crescita e così. Quindi c'è, lo diceva Marcello Messori, c'è anche un collegamento fra il numeratore e il denominatore, ma è importante anche in maniera più sistemica, noi arriviamo 2026 fine di next generation EU, 2027 ci dovrà arrivare alla fine e poi dovrà arrivare a partire il nuovo bilancio pluriennale dell'Unione Europea. Ci sono due condizioni necessarie, non sufficienti, per programmare il futuro con maggiore ambizione, uno è che si implementi bene il piano di ripresa e di resilienza, in generale però oggettivamente lo che si fa è un occhio di riguardo su Roma, c'è su questo punto qui essendo il maggior beneficiario in termini nominali di next generation EU l'Italia. Il secondo punto è una implementazione credibile delle nuove regole fiscali, per queste sono alla base della fiducia i parametri che sono stati aggiunti alla proposta della commissione, lo diceva Carlo precedentemente, c'è una riduzione, un percento in media del rapporto debito PIL, il saldo strutturale non deve essere superiore dell'1,5%, questi qui non vengono sul tavolo per ossessioni, forse un pochino sì anche, però la cosa principale è la mancanza di fiducia reciproca, quindi l'implementazione del PNRR da un lato e del rispetto delle nuove regole è fondamentale per creare le condizioni per offrire quello che su questo con Marcello abbiamo insistito parecchio nell'ultimo anno per aumentare quello che abbiamo chiamato l'offerta di beni pubblici europei, cioè si facciano cose insieme, investimenti transfrontalieri, difesa, la transizione vera e transizione digitale. Allora questa è la situazione, guardando da Bruxelles si vede un Paese più responsabile, direi globalmente io penso c'è un po' di maggiore consapevolezza dell'importanza della prudenza in generale. Quello che queste regole faranno è non solo aiutare ad un percorso di tipo quantitativo, cioè non sforare sul ma anche aiutare, però qui bisogna veramente abbracciare lo spirito delle nuove regole, aiutare nel migliorare la composizione e la qualità della finanza pubblica che è essenziale per guardare al futuro con maggiore ottimismo. Grazie, ricordo una cosa che l'Europa ha fatto nella fase complessa, il prestito sure, quello sull'occupazione, 100 miliardi, una missione europea che ha consentito a tutti i Paesi di affrontare grande fragilità, quello è un cantiere che forse si potrebbe riprendere. Io ringrazio Marco Buti, ringrazio Lili Acavallari, ringrazio Carlo Cottarelli e Marcello Messoli per gli spunti e spero che torniamo da questo incontro con qualche idea un po' più concreta sulla trasformazione di cui siamo come cittadini protagonisti. Grazie, grazie a tutti. Grazie, grazie.
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