Una montagna di cibo: il cibo come motore di rigenerazione di comunità
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Una montagna di cibo: il cibo come motore di rigenerazione di comunità
Paolo Malavenda, segretario nazionale della Società Italiana di Promozione della Salute, Paolo Costa, ricercatore presso la Fondazione Bruno Kessler, Simone Benetti, coordinatore del progetto Ortinbosco - WFKM0, e Giulia Pizzini, coordinatrice del progetto Orto San Marco - Setàp - WFKM0, hanno discusso della relazione tra alimentazione e rigenerazione delle comunità. Valentina Chizzola, ricercatrice della Fondazione Franco Demarchi, ha aperto l'incontro sottolineando l'importanza del legame tra cibo e aspetti fisiologici, culturali e sociali.
Buon pomeriggio a tutti, grazie della vostra partecipazione, un po' caldata perché pomeriggio è un po' caloroso. Ad ol benvenuto a nome di Fondazione De Marchi a voi e agli autorevoli relatori per questo incontro che è un po' particolare all'interno del canovaccio dei vari incontri che presentiamo in questa piazza come Fondazione De Marchi all'interno del festival dell'economia. Oggi parliamo di cibo, cibo come dice il titolo come motore di rigenerazione di comunità, ne parliamo con esperti di cibo ma anche con due persone che all'interno del percorso di welfare generativo che come Fondazione De Marchi facciamo insieme a Fondazione Caritro e la provincia, appunto le due persone che abbiamo qui sono responsabili o comunque collaborano a progetti davvero importanti, uno è Orto in Bosco di Fondazione Famiglia Materna con Simone Benetti e l'altro è la signora, la Malavenda che è la no, scusa, Giulia Pizzini del coordinatore del progetto Orto San Marco sempre di Rovereto che ringraziamo e poi con i due esperti di cibo, uno Paolo Costa ricercatore della Fondazione Bruno Kessler e Paolo Malavenda segretario nazionale del Cibo ma poi la moderatrice che è la mia collega Valentina sarà molto più brava di me. Io sono molto contento di questo incontro anche perché sono in duplice veste, oggi lo dico, perché sono sia direttore di Fondazione De Marchi che direttore di Fondazione Famiglia Materna che siamo qua con uno dei progetti che ha caratterizzato fortemente anche l'attività della fondazione per cui vi auguro buon ascolto, spero che gradiate questo incontro, gli autorevoli personaggi che ci intraterranno hanno tutta la competenza e esperienza per mettere sul tavolo quello che serve e buon lavoro anche a Valentina che coordina l'incontro. Grazie direttore. Bene buon pomeriggio a tutte e a tutti, sarà un po' difficile riuscire a guardare tutti voi mentre parlo perché siete dislocati in varie zone della piazza ma meglio così animiamo la piazza in diversi luoghi. Cibo e montagne di cibo, il cibo come fattore che può creare una rigenerare la comunità ma prima di tutto il cibo che cos'è? Fondamentalmente è visto come uno dei primi bisogni dell'essere umano, saziare il senso di fame introducendo delle sostanze nutritive è fondamentalmente un elemento, fa parte di qualche modo una risposta fisiologica che permette la prosecuzione della vita quindi il cibo è inizialmente un bisogno fisiologico, un bisogno fisiologico e essenziale per la sopravvivenza. Del valore dell'essenzialità parleremo poi con Paolo Costa quindi non mi dilungo però credo sia importante fare riferimento al fatto che l'uomo post moderno non ingerisce mai qualcosa senza dare in qualche modo al cibo un significato culturale e sociale e qui mi rifaccio a una sociologa australiana che chiamo molto Deborah Lapton che dice che di solito noi quando mangiamo mettiamo l'anima nel piatto e la dimensione fisiologica del cibo è inestricabilmente intrecciata con quella simbolica, questo intreccio è così forte da far sì che non possiamo determinare dove finisce la parte simbolica e dove comincia diciamo la parte invece fisiologica ma il cibo è tanto e tanto altro ed è per questo che oggi al tavolo abbiamo personalità e competenze molto diverse come ho detto parleremo di cibo e salute, di cibo e montagna, di cibo come strumento di aggregazione e di socializzazione nei progetti di welfare generativo. Partirei quindi dalla relazione tra cibo e salute e lo facciamo con il dottor Paolo Malavenda, medico di assistenza primaria a Trento, segretario nazionale non generale della SIPS che è la società italiana per la promozione della salute. Paolo prima di tutto ti chiederei che cos'è questa SIPS perché non molti di noi credo la conoscano e poi invece proseguiremo con la relazione che esiste tra cibo e salute. Grazie buonasera a tutti allora la SIPS è la società nazionale di promozione della salute che si occupa appunto di promozione della salute e lo fa come mission riferendosi proprio per statuto alla carta di Ottawa che è stata costruita scritta nel 1986. Vi leggo letteralmente il concetto della carta di Ottawa perché non bisogna modificare neanche una virgola. Per promozione della salute si intende il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla. Qui cambia completamente il paradigma precedente che era in uso fino a allora come salute e come paradigma biomedico e qui si va su tutti altri mondi, si parla di promozione della salute e la promozione della salute quindi coinvolge l'individuo in maniera attiva. Dico due parole su quelli che sono i requisiti per avere una buona salute e li dico in ordine perché così non perché siano più o meno importanti ma perché sono in ordine di priorità. La pace, la casa, l'istruzione, il cibo, il reddito, il reddito è molto importante, un ecosistema stabile, una continuità di risorse la giustizia come equità sociale. Come sono arrivato alla SIPS io sono partito dal 2017 seduto lì mezzo a voi nel pubblico e ascoltavo un festival dell'economia che parlava di salute diseguale. Mi sono appassionato perché nella mia attività di medico allora oltre il 25ennale c'era qualcosa che non tornava in quelli che erano gli standard e le modalità e i protocolli di cura, perché alcune persone, alcuni individui non rispondevano come gli altri pur essendo sottoposti ad una buona diagnosi, a un buon trattamento, a una buona terapia e questo perché l'altra faccia della medaglia ci dice che ci sono delle diseguaglianze, delle diseguaglianze su tanti aspetti. Il cibo fa parte di una di queste e vi farò vedere come. È stato già detto prima quali sono tutte le valenze del cibo, c'è tanto cibo, c'è poco cibo, la qualità del cibo, cibo buono, cibo meno buono, il cibo per il corpo, per nutrire il corpo, io direi anche per nutrire la mente se non qualcos'altro ma per questo ci sarà un relatore sicuramente più bravo di me dopo e poi il cibo non più come medicina ma come salute quindi non il cibo per curarsi ma il cibo per stare in salute e poi anche il cibo come si consuma perché lo mangiamo fast food, lo mangiamo slow food quindi non è solo alimentarsi e come mangiamo e quindi è uno stile di vita e anche con chi lo facciamo nel mentre che ci alimentiamo e alimentiamo la nostra mente facciamo con esperienza con il cibo, la facciamo da soli e la facciamo anche in compagnia cioè nell'arco della vita la facciamo anche con gli altri con la comunità presumibilmente in cui viviamo quindi il cibo è una necessità allo stesso tempo e anche un piacere quindi c'è da sottolineare anche questo dubbice aspetto. Non sto a dilungarmi su come composto il cibo però sicuramente vorrei dirvi che i componenti del cibo sono vari, sono tutti buoni e semmai bisogna fare attenzione ad alcuni componenti che sono stati così un po' esageratamente definiti i quattro killer bianchi, io direi che sono cibi da usare con moderazione e sono la farina, lo zucchero, il sale e il grasso perché questi possono provocare dei problemi di salute. Ecco dal titolo io ho preso ispirazione per dirvi una montagna di cibo, sì c'è una montagna di cibo intorno a noi, ne produciamo veramente tanto, negli Stati Uniti ogni giorno vengono buttati l'equivalente di 63 milioni di tonnellate di cibo, vi sembra tanto? È tantissimo, si stima che sia forse il 40% della produzione giornaliera che poi alla fine della giornata viene buttato perché non può essere più, pur essendo ancora commestibile, consumabile non viene utilizzato. A livello mondiale abbiamo praticamente una stima un po' inferiore, circa un terzo del cibo che viene buttato nella spazzatura e questo fa da contraltare a quelle parti del mondo dove cibo non ce n'è, dove ci sono 800 milioni di persone che fanno la fame nel mondo, ovvero 800 milioni di persone hanno fatto la fame nel 2020 con un netto incremento durante la pandemia rispetto al 2019, quindi c'è una disuguaglianza nel mondo dove c'è tanto cibo dove ce n'è poco e allora cosa possiamo fare? L'ONUS si era proposta l'ambizioso progetto di radicare la fame del mondo entro il 2030 proponendo questo aspetto nell'obiettivo 2 dell'agenda 2030, si è visto che ormai sarà difficile raggiungere questo obiettivo perché siamo in forte ritardo e per farlo bisogna cambiare il paradigma e bisogna intervenire su politiche agricole, su politiche economiche e anche sugli aspetti sociali e quali azioni possiamo mettere in campo? Beh in primis per sconfiggere la fame bisogna sconfiggere ancora prima o comunque ridurre la povertà che è la madre di tutte le disuguaglianze così come il cibo non è distribuito in maniera uguale in tutto il pianeta anche la povertà si concentra elettivamente dove c'è scarsità di cibo e ne converrete che è un discorso scontato ma è un insieme un sistema di cose che fa sì che ciò avvenga. Comunque le disuguaglianze le differenze di cibo sono non solo nella quantità ma anche nella qualità e come dicevo prima abbiamo cibo buono e cibo meno buono non esiste cibo in assoluto cattivo e come lo usiamo se mai che ne facciamo un cattivo uso? E quindi ci sono dei dati che per esempio ci dicono che quasi una persona su tre nel mondo non ha avuto accesso a una dieta sana o una dieta adeguata sempre nel 2020 e quali sono queste cause le cause di questa distribuzione così anomala del cibo? Ci sono cause sociali nell'accesso è una alimentazione sana per esempio infatti tutti sappiamo che una dieta equilibrata ci protegge ci fa stare in salute ci evita le malattie, le malattie del cuore, le malattie come l'ipertensione il diabete non solo anche i tumori ma anche è correlato una buona alimentazione con una buona salute mentale quindi è un concetto che del cibo che è a monte dello star bene come dire che promuove comunque lo star bene ma in italia come nel mondo abbiamo anche differenze al nostro interno di stili alimentari di modalità di nutrizione e queste differenze queste disuguaglianze sono correlabili a fattori come l'occupazione, il reddito, l'istruzione e poi ci sono anche le influenze culturali, l'isolamento anche dell'individuo che può essere anche geografico, sociale, culturale eccetera e si è visto che le persone meno istruite a parità di frequenza di consumo di tutte le persone praticamente utilizzano meno alimenti sani e questo correla molto con l'obesità e il sovrappeso che è una malattia purtroppo dilagante in ascesa almeno in Italia e anche in Europa. Un altro aspetto del nostro mangiar sano è legato anche alla raccomandazione dell'OMS che ci dice di consumare almeno cinque porzioni di frutta e di verdura al giorno. Ecco la distribuzione di questo tipo di alimentazione è inversamente proporzionale al livello culturale e anche economico delle persone e quindi questo crea videntemente una disparità enorme tra individui che in qualche modo bisognava colmare e come colmare queste differenze per ottenere risultati di salute? Ci sono due possibilità, la prima è un livello sistematico superiore dall'alto, modificare le regole del cibo e mettere una tassazione sui cibi più dannosi e incentivare invece con sovvenzioni e promozioni i cibi più salutari ma anche nella composizione del cibo potremmo dire modifichiamo, eliminiamo da alcuni nutrienti che possono essere dannosi e inseriamone degli altri per modificarli e rendere il cibo più salutare. Tutti questi sono degli interventi che si possono fare e poi c'è anche un aspetto normativo del cibo, c'è un'esperienza comunitaria europea in cui si vuole dare un bollino, si vuole mettere un'etichetta, un bollino su ogni cibo con tre colori, il rosso, giallo e verde dove il bollino rosso sta a dire che quel cibo è molto energetico e che quindi bisogna usarlo con moderazione, il giallo è una via di mezzo e chiaramente il verde è con maggior libertà ma se andiamo a pensare all'impatto che questo può avere negli usi, nei consumi ma anche nel commercio e quindi negli interessi se non altro proprio nazionali nostri anche locali se vogliamo, verrebbe fuori una grossa disparità tra per esempio l'olio extravergine di oliva che riceverebbe un bollino rosso perché è molto energetico e altri alimenti che sono sicuramente più impattanti per la salute che anche essi sarebbero etichettati come rossi. Lo svantaggio è che l'olio d'oliva, per l'olio d'oliva c'è la raccomandazione all'uso, uso ovviamente moderato perché ci aiuta ad abbassare il colesterolo. Quindi abbiamo detto che abbiamo due tipi di interventi, un intervento a monte che è questo che praticamente ha una ricaduta su tutta la popolazione, cioè se noi diciamo per sempio ai panettieri, diamo un disciplinario ai panettieri di mettere meno sale nel pane, questo avrà una ricaduta su tutti quanti e su chi è in grado di scegliere il cibo migliore e su chi non è in grado di sceglierlo e quindi da un certo punto di vista si riducono le disuguaglianze dell'alimentazione che esistono nella nostra popolazione italiana. Invece poi un altro aspetto che è molto più dispendioso di energie ma che comunque va sicuramente tutelato incentivato è l'azione individuale, quella di empowerment e di conoscenza e di istruzione di come bisogna alimentarsi per rimanere in salute, per non ammalarsi e qui si sprecano i programmi scolastici e benvenga che ci sono tutte le esperienze che poi anche vedremo dopo negli interventi che seguiranno. D'altra parte si era proposto di mettere una tassa sui cibi spazzatura, è un'idea che è balenata in America, non so fino a che punto verrà portata avanti, ma l'idea di tassare le bevande zuccherate, i dolciumi e comunque cibi non essenziali è una cosa di cui si discute da tempo e ancora forse non è stata implementata. L'obesità a cui stiamo andando incontro richiede degli interventi drastici perché è un fatto che coinvolge un sacco di persone sempre più e come dicevo soprattutto le persone più svantaggiate dal punto di vista socio economico. Tornando sempre al discorso della quantità di cibo che produciamo c'è da chiedersi come faremo a produrre sempre tanto cibo per sempre all'infinito, ora le risorse che abbiamo del pianeta terra sono enormi, non saprei quantificarvele ma non è pensabile che siano infinite e quindi in qualcosa bisogna pur fare per evitare gli sprechi, sicuramente gli sprechi di cibo perché sprecando cibo si sprecano le risorse che sono servite per generarlo e quindi bisogna pensare a un modello di sviluppo sostenibile dove la parola sostenibile vuol dire e soddisfare le esigenze attuali dell'individuo di adesso usando le risorse disponibili senza però usare le risorse future delle generazioni future lasciando risorse anche ai giovani. Un esempio banale, sapete quanta acqua ci vuole per produrre un chilo di carne? Per produrre un chilo di carne bovina ci vogliono circa 10.000 litri di acqua non è un'esagerazione, di questi 10.000 solo mille effettivamente vengono consumati, pensate che un bovina adulto o una mucca adulta beve fino a 200 litri di acqua al giorno, una mucca, moltiplicato, dicevo mille litri di acqua vengono effettivamente consumati solo negli allevamenti più efficienti, quelli che hanno adottato delle tecnologie più avanzate e moderne altrimenti si arriva a consumarne quindi a non avere la disponibilità di almeno 5.000 litri di acqua. Un altro esempio ce l'abbiamo per esempio con il tonno rosso che è un tonno sicuramente di qualità pregiata, ricercato, ambito perché mangiamo il sushi, perché ci piace farla tartare ma per produrre un chilo di tonno rosso ci vogliono 10 kg di pesce più piccolo che viene allevato poi viene ridotto in farine e in mangime per il pesce più grande e fate presto a capire quante persone si possono nutrire con 10 kg di pesce più piccolo tra l'altro pesce azzurro, pesce consigliabile rispetto a un chilo solamente. La domanda a questo punto è quante risorse abbiamo e quanto tempo? Ok io procedo, quante risorse abbiamo? Abbiamo detto che per produrre cibo ci vogliono risorse, per produrre automobili ci vuole una buona quantità di ferro, di metalli vari, di plastiche e di ingegno, ok? Però le materie prime ci vogliono, per produrre cibo ci vuole terra, acqua, energia e poi produciamo come tutte le altre attività anidricarbonica, materiale di scarto e quante risorse abbiamo? Un panel di esperti ha acconiato un algoritmo che calcola più o meno la disponibilità di risorse che l'Italia ha nell'arco di un anno e calcola anche monitoro dei consumi e ci dice quando abbiamo finito il budget di risorse a nostra disposizione. Bene quest'anno il famoso overshoot day è capitato circa 10 giorni fa, il 15 di maggio abbiamo esaurito tutte le risorse che rano state ipoteticamente con un calcolo matematico messo a disposizione dell'Italia di tutta la nazione e questo non solo per il cibo, per tutte le attività produttive. Allora se andiamo avanti con questo andamento dobbiamo ipotizzare che se tutto il mondo usasse le stesse risorse che usiamo noi ci vorrebbero 2,7 terre, 2,7 pianeti per garantire risorse necessarie a tutti e questo evidentemente è un problema. Quindi a questo punto si può ancora parlare di sostenibilità che è un concetto del 1992, la sostenibilità sottende un concetto che sotto c'è un equilibrio che si può mantenere, ma forse questo equilibrio non c'è più e quindi forse è il caso di cambiare paradigma concettuale dalla sostenibilità alla rigenerazione la rigenerazione la trovate nel titolo di questo incontro di oggi. Cosa significa rigenerazione? Rigenerazione significa riparare un danno che si è o che si sta manifestando e in concreto per il cibo vuol dire mettere insieme tutta una serie di azioni volte a recuperare l'equilibrio perduto e ridurre l'impatto ambientale, vi ricordate il consumo di acqua eccetera e qui partono delle esperienze che magari posso accennarvi brevemente, c'è un esempio di laboratorio in cui si produce si producono proteine a partire dalle emissioni di co2 e di idrogeno grazie ai microorganismi che riescono a sintetizzare delle proteine, quindi il concetto fantastico accattivante è che se si potessero trasferire questi laboratori lì dove i materiali di scarto, la produzione di sostanze tossiche comunque inutili o inquinanti viene prodotta, invece di dover essere smaltita con i costi dello smaltimento si potesse trasformare in qualcosa di buono, in cibo, questo sarebbe veramente la quadratura del cerchio e questo è appunto un concetto incredibile sul quale so che stanno lavorando. Grazie Paola, grazie mille, ti ringrazio per le svariate sollecitazioni che ci hai dato, ci tengo solo a raccontare un piccolo elemento biografico, mio in realtà è tuo perché noi ci conosciamo non solo perché Paolo è il mio medico ma anche perché mi aveva coinvolta all'inizio in uno dei primi lavori che sono stati fatti, fosse appena nata la SIPS e quindi uno immagina un'associazione nazionale di promozione per la salute come un gigante che porta avanti determinate teorie e idee, invece inizialmente erano delle bellissime serate online in cui dei team interdisciplinari per cui c'era io come filosofo, una psicologa, un medico, una giurista, adesso non ricordo chi facesse parte del gruppo, che si davano come compito quello di leggere dei testi in inglese e di provare in qualche modo a tradurli per un pubblico, per renderli in qualche modo fruibili ad un pubblico il più ampio possibile e quindi credo che questa come idea e la SIPS continua ancora in parte anche in questa volontà di provare a ridurre il più possibile le diseguaglianze che non sono soltanto diseguaglianze di tipo economico sicuramente fondamentale ma anche di tipo conoscitivo e culturale che non permettono a tutti di conoscere come realmente può essere dannoso o quali sono poi come possono essere dannose alcuni elementi in questo caso del cibo. Bene, passiamo ora alla parola Paolo Costa. Paolo Costa è sempre un piacere per me averlo sul palco perché è un filosofo, un ricercatore della fondazione Bruno Kessler, un saggista, non ricordo nemmeno quanti libri abbia scritto Paolo, quanti saggi, penso sia difficile ricordarlo, ma al di là di questo è una persona che a me piace definire un filosofo della montagna. Paolo ha scritto un libro, l'abbiamo invitato qui anche perché ha scritto, ha curato un libro insieme ad Adolfo Villa Fiorita, a Claudio Ferlan della fondazione Bruno Kessler dal titolo Chi porta da mangiare il cibo tra eccessi e scarsità e qui sicuramente ve lo consiglio perché io l'ho letto da poco e è un libro davvero molto piacevole che rappresenta e prende in considerazione diversi aspetti del cibo, ma poi ha da pochissimo pubblicato un libro L'arte dell'essenziale, un'escursione filosofica nelle terre alte di cui vi vorrei leggere il retro di copertina, io ce l'ho in mano in questo momento però mentre me lo ha consegnato c'è un retro di copertina che secondo me è molto calzante per questo incontro. Tra i monti quel poco di saggezza che ha alla portata degli esseri umani si raggiunge proprio così, metabolizzando lo stupore, lo sgomento, il tedio, la curiosità per uno spicchio di mondo che va continuamente al di là delle nostre aspettative. Serve pazienza ma è una cosa che chiunque ami la montagna arriva prima o poi a capire a suo modo. Quindi Paolo, ti ho dato il là per partire in qualche modo a raccontarci dal tuo punto di vista qual è la relazione per certi versi tra cibo e montagna e in qualche modo anche tra cibo e essenzialità. Grazie per l'invito, il libro ha un debito di gratitudine anche con la fondazione De Marchi perché l'idea di scriverlo mi è venuta grazie ai vostri inviti, alle sole citazioni a fare un'operazione che prima di allora non avevo immaginato, che non è tanto perché i filosofi ve l'immaginate, quando vanno in montagna l'esempio classico per noi filosofi è Nice, uno arriva in montagna e c'ha già la sua idea in testa poi vai in Engadina, l'ispirazione gli viene e sovrappone il pensiero all'ambiente mentre la cosa che ho cercato di fare nel libro è fare l'operazione inversa cioè immaginare di far emergere una filosofia dall'ambiente montano. Non so se ci sono riuscito però quando Valentina mi ha invitato a tornare a riflettere sul cibo a partire dai temi del libro la prima domanda che mi sono fatta è come mai ci fosse così poco cibo in realtà in quel libro perché il libro è anche un grande diciamo così esercizio di memoria prustiana diciamo così quella memoria involontaria che ti viene e che ti sollecita dei pensieri a partire da ricordi spesso infantili è strano che non ci sia il cibo perché non è vero come qualcuno pensa che in montagna non ci sia tanto diciamo così è cibo interessante perché se io vado con la memoria a questa esperienza così formativa per me quando ero bambino che mi trasferivo dalla città alla montagna ritornando nel luogo da cui erano emigrati i miei genitori negli anni 50 il cibo i sapori avevano un ruolo fondamentale nel creare questa esperienza di incanto dal pane alle cose che si potevano rubare negli orti le ciliegie il burro il formaggio ovviamente ma persino l'acqua era speciale i funghi c'erano questi dolci che mi facevano faceva la mia nonna che si mangiavano solo là che avevano questo nome in dialetto foglie arrostite cioè foglie arrostite che già il nome è spettacolare mi sono chiesto se il motivo per cui non no no no non sono partito dal cibo e perché temevo di finire ancora una volta a parlare del pranzo di babbette di carino blix ma non ve lo risparmio neanche oggi perché proprio ieri sera sono andato a rileggermelo e se c'è qualcuno di voi che non conosce questo racconto così celebre che è diventato anche un film molto molto bello deve farlo assolutamente perché tutto quello che vi dirò oggi in maniera un po' astratta un po' faticosa lì lo trovate invece dispiegato con una facilità con una con un gusto che è proprio sattamente quello che succede secondo me non noi in italia lo sappiamo meglio di altri quando ci troviamo attorno ad una tavola prima valentina parlava del valore simbolico del cibo e prima di me diciamo così l'aspetto di essenzialità più materiale del cibo era il centro non era il focus però noi conosciamo benissimo quello che avviene intorno alla tavola in italia in particolare ma credo un po' avunque nel mondo no ci si trova davanti alla tavola si arriva un po' prima si aspetta il cibo qualcuno prova diciamo magari a costruire una conversazione ma magari la conversazione parte un po' faticosa all'inizio poi uno mangia se si mangia bene c'è un sapore che immediatamente è suscita un ricordo un'associazione mentale allora la metti diciamo proprio così sul piatto qualcuno aggancia questo ricordo un suo ricordo e avviene sattamente quello che succede nel pranzo di babetto una specie di trans sostanziazione dal cibo essenziale da un punto di vista fisico un cibo essenziale dal punto di vista dei legami personali e quindi la dimensione generativa del cibo quando uno la cerca di mettere a fuoco ha proprio a che fare essenzialmente con questo aspetto e il racconto di karen blixen per chi non lo conosce se ambientato nell'ottocento in una piccola comunità in norvegia lì le montagne ci sono perché c'è un fiordo e le persone vivono in questo piccolo villaggio in questo villaggio arriva scappando dalla francia una persona che poi si scopre essere una cuoca straordinaria che cerca rifugio in quel luogo viene accolta in una comunità che è una comunità caratterizzata da un rigore morale molto forte immaginatevi una comunità luterana protestante pietista e quindi diciamo che fatica un po ad abbandonarsi ai piaceri del corpo questa persona si inserisce in questo contesto senza farsi troppo notare produce dei cambiamenti nella comunità ma sono cambiamenti piccoli quasi non percepibili però dopo dodici anni questa persona vince una grossa somma una lotteria e decide di organizzare una cena straordinaria non si capisce bene se come una specie di gesto di gratitudine per queste persone che l'hanno accolta e il cuore di questo racconto è proprio il processo di trasformazione che avviene intorno a quella tavola in una comunità religiosa che si è proprio irrigidita l'immagine che mi viene è come se fossero dei coralli diciamo si sono irrigiditi nel corso si sono si è ramificato ci sono incomprensioni ostilità e c'è soprattutto dietro alla base di tutto questo rifiuto della felicità che le due sorelle protagoniste del racconto hanno fatto appunto questa rinuncia rinunciando le avance di due innamorati nella loro gioventù e quindi Karen Blixen riesce a produrre attraverso le parole questa esperienza che secondo me è molto familiari a tutti noi il cibo ha questa capacità di creare un ponte tra carne e spirito diciamo così tra la nostra dimensione fisica e la nostra dimensione relazionale culturale simbolica la chiamata Valentino è un'esperienza di incanto se ci pensate bene in quel caso è proprio un'esperienza di reincanto perché il discorso che conclude la cena e diciamo così in cornice a in corona questo racconto pronunciato da questo generale che era l'innamorato di Martina una delle due sorelle rifiutato e respinto è un inno a quello che lui citando un salmo biblico famoso chiama proprio la matrimonio diciamo tra bliss la felicità e righteousness e la giustizia quindi proprio quello che noi chiederemmo tutti chiederemmo alla vita alla cultura alla società le nostre relazioni quindi un'esperienza di incanto ma basta questo mi sono chiesto quando ho chiuso il pranzo di babette e mi sono detto adesso lo racconto a queste persone che magari mi guardano dicono sì bellissimo però alla fine questo è solo una parte della storia e in effetti mi è venuto in mente che paolo cognetti nella felicità del lupo il romanzo che paolo ha scritto dopo il grande successo delle otto montagne il pranzo di babette ha un ruolo centrale perché pranzo di babette si chiama proprio il ristorante in cui betta una delle protagoniste del romanzo opera è una specie di legame potenziale della comunità montana in cui si trova i luoghi sono gli stessi delle otto montagne però quel ristorante non produce in nessun senso l'effetto trasfigurativo di reincantamento che babette produce invece in questo piccolo villaggio norvegese tutt'altro proprio mi sono chiesto anche spesso mentre lo leggevo se paolo non avesse proprio voluto un certo senso rispondere a tutti quei lettori che avevano visto troppo romanticismo nelle otto montagne perché questa babette potenziale è esattamente disillusa disincantata il cibo non produce nessun effetto sui montanari che mangiano vogliono sempre mangiare lo stesso menù il cuoco disperato perché non può mai cucinare verdura il babette stessa diciamo a betta la protagonista non ha più speranza nel suo ristorante decide di abbandonarlo alla fine il cuoco stesso è lì arriva è uno scrittore fallito e quindi ciò che rimane di questa diciamo così di questo tentativo è pochissimo veramente poco non ci sono relazioni il cibo non produce relazioni e quello che rimane è la fe come dice il titolo no la felicità del lupo la felicità senza legami di cui anche la babette trapiantata in montagna è l'incarnazione nel momento in cui lei decide di andarsene di lasciare il ristorante in gestione al cuoco e di cercare quel poco di felicità che le nostre vite ci consentono in altri luoghi da che parte sta la domanda che volevo farvi da che parte sta la verità qui diciamo così nella nell'esperienza che tutti abbiamo fatto qualche volta di questo incanto credo che nel libro si lasci intravedere diciamo un'interpretazione possibile del effetto che babette ha nel racconto cioè secondo me quello che paolo cognetti vuole dire in quel libro è che quell'effetto li è un puro effetto estetico babette riesce a produrre quella transustanziazione che trasforma che consente insomma di di rendere la felicità compatibile con la giustizia solo perché è una grande artista perché è un genio perché è dotata di doti straordinari e quindi tutto il significato è un prodotto della sua genialità e non c'è altro da sperare dalla vita che dei brevi momenti molto intensi di conciliazione tra queste parti così divise della no così scisse della nostra esistenza e non ho una sintesi non voglio proporvi una sintesi perché credo veramente come ho fatto anche nel libro che bisogna tenere costantemente davanti agli occhi tutti i due questi aspetti della nostra relazione con l'essenzialità del cibo diciamo quella che è la sua inerzia fisica e la sua invece potenzialità trasformativa però direi appunto di non perdere mai di vista tutte e due non farsi ipnotizzare come molti di noi tendono a farsi ipnotizzare dall'aspetto solo di disillusione di disencanto perché la felicità che viene così bene rappresentata nel racconto di karen blixen è una felicità reale e altrettanto ssenziale dell'altra felicità che sperimentiamo costantemente nelle nostre vite ma questo sovra più che prima è stato nominato che generativa e se il nostro la nostra scommessa il nostro bias diciamo sapete che l'economia è definita la scienza triste non è verso la tristezza ma verso la generatività il pranzo di babette che dobbiamo conservare nella memoria è quello originale e non quello di paolo cognetti grazie paolo grazie paolo anche perché mi dai là per passare la parola direttamente a due protagonisti di progetti di due differenti progetti entrambi di roveretto io da roverettana sono molto orgogliosa che siano entrambi due progetti della bassa vallagarina due progetti di welfare chilometro zero fondazione dei marchi segue da anni il percorso di coprogettazione di monitoraggio di accompagnamento di questi progetti di welfare generativo e passo subito la parola simone e ti chiedo di raccontarci un po' il progetto ma soprattutto di fare questo passaggio alla seconda parte in qualche modo che pur era presente già nelle relazioni dei paoli sul sull'elemento generativo del cibo ma anche proprio sull'elemento di creazione di comunità il cibo è un connettore e voi per voi penso per entrambi in maniera seppur differente è un po un mezzo per riuscire ad arrivare poi alla comunità e buongiorno a tutti prima di tutto ringrazio chi prima di noi anticipato l'apertura perché mentre ascoltavo mi sono reso conto di quanti stimoli sono arrivati no e quindi ero partito con delle idee poi sentendo quindi termini mi sono un po rivisto e ho anche cercato un po di rielaborare alcune cose prima di arrivare a questa domanda vi racconto il perché ho voluto legare il mondo dell'agricoltura al sociale ra tutto nato per caso nel 2007 quando lavoravo in una struttura a rovereto e un dormitorio quello che tutti chiamano dormitorio in realtà è una struttura per persone senza fissa dimora una marea di persone tantissime senza però un obiettivo ben preciso noi rispondavamo a dei bisogni essenziali quindi livello sanitario dormire mangiare e soprattutto facevamo la classica il classico lavoro da scrivania quindi rapporto a uno uno e poi le solite richieste voglio una casa voglio un lavoro la difficoltà però che soprattutto incontravamo io mio collega nello specifico era quello di trovare un collegamento un qualcosa per riuscire a creare dell'attività per fare qualcosa con queste persone e lo faccio facevamo le cose veramente senza nessun scopo senza nessuna logica e da lì abbiamo iniziato a costruire delle aiuole interne bruttissime tra l'altro veramente orribili costruite con materiale di recupero terra quello che avevamo abbiamo iniziato internamente a fare una coltivazione di peperoncini era la mia passione è sempre stata una mia grande passione perché sono un collezionista e oggi riesco un po' meno a essere un collezionista per mancanza di tempo però la cosa incredibile noi l'avevamo fatto per noi come operatori più che per le persone che erano lì tra l'altro è una struttura rivolta principalmente al mondo maschile quindi la sera soprattutto si lavora quasi esclusivamente col mondo maschile e questa cosa qui ci ha lasciati molto anche pieni di interrogativi perché noi vedevamo che queste persone in realtà queste piantine di peperoncino se le guardavano e noi riuscivamo a capire perché noi ripeto l'avevamo fatto per noi e quindi la sera arrivavano le persone che magari se ne prendevano cura c'era chi magari toglieva via il frutto c'era chi magari faceva la guardia perché altrimenti i peperoncini venivano rubati da altri si creavano le fazioni interne c'era il gruppo che io chiamo degli esodati di piazza dante che probabilmente voleva avviare qualche nuovo business era una cosa incredibile ma la cosa che dopo nel tempo abbiamo cercato anche di capire soprattutto di analizzare internamente col mio collega era valorizzare questo perché era un punto era un collegamento era un qualcosa che ci dava alla forza uno strumento per riuscire a entrare in contatto con le persone e quindi da lì è nato dopo tutta una serie di altre azioni che abbiamo portato avanti nel tempo però siamo riusciti dopo attraverso il cibo e attraverso anche quello che abbiamo sentito prima a creare dei ponti a creare dei legami con le persone a entrare maggiormente in contatto con chi magari non ci rivolgeva neanche la parola o con chi magari usava la struttura solo per dormire e non per andare oltre il cibo quindi ho capito che era un collegamento importante per riuscire a relazionarsi con le persone cibo che io parlo di peperoncino quindi non stiamo parlando di chissà cosa insomma stiamo parlando veramente di una piccola cosa che però dopo nel tempo è diventato un qualcosa in più siamo passati da far peperoncini a fare coi pomodori siamo passati dal peperoncino magari a essiccarlo a fare dei preparati facevamo delle cene tematiche la sera quindi c'era un grande coinvolgimento delle persone del nord africa tutta la parte dell'africa in generale comunque anche dell'america latina o comunque anche dell'asia sentono come una parte propria al peperoncino e noi in maniera quasi inconsapevole avevamo creato questo ponte ed è stata la mia forza perché comunque da lì ho capito che c'era una chiave che apriva dei portoni e poi negli anni a seguire dopo io sono andato via da lì ho aperto sono andato in altre realtà del privato sociale a rovereto però mi sono portato dietro questa valigia e quindi nel tempo le cose le ho strutturate sempre più però ricordo con veramente molta anche con molta emozione quel momento in cui mi sono reso conto che effettivamente avevamo sotto mano uno strumento potentissimo per riuscire a fare qualcosa di bello ma soprattutto in qualcosa che andasse di là del lavoro da scrivania no parlo a te tu parli a me ma rimaniamo lì finisce lì orti in bosco oggi è una realtà al bosco della città di roveretto in una zona collinare si tratta di circa un ettaro di terra che poi coltivati su un circa 5 6000 perché una zona abbastanza in pendenza e è un progetto che come diceva valentina mira un po' a una generatività anche economica quindi riuscire a creare tutta una serie anche di modelli virtuosi per incamerare diciamo economia per tentare di avviare una sorta di autosufficienza interna è molto complicato io credo che l'agricoltura sociale sia molto complicata di più rispetto all'agricoltura convenzionale quella tradizionale già è complicata di suo se poi ci mettiamo anche il lavoro col sociale questo diventa veramente una bomba esplosiva ma perché per un semplice motivo perché sostanzialmente bisogna riuscire a capire se sbilanciare più la parte economica o quella educativa era questa la grande sfida in questo mi ovviamente visto il tema anche del festival è quello di inserirci il cibo noi come orti in bosco siamo una vera e propria filiera produttiva quindi partiamo dal campo partiamo dai semi insieme alle persone in difficoltà e poi via strutturiamo un percorso interno fino arrivare alla trasformazione e all'elaborazione delle materie prime e quindi l'invasettamento o la vendita del fresco l'invasettamento perché perché si prolunga diciamo quella shelf life del prodotto che riesce in qualche maniera poi ad avere anche negli anni maggiore appetibilità economica la caratteristica però adesso non voglio parlare di agricoltura sociale non è quello il tema su cui voglio soffermarmi ma ritorno al discorso del peperoncino cioè coltivare in campo in una realtà come quella di orti in bosco dove non ci sono dei destinatari ben precisi orti in bosco è uno spazio aperto o chiunque ma nello specifico parla una lingua che riguarda il servizio sociale servizio psichiatrico della psichiatria parla alle scuole parla a volontari parla a giovani parla a semplici turisti che passano che entrano e guardano anche la biodiversità in questo frangente in questo piccolo pezzo di terra roveretto nascono spesso delle storie nascono nascono delle azioni spesso le persone nel fare e soprattutto anche poi nel consumare quello che fanno ritrovano se stesse si rivedono c'è chi pensa al nonno che non c'è più che coltivava in quel modo lì c'è chi magari riassaporando quel pomodoro dice porca miseria questo è quello che quello è questo il gusto che io vorrei non è quello che magari trovo al supermercato ra quello che magari mio nonno mi diceva cavoli quello è buono non quello che trovi in giro sugli scaffali in tutto questo ovviamente la grande sfida secondo me per quanto riguarda sociale proprio quello di riuscire a coniugare in maniera forte tutte le relazioni che possono nascere in campo per soprattutto potenziare anche la parte comunicativa io credo che uno degli aspetti ssenziali a giorno d'oggi sul cibo sia proprio la comunicazione e l'altro giorno aveva raccolto le prime fragole banali brutte piccole insignificanti però dolcissime ed era in campo c'erano delle ragazze che ho detto assaggiate anche voi perché alla fine è il frutto del vostro risultato delle vostre azioni ma non sanno di niente non sono rosse ma aspetta non sanno di niente perché non sono rosse o perché la tua testa ti dice che nella pubblicità le fragole sono rosse e grandi a no aspetta che ne assaggio un altro no hai ragione cambia allora anche lì sono dei dei cambiamenti ti apre un po la testa quando senti queste cose perché ti rendi conto di come la comunicazione sul cibo ha un impatto impressionante sulla nostra testa noi pensiamo noi passiamo le giornate a vedere un sacco di pubblicità siamo bombardati di tantissime cose non parliamo degli smartphone che ormai sono ovunque e quindi questa cosa qui piano piano entra nella nostra testa si elabora si trasforma e perdiamo quella che parca miseria l'essenzialità che poi troviamo nel campo perché noi dobbiamo capire anche quello che sentivo dire dai nostri bravissimi relatori prima noi dobbiamo ripartire dall'essenziale noi abbiamo bisogno dell'essenziale non abbiamo bisogno di essere artificiali o di sperimentare chissà cosa noi dobbiamo partire da quello per volere bene a noi stessi ed è la stessa cosa che nell'agricoltura sociale si tenta di fare con le persone collegando tutto questo al cibo a quello che viene prodotto abbiamo da poco avviato una collaborazione con un chef stellato di roveretto non è che mi vanto di questa cosa perché ripeto orti in bosco è un posto aperto dove ognuno può entrare e lui hanno usato il posto è venuto a vedere e ha capito che c'era tanta ricchezza tanta biodiversità e vederlo tutte le mattine che arriva e con una bellezza nell'azione cioè lui arriva vestito col suo piccolo coltellino elabora fa e raccoglie lo vedi disperso in questi prati che raccoglie rbe spontanee che prende questo prende quell'altro ma la cosa che mi stupisce e anche l'ultima volta ho fatto una foto il suo raccolto è la cura che ci mette e ancora una volta il cibo viene trattato quasi come una cosa sacra lui la tratta come una cosa sacra lui arriva pulisce tutto era tutto ordinato ed è una cosa un'esperienza veramente molto bella che ho detto anche i miei ragazzi guardate cosa vuol dire trovare il bello nelle cose ci dobbiamo fermarsi nel guardare il bello delle cose per riappropriarci un po anche della nostra esistenza perché altrimenti siamo come dicevo prima continuamente bombardati da tantissimi stimoli ma poi come vi ho già detto l'essenziale viene meno e svanisce insomma questo è un po grazie simone davvero grazie perché diciamo che hai in qualche modo sei riuscito a mettere anche attraverso insomma l'esperienza un po gli spunti che ci erano stati dati prima a farceli sentire ancora più vivi e più vicini un tema che credo sia importantissimo nel lavoro che fate voi e che tu hai accennato è quello che dell'inconsapevolezza del fatto che spesso alcune relazioni avvengono e alcuni cambiamenti avvengono proprio in uno stato di inconsapevolezza e quindi non di progettazione prima ed ora sentiamo Giulia che è la coordinatrice di un bellissimo progetto sempre roveretano che l'orto san marco setup e chiederei anche a te di raccontare un po il progetto ma di focalizzarti poi sulla succedendo proprio in questo momento mentre noi di focalizzarti proprio sulla sull'importanza del cibo che anche per voi è uno strumento in qualche modo di crea per creare relazioni e comunità grazie valentina grazie a fondazione dei marchi per l'invito e grazie a tutte e a tutti per essere qui soprattutto gli stoici sotto il sole ma che sia molto caldo grazie mille e anch'io come simona ero venuta con una con un discorso abbastanza standard per la presentazione del nostro progetto e anch'io sono rimasta colpita dagli spunti che sono stati dati dai nostri due relatori che ovviamente hanno parlato molto più di grandi sistemi rispetto alle nostre esperienze che sono molto più pragmatico operational terra terra e orto san marco è anch'esso un progetto che deriva da un contributo appunto di fondazione dei marchi insieme a fondazione caritero di welfare rigenerativo e assimila orti in bosco ma anche diverso nel senso che per noi siamo partiti da un altro punto di vista e quindi abbiamo deciso di partire da un'impresa agricola quindi un'azienda agricola e cercare di innestare sopra un'azienda agricola privata che quindi con con degli interessi diciamo più profit un progetto sociale culturale educativo che ruota attorno al cibo e soprattutto attorno a uno spazio perché come diceva uno dei due pauli prima polo malevenda il cibo ha bisogno di spazio per essere prodotto e lo spazio di orto san marco è uno spazio pubblico appunto sito nel cuore del comune di rovereto e quindi il lavoro che abbiamo fatto proprio sul sul cibo ma anche sullo spazio come suolo che genera cibo ma anche come spazio pubblico e che in quanto spazio pubblico deve essere secondo noi tornato alla città quindi per spiegarmi un po' cosa è un po' meglio orto san marco nasce su un terreno di 8000 metri quadri circa che è di proprietà del comune di rovereto che apparteneva una una famiglia di agricoltori io mi ricordo quando piccolina camminavoli davanti c'erano le mucche c'erano i maiali c'erano le anatre con queste signore rano tre fratelli se non erro che coltivavano l'area è stato espropriato dal comune per ampliare il cimitero cittadino poi venuto meno questo bisogno adesso non entro nei particolari il comune si è trovato con quest'area dove non poteva fondamentalmente fare nulla perché era un'area appunto adiacente al cimitero e quindi non era sfruttabile in maniera commerciale o in maniera abitativa è stata quindi messa a gara tomaso manfrini dell'azienda agricola mangio 39 ha vinto questo bando di gara quindi affittuario dell'area ma da subito ha capito che un orto in città poteva essere molto di più di un orto in città e quindi un po' per gioco insieme a michela luise che educatrice ambientale e la mia associazione che si occupa appunto di sostenibilità da anni della comunicazione della sostenibilità abbiamo cercato di creare intorno a quest'area una rete una rete molto forte siamo partiti in 13 siamo molti di più adesso a partire dell'università di trento comune di rovereto comunità di valle scuole ma anche cooperative sociali associazioni che lavorano nel sociale il museo civico di rovereto l'università di trento quindi un team multidisciplinare per riuscire a sempre appunto ruotando al tema attorno al tema del cibo e della terra a restituire quest'area alla città e rendere quest'area biodiversa sia dal punto di vista vegetale infatti l'azienda di tomaso è un'azienda agricola biologica ci sarebbe tutto diciamo un discorso da affrontare partendo come parlava appunto paolo malavenda di della salute che deriva dalle scelte che facciamo sul cibo ma mi sono già persa ma anche costruendoci sopra appunto un progetto sociale e culturale anche perché si parlava prima dell'importanza delle scelte sistemi che attorno al mercato del cibo e di come il cibo possa essere una cosa molto controversa anche sotto alcuni punti di vista abbiamo parlato delle disuaglianze abbiamo parlato dei cibi che fanno più o meno bene ma secondo me c'è anche una forte componente individuale e quindi una componente che ognuno di noi può metterci scegliendo cosa a comprare e come ad sempio non è detto che un frutto una verdura brutti non siano buoni o come diceva prima simone con una fragola bianca e magari un po' più piccolina di quello che siamo abituati non sia buona e questo è molto importante infatti per noi è importante comunicarlo alla cittadinanza lavoriamo tantissimo con le scuole solo l'anno scorso abbiamo avuto circa 2700 tra bambini e bambini ragazzi e ragazzi che hanno partecipato ad attività in orto mettendo le mani nella terra cercando di capire i tempi della natura perché la natura dei tempi che noi possiamo modificare poi entrando nel tutta la tematica etica di come produciamo sempre frutta e verdura fuori stagione con modalità magari non sempre sostenibilissime perché anche la frutta e la verdura possono ssere poco sostenibili come lo è la carne poco sostenibile ad esempio mangiare un kiwi in estate vuol dire che il kiwi viene della nuova azzelanda e quindi le nostre scelte sono molto importanti anche riguardo appunto al cibo e l'educazione per noi diciamo è uno dei pilastri su cui ci fondiamo quindi scuole ma anche cittadinanza e come lo facciamo attraverso un palinsesto di venti vi invito a guardare i social anche di orto san marco abbiamo un canale facebook un canale instagram abbiamo un sito web e ogni mese cerchiamo di organizzare delle feste degli venti serali e di coinvolgere anche i produttori di cibo locali quindi gli altri agricoltori le altre realtà come quella di simone o altre che comunque ci sono sul territorio perché per fortuna ci sono grandi esempi anche di realtà che vanno in controtendenza rispetto alla massificazione del cibo e di farlo conoscere ai cittadini alle cittadine magari una piccolissima cosa si chiama setup oltre all'orso san marco perché c'è anche un lavoro di rivalorizzazione di riscoperta fortemente voluto dal comune di roveretto e che portiamo avanti insieme al museo civico all'università della gelsi bachicoltura quindi roveretto era famosa per la seta e stiamo cercando sempre con l'azienda agricola di tomaso di capire le potenzialità per una seta 2.0 quindi abbiamo 500 piante di gelso proprio adesso abbiamo 40 mila bachi che stanno per imbozzolarsi a roveretto e questa setta viene poi usata dal istituto biotech di trento per ricerca in campo biomedicali quindi per diciamo una nuova frontiera della medicina e per ricostruire tessuti attraverso appunto le proteine della seta quindi spero di avermi dato un po' un'idea perché è molto complessa l'esperienza di orto san marco vi invito tutti e tutti ai nostri appuntamenti partiremo già da martedì prossimo dal 6 di giugno con degli aperitivi in orto tutte le settimane in compagnia di un dj dalle 6 alle 9 quindi se passate per roveretto ci trovate aperti fino alle 21 grazie poi se avete domande grazie giulia in effetti la vostra esperienza veramente molti ha moltissimi aspetti e quindi bisogna proprio andare a conoscerla allora io proverei a vedere se c'è qualcuno o qualcuna di voi che ha qualche questione qualche domanda necessità di approfondimento di qualcosa anche qualche curiosità nessuno intanto va bene allora io proseguirei farei un altro giro di tavolo prima di quindi resistete ancora un po' voi che siete sotto al sole sotto al tendone mancano e non va benissimo qua sotto devo dire per cui alla fine tutti sulla stessa barca e concluderei quindi questo questo incontro con una domanda una richiesta insomma così di una di un brevissimo brevissimo cenno al rifacendomi al tema del al titolo diciamo al tema del festival il tema del festival quest'anno è il futuro del futuro e quindi paolo se noi dovessimo chiederci ma qual è il futuro del futuro del cibo grazie il futuro del futuro del cibo per me è la rigenerazione del cibo stesso partiamo da questo e questo ci consentirà di rigenerare anche le comunità vi do un altro esempio di rigenerazione che non ho dato prima e poi passo alle conclusioni c'è un esperimento un progetto che va avanti che a partire dallo scarto dei residui cioè dei residui della fermentazione alcolica produce mangime per i pesci allevamento e questo sembra come dicevo prima una cosa fantascientifica quasi passare da un prodotto di scarto che diventa quindi di una di una produzione alimentare che diventa quindi un sottoprodotto che invece di essere smaltito e che per il quale bisogna spendere tanti soldi per smaltirlo diventa una risorsa una ricchezza per creare qualcos'altro ancora cibo questo è rigenerare per me e poi il concetto che vorrei sottolineare molto è che cibo agricoltura ambiente sono incindibili e non si può mai più pensare a loro come cose scollegate o come aspetti diciamo di quella che è la catena di produzione sono elementi essenziali e costitutivi del processo di creazione del cibo e per finire vi cito alcuni esempi per esempio a Milano mi rifaccio quindi alle esperienze locali che non conoscevo ma anche altrove hanno avuto una buona ispirazione per esempio c'è un panettiere di Milano che invece di comprare le farine al mercato nel granaio d'Europa diciamo le fa produrre le produce grazie a degli agricoltori dell'interland milanese e producono delle farine biologiche e questo è un esempio diciamo virtuoso un altro sempio virtuoso rientriamo in regione anche se non in provincia in Valbadia c'è uno chef che mi viene da pensare all'intervento tuo c'è uno chef che si è messo in mente di produrre il pane della montagna e come ha fatto ha praticamente sperimentato la coltivazione del grano in quota ovviamente è una cosa un po difficile non è diciamo è all'inizio però ha prodotto un pane con poco glutine molto ricco di proteine quindi molto funzionale quindi largo alle idee per il futuro perché il futuro del futuro secondo me è questo e per concludere secondo me il cibo deve parlare ed essere espressione del luogo dove viene prodotto e deve valorizzare chi e la comunità che in quel territorio ci lavora e lo produce grazie quando sono tutti titoli molto efficaci ovviamente però quando sento futuro del futuro mi viene subito in mente uno dei diciamo difetti strutturali diciamo della società moderna siamo un po ripiegati su noi stessi no molto riflessivi abbiamo giustamente tanta fiducia nel fatto che se prendiamo un po di distanza dall'oggetto che stiamo considerando ci pensiamo meglio troveremo una via d'uscita però quello che ho sentito oggi soprattutto nelle esperienze anche io l'ho trovato anche nel pranzo di babetto magari ce l'ho trovato io e voi non ce l'ho trovato questa roba che è detta da un filosofo dovrebbe farvi ancora più impressione no cioè che quello che ci raccontava anche ci raccontavano anche prima e ci Karen Blixen ci mostra che tu puoi cambiare la lingua intesa come il linguaggio delle persone sollecitando la lingua intesa come l'organo del gusto non so ma io lì ho la grande mia speranza appunto che usciremo diciamo da questo questo enorme trappolone che la modernità diciamo ci ha creato perché ci ha creato le condizioni diciamo per arrivare all'essenziale nella via più logica e alla fine l'effetto è stato quello di creare un sacco di strade per allontanarci continuamente dell'essenziale e non credo sia poi così strano che persone che lavorano con il disagio mentale scoprano questa cosa in maniera così rapida perché se c'è una caratteristica oggi del disagio mentale è proprio la difficoltà di fare i conti con questo processo di introversione di ripiegamento di eccesso di riflessività del nostro mondo che significa anche alzare tantissimo l'asticella delle performance e delle prestazioni che non sono abilità semplicemente manuali perché quelle nel mondo che racconto nell'arte dell'essenziale rano mille volte più straordinarie di quelle che ci consentono le macchine oggi sono le abilità sociali che sono diventate la condizione sine qua non per riuscire a stare in questa società e penso che partendo anche da esperienze così vicine a noi così prossime a noi come il cibo è un modo più facile probabilmente per scoprire queste verità così semplici dell'esistenza ma così straordinarie che l'aspetto più straordinariamente rigenerativo anche da un punto di vista mentale passa per strade che non sono quelle che stiamo percorrendo adesso ma il futuro del futuro del cibo per me si sposa con la parola sostenibilità intesa a 360 gradi sostenibilità etica sostenibilità ambientale eliminare le diseguaglianze io non posso immaginare che un futuro il cibo crei che in un futuro il cibo crei delle diseguaglianze per me questo sarebbe veramente un tornare indietro più che un progresso insomma e con la sostenibilità credo che dovremmo fare i conti in futuro anche alla luce di quello che abbiamo sentito soprattutto anche dei consumi idrici che gli animali comunque richiedono del dell'utilizzo del suolo in maniera veramente alienante uso questa termine perché veramente a volte siamo di fronte a cose fuori dall'immaginazione quindi la sostenibilità dovrà essere il cardine essenziale per riavvicinarci all'essenziale essere essenziali vuol dire come diceva paolo adesso proprio rivedere le cose in un'ottica più naturale perché alla fine e anche fare agricoltura la cosa incredibile che con la con l'agricoltura la avvicina alla consapevolezza al cibo le persone vengono ducate ma non da noi vengono educate dalle piante da quello che respirano da quello che toccano in campo ed è molto bello anche quello che diceva il merito alla all'isaggio psichico cioè questa sempre questa sticella che si alza questo bisogno di andare sempre sopra però così non sia sostenibile così si va verso l'autodistruzione ecco questo io non potrei essere più d'accordo con simone nel senso che anche per me il futuro del futuro del cibo sicuramente passa attraverso la sostenibilità quindi cibo come strumento di equità di comunità di pace giusto per citare alcune delle parole che dicevano prima anche i relatori ma allo stesso tempo penso che dovremmo anche essere molto aperti lasciarci influenzare dalle novità da quello che è l'innovazione anche nel campo della produzione del cibo non tutte le innovazioni sono buone ma non tutte le innovazioni sono cattive secondo me la tendenza dell'essere umano di avversità al cambiamento e quindi di radicalizzazione attraverso la scusa delle tradizioni culinarie come è successo non troppo tempo fa dopo la famosa intervista di alberto grandi sul financial time se non erro dove noi italiani soprattutto ci torniamo nel nostro palazzo e dire no il cibo italiano non si tocca le tradizioni non si toccano le tradizioni non esistono nel senso che l'unica tradizione è il costante cambiamento e quindi siccome il sistema di adesso è un sistema che evidentemente non funziona penso che dobbiamo essere un po più bravi a accettare anche quelle che possano essere dei cambiamenti positivi Bene grazie Giulia che abbiamo concluso con questo sguardo verso un futuro una positività del futuro io vi ringrazio moltissimo ringrazio Paolo Malavenda Paolo Costa Simone Giulia Simone Benetti e Giulia Pizzini per aver partecipato a questo incontro se non ci sono altre idee io credo che vi verranno non appena vi alzerete da questa sedia perché è stato veramente un incontro ricchissimo e quindi vi ringrazio molto della vostra partecipazione della vostra sopportazione di questa calura estrema e alla prossima vi ricordo gli appuntamenti di questa sera ci sarà ancora un appuntamento in piazza alle 18 alle 19.30 sulle cooperative di comunità a che punto siamo quindi vi invitiamo a partecipare anche a questo evento grazie e buona serata
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