L’utilizzo dei robot umanoidi in fabbrica e le regole necessarie
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L’utilizzo dei robot umanoidi in fabbrica e le regole necessarie
L'Italia è un leader nella robotica industriale, ma l'introduzione di robot umanoidi nelle fabbriche solleva nuove sfide. La sicurezza, l'interazione uomo-macchina e l'etica dell'IA richiedono normative e standard in evoluzione. La formazione interdisciplinare è fondamentale per preparare i lavoratori a gestire la transizione tecnologica. L'integrazione di IA e IoT offre opportunità per le PMI, ma la frammentazione dei dati e l'organizzazione del lavoro restano ostacoli.
Buongiorno, bentrovati. Oggi parliamo di robot umanoidi e il loro utilizzo in fabbrica. In realtà l'utilizzo di robotica all'interno delle fabbriche ha già una storia insomma e quindi andremo a vedere cosa è stato fatto, com'è la situazione attuale e anche alcuni interrogativi rispetto al prossimo futuro, intanto normativi ma anche il tema della formazione che poi si rivela fondamentale nella gestione, nell'adattamento anche del mondo del lavoro rispetto a questo cambiamento e ovviamente di intelligenza artificiale che come sapete è un tema ormai ricorrente, pervasivo rispetto a un po' tutto quando parliamo di innovazione. Qualche numero prima di presentarvi i relatori, perché i robot industriali sono un settore importante per l'Italia perché è il sesto mercato mondiale secondo europeo con una stima di 11.500 robot venduti nel 2022 con un aumento dell'8% e la previsione di crescita tra il 2024 e il 2026 di un ulteriore 7% alla fonte World Robotics, l'ultimo report 2023. Questi sono gli spunti, poi appunto però parliamo anche dei robot umanoidi, quindi che hanno sembianze umane quindi vediamo se qualcuno li sta utilizzando, nell'automotive ci sono esempi e lo vediamo con i relatori di oggi, Donatella Asciutto, retrice del Politecnico di Milano, benvenuta, Marco Ventivogli coordinatore base Italia, benvenuto e con Fulvio Giorgi, amministratore delegato di IMQ, benvenuto. Iniziamo con Ventivogli, qualche numero per sumi capi l'ho citato nell'introduzione, è interessante per chi ha la sua esperienza, come leader sindacale, conosce molto bene le fabbriche, si è anche occupato di robotica, in dei libri, a che punto l'introduzione nelle fabbriche della robotica e se si può già fare un bilancio di quello che è stato l'impatto anche sul lavoro? Buongiorno, innanzitutto i robot compiono, quando è nato il nome, se torniamo indietro, attorno al 1921 c'è questa regista teatrale, scrittore teatrale, Kapek, che fece questa commedia teatrale in cui appunto per la prima volta si parlò di robot, se andiamo nella storia vera addirittura si vanno diverse centinaia di anni prima della nascita di Cristo, per cui la storia è molto grande, è molto lunga, quello che è importante è che i robot non sono una cosa esse come tutte le tecnologie hanno periodi di maturazione e di evoluzione, soprattutto se vogliamo entrare nel discorso dei robot umanoidi, diciamo che la loro applicazione è ancora molto parziale, noi definiamo, è sufficiente che ci sia un apparato meccanico, che sia aggiornabile e che abbia più di tre assi per essere definito un robot, per cui un Bancomat è un robot in fondo, allora se noi immaginiamo robot è solo qualcosa che ha le sembianze antropomorfe, umanoidi, umane e ha la strada da fare ancora molto lunga anche se nell'ultimo periodo c'è stata un'accelerazione molto importante. Secondo aspetto, i robot fanno molto bene al lavoro, questa è una mia posizione, chiaramente non pretendo di dare il verbo, però questa retorica della sostituzione umana perde continuamente colpi. Se noi prendiamo, c'è un indicatore che misura la densità della robotica, cioè quanti robot sono installati ogni 10.000 lavoratori, i paesi a maggior densità della robotica sono la Corea del Sud, il Giappone, il Hong Kong, la Germania, i paesi che contemporaneamente hanno i tassi di disoccupazione più bassa. Per cui evidentemente, certo, ha fatto questo libro pieno di dati interessanti in cui non è sufficiente la tecnologia, c'è anche l'architettura attorno a cui si costruisce che determina più o meno occupazione. Quello che però accade soprattutto nelle ultime evoluzioni del lavoro è il rapporto tecnologico e uomo-machina. Mentre, se pensiamo ai vecchi robot industriali, quelli che guidavano le linee di assemblaggio, i sistemi di verniciatura, quelli ne eravamo già molto forniti negli anni 70, pensate, i più giovani non la riconosceranno, la Fiat Mirafiori, la Fiat Ritmo, avevano apparati di verniciatura già tra il 72 e il 78 totalmente robotizzati. Per cui i robot sono tra noi da moltissimi anni. Quello che sta cambiando è molto interessante perché, mentre l'azione umana in qualche modo era servizio della linea di montaggio dei suoi tempi, soprattutto del ciclo di lavoro, con la robotica collaborativa cambia tutto. E per cui, paradossalmente, questo è molto più interessante, la macchina collaborativa perimetra la propria attività lasciando le cose più pregiate dal punto di vista professionale all'essere umano. Per cui, come potrà capitare, si trovano anche in aziende di meccanica con robot collaborativi anche tante ragazze. Non c'erano mai state. Se entrate in Ferrari, all'assemblaggio del V12, del mitico motore Ferrari di tutti i tempi, nell'assemblaggio c'è un robot cooperativo e ci sono tante ragazze, in molti casi, iperprofessionalizzate. Perché la parte della robotica cancella la parte faticosa, la postura della persona e l'ergonomia è dentro questa regola di ingaggio con cui si ibrida la persona e la macchina, i lavori ripetitivi, i lavori sporchi, noiosi, rumorosi, fastidiosi. In qualche modo abbiamo la possibilità di cedere progressivamente queste cose alle macchine. Io credo che sia un bel cambiamento. L'innovazione in questi casi logora chi non la fa e dove non entra le nuove tecnologie si resta a sistemi industriali vecchi, insicuri, scaramente produttivi e soprattutto scaramente realizzativi per le persone che vi operano. Immagino che questo passaggio negli anni, come dire, abbia portato diversi interrogativi anche a livello sindacale, nelle relazioni con i lavoratori rispetto al fatto che alcune mansioni andavano perse. C'era la comprensione nel momento in cui avveniva o sono discorsi che poi si fanno a posteriori? Io ci ho scritto anche un libro su questo. La tecnofobia è forte più ti allontani da una fabbrica. Quando in una fabbrica arriva una macchina nuova, sono contento delle persone. Faccio un esempio che vale un po' per tutti. La lastratura di un'automobile. Una volta voi pensate una Fiat Panda con 5400 punti di saldatura, voi immaginate ogni Panda fare 5400 punti di saldatura, ma con la saldatura di una volta, la maschera, serchinati, posizione posturale assurda, eccetera eccetera. Oggi ci sono per le Jeep 16, per le Panda 14, 14 robot cooperativi, che tra l'altro hanno un movimento anche armonioso, infatti è chiamata Butterfly, che svolgono il lavoro che la persona che faceva. Allora i primi attacchi, io me ricordo, dicevano, vedi adesso però il saldatore non c'è più. Io spiegavo, no, non c'è il saldatore, però ci sono 7 esperti di IoT, che dicevano noi ci occupiamo di che non litigano le macchine, banalmente. Ci sono quelli che possono controllare la qualità delle saldature in maniera più efficace, per cui c'è tutto quello che c'era a Monte, a Valle, durante i processi iper-automatizzati, per cui un upgrade di professionalità assolutamente importante. E poi aggiungo, il saldatore sapete quanto viveva dopo che era andato in pensione? Molto poco, inalava, gas, cose non positive, ha molto spesso problemi alla vista, sapete ogni tanto la maschera la si toglie, eccetera eccetera. E per cui se la tecnologia, con una nuova organizzazione del lavoro, aiuta a dare qualità al lavoro, perché no? Se poi aumenta anche la produttività, così come avviene quando le cose sono ben fatte, raccogliamo un po' il problema che ha questo Paese, in termini di guadagni di produttività. Certo, poi parliamo al secondo giro, le farò delle domande più sul tema AI, però prima di passare agli altri relatori, quando invece si parla di robot umanoidi, ad esempio ci sono questi video di Boston Dynamics che magari i più giovani vedono ogni tanto, che girano anche sui social, dove sono proprio robot umanoidi che sono in grado di trasportare pacchi all'interno della fabbrica, fare delle mansioni tipicamente umane, con più forza, e sono dei video abbastanza che colpiscono molto per la capacità che hanno, poi magari sono fatti anche un po' come dire, preconfezionati, in modo tale che non si vedono le fasi di errore in cui il robot cade e così via. Però, Tesla sta investendo su soluzioni di questo tipo, non solo in realtà anche BMW, ha visto già qualcosa, è qualcosa che può avere un impatto reale o è più, insomma, immaginifico e significativo perché assomigliano all'uomo? Ma in realtà io sono convinto che questa cosa di ricercare robot umanoidi in termini di sembianza è una cosa molto più da narrazione attorno. Il tema che ha oggi Tesla è un altro, che deve fare un'auto elettrica ai costi dei cinesi e deve completamente ripensare, e purtroppo questi sistemi inbox non stanno funzionando, dei sistemi per cui l'auto non è costruita lungo la linea, neanche orizzontalmente, neanche con i processi di lean production o con il 4.0, ma è che è costruita sostanzialmente a moduli come se fossero dei Lego, adesso per banalizzare. Il tema è che proprio in questi ultimi mesi si sta vedendo che questa cosa non sta funzionando, cioè i costi sono ancora, ma ci sono, come sappiamo, però un altro tema, motivi di vantaggi competitivi delle auto cinesi che difficilmente con tecnologia e organizzazione del lavoro compenseremo nel breve periodo. Fulvio, Giorgi, come MQ vi occupate di valutazioni di conformità, cosa significa in questo ambito in cui stiamo parlando, e poi le chiedo anche a che punto è la regolamentazione di questo mondo. In questo ambito significa, per esempio, che abbiamo provato presso i nostri laboratori e certificato il primo robot umanoide cognitivo, progettato appositamente per lavorare in fabbrica. Le ultime voci me lo danno come assunto, non so se a tempo è determinato o meno, comunque assunto, presso un'azienda manufatturiera del Riminese, dove si occupa di controllo qualità fine linea. Quindi, tra l'altro, anche questo non so se devo dirlo, ha la presenza del dottor Bentivogli, però noi l'abbiamo sfruttato, prima di, dopo averlo provato, l'abbiamo sfruttato per un evento che abbiamo fatto presso i nostri laboratori di inaugurazione di un'app tecnologico dove proviamo questo tipo di prodotti. Non l'abbiamo pagato, ecco, quindi adesso mi sono auto denunciato e possiamo continuare invece con il resto della domanda. Allora, come diceva prima il dottor Bentivogli, i robot non esistono da ora, da parecchi anni che sono presenti nelle aziende e anche dal punto di vista di chi fa il nostro lavoro è utile capire che ci sono delle regolamentazioni, delle prove, delle verifiche che devono essere fatte che riguardano la parte, diciamo, robotica, quindi di robotica industriale, a cui negli ultimi anni si sono aggiunte le verifiche che devono essere fatte invece per quanto riguarda l'intelligenza artificiale e da ultimo viene l'aspetto dell'antropomorfismo, quindi dell'assemblianza del robot con l'uomo. È molto importante, secondo me, la prima parte, anche che adesso magari tendiamo a dare per scontato però, le verifiche sulla parte robotica sono quelle che in qualche maniera garantiscono la sicurezza, l'utilizzo in sicurezza di questo tipo di apparecchiature. Sicurezza vuol dire che viene verificata la sicurezza elettrica, la sicurezza meccanica, la sicurezza degli attuatori, dei sensori che vengono utilizzati a bordo di queste macchine. Viene verificata la loro sicurezza funzionale, quindi in presenza di un guasto non deve succedere qualcosa di ulteriormente catastrofico rispetto al guasto stesso. Viene verificata la neutralità rispetto a fenomeni elettromagnetici. Il robot di cui parlavo prima, durante una prova di immunità in camera anecoica, ha smesso di funzionare. Noi diciamo scherzando è svenuto, poi l'abbiamo prontamente rianimato, sistemando il problema che aveva generato questo problema di immunità e abbiamo continuato con le prove. Teniamo presente anche che i robot sono apparecchiature in genere connesse, con altre apparecchiature. Ci sono tutte le verifiche da fare che riguardano la trasmissione dei segnali, la trasmissione dei dati, in caso scambino dati con altre apparecchiature. Quindi tutta la parte di connettività verifica dei protocolli di comunicazione e di cibersecurezza. Tutte le volte che scambiamo dei dati ci esponiamo anche rischi nell'ambito della cibersecurezza. C'è tutta una prima parte di verifica che riguarda questi aspetti, che io definisco tradizionali, ma semplicemente perché sono molto normati e regolamentati. Anche se sulla cibersecurezza è arrivata solo recentemente, però anche lì il quadro regolatorio e normativo è ben definito. Questi robot possono essere governati da un microprocessore con una logica deterministica oppure da algoritmi di intelligenza artificiale. E qua c'è un po' la novità degli ultimi anni, nel senso che a differenza di quello che dicevo prima, dove c'è una normativa, una regolamentazione abbastanza definita e abbastanza consolidata, sull'intelligenza artificiale e sugli algoritmi di intelligenza artificiale si sta iniziando ora a fornire quelle che sono le regole, quelle che sono le norme, anche tecniche di verifica di questi prodotti che integrano gli algoritmi di intelligenza artificiale. In questo quadro tra l'altro c'è l'AI Act che è passato al Consiglio Europeo, quindi anche in questo ambito immagino come le possa fornire quantomeno il quadro. Assolutamente sì, l'AI Act definisce il quadro legislativo regolatorio, soprattutto per quello che riguarda le applicazioni critiche. Esistono legislazioni simili anche in Nord America, in Canada, negli Stati Uniti. Quello che è importante è anche che si stanno sviluppando, stanno evolvendo anche le normative tecniche, in particolare in ambito ISO. Ci sono norme di alto livello che riguardano più che altro i sistemi di gestione dei sistemi di intelligenza artificiale, ISO 42000 ad esempio, che fa riferimento ad altre norme ISO che riguardano ad esempio Life Cycle, piuttosto che la terminologia che viene utilizzata in questi ambiti. Diciamo che, proprio per sintetizzare, quello che si prefiggono queste norme, fondamentalmente, è di iniziare a costruire un ambito ecosistema di fiducia per l'utilizzo di questi sistemi di intelligenza artificiale, andando a fondamentalmente agire su quelli che sono gli aspetti di robustezza degli algoritmi, di controllabilità, di prevedibilità da parte dell'uomo, quindi lasciano comunque all'uomo una possibilità di intervento, di prevedibilità di quello che è l'output e di trasparenza. Ovviamente, anche in questo caso, poi si innestano problematiche di sicurezza, quindi ritorniamo alla cyber security, piuttosto che di privacy, perché si parla sempre di trasmissione o comunque utilizzo di dati. L'altro aspetto su cui si sta lavorando a livello normativo è quello di garantire l'accuratezza della base dati di partenza, perché dalla base dati di partenza, ovviamente, trattandosi di algoritmi di tipo predictivo, quindi di tipo probabilistico, dipende poi la bontà dell'output. Sì, infatti, diciamo, spesso è già in ambito di design, di soluzioni di intelligenza artificiale in genere, che, come dire, bisogna tenere conto di una serie di valori e di pratiche. Magari sì, magari non è il caso proprio del robot umanoid che è dedicato a fare determinate azioni, in questo caso in fabbrica, ma in generale diciamo che l'aspetto di garantire che la base dati di partenza non abbia, ad esempio, dei bias, dei pregiudizi, è assolutamente fondamentale per garantire che anche l'output sia privo di pregiudizi e porti a decisioni che possono essere realizzate. Quindi possono essere incontrastanti con quello che è l'etica, piuttosto che i diritti e questo genere di aspetti. L'ultimo aspetto, proprio un minuto, perché non è l'aspetto antropomorfico, quindi il fatto che questi robot riproducano un aspetto umano. Allora, dal punto di vista della regolamentazione non c'è molto da dire, nel senso che andando sul concreto si parla esclusivamente, quello che c'è a disposizione sono le regolamentazioni, le norme, che attengono al materiale con cui questi robot vengono costruiti. Quindi deve essere un materiale sicuro, non deve incendiarsi, non deve rilasciare sostanze non consentite. Tutto ciò che manca, che però a mio avviso, a nostro avviso, potrebbe essere sicuramente nei prossimi anni materia anche qua di regolamentazione e di normazione, è l'interazione uomo-machina. Tutto l'aspetto di interazione uomo-machina dove la macchina non è più solo una macchina, ma in qualche maniera l'aspetto di un uomo ha i comportamenti di un uomo e se torniamo al discorso dell'antirigienza artificiale ragiona un po' come un uomo. Allora qua probabilmente i normatori e i legislatori nei prossimi anni avranno materia per i loro denti. Siamo pronti per formare una generazione, lei ci può parlare ovviamente da un punto di vista molto privilegiato universitario, in grado di gestire questa transizione? Allora ha detto che la formazione universitaria di un ingegnere è una formazione che parte da una parte disciplinare, ma poi si allarga al fatto di essere in grado di avere una visione di sistema ed è proprio quello che caratterizza l'ingegnere con le capacità di fare dei modelli del sistema fisico e poi dell'interazione con il sistema virtuale. Oggi questa componente che è comunque complessa perché richiede competenze sia nell'ambito dei sensori, nell'ambito dell'intelligenza artificiale, nell'ambito della meccanica, della meccatronica, dell'attuazione elettrica, quindi ci sono un insieme di competenze più scientifiche, tecniche necessarie a queste si affiancano poi delle competenze di tipo etico. Cioè l'etica della tecnologia è un fattore importante ed è qualcosa che almeno al Politecnico abbiamo inserito sia nell'ambito della ricerca, sia nell'ambito della formazione per gli studenti. Però se vogliamo vedere l'etica dei robot, in realtà già Asimov l'aveva già definita con le sue quattro leggi di quello che doveva fare un robot, di quello che poteva, non poteva fare un robot, quindi non è difficilissimo pensarlo. Poi come applicare quelle quattro regole effettivamente nella realizzazione di un robot è un pochino più complicato e soprattutto oggi con la componente di intelligenza artificiale che aggiunge necessità di valutare determinati impatti, di cui alcuni ne ha già citati lui, ma comunque sono impatti che hanno a che fare con l'interazione poi rispetto alla meccanica. E' sicuramente quindi un tema che richiede delle competenze interdisciplinari, molto di più di quello che c'era una volta, ma come tantissimi altri settori scientifici. In particolare la mia opinione è che l'intelligenza artificiale è uno strumento che deve essere a disposizione di tutti gli ingegneri di tutti i domini, quindi, vero, chi studia intelligenza artificiale la studia per sviluppare nuovi algoritmi, ma tutti gli ingegneri devono avere delle competenze di come utilizzare nel modo corretto i sistemi di intelligenza artificiale, che siano quelli di machine learning piuttosto che quelli di intelligenza artificiale generativa applicata, cioè non nel giochino chat GPT, ma applicata poi al mondo reale. Peraltro, diciamo, appassionare la robotica ai ragazzi è qualcosa che si può fare già da bambini, ci sono tanti strumenti e tante possibilità di sviluppare piccoli robot già da bambini, noi lo facciamo invece con quelli un po' più grandi già al liceo, con dei corsi, delle summer school, chiamiamo così per studenti delle superiori, che per esempio lavorano sia sulla robotica che sui droni, quindi su sistemi autonomi, per insegnarli quali sono le sfide che bisogna affrontare, quali sono le competenze, riuscendo a farli programmare dei piccoli robot umanoidi o geminoidi, come vogliamo chiamarli, come erano state chiamati, per fare determinate azioni. La ricerca al Politecnico sulla robotica è nata 50 anni fa quella che metteva insieme il mondo virtuale e il mondo fisico, come nel laboratorio che chiamavamo AirLab, che era intelligenza artificiale e robotica, ma a meccanica per la parte industriale, così poi come nel spin-off della meccanica e dell'elettronica che è diventato il settore dei controlli automatici, che sono l'altra composta. Quindi c'è uno spettro di competenze che poi possono essere utilizzate nel mondo della robotica industriale e non, perché la robotica oggi è utilizzata anche in molti altri ambiti. C'è anche una propensione degli studenti che oggi si affacciano alle vostre facoltà diverse rispetto al passato, anche più pronta ad accogliere un tipo di formazione che è un po' più ampia? C'è la possibilità di subito poter ampliare attraverso delle esperienze aggiuntive che chiamiamo passion in action, che sono corsi fuori dal percorso obbligatorio, che gli consentono di mettere a fattore comune magari delle loro passioni con le componenti tecnologiche non necessariamente legate al loro percorso di studi. Così come abbiamo diverse associazioni studentesche che sviluppano progetti autonomi loro anche nell'ambito della robotica, ma nell'ambito degli automobili, delle moto, della vela, di qualunque altra cosa, di gruppi interdisciplinarie che poi vanno a fare competizioni universitarie anche internazionali. Quindi sì, c'è un maggiore interesse da parte degli studenti di avere un insieme di opportunità, che poi ognuno può o meno cogliere, che siano variegate e che spazzino nei vari domini. Questo è molto diverso rispetto a quello che era in passato, così come consente anche di poi crearsi quei studenti. Quindi la capacità di lavorare in gruppo, di relazionarsi, anche di vendere le proprie idee che in una volta era molto meno sviluppata. Quanto è importante la formazione da suo punto di vista? È decisiva, non solo è importante la quantità di formazione, ma è importante anche la qualità. Noi avremmo la necessità di utilizzare sempre di più, noi abbiamo un sistema formativo ancora molto fordista, nel senso che è uguale i contenuti, i metodi di apprendimento sono uguali per tutti. E quello che accade è che c'è anche nella formazione una dispersione gigantesca. Voi immaginate tutti i settori industriali che stanno affrontando transizioni, pensate se una persona di 50-60 anni che non ha visto un'aula da 40 anni rientra direttamente in un'aula così come... Invece quello che è proprio sulle AI rappresenta una sfida educativa ed educare con le AI, perché aiuta a personalizzare l'apprendimento, a individuare errori ricorrenti, a costruire materiali didattici che siano in grado di rendere un po' più ingaggiante anche il momento formativo. Ecco, sono tutti aspetti che sono assolutamente decisivi. In quello che è collegando il ragionamento AI alla robotica, che può essere sempre più interessante, adesso è questa applicazione che si fa attraverso la convergenza di più tecnologie. Questa cosa per esempio, una tra le tante è questa di mettere insieme, utilizzare le opportunità maggiori che ci sono mettendo insieme IoT e AI. Magari lo vediamo alla prossima domanda. Volo stra un attimo sulla formazione anche con Fulvio Giorgi, poi torniamo al tema dell'IoT. Non posso che confermare quello che è stato detto, nel senso che la formazione è assolutamente un aspetto cruciale e critico in questo momento, peraltro in tutti i momenti di transizione tecnologica. Però, per quella che è la nostra esperienza come azienda, ma anche per quella che è l'esperienza dei nostri clienti, noi abbiamo clienti che vanno dalla elettronica ai dispositivi medici, all'automotive. Certamente le grandi aziende, come i grandi centri di ricerca, stanno portando avanti questi discorsi di innovazione. Quello che diventa più critico è il deployment di tutta questa conoscenza anche in realtà di PMI, magari meno strutturate. L'aspetto critico è stato messo in evidenza prima, cioè si tratta di conoscenze, queste nuove tecnologie richiedono da un lato conoscenze molto verticali, molto specialistiche, che però poi devono essere in qualche maniera integrati in una visione più di insieme, una visione holistica. Noi come azienda ci troviamo nella necessità di, ripeto come molte altre aziende che conosciamo, di cambiare un po' pelle, cercare di introdurre via più delle competenze su questo tipo di tecnologie. Noi siamo tutti ingegneri, non è che abbiamo una cultura diversa, però una cultura di ingegneristica che fa riferimento all'elettrotecnica, all'elettronica, all'informatica, all'istampo più tradizionale. Qua andiamo a dover arricchire questa conoscenza, questa competenza che già abbiamo in azienda con competenze che vanno anche un po' oltre nel senso che dicevo prima, cioè molto specialistiche, ma anche con una capacità di visione di insieme e di integrazione. Ormai un prodotto non può essere più valutato e testato solo per una delle caratteristiche che dicevo prima, la sicurezza elettrica. Va bene, però alla sicurezza elettrica dobbiamo aggiungere le prestazioni, la funzionalità, il fatto che un oggetto che fino ad altro ieri non scambiava dati con nessuno, adesso scambia dati con la qualunque, nel senso che è collegato a altri dispositivi IoT. Questo porta dentro problemi di trasferimento dati e quindi di cyber sicurezza e così via. Un prodotto che prima era stand alone, adesso è connesso. Già solo questo fatto comporta una necessità di interdisciplinarità e di ampiezza di competenze che prima non era richiesto. Ben, ti voglio, stiamo entrando un po' più nel merito dell'AI, quindi della prospettiva più innovativa della robotica. Questo che conseguenze ha appunto l'introduzione dell'AI nella robotica e anche rispetto al tema dell'inter-ed delle cose che prima citava? Sì, quello che dicevo, in realtà ci consente di recuperare un aspetto che è stato un po' trascurato. Vi ricordate che mi occupai anche del piano Industria 4.0 che è stato un grande piano. In realtà sgravava acquisti di macchine, tecnologie, eccetera, ma se facciamo adesso un bilancio di quanto queste macchine siano utilizzate è molto basso, nel senso che un po' di interconnessione per avere lo sgravio, ma in realtà la valorizzazione dei dati, l'utilizzo, la possibilità di veramente valorizzare i dati di produzione è bassissima ancora, soprattutto perché noi abbiamo un tessuto di imprese molto piccole. Pensate, la mia ex categoria, la metalmeccanica, il 90% delle aziende iscritte a Federmecchanica ha meno di 10 dipendenti, per cui immaginate quanto si alta la soglia di accesso a queste implementazioni per aziende così piccole. La convergenza di più tecnologie paradossalmente rende questa soglia più bassa. Ecco, l'AI con l'AI-8 insieme supera alcuni problemi strutturali di frammentazione delle informazioni, di dati che ci sono in maniera ovvia nelle piccole imprese, purtroppo anche nelle grandi molto spesso. Io ho girato per fabbrica anche con 8-9 mila dipendenti con 7-8 piattaforme che non dialogano tra di loro, però nella piccola ha qualche motivazione in più. Noi dobbiamo arrivare proprio lì perché avere la possibilità sostanzialmente l'AI a questo grande volano, può essere questo grande volano, cioè riuscire a far fare alle piccole delle cose che non potrebbero mai permettersi, farle più rapidamente, farle con migliore qualità, farle in maggiore quantità. Questa è una grande scommessa perché noi abbiamo una taglia dimensionale, come dicevo, troppo bassa. Quello che accade in più nel paradigma, anche di cosa accade all'impatto del lavoro, l'AI ci riscompagina di nuovo le carte in tavola, perché? Perché ritorna con forza quello che diceva Moravec nell'87, e cioè che per ragionamenti di alto contenuto cognitivo serve poca risorsa computazionale, in comparazione a tutto ciò che mobilita le nostre incapacità senso motorie, cioè aprire una porta è molto più impegnativo dal punto di vista computazionale di una grande elaborazione. Questo cambia di nuovo la mappa sullo score, cioè l'esposizione delle diverse professioni all'AI e per cui la complementarietà e la sostituibilità. Ecco, la cosa più forte che un po' si inizia già a intravedere, parentesi, queste ondate di licenziamento che annunciano le big tech non sono vere, nel senso sono veri i licenziamenti, ma oggi le AI noi siamo sempre affezionati ad avere degli nemici astratti, perché se hai un responsabile che è astratto è facile, il piano di licenziamenti sono la globalizzazione, tutti si fanno due domande poi dicono, la globalizzazione alza le spalle, oggi l'AI ha sostituito la globalizzazione. Anche la scusa diventa anche la scusa. Sì, ma anche chi, adesso esclusi presenti, anche chi fa informazione dice sì è l'AI, per cui è come dire piove, nonostanzialmente non si approfondisce, è un nemico astratto e lontano. Per questo noi dobbiamo vedere, io dico, le 804 professioni che cenzisce l'Istat, su quelle vedere il pezzo che sarà nuovo, fuori da queste 804, il pezzo delle 804 che saranno cancellate progressivamente, ma la parte più interessante è quelle che resteranno in piedi ma si supporteranno, integreranno, automatizzeranno, potenzieranno nella sequenza delle attività che costruisce ogni professione, questo è il lavoro più interessante. Si rischia anche una polarizzazione tra le aziende capaci di cogliere, no? Sì, questo già un po' con il digitale accadeva, quello che accade è che il bivio, lo stacco tra chi è coinvolto e chi è marginalizzato da questi processi sarà ancora più duro, perché le opportunità sono tantissime e per cui la velocità con cui fare le cose, le capacità delle imprese che saranno partecipi e coinvolte, purtroppo anche le persone che saranno coinvolte e partecipi. E' quando si dice che noi abbiamo un mercato del lavoro con tutto lavoro povero, è una fesseria, noi abbiamo un mercato del lavoro molto polarizzato, c'è una parte di lavoro scelto, alte competenze che corre, che vola, e un pezzo di lavoro povero. Ecco, il rischio delle AI se non facciamo bene appunto la formazione, quello che si diceva, se non facciamo queste cose che lo stacco tra il primo mondo e quello più in difficoltà aumenti progressivamente. E' anche per questo che diceva l'opportunità di Industria 4.0 dal punto di vista dell'acquisto di macchine che c'è stato poi non si è tradotto sempre in un utilizzo, come dire che ne sfruttasse le massime capacità, è stato un tema tecnologico o di implementazione delle aziende, quindi di capacità di valorizzarle? Allora sostenerevo che qualche soldino bisognava metterlo anche nell'organizzazione del lavoro, perché mi sono capitati casi anche un po' singolari di aziende che appunto con tanta attenzione compravano il cobot, però era in mezzo a un'azienda che era 1.0, per cui non ci fa sostanzialmente nulla. I processi di innovazione sono processi di partecipazione, non c'è cosa che funzioni peggio in termini di produttività e di benessere delle persone che l'innovazione ha spicchi, fare solo un pezzo, fare solo il fine linea, fare solo una piccola unità, non dai risultati di una azienda integrata sul serio. Nel senso che voi vedete anche a livello appunto di ricerca, quali prospettive, guardando anche un po' avanti negli ambiti di cui abbiamo parlato oggi? L'intelligenza artificiale nell'ambito della robotica ha ancora dei grossi problemi, perché fondamentalmente mentre gli agenti dell'intelligenza artificiale sono in grado di svolgere alcuni compiti cognitivi alla pari di un essere umano, quando poi devono interagire col mondo fisico in un ambiente non prevedibile, così come la manipolazione anche di oggetti non noti, sono totalmente incapaci. A poco dove diceva ventivoglio dell'aprir la porta, che è più difficile che non rispondere in chat. Assolutamente, sono più imbranati di un bambino di tre anni. E quindi, diciamo, perché dare significato a un oggetto, il fatto che il robot sia in grado di manipolare quell'oggetto e capire quali sono i rapporti di causa-effetto tra le azioni compiute e il risultato che producono nell'ambiente, non è così semplice. Quindi lì c'è una grande opportunità di sviluppo. E lo sviluppo è come insegnare a questi robot a potersi, diciamo, relazionare con il mondo fisico, oltre che con la componente di trasformare dei segnali, diciamo, una parte soft, e poi in azioni che siano anche calibrate nella forza e nella precisione. Perché oggi sono molto bravi, ma fanno sempre la stessa cosa. Se tu chiedi a un robot di andare a prenderti la scatola dei biscotti nell'armadio che magari è dietro delle altre cose, fa un disastro. Un bambino, più o meno, ci riesce, se la formaglie è raggiungibile. Quindi questo tema implica il fatto che bisogna far sì che questi sistemi apprendano. E per apprendere devono avere dei dati. Questi dati non sono dati che sono reperibili, così come è servito per fare l'allenamento di Cia GPT, perché non sono sul web. Quindi bisogna creare intanto la base dei dati, l'allenamento. E arrivare al concetto che è la stessa cosa con cui imparano i bambini, che imparano per imitazione. Lo devi far fare anche i robot. Ma per farlo devi far sì che i robot si alleni su questa imitazione, su tutti i possibili casi. E quindi è tutta un'area di sviluppo dell'intelligenza artificiale per far sì che sia in grado di muoversi nel mondo fisico in maniera ragionevole. Quindi è ancora dei passi molto ampi da fare per poter arrivare a qualcosa di effettivamente utilizzabile, che non sia limitato su alcune aree di comportamento, così come i cobot. I cobot funzionano bene perché hanno comunque delle dinamiche di comportamento, e sapendo quali sono le regole con cui si devono, i cobot sono i labbo collaborativi, per cui devono evitare di scontrarsi banalmente o di andare tutti e due a fare la stessa cosa quando non è il caso. Però è un insieme di regole più facile da definire. Guardando invece ad altri ambiti, quali vede più promettenti? In termini di... Sì, sulle AI, visto che appunto quello della robotica alla fine è appunto molto interessante, ma con una serie di problematiche... Ancora grandi sfide da raggiungere. E invece dal vostro punto di vista, quali settori invece sono quelli che già si sta vedendo un impatto importante, i più vicini? Allora, gli impatti sono moltissimo in aree anche nell'ambito del manufacturiero, di ottimizzazione e di definizioni di decisione, che si basano quindi su tematiche sul machine learning, sull'aver imparato, però richiedono appunto che la fabbrica sia stata... di avere i dati su cui lavorare e di avere quindi potuto allenare il sistema per poter prendere, diciamo, conoscere quali sono le diverse casistiche. Noi lo stiamo anche sperimentando nell'ambito della formazione universitaria a supporto dei corsi di ingegneria, andando ad allenare intelligenza artificiale generativa con i materiali dei corsi che noi eroghiamo, che non vanno a sostituire il docente, ma servono allo studente per, nel momento in cui il docente non c'è, devo studiare, magari qualcosa non l'ho capita, di chiedere attraverso l'intelligenza artificiale generativa di aiutarti a comprendere dei concetti. È una cosa su cui stiamo sperimentando quest'anno, che richiede ovviamente di allenare questi sistemi su quella tipologia di dominio di materiale, poi, diciamo, incluso anche materiali esterni per aiutarlo. La cosa fantastica è che questo ti risponde in qualunque lingua, avendo noi studenti che vengono da 100 nazioni diverse, è vero, studiano in inglese, ma a volte capire nella tua lingua, è più semplice, che è di aiuto. E questo lo fa praticamente in automatico, la traduzione è qualcosa su cui è abbastanza bravo, adesso per la lingua che conosco io, per il cinese non saprei dire. Però in effetti ha battuto le barriere, sicuramente di comprensione. Invece prima parlava del fatto dell'utilizzo dei robot già in età più giovane, quindi nelle scuole, dove serve un lavoro di scrittura di codice, immagino almeno, per mettere in campo i movimenti giusti, ecc. L'intelligenza artificiale generativa aiuta molto il coding, secondo lei resta un'attività importante, perché, insomma, è tanti anni che si dice insegnare il coding nelle scuole, ecc. Resta una cosa importante a livello di formazione di base di un bambino o di ragazzo oggi, o, come dice il CEO di NVIDIA, di recente vedo che diceva, il coding è superato, ormai non c'è più bisogno di impararlo, lo fanno le macchine. Detto che i sistemi attuali di coding automatico non sono particolarmente corretti nella maggior parte dei casi, il tema di sapere fare coding non è imparare un linguaggio, ma imparare a mettere insieme quali sono le azioni, le tipo di azioni che devono essere svolte, quindi scrivere l'algoritmo, che poi l'algoritmo io poi lo traduca automaticamente in codice, in un linguaggio che viene compreso dal sistema, non è quello il problema, il problema è la parte a monte, qual è l'algoritmo. E allora sì, quello richiede comunque delle competenze. Se per coding intendiamo imparare un linguaggio è irrilevante, se invece per coding consideriamo il fatto che uno deve essere in grado di modellare il problema, capire qual è la strada per arrivare alla soluzione, e allora quello è fondamentale ed è una componente che non si insegna nelle scuole, indipendentemente dal linguaggio, che io posso usare il linguaggio naturale, una ricetta di cucina è un algoritmo, perché ti dice quali sono i passi che devi fare per ottenere un certo risultato. Un algoritmo è la stessa cosa, è esattamente la stessa cosa, ma non è automatico se non si insegna a ragionare in quel modo, quello rimane una competenza importante, poi una macchina può tradurlo, sapere il coding poi serve a capire se la macchina ha scritto giusto, è come le tabelline, le tabelline si insegnano ancora oggi, ma la calcolatrice e il telefono in grado di fare ovviamente le moltiplicazioni senza che io ne abbia bisogno. Chiaro, Giorgi, parliamo del tema dell'AI applicata alla robotica, che ha ancora un pochettino di passi da fare, visto che hai citato che hai un'esperienza con i robot, è d'accordo? Allora, assolutamente sì, perché quello che citavo io all'inizio era veramente il primo esempio di robot cognitivo umanoite, esatto, quindi come si è appena detto hanno ancora delle funzionalità assolutamente limitate. C'era una domanda però che lei ha fatto prima, che riguardava gli ambiti dell'intelligenza artificiale che possono essere magari più avanti come tipo di applicazione, a me ne venevano in mente almeno due, dove tra l'altro noi stiamo lavorando e che sono in qualche maniera già regolamentati anche per gli aspetti dell'intelligenza artificiale. Tra l'altro poi vedo tanti ragazzi, quindi magari potrebbero essere interessati, anzi se vogliono venirci a trovare ci fanno un grande regalo. E sono quelli dei dispositivi medici dove effettivamente il nuovo regolamento di messa in commercio dei dispositivi medici ha introdotto dei requisiti di rispetto di alcuni parametri dell'intelligenza artificiale. L'intelligenza artificiale in campo medico in generale ha già delle applicazioni e soprattutto ha delle grandissime potenzialità, perché ti permette di considerare una quantità di dati, pensiamo, non so, delle radiografie. Quindi processi in tempo veramente limitato, una grandissima quantità di dati, ammesso che, e qua si torna sempre alla bontà della banca dati di partenza sia disponibile, che ti consentono di fare dei diagnosi a distanza e di essere valutati anche a distanza. Quindi un campo è sicuramente quello dei dispositivi medici. L'altro campo è quello dell'automotive. L'automotive basta pensare al discorso della guida assistita, delle smart roads, di tutte queste nuove applicazioni dove gli algoritmi di intelligenza artificiale già sono in qualche maniera implementati e che comunque avranno sicuramente un'automotive. Quindi è sicuramente uno sviluppo più a breve termine rispetto ai robot umanoidi. Diciamo che lì il terreno è già un po' più coltivato oltre che fertile. Il caso dei dispositivi medici è abbastanza emblematico perché ai dispositivi medici c'è una regolamentazione europea, quindi che ha carattere di cogenza e che ha portato al suo interno questi requisiti. Quindi quando c'è una cogenza, poi di solito tutti corrono a mettersi a posto. Quindi l'intelligenza artificiale in campo medico anche per questo motivo avrà un'accelerazione sicuramente nei prossimi mesi, nei prossimi anni. Bene, grazie Fulvio Giorgi, grazie Donatella Asciutto, grazie a Marco Bentivogli. Siamo riusciti a vedere la robotica, l'AI e anche qualcos'altro rispetto agli ambiti possibili di applicazione dell'intelligenza artificiale. Vi ringrazio, ringrazio voi che ci avete ascoltato e buon Festival dell'Economia. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.
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