Chip: dall'intenzione all'azione
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Chip: dall'intenzione all'azione
L'intervento del Professor Luca Berdondini, ricercatore dell'Istituto Italiano di Tecnologia, si concentra sulle microtecnologie per la neuroelettronica. L'unità da lui diretta sviluppa strumentazione avanzata per misurare l'attività neurale del cervello, con applicazioni in ricerca, assistenza ai pazienti con incapacità motorie ed elettroceutica. Il team è composto da esperti di diversi ambiti: biomedica, neuroscienze, elaborazione dei segnali e micro-nanotecnologie. Berdondini illustra il progetto SYNAPS, una microtecnologia in grado di amplificare l'ascolto della comunicazione tra le cellule neuronali, e la startup Corticale, nata per rendere la tecnologia accessibile a livello globale. L'intervento tocca anche l'aspetto etico e regolatorio, sottolineando la necessità di un dialogo continuo tra ricerca e società.
Sottotitoli e revisione a cura di QTSS Grazie, grazie di cuore per essere qui, buon pomeriggio a voi. Io sono Nicoletta Carbone, lavoro a Radio24 dove mi occupo di salute da tanti anni, salute, sanità, ricerca e devo dire che sempre è molto emozionante uscire dagli studi di una radio per arrivare qui a Trento a moderare degli incontri che ci permettono di conoscere e incontrare persone straordinarie come quelle che incontreremo oggi. Benvenuto a Luca Berdondini, grazie, un applauso perché io sono davvero felice e poi sono molto felice anche di vedere tanti ragazzi. Non ha bisogno di presentazione Luca Berdondini ma fatemi fare il mio lavoro, è ricercatore dell'Istituto Italiano di Tecnologia, è responsabile dell'unità di Microtechnology for Neural Electronics da cui è generata e nata la startup corticale di cui è co-fondatore e anche consulente scientifico. Berdondini è stato inserito in questo festival nella categoria visionari ed è il modo in cui insomma si collocano, almeno noi collochiamo che non siamo tanto a dette lavori, le persone che pensiamo essere già nel futuro e allora io però voglio fuggare ogni dubbio perché il lavoro di Berdondini e della sua equipe di cui ci racconterà è molto radicato nel presente ed è reale e allora inizierei proprio da qua, partirei proprio dall'ambito in cui lei lavora, io provo a tradurre al meglio il nome dell'unità che lei dirige e che è microtecnologie per la neuroelettronica, è corretto? Esatto. Siamo nell'ambito delle neuroscienze, già questo mi piace molto, ma lei ci spiega di che cosa vi occupate nel concreto? Perché abbiamo bisogno un po' di prendere delle immagini, delle parole, di capire che cosa sta succedendo perché stanno succedendo grandi cose. Sì è un campo che sta crescendo tantissimo, grazie a tutti per partecipare oggi, grazie per l'opportunità di questo dialogo. Microtecnologie e neuroelettronica, iniziamo da qua, microtecnologie che cosa sono? Le microtecnologie sono una branca dell'ingegneria, a Svizzera ho studiato il Politecnico di Los Anna, scuola che ha la microtecnica come una delle facoltà importanti. Perché? Perché negli anni 70 la Svizzera è conosciuta per gli orologi meccanici, quindi una tecnologia molto evoluta. Anche il cioccolato. Anche il cioccolato, sì, ma si parla... è legato anche a quello. Un po' eh. Ecco, pensiamo agli orologi, la Svizzera si ritrovava di fronte l'Asia che arrivava con gli orologi digitali, quindi una tecnologia che faceva competizione con quello che era il mercato importante dell'industria svizzera del settore. Di conseguenza era necessario avere ingegneri che avessero competenze che non fossero solo della meccanica o dell'elettronica, ma che unissero questi campi. Quindi la microtecnica è nata appunto per formare ingegneri, quale sono di formazione, che capissero di scienza dei materiali, di elettronica, di informatica e che riuscissero a legare questi campi. Poi la microtecnica è evoluta in quelli che diventano prodotti integrati o tecniche di produzione che sono usate anche per il cioccolato, ad esempio, in in in in Svizzera stessa. Quindi questo è un punto di inizio, quindi ingegneria dedicata all'integrazione di microsistemi, quindi dispositivi che possiamo portare ad indossare o che possiamo usare anche in ambito industriale stesso. D'altro canto la neuroelettronica. Neuroelettronica che è una sottobranca della bioelettronica, che è più vasta chiaramente, neuroelettronica che è il punto di giunzione tra la biologia del cervello e l'elettronica è mediata da sensori e attuatori quali sono gli elettrodi. Quindi elettrodi che sono il punto di contatto tra il mondo, permettetemi, ionico del cervello dove i segnali si propagano con lo spostamento di cariche ioniche e l'elettronica dove invece il trasporto dell'informazione è gestito dagli elettroni, quindi è un punto di contatto tra il mondo fisico dell'elettronica e il mondo dell'ionica biologica. Quindi la neuroelettronica è questo. Che cosa facciamo con questo? Con questi due mondi sviluppiamo strumentazione avanzata per misurare l'attività neurale del cervello, sistema nervoso centrale o periferico del sistema che controlla i nostri muscoli e i nostri movimenti. Questo lo facciamo sfruttando la microfabricazione di dispositivi, la microelettronica che è un altro campo e le competenze che sviluppiamo in neuroscienze a livello sperimentale, quindi creando questo ponte tra il mondo biologico e il mondo tecnologico. Ma professore quali sono gli ambiti che vengono o in cui possono venire utilizzate queste micro tecnologie? Sono la neuroelettronica, sono molto molto eterogenee e in evoluzione. Un primo ambito è sicuramente quello della ricerca in neuroscienze. Il cervello oggi è ancora un enorme punto interrogativo, è una sfida scientifica, lo è quanto lo studio dell'universo stesso. Capire noi stessi come il nostro cervello funziona è una grande sfida scientifica. Quindi da un lato vengono sviluppati strumenti per migliorare l'osservazione dei segnali che sono alla base delle nostre capacità cognitive, quindi di come implementiamo e eseguiamo delle funzioni cerebrali, ma anche come queste degenerano a seguito di malattie o quant'altro. Questo è un primo ambito applicativo. Il secondo ambito applicativo è quindi migliorare l'osservazione che è la base del metodo scientifico. D'altro canto l'applicazione è indirizzata verso l'uso su pazienti che hanno ad esempio incapacità nel controllo motorio e quindi queste interfacce creano un ponte tra quello che è il nostro, le nostre intenzioni di movimento generato come segnale elettrico del cervello e l'attuazione di strumenti robotica, di prostetica che assiste l'individuo. Abbiamo dato come titolo questo nostro incontro dall'intenzione all'azione? L'abbiamo sintetizzato troppo o ci sta? No, ci sta benissimo. C'è un altro ambito che secondo me è interessante citare come applicazione ed è quello dell'elettroceutica, termine anche questo strano, che si contrasta alla farmaceutica. Quindi oggi interveniamo sulle malattie con dei farmaci, un altro modo per intervenire che si sta cercando di sviluppare è intervenire con dei dispositivi che rilascino degli stimoli che abbiano un effetto terapeutico. Quindi questi sono un pochino gli scenari che si stanno prendendo. E' un mondo in continua evoluzione. Io vorrei se lei mi permette fare una digressione perché ogni volta che incrocio l'Istituto Italiano di Tecnologia penso che sia una realtà che andrebbe raccontata di più perché è una realtà straordinaria. Ci sono scienziati, ricercatori che arrivano da tutto il mondo dove si fa ricerca, innovazione, come lei ci sta raccontando, anche formazione. Allora ci parla brevemente del suo team perché voi lavorate molto in team, si parla molto anche nella salute, anche nell'approccio c'è molte malattie. Di quanto sia importante lavorare in team e l'aspetto multidisciplinare e anche nel lavoro ci rendiamo conto che insieme si vince. È una delle cose che ci ha insegnato anche il Covid non solo nel lavoro. Quali sono gli ambiti disciplinari che necessita l'unità che lei dirige? È molto eterogeneo. I miei collaboratori, di fatto sono molto fiero del gruppo di ragazzi che ho la fortuna di dirigere, hanno profili totalmente diversi e la sfida è proprio quelli di metterli insieme, creando quindi un team molto eterogeneo di competenze senza io avere la pretesa di avere tutte le loro competenze specifiche nel campo. In modo pratico ho dei ragazzi che hanno una formazione biomedica, altri ragazzi una formazione in neuroscienze, altri più sugli aspetti di trattamento del segnale, quindi computazionali, chi lavora più sulla parte di micro nanotecnologie, quindi con la capacità di realizzare micro dispositivi molto piccoli usando tecniche di fotolografia, quindi realizzare questi dispositivi che poi abbiamo visto in quelle che immagini. Questo team aggregato con questa eterogeneità di competenze credo che sia uno degli elementi distintivi della mia unità, perché poi se guardiamo a livello internazionale spesso ci sono gruppi che lavorano su uno di questi filoni, ma mettere insieme questi mondi è oggi una sfida importante. Qualche anno fa ero a uno dei primi eventi di lancio di quella che è chiamata la Brain Initiative, quindi questi progetti Obama che forse avete sentito parlare che hanno spinto le nanotecnologie degli Stati Uniti, ecco c'era un rappresentante del governo americano che chiamava un po' la rivoluzione, diceva dobbiamo sconvolgere i campi e far lavorare persone con profili molto diversi insieme, ma questo implica anche acquisire un linguaggio di comunicazione, perché ognuno di questi campi ha un linguaggio e un modo di lavorare molto diverso, quindi capirsi da questo punto di vista è una sfida. Unità che come diceva giustamente è all'interno dell'IT, una realtà estremamente eterogenea perché andiamo dalla robotica alla scienza dei materiali, alle neuroscienze, alla life science in generale, quindi all'intelligenza artificiale che è un altro tema che si sta spingendo molto, quindi è l'opportunità di essere in un ambiente eterogeneo di competenze eterogeneo di culture, perché guardiamo l'IT è anche una realtà con ragazzi non solo italiani ma anche stranieri, dove soprattutto parliamo inglese tra di noi giornalmente. No, vedo molti ragazzi qua, infatti è un piacere. Ed è bellissimo, grazie che ci siete, però credo che esperienze come queste, sentirsi raccontare, esperienze come queste sia molto stimolante, chissà magari qualcuno di voi incontrerà il prof all'Istituto Italiano di tecnologia, non sa mai, le strade sono aperte. Professore, a lei e proprio a questo suo meraviglioso team si deve anche lo sviluppo di SYNAPS che è una microtecnologia proprio che è in grado, mi correga se sbaglio, di recepire lo scambio di segnali bioelettrici tra le cellule e di ascoltare, mi piace, l'idea che voi possiate ascoltare, mi sono fatta un'idea tutta mia, la comunicazione tra le cellule neuronali. Questo era già possibile farlo ma voi avete in qualche modo reso possibile amplificare questo ascolto, è corretto? Io la spiego con parole mie ma lei ci racconterà anche che questo progetto ha ricevuto anche il sostegno di gruppi di ricerca straordinari. Sì, per spiegare questo per chi non ha competenze nelle neuroscienze specifiche, la metafora del concerto è una metafora che spesso si usa nell'ambito, quindi possiamo immaginarci il nostro cervello che è composto da miliardi di cellule e ognuna di queste cellule ha una sua attività elettrica, pensiamo a un concerto dove ogni cellula è tendenzialmente un musicista. Se noi andiamo, e forse siamo stati bene per il mare in un ospedale, abbiamo visto comunque la strumentazione degli elettori che vengono messi sulla testa con tanti fili, ecco questo è un po' come ascoltare il concerto da dietro un muro molto spesso, quindi possiamo ascoltare e sentire vagamente quello che avviene, sentiamo magari più che altro il ritmo o comunque delle caratteristiche di popolazione di alcuni di questi strumenti ma non il dettaglio dei singoli. Ora per poter ascoltare i singoli o perlomeno per avvicinarci ad ascoltare i singoli neuroni dobbiamo entrare all'interno del cervello, questo va fatto con tecnologie che vengono definite invasive, chiaramente sono tecnologie che oggi possono essere applicate soltanto in un contesto clinico. Questo per far cosa? Per porre dei microfoni, che sarebbero questi nostri piccolissimi elettori con i circuiti associati, vicino a ogni cellula, in questo caso noi misuriamo l'attività elettrica al di fuori della cellula, quindi extracellulare, di ogni singolo, di ogni neurone, di tanti neuroni. Synapse fa questo perché quello strumento di cui parlavo, che avete visto l'ospedale, con elettori, tanti fili e un grande strumento all'esterno, noi l'abbiamo ridotto a dimensioni micrometriche, quindi ogni singolo elettrodo è della dimensione di una frazione di capello, quindi 20x20 micron e sotto ognuno di questi elettori c'è lo strumento, l'elettronica, che amplifica i segnali e che permette di acquisirli. Realizzandoli a queste dimensioni possiamo integrare tanti microfoni, uno vicino all'altro, a densità molto alte, e quindi acquisire in simultanea da non più qualche decina di elettrodi magari collocate all'esterno del cervello, ma molto vicino alla sorgente di segnale con migliaia di questi elettori. Quindi facciamo un passo avanti in quella che è l'osservazione dei segnali, dei circuiti cerebrali durante per esempio l'esecuzione di comportamenti, il tasmo toroio, quindi un passo avanti da un punto di vista di risoluzione. L'altra cosa importante è che questa risoluzione nel nostro cervello non è fatta da cellule che sono tutte uguali, ci sono classi molto diversi di cellule, interneuroni, neuroni primari e quant'altro. Ecco, questa tecnologia permette anche di descrivere queste macroclassi, un po' come nella nostra orchestra di cui vi parlavo prima, distinguiamo i fiati, le percussioni o altri strumenti. E' importante, mi piace anche sottolineare che Sinep sarà avuto anche il sostegno di importanti studi e gruppi di ricerca. Proprio quando noi parliamo di ricerca abbiamo proprio l'idea della ricerca non a confini, la ricerca è fatta da persone, da istituti, da gruppi, da team che lavorano e sono nel mondo e si sostengono. Quali gruppi di ricerca vi hanno sostenuti importanti? Sosteni di gruppi di ricerca ma anche di enti di finanziamento perché poi di fatto l'importante è anche avere le risorse economiche per eseguire le attività. Noi siamo stati dai primi laboratori in Europa a essere finanziati direttamente da l'amministrazione americana attraverso i progetti Obama, i progetti della Brain Initiative di cui parlavamo prima. Questo per noi è stato un riconoscimento perché tendenzialmente queste iniziative finanziano delle realtà di sviluppo tecnologico che non sono presenti sul territorio americano. Questo è basato a Genova e credo che sia bello da dire. E' bello, assolutamente da dire. Da allora sono passati 5 anni, Sinep è stata salutata come una rivoluzione, in questi 5 anni che cosa è successo? Tante cose, nel senso che quello che abbiamo fatto 5 anni fa era tendenzialmente di mostrare il principio di base con cui questa tecnologia funziona, quindi di mostrare che questi prototipi di laboratorio, che è l'obiettivo del laboratorio di ricerca di Rodrigo, sono in grado di acquisire questi segnali. Da lì, chiaramente, tanti lavori sono stati fatti nell'ottica da un lato di stabilizzare queste misure perché fare una misura nel cervello, nel sistema nervoso, entrando e poi uscendo, è una cosa. Fare una misura che dura ed è stabile nel tempo è un'altra cosa perché il tessuto risponde alla presenza di un oggetto che è all'interno. Sinep permette di ridurre la dimensione di questi oggetti in modo estremo e quindi di avere una risposta molto bassa nel tempo. Questo è un aspetto che abbiamo studiato a livello scientifico. L'altro componente che abbiamo sviluppato è quello dell'azienda perché un laboratorio realizza prototipi, quindi poche unità. Se vogliamo far sì che tanti altri colleghi nel mondo possono usare questa tecnologia, anche più bravi di quello che facevamo noi nel laboratorio, ma che sono delle esperienze in neuroscienze specifiche, dobbiamo renderla accessibile. Per renderla accessibile abbiamo creato un'azienda, questo era uno degli obiettivi che ci sono fissati, che ha industrializzato quei processi fabbricativi che avevamo iniziato a sviluppare in IT e ha realizzato volumi di dispositivi. Ora questa azienda rende accessibile questa tecnologia attraverso altri distributori nel mondo, essenzialmente americani e quindi chiunque nel mondo come ricercatore e laboratorio oggi può acquistare la nostra tecnologia e usarla a livello sperimentale. L'altra parte che ne sviluppo è verso le applicazioni cliniche che è un'altra delle grandi sfide che l'azienda si pone e l'istituto si pone. Certo, infatti dalla vostra esperienza è nata questa startup corticale, ma io vorrei capire che differenza c'è tra il lavoro che fa la startup e quello che fate voi come ricercatori? E' radicalmente diverso e questo è importante chiarirlo perché un laboratorio di ricerca scientifico si focalizza sullo sviluppo di concetti nuovi, innovativi che dimostra a livello di prototipi, tendenzialmente, quindi questo è l'obiettivo della ricerca scientifica e tecnologica che facciamo in IT. Per esempio, Synapse è una tecnologia che registra, in laboratorio sviluppiamo anche tecnologie che sono in grado di modulare l'attività elettrica e questo facendole con tutta una serie di approcci innovativi che stiamo studiando e stiamo sviluppando. Quindi questo è il contesto dell'attività di ricerca. L'azienda fa, deve fare il prodotto chiaramente, l'azienda fa l'azienda, deve essere in grado di far produrre, produrre in qualità, quello che ha fatto l'azienda per esempio è dotarsi di un sistema di qualità per poter realizzare questi dispositivi in modo adeguato rispetto alla normativa dei prodotti medici. Quindi ha messo in piedi un sistema di qualità, realizza le cose quindi in un modo diverso e deve collocarli all'interno del mercato per creare il mercato di fatto. Professor Verodondini, lei sa che quanto lei ci ha raccontato e spiegato ci riporta inevitabilmente a pensare a l'Hommask e a questo dispositivo e adesso stiamo leggendo anche le interviste del paziente a cui è messo questo impianto cerebrale. Che differenza c'è tra corticale e perché sono entrambi in sperimentazione e quali saranno i passi futuri? Allora corticale non è oggi sperimentazione clinica, c'è ancora davanti a noi un pezzo di strada da fare. La azienda di New Link è un'azienda che chiaramente ha una prima differenza nelle risorse economiche a disposizione ma non è solo questo, è proprio il fatto di essere stati capaci come azienda, tra l'altro qualche anno fa ero stato a un'azienda che devo tra i primi essere invitato a presentare quello che facevamo all'interno dell'azienda. È un'azienda che è in grado di aggregare tutte quelle competenze verso l'obiettivo di portare l'ispositivo sull'uomo. Ci riusciranno o non ci riusciranno? Questo è da vedere perché quello che leggiamo oggi sono dei primi passi ma non vuole ancora dire che sia stato raggiunto l'obiettivo di avere un prodotto clinico di Brain Computer Interfaces. Lato corticale è chiaramente la dimensione diversa, anche la localizzazione geografica è diversa, quindi anche il fatto di essere in Italia rispetto agli Stati Uniti ha delle implicazioni su come il mondo dell'investitore, il mondo dell'ecosistema di ricerca sostiene gli sviluppi di questa azienda. C'è un'altra differenza sostanziale nella direzione che queste aziende hanno. Se noi andiamo sul sito di Neuralink, di fatto, possiamo leggere che questa tecnologia è sviluppata per i pazienti e forse un domani anche per le persone che sono sale. Questo è qualcosa che corticale non fa perché si è auto limitata a livello di statuto per sviluppare questa tecnologia unicamente verso un'applicazione clinica, quindi senza andare nell'orizzonte dell'aumentare le capacità umane di persone sane e quant'altro. Quindi questa è un'altra distinzione importante tra le due realtà. E a livello tecnologico sì, è assolutamente vero. La grossa differenza è che oggi la tecnologia di Neuralink per acquisire questi 1024 elettrodi che riescono ad impiantare nel cervello devono fare 64 inserimenti di dispositivi all'interno della corteggia. Noi con un singolo dispositivo abbiamo già 1024 elettrodi, quindi tendenzialmente riduciamo in modo drastico il danno che si coinziona. Quindi siamo più forti, siamo più bravi. Cerchiamo di fare bene. Poi ripeto, la sfida non è rispetto a Neuralink, è chiaramente difficile collocarsi in quel senso. La sfida è rispetto ai pazienti, perché poi se riusciamo che Neuralink riesca a portare una tecnologia sul mercato a beneficio dei pazienti, penso che sia un obiettivo raggiunto. Quindi questo è importante dire. È una grande soddisfazione, è molto e assolutamente entusiasmante. Dall'altro parte penso, esistano evidentemente un po' in tutti noi anche delle recondite e resistenze al pensiero di un impianto cerebrale dentro una persona. Quanto pertiene, professore, l'ambito etico e regolatorio al vostro lavoro e quanto mi lasci essere diretta, ostacola o Neuralink rallenta i vostri progetti? Una premessa, dispositivi impiantati nel cervello sono già correntemente usati in ambito clinico, ad esempio per trattare il Parkinson con gli stimolatori di deep brain stimulation. Quindi in realtà già la pratica clinica adotta tecnologia di questo tipo. Però questo fa d'altro e di più. Questo fa d'altro. I due ambiti che ha citato, quindi etica e regolatorio, sono gli ambiti fondamentali che dobbiamo avere come tutela innanzitutto della sicurezza del paziente anche in un contesto di test clinico. Quindi questo è il regolatorio. Quindi prima di poter portare un dispositivo dalla ricerca al prodotto clinico ci sono chiaramente tutti dei passaggi che vanno a verificare che il dispositivo sia sicuro, che faccia quello che deve e che non ci siano rischi. Questo è un aspetto fondamentale che dobbiamo avere. L'aspetto etico è un altro elemento fondamentale perché dobbiamo essere in grado di dotarci di quelle regolamentazioni che evitano un uso scorretto di queste tecnologie. Ora, come mi è capitato durante altre interviste, le tecnologie che abbiamo oggi a disposizione non permettono di leggere il pensiero, il pensiero è qualcosa di molto intimo, ci permettono però di decodificare delle intenzioni di movimento, della volontà di esprimere una comunicazione, un linguaggio e quindi decodificare in persone che non possono comunicare quello che vogliono dire. Quindi in realtà oggi siamo a questo livello. I lavori recenti nella decodifica del linguaggio si parla di circa 60 parole al minuto che possono essere decodificate con tecniche di brain computer interfaces. Quindi i due ambiti regolatorio e etico sono entrambi importanti. E' però importante altrettanto dotarsi di strutture e di organizzazione del flusso di lavoro in modo che i risultati della ricerca possano arrivare al mondo della sperimentazione clinica. E qui è dove iniziano le difficoltà, perché questa è la cosiddetta death pally o valle della morte in italiano per i proletti della ricerca, perché molto spesso questi risultati non riescono ad andare oltre. Perché arrivare a fare un first human, quindi una prima prova sull'uomo, è un percorso estremamente caotico ancora. Abbiamo una regolamentazione europea in merito ai dispositivi medici, ma l'implementazione di questa regolamentazione a livello dei diversi stati membri della comunità europea è molto diversa. Quindi qualcosa su cui sarebbe bello convergere è verso una migliore organizzazione del flusso di lavoro per portare i risultati della ricerca a dei primi test sull'uomo. Non è un impianto cerebrale per scopo, ma ancora dalla cronaca. Per ricordare, non so se ne avete memoria, di un informatico bresciano che si era fatto impiantare dei microchips, siamo sottocute, per fare delle azioni quotidiane, pagare in banca, aprire la porta, eccetera. Capisco prof che sono due storie molto diverse, ma mi chiedo, mi chiedo, in un domani, poi parlare di tempi, la ricerca è sempre difficile, prossimo, lontano, lontanissimo. Si potrebbe immaginare un'evoluzione simile o stiamo parlando di fantascienza? No, secondo me dobbiamo pensarci oggi, è importante che soprattutto in un discorso di comunicazione dei ricercatori rispetto alla società, ma anche rispetto agli stakeholder regolatori anche politico, comunque legislativo, ci deve essere già oggi un dialogo, perché è importante prevenire, cercare di capire fino dove una tecnologia può arrivare o non può arrivare. Il passaggio delle tecnologie invasive come signups nel caso specifico o di quelle di Neuralink, dal mondo clinico al mondo consumer, quindi sulle persone sane, non è un passaggio facile a mio modo di vedere, perché è un passaggio, questi distributivi richiedono un intervento chirurgico, hanno comunque dei rischi associati, quindi non è ovvio per me portare queste tecnologie su una persona sana che sta bene, però non possiamo escludere che ci possono essere persone che abbiano voglia o interesse date ad una serie di condizioni di sicurezza di fare questo passaggio. Io ho avuto modo di chiedere anche quando viaggio a delle persone se erano disposte a farsi impiantare dispositivi di questo tipo, c'è anche chi mi ha detto se l'esecarezza è garantita o per lo meno c'è un minimo di sicurezza, perché no? Ecco, questo può creare un effetto di massa tendenzialmente, perché basta che ci ne siano alcuni e poi può esserci un seguito ed è importante capire fino dove vogliamo o permettere di arrivare ad applicare queste tecnologie. Quindi è un discorso che ho avuto già il piacere di affrontare per esempio a un tavolo che corre la neuroscienza e privacy, un altro tema importante che è stato voluto dal garante della privacy e che mi ha permesso anche di capire meglio dove sono i rischi oggi, rischi che non sono a mio avviso solo legati ai dispositivi impiantabili dei neural link, ma già oggi possiamo comprare dei caschetti IG su internet e addirittura dei caschetti per i bambini per applicazioni di gaming per esempio. Ecco, in un contesto, in un mondo dove da un lato abbiamo una sensorizzazione dell'uomo sempre più estesa, dall'altro abbiamo una capacità di gestire l'informazione in modo sempre più accurato grazie all'intelligenza artificiale, abbiamo un contesto che dobbiamo tenere sotto osservazione al mio avviso. Quindi in realtà porto l'attenzione su quello che abbiamo oggi perché l'impianto è vero che potrà arrivare, però ci sono già dei punti interessanti da considerare oggi rispetto alle tecnologie che ci sono sul mercato. E questo mondo si sta attenzionando nel modo corretto? Ci si sta preparando ad affrontare questa rivoluzione con tutto quello che è necessario perché rimanga una rivoluzione a favore delle... Ci sono già tutta una serie di regolamentazioni che vanno dalla tutela dei diritti fondamentali dell'individuo, all'AI accesso, ad altre realtà che stanno elaborando in queste direzioni. Ma è chiaro che dobbiamo continuamente, perlomeno questo è quello che ritengo un dovere in quanto ricercatore anche con finanziamenti pubblici, informare quello che può dare vita un campo di ricerca e un applicazione, un utilizzo della tecnologia. Invito a guardare quello che si fa oggi per esempio per migliorare la capacità di attenzione usando delle tecnologie di IG o quantato che probabilmente non hanno nulla di negativo. Però ecco, ci sono tutta una serie di prodotti che stanno uscendo dal mondo clinico che è fortemente normato, e quindi questo è importante distinguere, rispetto a un mondo consumer che è tutelato ma che sta crescendo molto in fretta. Soprattutto oggi consideriamo che abbiamo realtà di aziende come ad esempio Neuralink stessa o Google o altre che hanno capacità economiche che vanno oltre quelle di un singolo stato, di un singolo paese. Questo è qualcosa su cui dobbiamo fare ragionare e pensare. Anche perché questo crea un po' di inquietudine per chi non ha le conoscenze per leggere le cose che si stanno facendo, rimane qualche cosa, ma speriamo che o speriamo che non? No, c'è tanto che si sta facendo per tutelare questi scenari, ma è importante rendersi conto e non lasciare il problema a domani. Cioè bisogna lavorare oggi sul presente. Esattamente. Lei ha citato anche altre aziende che stanno lavorando in questa direzione, a parte Musk. Ci sono delle aziende o qualche concorrente che sta seguendo, sta sviluppando un progetto particolarmente interessante in questo ambito? Ci sono tante aziende che sono nate, soprattutto negli Stati Uniti, ma non tante, sono aziende che diventano sempre più grosse. Posso citarle alcune, c'è Synchron che lavora su un dispositivo non invasivo che tendenzialmente è un po' come un piccolo dispositivo che entra nel sistema vascolare e che localizza il sensore nelle zone profonde del cervello che oggi non sono raggiungibili con altri tipi di tecnologie. Questo in modo non invasivo. Cioè Precision che è un'altra tecnologia basata su dei microfili e la microelettronica combinata. C'è l'Europa, la Spagnola Inbrain che è un'azienda che sta crescendo tantissimo, sviluppando una tecnologia basata sul grafene per accedere a segnali a bassa frequenza. Ci sono poi dei progetti di ricerca che stanno dando risultati incredibili. Uno che cito che è stato presentato un anno scorso è quanto è stato ottenuto a Losanna dal gruppo di Grégoire Courta in collaborazione con l'ospedale di Losanna e l'università di Grenoble e che ha permesso utilizzando la neuroelettronica, quindi inserendo un dispositivo di lettura dell'intenzione di movimento a livello cerebrale, uno stimolatore elettrico a livello lombare nella colonna vertebrale, di ridare la capacità creando un ponte, quindi attraverso una zona di lesione, a una persona tetraplegica che non era più capace di camminare. Quindi questo era un studio clinico. Le immagini che troviamo sul sito del Politecnico o anche sul web mostrano questa persona che è in grado di stare in piedi e camminare. Ecco, queste secondo me sono risultati notevoli che vanno citati. Oggi l'attenzione è molto su quanto Neuralink sta facendo, però questi risultati sono delle realtà concrete che possono avere un impatto incredibile sulla qualità di vita di milioni di persone. Prima di lasciare le domande ai ragazzi che sono qua con noi vorrei chiudere chiedendole se lei ha un sogno nell'ambito lavorativo scientifico. Sono tanti sogni, sono tanti sogni. Un sogno è sicuramente quello di vedere, in quanto ad origine sono ingegnere, quindi è chiaramente la prospettiva di vedere utilizzata e applicata la tecnologia che sviluppiamo è sicuramente il sogno più importante e che sia utile. Un secondo sogno che è correlato questo se posso è quello di vedere i miei collaboratori crescere perché poi sono loro al primo posto nell'attività di tutti i giorni, quindi fa sì che i giovani possono crescere in questo mondo e portare avanti le loro idee. Questa è una soddisfazione personale. A proposito di giovani, lei ha parlato del suo team sempre come ragazzi e giovani. La media delle...quanti anni hanno? Non voglio dare i numeri sbagliati, ma più o meno sono sicuro. Penso che il più anziano avrà 36 anni e gli altri sono più giovani, quindi questo è un po' la media. Ci sono dottorandi che hanno 24-25 anni e altri che hanno più esperienza. Questa mi piace tanto. Avete delle domande? Delle curiosità? Tutto silenzio. No, perché non è facile. Io per prepararmi questa scalettina ho sofferto che è un attimo, perché parli con Luca Berdonini, parli di cose che per noi sono da film e invece sappiamo che sono qui, è un attimo, ma magari anche una curiosità su un percorso di studio che potrebbe far nascere un nuovo Luca Berdonini, perché no? Anche meglio. Anche meglio? Si va sempre avanti. Ci sono? Grazie. Un applauso perché chi rompe il ghiaccio secondo me... Io non sono mai riuscita. Complimenti. Grazie. Lei ritiene che l'accesso ai dati che hanno negli Stati Uniti debba essere implementato anche in Europa per lo sviluppo delle varie tecnologie o ritiene che il limite che viene posto qui sia quello che dovrebbe essere posto anche negli Stati Uniti? Allora, la regolamentazione sull'accesso ai dati è comunque in qualche modo, per lo meno parliamo nel contesto clinico, è comunque simile, nel senso che nel campo clinico c'è una problematica di privacy del dato, dell'individuo di protezione e comunque anche l'FDA adotta tutta una serie di attenzioni sulla gestione del dato. Diverso probabilmente è nel mondo industriale, se pensiamo per esempio al caschetto IG che può essere usato per acquisire dati, come è successo d'altronde, in un'azienda da tutti i dipendenti per capire come questa attività correla con l'attenzione o quant'altro. Su quello ci sono delle differenze, perché qui entriamo nel mondo della privacy che sappiamo essere ben rivolumentate nella Europa, però posso dire che anche negli Stati Uniti si sta parlando sempre di più per dotarsi di regolamentazioni a tutela di tutti. Quindi io credo che accedere al dato da un lato è importante perché è la base dell'attività scientifica, quindi se vogliamo studiare come sviluppare nuove tecnologie in qualche modo vogliamo evitare di dover riacquisire dei dati, vogliamo cercare di condividere il dato, questo è un approccio di open science che si cerca di sviluppare sempre di più. Però è anche vero che rendere accessibili questi dati, magari accessibili anche da entità private per fare sviluppi di cui la comunità scientifica non è al corrente, questo è un problema. Quindi in realtà l'accesso al dato rimane, a prescindere da quello che sono gli Stati Uniti e Europa, un punto critico. Ci sono altre domande ora che il ghiaccio è rotto? Magari dalle prime file? Grazie. È sempre questo settore qua ragazzi, date vita, molto attivo, perché vede gli influssi del professor Bernardini, sono arrivati subito lì, li ha guardati, doveva guardare anche un po' di qua. No, sta scherzando. Salve, volevo chiedere, lei ha ragionato all'inizio sul concetto della litografia, del stampare, probabilmente stavamo parlando di cip quindi volevo andare un attimino su quel termine lì. Per quanto riguarda la vostra capacità di stampare quei cip, detto baralmente, brutalmente, dovete continuamente far affidamento su aziende estere, dovete sempre andare a lavorare con taiwanesi per dire tra gli altri, cinesi, giapponesi, o avete una struttura all'interno, non direi delle IIT in generale ma proprio nell'ecosistema italiano che vi permette magari di superare, dover sempre esternalizzare queste attività come vi muovete in generale, non solo per la litografia ma proprio in generale per tutti gli step di tecnologia abilitanti alla vostra ricerca. Grazie. Grazie mille per la domanda perché mi porta su un tema che è quello della realizzazione dei dispositivi che poi è quello che mi piace molto spiegare. Allora quello che noi facciamo in istituto nel mio laboratorio, una delle cose di cui vado fiero è proprio il fatto che facciamo quasi tutto dall'idea alla realizzazione dello strumento in casa e questa è una cosa fantastica perché è accorciata a tanti tempi. Quello che non possiamo fare a livello interno è la realizzazione della microelettronica. Questo facciamo i design, facciamo le simulazioni, realizziamo questi circuiti però devono essere realizzati in strutture specializzate perché la risoluzione necessaria è qualcosa che non è pensabile implementare in un laboratorio. Su questo tema ci sono diverse realtà, cioè quella taiwanese di TSMC, ci sono le realtà italiane di STMicroelectronics, ci sono realtà IMEK, Intel e quant'altro. Ci sono diverse le aziende in Germania e si stanno creando altre aziende, queste fundry, per realizzare questi dispositivi. Quindi questo passaggio è vincolato all'utilizzo di strutture estere ma tutto il resto, quindi quando noi abbiamo un chip microelettronico questo è un quadratino che è impensabile impiantare dentro il cervello, giusto? Troppo grande. Quindi tutta la microstrutturazione di questo è fatta in casa, questo usando tecniche di camera pulita, di cleanroom, di attacco, di deposito e di contatto. A livello industriale invece l'azienda ha scalato questo processo a livello di wafer, quindi mentre il laboratorio lavora su pezzettini piccoli anche per contenere i costi, perché chiaramente i costi diventano subito molto importanti se si realizza un wafer microelettronico, loro lavorano invece a livello di wafer e solo fanno attraverso sempre gli stessi fornitori di microelettronica ma con altre strutture in questo caso europee che fanno la strutturazione wafer level di questi dispositivi. Quindi questo lato ha dispositivi, poi l'elettronica e l'informatica è tutta fatta in casa, il signal processing. Quindi una cosa di cui vado molto fiore è proprio quello di avere un gruppo che è in grado di passare dall'idea alla realizzazione dell'esplosivo e poi in l'eventuale abbiamo anche la fortuna di avere tante strutture diverse dedicate alla robotica, alla biologia, il mio laboratorio fa anche esperimentazione, quindi è interessante combinare tutte queste competenze. Bello, mi piace quell'espressione fatto in casa. Bello, ci vuole di tanto. Da un ricercatore come lei fatto in casa, questa parte qua, tiratemi fuori un'idea, una domanda, vincono loro. Ai ragazzi che sono qui, lei che lavora con i ragazzi, che è stato ragazzo, che lavora nel presente e che guarda al futuro, quali un'indicazione, un suggerimento che si sente di dare? Io penso che, per esperienza personale, ho avuto la fortuna di avere delle idee e di poter continuare a spingere le mie idee. Quindi ho trovato il modo di, in base alle intuizioni, di portarle avanti fino a realizzare delle aziende corticali, una seconda startup che realizzo, quindi in realtà ne avevo fatta una prima. Ecco, il restare fortemente ancorati alle proprie idee, alle proprie intuizioni e cercare di portarle avanti. Se non vanno bene, perché sono sbagliati, chiaramente si fa un passo indietro. Però questa è stata una fortuna per me, un'opportunità che mi è stata data anche dall'Istituto dell'Integrologia nel poter mettere in piedi il mio laboratorio. Io ho raggiunto l'IT quando avevo 34 anni, e adesso ho passato un po' di tempo da allora, e di non esitare a conoscere ambienti molto diversi. Io ho studiato Ingegneria, poi ho lavorato in un'azienda di robotica, poi ho deciso di intraprendere un dottorato, avevo fatto un master negli Stati Uniti a Caltech, sono rientrato. Ecco, quindi conoscete in realtà diverse modi di lavorare molto diversi, perché ogni paese ha culture nell'affrontare la ricerca, ma anche le attività lavorative in azienda credo che sia un valore aggiunto, esposto, a approcci diversi al lavoro. Grazie. Ah, c'è un'altra, bravo! Grazie. Diciamo che la mia domanda era un po' seguendo la bozza, quella sul suo percorso di formazione che in parte mi ha già risposto, però volevo capire anche un po' se questa sua specializzazione comunque in questo campo sia un qualcosa che è maturato con la sua formazione o se era comunque un qualcosa che si sentiva già dentro e la portata ad arrivare a quello che è un po' adesso la sua carriera. Volevo capire un po' se era stata appunto un'evoluzione o un qualcosa che già si sentiva. No, ti ringrazio molto per la domanda. Io quando avevo più o meno la vostra età avevo due soni, uno era la robotica che mi affascinava tantissimo, cioè avevo due passioni diciamo, e l'altro era la biologia. La biologia perché mi affascinava questo mondo molto diverso dalla tecnologia che abbiamo oggi e ancora oggi mi affascina molto. Oggi sono estremamente felici di aver unito questi due mondi, il mondo della tecnologia e il mondo della biologia. Ecco, quindi credo che quando dicevo coltivare proprio quelle intuzioni, quelle passioni che si hanno, che possono essere molto diverse, ecco questo permette di crescere un profilo molto personale. Quello che spesso è importante è portare avanti per distinguersi e per creare innovazione alla fine, perché unire campi molto diversi è la grande sfida ed è dove secondo me ci sono tante opportunità per fare innovazione e poi per finire creare mercati e posti di lavoro, poi perché questo è l'obiettivo. Grazie. Grazie. Se non avete altre domande, se ci sono le raccogliamo? Allora ringrazio il professor Bergondini. Grazie. È stato davvero bello, molto simolante. Grazie mille. Grazie a voi. Grazie a te. Buona giornata. Arrivederci. Grazie.
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