Vino, donne e leadership
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Vino, donne e leadership
Barbara Sgarzi ha presentato il suo libro “Vino, donne e leadership”, riguardante la figura femminile in stretta correlazione, fin dai tempi antichi, con il vino. È emerso come, oggigiorno, le donne si approccino in maniera coraggiosa e innovativa al mondo vinicolo, talvolta trasmettendo conoscenza e passione a terzi e diventando un vero e proprio punto fermo in un contesto aziendale e professionale.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org La tradizione vuole che nell'antica Roma che addirittura fosse Romolo ad aver vietato a noi donne di bere del vino perché in qualche modo ci rendeva più impure, più a rischio di adulterio. Addirittura sempre la tradizione vuole che siccome non c'era la prova del paloncino le donne fossero obbligate a baciare non solo il marito per far vedere che non avevano bevuto ma i parenti fino alla seconda generazione. Fortunatamente le donne sicuramente saranno state più pure, si diffuse però l'herpes decisero di togliere questo diritto al bacio. Oggi invece fortunatamente noi donne non solo possiamo bere, possiamo scrivere di vino come Barbara Sgarzi, possiamo guidare aziende del settore del vino. Ricordiamo che un terzo delle aziende ormai sono guidate da donne, questo è importante. Soprattutto possiamo occupare posizioni impensabili, penso alla Chef de Caves di Krug, dello Champagne. Dopo solo 200 anni c'è un enologa donna, la strada è ancora lunga ma ce la faremo. Allora nel tuo libro, partiamo subito dal tuo libro perché è un po', non è un trattato di enologia ma è un viaggio nel mondo delle donne che fanno il vino, che hanno fatto il vino per tradizione di famiglia ma hanno scelto anche invece di cambiare il lavoro, di dedicarsi alla passione. Poi parleremo con la nostra ospite anche, la signora del vino Trentino Elena Valk che ci racconterà la sua esperienza. Sono 30 interviste tra imprenditrici italiane e anche nel mondo estero. Intanto però ti voglio chiedere, come mai hai deciso di dividere il libro in tre parti? Vigna, bottiglie e calice perché il vino è un po' solo il pretesto per parlare anche di leadership. Allora sì, è acceso. Intanto grazie Emanuela per essere qui, grazie a tutti voi, vedo tantissimi ragazzi, tantissimi giovani, sono molto felice perché il libro vuole anche essere un po' un'ispirazione di cari per ragazzi e ragazzi che vogliono fare questo mestiere un domani, me lo auguro soprattutto grazie per questa sala stupenda in cui è davvero un piacere stare. Questo libro nasce, come spesso succede da giornalista, da collega, da un articolo dove io sono andata un po' a parlare e a intervistare 5 grandi donne dello champagne che erano salite ai gradini più alti, come ricordavi. Mi avete presente che se già l'enologa donna in Italia ancora oggi, non dico che sia una stranezza, però insomma i numeri sono decisamente più a favore degli uomini come tipo di professione le donne si occupano molto di marketing, di vendite, di comunicazione del vino anche di enoturismo, meno della cantina in senso stretto. Quindi vedere 5 donne che in un territorio come lo champagne avevano le chiavi in mano della cantina mi ha colpito alle intervistate, da lì è nata un po' l'idea di allargare poi il campo a tante altre donne. Perché ho diviso il libro in 3 parti che sono appunto la vigna, cioè il terroir, la cantina, quindi la fase di trasformazione, fermentazione e trasformazione dell'uva in vino e infine il calice che riassuma un po' tutti i valori della comunicazione perché sono essenzialmente una donna di scrittura, quindi il mio mezzo di espressione è la scrittura a un certo punto mi sono trovata con queste 32 interviste anche molto lunghe perché devo dire che sono stati dei rapporti costruiti nel tempo molto belli in cui queste donne si sono aperte, mi hanno raccontato aneddoti meravigliosi eccetera ho detto sì, adesso cosa ne facciamo? Non volevo fare il solito manuale di leadership che affolla gli scaffale delle librerie, non sono un'esperta di leadership in senso stretto, quindi forse non aveva senso, non volevo fare delle interviste a tema coi valori, empatia, smarcato, ce l'abbiamo, coraggio, sì ce l'abbiamo, volevo che fossero le interviste a parlarmi, alla fine ho riletto tutto questo materiale sono usciti fuori 9 valori comuni che studia, ristudia, ho cercato, ho costruito con una metafora quindi come si fa il vino, come si diventa leader e allora questi 9 valori sono divisi in queste 3 grandi aree che sono appunto successive, diciamo prima si pianta la vigna, poi si va in cantina e poi finalmente il vino lo si beve, questa è un po' l'idea e così allo stesso modo dai valori fondanti di un'azienda si arriva poi a esercitare la leadership individuale. Ecco, partiamo parlando proprio del terroir del vino, perché il terroir del vino è un insieme di fattori che rendono il vino quello che è, sono il suolo, ma anche il clima e anche l'intervento umano, ovviamente il vetigno, però anche nelle aziende è importante avere un terroir perché è importante averlo per fare la differenza. Assolutamente, quello in cui mi sono resa conto è che esattamente come nella vigna, per la vigna, per il vino, il terroir, che è questa bellissima parola intraducibile francese, perché poi se la traduciamo con territorio perdiamo molte sfumature, quindi per una volta conviene utilizzare quella, diciamo quella nella linguado in cui è nata, allo stesso modo nelle aziende sane, nelle aziende che fanno innovazione, nelle aziende che vanno avanti, c'è un humus, un territorio di valori fondanti dai quali non si può prescindere. Oggi mi viene da dire, per fortuna, la sostenibilità e l'inclusione sono due valori che per esempio fino a Zardo, 20 o 30 anni fa, importavano relativamente poco, comunque meno. Ora magari nel mondo della viticoltura e dell'agricoltura la sostenibilità ha sempre giocato un ruolo importante, ma oggi è fondamentale. Ecco, io ho identificato questi due valori e in aggiunta il cosiddetto, anche qui parola abbastanza intraducibile, la lascio così com'è, il purpose, che è l'obiettivo finale, l'obiettivo di lungo termine. Ecco, senza un obiettivo di lungo termine che non è faccio il budget di quest'anno, cioè non è un obiettivo economico, ma è una visione che va oltre, non c'è un terroir fondante dove anche poi i dipendenti si possano esprimere compiutamente. Quindi sono valori che ho trovato tutti in comune alle aziende sane. Ecco, parlavi di sostenibilità, la sostenibilità è una parola anche un po' abusata oggi perché tutti parlano di sostenibilità, i principi ISG nel mondo del vino e in realtà è un approccio che c'è anche da tanti anni, anche complice di scelte coraggiosi delle donne. Appunto, tu parli di coraggio nelle scelte, non solo nel mondo del vino ma nel mondo delle aziende. Che cos'è? Allora, il coraggio è uno dei valori che è uscito fuori da questi racconti e devo dire che la cosa più bella è che sono usciti questi valori comuni da persone che non potevano essere le più diverse per background, per origine, per famiglie, per situazione anche economica o fidanziaria. Ci sono le eredi delle grandissime famiglie blasonate d'Italia, Afresco Baldi, Antinori, che raccontano la loro vita, ma c'è anche la ragazza che in Sicilia, Arianna Occhipinti, si è comprata un ettaro dopo l'altro coi suoi risparmi. Cioè, nonostante, hanno tirato fuori i valori comuni. Questo mi ha fatto pensare che c'è un percorso comune. Il coraggio cos'è? Beh, avere una visione e saperla mettere in pratica, in molti casi anche andando contro le stesse famiglie di origine. Albir Antinori mi ha raccontato che, ad esempio, può sembrare una frivolezza ma non lo è, quando ha voluto fare la famosa scala enicoidale che tanto oggi caratterizza la loro tenuta, tanto che è su tutti i libri, su tutti i giornali, è stata fotografata in tutto il mondo, eccetera. Ha dovuto litigare per un anno con la famiglia perché la situazione economica del momento non era solidissima , giustamente, le avevano detto, ma ti sembra il caso? E lei diceva, ma non è una scala, è un simbolo. Ecco, il coraggio è anche di non farsi distogliere dalle proprie idee, andare avanti. Mi viene da pensare che, siccome in generale le donne stanno arrivando dopo, in generale alla leadership, in particolare al mondo della viticoltura, a un certo livello del mondo della viticoltura, forse sono più libere dai condizionamenti del passato, no? Sono più libere dal, si deve fare così perché si è sempre fatto così. Loro prima non facevano perché non gli era permesso e portano novità e la novità ha bisogno di coraggio, senz'altro. Ecco, una caratteristica che non deve avere il leader è di credersi a un battitore libero, perché il leader non deve essere un battitore libero, ci deve essere un lavoro di squadra. Ecco, io torno nella zona dello champagne, perché ogni anno ci sono sette donne dello champagne che fanno uno champagne unico che si chiama Isos, ognuno apporta 100 litri di champagne. Ricordiamo che poi queste donne continuano a produrre le proprie tichette. Ti faccio questa domanda, quanto tempo dobbiamo aspettare affinché proveremo sette uomini del Barolo che produrranno il loro Isos? Allora, devo dirti che non voglio fare assolutamente l'esterofila perché abbiamo delle realtà meravigliose anche da noi. In più, ti dico, è quasi un anno o no, ma sono insomma 6-7 mesi che giro l'Italia grazie a questo libro, mi ha fatto conoscere mille altre realtà al femminile meravigliose, ma anche di solidarietà, di aiuto, di cooperazione. Quindi non è che da noi questo non esista, io stessa sono vice delegata a Lombardia delle Donne del Vino, Donne del Vino è un'associazione che conta più di mille associate in tutta Italia, non sono tantissime, ma stanno crescendo. L'associazionismo al femminile nel mondo del vino esiste. In champagne ho trovato questa realtà magnifica delle sette donne che ogni anno continuano a essere avversarie sugli scaffali, perché ognuna produce il suo champagne e ognuna vuole venderne di più. Questo è normale, ma creano anche uno champagne a sette mani o a sette blend, a sette calici, diciamo così. C'è un'altra realtà bellissima che si chiama la trasmissione, e come dice la parola, è una trasmissione di saperi dalle decane del mondo dello champagne che prendono sotto la loro ala le giovani che iniziano a produrre champagne. Anche lì, i loro champagne sugli scaffali sono uno contro l'altro, ma tolta il momento della vendita, io che magari lavoro da trent'anni in questo mondo, ti aiuto a capirne le logiche. Mi sembra una cosa magnifica. Quando succederà agli uomini? Non lo so, d'altro canto a volte ci lamentiamo dicendo che loro sono più bravi di noi a fare squadra, non so poi quanto nei fatti sia un cliché o sia vero. È successa una ventata di innovazione nel barolo, proprio con i barolo boys e io, l'unica donna, l'unica barolo girl intervistata nel mio libro in cui non si è fatto un barolo unico, ma è stato un momento unico di condivisione dove un gruppo di giovani viticoltori in contrasto coi padri, perché poi bisogna sempre, no, si cresce andando in contrasto, ha deciso di fare il barolo in un altro modo, non ne hanno fatto uno solo, ne hanno fatti tanti, ma in maniera innovativa, quindi anche da noi movimenti del genere ce ne sono stati. Ecco, parliamo di contaminazione e sfatiamo anche un mito, della contaminazione è qualcosa di negativo, la contaminazione è assolutamente positiva, vuol dire portare in azienda, portare qualcosa di diverso ed è positivo. Ci sono tante donne che arrivano da altri mondi, abbiamo con noi Elena Olke che arriva dal mondo dell'architettura ha portato qualcosa di nuovo, ma ci sono anche esperimenti, penso al mondo del vino, che si è affacciato al mondo della musica, si è affacciato al mondo dell'arte, quindi basta questo concetto di clonazione, di lo stesso modello, quindi viva la contaminazione in qualche modo. Guarda, la contaminazione è uno dei valori che è uscito più prepotente da tutte le interviste, contaminazione che vuol dire ho fatto altre esperienze di peso, le porto nel mondo del vino perché tutto quello che ho fatto serve, mi ha insegnato qualcosa, ma magari mi ha insegnato anche a vedere le cose in maniera diversa, a pensare in maniera diversa. Per farti uno degli esempi più estremi nel mio libro c'è una delle più note, famose scrittrici di vino, wine writer, giornalisti di vino americane che lavora per Jansis Robinson, Jansis Robinson è stata una delle prime master of wine donne, è una signora inglese, che è diventata master of wine quando in buona parte del mondo neanche si sapeva cosa fosse essere master of wine, veramente una pioniera e lei lavora, è una delle sue braccia destri. Ecco lei, è di origine Inuit, è nata in Alaska, quindi se vi viene in mente un posto più lontano rispetto al vino, alla vigna, è vero che adesso si fa vino molto a nord, però all'Alaska magari ancora no, e ha passato i primi cinque anni della sua vita probabilmente senza bere mai un bicchiere o un calice di vino aiutando la famiglia nella pesca al salmone. Poi ha avuto un'illuminazione, è iniziata a viaggiare, ha detto va bene questa non è, non può essere la mia vita per sempre, ha studiato filosofia, è diventata, ha fatto un dottorato, ha scoperto il vino ed è stata così brava da diventare una delle più brave scrittrici, per scrivere recensioni, degusta, eccetera. Quindi potete immaginare che mentalità aperta possa portare una persona così in un mondo verticale come quello del vino. Allo stesso modo dicevi tu, la musica, quindi l'uso della sinestesia per veicolare le sensazioni del vino attraverso la musica, attraverso l'arte, attraverso i tessuti, quindi degustazioni splendide in cui si compara al tatto di una seta, di una lana, di un cotone, eccetera, a quello che stiamo degustando, cose anche nuove. Oppure l'arte tramite per esempio quello che fa Tiziana Frescobaldi che ormai è diventata una mecenata nel vero senso, nella linea della famiglia, ecco, e quindi sponsorizza e crea concorsi artistici. Oppure, appunto, dicevi tu, qui abbiamo Elena Walcher, non so se magari le possiamo chiedere un piccolo racconto. Lei, che ringrazio tanto perché è stata una delle prime intervistate del mio libro, non so se vuoi, ecco, se ti porto il microfono vieni tu qui, come vuoi, ok, va benissimo, almeno c'è la luce. Per te che portano il microfono. Ah, ok, perfetto, grazie. Perché è qui con noi, mi fa piacere, è qui con noi, è un esponente meraviglioso di questa terra, Trentina, splendida, mi ha raccontato aneddoti splendidi che troverete nel libro. Però magari sulla contaminazione tu, che arrivi da un settore completamente diverso, hai qualcosa da raccontarci. Allora innanzitutto grazie Barbara e grazie per avermi fatto venire sul palco, comunque sono sempre esperienze che sono importanti da comunicare, le esperienze che si fanno, e così come Barbara diceva e come lei diceva, anche contaminazione, il fatto di sentire qualcosa da qualcuno e poi dire, ma in fondo è un ambiente, è un tema che mi interessa. Allora io sono venuta dall'architettura, sono nata a Milano, ho vissuto sempre a Milano 21 anni, tanto per fare un po' di introduzione di me, e quando poi ho iniziato architettura, dopo un po' di anni da Milano mi sono trasferita a Venezia, avevo Carlo Scarpa come insegnante che voleva dire tantissimo, nel senso che lui era una persona che ti faceva avvicinare ai problemi, ti faceva capire che cosa stava dietro a qualsiasi cosa, i rapporti nella bellezza, diceva, una persona è bella quando il naso ha un rapporto ben definito rispetto a tutto il viso, per cui bellezza e le cose uniche non sono sempre da prendere come cosa unica, ma da vedere sempre il rapporto ad altre cose. Ora ho fatto l'architetto, ho lavorato per sei anni con uno studio mio, e ogni tanto succedono queste cose, mi sono innamorata, mi sono trasferita in un paesino veramente molto piccolo, che si chiama Tramin, patria del Gewürztramin, che noi apprezziamo, e così ho pensato, io continuavo a fare l'architetto, però poi entrando nella famiglia che va dai terreni molto belli, ho pensato di trovare in questa realtà un qualcosa che mi potesse interessare, per cui ho finito i miei lavori, ho lasciato il mio lavoro, ho detto al mio marito, vorrei però avere la mano libera nelle scelte che vorrei fare. Ora il fatto di essere, mi sono state fatte tante domande, nel senso che come mai una donna entra nel mondo del vino, che difficoltà ha e tutte queste cose, ma io penso che se qualcuno è convinto di quello che vuole fare, non importa se sia uomo o donna, tu devi seguire quello che ti fa piacere. Per cui non mi sono mai lasciata trascinare dal fatto o indebolire dal fatto che ero donna, anzi, dicevo, io glielo devo far vedere, che anche la donna è capace di fare tante cose. Per cui il fatto di essere una delle prime donne, forse in alto adige, ad avere il nome sull'etichetta, di essere responsabile per una produzione vinicola che oggi non è solo conosciuta a livello locale, ma anche a livello nazionale ed internazionale, a me fa molto piacere. Però io pensavo e dicevo, la natura è una cosa talmente bella che io non avevo conosciuto a Milano, per cui mi ha sorpreso, mi ha sorpreso tutto questo anno che ha bisogno un vino per una, l'uva per maturare, poi c'è tutta l'altra storia del cambiamento da uva a vino e poi maturazione, eccetera, e le sperimentazioni sono interessanti e possibili. Avevo dietro a me però uno staff che sicuramente all'inizio era un po' scettico perché diceva, questo architetto cosa sa fare, anche avevo sentito un po' di critiche da contadini che dicevano, ma cosa viene a fare nel vigneto, lei che fa tutte altre cose, o lei che è donna che non ha esperienza. Però l'esperienza si fa, ci sono tantissimi testi, ci sono tantissimi aiuti, anche io faccio parte delle donne del vino, e anche lì ho trovato diversi aiuti, nel senso che io telefonavo una mia amica del Piemonte e gli dicevo, come fai tu il vino dolce? Non avrei mai avuto il coraggio di telefonare a qualcuno che faceva un vino dolce o di chiedere a qualcuno in Alto Adige come lo facesse, in effetti in Alto Adige non c'era ancora tanto, invece è nato dopo e ho iniziato non solo il vino dolce ma anche tanti altri vini. Questo per dire che le esperienze che si fanno in qualsiasi campo, se tu trovi un ambiente che ti interessa buttati, buttati perché puoi anche sbagliare una decisione, ma a lungo andare se sei convinta di qualcosa penso che i risultati possano venire, e sono dei risultati poi bellissimi. Io ormai ho lasciato l'azienda nel senso che non faccio più i lavori giornalieri in azienda, che sono solitamente o che si, che girano intorno alla comunicazione del vino e alla vendita del vino, perché abbiamo due figlie e tutte e due sono in azienda, per cui l'azienda oggi è condotta da loro, proprio tutto al femminile, non è che si sentano a disagio, anche se un giorno un contadino è venuto, mia figlia ha due maschette, allora ha detto ah finalmente ci sono le aree, e allora lei ha risposto ma io cosa sono, anche il contadino non ha saputo più cosa rispondere. Donne nel mondo del vino ce ne sono sempre di più, perché diciamo così come diceva Barbara Scarzi, nella produzione sono forse un po' meno come enologhe, però se pensiamo a tutti i corsi di sommelier, quante donne ci sono, quanta comunicazione viene fatta dalla donna, perché? Perché ha una sensibilità maggiore nello spiegare qualcosa, se un enologo vi spiega il vino alla fine uscite e dite io non bevo neanche più un vino perché non so neanche come devo spiegare, come ripetere quello che mi ha detto, invece come donna hai delle sensibilità e del modo di spiegare alcune cose che sono molto più d'approccio e lo capisci molto di più. Come riguardo al libro, devo dire che quando l'ho letto era così un viaggio piacevole che si fa, non è il solito libro che parla della cantina, descrizione della cantina, descrizione dei vini, ma così parla di ogni produttrice parlando un po' di qualcosa, di un aspetto che probabilmente ti ha maggiormente colpito. Quando parla di noi parla più che altro della figlia Caroline che aveva avuto un contatto con la nonna che poi le ha detto ma solo con una frase, perché non fai qualcosa e allora lei ha iniziato e poi lo legerete nel libro. Comunque è piacevolissimo da leggere, non è assoluto, prima di tutto è piccolo, lo potete portare a maggio, non è pesante, il contenuto è veramente piacevole. Contaminazione importantissima e soprattutto la vicinanza alla natura che è a 360° perché è una figliera che inizia nell'impianto, nella vigna per poi finire sullo scaffale. Più gente lo beve, più gente è felice, meglio è poi per il produttore. Grazie di cuore per questa testimonianza in diretta, mi sono permessa perché eri qua e era troppo ghiotto non chiedere una testimonianza diretta, grazie davvero. Ecco in questa chiacchierata sono emersi altri due concetti, due concetti anche del tuo libro. Allora il tema della fermentazione del vino che è una fase importante dove il mosto sub bolle dove è affascinante capire cosa diventerà però si parlava anche della fermentazione delle idee perché è importante che le idee fermentino ma secondo me è molto importante trovare delle persone che ti consentano di farle fermentare un leader o un responsabile di un'azienda deve mettere in condizione il collaboratore affinché queste germoglino, ecco in che modo a tuo parere deve farlo? Allora assolutamente come dicevamo prima all'inizio vedo per quello che io, io sono consulente da tanti anni, scrivo, sono giornalista e consulente, ntro e esco in tante aziende per periodi brevi, medi o anche lunghi e quindi anche se non sono in azienda da tempo vedo tante aziende. Mi sembra per fortuna finito appunto il periodo dei cloni in cui il leader per non chiamarlo capo, forse era più capo che leader, voleva, assumeva e desiderava tanti piccoli cloni che quasi anche nell'abbigliamento, nel modo di parlare, nel modo di porsi, nel modo di gestire poi a cascata a loro volta il loro team sembravano delle fotocopie. Vedo che il valore della diversità in senso veramente più ampio possibile sta prendendo piede perché è quello che permette alle idee di fermentare, di circolare liberamente quindi da una parte la contaminazione, l'assemblaggio per usare un termine tecnico di esperienze diverse ognuna delle quali porta qualcosa, dall'altra il coraggio anche lì di costruire team di lavoro diversificati dove appunto magari c'è anche lo scontro ma le idee fermentano libere. Per fare un esempio mi viene in mente la Marina Masciarelli, la Marina Cvetić, ci devo sempre pensare a pronunciare bene il suo cognome di Masciarelli che lei dice io da un po' di anni faccio una specie di gara delle idee, quindi quando c'è un problema, una questione, qualche decisione da prendere, chiamo tutti, tutti, non solo la prima linea, eccetera, eccetera, racconto l'idea ognuno deve sentirsi però, questo è fondamentale, libero di dire la sua, non deve sentire il giudizio perché se senti il giudizio stai dritto e taci. Ecco questo modo di far circolare le idee è una delle risposte che mi hanno dato, l'ho trovato molto semplice ma molto bello anche perché se tutti si sentono in qualche modo ascoltati credo che lavorino meglio con un altro spirito. Questo è fondamentale ma nella fermentazione delle idee, nella gara delle idee, nel provare c'è una fase che è quella del fallimento che anche da noi è vista come una macchia nera, diciamo, mentre in Giappone c'è il proverbio che dice cadi sette volte ti rialzi otto. Il fallimento è una fase, una fase della vita, una fase del lavoro ma non è una macchia e in queste tue interviste, in questo tuo viaggio ci sono diverse donne che, chiamiamolo, hanno fallito ma da questo fallimento è stata la molla per un'altra idea e un'idea invencente. Rivalutiamo anche il fallimento oltre alla contaminazione. Senz'altro perché penso che sia uno step fondamentale e forse per ragioni culturali, non so, non mi azzardo a fare interpretazioni sociologiche ma in Italia io ho lavorato un po' di anni a Londra per fortuna devo dire perché sono tutte contaminazioni che aprono la mente e devo dire che qui da noi ho trovato e trovo ancora una resistenza molto forte all'accettazione del fallimento, cioè si tende un po' a buttare la polvere sotto il tappeto, è successo, facciamo finta di niente, così facendo perdi tutto il momento di analisi del fallimento che è preziosissimo. Perché abbiamo fallito? Cosa è successo? Ricordiamoci che il metodo scientifico è provando e riprovando, se tu non provi e riprovi e quindi sbagli perché la mia bisnonna invece che non era una scienziata diceva chi fa falla e chi non fa sfarfalla quindi se non fai nulla giri in giro come una farfalla, se fai metti in conto il fatto che prima o poi fallirai, è normale no? Devo dirti che però chi mi ha dato proprio la risposta infatti, chi mi ha dato proprio la risposta più chiara sul valore del fallimento è un'americana che è Stevie Kim, la direttrice di Vinital International, arrivata da noi 12 o 13 anni fa, qui ha messo radici, a Verona ha fatto due figli, ha cresciuto due figlie e mi dice, e lei mi ha proprio detto, io valuto il fallimento come un passo verso il successo, cerco di imparare dal fallimento ma la fatica che faccio più grande col mio team italiano è far loro capire che non c'è vergogna, che è uno step normale e dice anche la fatica che faccio con le mie figlie che per me americana magari torna a casa con un brutto voto ed è una tragedia no? E io nella mia mentalità non lo riesco a capire, non è che sono felice però cerco di dire va bene è successo, è successa, hai imparato qualcosa, questo è fondamentale anche per l'esperimentazione, ci sono produttrici che come diceva prima Elena continuano a sperimentare nuovi vini e non è che se su 10 vini vanno tutti in produzione, fai 100-200 bottiglie e provi a vedere come va e magari alcuni gli archivi perché hai fallito, io lo dico soprattutto, lo ripeto tanto per i ragazzi, per i giovani e qua appunto oggi per fortuna ce ne sono tantissimi, è fondamentale questa cosa, non succede niente, non è crollato il mondo, anzi avete dimostrato di aver fatto qualcosa, non è andata benissimo, domani andrà meglio perché ci sono poi quando si cresce delle fragilità ancora più forti, facciamo fatica a noi accettare il fallimento un ragazzo in crescita credo ancora di più, quindi non lo si ripete mai abbastanza, che fallire è importante, perché l'immobilismo è molto peggio, lo stare fermo immobile è molto peggio perché non avanzi, esatto, sennò fate come me quando imparavo a sciare, che ero terrorizzata, non facevo mai niente di nuovo, quindi non ho mai imparato a sciare perché non volevo cadere e non essendo caduta poco ho imparato poco. Invece parliamo di equilibrio del vino che è un po' sempre la ricerca importante per chi lo degusta, per chi lo fa l'equilibrio, invece tu hai paragonato l'equilibrio all'empatia in un leader all'intelligenza emotiva che non vuol dire subirsi tutti gli accolli di tutti, alla zero calcare, non vuol dire questo, che cosa vuol dire un leader che ha un'intelligenza emotiva? Claudio Appariziani parla di un leadership gentile, spesso affidata al ruolo delle donne, chiariamo bene questo. Sì, intanto, proprio una parola al volo da Sommelier, metto il cappello da Sommelier Ice, l'equilibrio nel vino è appunto la fase finale della degustazione ed è il voto nella scheda che conta di più alla fine, perché tu degusti un vino in 3 step, quindi la vista, l'occhio, il colore, la densità, eccetera, il naso ovviamente è fondamentale, finalmente lo degusti e queste 3 componenti alla fine decidi se sono o meno in equilibrio, a volte succede anche qua, ci sono tonnellate di metafore e similitudini che si possono fare col vino, come una persona, una bella immagine, un colore brillante, meraviglioso, magari anche un ottimo naso, poi lo degusti e al palato ti delude. Ecco, questo vino fa 2 su 3 e quindi questo vino poi alla fine non è in equilibrio perché promette e non mantiene come alcune persone, come alcune situazioni, quindi questo è l'equilibrio nel vino. Io questo equilibrio, questa metafora che compone un po' l'indice del libro l'ho traslato sull'empatia, perché? Perché fra l'altro io ho profitato del periodo pandemico per seguire un post-grad, un master di 6 mesi che era tantissimo che volevo seguire in social innovation management presso Amani Institute, che è una realtà molto particolare perché è in Kenya, è in India, ecco non è la classica scuola business school un po' così, è proprio una scuola che ti insegna da un certo punto di vista a scardinare i principi, a vedere il mondo, la cartina al planisfero rovesciato, è stato molto utile per questo per me che sono nata in occidente, sono bianca e ho una serie di caratteristiche. Loro hanno lavorato moltissimo sul concetto di empatia perché soprattutto per una leader donna è un'arma a doppio taglio, perché? Perché se tu viene definita empatica e c'è rovescio della medaglia del sei troppo morbida, non hai polso, non riesci a gestire le persone, non riesci a far lavorare bene le persone, sei mamma, queste definizioni sempre molto pericolose, molto borderline perché non sono mai dei complimenti, o comunque non lo sono mai totalmente. E allora ho cercato di traslare questo concetto di equilibrio di una leader che usa l'empatia certamente o la gentilezza ancora meglio forse come termine, in equilibrio nel senso che se una persona che lavora con lei o un gruppo di persone, un team, ha un problema che può essere anche personale, quindi che sconfina ma che impedisce loro di rendere, di lavorare al meglio, di stare bene in quel momento, non si mette su un gradino e piangiamo tutti insieme perché a quel punto lì ci fermiamo tutti e neanche dice provo quello che tu provi perché non è vero, noi lo diciamo tante volte per cercare di dare conforto, la realtà è che nessuno può provare quello che tu provi in quel momento e forse è per fortuna perché mancherebbe l'equilibrio e la lucidità. Quindi l'equilibrio è comprendere le esigenze effettive, vere e contingenti di una persona che lavora con te e offrire una soluzione, non piangere insieme perché quella è con passione, anche dalla radice etimologica e risolverla come? Magari cercando di apportare delle migliorie all'orario di lavoro, cercando di lavorare sullo smart working adesso dopo la pandemia, quindi mi sembrava che come potesse essere assimilabile al concetto di equilibrio in un vino e che poi è equilibrio nel calice tra durezza e morbidezza, quindi è proprio vero che se anche lo andiamo a pensare tecnicamente, c'è anche un'altra parola che è molto divertente che è l'acidità che in un vino è ottima e serve, Elena confermami perché dà longevità, da freschezza, eccetera eccetera, ma se la attribuiamo a una donna e soprattutto a una donna in posizione apicale, tanto bella non è come parola, quindi c'è sempre una riflessione sulle parole da fare molto attentivamente. Parlavi di covid e di post covid, il covid è stato uno spartiacque, c'è un prima, c'è un dopo, abituati a lavorare in presenza, ci siamo trovati a lavorare a distanza, anche noi al sole 24 ore, dall'oggi al domani abbiamo fatto per tanto tempo un giornale a distanza, cosa impensabile se lo si diceva qualche anno fa prima del covid. Bene, ora ci troviamo a vivere nella fase del cosiddetto new normal e secondo me un leader ha la responsabilità, è una sfida anche di capire che il vivere post pandemia vuol dire inserire il valore della flessibilità tra vita privata e vita familiare che prima era difficile da mettere, che non vuol dire lavorando, girando con una mano il ragù, come a volte ti fanno la battuta che sei smart walking. No, vuol dire conciliare meglio ma vuol dire sempre lavorare, ecco quali sono a tuo parere le sfide che si trova davanti un leader ma non solo donna, un leader? Sì, ecco grazie anche per aver sottolineato il non solo donna, io lo dico sempre di solito in apertura delle mie presentazioni, questo non è un libro per donne o per ispirare le donne e non è neanche una guerra di genere, perché non mi interessava. E non siamo neanche dei panda da proteggere. E non siamo dei panda da proteggere meno che mai, meno che mai assolutamente, lo dico soprattutto per appunto le ragazze, le ragazze più giovani, è un libro che puo' dare delle ispirazioni attraverso le storie, io credo al valore supremo delle storie e non per usare la parola ormai neanche più tanto di modo, ormai è già crollata che è storytelling, che poi è narrazione, diciamo narrazione che è una parola bellissima. Credo che attraverso la narrazione, l'esempio, raccontato, si raggiungano più obiettivi che non con un elenco di punti, fai così, fai così, fai così, fai così, ecco è la famosa morale della favola, la famosa morale della storia, quindi sì grazie per aver detto non solo le donne. Ho visto succedere come un po' tutti noi, ho visto leader molto pronte al cambiamento, nonostante lo shock che abbiamo avuto tutti, abbiamo provato tutti e soprattutto molto pronte a conservare i cambiamenti che avevano funzionato quando la situazione è tornata normale. E questo secondo me è lo scatto di intelligenza, di elasticità e di flessibilità, non è che appunto è un new normal, non è il normal, è back to business, ma perché se qualcosa ha funzionato in emergenza non dobbiamo conservarla. Ad esempio una produttrice vulcanica deliziosa delle langhe mi ha detto tu pensa che siamo così col paraocchi, così con i binari quando continuiamo a fare la stessa cosa tutti i giorni per magari decine di anni, che io non avevo mai pensato di offrire i corsi di potatura alle mie dipendenti donne. Io, donna, viticoltrice, non ci avevo mai riflettuto, l'ho fatto perché col periodo del green pass ho perso un certo numero di lavoranti e ho detto io devo recuperare, c'era di meglio che puoi portare persone che erano già in azienda, quindi amavano quello che facevano, amavano la natura, amavano le vigne. Questa cosa dice io l'ho mantenuta, sarei matta a tornare indietro su questa cosa qui, quindi questo a me è piaciuto molto, l'ho trovato estremamente intelligente e ripeto non dico che sia un valore femminile, parliamo in questo caso di donne perché ho intervistato donne, credo che sia proprio un valore di elasticità mentale, flessibilità e propensione al cambiamento. Tante cose mi hanno detto, le abbiamo fatte in emergenza e le abbiamo abbandonate perché non avevano più senso di esistere, altre come per esempio far viaggiare meno le persone, quindi essere più sostenibile e sostituire molti viaggi che possono essere sostituiti agevolmente da una call, perché no? Le persone mi hanno detto, abbiamo scoperto le degustazioni a distanza, mandiamo il vino, poi ci colleghiamo su zoom e l'enologo racconta il vino, eccetera. Perché non farlo ciclicamente nelle regioni che riusciamo a raggiungere meno, più difficoltose da raggiungere, più costose anche in termini di impatto ambientale? E molte aziende hanno mantenuto le degustazioni online per esempio, quindi è una banalità dire non tutto il male viene per nuocere, ma cercare di adattarsi in qualche modo alla situazione e alla sopravvivenza dell'idea. Io chiuderei parlando di finanza e vino, perché tu hai collaborato anche a una guida appunto vino e finanza allegata al sole 24 ore, siamo qua al festival dell'economia perché il vino è diventato uno strumento di investimento, non penso solo a prodotti come i future sul vino, ma penso alle aste che sono sempre più interesse tra gli appassionati. Quindi cosa faremo? Ci aspetteremo che il vino diventerà un nuovo bene rifugio come l'oro? Allora guarda, permettimi una battuta che cito Gianni Agnelli, che è citato proprio nelle prime battute di questa guida che non ho scritto tutte, io ho scritto una parte dei pezzi coordinata dal vice direttore Alberto Violi ed è stato un lavoro molto interessante anche lì nata da un articolo perché ne avevo scritto. Agnelli in tempi non sospetti, essendo diciamo il precursore dei tempi che è stato, perché obiettivamente va detto, disse investite in vino, ma il che vi va dall'investimento ve lo potrete sempre bere e tutto sommato non ha tutti i torti. Va detto che chi investe invece sul vino seriamente beve ben poco perché chiaramente non ti bevi l'investimento. Facendo questa guida che ancora fra l'altro è in vendita nell'e-commerce del sole, io adesso ne ho una copia ma chiaramente l'ho lasciata in borsa, abbiamo scoperto delle cose molto molto interessanti. In primi le aste giustamente come dici tu, ma anche che esistono, sono nate in pandemia perché chiaramente serviva una cosa digitale, numerose piattaforme, alcune delle quali startup, alcune delle quali tutte italiane che aiutano a investire in vino. Molte delle quali alcune sono di taglio altissimo come puoi immaginare perché chiaramente si parla di investimenti, se noi ragioniamo in ottica di Borgogne, di Bordeaux e di Champagne, ragioniamo in ottica di vini che oggi sono pressoché incomprabili per investimento perché hanno raggiunto un tetto talmente alto che non si sasse. In queste piattaforme si possono investire davvero piccolissime somme, importi e si lavora molto su quello che funzionerà domani, è lì che ha senso. Allora arriva l'Italia, finalmente l'Italia degli investimenti dei vini, lo immaginerete, era divisa al 50-50 tra Toscana e Piemonte, diciamo che prima era un 90 Toscana e 10 Piemonte, poi pian piano il Barolo ha iniziato a erodere delle parti e adesso invece si stanno affacciando regioni notevolissime e molto importanti, una per tutte, vi dovessi dire, comprate e tenete lì, l'Etna. La zona dell'Etna è assolutamente il posto dove andare a fare scorte e incetta di vini perché sono vini su terreni vulcanici molto longevi che stanno lavorando molto bene, che piacciono all'estero perché potete immaginare l'americano medio, l'idea del vino fatto ai piedi del vulcano, eccetera eccetera, dove comunque la qualità media sta veramente. L'ultima cosa che dico non si fa, per dare un consiglio, investimenti di vini nella propria cantina, nel senso che queste piattaforme, queste realtà o le aste, eccetera, propongono anche dei magazzini di stoccaggio perché un vino mantiene il suo valore posto che sia stato stoccato, non nel mio frigorifero, non nella mia cantina, ma in un magazzino tutelato. Il magazzino stesso si occupa di darti la certificazione, quindi se volete comprarvi del buon vino e ve lo volete bere fra 5-10 anni la vostra cantina è perfetta, se lo volete fare per investimento vero e proprio bisogna affidarsi a un magazzino offshore, che sia un piccolo consiglio perché è un mondo che ho scoperto anch'io recentemente. Va bene, investiremo nel vino dell'Etna. Ma beviamolo che è meglio. Anche io sono di questa idea. Io chiederei dicendo che in fondo la terra è la più grande donna del vino e non dobbiamo dimenticarcelo mai che è la terra. Ovviamente sono ben accette se avete qualche domanda per Barbara, sennò ringrazio comunque voi tutti che siete venuti, noi siamo a disposizione, anzi Barbara è a disposizione. I libri sono... Ricordiamo che mi andate a dire, i libri sono in vendita, sono piccoli, occupano poco posto, vino, donna e leadership, tempo di lettura, un weekend. Bene, grazie. Grazie a voi, grazie. Grazie.
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