Come conciliare economia e giustizia
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Come conciliare economia e giustizia
Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, in un'intervista, illustra gli investimenti del PNRR nel sistema giudiziario italiano. L'obiettivo è ridurre l'arretrato, velocizzare i processi e migliorare l'efficienza. Si punta sull'aumento del personale, sulla riqualificazione degli edifici giudiziari e sulla digitalizzazione. Nordio sottolinea anche la necessità di riformare le intercettazioni, tutelando i terzi coinvolti e limitando la divulgazione di informazioni sensibili. Si discute inoltre l'abuso d'ufficio, reato che Nordio ritiene non indispensabile e che propone di abolire. Infine, il ministro affronta il tema del reinserimento sociale, evidenziando l'importanza del lavoro in carcere e la necessità di evitare lo stigma del detenuto.
Alessandro Gallimberti Prima di cominciare questo colloquio pubblico, che mi auguro e sono sicuro sarà molto interessante per tutte le persone che ci stanno ascoltando in una sala strappiena e da remoto, volevo dare un'indicazione di servizio. A seguire parleremo di tempi di pace qui, di un difficile equilibrio di pace tra i poteri dello Stato, ma a seguire ci sarà un seguito del festival con il scenario geoglobale, che sono particolarmente problematici in questo momento, con David Petraus. Volevo dire al pubblico in sala che può rimanere per seguire anche l'evento successivo, lo 12-15. Questa incombenza vorrei entrare subito nel vivo con il ministro Carlo Nordio, che ringrazio ancora per essere presente. Ripartendo da quanto disse proprio in questo contesto lo scorso anno a Trento, a proposito di riforme e investimenti sulla giustizia, dice che ci troviamo in una buona situazione di partenza, un anno fa, perché è stato fatto un buon lavoro dalla ministra che mi ha preceduto. Un anno dopo, a che punto è il lavoro di riassetto del sistema giustizia, ma soprattutto degli investimenti fatti e come sono stati allocati? Grazie dell'invito, grazie a voi. Saluto tutte le autorità e i colleghi presenti. Per la prima volta uso qualche foglio di ausilio per dare dei dati, poi lo abbandonerò per essere più colloquiale. L'anno scorso abbiamo enunciato il principio che la priorità del nostro intervento, malgrado la pubblicità data dalla stampa e dalla mass media fosse quella dedicata alla giustizia penale, la priorità era dedicata alla giustizia civile, la quale molto spesso interferisce con la vita dei cittadini. Per fortuna la gran parte di noi durante la nostra vita non è sfiorata dalle indagini penali, mentre la giustizia civile prima o dopo ce la troviamo davanti, anche le persone più oneste e le persone più perbene. Basti pensare a un credito che non viene onorato, una obbligazione che non viene adempiuta, una causa condominiale, una causa di divorzio, una causa di lavoro, tutta la problematica dell'impresa. Questa lentezza della giustizia, abbiamo detto l'anno scorso, ci costa dal 2% al 2,5% di PIL. E la litenia così dolorosa, che sono sempre stato costretto ad ascoltare da parte dei miei interlocutori, sia ministri della giustizia, sia ambasciatori di paesi stranieri, ai quali si chiedeva perché non ci fossero adeguati investimenti in Italia, questa litenia, questa risposta era sempre la stessa. Perché in Italia la giustizia è molto lenta e non c'è certezza del diritto. Partendo da questa criticità e avendo a disposizione per la prima volta le risorse del PNRR, abbiamo lavorato sulla scia anche di quello che aveva fatto il governo precedente e siamo in grado di dire che abbiamo già ottenuto dei risultati molto, ma molto importanti. Innanzitutto abbiamo ridotto l'arretrato delle cause civili e penali in modo molto consistente. Naturalmente l'arretrato è una specie di veste di nesso che ci portiamo addosso, una zavorra che pesa e peserà ancora, però il programma di riduzione dell'arretrato sta andando avanti secondo i programmi. Che poi erano delle condizioni per i fondi del PNRR. È una delle condizioni per il PNRR, esattamente. Anche la durata dei processi si sta riducendo, anche qui in modo sensibile e comunque in linea con quello che ci è chiesto dall'Europa. Per quanto riguarda gli investimenti, noi abbiamo investito sia nel capitale umano che nell'edilizia giudiziaria e nella digitalizzazione. Abbiamo investito risorse per quasi 3 miliardi di euro e stiamo investendo proprio con l'obiettivo di incrementare l'efficienza e la competitività. Dal 30 aprile abbiamo speso 759 milioni di euro nell'ambito dell'investimento del capitale umano. È il 33% di quanto assegnato a questa misura. Soprattutto abbiamo incrementato 9 mila persone per gli addetti all'ufficio del processo e tra in tre giugno ne assumeremo altri 4 mila. Poi abbiamo il piano sulle edilizie giudiziarie. Anche qui ci proponiamo di riqualificare entro il marzo del 2026 481 mila metri quadrati. Abbiamo soprattutto per la digitalizzazione ulteriori 133 milioni con investimenti che fino ad ora sono stati molto profittevoli. In conclusione, in due anni il Ministero ha già investito nell'amministrazione giudiziaria oltre 818 milioni di euro. Ci sono delle cifre ulteriori che magari saranno messe a disposizione vostra. In sostanza, noi stiamo in linea con quello che c'è stato chiesto dell'Europa. Quindi stiamo sicuri che quello che c'è stato promesso in parte l'abbiamo ottenuto e in parte l'otterremo. Volevo sottolineare un termine che lei ha ripetuto insistentemente. Si tratta di investimenti. In economia investire significa spendere, non significa indebitarsi, ma significa porre le condizioni per risultati futuri. Quindi è verosimile, è auspicabile, che quello che viene fatto oggi anche sulla spinta dei fondi del PNRR, che però vanno realizzati, dia una prospettiva di miglioramento incrementale a lungo termine. Questo è un'aspettativa che avete voi come Ministro esecutivo e noi come cittadini. Non si tratta né di sprechi, ovviamente, né di investimenti fantasiosi. Noi abbiamo degli obiettivi che sono stati posti dall'Europa. Questi obiettivi noi li stiamo step by step raggiungendo. Tutte le cifre che ho indicato e quelle che saranno impiegate nei prossimi mesi sono in linea con quelle che sono le direttive europee. Un'altra cosa che siamo riusciti a fare è stato di, almeno in parte, rimodulare alcune condizioni che ci erano state poste, soprattutto su quanto riguarda l'ufficio del processo. Questo è un argomento molto delicato. Noi dobbiamo essere ovviamente in perfetta linea con quelle che sono le direttive europee, pacta sunt servanda, però resta il fatto che certi aspetti possano essere rimodulati. Per esempio, per quanto riguarda l'ufficio del processo, cercare di dare più stabilità a quelli che sono gli assunti negli ambiti degli uffici giudiziari, perché assumere a termine significa demotivare le persone che vengono a lavorare con noi e che magari, dal momento dell'ingresso, cercano anche altre prospettive, altre alternative. Volevo spiegare al pubblico che ci sta seguendo, non tutti sono giuristi, avvocati o magistrati. L'ufficio del processo significa quell'innesto di personale, che è temporaneo, come si sta dicendo, che serve ad aiutare lo smaltimento del lavoro del retrato dei giudici, cioè il personale qualificato che si accosta al magistrato. Però sono assunti a termine. Sapendo che, entro 3-4 anni, poi smettono di lavorare con noi e per noi sono demotivati. Stiamo cercando invece di trovare una soluzione per dare quello che si dice, il posto fissa a queste persone. Ecco, importante perché si stanno ascoltando anche dei giovani. In questo Paese ha bisogno anche di risorse giovanili, anche in professioni antiche come questo. Però vorrei concludere una cosa forse anche la più importante che non ho detto. Guardate, noi per la prima volta però, qui i soldi ci sono, non dipendono nemmeno dal PNR ma dal bilancio nostro interno, noi per la prima volta entro il 2026 colmeremo gli organici della magistratura. La magistratura ha un organico di 10.500 magistrati, ma non è mai stato riempito. Siamo sempre al di sotto del 10, del 15, anche dal 20%. Attualmente sono circa 9.000 i magistrati in funzione. Entro il 2026 noi abbiamo già in piedi 3 concorsi per 400 postici alcuni, il quarto sta iniziando, il quinto è prossimissimo. Comprimeremo anche i tempi di correzione degli elaborati, che oggi sono dannatamente lunghi, e quindi entro il 2026 noi avremo un'assunzione di 1.900 nuovi magistrati. Questo, visto che lei ha parlato dei giovani, faccio presente, è una bellissima prospettiva. Io sono stato magistrato per 40 anni e se dovessi ritornare indietro con la laurea in giudisprudenza rifarei il percorso che ho seguito. Vorrei dire anche una cosa molto popolare, è un lavoro ben retribuito quello dei magistrati. Sì, è anche un lavoro ben retribuito. Sappiatelo giovani che anche questo non può essere. Il primo medere dei indiofilosofari, ma soprattutto per i giovani è molto ben retribuito, soprattutto agli inizi, poi magari un po' si appiattisce e poi verso la fine riparte un po' verso l'alto. Ma diciamo che per i giovani è estremamente allettante. Per chiudere il tema risorse, che è molto importante, ma a volte poco allettante per chi ci ascolta, c'è anche un tema di riempire, ma ne ha già parlato, la struttura amministrativa di funzionamento. È bello avere 10.500 magistrati, ma se non hai 21.000 cancellieri, poi difficilmente, adesso io ho sparato un numero, ovviamente a caso, però poi è come avere una bella Ferrari che non ha il cambio e quindi non può anche farla rombare, ma poi non si muove. Sono parole sante. Io in genere faccio il paragone del pilota di guerra. Un magistrato è come un pilota di un aereo supersonico. Per un'ora di volo ha bisogno di 100 ore di manutenzione a terra. O come un chirurgo che per intervenire due ore a cuore aperto ha bisogno di 100 ore di volo di infermieri, di anestesisti, di strumentisti, ecc. Ecco, un magistrato, se non ha tutto questo supporto amministrativo, gira a vuoto e quindi direi che è altrettanto importante, alcune volte è addirittura più importante il supporto amministrativo della presenza del magistrato. Adesso, chiedo questa parentesi importantissima, domani su Un Sole 24 Ore, immagino anche gli altri giornali, daremo conto di questi risultati, di questi investimenti, perché sono il futuro del Paese. Adesso volevo portarla in un territorio un po' più delicato e scivoloso, ma io ho anche sprezzo del pericolo su queste cose. Un po' perché provengo dalla Carira Forense, quindi mi rendo conto che ogni volta che si parla di questi temi si rischia di ingenerare confusione. Noi non faremo rumore, è un dialogo a lui. A due parleremo in modo molto tecnico. Oggi il Sole 24 Ore è pubblicato nelle pagine di norme e tributi una sentenza dell'ACCEDU, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che entra in teckel scivolato a piedi uniti in modo molto duro su un tema nel quale noi in Italia ci stiamo confrontando da tanti anni, e cioè i diritti delle persone che entrano in quel grande invaso molto torbido, che sono le intercettazioni telefoniche. Da trent'anni, l'opinione prevalente del Paese è che questo sia uno strumento irrinunciabile, lo pensiamo tutti che sia uno strumento irrinunciabile per provare i reati, non per scoprire i reati, ma anche questo è una sottigliezza di cui abbiamo perso. Ma la sentenza dell'ACCEDU di oggi, che riguarda tra l'altro un personaggio che ha fatto molto discutere in Italia, e non è il caso di citarlo perché si rischierebbe di farlo diventare un caso individuale mentre è un caso generale, dice che nel nostro Paese non c'è nessuna tutela per la persona che ha totale insaputa, e se una insaputa entra in questo invaso delle intercettazioni telefoniche, il procedimento segue il suo corso, c'è un indagato, ci sono concorrenti, ci sono testimoni, c'è dentro tutto, e poi c'è dentro il cittadino che non c'entra nulla nel procedimento, che non è in condizione di sapere di essere finito dentro intercettazioni molto delicate, non ha nessun diritto di sapere che esista un procedimento e in quale stadio è il procedimento, e il rischio di reputazionale, che sappiamo è un'evenienza tutt'altro che remota, di finire, diciamo così, glorificato sui giornali. La CEDU dice che il sistema italiano non ha nessuna forma di tutela per il cittadino comune che senza nessuna torta, senza nessuna responsabilità, finisce dentro questo reticolo delle telefonate. Ora lo so che è ben facile farle questa domanda perché lei sta facendo, e il governo state facendo, dal marzo dello scorso anno un DDL, poi le chiederò anche perché è fermo, sulle intercettazioni. Forse il caso in questo Paese è di fare una riflessione seria sui diritti delle persone e diritti che vanno anche oltre i diritti dell'indagato. Grazie. Allora, la sentenza che questa mattina è stata pubblicata è ovviamente musica per le mie orecchie, è stata fonte di grande gioia, perché sono 25 anni che scrivo in questa materia e il primo libro del 1997, che si chiama Giustizia, scritto da me, affrontava proprio in gran parte questa problematica. I nostri diritti previsti dall'articolo 15 della Costituzione che tutela la riservatezza delle comunicazioni come bene primario sono stati devastati dalla legislazione e dall'applicazione che ne ha fatto la Giudici Prudenza. La normativa e l'applicazione concreta è intollerabile per un Paese civile e oggi la CEDU dice in modo nettissimo, tra l'altro imponendo allo Stato italiano un risarcimento pecuniario, che noi abbiamo violato tutti i diritti umani e divini. Quale è l'obiezione quando noi diciamo che faremo, e stiamo facendo una riforma sulle intercettazioni, che facciamo un regalo alla mafia perché vogliamo eliminare questa forma di indagine dalla lotta al terrorismo e alle stragi? Allora, per la 101esima volta, ripeto, solennemente ieri ero a Palermo per la commemorazione della strage di Capaci e della morte di Falcone, ripetiamo per la 101esima volta che per quanto riguarda la lotta alla mafia, alla criminalità organizzata, al terrorismo e alla grande delinquenza, non solo le intercettazioni sono indispensabili, ma oggi sono addirittura insufficienti. Quando ho detto in Parlamento che la mafia non parla al telefonino, si è sollevata una specie di rivolta da parte di una certa parte, che veramente non l'ha capito perché la mafia non parla al telefono. Oggi la mafia, la grande delinquenza, comunica attraverso dei mezzi di comunicazione sofisticatissimi che vanno al di là anche del Trojan che viene inserito nei telefonini, va al di là dei microfoni direzionali, va al di là delle cimici, delle pulire, e noi non riusciamo a intercettarli perché sono estremamente costosi i mezzi di captazione da parte nostra di queste conversazioni. Quindi io dico che andrei oltre la normativa attuale, ma solo nei confronti della grande criminalità che mette in pericolo la sicurezza dello Stato e dei cittadini. Il fatto è che nelle intercettazioni si è fatto un uso e un abuso, non soltanto per reati anche da poco, ma coinvolgendo persone che non c'entrano nulla. Il caso di oggi è un caso emblematico. Il problema è il terzo che viene intercettato mentre parla al telefono con una persona che è sotto intercettazione. Ora, giustamente, la Corte Europea dei diritti dell'uomo dice che se io intercetto Tizio, che però parla con Caio, non posso pubblicare le parole che dice Caio, perché Caio in questo caso resta senza tutela. Questo è quello che dice la Corte dei diritti dell'uomo e ha condannato l'Italia perché non ha provveduto a tutelare Caio. Questo, ripeto, non lo dice Carlo Nordio, che pure lo dico dal 1997 e non lo dice Carlo Nordio, ministro dell'Accuale della Giustizia, ma lo dice la Corte Europea che ha condannato lo Stato italiano. A che punto siamo? Noi nel DL cosiddetto Nordio, che adesso andrà in Parlamento, poi in dirittura finale, abbiamo proposto il minimo sindacale, cioè la tutela del terzo, cioè un po' meno di quello che dice addirittura la sentenza di oggi, che suona così. Se Tizio parla con Caio di Sempronio, almeno il nome di Sempronio non deve figurare, perché se è senza difesa Caio che non viene intercettato, a maggior ragione è senza difesa Sempronio, che non centra nulla con le indagini, e che molto spesso se Tizio è un vero farabutto delinquente, immagina di essere intercettato e quindi può fare il nome di Sempronio proprio per screditarlo e magari farlo finire sotto inchiesta. Questo fa parte del pacchetto Nordio che andrà in Parlamento. Naturalmente, noi stiamo lavorando per una riforma molto più importante su tutto quello che riguarda le intercedazioni e i sequestri soprattutto dei cellulari e degli smart. A profito per dire, questa è una cosa importantissima di cui si parla poco, ma noi la faremo, perché anche qui la devastazione dei nostri diritti individuali è e continua ad essere estrema. Nel vostro telefonino, nel vostro cellulare, non ci sono soltanto le parole, le intercettazioni, le conversazioni. Nel vostro cellulare c'è una vita, e non solo la vita vostra, ma anche la vita altrui. Nel cellulare ci sono le dichiarazioni dei redditi che Tizio manda a Caio che inoltre la Sempronio, ci sono le cartelle cliniche, ci sono le immagini anche intime di Martino che parla con Mevio e che inoltre uno di voi, e che voi tenete nel vostro cellulare. Oggi questo cellulare può essere sequestrato con la sola firma di un pubblico ministero e poi alla fine viene visto chissà da chi e tutte queste notizie che dovrebbero essere riservatissime possono essere pubblicate. Ecco, noi su questo stiamo lavorando. State certi che la riforma arriverà. Guardi, io vengo da, tra l'altro anche una sua collaboratrice, mia collega di quei tempi, io ho fatto economista giurizario per 15 anni, prima di andare a prodare solo 24 ore, e ho visto negli anni d'oro, diciamo così, delle inchieste ordinanze di custodia cautelare, ordinanze di sequestro approvatorio di 1780 pagine. Lei sa benissimo a chi mi riferisco. E in quelle 1780 pagine abbiamo visto e utilizzato, e pure abusato, bisogna anche fare outing a un certo punto, di situazioni individuali di persone terze, alcune sono diventate famosissime, con totale sprezzo dei diritti altrui. Allora è stata fatta, qua non c'è da fare, è già stata fatta una riforma importante dal chila preceduta della ministra Cartabia, una parte procedimentale della riforma più complessiva, diceva che le ordinanze di custodia cautelare, quelle che finiscono notificate i difensori e quindi in mano anche i cronisti, di cui sono stato presidente nazionale, quindi io sono un cronista, non sono un avvocato, non possono essere più lunghe di un tot di pagine. Siamo passati da 1780 a 25, però adesso faccio un'altra provocazione. Questa legge è in vigore, noi su uno scandalo di questi giorni che riguarda una città di mare stiamo leggendo ancora decine di pagine ogni giorno, quindi c'è anche un problema di effettività, poi delle misure che vengono applicate, e anche di equilibrio tra il diritto sacrosanto e il dovere sacrosanto di fare le pulce a chi ci governa e i diritti degli indagati e delle terze persone. È così difficile trovare una misura e renderla effettiva? Allora, trovare una misura è difficile sempre perché l'obiezione che viene fatta a qualsiasi riforma che riduca questa devastazione dei diritti individuali, che ripeto sono tutelati a livello costituzionale, ogni riforma viene vissuta o meglio viene criticata come una sorta di regalo alla mafia. È proprio una litenia petulante che continua, mentre vediamo, senza entrare nel merito, quindi appello ai lettori dei giornali o agli ascoltatori della radio, che alcune ordinanze di custodia e di intercettazione sono molto lunghe, contengono brani di intercettazioni, lascio al giudizio del lettore di capire se quelle intercettazioni abbiano o non abbiano evidenza probatoria, siano o non siano necessarie allo svolgimento delle indagini, siano o non siano invasive nei confronti dei terzi, che proprio secondo la sentenza della CEDU di oggi non possono essere intercettati, ed anzi mi domando l'effetto che avrà la sentenza di oggi della CEDU sui procedimenti in corso, perché secondo me ha una applicazione immediata, quindi vedremo come andranno a finire alcune indagini in corso dopo la sentenza di oggi. Ecco, io credo che il punto di equilibrio sia quello che originariamente diceva il codice Vasalli. L'intercettazione deve essere l'eccezione dell'eccezione, deve essere un mezzo di ricerca della prova e non un mezzo di prova, e deve essere il più possibile limitata nella sua divulgazione a quelli che sono gli elementi che sono giustificativi o di un'ordinanza di custodia custodiale o anche di un rinvio a giudizio. Lascio alla sensibilità dei lettori di capire se quello che si sta leggendo oggi sui giornali obbidisca realmente a questi principi e a questi postulati. Rimango sull'inchiesta della Città di Mare, perché nel DDL di marzo dell'anno scorso, che è un po' incagliato diciamo così nel Parlamento, c'era un'altra disposizione che ha fatto molto discutere. Volevo che lei ha espresso più volte il suo parere sull'abuso di ufficio, vorrei che ci mettesse ancora una chiosa, facessi un aggiornamento su questo tema. È così indispensabile l'abuso? Le faccio due domande molto mirate. L'abuso di ufficio è un cosiddetto reato spia? È così fondamentale nella lotta alla corruzione e poi alle infiltrazioni mafiosi, all'antiriciclaggio, come viene dipinto? E domanda numero due, è vero che esiste in tutti i paesi dell'Unione Europea e noi lo stiamo abrogando dopo essere stati i primi a metterlo? Allora, questa seconda osservazione è una, posso dire, brutalmente una balla colossale. Domanda provocatoria lo sapete. Io sono Ray Duce, dal G7, sono stato a contatto per due giorni, ho presieduto la riunione dei ministri della giustizia dei sette paesi più importanti. C'era la Torna di Generale americana, il ministro della giustizia americana, quello della Gran Bretagna, Francia, Giappone, Germania Canada e Italia. Abbiamo parlato anche di questo, c'è una risoluzione, tra l'altro, del Consiglio d'Europa che in inglese dice Every state shall consider, o addirittura noi proponiamo may consider, cioè può o vorrà considerare l'opportunità di inserire questo reato o meno nel suo sistema penale. Quindi non è affatto obbligatorio e non è affatto vero che tutti ce l'abbiano. Quello che a loro importa è la lotta alla corruzione. E noi abbiamo spiegato, e loro lo sanno, che l'arsenale normativo dell'Italia nei confronti della corruzione è il più severo d'Europa. Noi abbiamo 27 norme che sono, diciamo così, preordinate a combattere la corruzione. Dalla corruzione propria e impropria, la concussione, il traffico di influenza che rimane, la concussione per induzione, la turbativa d'asta, ecc. Quindi l'arsenale che abbiamo, normativo penale, contro la corruzione è il più agguerrito d'Europa. Reato spia, no, l'abuso di ufficio in quanto tale è esattamente il contrario della corruzione. Se vuoi io spiego perché l'abuso di ufficio significa che tu vuoi fare il cattivo, il sindaco ordina una demolizione, perché abusando del suo potere vuoi provocarti un danno. Allora o lo ha fatto perché tu non hai pagato la tangente e allora ha già commesso il reato di tentata concussione o di tentata corruzione, o lo fa semplicemente perché è cattivo e allora non c'entra nulla con la corruzione, è esattamente il contrario. E qual è allora il rimedio? Il rimedio è quello dell'annullamento dell'atto amministrativo illegittimo con il risarcimento del danno pecuniario, che è molto più efficace della norma penale. Questa purtroppo però, e lo dico mal in cuore, molti pubblici ministeri continuano a considerare questo reato come un reato spia perché, perché, se molto evanescente, consente loro di fare, di iniziare una serie di indagini anche senza avere le prove o gli indizi adeguati, e da lì poi partono tutta una serie di altri momenti investigativi a cominciare delle intercettazioni che quando sono fatte a strascico qualcosa magari fanno rilevare. La sforza dell'efficacia della sanzione civile, l'ha evocata a proposito del sindaco cattivo, le faccio fare un inciso, poi vorremo impiegare gli ultimi dieci minuti sul tema carcere. Ma allora si può anche per i giornalisti, la difamazione non è tanto e solo un problema di carcere che è davvero difficile per fortuna, come è doveroso in uno stato democratico arrivare alla sanzione carceraria per i giornalisti, a meno che ci sia un dolo così intenso e così cattivo da giustificarlo. A cosa rimane il capitolo dei risarcimento civilistici e delle azioni civilistiche che possono essere obiettivamente intimidatorie nei confronti di aziende e soprattutto di giornalisti che sono oggi soprattutto freelance? Su questo tema, nel disegno della rivisitazione della difamazione, ha qualche novità? Nel DL Nordio questo problema assolutamente non c'è. Io sono stato, come forse sapete, vostro collega per trent'anni come editorialista, quindi conosco benissimo queste problematiche e sono a favore, diciamo così, quasi banale riconoscerlo, della sacralità della libertà di stampa. Anche quando si è parlato di divulgazione di notizie riservate delle indagini, io proprio una volta in un mio libro ho scritto non sparate sul cronista, nel senso che la colpa non va ricercata in chi pubblica la notizia riservata, ma in chi consente che venga pubblicata perché passa la velina o addirittura non vigila abbastanza per tutelare il segreto. Quando la notizia arriva al giornalista, il giornalista fa il suo lavoro. Certo, altra cosa è quando Condolo fa una difamazione che magari può rivelarsi galuniosa e allora è giusto che vi sia, come esiste in tutti i paesi del mondo, un risarcimento, però deve essere un risarcimento civile, che peraltro è anche molto più deterrente di un carcere, che molto spesso è futuro incerto perché c'è la sospensione condizionale della pena. Aggiungo peraltro che queste forme, per evitare le forme invece di intimidazione nei confronti del giornalista, io introdurrei e fisserei il principio della querela o della citazione temeraria, perché oggi molto spesso, ma quello sarebbe una civiltà, cioè in tutti i paesi del mondo civile si dice che chi sbaglia paga, ma se io ti faccio una citazione, una causa completamente infondata, ti faccio spendere un sacco di soldi per avvocati, perdere due o tre anni, e alla fine la mia citazione si rivela infondata, non è sufficiente il pagamento delle spese processuali come si fa oggi, è un raddoppio del contributo unificato, quindi si sta dicendo che si impegna per una norma, questa finalmente è una notizia buona per il giornalismo. Volevo impiegare gli ultimi minuti per parlare di un tema che sta molto a cuore al Ministero, lei anche al gruppo editoriale di cui sono parte di espressione qui oggi, il tema del precetto costituzionale, la costituzione è bella ma baletta tutta, ma non solo le parti che interessano, del reinserimento sociale del condannato, sono stati fatti investimenti importanti, il progetto recidiva a zero, il reinserimento lavorativo, lei non si sente un po' a disagio con queste sue convinzioni da magistrato e con una maggioranza che a volte alcuni a frangere della maggioranza spingono per una penalizzazione di ogni così incondotta deviante anche? Anche qui bisogna essere molto chiari, è vero che anche in quest'anno e mezzo sono state inserite nuove forme di reato, ma questo accade perché non solo la modernità ma l'evoluzione anche dei costumi rivela dei cosiddetti vuoti di tutela, ci sono dei reati che ormai non si commettono quasi più, la rapina mano armata in banca per esempio con il fazzoletto, la maschera, il mitra sta scomparendo perché nella banca non c'è più il cash, i denari dentro sono pochi ed è molto più facile svuotare il salvadanaio di una persona agendo attraverso internet ed entrando magari con l'intelligenza artificiale che esistrà domani nel suo conto bancario, altri reati invece arrivano, noi siamo stati criticati su rave party, ma mettetevi nei panni di un agricoltore che ha coltivato con grande fatica, con grande sacrificio il suo appezzamento di terreno e in una notte se lo vede devastato da un migliaio o due migliaia di persone vociferanti che il giorno dopo lasciano, distruggono il lavoro di anni, lì c'era un vuoto di tutela di penale secondo noi andava colmato, gli abusi contro i soggetti deboli, le violenze contro le donne, i reati informatici oggi con l'intelligenza artificiale, noi ci troviamo di fronte, abbiamo già fatto una legge su questo, sulla possibilità di manipolare la realtà in modo da dare una rappresentazione ingannevole con l'intelligenza artificiale che va al di là di quella che è la realtà virtuale, è una realtà reale che però è fittizia, ecco qui c'è un vuoto di tutela, noi dobbiamo arrivare prima che arrivi la delinquenza organizzata a realizzare questi tipi di reato, quindi è vero che c'è stata un incremento della legislazione penale, è anche vero che serve a colmare dei vuoti di tutela che si presentano a mano a mano che la civiltà prossegue, per quanto invece riguarda l'espiazione della pena è un'altra cosa, allora noi siamo garantisti nel senso che l'abbiamo detto tante volte, garantismo significa enfatizzazione della presunzione di innocenza ma anche certezza della pena, non lasciare impunito il delitto e non condannare l'innocente, ma abbiamo ripetuto e lo stiamo facendo, la pena non è necessariamente il carcere con il catenaccio e il maggior consiglio dove è stato impiccato c'è, noi oggi abbiamo la possibilità di rimodulare la pena in modo alternativo in funzione della rieducazione, ma non è solo un precetto costituzionale, è un precetto etico ed è un precetto anche utilitaristico, perché noi oggi abbiamo introdotto non solo il lavoro in carcere, che già esisteva ma lo abbiamo molto potenziato, ma addirittura stiamo lavorando, ci stiamo riuscendo per trovare il lavoro a chi esce dal carcere, per quello parliamo di recidiva zero, perché la persona che esca dal carcere dove ha imparato un lavoro, se si porta appresso il marchio di caino del detenuto, magari è abbandonato a se stesso e riprende a delinquere, se invece trova già un lavoro e noi l'abbiamo trovato, è anche utile perché tra l'altro imparano in carcere dei lavori che gli italiani non vogliono più fare, carpentieri, idraulici, moratori, questo già accadendo e chi trova un lavoro retribuito fuori non recidiva più, per questo si chiama recidiva zero. A proposito dello stigma, di quella etichetta che rimane carcerato a vita, ma il fattore a vita siamo a Trento che è la città di Chico Forti, un condannato per omicidio, allergastolo per omicidio, è venuto in Florida che si è sempre professato innocente, allora proprio a questo proposito io volevo citarle due estremi, cose che abbiamo letto e visto, bentornato a Sassino da un lato, non l'ho detto io, non l'ho detto lei, sappiamo dove è stato scritto, ma abbiamo assistito anche degli episodi, non saprei come definire, di divismo, di applausi a scena aperta. Nella posizione del reinserimento e recupero del condannato, questi due estremi? Ovviamente una domanda retorica. Diciamo che il governo italiano, a cominciare dal nostro presidente che si è spesa moltissimo su questo e in parte per la sua competenza anche il mio ministero, hanno ottenuto un grandissimo risultato, questa persona è stata condannata, è stata condannata a un ergastolo, tra l'altro without parole, senza possibilità di liberazione anticipata, secondo la legge americana, noi contattando per mesi e mesi e spiegando agli americani anche la registrazione italiana, quindi rendendoli consapevoli che una volta entrato in Italia sarebbe stato soggetto alla registrazione italiana, che prevede forme di liberazione anticipata, comunque nel caso anche dell'ergastolo, a meno che non sia ostativo, e in questo caso non lo è, loro lo sanno, tutta una serie di possibilità di reinserimento. È stato un grande successo della nostra diplomazia, del nostro governo, quello umanitario di questa persona, 25 anni in carcere, può espiare il resto della sua pena nel suo paese di origine vedendo la mamma, poi le interpretazioni che uno può dare rispondono alla propria coscienza, però, ripeto, io credo che sia un momento di soddisfazione per il governo italiano essere riusciti a convincere un governo amico, ma come sappiamo molto rigoroso per quanto riguarda l'espiazione della pena, come quello americano, che il nostro sistema è in grado di garantire sia l'esecuzione e la prosecuzione della pena, coniugata però con quella umanità e con quella tendenza alla rieducazione del condannato che è scritta nella nostra Costituzione. Ci vediamo su un altro tasto dolentissimo e politicamente scivolosissimo, ci sono tanti altri italiani detenuti all'estero, cioè in particolare una giovane donna che è detunta in Ungheria da più di 13-14 mesi. Il tema è il seguente, da un lato noi abbiamo un ambito di pensiero che si rifà a Montesquieu, a tutti questi grandi principi di diritto, che dice separazione dei poteri, lei come ministro non deve interferire nell'attività della magistratura, e dalla stessa parte però arriva una sole citazione perché il ministro interferisca con un paese estero, Ungheria, e dica al ministro, al Premier di fare in modo che una cittadina italiana venca scarcerata. Le chiedo se è possibile, le faccio solo domande retoriche oggi, se è possibile una cosa del genere e lei come si pone di fronte a questa diciamo così corto circuito giuridico di chi sostiene da un lato una cosa da sinistra e dall'altra una cosa destra, e gli aggettivi lo buttati lì a caso. Guardi io farei una grande distinzione tra chi come magari il papà della detenuta è diciamo condizionato dall'emotività e quindi posso anche comprendere e giustificare tutto, un po' meno gli esperti del settore che sanno perfettamente che non è possibile che un governo interferisca con la magistratura. Ora non dico un governo italiano con la magistratura austriaca ma tanto per il governo italiano con la magistratura italiana, provate a pensare se io chiamasse il procuratore della Repubblica o un giudice italiano per patrocinare una causa piuttosto che un'altra finirei e giustamente costretto le dimissioni. Detto questo che riguarda un principio banale della separazione dei poteri nel caso di Genere noi abbiamo anche qui seguito, è stata seguita alla fine la procedura che era prevista dagli accordi internazionali, cioè la richiesta della concessione degli arresti domiciliari in Italia può essere fatta soltanto dopo la concessione degli arresti domiciliari nel Paese di detenzione. Quindi chiedere là e ottenere gli arresti domiciliari in Ungheria è l'accondizio sine qua non per ottenerli in Italia. Poi che in questo anno precedente sia stata seguita un'altra procedura, questo è un altro discorso ma l'unica possibile era questa che peraltro noi abbiamo suggerito. La presenza di giudice era rimessa alla parte, cioè doveva farlo al difensore, non era un'attività diciamo così di assistenza giudiziaria. Ma era per rimettere dei principi apposta. Io spiego la procedura che ho spiegato anche al padre della Sania, la procedura è molto semplice. Per ottenere gli arresti domiciliari in Italia non puoi chiederli direttamente al giudice ungherese. Se gli accordi internazionali al giudice devi chiedere gli arresti domiciliari in Ungheria, una volta ottenuti se li ottieni, perché quello è compito esclusivo della magistratura e in questo caso sono stati ottenuti, allora si può innestare la procedura che è prevista dagli accordi internazionali di richiesta della espiazione degli arresti domiciliari in Italia. Questa è la buona notizia che finalmente questa richiesta è stata accolta e c'è anche la ragione dell'aspettativa che ora possa tornare in Italia. Io davvero volevo ringraziare il ministro perché si è sottoposto a una serie di domande, la gran parte delle quali non erano previste né concordate però non si è sottratto. Si è preso un impegno, guardi che glielo ricordo nei confronti della libera stampa. Quindi grazie, vi ripeto che si può rimanere in sala per il prossimo intervento, però chiedo un applauso per il ministro. Grazie. Grazie.
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