Fatti non foste a viver come robot
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Fatti non foste a viver come robot
Qual è il rischio della rivoluzione tecnologica che ci sta travolgendo, la quale ha tantissime opportunità di miglioramento della qualità di vita, di aumento della produttività per vivere meglio e per lavorare meglio? Affrontano il tema Enrico Giovannini, Dipartimento di economia e finanza, Università di Roma “Tor Vergata e Marco Magnani, Docente International Economics, Università Cattolica e Università Luiss Guido Carli, moderati dal giornalista Paolo Bricco.
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Per due ragioni. Prima perché in un mondo globalizzato stai cercando di frenare una valanga con le mani. con le mani. Secondo però devo ammettere che non siamo riusciti da allora, io ho smesso appunto nel 2014 fare un ministro del lavoro, a fare le cose che l'Ox, tutti ci hanno detto dovevamo fare, faccio due esempi che ci rendono particolarmente esposti a questa rivoluzione in senso negativo. L'Italia ha il 30% della popolazione nella fascia 1 di 5 e quando gli altri paesi hanno il 5% della popolazione e qual è questa fascia 1? Quella in cui tipicamente le persone hanno difficoltà a leggere, a capire un testo, a fare qualche conto semplice a capire il senso dei discorsi che gli vengono fatti. Allora il 30% in questa posizione è un numero devastante. Soprattutto nella comparazione con gli altri paesi occidentali. Esattamente quindi cosa devi fare? Beh devi fare quello che appunto fu l'ultimo atto che feci ma senza grande successo la cosiddetta educazione permanente, cioè degli adulti, ma anche per essere in grado di sfruttare, di usare quei servizi, quei beni che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione perché se non li sappiamo usare noi non saremmo un mercato attraente per chi vuole offrire quei servizi. Il secondo esempio è una modifica che facemmo in Consiglio dei Ministri di Settembre 2013 in cui io anche se non era il mio campo stretto obbligai appunto a fare gli interventi di orientamento a partire dalla terza media perché adesso l'orientamento si fa tipicamente in quarto, quinto, superiore ma in realtà sappiamo che da alcune indagini che gran parte dei ragazzi e delle ragazze che escono dalle superiori dicono ho sbagliato, cioè se io avessi saputo avrei fatto qualche altra cosa. Questo non vuol dire che se facessimo quell'orientamento saremmo pronti, ma forse quell'orientamento è un orientamento non solo al lavoro, ma a comprendere cosa dopo cinque anni avverrà perché io uscirò sul mercato del lavoro, la stessa cosa vale per l'università. Ecco questa scarsa capacità di domandarsi ma quali saranno i futuri probabili e dunque come mi preparo è una debolezza nel nostro Paese che apparentemente non riusciamo a colmare. Ecco Marco, partiamo da quello che ha detto adesso Enrico, la descrizione di uno zoccolo purtroppo duro e ampio di scarsissima alfabetizzazione dei giovani e quindi anche di analfabetismo di ritorno. Non sono i giovani abbiamo avuto un bellissimo esercizio nei giorni scorsi, non citato dalla stampa, sulle scuole lementari siamo quarti o quinti nel mondo. Quindi il tema è successivamente, se ho capito bene è comunque dell'analfabetismo di ritorno, che è degli adulti, anche se una parte delle persone che escono dalle scuole superiori anche perché abbiamo un tasso di abbandono. Con questa descrizione appunto che da sociologica si fa quasi antropologica per la società italiana, che cosa può accadere in Italia di ancora più acquito rispetto ai processi di polarizzazione che tu descrivi nel libro. Se tu volessi raccontare al pubblico qual è questa tesi sulla polarizzazione e poi anche fare un addendum sull'Italia partendo da quello che ha detto adesso Enrico Giovannini. La ricetta è questa, scuola e formazione, quindi scuola prepararsi ad entrare nel mondo del lavoro cercando di capire cosa sarà e formazione continua durante tutto il corso. Questa era la ricetta, lì dovremmo investire. Qual è il rischio enorme di questa rivoluzione tecnologica che ha tantissime opportunità di miglioramento della qualità di vita, di aumento anche della produttività per vivere meglio e per lavorare meglio? La grande minaccia qual è che ci sono? Abbiamo imparato il termine durante la pandemia delle categorie fragili, ci sono anche categorie fragili, questo 30% per età, per istruzione, anche io dico per reddito, perché con la pandemia abbiamo visto come i bambini facevano scuola da casa con il computer e abbiamo scoperto però mezz'Italia, abbiamo scoperto veramente con Dazone che mezz'Italia non ha internet, abbiamo scoperto che mezz'Italia non ha il computer, quindi o per reddito o per istruzione o per età ci sono fasce non piccole della popolazione, questo è un po' vero appertutto, in Italia è un po' peggio, che possono rimanere fuori. Se pensate all'impatto di queste tecnologie sul mondo del lavoro, cosa significa? Io non ho tanto paura dei mestieri che scompaiono, ci saranno nuovi mestieri, la gran parte dei mestieri non è che scompariranno, cambierà drammaticamente il modo in cui si svolgono, bisognerà cominciare a utilizzare nuove tecnologie, quindi o le sai usare, sarà un meccanismo molto binario, o dentro o fuori, o le sai usare e quindi ti porrai in quelle litre che prenderai nuovi mestieri, che saranno ben ritribuiti, saranno qualitativamente molto importanti, io la vedo alla punta della piramide, la chiamo oligarchia tecnologica, sono quelli che avranno questi mestieri, ci sono già questi mestieri e poi ci saranno quelli invece che rimarranno fuori perché non sanno continuare a fare il proprio mestiere con le nuove tecnologie e quindi magari verranno prepensionati oppure rimarranno emarginati eccetera eccetera e quindi c'è una polarizzazione del mercato del lavoro che significa polarizzazione anche della società, con implicazioni economiche sociali e anche politiche. Allora la punta della piramide, la vogliamo chiamare oligarchia tecnologica, la base, a me piace molto perché è cruda ma è efficace un'espressione che usò il ministro del lavoro di Bill Clinton, Raich, e disse sono gli in-person service, i servitori personali, sono i nuovi schiavi, quelli che portano a casa il sushi, quelli che tagliano l'erba, quelli che portano i giuricani in mezzo, in mezzo c'era una volta la classe media che faceva tanti mestieri che cambiano dramaticamente, la classe media si indebolisce e questo ripeto può avere implicazioni. Rischiamo questa polarizzazione, già la vediamo in realtà negli Stati Uniti si vede, tra persone e poi se vuoi possiamo approfondire tra territori perché l'altra grande cambiamento di queste tecnologie dell'economia digitale è che per la prima volta nella storia il lavoro intellettuale diventa molto mobile quindi bello, possiamo lavorare stando in rival mare per qualcuno dall'altra parte del mondo, bellissimo, però questo cosa significa? Che le persone con i nuovi mestieri, l'oligarchia tecnologica che guadagnano bene, che sono innovative, che sono creative, tenderanno a concentrarsi in certe parti del mondo, in certe città, in certe regioni, in certi paesi, in certe parti del mondo che non sapranno attirarli si svuoteranno e quindi una polarizzazione, questo lo vediamo molto negli Stati Uniti tra con te, poi questa è una spirale virtuosa o viziosa perché lo vediamo in Italia, vediamo Milano, ci sono le città, le regioni che attraggono le persone innovative, che guadagnano bene, che pagano le tasse e quindi hanno le scuole buone, le persone innovative, ci sono molti lavori su questo, tu sei un esperto ma amano andare dove ci sono scuole buone per i figli, l'aria pulita, quindi pagano le tasse e quindi questo è un circolo virtuoso. Quello che sta capitando in Europa post brexit tra Londra e Milano oppure negli Stati Uniti tra New York e Miami. E quindi per i policy makers questo, le persone della finanza si stanno spostando. E questo cosa significa? Il policy maker deve guardare avanti e cercare a livello dei paesi. Però avendo quella base che ha descritto Enrico prima, quella roba lì non rischia di essere una tabe? C'è una roba che è veramente difficile da risolvere come dato strutturale prima di poter fare politiche di attrazione? Ma è per questo che il PNRR, anzi il Next Generation You, insiste così tanto sul capitale umano. Adesso si discute tanto cosa facciamo, coi fu. Io vi invito in particolare a chi scrive sui giornali a riguardare il Next Generation You, cioè il testo di partenza. Perché noi in Italia discutiamo, allora 27 obiettivi, 25, ma qual ra la filosofia? Qual è la filosofia? La filosofia oltre che la rivoluzione digitale la rivoluzione ecologica era la formazione delle persone. Perché? Perché, qui mi allontanerei, ma fino a un certo punto, il futuro sarà pieno di shock, negativi ma anche positivi. E se noi non ci prepariamo a coglierli, quella resilienza, che purtroppo è colpa mia, a livello uropeo la parola proprio viene da 4 anni di ricerca con la Joint Research Center su questi temi, ma quella resilienza trasformativa, cioè quella resilienza che di fronte a uno shock ti fa non rimbalzare a doveri, ma rimbalzare avanti, perché se non ero nella posizione ottimale, ma perché diavolo, voler tornare a dovero. Ecco, se rileggiamo quel documento, se rileggiamo il documento che von der Leyen e Michel, il presidente del Consiglio Europeo, scrivono ad aprile dicendo per un'Europa più sostenibile, più resiliente, più giusta, ma sappiamo qual è la filosofia e lo dice uno che appunto col governo Draghi si è occupato di queste cose allocando 104 miliardi di euro sui pezzi di ferro, sui ponti, le ferrovie, ma senza tutto questo elemento umano non lo facciamo il salto e questo non è facile per due ragioni, prima pensate a che follia siamo, l'avevamo anche identificato all'ILO, all'Organizzazione Mondiale del Lavoro nel rapporto il futuro del lavoro che abbiamo fatto qualche anno fa, se un'impresa compra un computer o una macchina riceve un bonus fiscale e poi lo ammortizza nel tempo e quello è un investimento, ma se fa formazione ai suoi dipendenti quella cosa è un costo e dunque riduce i profitti, ditemi se tutto questo ha un minimo di senso, ma così funziona, in Italia infatti abbiamo spese per la formazione personale molto basse le imprese italiane a parte quelle eccellenti e sono tante tendono ad avere il braccino corto come si suol dire e quindi sulla formazione in particolare investono pochissimo, questo è un danno per i lavoratori perché quando in qualche modo il mercato li spingerà fuori non avendo formazione si troveranno con una mano legata dietro nel ricercarla, il secondo lemento è che questi interventi danno effetti nel lungo termine, cioè politicamente sono poco convenienti, non è che puoi dire immediatamente investo sul formazione oppure sull'orientamento si vabbè ma gli effetti li vedrai più avanti e questo è un forte disincentivo soprattutto se il dibattito pubblico si concentra invece sulle cose sempre apparentemente urgenti. Quando all'Ox pubblicamo il rapporto Pisa sulle performance degli studenti di 15 anni in Germania ebbero uno shock perché? Perché videro che la Germania non era messa così bene, la Finlandia e altri paesi erano la Corea, fu uno shock per cui per un anno i giornali non parlavano di altro ma quasi ci fu una commissione che fece un'analisi e si discutevano i risultati, cioè il dibattito pubblico si concentrò su quell'elemento che quell'indagine mostrava come un punto di debolezza del paese. Noi invece, forse perché invecchiamo e 15 viene anche l'Alzheimer, la memoria ci fa difetto, noi discutiamo per cinque giorni un problema poi passiamo un altro e ci dimentichiamo del primo e poi un anno dopo torniamo a parlarne del primo. Adesso non vorrei far arrabbiare se in sala ci sono delle maestre elementari o delle professoresse delle medie o delle superiori qualunque tipo di analisi comparata basata su standard internazionali è stata delegittimata svuotata da parte del ceto professorale. Non è vero. E' così Enrico, io ricordo gli articoli sui giornali e servizi e i sindacati arrabbiatissimi per queste cose. Quello non c'è dubbio ma che quello abbia determinato lo svuotamento nei fatti non è vero. In che senso? Perché l'invalsi continua a operare e sulla base di quello ci sono una serie di decisioni. D'accordo però non viene vissuto come un autentico strumento di autoanalisi del lavoro. C'è un tema enorme di accountability da parte di chiunque faccia pedagogia in questo paese, dalle elementari all'università. Ci sono sicuramente entrambe le ragioni però siamo tutti d'accordo sul fatto che è fondamentale investire, mi sembra questo il punto, molto di più sulle persone a partire dalle scuole a partire proprio dai bambini e poi anche la formazione naturalmente piuttosto che sulle macchine perché era fine d è lì un po' la mia nota ottimista. Dipende ancora da noi, si parla molto, si è sempre parla di macchina, supera l'uomo, adesso è di moda l'intelligenza artificiale che io chiamo efficienza artificiale, così intelligente ancora non mi sembra insomma. Io dico sempre qual è il test che voi usate il computer quando andate sui siti particolarmente complessi, qual è il test che vi viene fatto per riconoscere se siete degli stupidi umani oppure un'intelligenza artificiale? Contate il numero di semafori, allora vuol dire che c'è ancora un po' di strada da fare per questa fficienza artificiale, scusate, ecco. Allora la mia paura non è mai stata che le macchine arrivino, non ho paura dell'avanzamento, dell'avanzata delle macchine oppure dell'arretramento dell'uomo, dipende da noi, possiamo anche arretrare e per pigrizia delegare eccessivamente le macchine e quindi alla fine sì superare quel punto di singolarità di cui si parla da tanto tempo in cui le macchine ci domineranno, ma dipende da noi, dipende da noi, quindi tu parlavi del luddismo, luddismo non ha mai funzionato nel corso della storia, frenare innovazioni impossibili in un mondo globale è assolutamente impossibile però neanche quello che io chiamo l'approccio, neanche la resa alle macchine, l'approccio sostitutivo, cioè farci sostituire, c'è chi va in giro dicendo, che bella notizia, non devo più lavorare, le macchine lavorano per me, per i lavori ripetitivi, pericolosi, pesanti mi va benissimo, ma per i lavori intellettuali usiamo l'approccio collaborativo, il che non vuol dire essere alla pari con le macchine, vuol dire mantenere la nostra premenenza di umani che abbiamo veramente in questo chilo, i due chilo e mezzo e 100 miliardi neuroni un'intelligenza, e usilizzare le macchine, sono d'accordo non solo per accrescere il pill, ma tu sei il me, tu hai inventato il best, la misura che va oltre il pill hai ragione, non è soltanto il pill aumentare la produttività ma anche aumentare la qualità del modo in cui si lavora, la qualità della vita, usiamo queste macchine in questo modo, quindi non a luddismo, non neanche all'approccio sostitutivo così, al sogno di poterci dedicare, perché poi il lavoro tra l'altro ha un ruolo anche sociale importantissimo da dignità alla persona, io dico sempre ed economico in fondo, per due secoli il lavoro che ci piaccia o meno è stato il maggiore meccanismo di redistribuzione della ricchezza prodotta, non della ricchezza esistente che è un po' più difficile da redistribuire, ma la ricchezza prodotta, poi gli economisti hanno besticiato per due secoli se questa distribuzione era equo o meno, lavoro capitale, però se ci pensate il lavoro fisico, lavoro intellettuale è l'unico modo, il modo principale, non l'unico, con cui si redistribuisce una parte di ricchezza e quindi rinunciare al lavoro si può fare ma allora bisogna trovare un nuovo meccanismo di redistribuzione, oppure dico io certi lavori deleghiamo alle macchine, altri lavori facciamo meglio utilizzando le macchine e poi magari e chiudo, rivalutiamo certi lavori che sono sottovalutati e sottopagati, famosi lavori, la cura, la cura delle persone, la cura dell'ambiente, la cura del paesaggio e delle infrastrutture, la cura del nostro patrimonio culturale, proviamo a valorizzare questi lavori che le macchine, l'intelligenza artificiale o l'efficienza artificiale ancora non è in grado di fare, non so se sei d'accordo. Enrico su questo perché il suo punto di vista alla fine è ottimista, cioè nel senso che ritiene che sostanzialmente dipende da noi, comunque il pallino nella mano del fattore umano dell'essere umano. Tu non hai invece paura che a un certo punto quelle inquietudini che ti presero nel 2008 si realizzino con una subiezione dell'essere umano alle macchine? Sì, naturalmente sì. Ce lo chiedo anche perché lo ricordiamo, con la tua associazione fai un lavoro di ricerca di senso dei fenomeni economici e delle trasformazioni tecnologiche e sociali Il rischio c'è naturalmente soprattutto perché la direzione verso cui va la tecnologia e dunque le finalità, perché non esiste la tecnologia neutrale, togliamolo di mezzo, è controllata da pochissime persone, questa è la verità. Mentre in un tessuto molto diffuso di innovazione, di piccole imprese, siamo vicini un po' al modello di concorrenza ideale perfetta che gli economisti insegnano all'università, quando sono 5, 7, 15, 30, 50 a decidere di andare in una certa direzione è chiaro che il problema te lo devi porre e non lo devi chiedere solo agli conomisti perché, se posso raccontare un episodio recente familiare, io ho due figli grandi naturalmente, uno di questi lavora non in Italia, ci sono i nipotini e quindi ci ha regalato Alexa, ci ha regalato una di quelle macchinette per consentire ai bambini di dire chiama i nonni quindi facciamo le videoconferenze. Raccontavo questa cosa alle due nipotine che invece abitano, tra l'altro vicino casa nostra, 6 e 4 anni e mezzo, dico sapete così così gli potete fare anche delle domande del tipo che tempo fa domani, vedo che il loro cervello parte istantaneamente, gli do 30 secondi e domando tu, quella di 4 anni, che gli vuoi domandare? Quanti sono i rami di tutti gli alberi del mondo? Io suggerirei un applauso per questa domanda. Allora, se entriamo nell'applausometro ho fatto bene a fare una pausa perché a quella di 6 anni e tu che cosa gli vuoi domandare? Dov'è Dio che non riusciamo a vederlo? Anche qua ci vuole, è necessario. Tra l'altro sono tornato subito a casa a verificare cosa avrebbe risposto naturalmente perché sapevo come poi è avvenuto che non appena fossero venute avrebbero fatto questa domanda, però non svelo la risposta. Ho raccontato questa cosa in un convegno in cui c'erano anche dei pedagogisti e hanno detto che questo è un segnale straordinario di un cambiamento epocale tra noi, con tutto il rispetto per la nostra età, e i bambini che vivono appunto un'interazione con queste macchine radicalmente diverso da quello che possiamo discutere noi. E chi si occupa di pedagogia, di psicologia, sta studiando questi fenomeni, quindi è importante che appunto accanto agli economisti ci siano anche coloro i quali stanno cercando di capire come reagisce nella nostra mente, perché in quel rapporto del 2008 si discuteva anche di quello e dunque ci si domandava già come noi avremmo potuto interagire con un'intelligenza artificiale e così via. Questo episodio ti fa capire appunto che noi non siamo in grado veramente di capire le cose, perché? Perché abbiamo bisogno di una conoscenza anche non economica, non tecnologica, ma appunto che cerca di capire la persona. E l'altro esempio invece ha a che fare con le decisioni che appunto vanno assunte a breve termine e come sapete il tema della guida autonoma è uno di quelli più discussi e dove il tema di come programmo gli algoritmi è stato discusso ampiamente anche in Europa, perché bisogna dire all'intelligenza artificiale che guida l'auto se tra dover mettere di fronte a un'emergenza devi buttarti tu nel burrone oppure investire quattro bambini che passano, questi sono i test, è chiaro che alla fine l'etica pesa moltissimo e quindi abbiamo bisogno a mio parere di fare discussioni sull'etica perché alla fine non solo gli algoritmi ma anche l'uso che ne faremo dipende dal tipo di mondo che vogliamo creare. Certo avere dei ministri guidati da un'intelligenza artificiale, migliore di quella che mi hanno installato due anni fa, è anche attraente da un certo punto di vista perché forse sarebbero capaci quegli algoritmi di pensare più nel lungo termine visto che gli algoritmi non dovrebbero essere rieletti, ma la democrazia allora che fine fa? Cioè vi assicuro che quando uno entra in queste tematiche si rende conto che la discussione appunto sull'etica, sui fini ultimi, dove vogliamo andare, cosa vogliamo raggiungere, quindi il tema della sostenibilità dello sviluppo eccetera, sono ancora più importanti non perché gli altri non lo siano ma alla fine dobbiamo decidere che tipo di mondo vogliamo. Posso aggiungere una cosa su questo perché è introdotto un tema enorme che è le implicazioni etiche della tecnologia, dell'intelligenza artificiale ed è per questo che quell'orientamento che sono d'accordo andrebbe fatto ai ragazzi fin da bambini perché facciano delle scelte di studio, dev'essere sì verso le materie tecnico-scientifiche perché poi in particolare il nostro Paese abbiamo una carenza pochi ingegneri, però mi piace più lo steam, c'è una A in più, art, l'educazione classica, umanista, perché queste macchine poi qualcuno deve educarle quindi ci sarà spazio, c'è un enorme spazio, c'è una enorme richiesta in realtà di professioni tecniche e scientifiche che devono scrivere gli algoritmi, costruire le macchine eccetera, ma ci sarà anche nei nuovi mestieri con intero capitolo ai nuovi mestieri che sono tantissimi, ci saranno i mestieri degli educatori delle macchine, questi saranno i filosofi, saranno persone che hanno fatto studi umanistici quindi queste sono le due direzioni su cui dobbiamo veramente vestire e sono d'accordo a partire fin da subito, fin da quando sono bambini perché è vero molto spesso anche nella scelta di università c'è una grande confusione perché non c'è conoscenza, educazione dei ragazzi e delle famiglie che devono aiutarli. Allora abbiamo cinque minuti di tempo ancora, sarebbe interessante ci fossero una o due domande dal pubblico, mi rendo conto che dopo avere sentito la brillantezza delle domande delle nipotine di Enrico Giovannini uno possa essere inibito, però se c'è qualcuno che lo desidera sarebbe interessante per entrambi i nostri protagonisti di oggi. Intanto grazie mille a entrambi, sono qui, le luci, magari mi alzo un attimo. Intanto grazie a entrambi, ne avrei un paio veloci, niente la prima domanda è Marco tu nel secondo libro l'onda perfetta a pagina 35 scrivi gestire il cambiamento è importante ma anche molto difficile ci sono quattro modi per farlo, subirlo, cavalcarlo, promuoverlo, mi chiedevo quali dei quattro secondo te in questo momento ci troviamo noi in Italia? Questo è un libro in cui parlo del cambiamento di rompente, viviamo un'era di cambiamento di rompente, quello tecnologico è uno ma ce ne sono tanti anche geopolitici e questo crea peraltro ansia, quindi viviamo un po' all'età dell'ansia come diceva un poeta inglese, bisogna saperlo gestire e affrontare a seconda del cambiamento, queste sono un po' le mie quattro cinque modi, la cosa migliore ssere attori protagonisti del cambiamento, cioè essere quelli che riescono a determinarlo, l'importante però è cercare, io dico le due parole chiavi sono learn and adapt, imparare adattarsi, cioè cercare il titolo dell'inda è l'onda perfetta perché l'idea di dire se tu l'onda la vedi in anticipo e sai nuotare la puoi cavalcare e sfruttare l'opportunità, se invece non la vedi in anticipo perché fai altro e non sai nuotare ne vieni travolto, questo è un po' quello che succede quando abbiamo dei grandi cambiamenti, l'importante ssere preparati e poter cavalcare e sfruttare l'opportunità e non esserne travolto. Abbiamo ancora tre minuti quindi c'è ancora spazio prego per una domanda, c'è il signore al seconda fila, avanti qua. Ho sentito quello che diceva Enrico Giovannini, parlava che ci sarà un insegnamento di filosofi, di persone che parleranno di etica a coloro che devono implementare gli algoritmi, l'etica a cui noi pensiamo noi occidentali ci facciamo la filosofia che abbiamo studiato scuola, ma in futuro saranno i filosofi di coloro che hanno in mano la tecnologia? Faccio breve, Cina o India? Perché allora la nostra etica dobbiamo cominciare a studiare la filosofia, magari a dei paesi autocrati e allora lì il discorso cambia. Mi è piaciuto molto il discorso che ha fatto lei se una macchina deve decidere di andare nel burrone o di falciare quattro bambini, lascio lei. Il tema che lei pone è assolutamente cruciale perché discute in termini etici del ruolo dello stato come stato etico o no. Noi in occidente, dato appunto tutto il nostro passato filosofico, siamo apparentemente terrorizzati dallo stato etico, cioè non vorremmo che lo stato ci dicesse cosa fare. In oriente il problema non se lo pongono minimamente e questo ha a che fare anche con la discussione appunto qual è il modo migliore per affrontare i rischi di insostenibilità. Ma pensi anche al caso della pandemia in cui se non si comporta tutti in un certo modo non basta che io mi comporti in un certo modo, perché? Perché sappiamo la questione. Quindi sono temi difficilissimi su cui l'Occidente non si interroga abbastanza, questa è l'unica sicurezza che posso affermare e infine il tema del futuro, prepararsi al futuro, rinvio semplicemente alla seconda puntata di lezioni sul futuro che facciamo oggi pomeriggio e poi la terza domani con Luca De Biase, perché la tentazione di dire Franza o Spagna purche se magna, cioè come dire tanto decide qualcun altro e quindi io purche mi diano da mangiare mi adatto, è una tentazione che veramente non ci porta da nessuna parte. Benissimo, ringraziamo tutte le persone che sono convenute qui, ringraziamo Enrico Giovannini, Marco Magnani, ricordiamo consigliamo strenuamente questo bellissimo libro di Marco che è stata la base della nostra discussione in vendita qui e credo che Marco sarà anche felice di fare la sua firma copia. Grazie. Buon pomeriggio a tutti e buon festival.
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