Indebitamento globale, inflazione e sviluppo economico
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Indebitamento globale, inflazione e sviluppo economico
L'incontro "Indebitamento globale, inflazione e sviluppo economico" analizza l'impatto del debito pubblico, dell'inflazione e degli strumenti finanziari sulla crescita economica, con particolare attenzione all'Italia e all'Europa.
Benvenuti a quest'incontro Indebitamento globale, inflazione e sviluppo economico. Non ci poteva essere un titolo più avvolgente per parlare di tematiche importanti, macro, economiche. Ne parliamo con i tre ospiti, dovevano essere quattro. La professoressa Beccalli è rimasta a Milano. In seguito, la professoressa alla cattolica, in seguito all'incidente che sapete ieri, il suicidio del rettore dell'Università Cattolica. Lei, tra l'altro, era stata indicata, è stata indicata, proprio qualche giorno fa, dal Consiglio d'amministrazione della Cattolica, come la candidata a essere il prossimo rettore, la candidata più probabile a essere il prossimo rettore dell'Università. Quindi era ovvio che questo non era il giorno più giusto. Ci ha chiamato e l'abbiamo anche ringraziata per questa attenzione. A partire dalla mia destra, in fondo, Fausto Manzana, presidente di Confindustria di Trento e anche Bolzano, quindi un po' il padrone di casa, se vogliamo. La professoressa Veronica de Romanis, Università Luiz di Roma e Stanford di Firenze. E il professor Marcello Minenna, professore anche lui alla Luiz, nonché anche assessore alla Regione Calabria e all'Economia. Vista la vastità di questo tema, d'accordo con loro, anzi parleranno loro, io farò solo le domande, abbiamo cercato di asciugare e di portare un po' in Italia queste tematiche, anche poi per essere un po' concreti sulle cose che interessano noi in Italia e un po' in Europa. Io parto con la professoressa de Romanis, che sta al centro, quindi partiamo con lei, perché tra qualche giorno ci sono le elezioni europee e c'è un, non so come chiamarlo, se sei un convitato di pietra, se ne parla poco, ma è l'indebitamento globale, il debito che c'è in Italia e che c'è anche in tanti altri paesi, in Europa, per esempio in Francia, il debito è molto alto. Non si parla poco di questo debito, ci sono dei paesi che hanno fatto delle riforme, anche dei paesi più indebitati come l'Italia, che hanno fatto delle riforme. La professoressa ha scritto recentemente un libro che adesso in libreria è il Pasto Gratis, ce l'ho anche qua, e quindi capire, questi pasti gratis sono finiti, ma soprattutto i cittadini hanno capito che hanno mangiato gratuitamente e che adesso questa cosa qua non sarà più tanto facile. Allora intanto buongiorno. Secondo me non molto, ci siamo abituati per un lungo periodo in cui questo nostro debito cresceva, però non l'abbiamo considerato un problema. I tassi erano bassi, per tanto tempo sono stati anche troppo bassi, se vogliamo dire, infatti ora quello che sta facendo la Banca Centrale Europea la chiama la normalizzazione della politica economica monetaria, cioè tassi troppo bassi, addirittura negativi, non è la normalità e stiamo tornando in una fase di normalità data all'inflazione. La Banca Centrale Europea per un lungo periodo di tempo ha anche comprato il debito pubblico, e quindi era il momento ideale per fare debito, costava poco, avevamo un acquirente meraviglioso che si chiama Banca Centrale Europea che quindi non ti chiede tassi di interesse elevati. E insomma un paese come l'Italia, non se l'è fatto dire due volte, ha speso moltissimo a debito. Però vorrei inquadrare, per poi scendere sull'Italia, per darvi qualche numero, il debito è un problema non solo dell'Italia, ma anche dell'Europa, ora vedremo dove, ma anche nelle grandi aree come Stati Uniti e Cina. Se vi leggete il rapporto del fondo monetario, i dati ci fanno vedere che negli ultimi dieci anni, se guardiamo dal 2014, negli Stati Uniti è aumentato di 20 punti, oggi il debito è 123%, in Cina è raddoppiato, è passato da 40% a 83%. Nella Unione Europea, più o meno siamo rimasti intorno a 90%. Il problema qual è? E questo è un problema secondo me da sottolineare anche in vista delle elezioni, che l'Unione Europea è un'area molto eterogenea. Sebbene più o meno il debito medio sia rimasto intorno a 90%, all'interno ci sono economie con debiti molto alti e economie con debito molto bassi. L'Italia è tra i paesi il secondo rispetto al PIL, cioè rispetto alla ricchezza prodotta, con il debito intorno al 140%, e che rispetto alle stime della Commissione Europea sale. Sale anche quello della Francia, come diceva prima Marcello, ma è più basso. Invece la cosa interessante è che i paesi che noi abbiamo chiamato per tanto tempo i PIGS, cioè il Portogallo, la Grecia, l'Irlanda, la Spagna, cioè quei paesi che durante la crisi finanziaria sono stati salvati, hanno dovuto fare degli aggiustamenti pesanti, quindi agiustamenti sia dal lato dei conti sia dal lato delle riforme, oggi sono quelli che hanno un debito che va giù molto velocemente, cioè per dare un'ordine di grandezza, il Portogallo in soli cinque anni ha buttato giù il suo debito di 30 punti percentuali. Quindi questo è anche dall'idea che si può fare, si può ridurre il debito. E qui va dall'Italia. Il problema è che noi ci siamo abituati, io nel mio libro quando parlo di passi gratis, io mi sparlo un po' di questa droga, droga legale, droga di Stato, cioè tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni, cosa hanno fatto? Hanno ognuno presentato una loro misura di spesa e l'hanno fatta passare come se fosse gratis, allora io comincio nello spiegare gli 80 euro di Renzi, in quel caso non si usava neanche la parola indebitamento, si diceva ma c'è la flessibilità, la flessibilità è indebitamento, poi è arrivato il Conte 1 che ha introdotto insieme Redio Cittadinanza e Quota 100, due misure che oggi ce ne ritroviamo ancora sui conti perché non sono misure che si autofinanziano a EME come c'era stato presentato, poi è arrivato il Conte 2 e lì c'è stata la pandemia con lo scellerato, e fatelo sottolineare varie volte bonus 110%, che è sotto gli occhi di tutto l'impatto, tra l'altro perché scellerato, perché anche regressivo nel senso che va a vantaggiare le persone più fortunate che non avrebbero bisogno, e poi è arrivato il governo Draghi, anche il governo Draghi a EME ha servito i propri pasti gratis, anche perché, e questo lo stiamo vedendo in questa fase, è molto complicato mettere mano sui bonus degli altri, quello che fanno i governi spesso e volentieri o li confermano o li rafforzano, quindi gli 80 euro sono diventati 100, il bonus 110 è stato prorogato varie volte, e poi si arriva al governo Meloni, e il governo Meloni cosa fa? Si ritrova, e concludo, un contesto completamente diverso, niente più tassi di interesse bassi, niente più bc che ti compre il debito, anzi ha cominciato quello che si chiama quantitative tightening, cioè te lo vende, e quindi fare debito è cominciato a essere molto complicato. E allora cosa deve fare il governo Meloni? Anche se non l'aveva messo in conto, anche se non l'aveva promesso, deve pagare il conto, perché come si sa i pasti gratis non esistono, e quindi a un certo punto sono dei processi circolari, si comincia, si comincia, si comincia, si comincia, si arriva ai deliri del 110%, che io chiamo che oltre il dito è pagato anche l'alloggio, e poi il conto va pagato, ed è molto salato, veramente l'ultimo minuto, è un conto salato ed è un conto iniquo, perché quando andiamo a vedere che cos'è la spesa per interessi, perché questo debito costa, più o meno 100 miliardi l'anno, arriveremo nel 2026, è una spesa estremamente iniqua per due motivi, uno perché noi togliamo risorse dalla collettività e le redistribuiamo a quelli che hanno comprato il debito, i famosi bond holder, che di nuovo non sono le persone più svantaggiate. E poi perché io tolgo risorse da quello che potrebbero essere i servizi pubblici, e qui bisogna sempre ricordarci un principio generale, anche qui siamo un po' anestetizzati dal racconto gli ultimi dieci anni, le risorse sono scarse e illimitate, se le metto nel superbonus le tolgo dalla sanità, cioè non c'è un rubinetto aperto infinito, e questo dimostra come scelte scellerate poi vanno ad impattare molto di più su chi ha meno possibilità, perché poi chi è fortunato va nel settore privato, chi invece no si ritrova con una qualità di servizi che non è all'altezza. Quindi, ecco, io quello che direi che ci siamo un po' svegliati da dieci anni di pasti gratis, da un racconto in cui il debito non era un problema, che si sarebbe pagato poi, e ora invece ci ritroviamo con un conto da pagare, e tra l'altro un conto che ci sorprende, perché c'era stato detto che le cose sarebbero continuate in un certo senso, invece ora bisogna intervenire. Infatti questo è proprio quello che forse per qualcuno ha sorpresa questo governo, fatto con le ultime due finanziarie, che sono state le sue prime, quindi ha messo il punto quando qualcuno si aspettava chissà cosa, invece è emersa esattamente questa cosa qua. E a proposito di iniquità, vorrei passare a professor Minenna, c'è un altro grandezza, c'è un altro fenomeno che ha creato forte iniquità in questi ultimi tre, quattro anni, che è l'inflazione. L'inflazione che per la generazione dei più giovani era quasi sconosciuta, perché era un po' sparita dai radar, è tornata anche in maniera rapida, e che cosa ci ha insegnato l'inflazione naturalmente all'interno di questo contesto? E si può dire che alla fine il saldo finale sul debito è positivo o negativo? Perché con l'inflazione si pagano più interessi, però si svaluta il debito. Allora, che cosa ci può dire sui disastri dell'inflazione? Inzuto c'è inflazione buona e inflazione cattiva. Come il debito? Salvo l'ingresso in spirali problematiche, di cui darò qualche esempio. Perché l'inflazione ha una funzione di stabilizzatore automatico sul rapporto debito pubblico-pil, perché obiettivamente riduce il debito in termini reali e aumenta il pil in termini nominali. Nel secondo dopoguerra i livelli elevati di indebitamento si sono normalizzati proprio passando attraverso l'inflazione. Però l'inflazione purtroppo genera anche delle distorsioni sui poteri d'acquisto, sui risparmi. Quindi non è tanto vero che le banche centrali hanno un obiettivo di inflazione moderato, al 2%, per contemporare questi effetti. Però come dicevo il tema è che c'è inflazione buona, gli economisti dicono da domanda. Tipicamente all'inizio dei livelli inflattivi che comparivano negli Stati Uniti d'America, quella poteva ritenersi certamente un'inflazione buona. Era un'inflazione da domanda che portava alla crescita del pil, ha portato gli Stati Uniti in piena occupazione. Diversamente l'inflazione che è comparsa nella Unione Europea è un'inflazione da offerta legata alla crisi energetica, fondamentalmente. E vede, fino a qualche tempo fa su questo si discuteva, sulle determinanti, ma no, ci sono determinanti comuni tra Stati Uniti, Unione Europea, si teorizzava solo un ritardo temporale di 4 mesi nella trasmissione inflattiva dall'area valutaria dollaro a quella euro. In realtà, su questa ipotesi, da ritenersi assolutamente superata perché nei primi 4 mesi di quest'anno si è assistito a un chiaro decoupling, cioè un disaccoppiamento degli andamenti delle due inflazioni, ed è quindi emersa in maniera dirompente le differenti determinanti e conseguentemente l'attenzione che le due banche centrali, quando hanno iniziato a rialzare i tassi di interesse per governare i livelli dell'inflazione e cercare di riportarli a questo 2%, beh, con i dati che sono comparsi negli ultimi mesi e anche di recente, stanno cambiando completamente le aspettative. Prima, a inizio anno, si riteneva che il cosiddetto first mover, cioè la prima banca che avrebbe ribassato i tassi per inormalizzare l'economia, sarebbe stata la Fed. Se uno andava a studiare la probabilità implicita nei futures sui fedfans, erano i livelli assai più elevati del corrispondente dato future dell'eurozona, invece ora la situazione è esattamente opposta. Il first mover verosimilmente, se gli scenari europeo vistici non mi ingannano, sarà l'Europa già a giugno. Probabilmente non con la stessa evoluzione che si ipotizzava, si diceva 3 realzi entro fine anno, magari saranno 2, però è inequivocabile che le dinamiche sono differenti, le determini sono differenti. E questo tema dell'inflazione buona e dell'inflazione cattiva, è chiaro che comunque anche questo è evolutivo. Per esempio negli Stati Uniti d'America oramai il Paese in piena occupazione ha raggiunto un livello di crescita che sono più preoccupati di eventuali rischi di spirali salari, prezzi di inflazione, quindi la maggiore prudenza della banca centrale. Se l'altonno ne guardi che l'elemento della spirale inflativa sia pericolosissimo, abbiamo due esempi in questi periodi davanti ai nostri occhi, Argentina e Turchia. Anche qui determinanti diverse, ma deformazioni strutturali e finanziarie molto pericolose. Per esempio la Turchia oramai è un Paese con più valute. La Liga turca non lavora neanche i turchi. È stata data la possibilità per evitare fuche di valuta pregiata, di aprire conti correnti in valuta straniera. Quindi se noi andiamo a vedere i bilanci delle banche turche e i livelli di serva presso la banca centrale, ci accorgiamo che la Turchia e i turchi detengono fondamentalmente i loro depositi, dollari, euro e pietre preziose oro. Potrei andare avanti anche su alcune politiche contabili della banca centrale, però mi fa piacere citarvi invece la situazione differente che è successa in Argentina, dove i soldi sono proprio usciti. C'è stata una fuoriuscita di valuta pregiata fortissima. Una banca centrale che per gestire la criticità dell'inflattiva, effetto a dei machiaggi contabili molto molto critici, prima con dei titoli che si chiamavano l'ELIC e l'EBAC per sostanzialmente rincorrere l'esigenza di valuta pregiata e di governare i problemi della bilancia dei pagamenti, ora addirittura di recente con emissioni di titoli obbligazionari in dollari che vengono iscritti a valore nominale nel bilancio della banca centrale con un valore di mercato assai più basso per registrare le plusvalenze e contabilizzare così il gap di valuta pregiata di cui ha bisogno. Però qui siamo veramente per dire come un elemento come la variabile inflazione genera delle, passo un termine a tecnico, depravazioni contabili e amministrative di politica economica. Allora, in questo contesto, caliamoci però ora sulle nostre aree valutarie e sul rapporto tra le aree valutarie. Allora è chiaro che l'inflazione è un oggetto da maneggiare con cura, così come però dobbiamo pure prendere atto che il debito globale è aumentato rispetto a 10-20 anni fa. Io per esempio ho sostenuto in altre occasioni che forse questo livello del 2% potrebbe essere leggermente rivisto al rialzo, ipotizzare un 3 o un range che consente di considerare un livello del 3 come un livello più di normalità, proprio perché questo livello dei debiti è a livello globale cresciuto, forse un po' più del previsto o del prevedibile. E qui parliamo della contabilità esplicita, perché sappiamo bene che in alcune altre aree valutarie, pensiamo all'OUAN, dal punto di vista della rappresentazione dell'indebitamento complessivo, non è che la trasparenza sia massima. E poi è chiaro che ci sono altre criticità sempre collegate al tema inflazione, il fatto che in aree valutarie grandi come la nostra o quella degli Stati Uniti, l'inflazione all'interno è differente. Tra lo stato di Filadelfia e lo stato della Florida oggi ballano circa 400 punti, cioè il 4 punti percentuali. Nell'eurozona tra in questo momento in Italia siamo sotto l'1%, in Germania siamo sopra il 2%, in Francia siamo sopra, in Spagna siamo sopra il 3%. Questa eterogeneità e differenziaia di inflazione crea dei differenziali di competitività. Insomma, è un oggetto da maneggiare con cautela e comunque con tutte le sue sfaccettature certamente richiede secondo me anche nuove modalità e nuovi strumenti di governance. Grazie. Purtroppo abbiamo poco tempo, quindi dobbiamo cercare di stare nello spazio e provare a fare anche un secondo giro di domande. Al Presidente Manzana, io do la parola per parlare del terzo elemento qua, un po' di crefita, un po' di sviluppo, ci siamo parlati di debito e inflazione. Lei rappresenta le imprese, rappresenta qua l'industria di questo territorio, ma in generale l'industria manufatturiera, che ha vissuto, esce, sta vivendo 4 anni pazzeschi, si è passati dalla pandemia alla crisi energetica, all'inflazione, alla guerra. Come ha reagito l'imprenditore in questo contesto, come ha saputo reagire e quali sono gli strumenti finanziari che si devono, che si possono mettere in campo, soprattutto perché abbiamo visto che a livello pubblico le risorse ormai non ci sono più, ce ne sono poche. Buon pomeriggio anche da parte mia e grazie anche per l'invito e grazie per la domanda che mi dà l'occasione per mettere l'accento sulla nostra specificità, sulla nostra autonomia, in qualche modo in considerazione del fatto che il Trentino non è l'1% del nostro Paese, l'Italia, non è l'1% dell'umanità, stiamo parlando di una piccola nicchia, di un capocchio di spillo all'interno di questo complesso. Noi abbiamo vissuto questi ultimi 4 anni in grande difficoltà, con delle contraddizioni incredibili a partire dalla pandemia, nessuno mai si sarebbe aspettato una cosa del genere, poi la questione della guerra, la questione dell'energia, l'inflazione e in qualche modo da imprenditore, posso dire che gli economisti l'hanno sbagliata abbastanza tutte, mi vien da dire, rispetto alle previsioni. E anche oggi, stiamo... Cioè, se prima il professore parlava del first mover, la Fed, oggi in effetti la realtà va come vuole, le cose vanno come devono andare. E questo aspetto, le imprese, le nostre famiglie, dei nostri lavoratori l'hanno pagata e l'hanno pagata molto cara. Allora, in questo contesto così complicato, così difficile, la nostra autonomia ha saputo, conscia della situazione, fare delle cose, ha predisposto ripresa Trentino, un qualche cosa che sembrava un provvedimento, soprattutto per le micro, per le piccole, piccolissime imprese, rambento il tessuto, il tessuto del nostro Paese, vede tantissime piccole imprese e quelle del Trentino ancora, forse un pochettino più piccole. Noi abbiamo soltanto meno dell'1% con 50 addetti e con oltre 10 addetti circa il 7%, sopra il 7%. E per cui qua si trattava di tenere aperti gli esercizi, l'artigianato, tutto quel mondo. Per cui qua erano stati definiti con il sistema bancario dei tassi concordati e ripresa Trentino ha intervenuto prima per il Covid e poi per la questione energia. E' un ammetto che il presto dell'energia ha fatto per 10, per poi ridiscendere. Mai nessuno poteva immaginare un aspetto di questo genere. Altro elemento, provincia di Trento, quella di Bolzano, è il nostro Labor Fund. Noi siamo una piccola realtà, dicevo prima, però stare insieme ha aiutato. Labor Fund è uno dei fondi più importanti del Paese, dove in qualche modo è un fondo per noi territoriale, multi categoria, ha delle masse gestite significative e ha potuto alimentare un fondo strategico da 220 milioni, che è stata un'idea per poter sottoscrivere dei bond delle nostre imprese, delle imprese del nostro territorio. E questa è stata una bellissima esperienza. Adesso scadrà in questo 2025. Non mi risultano default. Perché evidentemente, avendo queste imprese, ricevute le risorse sufficienti, sono riuscite a fare dei passi in avanti e a rimanere sul mercato e forse anche in considerazione del come sta andando l'export, ancora che noi non siamo posizionati bene nell'export complessivo, incrementare il nostro export. E per ultimo, ma non per importanza, anche se piccola, un basket bond, con una garanzia interna, un obiettivo di tasso più contenuto, dove il tasso era mediato tra le diverse imprese e questa operazione nata in casa Confindustria ha potuto ottenere i tassi morigerati o comunque dare accesso al credito delle imprese che altrimenti non lo avrebbero avuto. Ecco, queste sono le piccole cose che, sì, perché sono piccole e non sono grandissime cose, però sono le piccole cose che un territorio come il nostro può portare avanti. E di sicuro, in un contesto dove, per tornare ai grandi temi, in un contesto così incredibile, dove l'imprenditore vorrebbe stabilità, diciamo che impara a vivere abbastanza rapidamente, a diverse temperature o con diverse criticità, ma certamente il fatto che siano successe quasi di più, di un all'anno di queste grandi criticità, è quel contesto in cui l'impresa sta proprio male. E comunque l'impresa e i lavoratori pagano queste sprovedutezze definite in maniera incredibile. La professoressa le ha definite, pasto gratis, come è che la definita, questa del 110, sono 220 miliardi, è un qualche cosa che è andato a favore di un qualche percento immediatamente delle seconde case. Abbiamo ristrutturato castelli, non condomini, castelli. Su questa cosa è chiaro che poi tornare indietro da questi delitti non è banale, però queste sono cose di cui ancora ad oggi, e non è, chi ha fatto eventualmente il pasto gratis, chi ha fatto queste scelte non ha fatto una pubblica ammenda di queste loro scelte. E questo dispiace, perché ne ho ascoltati tanti durante queste giornate di festival, ma nessuno ha usato le parole della professoressa per definire il 110. Grazie. L'intervento del presidente, soprattutto nella prima parte, ci dimostra che gli animal spirits degli imprenditori sono ancora in grado di avere la fantasia, di reagire alle difficoltà e di inventarsi delle cose e poi di portarle avanti. Professoressa De Romani, questo tipo di atteggiamento forse andrebbe prima o poi applicato anche al pubblico, perché quando parliamo di debito non c'è mai nessuno che ci, anche adesso, che ci dice qual è il percorso, qual è la storia che si può raccontare agli italiani per il futuro, per abbassarlo questo debito, per inventarsi qualcosa. Esiste questa possibilità, come si fa a disegnare una traiettoria per il futuro che non ci porti? Lei ieri faceva l'esempio del sassolino che arriva nella crepa del vetro, la crepa sta lì fino a quando non arriva un sassolino. Come si fa a fare questo prima che arrivi il sassolino? Arrivo subito, vorrei aggiungere a quello che diceva Fausto Manzana. È veramente grave, trovo, con i dati che ci sono oggi, sia sui costi, sia sull'impatto del 110, siccome io considero tutti i responsabili, forse c'è uno solo che ha detto che era gratis, ma gli altri sono tutti i responsabili, che non ci sia una missione di colpevolezza, perché l'impatto del 110 sarà con noi per lungo tempo. E che ci venga detto, e questo purtroppo lo fanno praticamente tutti, ma all'inizio serviva, allora mettiamoci d'accordo su una cosa, 110% non esiste in nessun paese al mondo, un motivo ci sarà. Se davvero è così efficace, perché non si è pensata al 130, 140, 150? In più, se io butto delle risorse, oggi ora regaliamo, Marcello regala a tutti qualcosa, voi ci andate a comprare un panino, facciamo girare il pill, ma è chiaro che se io do delle risorse pubbliche alle persone, l'economia qualche impatto ce l'ha. Ma questo è l'inizio della storia, non ci possiamo accontentare di una classe politica che ci dice ma lì per lì serviva qualcosa di emergenza, a parte perché 110, primo. Secondo, io voglio sapere quant'è l'impatto, quant'è il costo, chi lo paga e chi ne beneficia. Perché se noi ci rendiamo conto, era ovvio che sarebbe finito così, perché se tu metti 110 togli, annulli qualsiasi incentivo, perché se io ho più soldi, ricevo più soldi di quello che ho speso, ma perché mai dovrei risparmiare? Cioè quello fa parte dell'ambiente umano, ma era evidente che sarebbe finito così. Ecco quindi dire oggi, ma all'inizio serviva, no, questo è continuare a raccontare una favola, secondo me non ce la meritiamo, anche perché, e qui non se ne parla mai, poi arriva il debito, fra poco abbiamo l'elezione europea, non si parla mai di Europa, ci sono tantissimi dossier interessanti. Se noi ci presentiamo in Europa con questo macigno, io ho incontrato a Roma una delegazione, tra l'altro di ogni partito tedesco, quindi era veramente tutto il Parlamento tedesco, mi chiedevano solo del 110, erano esterefatti, ma tutti, da Life, Death, CDU, SPD e i Liberali, mi dicevano ma come avete potuto, in una fase in cui è fondamentale, soprattutto per un Paese come il nostro, con un debito come abbiamo detto così elevato, cominciare a parlare a delle forme di debito europeo, cioè di maggiore integrazione, ma noi dovremmo avere una classe politica che dice abbiamo sbagliato, punto, non che ci continuino a raccontare la favola, ma qualcosa serviva, perché se noi prendiamo quella direttiva, allora continuiamo a distribuire risorse, noi abbiamo oltre mille miliardi di spesa pubblica e dall'anno prossimo ritorneremo con un PIL, secondo l'estime della Commissione Europea, inferiore all'ara dell'Euro, allora vuol dire che tutti questi soldi che noi buttiamo nell'economia, più il debito, forse non è così efficace. Allora, tre minuti che mi rimangono su come si riduce il debito. Questi nostri governanti in realtà le cose le scrivono bene, forse non le leggono, non lo so, c'è qualcosa, c'è una sconnessione tra quello che scrivono. Le scrivono i tecnici? Effatti, ho lavorato al Ministro dell'Economia, vi posso dire che ci sono delle persone bravissime al Ministro dell'Economia che fanno dei documenti meravigliosi che però forse i nostri politici non leggono, o forse leggono e non capiscono. Ecco, va be', nel DEF c'è scritto tutto, c'è scritto esattamente qual è la traiettoria, cioè la famosa storia, solo che per raccontare una storia ti devi prendere una responsabilità politica, perché attenzione, non c'è niente di più politico che decidere quanto spendere e quanto tassare. Noi abbiamo dato questo compito in passato, per esempio, sulla spending review ai commissari tecnici, no, ci vuole la responsabilità politica, perché io devo scegliere a chi prendere i soldi e a chi darli. Allora, quello che c'è scritto nel DEF, ma era già scritto nella NADEF precedente, cioè in tutti i documenti governativi, sono due tipi di azioni per ridurre il rapporto debito-pil. Uno è agire sul numeratore, quindi sul debito in sé, e lì è inutile che non ci vogliono, che facciamo i vaghi. Vuol dire in qualche modo andare a toccare la spesa pubblica. Ieri abbiamo, non so se avete visto Schlein e Meloni, la parola spesa non è stata proprio... toccata da nessuno. Tutti e due hanno fatto un grande elenco di soldi che servono, ma la parola dovremmo in qualche modo togliere e anche tagliare, niente, nessuna delle due l'ha nominato. Nel DEF c'è, nel DEF c'è, è anche pesante. Quindi bisognerà in qualche modo toccare la spesa, sia tagliarla sia redistribuirla lì dove serve di più. Sul denominatore, concludo, è lì ovviamente la crescita serve, aiuta, perché se la torta diventa più grande io mi posso anche permettere di fare qualche debito in più, prendere risorse che oggi non ci sono. E qui la parola d'ordine è riforme, anche qui se ne parla pochissimo. E vi faccio un esempio e concludo, a mio avviso, che dà un po' il senso di come aver rimandato le riforme poi ci penalizza. Noi quando parliamo del PNRR parliamo sempre di aumentare la spesa, si parla sempre della parte investimenti e non riforme. Allora gli investimenti fanno così, fanno cresce e poi si scende. Invece le riforme ti portano su una curva di pil potenziale più elevata. C'è una tabella della Commissione Europea che misura l'impatto di ogni euro, mettiamola così, che viene utilizzato nel PNRR sull'economia. Ecco, se voi guardate i numeri dei famosi PIGS, cioè l'impatto di ogni euro del PNRR spagnolo, portoghese, greco, rispetto a quello italiano, voi vedete che un euro italiano più o meno porta intorno a 2.2. Quelli dei PIGS, Grecia, Spagna, Portoghalla, siamo oltre il 3. Cosa vuol dire? Vuol dire che chi ha fatto le riforme è come se si ritrova un terreno fertile, un terreno tale, quindi tu butti dei soldi e questi soldi sono molto più produttivi. Noi invece abbiamo un terreno che è arido ancora. Perché? Perché fare le riforme costa, perché le riforme hanno tempi lunghi, la nostra politica invece si basa di domani, neanche dopo domani. E quindi noi oggi stiamo sprecando una grandissima occasione. Ecco, ed è un peccato, e concludo sulla elezione europea, perché sono questi dossier importanti. I dossier importanti sono per esempio questo PNRR, che è uno strumento di emergenza, che di nuovo i tedeschi che ho incontrato non lo vogliono assolutamente trasformare in strumento permanente. Perché no? Perché dobbiamo sempre reagire in emergenza? Jean Monnet diceva che l'Europa fa un passo avanti l'Europa ogni volta che c'è una crisi. C'è una crisi e noi diciamo, oddio, abbiamo bisogno di più Europa e allora facciamo le cose. Ma insomma, perché dobbiamo farle sempre in emergenza? Quindi potrebbe essere utile avere degli strumenti tipo il Next Generation You da avere nella cassetta degli attrezzi da utilizzare. Però l'Italia si deve sedere al tavolo con le cose fatte. Stessa cosa sul debito, un eventuale debito europeo. Non parliamo dell'Unione bancaria, non so se dopo ne vuole parlare Marcello Minenna. Sono tutti dossier che... Ecco, ma come mai nel dibattito pubblico in queste settimane non si sente mai parlare di questi temi? Ecco, perché qual è il rischio? Che noi siamo qui a fare una campagna che serve a misurare i sondaggi, come dire, il potere all'interno del dibattito italiano. Poi mandiamo delle persone, e qui lasciatemelo dire e poi veramente mi taccio, che fanno quello che è successo con le regole del patto di stabilità e crescita. Noi siamo l'unico Paese che ha firmato un patto di stabilità e crescita, che sono le famose regole su quanto spendere, che fa in modo che tra i Paesi più o meno ci coordiniamo. Siamo l'unico Paese che i tre partiti di maggioranza e i partiti di opposizione si sono astenuti. Cioè, questo secondo me è una cosa gravissima. È gravissima perché il messaggio che noi diamo, intanto che di nuovo firmiamo una cosa che forse non abbiamo capito, non lo so, questo è da capire, ma in più che siamo contro un'idea di regole, che ci piace l'idea di come è stato in questi anni di Covid in cui si poteva spendere e espandere senza regole. Ecco, allora, chi stiamo mandando in Europa? Mandiamo delle persone che non hanno una visione europea che è sintetizzata in due parole. Solidarietà, Next Generation EU, ma responsabilità, che è dire sì a delle regole. Poi queste regole possono piacere o non piacere, ma insomma i limiti, i passi gratis direi che sono finiti. Grazie professoressa. Aminenna, io ripartirei da queste ultime cose. Se c'è qualcosa che lei, se lei vuole rispondere a qualcosa che ha sentito, è questo sicuro. Se no, io le chiedo anche, davanti a queste elezioni europee ci sarà, uscirà tra un po', tra qualche mese una nuova commissione, ci sarà una nuova agenda. In questa agenda è possibile che ci sia anche una politica economica comunitaria, perché l'Europa nasce con una politica monetaria comunitaria, che è la BCA, ma non abbiamo ancora visto, c'è stato un po' appunto il PNR, ma sappiamo come è nato in emergenza. Esiste questa possibilità oppure è ancora troppo presto? Perché l'Europa metta in atto questo? Guardi, io credo che l'obiettivo non nel medio termine, ma nel breve termine, sia di completare questa architettura europea anche sugli altri fronti, altrimenti la nostra area valutaria verrà spiazzata da giganti che già sono tali come la Cina e da giganti che stanno nascendo come l'India. Guardi, il progetto dell'Euro è un grande progetto, però deve portare ora a rivedere e a concludere questa costruzione. Allora, politica fiscale, gestione del debito, politiche di investimenti, questi aspetti, se venissero condivisi e avessero una cabina di regia unica, probabilmente risolverebbero, sorpassando a destra, i particolarismi nazionali dove obiettivamente tutti i paesi non si sono e non si comportano nella stessa maniera. C'è chi è più responsabile e c'è chi è meno responsabile. Però è evidente che noi da un lato, come Paese, abbiamo fermato il fondo salvastati, la riforma meccanismo europeo di stabilità. Dall'altro, come ricordava la professoressa, ci siamo astenuti sul patto. Allora, il punto è, ma la visione prospettica della nostra architettura deve andare verso il rafforzamento di quest'area valutaria. Allora io posso accettare che rimarranno comunque delle criticità, parlavo prima dei differenziali di inflazione tra gli Stati membri, però gli Stati Uniti hanno un bilancio federale che interviene per gestire questi differenziali di inflazione. Noi siamo oramai appiattiti, purtroppo, su un funzionamento dell'eurozona, non a caso nel 2014, scrisse un volume con la Wiley che si chiamava the incomplete currency, cioè la moneta incompiuta, perché noi abbiamo una valuta senza uno Stato. Questo porta delle deformazioni. Noi abbiamo di fatto differenziali di tassi di interesse nominali, pure se abbiamo la stessa valuta, ma oramai neanche la riteniamo un'anomalia. È giusto che i vari Stati sovrani abbiano tassi di interesse diversi, a poco conta che io non ho mai trovato un manuale di economia politica dove esiste la multidimensionalità nell'ordinata dei tassi di interesse. Da noi c'è, ma perché c'è? Perché non si fa quel passo in avanti che completerebbe l'architettura, ad esempio. È una grossa innovazione quella dei Prestiti Sure e del Next Generation You. Nel 2026, ora la progressione potrebbe variare perché ci sono degli elementi che verranno ancora definiti, ma si arriverà probabilmente ad avere 700 miliardi di euro di debito a rischi condivisi, gli Eurobond che sembravano impossibili fino a qualche anno fa. E giustamente c'è chi in Europa dice ma dobbiamo creare un'infrastruttura per gestire questo debito pubblico, dobbiamo creare degli strumenti derivati che vadano a consentire di completare le dinamiche finanziarie di questo debito dell'Eurozona a rischi condivisi. Dall'altro lato c'è chi dice no guardate, questo è un esperimento, una tantum, non ci pensate proprio che dal 2026 proseguiremo verso un'architettura a rischi condivisi. Gli stessi quantitative easing, pandemic program, asset purchase program, non sono stati tutti i programmi che meno male che ci sono stati, ma sono stati tutti a rischi segregati, non a rischi condivisi, perché i titoli non li comprava la BCE, li compravano le banche centrali nazionali con i soldi della BCE in una logica di rinazionalizzazione generale dei rischi che non dava dei bei segnali al mercato. Sì, gli spread nominali sono rientrati, ma gli spread reali stanno ancora lì, cioè quelli al netto dell'inflazione, perché i livelli di rischi di frammentazione della nostra area valutaria stanno tutti a terra. Allora o noi entriamo, a mio avviso, nel giro di qualche anno, non di qualche lustro, né l'ordine, né il progetto di rivedere l'architettura, un fondo salvastati magari rivisto, se alcune cose non piacciono a tutti, che però potrebbe occuparsi per come strutturato il suo bilancio e la sua architettura per diventare uno strumento di gestione degli investimenti e uno strumento di gestione del debito pubblico. Entrare in una logica per cui anche per far fare i compiti a casa, espressione ormai chiaro a tutti, quindi non la spiego, si agisca con una cabina di regia decentrata, in altri termini con una gestione della finanza e delle attività di investimento strategiche a livello centrale. Perché io temo, altrimenti, che avere una area valutaria dove abbiamo, innanzitutto, cicli politici non sincroni. Perché attenzione, noi abbiamo le elezioni europee nello stesso momento, ma nei vari Stati membri ognuno vota in date momenti differenti, peraltro con instabilità politiche differenti. Guardate, quanti anni è rimasta cancelliera Angela Merkel? Fate solo questa valutazione. Quanti presidenti del Consiglio abbiamo cambiato noi e quanti ministri, peraltro poi, con un grande difetto italico. E questo lo dico avendo osservato i comportamenti anche in altri paesi. Il difetto italico che chi arriva, salvo ripetere gli stessi errori, perché questo è ovviamente un massimo comune denominatore, tendenzialmente la logica è la prima cosa che devo fare è demolire quello che è stato fatto prima senza agire, neanche sulle parti buone in continuità, e invece magari andare in continuità sulle parti cattive. Guardate su questo un esempio dirompente negli Stati Uniti d'America. Obbiettivamente, tra la Trumpnomics e la Bideneconomics, uno dice che mi aspetta un cambiamento incredibile dal punto di vista della gestione della politica di sviluppo economico, e invece no, se voi andate a vedere l'architettura dell'Inflation Reduction Act di Biden, a molti punti di continuità con la politica di sviluppo di Trump. Allora non ci possiamo stupire che alcuni vanno in una direzione di sviluppo globale, e in altri invece assistiamo a questa situazione completamente sbagliata. Guardate, una volta, o meglio, svariati decine di anni fa, il principe Metternich definiva l'Italia un'espressione geografica. Io credo che, se andiamo di questo passo, sarà l'Unione Europea un'espressione geografica. Questo è quello che dobbiamo tenere bene a mente. Fausto Manzana, c'è, parlando di sviluppo e parlando di crescita del PIL, e quindi anche del miglioramento del rapporto con il debito, c'è un problema che riguarda il lavoro, che è quello cosiddetto mismatch, cioè abbiamo una disoccupazione superiore a quello che sarebbe il livello ideale, la cosiddetta piena occupazione, ma c'è anche una fortissima domanda di lavoro che non viene soddisfatta, perché non vengono trovate le figure. Questo vale anche in questo territorio, le chiedo, e qual è il tipo di ragionamenti e di soluzioni che voi come Confindustria e come imprenditori state esaminando su questo? Questo vale certamente anche in questo territorio, anzi probabilmente in questo territorio vale ancora un pochettino di più, purtroppo. Qua penso che noi si debba andare e cambiare il paradigma su cui noi abbiamo oggi il nostro sistema scolastico. La riforma gentile che imposta questo sistema di formazione a cent'anni, cent'uno forse, comunque siamo lì, e non è stata più riformata. Oggi credo che tutti i giovani che io vedo qua difficilmente possono dire che al termine del loro percorso scolastico possono pensare come è successo a me di smettere di formarmi, perché sono andato avanti nel mondo professionale per decenni con quel bagaglio di formazione. Oggi non è più così, la velocità, la velocità con la quale il mondo cambia e le evoluzioni cambiano, l'innovazione cambia, la nuova rivoluzione industriale portata dall'intelligenza artificiale, che non abbiamo ancora capito bene quanto si esprimerà, accelererà ulteriormente questi processi. Ecco che allora questo mismatch, noi lo potremmo affrontare e risolvere solamente nel momento in cui abbiamo un'idea diversa di questo sistema e dobbiamo aprire le imprese e dobbiamo aprire i vari punti formativi per farli incontrare. Io mi immagino un osmosi, mi immagino che un ragazzo possa entrare nel mondo del lavoro, possa rientrare nel mondo della formazione l'idea di crescere sia per quanto riguarda delle formazioni tecniche, dei momenti verticali, ma anche i soft skills, come vengono ad essere definiti. Soprattutto ora, in prossimità di questa nuova rivoluzione, perché soltanto l'umanesimo ci permetterà di dominare questo mondo hiper tecnologico. Noi se in qualche modo abbiamo in passato sostituito e delegato alle macchine, ai motori, la forza, probabilmente riusciremo a delegare delle componenti ripetitive alle macchine. Ma allora lì dobbiamo aggiungere la nostra creatività, la nostra relazionalità, la capacità di gestire i rapporti umani, insostituibili a mio modo di vedere. Ecco che tutto questo non riusciamo, almeno io non riesco ad immaginarmelo ancora, non compiuto, però il mondo della scuola e il mondo dell'impresa si debbono necessariamente incontrare per risolvere questo mismatch. E poi penso che il mondo dell'impresa deve fare una qualche riflessione. Oggi è il lavoratore che sceglie l'impresa, non è più l'impresa che sceglie il lavoratore. E questo per tanti aspetti è molto bene, molto bello. Perché? Perché l'impresa si deve mettere in discussione, deve proporsi, deve aprirsi, deve in qualche modo dichiarare la propria mission, i propri valori. Non ad esempio sulla sostenibilità, non certo fare greenwashing, perché soprattutto per quanto riguarda i giovani credono per davvero alla coerenza tra quello che uno dice e quello che uno fa. Ecco, noi dobbiamo crescere, far crescere, abbiamo 500 mila partite IBA nel nostro paese e noi dobbiamo pensare di crescere e andare in giro per il mondo e aggiungere quello che l'Italia ha sempre fatto, vicino alla tecnica, aggiungere il pello. Su questa cosa noi non avremo, nel momento in cui prendiamo coscienza e consapevolezza di chi siamo, non avremo competitori. Grazie, grazie. Allora, secondo me abbiamo ancora qualche minuto, non c'è il tempo per fare un giro, però io vorrei fare una domanda e avere una risposta flash su delle questioni che magari interessano ogni tanto i giornalisti, sapere anche delle cosine che sono al di là, diciamo, degli standard. Amilena, chiedo questo, che voto dà alla Banca Centrale Europea degli ultimi due mandati? A quella del quantitativismo di Draghi e a quella del rialzo dei tassi della Lagarda? Che voto dà Draghi alla Lagarda? Certamente la Banca Centrale di Mario Draghi ha evitato la rottura dell'Euro. Io su questo, numericamente la cosa è sotto gli occhi di tutti. Il nostro spread sia in termini nominari che reali, è andato sotto controllo non col Cura Italia, ma è andato col Salva Italia, è andato sotto controllo quando Mario Draghi ha dichiarato il voto. Quindi un bel voto. Ma certamente, assolutamente sì, anche con tutti i limiti e le difficoltà che c'erano in quegli anni per avviare un'attività appunto di acquisto di tipo di istato, o che con l'ingegneria finanziaria non ha rischio mondiali. E alla Lagarda? Ma secondo me, in questo secondo caso, io credo che non sono stati rapidamente identificate le determinanti differenti dell'inflazione rispetto alla situazione statunitense. Meno male che a giugno le probabilità implicite del regalzo dei tassi sono praticamente pari al 100% e quindi è atteso questo tasso, aumento, forse poteva venire un pochino... Quindi 5 è stata questa riduzione, questa riduzione dei tassi, forse doveva venire un pochino prima. Quindi è sufficiente la ragaldina. Manzana, invece volevo chiedere questo. Lei lavora in questo bellissimo territorio, in questo bellissimo Paese. Se potesse rinascere e fare l'imprenditore in un altro Paese occidentale, quale sceglierebbe? Io senza indugio sceglierei ancora questo bellissimo territorio. No, no, no! Allora, lo dico alla fine, se volevo iniziare, complimentandomi con il nostro pubblico. Non so se in quante occasioni lei ha iniziato un dibattito, moderato un dibattito con un pubblico così giovane, così composto, così seduto, prima un minuto, due minuti, prima dell'inizio. Questa è la mia gente e questo io sono orgoglioso di essere qua. Verissimo! Verissimo! In fine alla professoressa de' Lomani, se glieli ha seguito sia Schrein sia Mloni, non le chiedo un giudizio politico, assolutamente me ne guardo bene, ma le chiedo se dovesse spiegarci, se dovesse dirci qual'è l'essenza di una dell'altra, cioè delle due visioni economiche, la Schlein Economics e la Mloni Economics. Quali sono le differenze, qual'è l'essenza che caratterizza una e che caratterizza l'altra secondo lei? Ma io direi che ci siamo, cioè il passo gratis fa così, ci siamo fermati un attimo, si va pronto per un altro giro. Va bene. C'è il tempo per una domanda, qualcuno vuole fare una domanda? Lui, a chi? Io voglio chiedere, dato che vi dite che avete un giudizio politico, però voglio che vi dite che la differenzia della congresa de' Lomani è più giuda, non vi pede, è una parola di un altro politico, per aver detto con chiaranza, senza ipocrisia, cosa e' stato il 110 e per aver anche detto la grande colpa dei politici che praticamente non chiedono scusa, hanno fatto questa enorme responsabilità che peserà a lungo e non hanno chiesto scusa, ma niente. Dobbiamo dire però, purtroppo, che anche non ho sentito a questo tempo nemmeno gli economisti, non ho sentito dire i semplici cittadini, io quando parlavo con i miei vicini dicevano ma non puoi stare in piedi questa cosa, non sei mai vista, e' pure gran fatta. E dopo qui mi dispiace dovere annettere che mentre i politici e gli economisti si sono portati cosi, purtroppo anche il presidente Draghi, che era un economista e che aveva capito cos'era, non e' stato capace di fare qualcosa. Grazie comunque per le grandi condizioni. Un'altra domanda rapidissima, eccola, veloce la domanda e veloce la risposta, abbiamo un minuto. L'ho chiesto se il cambiamento climatico, visto che il turismo ha un elemento tra i nati della regione, quanto ha inciso nel trend economico della vita? Sta incidendo, sta incidendo, e' qua, non e' un qualcosa di prospettiva, e qua noi stiamo soffrendo in modo importante e siamo assolutamente molto preoccupati per le vali periferiche rispetto alla valle dell'Adige che e' più urbanizzata, meglio industrializzata, meglio raggiungibile. Immaginarsi di essere su, no, a Tione, prossimi a Campiglio, voi conoscete sicuramente Madonna di Campiglio, però la abbiamo anche un'industria mixata con il turismo e soltanto tenendo vive, tenendo abitate, antropizzate come lo sono oggi quelle valli, noi potremmo continuare a offrire turismo. Questo e' un grande tema e su questo, ad esempio, me l'ero segnato tra le cose da aggiungere, e su questo noi assolutamente siamo indietro e siamo terribilmente in debito, perchè non e' vero che gli altri stan fermi, corrono molto di piu' del nostro paese e anche del Trentino. Una cosa sul lavoro, sentendo l'intervento del Presidente, un'altra cosa veramente assente nel dibattito e' il tema di come i giovani si siano completamente scollati dal mercato del lavoro, pensiamo, volevo dare questo flash, l'hashtag quietquitting che ha raggiunto 17 milioni di richiami in brevissimo tempo, cioè di ragazzi che hanno sostanzialmente dichiarato aperti sverbi, noi vogliamo lavorare il giusto, non intendiamo muoverci in una logica di fidelizzazione verso quell'impresa o quell'altra e vogliamo del tempo per poter gestire altre passioni. Quindi il sistema sta cambiando, veramente, lei parla della riforma gentile, ma se non intercettiamo questa esigenza, comunque ci sorpasseranno a destra. Ma siamo noi che dobbiamo cambiare, non sono loro. Grazie ai nostri moderatori, grazie a tutti, arrivederci. Che piacere. Grazie a tutti.
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