Africa e piano Mattei
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Africa e piano Mattei
Introducono: Giulio Sapelli, presidente Fondazione Germozzi, in dialogo con Alberto Magnani, Il Sole 24 Ore, sul tema “Come cresce la nuova borghesia africana”. Segue tavola rotonda con Domenico Fanizza, executive director African Development Bank, Ioanna-Victoria Kyritsi head of the strategy and business development division, partnerships for impact department, EIB global directorate, Luigi Paganetto,Roma Tor Vergata Economia, Manfo Zangmo, Y.S.E.M. university. esperti che analizzano le opportunità e le sfide economiche del continente, mettendo in luce il ruolo di istituzioni come la Banca Africana di Sviluppo e la Banca Europea per gli Investimenti. Si dibatte sulla necessità di una crescita sostenibile, sul superamento degli stereotipi sull'Africa, e sull'importanza di partnership paritarie che favoriscano lo sviluppo economico e sociale del continente. Viene inoltre discussa la fattibilità di una moneta unica africana e l'importanza degli investimenti nelle infrastrutture e nella formazione.
Buongiorno, buongiorno a tutti. Grazie per essere qui, grazie alla regione Trentino-Altuale, a Provincia di Trento, grazie al Sole 24h, grazie naturalmente ai nostri ospiti che ci accompagneranno in quella che mi piacerebbe impostare come una conversazione, un dialogo sulle Afrique al plurale tassativamente, non per vezzo linguistico ma perché comunque è un'espressione che riconosce e attribuisce l'eterogeneità sterminata del continente, delle sue economie e delle sue prospettive anche e soprattutto a livello politico. Io tenderei a non prendermi troppo tempo per lasciare subito spazio ai nostri relatori, mi limito soltanto a qualche considerazione di massima anche per dare un po' di sfondo a questa conversazione. Gli elementi di sfondo sono che le Afrique sono tornate o meglio sono imposte con una certa prepotenza nel dibattito contemporaneo. Dopo un lungo periodo che a tutt'oggi permane di ignoranza o indifferenza, entrambe le cose poi naturalmente sono ampiamente diffuse sulla regione, le Afrique sono tornate comunque cruciali per le regioni più svariate, in particolare mi viene in mente la nuova corsa alle materie prime, in particolare le situazioni energetiche dopo la cesura con la Russia, ma anche tutta l'urgenza di collocarsi su quello che sarà il mercato del presente più che del futuro visto che i potenziali comunque in particolare per quanto riguarda le materie prime relative alla transizione ecologica e alle tecnologie sono davvero sterminati. Due elementi tra i tanti, il nostro governo in carica ha lanciato piano mattei che è poi uno degli argomenti al cuore di questa conversazione di oggi per l'appunto Africa e piano mattei con una dotazione di 5,5 miliardi, nessuno dei quali freschi perché comunque sono fondi che arrivano d'alte risorse che ha l'ambizione di diventare un ponte tra il continente europeo e il continente africano per il rilancio dei rapporti commerciali, finanziari e anche politici tra le parti. Piano mattei che si colloca sullo sfondo più ampio del cosiddetto global gateway dell'Unione Europea, un progetto da 300 miliardi complessivi con 150 miliardi di euro destinati esclusivamente a progetti e investimenti sulle Afriche. L'ambizione del global gateway tra le righe ma neanche troppo tra le righe è contrastare alla Bell Road Initiative cinese, quindi costruire un progetto, una partnership come si dice a Brussel e non solo a Brussel che possa in qualche misura contrastare e bilanciare l'avanzata già maturata da tempo del governo cinese con varie parte e interlocutori internazionali. Adesso in questa prima fase della conversazione abbiamo il piacere di avere con noi il professore Giulio Sapelli, presidente di Fondazione di Giarmozzi. Benvenuto professore. Buongiorno. Allora professore, lei segue da diverso tempo le economie africane, ha avuto diverse esperienze nelle economie africane sotto vari vesti, dalle auspensi di lavoro come studioso, come accademico e ogni tanto anche parlando, come dire interloquendo su questi argomenti, emergono dei luoghi comuni duri a morire sulle Afrique. Uno dei primi è che l'Africa sia povera, sia povera in assoluto quando è un continente di una ricchezza sconfinata, una ricchezza solo per citare due fattori tra i tanti, una ricchezza naturale nell'esempio delle sue materie prime e una ricchezza umana, non una ricchezza di capitale tale umano, espressione che tenderemmo a evitare, ma ricchezza proprio umana, ad esempio l'impeto demografico di un continente che raddoppierà la sua popolazione da oggi al 2050, da circa 1,4 miliardi di oggi a circa 2,5 miliardi nel 2050 con la prospettiva di veleggiare ben oltre queste cifre. Quindi partiamo proprio da questo paradosso. L'Africa è un continente ricchissimo e però incastrato in questo stereotrope. Sì, è un paradosso che nasce poi dopo anche da un altro punto di vista dall'incontro, l'incontro tra le Afrique. Non bisogna mai dimenticare che quella che si chiama una delle due Afrique poi non è, ma è un approgugamento del grande Medio Oriente in Africa, l'Eurtland, che parte appunto dalle Gittà e arriva fino al Marocco, quello non si può chiamare Africa, l'Africa comincia sotto il Sahel e poi dopo finisce, voglio dire, sui confini dove si è combattuta la guerra anglo-boera, perché lì è un altro tipo di Africa, è il Sud Africa, questi tre grandi blocchi formano le Afrique. Perché questa cosa si sa? Si sa da quando il mondo arabo inventò lo schiavismo, quindi anche un luogo comune che lo schiavismo è stato un frutto del colonialismo, il colonialismo è stato un frutto dell'Islam, dell'Islam che non commerciava solo in persone umane, ma soprattutto accanto al grande traffico degli schiavi c'era le grandi risorse africane, per esempio l'Avorio, noi dimentichiamo sempre che le grandi fortune africane sono tra le derivate della distruzione di uno degli specie animali importanti per l'equilibrio ecologico della natura, che erano gli Erefanti e che venivano usate dei grandi imperi africani, dei grandi imperi africani, venì in Ghana, l'ultimo dei grandi imperi africani non a caso che di marzo è diventato poi riconosciuto dal mondo quando ha sconfitto addirittura l'Italia, l'Impero Etiope, è diventato poi dopo il punto archietipale della presenza anglosferica in Africa, diciamo in Etiopia, che poi dopo è stato l'elemento di fondo per cui gli inglesi sono partiti per conquistare una parte della cosiddetta Africa del grande meteo-oriento, alla Libia, la legge dei libri di Edward Pitcher e de Pidrivers per capire bene, e poi c'è la grande ricchezza del Congo, io mi stupisco nell'ignoranza poi soprattutto anche sul piano maté, il piano maté va benissimo ma non c'è un africanista lì dentro, non c'è nessuno, quell'ulta follia diciamo che spiega anche la fine del mondo, forse del mio mondo ma anche del vostro, che si possa affrontare un continente così alto senza avere persone che conoscono l'Africa o che l'abbiano intudiata, è il modello Bocconi, il tuo vestuto è ridotto all'economicismo o all'ingegneria, non si può fare un piano maté senza conoscere l'Africa, senza parlare almeno uno delle 6 o 7 lingue di cui parlano gli africani. A proposito di economicismo, allora noi siamo sommersi di dati, di stimme, di previsioni sulla crescita ad esempio del PIL, della regione subsariana, delle prospettive di espansione, adesso anche la Banca Africana di Sviluppo ha appena rivisto anche le stime per il 2023-2024, però non può esserci una crescita che sia benefica per gli africani, per le economie africane, a meno che non sia una crescita sostenibile di questa economia. Sì, innanzitutto bisogna capire cosa vuol dire sostenibile, adesso la parola sostenibile viene usata. Il problema è vero che c'è un audio libricino di Matthew Givens che si chiama Economic Recurring che dice che lo sviluppo africano è diverso da quello di tutto il mondo che avviene a scatti, avviene a gradienti e avviene in modo differenziato, infatti se lei segue diciamo la pubblicità o anche le riviste economiche che vanno a pieno non legge ormai perché sono dominate dalla ipostatizzazione neoclassica, soprattutto dopo la grande contradivoruzione liberista degli anni 90 che ha distrutto qualsiasi forma di rapporto stato mercato in Africa e ha condotto così alla privatizzazione di molti beni comuni, nessuno sa che per esempio in Congo per fare le scuole elementari bisogna pagare le scuole elementari, queste sono piccole cose di cui la gente non parla mai e che non sa mai nessuno, quindi tutte queste cose sull'economia sostenibile, i beni comuni sono scuvidagini detti o da ignoranti o da neoclassici veramente rimbambiti. Però il problema vero dell'Africa è che c'è una crescita discontinua, differenziata e poi soprattutto determinata da che cosa? Dalle enormi differenze tra la città e la campagna. L'Africa e qui è un processo simile a quello latino-americano. Anche per cui dell'urbanizzazione enorme, quasi selvaggia che sta avvenendo in diverse città africane. Sì, una globalizzazione, un'urbanizzazione, è la stessa cosa che abbiamo visto in America Latina. Fallito il processo di dare la terra ai contadini o di creare medie proprietà agricole o proprietà capitalistiche in agricoltura, abbiamo creato questi enfisemi polmonari che sono le grandi città latino-americanee e africane. Io la prima volta che sono andato all'Agos per l'ENI nel 1975, l'Agos aveva 200 mila abitanti. Io lavoravo all'ospedale dell'ENI, mi occupavo di cose non mediche naturalmente, facevo una piccola ricerca antropologica. Sono tornato vent'anni fa, questa città aveva venti milioni di abitanti e mentre nel 75 a piedi io e l'ingegner Quarantelli andavamo nei villaggi africani, c'era avevamo scritto a ENI, quindi eravamo sotto la benedizione di un angelo benefico che si chiamava Mattei, che ci guardava dal cielo. Adesso non puoi andare perché devi andare con l'ascorta armata e non ti devi fermare ai semafori, viaggi senza fermarti ai semafori continuamente e non ti fanno pagare la multa naturalmente. Quindi questo che cos'è? E' il fatto che c'è questa dicotomia, nella città si è creata una grande borghesia non più compradora, falsificando la tesi di Frans Fano che ha dominato in questi estremismi che la borghesia africana poteva solo essere compradora, cioè o finanziaria o fondata sulla corruzione, invece è cominciata a nascere una comuna sulla spinta dell'urbanizzazione, un po' simile a quello che è successo in Europa, la True Sense, che invece ha creato delle grandi company. A proposito di Europa e a proposito di peculiarità dell'economia africana, l'Unione Africana ha lanciato il progetto che è già in vigore del 2021 di una grande area di libero scambio, l'African Continental Free Trade Area, che potenzialmente, anzi lo è già nei fatti, la più grande area di libero scambio al mondo. Uno degli obiettivi cardine di quest'area è stimolare il commercio intra-africano, perché i paesi africani notoriamente esportano in maniera poderosa e questa è anche una causa delle loro debolezze, la famosa maledizione delle risorse, ma c'è un commercio interno che è abbastanza atrofico, quindi la domanda è, lei pensa che l'integrazione dell'economia africana possa diventare anche una leva appunto per questa crescita che abbiamo voluto definire in maniera così un po' approssimativa sostenibile? Sì, penso di sì, perché anche soprattutto è aumentato il commercio tra le grandi compagnie infrastrati africane, molte compagnie africane investono in Cina ad esempio, investono anche in Europa, abbiamo avuto ad esempio il tentativo di OPA di una grande cementiera del Ghana, il gruppo presente ad esempio, che è stato fatto falire per esigente diciamo politiche e di relazioni diplomatiche, però bisogna stare attenti, 54 paesi dell'Unione Africana hanno diritto l'area di libero scambio, però bisogna imparare dalla vicenda del Franco africano, voi sapete bene che fino a poco tempo fa le aree francofone avevano una moneta legata al Franco africano che consentiva la Francia di avere meno debito pubblico, perché scaricavano su il tesoro degli stati africani gran parte del loro debito, però pensare di unire la creazione di un'area di rualtà a una moneta unica, non avendo letto Triffin e tutti quelli che ci insegnano che creare una moneta unica è molto pericolosa, che ci sono differenze di produttività tra i vari paesi molto diversi, bisogna che lo facciano gradualmente e dal basso, non dall'alto come abbiamo fatto noi in Europa con conseguenze devastanti come stiamo vedendo adesso sulla nortabassa crescita economica. Un'ultima domanda, perché c'è il timer che ci insegue, ci disciplina, quindi questo vagheggio che ancora al momento è abbastanza teoretico, lo definirei, di una valuta unica africana, lei come lo vede? Lo vede come un progetto sensato o in adatto? Lo vedo un'idea tecnocratica fatta da dei tecnocrati ignoranti che non conoscono l'Africa. Se ci fosse Davidson, se ci fossero i grandi studiosi che hanno studiato l'Africa tutta la vita, ci metterebbero a ridere o prenderebbero una pistola al cacciacani per non fare, bisogna fare un'unità di libero scambio, favorire la crescita di una borghesia africana non compradora, ma una borghesia capitalistica. In Francia abbiamo bisogno del profitto capitalistico, e il profitto capitalistico finché viene dal basso non può venire dall'alto, e regolamentato. Abbiamo già avuto il fallimento dell'Unione Sovietica, vogliamo riprodurre in Africa un'altra Unione Sovietica sotto un altro nome, i tecnocrati che dall'altro fissano una moneta? No, le monete si possono creare come stanno creando gli stati africani, le loro elite, che non sono tutte negative, non sono tutti dei golpisti, poi c'è golpisti e golpisti, quindi bisogna avere un atteggiamento, bisogna fare in modo che questo processo avvenga lentamente, poi questa è una cosa che sfugge al nostro dibattito, ma abbiamo bisogno in Africa di creare una società politica, e di creare uno Stato, senza Stato non c'è profitto capitalistico, Stato legale razionale, beberiano naturalmente, non proprietà di Stato, Stato legale razionale, quindi bisognerebbe ricurre di questo, non di questa fantasia della moneta unica quando non abbiamo ancora neanche gli Stati. La sattualità, sì, certo, poi tra l'altro qua volendo si aprirebbero capitoli esterminati anche su come interpretare ad esempio quello che l'Unione Africana chiama la spirale golpistica, il contaggio autocratico, cioè come interpretare questa ondata di colpi di Stato che stanno sovvertendo i poteri precedenti, da un lato è chiaro che si esce comunque dal perimetro democratico, dall'altro è anche interessante capire quali sono le pulsioni alla base di queste. Le pulsioni alla base sono quelle pulsioni che Gerard Prunier ha descritto bellissimo nel suo libro sulla prima guerra mondiale africana che è la guerra dei grandi laghi che è seguita al genocidio dei trutzi da parte degli utu, quella cosa lì non è che una parte che è un segmento nel conflitto tra la francofonia, tra la Francia e l'anglosferica in Africa, con cui gli americani non hanno saputo niente. Io ho parlato col colonnello di caschi blu canadese che l'Onone ha mandato a affrontare la cosa disarmato davanti a della gente con dei maceti alti due metri, capito? Allora se non ripensiamo tutto il nostro modo di guardare all'Africa e non la guardiamo dai nostri studi di Bruxello, del fondo monetario, ma lo facciamo da... bisogna usare, adesso per farmi capire, il modello del Pime della Pontificia opera missionaria di assistenza. I preti partono dal basso non dall'alto. Invece questi partono dall'alto e vogliono decidere, no. Grazie, grazie professore per questi stimoli e anche per questi spunti di un dibattito sostanziale che dovremmo fare, che cercheremo di fare. Allora rimanga con noi, grazie ancora professore Sapelli, chiamo sul palco nell'ordine esatto del programma così da mantenere un'agenda il più possibile lineare. Grazie ancora. Grazie. Domenico Fanizza, African Development Bank, Banca Africana di Sviluppo, prego. Direttore esecutivo. Grazie. Buongiorno. Victoria Chirizzi, Head of Strategy and Business Development Division, Partition for Impact Department, Banca Europea degli Investimenti. Buongiorno, grazie. Or welcome on stage, just to say the language. Luigi Paganetto, Università di Roma Tor Vergata. Benvenuto, benvenuto professore. Manfo Zangmo, ISCM University. Prego, benvenuto. Benvenuto professore. Allora, qualche informazione logistica, visto che il mio ruolo oggi è di interlocutore ma anche un po' di raccordo umano tra di voi e tra le varie sessioni di questo panel. Io farei adesso due giri di domande, purtroppo chiedendo di rimanere abbastanza sintetici perché il tempo è quello che vediamo fisicamente, partendo dal professor Dottor Fanizza e poi ripartirei dal professor Manfo Zangmo così da garantire a tutti la giusta visibilità e poi mi piacerebbe anche interpellare nuovamente il professor Sapelli. Allora, Dottor Fanizza, la banca efficiana di sviluppo è coinvolta all'interno del progetto del piano Mattei, un piano che il professore Adesina ha definito pragmatico e che nella sua natura deve essere, come diciamo prima, un ponte per stabilire e creare le occasioni di investimento di parte cip economica e di crescita reciproca tra l'Italia e i paesi africani e in senso più ampio visto che sullo sfondo c'è il Global Gateway europeo tra l'Europa e l'Africa al plurale. Quindi qual è il ruolo della banca in questo piano? Prego. Grazie mille. Funziona, il gelato funziona. Allora, era tanto che non usavo uno. Prima di tutto vorrei ringraziare gli organizzatori, in particolare il professor Paganetto e il professor Bonatti per avermi invitato a questo interessantissimo incontro, almeno all'introduzione. Ci sono stati spunti davvero interessanti proposti dal dottor Sapelli. Professore, chiedo scusa. In quanto rappresentante del governo italiano alla Banca Africana dello sviluppo e di altri due importanti paesi europei, sono abbastanza implicato nel piano Mattei, sia dalla parte italiana che sia dalla parte comunitaria della banca. Ho abbastanza esperienza africana, sono 35 anni nelle organizzazioni multilaterali, diciamo la maggior parte dei quali ho lavorato sull'Africa. Vorrei dire immediatamente che cosa è il piano Mattei, piuttosto dire che cosa non è. Il piano Mattei è la decisione di creare una partnership tra l'Italia e il continente africano. Io penso ancora al continente africano perché il panafricanismo era quello, e che non c'è diversità tra le tre Afriche, infatti nell'Africa African di World Bank sono tutti insieme. Questa è una partnership che viene dall'idea di costruire ricchezza insieme. Questo è un'opportunità di crescita, lo slogan è growing together e questo viene dal fatto che abbiamo capito che non c'è futuro economico o dinamismo sociale senza una cresciuta relazione tra le due sponde del Mediterraneo. Non c'è alternativa, con la guerra unigrania questo è diventato più evidente, ma era già evidente 15 anni fa, le stesse cose io le dicevo 15 anni fa. Semmai sono cambiate le cose che fanno dubitare che si riesca a farlo, ma ci arriviamo a quel punto. Per cui è questo, è business, non aiuto, non è perché vogliamo sostenere lo sviluppo, no, vogliamo creare opportunità per crescere insieme, perché è la stessa cosa. Perché la storia dell'aiuto all'Africa è stato un fallimento, fallimento nel senso che ha fatto praticamente tre cose. Da un lato cosa importante, ha aiutato la gente a sopravvivere ed è giustissimo, ma questo lo fa molto meglio l'Accademia Pontificia o le organizzazioni, e non c'è bisogno di farlo tramite interfenti di quel tipo, ha aiutato a eliminare i sensi di colpa dei grandi paesi europei che avevano storie più complicate di colonialismo, anche noi le abbiamo e anche noi abbiamo fatto cose torribili come italiani. L'idea era praticamente colpa, erano complicati perché la gente dei paesi, i segni del colonialismo erano stati terribili e per cui gli inglesi e i francesi dovevano spiegare alla propria popolazione interna che facevano le cose per il continente. Il terzo, assicurare stabilità politica in una situazione in cui la relazione con l'Africa era l'acquisto di materie prime. Mai i paesi europei hanno guardato all'Africa come un mercato. L'altro giorno, se non stato quattro settimane fa, Emmanuel Macron era in West Africa e ha in pratica trattato malissimo i rappresentanti del patronato francese dicendo voi la dovete smettere e pensare all'Africa come un posto in cui si manda e si vendono i beni avariati e i servizi sono offerti come servizi. Per cui non è mai stato un mercato, noi lo vogliamo far diventare perché come italiani abbiamo bisogno di partner per le nostre esportazioni e abbiamo bisogno anche di approvigilamento energetico, ma lo facciamo in maniera diversa. Come lo facciamo in maniera diversa? Per esempio, abbiamo un approccio completamente diverso da quello ideologico degli altri paesi europei che permette l'uso di risorse energetiche sia idrocarburiche che rinnovabili all'interno dell'Africa. Vi faccio un esempio completo, un importante giocimento di recente scoperta Belen in costa de Vorio, Lenny, piano Mattei, ha deciso che tutta la produzione, come si dice, gasiera, rimane in costa de Vorio per soddisfare l'alfante. Questo è la versione moderna della Mattei rule del 75 per cento ai paesi e questo è importante perché guardate gli altri paesi europei presentano la scelta gasiera come una cosa negativa per l'Africa. Invece la realtà che questo è un continente in cui ci sono 600 milioni di persone che non hanno accesso all'elettricità. Se non si risolve quello non si fa niente, scordatevi che non ce l'hanno per niente. Per cui se non si provvede accesso all'energia non c'è sviluppo, non c'è transizione energetica che resti e anzi la mancanza di energia è il problema vero dal punto di vista ambientalistico perché la gente usa il cherosene, usa il carbone per cucinare, per fare cose terribili. Adesso stiamo lavorando la banca africana insieme a Lenny, in realtà stiamo pensando all'intervenire con il massiccio su clean cooking. Adesso ho parlato forse troppo ma cerco di arrivare al punto. La banca africana è stata scelta dal governo italiano come partner prioritario finanziario per la realizzazione del piano perché vogliamo parlare in maniera paritaria con gli africani e la banca africana è una banca in cui comandano gli africani. La banca mondiale no, potrebbe essere la banca mondiale ma no, qua è una banca che ha l'expertise, conosce i paesi, è una banca che lavora anche nelle situazioni più difficili, in Nigertz o alcune cose si riesce a intervenire nei paesi più difficili per cui questo è un elemento importantissimo. Vogliamo fare la partnership tra i quali e riproduciamo gli schemi. Grazie dottor Fenizza, qua ci sarebbero veramente diversi spunti che potranno essere approfonditi. Il primo spunto che mi viene in mente è in che maniera queste anche partnership energetiche che possano superare veramente il modello attuale che è quello di utilizzare di fatto l'economia africana come serbatoio per le energie continentali. Il secondo spunto, ma ripeto avremo modo anche più tardi, è questa dicotomia interna diverse economie africane tra da un lato l'esigenza anche di andare verso determinati obiettivi di sostenibilità e dall'altro la rivendicazione che viene fatta da alcuni leader, mi viene in mente Museveni che tra l'altro è un personaggio anche abbastanza peculiare. I diversi altri dicevo la rivendicazione di utilizzare e arricchirsi con le risorse energetiche che stanno venendo scoperte in larga quantità in alcuni paesi e questo può rientrare anche in tutto il tema della necessità di dialogo e di conciliazione tra esigenze diverse e prospettive differenti. Ioanna Victoria, Bank Europee degli Investimenti, abbiamo accennato a più riprese il ruolo dell'Europa in questa fase. Quindi qual è il ruolo della banca europea di investimento in questa fase per quanto riguarda gli investimenti sull'economia africana e sulle Afrique anche all'interno di questa cornice comunitaria? Prego. Innanzitutto desidero ringraziare molto per l'invito, mi dispiace non poter parlare in italiano, sarebbe stato forse un po' troppo audace da parte mia. Grazie, grazie mille per questo scambio così interessante, grazie Alberto, grazie ai colleghi. Io rappresento dunque la Banca Europea degli Investimenti e in particolare IAB Global, quel ramo della Banca Europea degli Investimenti che si focalizza sulle operazioni fuori dall'Europa. La Banca Europea degli Investimenti ha lavorato fuori dall'Europa da moltissimi anni, da 60 anni, in particolare nell'Africa subsahariana dove c'è stata molta tensione, molti sforzi sono stati compiuti per sostenere queste economie. Chiaramente se noi guardiamo indietro agli ultimi dieci anni, vediamo che la Banca Europea degli Investimenti ha finanziato più di 9 miliardi nell'Africa subsahariana, ha finanziato 39 dei 49 stati dell'Africa subsahariana e parlando dunque dei paesi beneficiari principali ci sono la Nigeria, il Kenya, il Senegal, il Benin, la Zambia, questi sono i paesi dove noi operiamo in strettissima collaborazione e con il sostegno della Commissione Europea. E parlando dei settori, ebbene per i settori molta attenzione è stata dedicata all'aiutare a creare delle infrastrutture sostenibili in questi paesi, progetti di infrastrutture strategiche, senz'altro avete sentito parlare del progetto Medusa dell'Africa che è stata sostenuta anche dal fondo monetario e dalla BEI e ci sono però anche aspetti sociali, quando parliamo di dare potere alle donne, quando si parla di sostenere le piccole medie imprese in questi paesi, dare forza e potere alle donne per i gruppi più svantaggiati, anche l'istruzione, la formazione, la salute, durante il periodo del Covid la Banca Europea degli Investimenti ha aiutato molto il settore sanitario di questi paesi. Ebbene. Abbiamo una visione olistica e chiaramente io sto guardando anche al futuro e apprezzo moltissimo quello che è stato detto dai membri del panel. Penso che sia importante proprio guardare il futuro e guardare al futuro per l'Europa, l'Africa è immancabilmente una priorità geopolitica per l'Europa e la partnership tra l'Europa e l'Africa è più che mai importante. La Banca Europea degli Investimenti è in stretta collaborazione con la Commissione Europea, noi siamo pronti a sostenere dunque il piano Mattei, ci sono molte conoscenze, conoscenze pratiche, c'è una grande presenza locale per assicurarci che noi non si intervenga come se fossimo un'entità neocolonialista, no? Noi invece ascoltiamo i nostri paesi partner, ascoltiamo quali sono i loro bisogni e cerchiamo di adattare anche le nostre condizioni per i prestiti in modo tale da rispondere alle loro esigenze. Ecco che cosa ha fatto la Banca Europea degli Investimenti negli ultimi dieci anni? Siamo veramente entusiasti perché con tutte le iniziative, avrò poi l'occasione di parlarne più avanti, penso che stiamo veramente sostenendo lo sviluppo del capitale umano in questi paesi e anche in altri settori. Grazie, grazie mille. Poi possiamo tornare anche su questo fronte, anche sulle iniziative specifiche della Banca Europea degli Investimenti e della Banca Africana di sviluppo. Allora, il professor Paganetto, Università di Roma a Turvergata, c'è uno spettro che si aggira sull'economia africana che è quello del debito estero, perché il debito interno spesso è abbastanza anche contenuto, ma sappiamo che c'è la questione della mole, dei vittoria verso creditori esterni, sappiamo che c'è la questione del servizio, del debito anche poi in particolare in questa fase specifica, questa congiuntura specifica, visto che dopo due anni di siccità finanziaria i alcuni governi africani si stanno riaffacciando sull'obbligazionario, quindi c'è anche la possibilità di contrarre nuovi prestiti, però questo può anche essere un elemento di insidia per l'economia africana. Sì, è un tema molto importante questo perché nove paesi su 15 sono afflitti da default, cioè da incapacità di pagare il debito e questo significa molto perché ci troviamo di fronte a una scelta che è quella che ricordava Fanizza, il professor Fanizza, e cioè passare dall'assistenza a fare lo sviluppo. Questo significa che non lo si può fare se non c'è, sono investimenti, la stima degli investimenti pensate di 100 miliardi l'anno necessari per creare le infrastrutture che servono in termini di energia, in termini di acqua, di tutto quello che noi siamo abituati a poter disporre. Bene, allora se c'è una situazione debitoria difficile è chiaro che gli investitori si trovano in difficoltà a fare le loro scelte in condizioni di incertezza, non solo, ma poi c'è quello che ricordava Sarelli che è che abbiamo un sistema che non vede una moneta prevalente, sì c'è il franco CFA, c'è l'idea di far diventare questo franco una moneta unica per i paesi dell'Africa occidentale, ma è anche vero che tutto questo sta ancora con un processo molto lungo e difficile come ci ricordava il professor. Allora ecco qua che noi abbiamo intanto questo quadro difficile per questo aspetto, ma abbiamo un altro quadro difficile che è quello di trovare le risorse per fare questi investimenti perché non possiamo affidarci alle istituzioni nazionali per fare gli investimenti, ci vuole, questa è la nostra idea, quella che abbiamo messo in un progetto dell'università et alvergata che presentammo alla Banca Mondiale ottenendone un'approvazione o un consenso e ci vogliono investimenti privati, investimenti privati come possono essere stimolati? Beh la nostra ipotesi è che per esempio sia possibile stimolarli secondo il modello della Banca Europea di Juncker, cioè quando Juncker fece il progetto per stimolare gli investimenti che cosa pensò? Fece un incentivo che nasce dalla presenza della Banca Europea come partner nel rischio, quindi gli investitori vanno, investono ma sanno che il rischio non è tutto a carico loro ma è a carico in parte della banca e in parte da parte loro, è chiaro che la parte prevalente a suoi privati ma ci deve essere anche una partnership di un'istituzione come una banca internazionale, quindi le istituzioni finanziarie internazionali contano e contano parecchio in questa storia, io credo che se vogliamo uscire dall'assistenza a passare allo sviluppo questa è una strada da seguire e allora per far seguire questa strada serve avere chiaro che noi ci troviamo di fronte a un impegno che è un impegno veramente importante, parlato di 100 miliardi l'anno, questa è la dimensione dell'investimento, è evidente che serve una presenza che non è solo quella italiana ma quella europea almeno, infatti come tutti sapete c'è un progetto europeo che si chiama Global Gateway, Global Gateway è un progetto che prevede investimenti nei settori strategici cioè delle connessioni, connessioni digitali, delle reti stradali, dell'energia che sta sui 150 miliardi totali fino a dice l'Unione Europea, questo è molto importante perché significa che questo è un programma che vede un quadro di riferimento in cui l'Italia si può collocare ma con una presenza che è quella complessiva dei paesi europei, c'è un problema, è bisogna dirlo, il problema è che non dobbiamo dimenticare che in Europa il ricordo che prevale ancora oggi è quello della Lega ansiatica non è quello del Mediterraneo viceversa se noi vogliamo favorire una collaborazione, una partnership come si richiede in queste case con l'Africa è l'euro mediterraneo a quel conto, allora si tratta di cambiare ottica che è un'ottica diversa al passato ma la Lega ansiatica marbaltico ebbe una grandissimo successo, pensate solo che la Lega ansiatica finì per essere che era un'associazione di commercianti non era un'associazione politica, si dotò di un esercito proprio e vince addirittura una guerra contro un re di Danimarca che quindi fece per 2-300 anni la grande fortuna dei paesi sul Baltico, questo ricorda talmente forte che ancora oggi molti non lo sanno c'è un'associazione dentro l'Europa, l'associazione dei paesi della Lega ansiatica e quindi c'è un problema politico cioè di spostare l'attenzione dell'Europa dal marbaltico, esagero, ma al Mediterraneo e questo non è assolutamente una cosa che va trascurata perché senza fare questo non si riesce a pensare a questo mare mediterraneo stretto e lungo ma capace quindi di collegare il nord del sud se si fa una politica che sia una politica della logistica, una politica dei trasporti marittimi, una politica delle connessioni, una politica dell'energia che mette in relazione le due sponde ma anche l'oveste con l'est, visto che può essere vista il Mediterraneo come una area di transizione verso l'India, questo è un po' l'idea, tutto questo però significa fare una scelta determinata e decisa verso una politica euro mediterranea, questa è la nostra idea e credo anche che mettendola insieme all'idea di investimenti sollecitati dall'iniziativa privata si possa fare quello che diceva professor Saperli cioè di creare un meccanismo virtuoso di collaborazione che altrimenti non è dato immaginare. Grazie mille professor Paganetto, poi torneremo anche su questo se i tempi ci lo consentono. Professor Manfo Zangmo, lei ci porta la prospettiva di un'altra forma di collaborazione che forse è la collaborazione più vitale in questa fase, che è la collaborazione sulla formazione universitaria e sullo scambio di formazione proprio a livello anche accademico o di distruzione in senso ampio. Grazie per questo scambio, questo dialogo, io credo, abbiamo detto più volte, una parola è venuta più volte qua, che è lo sguardo, lo sguardo, che per me è una parola chiave e che richiede quando parli di formazione, dobbiamo andare oltre le formazioni dentro le scuole, dobbiamo tornare noi tutti a scuola per vedere cosa è l'Africa, perché già da inizio di oggi tu stai dicendo l'Africa è una cosa molto giusta nel senso non è una realtà, visto da qua forse è un'idea di il fatto che è lontano, si pensa che l'Africa è una cosa piccola e distante, è molto diversa. E questo mi ricordo di farvi pensare al libro che ha scritto Sadr nel 47, già spiegando come si sta cambiando lo sguardo, nel senso che è sempre l'Occidente e l'Europa che aveva il diritto di guardare e quando uno ti guarda vuol dire che lui ci sta fabbricando infatti perché tu dipende di cosa lui vede. Oggi si deve pensare, il guardato mi sta guardando anche lui, cosa pensa, cosa pensa di cosa noi stiamo facendo e il piano Matteo diventa a leera qual'opportunità credo perché è una cosa che si sta costruendo per vedere come sta guardando l'altro quello che si sta facendo e della formazione è proprio il punto in cui a scuola noi siamo tutti colleghi, cioè di classe, ci permette di vedere cosa uno sta facendo e per me che ho avuto io direi l'opportunità di studiare anche in Italia prima di tornare in Africa, io credo è stato qualcosa di bello perché permette di costruire il ponte, il ponte che come questo progetto si vuole esserlo e quel ponte è una cosa che oggi se noi vediamo l'età generale in Africa che sono tutti giovani, io credo che la grande fame che c'è in Africa oggi è la fame dell'educazione, si deve pensare come educare, come istruire, come trasmettere la conoscenza perché adesso che stiamo parlando di tutti questi bellissimi progetti, parliamo delle risorse, le risorse primarie, tutte queste cose, ma la cosa più importante servono le persone per gestirli quindi io credo che con l'età, con l'esperienza delle università a livello dell'Italia che loro hanno e loro possono dare una mano dall'altra parte, cioè costruire il partnership, non è dare una mano come mi stava spiegando già, non si tratta solo di un aiuto ma un'evo di scambio perché noi da questa parte d'Italia all'esperienza dall'altra parte c'è ancora la giovinezza, c'è il dinamismo e queste aspetti si possono incontrare per avere un cambio, uno scambio molto forte, noi abbiamo avuto un esperienza qualche anno fa quando sono tornato e abbiamo aperto la scuola, quando google ha lanciato un concorso a livello mondiale, ha vinto un ragazzo che era con noi e l'ha vinto perché ha avuto accesso a internet e il suo scopo non era di vincere il concorso, il contest, lui era felice di essere in contatto con uno che è in Asia, in Canada ed è aperto tutto e è successo che era uno che era più bravo nel coding di tutti e lui è andato in Stati Uniti per lavorare con loro per dire che questa è un'opportunità in cui, in un mondo in cui la conoscenza sta cercando sempre di essere la cosa principale, è un mondo in cui noi non possiamo lasciare tanti cervelli che sono in Africa che hanno fame della conoscenza e che possono toccare a loro domani di portare questo mondo perché il mondo dobbiamo imparare a vivere tutti insieme in questo mondo e soprattutto questo aspetto che vorrei sottolineare nell'esperienza che io sto facendo anche con le cadre di Unesco di cui noi facciamo il coordinamento, noi anche in collaborazione con le cadre di Unesco in Italia, durante il Covid abbiamo fatto questa esperienza di non avere la possibilità di avere quel flusso di studenti che non si poteva viaggiare in quel momento lì e che abbiamo messo in rete la possibilità per le università italiane che hanno partecipato al progetto di poter fare le lezioni a distanza e fare anche l'esame a distanza. Dopo il Covid è diventato una cosa in più perché tante università sono rimaste in quel modello lì e sono cose che noi pensiamo che rinforzando l'esperienza, quella esperienza si può sedimentare anche dentro i pianomatei, fare in modo che quella relazione di scambi porta foto e va sempre avanti quindi questo è il piccolo contributo e poi c'è un problema che nella cooperazione io ho notato facendolo e che quando per esempio tu hai un professore che manda un studenti dall'Italia per una formazione per i cirucini in Africa, ti ricordo che lui ti ricorda che c'è il processo di Bologna che dice che tutti i diplomi valgono in tutto il mondo quindi se è un studenti di medicina, dai lui la possibilità di fare i cirucini in ospitali, lì va benissimo, ma il problema è che quando diventa l'opposto è un problema perché lui lì il processo di Bologna inizia ad avere un problema quindi io credo i pianomatei quando l'ho letto mi fa più pensare a quello che dobbiamo pensare che diventa il pianomateo, nel senso può diventare come la parola ubuntu come piace sottolineare, la parola ubuntu che quando all'uscita della parte di Mandela e Monsignor Desmond Tutu si sono seduti per pensare cosa poteva riunire un popolo che è stato così spaccato come il Sud Africa, hanno preso una parola così semplice che è ubuntu, ma hanno dato un senso a quella parola che diventa la parola che deve unire e fare il ponte dentro l'Africa del sud per poter riunire questo, io vedo più i pianomatei come una cosa in cui dobbiamo vederlo così come fare per riunire quel popolo spaccato dall'occidente e l'Africa in modo che l'Africa non vede più l'Europa come l'ex condensatore che viene ancora a fare qualcosa in modo che l'Europa vede l'Africa come un popolo da rispettare e con la formazione io credo formando sì con l'isteso programma si può raggiungere questo, questo è il mio contributo. Grazie. Grazie mille professor Zangmo, è un intervento che a mio modo di vedere fa da sintesi e riassume tutta una serie di impulsi e di suggestioni nel senso proprio dei tre del termine che sono emersi durante questo incontro perché lo snodo è proprio cambiare la prospettiva, cambiare lo sguardo nei rapporti con il continente. Questo è un panel e non una gara di velocità però purtroppo i tempi sono ridotti e gli ospiti numerosi quindi io chiederei adesso a tutti i nostri relatori di questo secondo giro di tavolo un flash proprio rapidissimo prima di chiudere perché abbiamo ancora purtroppo pochi minuti a disposizione, lì ne vediamo alcuni, abbiamo un bonus gli altri cinque minuti ma poi purtroppo riesco ad essere abbattuto se non rispetto alla disciplina. Allora mantengo anche l'ordine proprio fisico di intervento. Ioanna Vittoria Chirizzi, da punto di vista della Banca Europea degli Investimenti le priorità in questa fase, prego. Nel corso della discussione è stato citato global gateway più volte la bank europea degli investimenti si impegna proprio a finanziare un terzo dei 300 miliardi e finora abbiamo appunto finanziato progetto che dovrebbero movimentare 60 miliardi dei 100 e quindi global gateway sarà sicuramente un principio fondamentale per noi, per l'azione in Africa. Abbiamo delle priorità della UE che sono in linea con gli obiettivi climatici e gli SDG dell'ONU e oltre al settore sanitario di cui parlavo prima anche il clima, le infrastrutture sostenibili, l'accesso all'energia pulita. Bene, questi sono gli argomenti chiavi di quello che intendiamo e stiamo facendo. Quindi oltre a queste considerazioni sociali, vi parlavo anche il concetto del women empowerment, dare potere alle donne, sostenere l'uguaglianza tra i generi, però consentitemi due minuti per reagire al piano Juncker. Quello che vediamo soprattutto è che le esigenze sono così tante che possono essere soddisfatte soltanto lavorando insieme, collaborando tra il settore privato, le banche multilaterale di sviluppo, la BEI e vorrei brevemente citare un'iniziativa fondamentale che attualmente è in fase di lancio, il global green bond, è un'iniziativa sostenuta dalla commissione europea e poi vi è anche un consorzio della BEI, tutta una serie di banche multilaterali di sviluppo per creare quei meccanismi che consentiranno al settore privato di investire in obbligazioni verdi emesse da tutta una serie di paesi, compresi emettenti africani e questo viene da una proposta completa che si rivolge non soltanto allo scopo di attrare gli investimenti privati riducendo i rischi ma anche alla costruzione di conoscenza in termini di emissione di obbligazioni verdi di ammissibilità perché i paesi africani possano arrivare a un livello di finanziamento per le infrastrutture quindi questa global green bond initiative è un'iniziativa fondamentale che ci mostra stiamo parlando di un miliardo di fondi dovrebbe arrivare a 15-20 miliardi l'unico modo per farla funzionare è di agire congiuntamente il settore privato e pubblico grazie mille le priorità in questa fase prego ah manca sì la materia prima per l'appunto ecco grazie quali sono le priorità da quello detto prima le erano naturalmente power africa che vuol dire aumentare l'accesso all'elettricità del continente ma allo stesso sfruttare le norme potenziale per la generazione di energia rinnovabile questo è importante non solo per fornire più energia al paese del continente che è la priorità fondamentale ma anche dal punto di vista europeo perché la produzione di rinnovabile in europa non sarà sufficiente ad assicurare la soddisfazione della domanda europea una volta che le centrali al carbone e altri hydrocarboni sono dismissed sono sono rari e questa è la realtà per cui se vogliamo avere una fonte di approvvigeramento dobbiamo assicurarci che sia fatto rispettando il bisogno del paese seconda priorità fondamentale è integrare il continente grandi infrastrutture che creino un mercato adesso non ci sono short cuts la moneta unica è un sogno e infatti quello che sta succedendo è che il franco africano adesso in crisi perché ci sono quattro paesi che hanno annunciato la loro intenzione di andarsene di che cosa stiamo parlando insomma il problema l'incubo è che questo generi una macroeconomica instabilità macroeconomica in west africa è quello che questa è la condizione diversa altro priorità fida africa vuol dire praticamente sfruttare le norme capacità le norme risorse agricole 65 per cento della della delle superficie coltivabili al mondo sono in africa queste sono allora bisogna queste sono a nostro avviso le priorità fondamentali come ci stiamo lavorando nell'ottica del piano mattei abbiamo stiamo lavorando a creare delle facilità facilità degli strumenti per usare le risorse scarse del piano mattei che sono quelle del fondo clima e del fondo rotativo all'incirca 5 milioni 5 miliardi di euro per usarli per leverage per fare per avere un effetto più importante e lo stiamo facendo con un fondo multilaterale che cercherà di concentrarsi sul paesi dove possiamo intervenire per mitigare i motivi fondamentali dietro ai flussi migratori nel lungo per il vol dire intervenire nel sale per dire dove dove ci sono grossi problemi in quel senso c'è un altro fondo un altro cofinanza a franzi a grimenti in cui molto probabilmente l'italia contribuirà più quasi con 150 milioni di euro di doni e prestiti per seguire le priorità del piano mattei specificamente italiane insomma questa è una cosa è la terza cosa importante è una un'iniziativa che lanceremo domani a strese a pratica dove c'è il g7 si chiama alleanza per la graine infrastructure in africa è rivolta al settore privato ed è praticamente sono doni e prestiti per facilitare la preparazione e lo sviluppo di progetti che possono essere del settore privato nel nel nel infrastruttura grazie questo all'inizio il resto è da costruire il resto è costruire grazie mille allora questo paganetto le chiedo una chiusa anche a lei telegrammatica perché purtroppo i tempi sono sono questi prego io credo che c'è un punto importante ed è quello di immaginare forme di integrazione tra quello che è il ruolo dell'europa dell'italia e dei paesi e del popolo africano perché per esempio noi abbiamo più volte citato l'energia bene quando io mi trovavo a fare presidente dell'enea feci una proposta precisa che era quella di utilizzare il solare termodinamico nel deserto del sara dove il sole splende tutto il giorno per tutto l'anno e produce una quantità enorme potenziale di energia questo è molto importante perché con i mezzi attuali di trasporto di energia si può trasportare l'energia da lì al mediterraneo e quindi rendere un servizio al paese ma e alla stessa europa questo significa però che bisogna fare in modo che ci sia un coinvolgimento che secondo punto importante è che la tecnologia non da solo esportata va messa a disposizione di coloro che poi la possono sviluppare nell'interesse dei paesi ma anche nell'interesse dell'europa dell'italia sono due interessi convergenti molto importante perché quando io feci questa proposta ci fu un'assoluta adesione dei paesi che si vedevano coinvolti non solo come destinatari di un investimento ma anche come partecipi anche del suo beneficio questa è molto molto importante io credo perché altrimenti tutto questo si fa con grande difficoltà e senza grande successo e credo che questo vale anche per il caso che ha citato il professor Fenizia cioè l'agro business perché nell'agro business c'è la possibilità sì di utilizzare le terre coltivabili ma anche di coinvolgere la prima trasformazione in paese e quindi creare le condizioni con vantaggio reciproco questo è il punto veramente fondamentale se non c'è un vantaggio reciproco nulla cammina e anche qua l'agro business potremmo anche spiegare come anche l'innovazione si applichi così bene a un settore tradizionale come quell'agricolo creando prospettive anche in termini di adattamento a cambiamento climatico torno a ringraziare i nostri ospiti per cui siamo appunto veramente in chiusura professor giulio sapelli presidente fondazione germozzi manfo zangmo, p.s. university, nomenico fenizia banca africana di sviluppo, joanna vittoria chirizzi, avant carreaux per gli investimenti, luigi paganetto università torvergata grazie mille a tutti i nostri ospiti grazie a voi un ultimo elemento che volevo lasciare sforando di qualche secondo sui tempi è che la concessione dell'africa e delle afrique non sono incompatibili perché ci sono le afrique nel rispetto delle loro peculiarità e c'è l'africa come un soggetto capace di una sua autonomia e una sua forza politica quindi sono due prospettive che possono andare assieme grazie mille e buona giornata
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