Piattaforma comune per le economie occidentali
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Piattaforma comune per le economie occidentali
Marcegaglia, presidente del B7 (business del G7), analizza le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, evidenziando la necessità di un approccio bilanciato tra sicurezza economica e libero mercato. Vengono discussi i problemi legati alla transizione energetica e all'intelligenza artificiale, sottolineando i rischi del protezionismo e l'importanza della cooperazione internazionale. Infine, Marcegaglia affronta il Piano Mattei, focalizzandosi sulla necessità di una collaborazione non predatoria con l'Africa per lo sviluppo economico reciproco.
Buongiorno, buongiorno, ben trovati. Grazie per essere qui a questo nostro incontro molto buongiorno Emma Marcegaglia, per gli studenti che sono qui e che ci fa molto piacere avere. Voi sapete senz'altro chi è Emma Marcegaglia, vi dico solo che è una delle personalità del mondo dell'economia italiana più internazionale e questo è un messaggio importante. È un messaggio importante perché di espressioni del mondo dell'economia sempre più internazionali abbiamo un grande bisogno e proprio partendo dall'internazionalità di Emma Marcegaglia, qualche giorno fa a Roma si è tenuto l'incontro del B7 di cui Emma Marcegaglia è chair. Il B7 è espressione del settore privato e delle confederazioni industriali dei vari paesi. Che cosa avete discusso e che cosa avete deciso? So che lei poi ha incontrato la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Grazie, buongiorno Maria, buongiorno a tutti, è sempre un grande piacere essere qua. Il B7 è l'insieme delle confindustrie, delle rappresentanze confindustriali dei paesi del G7. L'obiettivo del B7 è quello di ragionare insieme tra business community e fare delle raccomandazioni alla politica, diciamo, i policy makers dei paesi del G7 e infatti noi abbiamo lavorato vari mesi e abbiamo consegnato il nostro documento alla Presidente Meloni che in questo momento oltre a essere ovviamente Presidente del Consiglio italiano è anche Presidente del G7. Allora che cosa abbiamo? Intanto vi dico una cosa che credo sia importante anche per il seguito del ragionamento che faremo con Maria. Dal punto di vista del business abbiamo trovato punti in comune interessanti. Oggi sapete, poi ne parleremo in questo momento su grandi temi come il commercio internazionale, i dazi, c'è una enorme discrepanza tra Stati Uniti da una parte e paesi europei dall'altra che sta proprio andando in onda in questi momenti a stresa. Ecco dal punto di vista del business abbiamo trovato un accordo anche la Confindustria, diciamo, il US Chamber of Commerce è d'accordo sulle cose che adesso brevemente vi dico. Il primo tema è proprio questo, vado veloce perché poi immagino lo approfondiremo poi. Sul tema del commercio internazionale la nostra idea principale è non siamo naif, non possiamo pensare di avere una globalizzazione come quella che abbiamo avuto negli anni 2000, no? Abbiamo raggiunto il picco degli scambi internazionali al 2008 poi è cominciato a calare, siamo in una fase diversa, in quella fase le catene del valore erano molto internazionali, la cosa più importante era ricercare l'efficienza al minor costo, quindi tutti noi siamo andati a produrre dove costava di meno, siamo andati a cercare le materie prime dove costava di meno, anche gli Stati sono andati a prendere l'energia dove costava di meno. Oggi con pandemia prima, guerre, conflitti, un mondo spezzato e che ha una grande guerra tecnologica appunto tra Stati Uniti e Cina non è più così, è cambiato. Oggi le parole d'ordine sono sicurezza economica, autonomia strategica, reinshoring, riportiamo tutto dentro. Per una parte tutto questo è giusto, non possiamo non pensare che c'è un problema con la Cina, con i sussidi che la Cina dà alle proprie aziende di Stato, c'è un problema dove in alcune materie prime critiche dobbiamo, non possiamo dipendere totalmente dalla Cina, dobbiamo diversificare, dobbiamo in parte produrre da noi, però il nostro messaggio è tutto questo è chiaro, lo capiamo e ne siamo a favore, ma attenzione è che questo non si trasformi in una chiusura totale dei mercati, in protezionismo, perché alla fine rendiamoci conto che l'Europa e anche l'Italia vive di export e quindi è contro il nostro interesse. Gli Stati Uniti sono in una situazione completamente diversa, sono indipendenti dal punto di vista energetico, delle materie prime, della tecnologia, noi no, quindi questo è il primo messaggio. Il secondo messaggio è sulla transizione energetica, anche qui l'idea del business del G7 è noi siamo, vogliamo, ci dobbiamo dire lavoriamo e vogliamo contribuire fortemente alla transizione energetica, ma qui abbiamo parlato soprattutto all'Europa, il modo in cui l'Europa ha affrontato il tema della transizione energetica è sbagliato, ha posto obiettivi molto sfidanti senza portarsi dietro gli altri paesi e soprattutto ha detto non ha detto solo questi sono gli obiettivi, ma ha detto anche quali tecnologie usare, l'auto elettrica solo e non altro, l'auto tradizionale dopo il 2035, ha scelto anche le tecnologie e questo è sbagliato perché devi lasciare che siano le imprese, a scegliere quali sono le tecnologie migliori per raggiungere la neutralità tecnologica. E la terza è sull'intelligenza artificiale, anche qui noi abbiamo detto e diciamo giusto che ci sia regolazione, giusto avere fiducia, giusto stare attenti a non, come dire, esporsi a ma troppi rischi, ma anche qui non mettiamo l'enfasi solo su questo aspetto, cerchiamo anche di sottolineare che l'intelligenza artificiale può essere un enorme boost di crescita, di produttività, di nuovi lavori, qui vedo il mio amico Ferruccio Resta, ne abbiamo parlato spesso, cioè anche per le piccole e medie imprese l'intelligenza artificiale può essere un vantaggio straordinario anche per rendere, come dire, il sapere che spesso nelle piccole imprese un sapere che si tramanda da tecnici che poi magari se ne vanno, renderlo un patrimonio dell'azienda, quindi anche qui l'idea è, non facciamo la solita cosa di mettere troppe regole, ancora prima di capire che cos'è l'intelligenza artificiale, perché rischio che poi gli unicorni, le imprese, le opportunità vanno negli Stati Uniti e noi qua ci teniamo magari... E a proposito gli Stati Uniti, allora il Presidente Biden che sta facendo la sua campagna elettorale, che come sapete è anche una campagna elettorale rivolta ai suoi lavoratori oltre che potenziali elettori, ha quadruplicato al 100% le tariffe sulle auto elettriche made in China, ha aumentato quelle su batterie chip. Questo da un lato è un messaggio molto chiaro agli operai americani, io vi difendo. Dall'altro mette in grave difficoltà l'Unione Europea, perché è come se ci fosse stato detto scegli tra mamma e papà, in questo caso scegli tra Stati Uniti e China. Come se n'esce? Questo è veramente il grande dilemma di oggi. Io penso che, ripeto, la mia idea è anche quella che è uscita un po' dal B7, che è evidente che oggi su queste tecnologie, l'auto elettrica, i pannelli fotovoltaci, alcune batterie, la China è avantissimo, perché si è mossa come dire con molto anticipo, forse c'è stata un'acciccità sia dell'Europa che che degli Stati Uniti. Quindi è evidente e c'è, soprattutto sulle auto elettriche, c'è una sovraccapacità produttiva in Cina straordinaria, che probabilmente diventerà un export enorme verso gli altri paesi, in particolare gli Stati Uniti e Europa. Quindi c'è un tema di questo, c'è un tema di sussidi dati e di aiuti di Stato date alle aziende di Stato cinese che producono auto elettriche. Però attenzione, perché, torno al discorso di prima, se mettiamo dazi comunque a prescindere, li mettiamo solo perché dobbiamo tutelare, li mettiamo su tutte queste tecnologie. Cosa succederà? Succederà che poi la Cina dirà ok, io mia volta metto, faccio delle come dire, una contro-offensive, metterò dazi su tutti gli altri beni che vengono dagli Stati Uniti. Cioè il rischio con questa logica dove ormai non ci si siede più, cioè se tu vedi, oggi la geopolitica e l'economia come si fa? O la si risolve drammaticamente con le armi o dal punto di vista economico la si risolve con i dazi, cioè non c'è più diplomazia. Le uniche che ci provano sono le donne, a parlarsi sono le donne. Fatti Janet Yellen è andata a Pechino. Esatto, quindi, e chiudo su questo, la mia opinione è che stiamo attenti perché è vero che oggi questi dazi messi sono solo su 18 miliardi 4 per cento degli import cinesi, ma sono su beni che probabilmente in futuro saranno molto importanti. Io cercherei di suggerire di provare a risedersi al tavolo, è difficile, mi auguro che nel tavolo del G7 che è in corso adesso qualche momento di ragionamento insieme ci sia, perché attenzione, è giusto quello che dici tu, cioè se la Cina mette il 100 per cento di dazi sulle auto elettriche e l'Europa non lo fa, cosa che secondo me sarà, perché l'Europa c'è la posizione della Germania che è molto presente nel mercato cinese che non vuole, quindi se l'Europa metterà dazi al 25 per cento, al 30, in una situazione di questo tipo qual è il rischio? Che poi tutte le macchine elettriche cinesi arrivino in Europa, quindi anche l'Europa dovrà fare qualcosa. Quindi, quanto meno cercherei e spererei ancora, c'è ancora qualche ora in corso che almeno tra paesi del G7 si provi a trovare dei punti in comune. È molto difficile perché, come dicevi tu, ormai le Stati Uniti hanno messo questi dazi, guardano alle elezioni americane, speriamo che queste elezioni arrivino e finiscano e che poi si cominci a parlare seriamente. Sono molto preoccupata di questa corsa alle armi da una parte e ai dazi e ai sussidi, perché poi l'altra parte è dazi da una parte e sussidi dall'altra, che alla fine rischiano veramente di innescare una guerra anche commerciale molto pericolosa. In tutto questo, e immagino che qualche sensazione tu l'abbia ricavata nei giorni del B7 a Roma, in tutto questo non è che l'Europa proprio marci unita e compatta. A me, per esempio, è molto colpito leggere sulle Figaro due giorni dopo, mi pare, la visita del presidente cinese Xi Jinping a Parigi, una dichiarazione di Bruno Le Maire, il ministro dell'Economia, che diceva, va beh, però noi non saremmo contrari al fatto che si producano autoelettriche cinesi in Francia, la cosa già avviene peraltro in Ungheria. Cioè, se l'Europa va in ordine sparso su un tema così, ci facciamo del male? Assolutamente, questo è poi un tema più generale, che l'Europa è ancora troppo divisa e non riesce ad avere una posizione comune. Certo, la Cina, Xi Jinping nel suo viaggio, è andato in Francia, è andato in Serbia, è andato in Ungheria, sta parlando, sta dicendo, sta cercando di dividere l'Europa, sta cercando di portarsi qualche paese dalla propria parte. Ecco, questo è complicato. È chiaro che, però, se la Cina viene a produrre autoelettriche in Europa con i costi europei, con le logiche europee, senza... cioè, come dire, no, è negativo questo? No, io non credo che sia negativo, no. Cioè, il tema vero è che non esportino dalla Cina con i costi, facendo lavorare i bambini sotto costo, con sussidi di Stato molto pesanti. Quindi, se alla fine il risultato è che possano arrivare alcuni investimenti in Cina, anche in Italia, si parla di alcuni investimenti in Cina, e altrimenti voglio dire, chiudiamo tutto, no? Allora, tiriamo su tutte le barriere dappertutto, e però, attenzione, perché non vorrei che questo sia anche un modo per l'Europa, per gli Stati Uniti, di non affrontare i propri problemi di competitività, no? Perché c'è un problema. È chiaro che la Cina è sussidiata, però forse l'Europa dovrebbe anche ragionare su questo declino di competitività enorme che ha avuto, no, negli ultimi 25 anni. Allora, più proteggi, secondo me, più hai meno incentivi a lavorare sulla tua competitività, no? Perché il protezionismo, alla fine, come dire, non ti stimola a migliorarti. Quindi, secondo me, dobbiamo proteggerci, proteggerci là dove è necessario, non in modo, come dire, ovunque e sempre, e però dall'altra parte lavorare anche sulla nostra competitività, perché il protezionismo, lo abbiamo visto, no? Non porta al migliorare la competitività, il contrario. Un terreno sul quale l'Europa, lo dicevi prima, ha fatto forse il passo più lungo della gamba nei mesi scorsi, e quello della transizione verde. Ora, si può considerare corretto dal punto di vista formale, ma complicato da applicare e con errori di base, cito le sue parole, questo modello europeo. Quale sarebbe il percorso che invece tiene insieme le due esigenze? Cioè, tutti noi siamo ormai perfettamente consapevoli di doverlo proteggere questo pianeta, ma altrettanto consapevoli di non creare enormi sacche di disoccupazione che abbiamo visto, per esempio, i danni che hanno provocato negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni. Come si tiene insieme tutto? È un grande dilemma. È sicuramente uno dei grandi dilemmi dei nostri tempi. Sono d'accordo con lei, cioè la transizione energetica comunque va fatta, è davanti agli occhi di tutti, i problemi, le catastrofi del clima. Io sono una che crede nella tecnologia se sostanzialmente il 90% degli scienziati che si occupano di clima e dicono che il riscaldamento globale è dovuto all'inquinamento. Io ci credo, non parto dal presupposto che sia vero. Quindi il tema va affrontato. È anche giusto secondo me che l'Europa, che è con lei che ha portato avanti la rivoluzione industriale per prima, si ponga degli obiettivi più studianti, perché è chiaro che altri paesi che stanno facendo la loro rivoluzione industriale adesso ci dicono ma voi avete inquinato fino adesso, non potete chiedere a noi gli stessi impegni. Quindi questo è corretto. Però ci vuole un approccio pragmatico, serio, non ideologico per poter fare una sfida che è una sfida enorme, è una sfida che richiede investimenti enormi, che richiede moltissima ricerca anche su nuove fonti, su nuovi modi di produrre l'energia. Quindi non puoi risolvere questo tema dicendo ok l'Europa nel 2050 deve essere a zero emissioni, lo dovete fare eliminando di fatto l'auto elettrica dal 2035, queste sono le tecnologie che vogliamo, queste altre non ci piacciono e andiamo avanti. Non funziona, non sta funzionando. Quello che è successo è che gli investimenti si sono fermati, perché nell'incertezza di questa situazione e nella impossibilità di portare avanti questi diciamo questi investimenti enormi, la situazione è che le aziende non sanno che cosa fare. Faccio un esempio nel mio settore, nel mio settore io sono nell'acciaio, trasformare un milione di tonnellate di acciaio da come si produce oggi nel mondo, da alto formu che è molto inquinante con il carbone eccetera, a un milione di tonnellate prodotte con l'energia rinnovabile, gli elettrolizzatori, l'idrogeno, il forno elettrico, per un milione di tonnellate ci vuole un miliardo di euro di investimento. Dove vengono i soldi? Da dove vengono? Non puoi nemmeno dire lo dovete fare e vi arrangiate voi a farlo. Quindi, e rispondo alla sua domanda, io credo che questa cosa vada fatta, però avendo il senso che è una rivoluzione enorme, probabilmente ci vorrà più tempo di quello che l'Europa si posta. Per esempio, restando nel suo settore, quanto tempo sarebbe concretamente necessario per procedere in quella direzione? Ci vuole un problema di tempo e c'è un tema di soldi. Chi li mette i soldi? Una parte li deve mettere sicuramente le imprese, una parte quello che sta succedendo in Europa, che siccome non c'è stata la volontà di dire, facciamo un euro bond su questo, abbiamo semplicemente detto aumentiamo la possibilità che ogni paese di aiuti di stato alle proprie aziende, quindi chi ha più soldi sta sussidiando le aziende. Allora in Germania si sta sussidiando ThyssenKrupp, in Francia si sta sussidiando ArcelorMittal e si fanno alcuni progetti per questo. Però quello che vi posso dire è che quello che sta succedendo, che molti di questi player stanno dicendo, ma forse è meglio che non produciamo più acciaio in Europa, andiamo a produrlo negli Stati Uniti dove peraltro ci danno sussidi attraverso l'IRA, l'Inflation Relation, molto più alti o magari andiamo a farlo, che ne so, in India per altri paesi. Quindi attenzione perché c'è una conseguenza chiara di questa impostazione, che non si fanno più investimenti in Europa, nemmeno nella transizione energetica, si riduce la produzione di acciaio, quindi alla fine si va a produrre da altre parti. Quindi serve più tempo, bisogna mettere in comune il debito pubblico per avere i soldi, bisogna probabilmente fare anche l'unione dei capital market, dei mercati dei capitali in Europa, così si possono avere più soldi anche dai privati e bisogna dire la neutralità tecnologica è quello che deve guidare. Cioè usiamo tutte le tecnologie che permettono di ridurre le emissioni CO2, lavoriamo molto sulla tecnologia. Io per esempio penso che la fusione nucleare arriverà molto più avanti, però bisogna investire perché la fusione nucleare quando arriverà sarà la fonte più rinnovabile e meno inquinante del mondo, quindi quella può essere una tecnologia breakthrough che cambia tutto. Oggi si parla dei reattori nucleari di quarta generazione, ragioniamo. Quindi la cattura della CO2, cioè è importante che l'Europa dica chiaramente vanno bene tutte le tecnologie per ridurre le emissioni CO2, magari ci mettiamo un po' più di tempo, mettiamo a disposizione dei finanziamenti per gli investimenti, riduciamo anche l'approccio burocratico delle troppe regole, delle troppe difficoltà che servono. Quindi se facessimo queste cose e cercassimo di decidere di fare insieme questa transizione, almeno come paesi del G7. Le faccio un altro esempio. Noi in Europa per fare la transizione abbiamo un altro problema, che abbiamo il costo di energia elettrica molto più. Tu devi fare la transizione energetica, nel frattempo paghi il gas e l'energia elettrica più di tutti gli altri. Abbiamo l'emission trading system dove paghiamo la CO2, in altri paesi non lo paghi. Dobbiamo anche cercare di avere delle regole comuni almeno a livello di paesi del G7. Il costo dell'energia elettrica è qualcosa che non soltanto qui al festival dell'economia di Trento del sole 24 ore, ma anche in tanti altri dibattiti, io come giornalista ho sentito ripetere all'infinito. Lei prima di fatto ha elencato le cose che si augura la nuova Europa che uscirà dalle elezioni dell'8 e del 9 giugno, faccia. Che cosa non si augura? Lei ha disegnato uno scenario virtuoso, quello che l'Europa dovrebbe fare, brustelle dovrebbe fare nei prossimi anni. Proviamo a invertire. Mi dice due o tre cose che la Commissione Europea e i prossimi Commissari non dovrebbero fare. Non dovrebbero continuare con questo metodo ideologico sulla transizione energetica, ma vado un po' più su. Mi auguro che non prevalga in Europa un'idea di avere meno Europa, cioè che prevalga l'idea che ogni paese deve avere più spazio. Quello che secondo me serve è maggiore integrazione europea. Dovremmo decidere insieme sulle materie prime critiche, dovremmo decidere insieme una politica diversa energetica, dovremmo fare l'Unione dei mercati e i capitali. Quello che mi fa molta paura che possa prevalere un Parlamento europeo o governi europei che dicano serve meno Europa, ognuno vada per conto proprio, ognuno decide a livello nazionale e siamo a posto, abbiamo risolto i problemi. E' esattamente il contrario. Abbiamo parlato prima, siamo in mezzo a due colossi, Stati Uniti e Cina che stanno facendo una guerra amicidiale, se non abbiamo almeno la dimensione europea per provare a recuperare sulla tecnologia, sulle tecnologie verdi, sull'intelligenza artificiale, noi siamo morti. Quello che mi auguro è che non prevalga un'Europa che deve essere un'Europa delle nazioni dove non si fa niente in comune e i paesi fanno per conto proprio. Questo sarebbe drammatico secondo me. Avrei voluto chiederlo ieri a Giorgia Meloni nell'intervista al Teatro Sociale, ma non c'era abbastanza tempo, quindi mi è rimasta questa curiosità e la domanda che pongo a Emma Marcegaglia, chiedendo il suo punto di vista di imprenditrice. Il piano Mattei, cioè il piano che riguarda i progetti italiani sull'Africa, sta suscidando grandissimo interesse. In una riunione che ho avuto qualche giorno fa con l'ambasciatore americano Jack Markell, proprio l'ambasciatore ha citato il piano Mattei come una delle cose sulle quali gli Stati Uniti sono molto favorevolmente impressionati dal governo italiano. Concretamente, dal vostro punto di vista di imprenditori, questo piano Mattei cosa dovrebbe risolvere? Intanto devo dirle che anche a livello di B7, quando abbiamo proposto di mettere una parte proprio sull'attenzione all'Africa, le confermo che è stato ben visto da tutti. Questo è interessante perché non è una cosa che riguarda solo l'Italia, ma molto i paesi europei, ma è interessante anche gli Stati Uniti. Questo è uscito anche nel nostro summit del B7. Se vogliamo, come dire, fare un'impegno di integrazione maggiore con l'Africa serve un approccio non predatorio. Noi non dobbiamo fare i cinesi, non lo facciamo per cultura, però servono progetti in comune, servono investire insieme. Non dobbiamo dire che voi avete le materie prime e le portiamo via, voi fate l'energia rinnovabile e noi ce la portiamo via. No, dobbiamo impostare un lavoro di progetti in comune non solo sull'energia, sulle materie prime, ma anche per esempio sulle rinnovabili, sull'acqua, su avere anche una struttura industriale che trasforma alcune materie prime in Africa. Quindi serve un approccio diverso. Però è evidente che l'integrazione tra l'Europa e l'Africa è assoluta. Noi abbiamo una demografia drammatica, loro hanno moltissimi giovani. Quindi questo è un primo apprespero. Lavoriamo insieme anche sull'education. Educhiamoli qui o facciamo delle joint venture tra le nostre università, quelle africane, e poi cerchiamo di avere forza lavoro anche di talento che viene a lavorare in Europa. Secondo, loro hanno tutte le materie prime. Se vogliamo una diversificazione e un pochettino unlevarci da questa grande dipendenza che abbiamo dalla Cina sulle materie prime critiche, beh, è che l'Africa è piena di materie prime. Quindi servono investimenti, joint venture. Però questo ci può aiutare molto. Sulle energia. Voi sapete che, lo diceva Fatibi Roll qualche giorno fa, l'Africa è il posto del sole. Loro producono rinnovabili meno del Belgio in tutta l'Africa. Anche lì si potrebbero fare molti progetti sulle rinnovabili, poi fare delle infrastrutture. Potremmo fare l'idrogeno lì molto meglio di come lo possiamo fare in Europa. Quindi potremmo fare molto sull'energia. Quindi energia, materie prime, diciamo, giovani. E anche, perché no, come dire, fare una serie di joint venture, di imprese là per cercare di anche per le nostre imprese europee conquistare nuovi mercati. Oggi, se lei guarda, si è sviluppato molto il sud-est asiatico, si è sviluppato abbastanza il Sud America e l'Africa, ci sono alcuni punte di eccellenza, ma c'è ancora molto da fare. Quindi l'Africa potrebbe essere un po' la prossima frontiera di sviluppo economico e quindi anche sviluppo di mercati per l'Europa e di crescita per tutti noi. Però, servono, scusi, e chiudo. È importante che il piano Mattei, che è una buona cornice, sia riempito poi di progetti concreti. Cioè, non deve rimanere una manifestazione di interesse, ma bisogna metterci dentro di noi abbiamo leni, abbiamo tante aziende che sono già presenti in Africa, dobbiamo trasformare una volontà in progetti concreti, in joint venture, in aziende che lavorano insieme, in iniziative. Perché sarebbe un peccato lasciarlo così un po' generale. Nei suoi incontri che ha avuto a Roma con la B7, ha accolto un po' di competizione di altri paesi europei rispetto a questo piano Mattei italiano? Insomma, diciamo che la Francia ha una posizione storica di presenza. Però devo dirle, ripeto, dal punto di vista del business, c'è spazio per tutti, io credo, quindi non ho visto la volontà di osteggiare questa cosa. Ho visto una volontà di... Però per vincere questa cosa e evitare che altri paesi dicano ci provano, poi non lo fanno, dobbiamo mettere dentro progetti concreti. Quindi serve un lavoro comune da fare proprio su questo tema. Allora, l'ultima domanda, e non perché è arrivato il direttore del sole 24 ore, ma lei conosce il festival dell'economia di Trento nelle precedenti edizioni. Ha avuto modo di verificare in questi primi due giorni e mezzo qual è stata la risposta al grande tema di quest'anno, cioè QOVADIS. Dalle sue prime impressioni, perché non è ancora terminato, ci abbiamo ancora tutto oggi e domani, che bilancio trae? Intanto non lo dico perché c'è qui il direttore, ma credo che in pochi anni questa sia diventata forse la manifestazione più importante d'Italia, ma non credo che ci siano cose simili neanche in Europa. In questi giorni abbiamo qui i premi Nobel, il Primo Ministro, il Capo dell'Opposizione, abbiamo tutti. Quindi questo è veramente complimenti perché siamo, dico io, perché con fin d'usce al sole siamo un po' della stessa famiglia, abbiamo raggiunto un livello straordinario. Ma al di là della presenza, quello che è molto interessante è il livello del dibattito. Mi piace molto che c'è un livello di dibattito molto alto. Poi non so se troveremo soluzioni, però già il fatto di ragionare su questi grandi temi come stiamo facendo oggi, il problema vero è che ci sono talmente tante cose che uno dice ma dove vado alle 10 di mattina? Vado qui o vado là? Fai fatica a scegliere vista la ricchezza delle cose. Però mi piace che in un momento di incertezza assoluta, ieri abbiamo fatto un pane di collispi sull'incertezza, in un momento di incertezza assoluta dove non c'è storia, non possiamo fare affidamento troppo al passato, perché siamo in uno scenario nuovo, la prima cosa da fare è ragionare, ragionare tra policy maker, tra imprenditori, tra scienziati, tra ragazzi. È molto bello che ci siano tantissimi studenti a ragionare, a sentire, a stimolare. Quindi io penso che già un risultato straordinario è che ragioniamo insieme diverse persone, anche che vengono da diversi campi, per provare a capire dove andare. A me pare che già questo sia una cosa straordinaria, mi pare che ci sono paure, tensioni, preoccupazioni, però sta anche un po' prevalendo l'idea che come sempre nelle grandi disruption ci possono essere anche opportunità. Quindi il messaggio anche che è interessante dare ai studenti, io lo do da imprenditrice, è un casino fare, scusate il termine, fare azienda-impresa in uno scenario di questo tipo, però ti si aprono magari anche opportunità che magari anni fa non c'erano. Quindi in tutte le situazioni, anche le più difficili, c'è sempre un'opportunità da cogliere e ragionando insieme, cercando di fare ognuno la propria parte, cercando di creare ponti tra diversi punti di vista, forse riusciremo anche a affrontare i rischi e invece a valorizzare tutte le opportunità che ci possono essere anche in uno scenario così complicato. Grazie, Mamarchegaglia, grazie a voi. Grazie, Mamarchegaglia, grazie a voi. Grazie, Mamarchegaglia, grazie a voi.
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