Time is out of joint/Il tempo è fuori tempo
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Time is out of joint/Il tempo è fuori tempo
Giulio Tremonti discute parallelismi tra il XVI secolo e l'inizio del XXI secolo, evidenziando analogie tra eventi storici e la situazione geopolitica attuale. Si analizzano le sfide alla democrazia occidentale, la crisi della globalizzazione e il ruolo dell'Europa, con particolare attenzione alle dinamiche tra Occidente ed Oriente e alle possibili future evoluzioni dell'Unione Europea. La discussione tocca anche l'importanza della libertà e della democrazia per il progresso e la necessità di affrontare le sfide globali con unità e realismo.
Buongiorno a tutti, tra un po' pomeriggio a tutti. Prego, professor Tremonti. Allora, cominciamo questa conversazione su un tema che è sicuramente molto impegnativo e che ci apre molte possibilità, però anche di analisi del presente e non solo del passato, partiremo da un passato abbastanza lontano. Dico solo pochissime frasi di introduzione per dare un punto di vista leggermente diverso da quello del professor Tremonti sulla frase di Shakespeare che viene detta nell'amleto e che ha scelto il professore come titolo dell'incontro di oggi. Amleto a un certo punto dice The time is out of joint, che vuol dire che il tempo è fuori squadra e fuori posizione, è uscito dagli ingranaggi. Però aggiunge con una puntina di ironia che c'è in tutto l'amleto e c'è anche in tutto Shakespeare, ma proprio a me mi tocca rimettere a posto il tempo, proprio a me, che sono, sappiamo bene da tutto il resto dell'opera, il riluttante per eccellenza, proprio a me tocca mettere a posto le cose. L'ulteriore lettura che si può dare è che amleto viene visto tra le tante letture possibili anche un po' come a volte la persona media che sogna di rimettere tutto a posto, che lui sa come sono andate le cose, lo sa attraverso il fantasma, e semplicemente mettendo in scena come sono andate le cose, sistema tutto. E questo è molto bello ma è anche un'illusione, lo sappiamo benissimo che non è che semplicemente descrivendo i fatti come sono andati in realtà poi le cose si mettono a posto. Allora parto da qui per capire se questa è un'illusione, caro professore Tremonti, o se effettivamente, guardando al passato, possiamo rimettere a posto il tempo e rimettere a posto anche gli eventi che arriveranno. Allora, grazie. Diciamo cinque secoli in cinque minuti. Il tempo che viviamo e che vediamo al principio di questo millennio è in un qualche modo simile al tempo che è stato visto e vissuto alla metà del passato millennio, appunto nel Cinquecento. Nel Cinquecento, quattro fatti rivoluzionari. La scoperta dell'America. La scoperta dell'America modifica l'asse geopolitico, lo sposta dal Mediterraneo all'Atlantico. Sull'Atlantico nascono i grandi stati nazione, il Portogallo, la Spagna, la Francia e i Reini Uniti. Nascono nuove religioni, più business friendly di quella cattolica romana. Per inciso siamo a Trento, il luogo del concilio, dove la Chiesa organizza la contoriforza. Dove anche la parte cattorica si organizza. La contoriforza. Questo dà l'idea di cosa è stato dal lato, diciamo, dello spostamento del potere e della ideologia. Un fatto. Secondo, la invenzione della stampa. Prima della stampa, scusate, prima della invenzione della stampa il sapere era chiuso nei monasteri. Tipo chiuso e controllato e tramandato. Tipo il nome della rosa. La stampa apre il sapere a un mondo che si sviluppa in modo autonomo e quindi non Piuto, Lomeo nascosto, ma Copernico, Galileo e Caratesio con il suo cogito e rossum la base della scienza moderna. Terzo, l'arrivo dei musulmani. Conquistata a Costantinopoli la minaccia che da est arriva verso l'Europa, verso il centro dell'Europa. Dramatico quello che scrivono Erasmo, Lutero sul pericolo per la cristianità, l'assedio di Vienna e della metà del Cinquecento. Era un confronto che poi durerà per altri due secoli. Questo è un punto. E poi una enorme massa di oro e di argento immessa su economie arcaiche e rurali causa le prime crisi finanziarie globali. Il regno di Spagna fa default sei volte consecutivi. E questo è quanto è stato. Attualizziamo la scoperta politica dell'Asia. La scoperta politica dell'Asia modifica le strutture della geopolitica del mondo. Secondo, non sono andato all'ufficio Brevetti ma non più Cogito e Rosum, ma sulla rete Digito e Rosum. Un equivalente rivoluzionario nella dimensione del sapere e dell'essere. Terzo, le guerre che vengono. La guerra che viene da est verso l'Europa, dall'Ucraina fino al Marosso. Quarto, non c'è ma c'è il rischio di una crisi finanziaria globale. La massa di denaro creata senza rapporto con la realtà sottostante, ha una dimensione non facilmente controllabile. Si sviluppa per contro suo ma quando facevo il ministro l'unità di conto era il billion che già era un fantastiliardo di paperone, adesso il trillion. E questo da in un qualche modo l'idea della particolarità del mondo in cui stiamo. E quindi siamo qua con una sola differenza e chiudo, o meglio tutte le differenze, ma il paperone ha un senso. Capisci? Il Cinquecento è un secolo. Nel Cinquecento a Colonia nel 1567 un autore, Gian Sonio, scrive, guardando quello che sta succedendo, scrive un libro intitolato Mundus Furiosus. Noi abbiamo fenomeni, ho detto, paralleli ma in trent'anni. Quanto è il tempo che va dal principio alla crisi della globalizzazione? In un qualche modo immaginando qualcosa di simile, avendo verificato che il diritto d'autore era aspirato, nel 2016 ho scritto un libro intitolato Mundus Furiosus per cercare di capire, di traguardare la crisi della globalizzazione che sarebbe arrivata. Era l'anno della vittoria di Trump e quindi la fine della, come dire, della retorica della globalizzazione. Allora, proviamo a leggere tutto questo con quella chiama che proponevo prima. Noi non abbiamo né la fortuna né la sfortuna di Amleto, quindi non abbiamo ne la possibilità di risolvere tutto semplicemente facendolo rappresentare in scena da una compagnia di attori di passaggio, ma non abbiamo neanche la sfortuna poi di essere travolti da quello che gli eventi determinano con una serie di lutti in famiglia gigantesca. Allora, abbiamo però la possibilità di intervenire politicamente nel nostro piccolo personale e nelle nostre possibilità come nazione. Adesso, di fronte al possibile rielezione di Trump, pressioni da est simili di tipo militare, simili a quelle di cui si è parlato nel parallelo 5 centesco e metà 6 centesco. Situazione internazionale ha fatto l'accento ai trillion dei mercati finanziari che comunque non fa stare tranquilli. Allora, l'Europa e tante altre cose che abbiamo sentito prima negli esempi che ci ha fatto. L'Europa, l'Italia, adesso tra l'altro votano, hanno ancora una possibilità di influire su queste grandi determinanti mondiali, sono un po' sballottate. E di fronte, tra l'altro, a un ritorno di Trump ci troveremmo forse ad avere maggiori difficoltà e maggiori responsabilità. Ma anche qui un pelino alla lontana, ma cerco di rispondere, allora, si dice che in occidente c'è la crisi della democrazia ed è una retorica, è una dottrina che si diffonde. D'appertutto tanto si vota, in mezzo mondo si vota quest'anno, quanto però ti dicono la democrazia in crisi. Credo poco si riflette sulle cause della crisi, della democrazia. Allora, fino a qualche anno fa, e in parte anch'io l'ho vista, sia pure 20, 30 anni fa, non solo in Italia, chi si candidava per la elezione, chi si candidava per il governo, si presentava come capace di, o era creduto come capace, di risolvere i problemi. E questo perché i problemi erano ancora problemi originati e presenti dentro i confini nazionali. E quindi, con un certo tasso di serietà o di illusione, citavo Bismarck che diceva, non si raccontano mai, un grande democratico Bismarck, in realtà faceva le elezioni, diceva non si raccontano mai tante balle come dopo le battute di caccia o durante le campagne elettorale. Col debito pubblico, in qualche modo tu controllavi, eri creduto come capace di controllare i problemi. Oggi non è più così, una quota enorme dei problemi viene da fuori, fuori dai confini nazionali. Problemi reali o sentiti nella tua angoscia come tali. Le migrazioni vengono da fuori, le grandi crisi finanziarie vengono da fuori, soprattutto molti dei problemi, il lavoro, la tua esistenza, il futuro dei figli vengono dal futuro, cioè dire dalla intelligenza artificiale e dalle macchine. Questo tipo di problemi porta molti a non votare o a non credere in quello che in qualche modo, e quindi hai la disconnessità della politica, nascono e muoiono partiti. Questa è una delle parti della realtà. Professore, forse faccio una piccola obiezione, forse ci facciamo un'illusione sul modo di funzionare della democrazia, un'illusione razionale e razionalistica. Anche negli scorsi decenni in Italia la visione delle questioni nazionali, degli interessi diretti degli elettori sicuramente pesava, ma il grande motore era il motore ideologico nelle scelte elettorali, qui non c'è niente di male perché è una scorciatoia per arrivare poi a prendere delle decisioni pubbliche, ma il motore ideologico era anche influenzato da grandi fatti internazionali. Non è che l'Italia negli anni 50 non vivesse grandi traumi internazionali che poi ci travolgevano o ci interessavano. Forse sta venendo meno nella gestione dei democrazia occidentali appunto questo metodo scorciatoia che era l'ideologia e che permetteva però di orientare le scelte politiche? Certamente sì, siamo a Trento, a De Gasperi, ai tempi di De Gasperi, ai tempi di quella politica c'erano fattori esterni, la parura del comunismo, la fiducia nell'America, c'era tutto questo, ma anche in tempi successivi in un qualche modo non parlo solo dell'Italia, ma Francia, Germania, o Inghilterra, c'era una credibilità della politica, la politica in un qualche modo parlava e prometteva e la gente in un qualche modo convinta o comunque ci credeva. Questo è uno dei fatti che stanno in un qualche modo venendo meno perché, torno a dire, troppi problemi vengono da fuori i confini e tu invece ti candidi a un Parlamento nazionale, oppure vengono dal futuro le macchine ruba lavoro. Detto questo, per noi per esempio, è fondamentale l'Europa, come, stavo per dire, come constituency, non siamo così raffinati come bla bla, però effettivamente se tu guardi i sondaggi che circolano in tutta Europa, da nord, a sud, da est, a ovest, dicono due terzi degli europei vogliono la difesa comune, vogliono la sicurezza militare. Questo è fondamentale perché è da lì che nasce la politica. Io usavo dire, se vai in un bar e dici ci vuole più, o una birreria che è un luogo democratico, ci vuole più unione bancaria, ti guardano strano, se tu dici ci vuole difesa ti paga un da bere e quella che era una battuta, ricordo l'ho fatta anche l'anno scorso, è diventata la realtà, anche perché la guerra ha talmente dramatizzato lo scenario. Ecco, io credo che un futuro per la democrazia, per la politica sia proprio nell'allineamento tra la dimensione dei problemi, l'origine dei problemi e quello per cui vai a votare. Noi votiamo in Europa per una Europa che dopo varie fasi, magari non straordinarie, ma adesso va nella direzione giusta, cioè dire la difesa. Lo vedi in Germania, la Germania che si riarma trent'anni fa, vent'anni fa, avrebbe terrorizzato il mondo, adesso è esattamente l'opposto ed è bene che sia così. Ci sono dei segnali durante questa campagna elettorale, ma anche tra chi è più direttamente interessato alle prossime cariche, in questo caso parlo di Ursula von der Leyen, ma non ce l'ho con lei, non voglio analizzare la sua posizione politica, ma solo alcune sue mosse è proprio come paradigma per capire se effettivamente sta succedendo un fenomeno interessante, cioè una maggiore politicizzazione del confronto europeo, anche nel confronto elettorale, politicizzazione in tutti i sensi, che vuol dire anche saper usare un po' di trasformismo, saper usare un po' di disinvoltura, un po' di manovra nell'azione politica. Von der Leyen l'ha fatto l'altra volta, prese i voti dei Cinque Stelle che inizialmente non c'etteravano niente con lei per riuscire a passare nell'approvazione del Parlamento, adesso si sta rivolgendo anche al mondo dei conservatori, addirittura al mondo della destra. Questo è un segno di vitalità e riguarda solo un pezzo dell'Europa, cioè diciamo quello preallargamento, o anche tutti i membri dell'Unione Europea sono capaci di ragionare con questa raffinatezza democratica diciamo così. Ci sono due fatti che secondo me due immagini e in fondo sono le immagini che ti danno una idea. Quando avviene il cambio delle consegne alla Banca Centrale Europea, arriva la Garda, in platea ad applaudire ci sono tutti i campi di Stato e di governo europei. Voi avreste visto The Gasperi, The Goal, Adenauer in platea ad applaudire i banchieri? No. È una fase che finisce con il tempo drammatico che stiamo vedendo e vivendo e questo è un punto. L'altro, credo la questione è centrale, noi in questo e lo vedo un po' come commissione esteri qualche volta andando in giro, noi abbiamo due Europe, quella a ovest e quella a est. Quella dove siamo ed è una Europa democraticamente perfetta, la corte, la rule of law, di tutto, cancel culture, tutta la modernità migliore o non migliore ma insomma possibile. Diciamo che Elio Gabalo, uomo di giorno e donna di notte si troverebbe benissimo con i principi. Quindi non modernità ma anche classicità. Detto questo, l'Europa che è a est è ancora basata sulle tradizioni ed è un'Europa che non è ancora sviluppata nel senso che dovrebbe essere. Nel gennaio prima della guerra la corte europea condanna la Polonia come fuori dallo Stato di Diretto. Il mese dopo la Polonia è sugli altari perché ha accolto i fratelli ucraini per dire come tutto sta in un qualche modo cambiando. Quella parte dell'Europa, faccio per un esempio che magari nel 1980 in Italia era ancora punito o scriminato il delitto d'onore ma nessuno, nell'80 pensava che l'Italia fosse fuori dalla democrazia. Poi proprio perché c'era la democrazia anche quello brobio è stato eliminato. Ed è straordinario il discorso fatto a Budapest da Francesco che dice guardiamo dall'altra parte oltre il Danubio i costumi e quello che è dall'altra parte. Io credo che sia per essere chiari, cerco di essere molto, l'Europa finora ha fatto, convinta o costretta, ha fatto la politica convenzionale dell'allargamento verso est. La novità è che anche Putin vuole fare l'allargamento ma dalla parte opposta ed è esattamente dove vediamo la falla del confine dell'Europa. La cosa secondo me Putin ha scritto sul Financial Times il Mein Kampf. Non so quanti l'hanno letto ma nessuno ci crede, esattamente come è stato il Mein Kampf. E lì c'è scritto il futuro della Russia deriva dal suo passato. Il suo passato è l'anima, la tradizione e i confini. Ci torneremo? I confini sono quelli su cui sta. Quindi io credo che sia, dipendesse da me ma non è una expediente, noi abbiamo nella vecchia politica di allargamento, vieni ammesso, vieni candidato, devi fare i compiti a casa, espressione odiosa ma tipicamente europea e poi dopo ci sarà. In realtà noi dovremmo farli entrare subito tutti rimandando dopo gli addimprimenti, modificando le maggioranze. In Europa adesso ogni paese ha il potere diretto di voto e questo blocca tutto, non è la democrazia, è troppa la democrazia all'opposto. Dovremo avere maggioranze diverse. Volevo arrivare a questo proprio con un esempio, poi torniamo a sviluppare questo ragionamento. Gli Stati Uniti sicuramente hanno una grande capacità operativa fuori dai loro confini e anche all'interno su alcune decisioni ma soprattutto fuori mostrano una grandissima unità nel paese però sicuramente sono divisissimi culturalmente e sociologicamente tra chi è agganciato alle tradizioni talmente tanto da vestirsi in un modo che è visibile e chi invece vive nelle grandi città della costa e sta già oltre quella che noi consideriamo la modernità. Però con un sistema istituzionale che permette di decidere hanno la capacità di intervenire nel mondo e di avere appunto una grande operatività. L'Europa stava dicendo proprio adesso forse cambiando un po' i meccanismi decisionali sarebbe una non una riforma ma una super riforma ma potrebbe arrivare a questo punto. Ci si arriva con un concorso di decisioni o con l'Europa chiamiamola occidentale che fa da traino e che dice si fa così o niente? Allora America ha la sua storia in ogni caso fanno l'alza bandiera a scuola tutte le mattine. Pur molto discontinua e divisa a suo interno è diversa. Noi arriveremo a una unità. Non sarà facile è difficile è in salita. Dovremo essere a 35 vuol dire che ogni anno in sette paesi si vota. 7 per 5 o dintorni. Questo vuol dire ritardi, discontinuità, incertezze. Tuttavia va definita una maggioranza che non può essere la unanimità ed è comunque il destino e la strada che abbiamo. Non abbiamo alternative. È finita la illusione di una continuità dall'Atlantico agli Urali. Questa era la visione di De Gaulle, è stata la visione di Vojtivla, l'application era il gas stream. In realtà quello è un mondo, una visione che è finita. L'Europa deve nei suoi confini di nuovo unirsi. È stata così in qualche modo per secoli, a modo suol. Parlevamo prima del teatro del ruolo della chiesa. Io non vedo alternative. Diversamente la forza, il potere, il successo viene da fuori e ci fanno un paiollo così. Allora le guerre, che sono una cosa terribile, hanno però sicuramente la capacità di influire sui rapporti politici e sui rapporti reali tra paesi e di influire anche sullo sviluppo interno delle organizzazioni di ciascun paese. Trasformano, sono un evento trasformativo. Nell'Europa del Cinquecento si è cominciata ad avvertire il pericolo turco, chiamiamolo così, e questo ha fatto sì che anche se i francesi si alleavano con i turchi contro gli austriaci, ma soprattutto erano cose occasionali, però che un certo mondo si riconoscesse come questo di qua e quindi si dovesse organizzare contro quelli di là. Anche se all'epanto non si è definito tutto, come ci insegnerebbe subito con la bacchetta Barbero, anzi l'assetto militare è durato molto poco, ma il lasciito politico è stato invece duraturo e ha creato tante istituzioni ancora viventi. Il riferimento che ha fatto prima la Polonia ci fa anche vedere che tusco o non tusco, se non ci fosse stata la forza e la solidità della Polonia nel sostegno dell'Ucraina, loro sarebbero ancora quelli da tenere un po' da parte perché non hanno tutto in regola con lo stato di diritto. Però la guerra trasforma un po' le cose e quindi la situazione estra, la guerra in Ucraina, la destabilizzazione portata dall'espansionismo, come ha definito prima, putiniano, trasformerà non solo le istituzioni ma anche proprio il sentire politico profondo dell'Europa, soprattutto se Trump ci lascia soli. Io credo che la realtà ci porterà verso l'unità, ovviamente non dogmatica, non su tutto, la unità del continente non può essere quella che è stata pensata negli ultimi trenta o venti anni. La gazetta ufficiale europea è lunga 348 km lineari e dentro c'è la disciplina dell'inutile, dell'assoluto, dell'assurdo. Io sarò libero di fulminarmi con la luce vecchia, l'impianto vecchio nella mia casa, nella mia baita, nel torrentino o la pennino o nelle ardenne. Non ci può essere, devi regolare l'impianto in un grattaccello in città ma non puoi immaginare di regolare la vita di tutti in continuo. Un segreto europeo è che poco prima della Brexit l'Europa ritira la direttiva toilet flashing, che in nome della DEA qua erano 120 pagine coi disegni di come dovrebbero avuto essere fatte le toalette di tutta Europa. Temo, dietro c'era la DEA qua, c'era la Geberit tedesca che voleva s'andare a dezzare, c'era un po' di tutto, è diverso. Quella è l'Europa che non può essere, non deve essere. Devi rispettare Polonia. Qualche anno fa in una grande città della Polonia, non in un villaggio, fondazione Ratzinger, ricordo dopo una lezione, cammino con un vescovo per strada e le donne si inginoccavano. Il vescovo molto spiritoso dice quando vengo a Roma non mi succede. Sono elementi della realtà che cambieranno, ma non può immaginare di modificare tutto perché c'è la corte di Casu e che applicando in modo millimetrico e fanatico, sempre per essere pratici. Se tu hai uno stabilimento, non voglio sembrare un maniaco delle toalette, ma devi avere quella degli uomini e quella delle donne o altro. Questo ha senso in una grande fabbrica, ma a livello di capannone, di partita iva, dove lavorano insieme marito e moglie, ma che senso ha? C'è l'imposizione della differenziazione. Io credo veramente la realtà alla guerra, ai tempi che viviamo, quello che sta succedendo da fuori anche sul piano del mercato, la Cina, l'America, l'Europa deve in qualche modo reagire, unirsi e lo fare su cose reali. Può essere però che l'Europa si sia rifugiata delle minutie perché non abbiamo dato ad essa sufficiente potere. Chi ha potere devolve le stupitaggini, devolve le minutie ai poteri locali e pensa alle cose grosse. Chi non ce l'ha si rifugia nelle robette. Nel 2003, semestre di presidenza italiana, la proposta italiana al Parlamento Europeo è tra l'altro quella degli Eurobond per le infrastrutture, le strade delle repubbliche e per l'industria militare nel 2003. La reazione ortodossa finanziaria fu non debito comune. La reazione più intelligente fu del ministro inglese che disse, nice, ma questo è nation building. No, grazie, perché gli inglesi non hanno... adesso abbiamo gli Eurobond, quindi con 20 anni di ritardo, però abbiamo il debito comune ed è stato a fronte della pandemia e sarà per la difesa. E questo è un passaggio secondo me sarà molto importante. Ci vogliono i grandi guai per forgiare l'unità... la pandemia, adesso la guerra... già adesso bastano questi. La tendenza, io ripeto, sono positivo e eccessivo, però certamente è cambiata l'anda. L'a proposito di Eurobond, l'esperimento poi stabilizzato, almeno però pro tempore, quindi un po' un ossimolo, del next generation EU ha un suo peso, però non è per sempre, ci sono paesi che ogni mattina dicono, no, quello si fa più, è una battuta dal resto, su un cammino inesorabile... Dunque, io sull'Europa vedo tre fasi, quella eroica straordinaria che va dal manifesto di ventotene, poi la cieca, il carbone acciaio, l'Europa aderisce, scusate, l'Italia aderisce al trattato carbone acciaio senza avere né il carbone né l'acciaio, ma vogliono l'Europa, poi il trattato di Roma è straordinario. Per inciso, guarda la foto del trattato di Roma, i maligni dicono hanno fatto la foto ma non avevano ancora firmato il trattato, però sono uomini, sono statisti, sono figure che hanno vissuto la guerra, hanno vissuto la lotta, sono figure straordinarie. Le leadership attuali per ora sono simili a forze aziendali in gita premia, cioè vedete che ridono tutti. Detto questo, la fase del mercato comune finisce con la fase della globalizzazione e inizia col trattato di Maastricht, positiva l'idea della moneta comune, non positiva tutta una serie di altri fatti e scelte, per inciso ho detto le regole. Però la cosa che mi ha colpito molto, mi ha impressionato, quando nel 2008 arriva la crisi, ho fatto notare ai miei illustri colleghi in Europa che nel trattato non c'era la parola crisi, perché era tutto costruito in termini positivi e pergressivi, la assoluta fiducia nel mercato, il mercato perfetto, non più liberte egalite fraternite ma globalite marce monnette e questo fanatismo è stato a lungo ed è stato e c'è ancora. L'Italia è l'unico continente che ha eliminato di colpo i dazi e a me hanno fatto un paiollo così perché pensavo che invece i dazi fossero magari da ridurre ma non da eliminare di colpo e invece è stato in qualche modo così, gli altri li tenevano e l'illusione che fosse tutto positivo e progressivo, anzi pensavano che l'Europa fosse il modello per il mondo, un mondo che si unificava nel mercato, cosa aveva di meglio l'Europa che si era unificata al suo interno. C'è un dettaglio, mentre noi cercavamo di imporre il modello del mercato europeo al resto del mondo, era il mondo che entrava in Europa senza avere un'idea così perfetta del mercato, ci facevano la concorrenza, i dazi, adesso tutto quello apparato sta venendo meno, si parla di dazi, di difesa e questo secondo me è un punto che ci dà una prospettiva. E' vero, le forze aziendali in gita premio, quando ce lo diciamo da soli ridiamo giustamente e possiamo anche dircelo perché si può scherzare su se stessi alla fine, ma è anche però quello che hanno sempre detto delle democrazie, i paesi non democratici e nei quali non vigero stato di diritto, dove osservando dall'esterno dicevano, ma quelli sono delle mamolette, li stenderemo, però non è mai successo, a meno finora speriamo. In questo appunto questa costante storica vale ancora per l'Europa attuale, per l'Italia attuale e l'Europa è intesa in questo caso in senso più largo perché almeno con il vincolo nato gli inglesi restano tra noi. Diciamo che abbiamo ancora alcune relative residuali stranezze, ne dico una, la Francia ha il seggio all'ONU e la bomba atomica, essendo che si pone un problema europeo magari se desero, non lo fanno, non lo so, il seggio all'UNIONE è un uso del condiviso della deterenza, un po' lo stanno in qualche modo facendo. L'Inghilterra ha una sua logica diversa, ma insomma in ogni caso io penso che dopo le prossime elezioni che saranno a luglio in Inghilterra la posizione sarà, non dico che ritornano nell'UNIONE, ma sarà molto più friendly di come è stato anni fa. Chi dovevo dire ne ricordo. Perché le democrazie alla fine resistono sempre vincolo? Speriamo che succeda ancora. Più che le democrazie, ho detto pensando alla democrazia come occidente, quando ero ragazzino io tutti volevamo essere americani, oggi comunque nessuno vuole essere cinese, esclusi i cinesi, cioè dire comunque abbiamo una capacità di attrazione e di successo in prospettiva che magari altri non hanno. Per inciso, noi avendo la democrazia abbiamo la libertà e la libertà è la base per lo sviluppo anche scientifico. Se tu non hai libertà hai la disciplina come in Cina, hai la tecnica, ma non hai la libertà, la ricerca, lo sviluppo richiedono la libertà. Un esempio concreto, non c'hanno i vaccini, noi li abbiamo fatti in un anno e per inciso nel trattato c'era, io credo da averlo fatto notare, c'è un passaggio incredibile, tutto mercato, punto a capo, c'è una norma che dice competenza concorrente con gli stati, competenza dell'unione, il contrasto ai flaggelli internazionali che varcano i nostri confini. Stanamente è una formula ottocentesca e tuttavia è la base per cui hanno comprato i vaccini ed è una delle cose per cui ce la siamo cavata. Mentre altri non hanno la libertà possono copiare, possono disciplinare, ma la base del progresso e del futuro è la libertà e quella vuol dire la democrazia. 24 anni fa i giorni di tutto il mondo si sono mobilitati contro la globalizzazione. Nel frattempo, proprio in quegli anni, la globalizzazione, la libertà del commercio mondiale, l'aumento di intensità degli scambi commerciali esprimeva il massimo della sua potenza anche in termini ovviamente benefici per molte parti della popolazione mondiale, ma travogendo però altre parti dell'economia mondiale. Dopo non sono state le proteste, ma si sono un po' affievolite le forze interne del commercio mondiale, alcuni paesi hanno cominciato a tirare un po', a restringere e adesso sta assumendo un'altra forma. In questa nuova forma è possibile però manterne il buono, che tra l'altro è molto buono per un paese trasformatore come l'Italia, e ragionare però un po' sul portato politico della globalizzazione. Dunque io penso che è stata la cosa giusta, o comunque non evitabile, ma fatta in un tempo troppo costretto. Nel luglio dell'89, sul carriere della sera, era il bicentenario della rivoluzione francese e io ho scritto un articolo e diceva si sta spezzando la catena stato, territorio, ricchezza, la ricchezza esce dai confini e come il primo 89 fu invenzione dei parlamenti dell'assemblée, questo sarà il corriere intitolò quell'articolo una rivoluzione che svuoterà i parlamenti, per dire la riduzione del potere politico. Il muro cade in novembre, dal muro in poi impossibile conservare il vecchio ordine globale, la scelta fu credo giusta ma troppo sincopata nel tempo, il muro cade nell'89, il war trade del 94, l'Asia comincia ad entrare, formalmente nel 2001, la crisi arriva nel 2008 e oggi, sono trent'anni che hanno cambiato la struttura e la velocità del mondo. Credo che più saggio sarebbe stato un tempo un po' più lungo, 94 ma poteva essere qualche anno dopo e invece subito war trade e via, era un'ideologia, io per la verità gli illuminati, seppure giovane e poco illuminato ma li ho conosciuti, io ricordo Fukuyama che era il poeta di corte che diceva la fine della storia, è tornata la storia con gli arretrati e la geografia. C'è stata una fase anche di idealismo però anche di interessi, torno a dire, poteva essere un po' meno nel 1995, ho scritto un libro intitolato il fantasma della povertà, come tutti i vecchi ricordano ormai, e ci era scritto, i capitali andranno in Asia alla ricerca di mano d'opera a basso costo, noi importeremo povertà con la globalizzazione, in due modi, uno i salari, gli stipendi saranno livellati sull'est, i posti di lavoro e questo crea dei problemi per la classe operaria e poi c'era le nostre immagini, la televisione, i simboli, ci attiveranno le migrazioni ed era l'opposto di quello che si diceva, è tutto positivo e progressivo per tutti, c'era scritto magari un costo, un po' di casini li causa anche all'Occidente, non era fermabile però forse è stata troppo veloce, troppo ideologica, dopo trent'anni la crisi è la crisi dell'ideologia globale e tuttavia non è la fine, non interessano i commerci, in generale i confini non attraversati dalle merci vengono attraversati dagli eserciti, l'Italia interessa comunque molto l'export, noi abbiamo una quantità enorme di imprese che esportano, detto questo un qualche, sempre proposta italiana del 2008 era scritto il global legal standard e diceva non puoi vivere in un mondo dove l'unica regola è che non ci sono regole e abbiamo scritto una bozza di trattato, per inciso fu approvata anche la proposta italiana del global legal dall'assemblia generale dell'Ox e all'articolo 4 c'era scritto rispetto di regole ambientali e igieniche un po' prima del covid, fu battuta dall'idea della finanza e cioè dire non servono regole basta creare moneta, era il financial stability board che vince sul global legal standard, non vi dico chi era il presidente del financial stability board, detto questo la crisi non è stata superata è stata solo rinviata, abbiamo i trillion e abbiamo un rischio di casino, tuttavia ci saranno accordi, ci saranno criteri, non ci sarà, io spero penso, la guerra mondiale, nonostante tutto, detto questo si dice i popoli imparano l'economia con le crisi e la geografia con le guerre, vediamo un po'. Professore, chiudiamo con una risposta veloci, però vado sul tema generale, il titolo di tutto questa serie di incontri è Quovatis, però Quovatis non è una roba dei luministi, adesso vediamo dove è il futuro, San Pietro che pur e ruovo sappiamo non era tutto da un pezzo stava cercando di scappare, di andare via da Roma, gli dicono no no, torna lì finisci martirizzato però ti tocca, è il tuo destino e quindi anche quando si ragiona sul futuro bisogna fare i conti con la tragedia e con le responsabilità tragiche, ecco la storia è segnata da questo e non dal ottimismo, diciamo, della volontà anche se assolutamente necessario. Diciamo che preferisco a Quovatis. Bene, grazie, grazie a voi.
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