A che punto siamo nella transizione energetica e con quali prospettive
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A che punto siamo nella transizione energetica e con quali prospettive
L'intervento si concentra sulla transizione energetica, analizzando lo stato attuale e le sfide future. Nonostante gli investimenti nelle rinnovabili negli ultimi 20 anni, il loro contributo è solo del 2-3% del consumo energetico globale. L'elettrificazione, con obiettivo del 50% entro il 2050, è una soluzione promettente, ma richiede un potenziamento delle reti elettriche e un aumento dei costi per i consumatori. L'Europa, leader nella transizione, deve affrontare la concorrenza cinese, che domina il mercato delle tecnologie rinnovabili. La COP28 ha registrato un successo storico con l'accordo di triplicare le rinnovabili entro il 2030, ma la questione del finanziamento rimane cruciale. Il raggiungimento degli obiettivi richiede un senso di urgenza e un'azione collettiva a livello globale
Sono Sissi Bellomo, mi occupo di fatti internazionali, di scenari energetici, di geopolitica, seguivo l'OPEC finché ci voleva. A noi giornalisti non ci vuole più tanto, per cui basta. Oggi parliamo di transizione energetica, vorremmo farlo in modo un po' critico e non fideistico. Le nostre chiacchierate precedenti ci trovano abbastanza concordine il fatto che c'è tanta ideologia e che si rischia di interpretare male quello che è veramente uno dei problemi principali per tutta l'umanità. Quindi non solo per chi è in prima fila nella decarbonizzazione come l'Europa e l'Italia, ma veramente per tutta l'umanità. E sta crescendo molto la consapevolezza ovunque nel mondo. Però vorremmo farlo appunto in modo serio. E quindi partirei dal titolo che è a che punto siamo con la transizione energetica. Io glielo giro immediatamente a lei. A che punto siamo? Perché gli obiettivi sono molto sfidanti. Sì, grazie. Parlo volentieri di questo tema perché mi rendo conto nelle conversazioni un po' salottiere che mi capita ad avere, che della transizione energetica si parla molto ma se ne sa poco. Se ne sa poco, la gente parla, pensa delle cose perché viene condizionata dagli organismi di stampa, ma in realtà le cose non le sa. Quindi cercherò di fare un discorso un pochino didattico per un minuto solo per dirvi dove siamo nella transizione energetica. Allora, la transizione energetica e i temi sono iniziati addirittura negli anni 80, poi negli anni 90, poi c'è stato l'accordo di Parigi del 2015, ma il mondo ha cominciato a investire nelle nuove rinnovabili, quindi eolico e solare, nel 2004. Dal 2004 il mondo ha cominciato a investire in questi due settori nuovi che non utilizzavamo per produrre energia elettrica. Bene, da allora sono passati dal 2004 al 2023, 19 anni, il nostro pianeta ha investito nelle rinnovabili, queste due rinnovabili, 4 trilioni di dollari, quindi 4 mila miliardi di dollari, investimento importante fatto dai paesi, dalle nazioni, dai consumatori, un po' da tutti. E oggi ci chiediamo, ma queste rinnovabili quanto rappresentano del consumo energetico del nostro pianeta? Beh, qui cominciamo con le brutte notizie, rappresentano tra il 2 e il 3% dei nostri consumi energetici. Noi abbiamo investito 4 trilioni di dollari e siamo riusciti a far fronte solo al 2,4% dei nostri consumi energetici. Vi faccio notare che nel frattempo il consumo di energia cresce nel mondo, perché c'è la popolazione, cresce il benessere, il benessere vuol dire più energia, per cui questo contributo dato dalle nuove rinnovabili non è stato nemmeno sufficiente a coprire l'aumento dei consumi. Per cui la sostanza cos'è? Nel 2023 il nostro pianeta ha bruciato più carbone, più petrolio e più gas che mai nella storia dell'umanità, malgrado questo contributo delle rinnovabili e come conseguenza le nostre emissioni di CO2, che è quello che vogliamo combattere, sono state le più alte della storia dell'umanità. Quindi uno fa la fotografia di questo sforzo di quasi 20 anni e dovrebbe dire beh siamo messi piuttosto male, in definitiva abbiamo fatto tanto sforzo ma non abbiamo ottenuto quasi niente in definitiva. Voglio darvi un ulteriore elemento per dirvi, è vero che nel consumo di elettricità, quindi sto parlando di elettricità, queste nuove rinnovabili rappresentano quasi il 12% dell'elettricità, ma siccome l'elettricità rappresenta il 20% dei consumi di energia che noi facciamo, quindi il 20% per il 12% fa quel 2,4% di cui vi parlavo prima. Quindi questa è la fotografia oggi. Ed è una fotografia che effettivamente ce la dice Lunga, spesso anche sui giornali, anche sui giornali seri c'è confusione, quindi chiedo scusa per la categoria, a nome della categoria anche se io sto tenta, si confonde spesso energia con elettricità, attenzione. Lo fa anche il sole 24 ore. Lo so, chiedo scusa a nome della categoria ma io sono sicura di non averlo mai fatto. Io ve lo segnalo ogni volta, quando vedo scritto energia in realtà è elettricità. E questo è un punto fondamentale. Si fa un errore ciclobico perché 80% dell'energia che noi consumiamo non è elettricità. Assolutamente, ci sono i trasporti, ci sono anche i trasporti pesanti, il riscaldamento e tutto quanto. Però qui mi porta direttamente a un punto su cui avrei voluto magari soffermarmi dopo, ma lo faccio subito. Si dice, ed è probabilmente quindi confermato anche da questo, che l'elettrificazione ci porterà più facilmente a decarbonizzare. E elettrificazione cosa significa? Significa che, parliamo di consumi finali di energia, tutti, una quota più ampia diventi elettricità. E se è l'elettricità e se noi la facciamo a rinnovabili, il gioco è fatto. Per quanto riguarda l'elettrificazione, però, la strada è molto lunga. Doveremmo arrivare al 2050, si parla addirittura al 60%, prima di allora con tappe intermedie. Che cammino ci siamo dati? E ce la possiamo fare? Allora la IEA, quindi l'International Energy Agency, dice che per raggiungere il famoso net zero by 2050, non nuova CO2 emessa nell'atmosfera a partire dal 2050, che resta l'obiettivo che abbiamo per consentire che l'aumento delle temperature medie del nostro pianeta non ecceda l'1,5%. Cioè tutto lo schema dice che per non aumentare le temperature più dell'1,5% dobbiamo emettere nuova CO2 a partire dal 2050 e per non emettere nuova CO2 dal 2050 dobbiamo usare più elettricità e meno combustibile. Quindi dice che sostanzialmente dovremmo elettrificare 50% dei nostri consumi, invece del 20% di oggi dovremmo arrivare a 50%. Per esempio, tutti voi siete a corrente dello sforzo che sta facendo l'Europa, non il mondo, ma l'Europa in termini di trasporto elettrico. Pensate che in Europa dal 2035 le automobili non full electric saranno proibite. Questo è un modo di passare dalla benzina o dal diesel all'elettricità. Speriamo di avere elettricità tutta rinnovabile per quell'epoca, perché se l'elettricità la facessimo dal carbone siamo da capo. Questo è l'obiettivo che ci siamo posti. Tra parentesi, per raggiungere il tema importante, per arrivare al 50% di consumi elettrici dobbiamo più che raddoppiare le nostre reti elettriche. Quindi raddoppiare e più ancora l'alta tensione, raddoppiare la distribuzione per far arrivare... Questo è un livello mondiale. Io parlo sempre del mondo, perché poi questi temi della CO2 sono temi mondiali. Per far arrivare l'elettricità e che sostituisca gli idrocarburi dobbiamo far crescere le reti. Anche qui l'investimento è ciclopico, è colossale. Normalmente sono investimenti regolati e quindi alla fine finiranno nelle bollette, che crea un problema complessivo che stiamo già vivendo, perché questa transizione energetica non è a costo zero per i consumatori. D'altra parte è qualcosa che dobbiamo fare e fa parte degli sforzi che l'umanità è portata a sopportare. Allora in Europa viene visto in un certo modo, in India ne ha visto in un altro, in Cina in un altro ancora, negli Stati Uniti... Allora ma alla fine questo è un tema mondiale che dobbiamo affrontare. Un tema che va affrontato a livello mondiale. Sulle Europa mi hanno colpito molto i dati di Euroelectric recenti in cui stima che gli investimenti anche in Europa, dove comunque non è che abbiamo le reti che hanno in Africa, dovranno passare da 33 miliardi di euro all'anno a 67 miliardi di euro l'anno, che è tantissimo. E' un tema che forse è stato trascurato in passato, perché stiamo vedendo, è nelle, ma tutte le utilities europee a dire il vero, che si stanno più rifocalizzando proprio su questo tema delle reti. In passato era stato un po' messo in secondo piano, sono stati commesse... Beh diciamo questi sono investimenti che le compagnie elettriche, sia quelle del trasporto come Eterna, sia quelle della distribuzione come Enelo, tanti altri, fanno volentieri. Perché sono investimenti che una volta autorizzati dall'autorità, che resta il gate che dobbiamo superare, vengono remunerati all'interno della RAB. Quindi certo sono investimenti importanti, ma non sono investimenti a rischio. Sempre che l'autorità li autorizzi. L'autorità a sua volta li autorizza nella misura in cui li può caricare i consumatori. Perché poi alla fine il meccanismo è quello lì. Io te li riconosco nella RAB, ti riconosco questi tuoi investimenti, non so, il 5-6% di ritorno e te lo do in tariffa e tu lo carichi ai consumatori. Quindi fa parte di quel pacchetto di costi aggiuntivi che saremo destinati tutti noi a sopportare per far fronte a questo cambiamento epocale del nostro modo di produrre e consumare energia. Stiamo andando, sono ormai vicinissime alle elezioni europee, l'Europa è stata fino adesso in prima linea, come è anche giusto che sia, probabilmente siamo la parte ricca del mondo nel guidare la transizione. Però proprio questi aspetti, il fatto che si scarichi in bolletta, il fatto che le autoelettriche comunque siano ancora piuttosto costose, oddio, magari per poco perché arrivano quelle cinesi low cost. Comunque i costi della transizione sembra che si veda un certo malessere, come va gestito questo malessere? Un tema di comunicazione? Io mi sono fatto quest'idea qui, però parliamo veramente di mie opinioni. L'Europa ha affrontato con entusiasmo la sfida energetica e quindi la decarbonizzazione dei nostri consumi, l'ha affrontata con entusiasmo per due ragioni. La prima è che all'interno dell'Europa e vorrei dire in particolare in Germania, ci sono stati dei partiti verdi, estremamente forti, che addirittura in questo momento sono parte della maggioranza nella Repubblica Federale Tedesca e quindi, voglio dire, avevano una grande voce su questo tema, voce che è stata ascoltata e poi i politici normalmente ascoltano giustamente i votanti, quindi il fatto che ci fossero delle voci così forti sul terreno green e quindi sul terreno di come affrontiamo la transizione energetica ha contribuito a che l'Europa prendesse una posizione di prima linea su questo. Seconda ragione, sempre di nuovo molto, direi, originata in Germania, il concetto era questo, un concetto anche piuttosto affascinante, dicendo se noi affrontiamo i temi della transizione energetica prima degli altri con entusiasmo ci doteremo prima degli altri delle tecnologie, delle metodologie, del know-how per affrontare quella sfida climatica che tutti hanno. Quindi se partiamo per primi saremo i primi che hanno, diciamo, tutto quello necessario perché il mondo ci segue. Ecco questa seconda scommessa ha funzionato un po' meno bene perché la verità è che oggi questo mondo delle nuove rinnovabili, l'Europa è sempre di solare eolico, è totalmente controllato dalla Cina, lo è in tutta la filiera, quindi dalle materie prime, la trasformazione delle materie prime, la costruzione, per tutta una serie di ragioni che poi magari potremmo un po' elaborare e quindi devo dire la verità, non è, per esempio, vi cito un esempio, in Germania se mettete l'orologio indietro di 15 anni, c'erano alcuni produttori di pannelli fotovoltaici, sono praticamente spariti tutti. Perché? Perché la Cina è talmente competitiva nei costi, nei volumi, che ha ucciso quasi tutta l'industria mondiale dei pannelli fotovoltaici. Enel da questo punto di vista sta facendo la sua parte perché con lo staventimento di Catania sta facendo un grosso sforzo per costituire un'alternativa alla produzione dei pannelli fotovoltaici cinesi. Gli Stati Uniti pure, utilizzando una tecnologia vagamente diversa da quella cinesa, perché anche qui ci sono dei progressi importanti, sta facendo, tra parentesi, lo dico per sempre per contribuire alla cultura complessiva di questo tema delle rinnovabili. Il fotovoltaico, non pensiate che sia una tecnologia molto moderna, è stata inventata prima della seconda guerra mondiale, quindi stia appalado di una cosa dei nostri nonni. E' evoluta molto, quindi è certamente molto più efficiente che 80 anni fa o 90 anni fa, ha dei costi molto più bassi di produzione, quindi tutto bene, tutto ok, ma non è una tecnologia rivoluzionaria, no? Quella di utilizzare la luce del sole per trasformarle in energia elettrica. Ecco, quindi questa è un po' come io vedo la situazione. L'Europa, allora, bisogna vedere da questo punto di vista, rispondo più direttamente alla tua domanda, le proteste degli agricoltori, in Germania in particolare, ma anche in Olanda. I partiti verdi che invece di guadagnare i voti perdono un po' di voti, può darsi che cambino l'atteggiamento dell'Europa e in particolare della politica di Brusseli su questo tema. Dovrei dire, questo non lo so se avrà, lo vedremo a valle delle elezioni, io mi auguro tra parentesi che questo non avvenga perché alla fine noi dobbiamo continuare in questo nostro sforzo. Quello che invece considero una battaglia abbastanza persa è quella di essere leaders tecnologici del mondo delle rinnovabili. Battaglia addirittura persa o c'è qualche altro campo in cui magari mi aveva parlato un po' di tempo fa il direttore della IEA, dell'agenzia internazionale dell'energia, che diceva, lasciamo perdere le battaglie perse appunto sul solare, eccetera, però abbiamo dei campi in cui invece potremmo provare a vincerla questa battaglia di una, non superiorità, ma magari di una vanguardia tecnologica? Ci sono dei campi secondo lei. Allora, qui ci spostiamo su terreni in parte nuovi, in parte vecchi, che però da questo punto di vista sono piuttosto temi ancora confusi, naturalmente in nucleare, ma qui di nuovo non dimentico, ve lo dico, ve l'avete letto, ma ve lo ricordo, che la Germania in piena crisi energetica, quando le bollette dei consumatori di elettricità e gas erano esplose, ha chiuso tre centrali nucleari per rispettare l'impegno che aveva preso il governo, il governo semaforo, così detto tedesco, nei confronti dei verdi, quindi voglio dire, con una Germania che ha chiuso tre centrali nucleari, in un momento drammatico, pensare che il nucleare riprenda grande vigore in Europa, non lo so, molto dipende anche delle elezioni naturalmente, dovrà comunque in ogni caso essere vissuto come un nuovo nucleare, come qualcosa di diverso, più piccolo, più gestibile e così via. E lì forse possiamo quindi giocarci un po' di competenze tecnologiche, un po' di avanguardia. Tornando alla Cina, che effettivamente ha un controllo impressionante sia della filiera destolare, comincia a fare grossi passi avanti anche nell'eolico, persino nell'eolico dove abbiamo ancora gruppi importanti in Europa, le batterie e l'auto elettrica è veramente un dominio cinese impressionante e preoccupante. Qual è l'approccio giusto a suo parere da adottare nei confronti della Cina? Quello degli Stati Uniti, la Jelland che ancora ieri a Stresa si è scagliata contro, no, dobbiamo erigere un muro, una muraglia contro l'overcapacity della Cina, Dazzea, tutto andare, o forse in fine conti hanno abbassato il costo di queste tecnologie, e queste tecnologie ci servono e le vogliamo? Su questo non c'è dubbio. Che atteggiamento dovremmo avere. E sono diventati anche dei leaders tecnologici. Ho incontrato qualche settimana fa un signore che è un inglese che lavora molto in Cina, che mi diceva che è stato da Huawei in Cina e ha caricato la sua automobile al ritmo di un chilometro al secondo. Wow. Quindi lui in 5 minuti ha caricato 300 km l'automobile elettrica. Questo perché, adesso non voglio entrare in queste cose che magari non vi interesserà, ma l'inverter di questo sistema di carica è talmente efficiente. Siccome le automobile elettriche suscitano perplessità da parte del consumatore, dal consumatore italiano super perplessità, ma perplessità anche dal consumatore europeo e mondiale, soprattutto per i tempi di ricarica, penso che tutti noi, se sapessimo che carichiamo l'automobile in 5 minuti, avremmo un atteggiamento diverso che se la carichiamo in 30 minuti. Quindi da questo punto di vista la Cina e particolarmente Huawei riesce non solo a fare a costi bassi cose che sappiamo fare anche noi, ma riesce anche a fare cose che noi non sappiamo fare. I famosi inverter, anche quelli, ormai li costruisce per il 90 per cento. E' un altro componente che ormai ci vede. E' andati a monte in tutte le materie prime, dal cobalto, cioè loro tutto quello che fa parte delle rinnovabili se ne sono sostanzialmente appropriate. E' fatto bene. Non deve essere una critica, assolutamente, è semplicemente una situazione di fatto che stiamo vivendo. Allora io non vorrei semplificare questo tema, che magari dico delle cose un po' abrasive, ma io penso che noi europei faremo quello che vogliono gli Stati Uniti. Quindi se gli Stati Uniti mettono delle barriere lo faremo pure noi. Se loro hanno messo il 100 per cento di duties, diciamo di dogane sulle automobili elettriche, lo faremo anche noi. Ma lo faremo anche noi per delle ragioni politiche di alleanza, ma anche per delle ragioni reali. Perché se noi dovessimo avere il mondo aperto alle automobili elettriche cinesi non ne facciamo neanche una in Europa. Pensate, ho incontrato un costruttore di automobile cinese due settimane fa, che fra l'altro vorrebbe costruire un'automobile in Europa, e gli ho detto ma quanto costa in Cina l'automobile più cheap, più a mercato che fai tu? Allora mi ha detto che lui produce un'automobile, diciamo city car, quindi con 200 chilometri d'autonomia elettrica, quattro posti però due porte, e costa 5.000 euro in Cina. Voi capite che se noi avessimo un'automobile che... Il costo di produzione? No, no, lo vendono a 5.000 euro. Se noi avessimo un'automobile da 5.000 euro, me l'immagino, ma non è anche mostrata sul cellulare, tipo Smart, diciamo, però quattro posti, la Smart a quattro posti, a 5.000 euro, chi è che compra un'automobile europea che ne costerebbe 10.000 o 12.000? Non so quando. Beh 10.000 è già quella cinese importata. Ecco no, ma dico, cioè... Questa è purtroppo unico. Io mi vedo, mi vedo, ma guardate, questa è veramente una mia illazione. Mi vedo l'Europa fare quello che fa gli Stati Uniti. Per queste due ragioni, prima perché abbiamo gli stessi problemi, e poi perché siamo alleati, e diciamo tutto l'atteggiamento dell'Occidente verso la Cina deve essere un po' uniforme, no? Faccio fatica a immaginare l'Europa che segua una strada tutta diversa. Certo. Quindi altri sussidi per sostenere l'industria locale e altri sussidi che ricadono magari sulle spalle poi delle contribuente, non in bolletta, ma nella fiscalità generale. E questi temi dei costi di tutto questo è il tema che abbiamo davanti a noi. E il tema dei costi sarà probabilmente il tema chiave anche a livello internazionale, no? Si accendava prima, ed è giusto sottolinearlo, che la transizione energetica o la si fa tutti insieme, nel senso l'umanità e il mondo, o non la si fa. E nelle sedi internazionali stiamo registrando dei passi avanti. Adesso non vorrei sembrare l'ingenua che vede il bicchiere mezzo pieno, anche perché di solito mi accusano di pessimismo e catastrofismo, quindi non temo questa accusa. Ma COP28, tenuta sia Dubai, Emirati Arabi, Paese produttore di petrolio, con tutte le polemiche che ne sono conseguite, ha registrato un successo storico, perché che oltre 200 Paesi abbiano dichiarato di essere pronti, di appoggiare una transition in a way, poi insomma è un equilibrismo diplomatico per ottenere l'adesione anche di Paesi produttori di bussibili fossili. E' un traguardo pazzesco, triplicare le rinnovabili entro il 2030. COP29, che è già in preparazione, perché sarà a novembre in Azerbaigian, quindi di nuovo in un Paese produttore di petrolio, membro dell'OPEC Plus, l'hanno già soprannominata nel settore come la Financial COP, perché il nodo centrale, si pensa, nelle discussioni sarà benissimo. Adesso che siano tutti d'accordo, ma come lo paghiamo? E come lo paghiamo? Si può pensare di arrivare a una linea generale che un po' smussi anche le diseguaglianze? Insomma i Paesi poveri dovremmo pagargli, ma già facciamo fatica a pagar la nostra, messo proprio in maniera brutale? Intanto fammi dire una parola di ottimismo su questo. Facciamo gli ottimisti tutti e tutti. No, di ottimismo nel senso che la COP28 ha riconfermato gli obiettivi al 2030, perché voi sapete che ci sono due tappe, una tappa 2030 e un'altra 2050. Quindi entro il 2030 il nostro pianeta deve ridurre del 43% le emissioni per rapporto a quando siamo partiti, quindi al 2015. Possiamo ridurre le nostre emissioni del 43% nei 7 anni che mancano da qui al 2030? Allora la risposta è sì, possiamo farlo, tecnicamente possiamo farlo, cioè abbiamo le tecnologie che peraltro continuano a migliorare, abbiamo gli impianti industriali per produrre pannelli, per produrre un paleolico e tutto quanto necessario, abbiamo denaro per farlo perché non dobbiamo dimenticare che le rinnovabili sono a basso costo, cioè il kilowattora prodotto da un pannello sottile, un pannello solare, costa di meno che il kilowattora prodotto da gas o da carbone, quindi l'economicità di questo sforzo c'è e quindi per certi aspetti il consumatore beneficia di questi investimenti, non è che gli costano, gli costerà magari l'automobile elettrica che costa di più dell'automobile a combustione interna, ma da un punto di vista della bolletta. E' un'ingrediente importantissimo di tutti i conti che andiamo a fare. Cos'è che manca a mio parere? Scusate, che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo fare nei prossimi sette anni il triplo di rinnovabili di quelle che abbiamo fatto negli ultimi 19 anni. Certo, è qualcosa di molto ambizioso, ma non è che gli costi di più dell'automobile a combustione interna, ma che non è che gli costi di più dell'automobile a combustione interna, ma che non è che gli costi di più dell'automobile a combustione interna, ma che non è che gli costi di più dell'automobile a combustione interna, ma che non è che gli costi di più dell'automobile a combustione interna, ma che non è che gli costi di più dell'automobile a combustione interna, ma che non è che gli costi di più dell' e qualcosa di però non è impossibile. Lo possiamo fare. Anzi, dovrei dire che lo dobbiamo fare per rispettare gli obiettivi che ci siamo che ci siamo posti. Allora cosa manca in tutta questa situazione? Manca quel senso di urgency, che è quello che fa fare le cose. Io ogni tanto cito, durante la seconda guerra mondiale, gli alleati hanno fatto un ponte sul reno in due giorni. Se oggi tu dicessi, facciamo un nuovo ponte sul reno tra progettazione, studi, impatti ambientali, ci mettiamo sette anni. O noi affrontiamo il tema della transizione energetica con un senso di urgency, quindi veramente è una priorità assoluta, come se fossimo in guerra. È una guerra che dobbiamo fare per salvarci la pelle dai cambiamenti climatici. Se l'affrontiamo con quell'approccio, oppure non ci arriveremo mai. E questo è in parte un tema della politica, ma è anche un tema dei cittadini. I cittadini devono sapere, devono accettare tutto questo. È chiaro che se cominciamo a dire, noi pannelli e orici li mettiamo solo sui tetti delle case. Ho capito, ma non abbiamo abbastanza tetti. Dobbiamo capire che siamo in una guerra per l'ambiente e dobbiamo affrontarlo nel modo in cui si affrontano le guerre. In cui tutte le regole che valevano prima vengono accantonate per un momento e si va avanti. Se pensiamo di raggiungere questo obiettivo 2030, quindi questi investimenti ciclopici che dobbiamo fare nelle rinnovabili, mantenendo tutte le regole che abbiamo avuto fino ad adesso, non ci arriveremo mai. A lei mi sembra quasi parlare come i giovani di Stigio Rebellion. Ha questo senso d'urgenza, sembrano averlo i gruppi più estremisti e non i cittadini comuni. Io penso che noi dobbiamo avere un senso d'urgenza per arrivare. Ma come lo troviamo se non ci bastano le catastrofi ambientali che osserviamo ogni giorno, le anomalie climatiche, la temperatura che lo sentiamo che sta cambiando? Di questo credo che una consapevolezza ce l'abbiamo tutti. Questo senso dell'urgenza, dello siamo in guerra, che cosa potrebbe farlo scattare? Questa è una domanda a cui faccio fatica a rispondere. Io, da questo punto di vista, tendo a essere pragmatico. Nel senso che i giovani, giustamente, che saranno vivi nel 2050, altamente improvabile che sia vivo nel 2050, guardano al 2050 con un occhio diverso da quello con cui lo guardo io. Quindi loro hanno un senso di urgency e cercano, magari in modi che non condivido, ma questo non è importante, di trasmettere questo senso di urgency a tutti. Allora, come fare? Faccio fatica a dirlo. Certamente, già semplicemente, dare i dati. Quante volte mi capita di stare in un salotto, parlare con qualcuno che è convito che la transizione energetica sta avvenendo? Quando io spiego che non abbiamo bruciato più carbone, più petrolio, più gas che mai, mi guardano come se fossi matto. Ma è la verità. Il problema è che se leggiamo i giornali, tanto per cominciare, confundiamo energia elettrica con energia. Questo è un colpo che do a lei. No, perché io non l'ho mai fatto. Lei non l'ha mai fatto. A trovare un mio penso dove ho confuso. Io sono una tignosa pazzesca. Allora, già capire dove siamo, può darse che contribuisca a questo senso di urgency che dobbiamo avere. Se no, non ci arriveremo. Però, non so se faccio l'avvocato del diavolo, ma trovo che i giornali alimentino una sensazione di catastrofismo infondato. Perché il titolo catastrofico su clima viene cliccato, perché c'è stato un ricercatore che aveva pubblicato anche un pezzo su un giornale inglese, in cui denunciava che nel mondo accademico, per farsi pubblicare una ricerca, era altamente consigliabile prendere quello spicchietto di realtà che corroborasse sensazioni terribili di armageddon sul clima, perché questo è il tema che fa tendenza. Noi sappiamo che nel mondo dei social, di internet, il giusto equilibrio, forse è utopico, che chi scrive di energia ci capisca e riesca a distinguere energia da elettricità, o dobbiamo piantarla anche di fare il catastrofismo, che poi diceva, vabbè, ma allora, ormai abbiamo perso la battaglia, vada tutto in vacca, perché alla fine si riesce all'effetto... Io dico questo, mi fai ridere, perché il catastrofismo dei giornalisti, io potrei mostrarvi articoli, potrei dirvi anche di che giornale, ma non ve lo dico, il po muore, titolo, non abbiamo mai visto tanta acqua che ne sono gli ultimi due mesi, quindi la gente comincia anche a dubitare di questo, perché a furia di dover fare titoli, la siccità globale, mi sembra che siamo in siccità, siamo invasi dall'acqua da tutte le parti, per fare titoli, si fa una gran confusione, per cui la gente comincia a pensare, ma forse sono tutte balle, ma forse siamo già tutti morti, allora balliamo sul Titanic, no? Comunque così è, diciamo, quello che mai preme dirvi è che il raggiungimento degli obiettivi 2030 è possibile, è possibile, se poi mi chiedete cosa fa Enel, vi dico che Enel su questo terreno fa la sua parte, l'ha fatta nel passato e continua a farla anche per il futuro. Anche Enel concentrandosi di più sulle reti in questo momento, di più di un tempo? No, dunque allora, le reti per le aziende che fanno distribuzione, le reti sono una cosa importantissima, tutti gli investimenti nelle reti autorizzati dalle autorità le fanno molto volentieri e non c'è nessun problema. Per quanto riguarda invece la generazione da fonti rinnovabili, Enel da molti anni è uno dei leader mondiali negli investimenti nelle rinnovabili, nel piano che è stato pubblicato, approvato qualche mese fa, questi investimenti nelle rinnovabili continuano a crescere, più o meno nel ritmo che ha avuto nel passato, quindi è un terreno su cui Enel continua a misurarsi, perché lo ritiene da un lato una cosa necessaria per la transizione energetica e poi questi investimenti sono redditizi, cioè se li fai nel modo giusto, nel paese giusto, nei mercati giusti è un investimento redditizio, quindi lo fa perché fa parte del suo lavoro, addirittura non mi ricordo più per quale anno noi ci ripromettiamo di avere solo rinnovabili un giorno, solo rinnovabili, utilizzando anche le batterie. Esatto che è un'altra cosa che viene spesso dimenticata. Sulle batterie dove aspettiamo tutti con ansia un'evoluzione tecnologica, perché le nostre batterie sono ancora molto inefficenti, le batterie agli ioni di litio sono state inventate nel 1978, tra l'altro da un ricercatore della Exxon, sono state applicate per prime dalla Sony, ma stiamo parlando di una tecnologia che ha 70 anni, sono ancora troppo pesanti, troppo costose, hanno poca capacità, durano poco, quindi è uno dei terreni di cui le rinnovabili hanno un bisogno estremo, perché le rinnovabili che piccolo difetto fisico hanno, che ci sono quando vogliono loro, non quando vuoi tu, tu hai il solare quando c'è il sole, se non c'è il sole non hai il solare, quindi stoccare l'energia solare per averla di notte è un ingrediente fondamentale del successo delle rinnovabili. Da questo punto di vista le batterie sono assolutamente necessarie, non pensate che c'è tutta l'MIT che passa le giornate a pensare alle batterie, il mondo che pensa come evolvere. In Cina tra l'altro hanno dei centri di ricerca e sviluppo che sono tra i più avanzati del mondo oggi, perché la Cina non è solo sui segmenti low cost della filiera o sulle tecnologie semplici. C'è uno che faceva il commento e diceva se Thomas Edison, voi sapete che Thomas Edison è quello che ha inventato tutto nell'elettricità, ha inventato tutto lui, tutto quello che vi viene in mente Thomas Edison. Dicono se Thomas Edison fosse vivo direbbe ma come dopo 120 anni che sono morto le vostre batterie sono solo 4 volte più efficienti della mia. Nel senso che il progresso in 120 anni è stato piuttosto limitato quindi lì abbiamo bisogno di nuove tecnologie. Assolutamente. Abbiamo soltanto sei minuti alla fine, non vorrei rubare tempo all'evento successivo che mi hanno detto che assolutamente bisogna finire. Faccio una piccola domanda ulteriore sull'idrogeno, che è uno degli aspetti della transizione, l'idrogeno verde se n'era tanto parlato, su cui invece probabilmente si stanno avendo forti ripensamenti, ci sono una marea di progetti sulla carta ma pochi davvero con impegni di finanziamento, di investimento. Forse è stata di nuovo una falsa speranza perché l'idrogeno è un po' ciclico, ogni tanto torna, di nuovo al tramonto. L'idrogeno piace a tutti perché? Perché può essere messo al servizio di quei settori che hanno bisogno di alte temperature tipo la siderurgia o nei trasporti che non possono andare con elettricità. Gli aeroplani potrebbero andare a idrogeno, non fanno fatica andare con le batterie elettriche. La gente pensa all'idrogeno per sostituire questo. Poi quando dice ma lo devo fare verde, vuol dire che lo devo fare da rinnovabili con l'ascissione della molecola dell'acqua. Tutto questo porta a due conseguenze. La prima è che quell'idrogeno verde è molto costoso. Costa circa cinque volte l'idrogeno non verde, quello che si prende dal metano. Quindi è un prodotto costoso. Il secondo difetto che ha è che usa una quantità gigantesca di rinnovabili. Finché non abbiamo abbastanza rinnovabili per far funzionare l'energia elettrica, perché dobbiamo utilizzarle sprecando nella metà per rompere la molecola dell'acqua e per estrarre l'idrogeno? Tutto questo spiega il va e viene del tema idrogeno. Non so se una buona notizia o una grande speranza, non so se l'avete letto, alla fine dell'anno scorso è uscito un articolo su New York Times, poi ripreso dal Financial Times, che parla dell'idrogeno bianco. Questo pare, lo dico ancora pare anche se è scritto da dei grandi giornali, che nel sottosuolo esistano giacimenti di idrogeno, come se fosse metano, tra cui, tra parentesi, un grandissimo giacimento in Lorena, quindi in Francia, ma anche negli Stati Uniti, che è estraibile e che per di più è rinnovabile, nel senso che si riproduce da solo in presenza di minerali di ferro nel sottosuolo e che ce n'è una quantità per i prossimi 300 anni. Questo lo dice la National Geological Society degli Stati Uniti. Vi do delle cose che ho letto, ma che non è che ho letto. E' chiaro che se trovassimo il modo di estrarre idrogeno dalla terra come se fosse metano, lo tiriamo su e lo utilizziamo. Per tutto questo aprirebbe degli scenari meravigliosi alla transizione energetica. Si riproduce, poi, perché l'acqua, andando a contatto con minerali di ferro, si scinde e emette idrogeno. Andate da un web, mettete idrogeno bianco e leggerete gli articoli che ho letto io. No, lo dico perché in questo scenario quando parliamo del 2050 beh non possiamo escludere innovazioni tecnologiche o scoperte tipo quella di cui ho parlato o che riguarda le batterie o riguarda non parliamo del nucleare piccolo non piccolo eccetera io ogni tanto mi capita di parlare di nucleare che però dico subito sulla scorta delle tecnologie che noi controlliamo oggi è l'unico modo per arrivare al net zero nel 2050 soltanto che quando parlo di questo tema in Italia cerco sempre di precisare una cosa no? Guardate che se l'Italia dovesse dovesse fare una scelta nel nucleare deve fare 20 centrali nucleari no 2 quindi questo appone subito il problema dove sono i 20 siti no perché siamo tutti italiani ci conosciamo noi abbiamo paura delle antenne figuriamoci dell'impianto quindi voglio dire questo presupporrebbe nel caso del nucleare dei cambiamenti di atteggiamento nei confronti di questa scelta che peraltro mi risulta ci sia in Italia in particolare dei giovani ma che devono affrontare il tema non not in my backyard mi piace molto il nucleare altrove purtroppo dobbiamo farne 20 non è che è sempre altrove ma dice 20 per dire? No, 20 per no, 20, 18, 22, soprattutto se sono piccole dobbiamo farne tante perché se no non è che ne facciamo... Quindi 20 per dire tante? No, no, io dico 20 perché si parla tra 20 e 30 ma adesso magari invece di 20 sono... Una ventina. Non è che uno dice lo faccio lì. Questi malvagi giornalisti che scrivono scaroni, 2 punti ci vogliono 20 centrali fuori i siti. No, io dico soltanto che una scelta... cioè la Francia a 58 a 58 rettori nucleari cioè non è che ne ha uno, ne ha 58 negli Stati Uniti... Ma io la sto aiutando perché hanno un avvertito lì di stampa che poi devono rimediare... No, però pensate che negli Stati Uniti la prima fonte di elettricità è il nucleare quindi quella cosa che a noi ci sembra molto strana assai mezzomondo la utilizza, no? Sì, sì, no, certo, è meno male perché dove non lo usano è il carbone, è di solito l'alternativa. Mancano 40 secondi, peccato, avrei voluto chiedere del vincolo delle materie prime, invece no. L'abbiamo fatto tutto. No, delle materie prime mi sarebbe piaciuto, che sono la mia vecchia passione, ma non si può. Mancano 30 secondi e chiedo anche scusa al pubblico perché sono certa che avrebbero avuto domande, interessi, però eravamo molto compressi come tempo e ho cercato di chiedergli il più possibile. Bene, grazie signori, grazie. Grazie.
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