L’Europa vaso di coccio tra Stati Uniti e Cina
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L’Europa vaso di coccio tra Stati Uniti e Cina
Durante questo dialogo con Massimo Giannini, direttore de "La Stampa", Marco Tronchetti Provera, Ceo di Pirelli, ha criticato l'Europa per la mancanza di risorse e leadership. In merito alla guerra in Ucraina, prevede un conflitto prolungato con l'intervento necessario degli Stati Uniti. Riguardo alle sanzioni, afferma che ora colpiranno l'economia russa. Tronchetti ha elogiato Giorgia Meloni per la sua leadership e sull'PNRR ha fiducia nelle capacità dell'Italia.
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Buongiorno a tutti, buongiorno, grazie per essere venuti così numerosi, per me è un piacere e un onore essere qui a Trento al Festival dell'Economia e soprattutto è un piacere essere qui col dottor Marco Tronchetti-Provera, buongiorno dottore, eccoci qui. Allora, possiamo dire che è il Festival dei tempi difficili perché siamo in presenza di tanti e tanti fronti di crisi, tante emergenze, tutte insieme e sovvegliamo anche sovrapposte. Arriviamo alla fine di un ciclo in cui ci sono sommati tre grandi eventi che potremmo definire quasi cataclismi per gli equilibri mondiali. È tutto iniziato con la crisi finanziaria del 2007-2008, il crackling manbrothers e poi tutto quel che ne è seguito. Nel 2020 abbiamo avuto la pandemia, il covid, con tutto quel che ne è seguito e ancora ne paghiamo i costi e gli strascichi e da ultimo si è aggiunta anche la guerra, la crisi energetica, la crisi petrolifera, l'inflazione che avevamo dimenticato. Insomma, abbiamo tanta carne al fuoco di cui discutere e ragionare. Il nostro tema è l'Europa vaso di coccio tra Stati Uniti e Cina e io vorrei partire però dottor Tronchetti proprio da questo, a che punto è la notte, cioè siamo appunto nel pieno di queste tre crisi, l'ultima è stata la più drammatica perché rimette in discussione tutto l'ordine mondiale, ammesso che quello che c'era prima lo si potesse definire tale. Oggi, come è la situazione, stiamo uscendo dalla fase di guerra, andiamo dentro a una guerra quasi permanente, ormai a bassa intensità, una guerra d'attrito. L'impatto sull'economia si sta attenuando, lei come la vede? Siamo ancora in guerra, non si vedono i tempi in cui si possa raggiungere a un punto, diciamo se non altro, di fine dei combattimenti. L'economia, da tutto questo ovviamente, non ne trae beneficio, l'inflazione è stata per una fase, un'inflazione sana, nel senso che dopo la chiusura legata alla pandemia dove tutti hanno ridotto gli stock, 4 miliardi di persone in casa, c'è stata poi una ripresa che ha fatto salire evidentemente prezzi, la mancanza di mezzi di trasporto, qui in una crescita nata da una vera domanda molto forte. Poi la domanda si è attenuata, in America, più per ragioni sue strutturali, in Europa l'impatto della guerra è stato un elemento che ha punito di più l'Europa che, priva di materie prime, si è presa per 6 mesi la crescita di materie prime e quindi ha avuto un'inflazione non da domanda ma un'inflazione dall'offerta, questo adesso si sta normalizzando anche in Europa però lascia una traccia di domanda debole con una Cina che sta ripartendo con un'America che si trova anche lei non in una fase economica di espansione. Vediamo quello che è un nuovo mondo dove la Cina ha un ruolo diverso anche geopolitico e negli scambi internazionali stanno cambiando cose, si vede una riduzione delle esportazioni della Germania verso la Cina, ci sono dei cambiamenti. Poi ciascuno di questi temi li approfondiremo man mano e vorrei alternare la nostra conversazione su un filone economico ma anche geopolitico se vogliamo. In fondo la guerra innescata da Putin, l'invasione dell'Ucraina criminale del presunto Tsar russo ha rimesso di nuovo l'Occidente di fronte a un grande bilio e anche a qualche interrogativo su se stesso. Mi viene sempre in mente la stessa cosa che accadde se vogliamo su un piano completamente diverso nel 2001 con l'attacco alle Torri Gemelle. Quasi dall'oggi al domani scoprimmo che c'era una buona parte di mondo, diciamo pure la maggioranza, la maggior parte in termini quantitativi del mondo che guardava l'Occidente come un nemico. Oggi siamo un po' dentro lo stesso scenario, se guardiamo anche al voto che ci sono stati già due per la verità, le Nazioni Unite per la condanna dell'invasione russa in Afghanistan abbiamo visto che più di 140 paesi hanno votato contro la condanna. L'Occidente è di nuovo nel mirino sotto questo profilo? Siamo assediati? I numeri dicono questo, l'Occidente come lo intendiamo noi è fatto di poco più di un miliardo di persone, un miliardo e cento, se chiamiamo le democrazie che vanno dai Stati Uniti all'Europa, alla Cina, alla Coria del Sud, al Giappone, parte del Estremo Oriente, Australia, Nuova Zelanda questo c'è un miliardo e cento, massimo un miliardo e due, se prendiamo alcuni paesi intermedi dell'Estremo Oriente. Dall'altra parte ci sono 6 miliardi e 8, 6 miliardi e 8 di persone che sono governate con sistemi che nulla hanno a che vedere con quello che noi abbiamo come democrazia radicata con regole del gioco per quanto attaccabili ma che comunque danno spazi di libertà ai cittadini. Questo mondo ha una visione totalmente diversa, questo mondo ha più affinità con le scelte autocratiche russe o cinesi e sembra guardando dall'alto quello che avviene vista l'assertività cinese in geopolitica, l'azione fatta in avvicinamento fra Arabia Saudita e Iran che è un passaggio storico, vedremo se funzionerà ma comunque mette insieme per la prima volta due grandi paesi, Citi e Sunniti, immediatamente è finita la guerra nello Yemen. Ci sono successe cose che non sono mai fatte e non sono mai fanno immaginare che di fatto mentre la Cina dichiara di volere un mondo multilaterale può avere le sue ragioni in questo in realtà si va verso un mondo bilaterale dove da un lato c'è la Cina e quello che le ruote intorno e dall'altro ci siamo noi. Insisto ancora un attimo sulla geopolitica, naturalmente tutto quello che sto per dire non deve apparire come un'indulgenza nei confronti di Putin, ci mancherebbe altro perché in Italia è sempre permetterlo perché qualunque ipotesi di riflessione sul tema viene immediatamente, precipita immediatamente nel solito schema delle due curve contrapposte, allora stai con Putin, ovviamente no, però la domanda che voglio farle è questa, rispetto a quello che sta accadendo, l'Occidente ha qualcosa da rimproverarsi, siamo stati disattenti, abbiamo creduto ancora una volta che in virtù del nostro primato economico noi fossimo il faro della civiltà del pianeta e quindi tutto quello che ci avveniva intorno non era così importante. Diciamo che c'è stato un distacco tra la visione che gli Stati Uniti avevano della Russia come paese lontano che era visto dagli americani come una fastidiosa potenza regionale, questa era la visione americana dall'epoca di priori a Biden, anteriori a Trump, già con Obama, dopo il 2014 tutta l'amministrazione cercava di andare verso sanzioni che facessero rivoltare il paese contro Putin, parlavano apertamente delle lezioni che ci sarebbero state nel 2016 in Russia come l'occasione che grazie alle sanzioni Putin veniva mandato via, errore di valutazione che qualunque europeo non avrebbe fatto penso, poi un'Europa inesistente, quindi l'Europa inesistente è andata a traino degli Stati Uniti per sette anni, otto anni e non ha visto il pericolo o se l'ha vista non l'ha visto come suo dovere di intervento come pericolo di un escalation che poi ci ha portato quello che vediamo oggi, quindi la guida non ha avuto gli americani, gli europei non hanno visto il rischio e quasi quasi siamo rimasti sorpresi, mentre gli americani dicevano che questo sarebbe successo, che cosa ha fatto o cosa non ha fatto l'Europa, c'è stata l'Europa o non c'è stata? No, non c'è stata. C'è anche un Papa Francesco che dice che la NATO è andata ad abbaiare alle porte della Russia, è vero? La NATO ha allargato i suoi confini, la visione della NATO è la visione strategica americana, l'America lo ha affermato all'epoca di Trump, c'era Pompeo, un segretario di Stato americano che diceva apertamente che il loro obiettivo era un regime change in Cina, questa era la visione di Pompeo. La Russia era un fastidio lì in mezzo che andava depotenziata, quindi per loro non esisteva un tema Russia perché è un paese piccolo, un paese che ha un prodotto interno lordo basso, questa è una valutazione da un certo punto di vista sbagliata perché la forza della Cina è avere un prodotto interno lordo pro capita e basso perché la gente vive con nulla come stiamo vedendo. Comunque per l'America questo non era un tema, il tema sta là, è la Cina. L'Europa che comunque nella visione di Kissinger lucida doveva sforzarsi per tenere un cuscinetto verso la Cina, si è trovata in mezzo a una situazione che esasperata dall'atto criminale di Putin non ha più potuto gestire. Ecco, ha senso quello che ora stiamo facendo, insisto ancora per un attimo sul tema della guerra perché ovviamente ci condiziona tutti, nell'aiutare militarmente ancora non abbiamo chiaro fino a che punto ma insomma per adesso è chiaro che c'è un crescendo di sostegno anche militare da parte dei paesi NATO nei confronti dell'Ucraina fino a che punto possiamo spingerci e dal suo punto di vista quale è la vittoria? Lo so che è la domanda che ci facciamo tutti ed è difficile trovare una risposta, persino Zelensky non è stato in grado di rispondere al tema. Però dal nostro punto di vista italiani, italiani e occidentali, quale sarebbe lo sbocco ideale di questo conflitto? Lo sbocco ideale teoricamente sulla carta in parte già c'è perché Putin ha perso, cioè l'azione straordinaria o l'azione speciale militare che doveva chiudersi nelle aspettative penso in un mese, cose leggenti, si dichiarava, anzi Putin dichiarava apertamente che andava a rimosso Zelensky, che l'esercito doveva arrendersi, ecco tutto questo non è avvenuto e la Russia fa i conti oggi credo farà i conti con disastri seri perché l'economia per quanto forte sia non è un'economia che produce attraverso gli armamenti ricchezza, l'economia americana produce attraverso gli armamenti anche ricchezza, alla Russia tutto questo costa enormemente e lo pagherà. Quindi in questo quadro Putin è debole, andava secondo me bisogna cercare di approfittare di chi è debole e tenere aperto un dialogo sapendo che ha perso e che quindi si può forse definire un confine, esasperare la partita con un perdente che ha migliaia di testate atomiche è preoccupante, quindi cedimenti mai, condanna assoluta, ricerca di una soluzione, necessità, perdente armato che se non viene fatto fuori dei suoi non sarà certamente fatto fuori sul campo mi sembra che sia un rischio che il mondo dovrebbe evitare di correre. Ecco faccio sempre l'avvocato del diavolo, l'economia russa tuttavia per la natura stessa di quel paese e di quel popolo ricordiamolo che nella seconda guerra mondiale sono morti 30 milioni di russi grossomodo mi pare fossero 26 milioni, diciamo che hanno un rapporto con la morte piuttosto mi spingerei a dire quasi banale per cui 200-300 mila morti in Ucraina per loro non sono granché, è un'economia molto povera soprattutto se si esce dalle grandi città, Mosca e San Pietroburgo in particolare, si dice la Russia profonda in realtà sta tutta con Putin, volevo sapere cosa pensa lei perché insomma nella vostra traiettoria di grande gruppo globale lei la Russia la conosce molto bene e l'altra domanda è le sanzioni che l'Occidente ha applicato finora, altro tema di discussione molto spesso, stanno funzionando, fanno più male a noi che a loro come qualcuno sostiene, cosa pensa lei dottore? Io penso partendo dall'ultima parte le sanzioni in una fase iniziale ha creato più costi a noi che alla Russia, adesso credo che la Russia incomincia a fare i conti con le sanzioni con i costi del mantenimento di una guerra di questa portata. La Russia profonda ha ragione lei è una Russia che sta attraverso 11 fusi che ha 140 milioni di abitanti su un territorio che è doppio di quello cinese che ne ha un miliardo e quattro, quindi è un mondo che vive molto di nazionalismo, è un mondo che ha applaudito dopo anni di frustrazione perché con la spaccatura nel 91 dell'impero sovietico la Russia, il russo è stato umiliato, la Crimea ha portato a Putin un 85%, 90% di consenso perché era come una rivendicazione di un sentimento nazionale. La Russia profonda sta con Putin, i giovani penso assolutamente no, però i giovani nelle grandi città, nelle campagne sono così estese e quello che loro leggono, quello che loro vedono dà una visione del mondo che è opposta a quella che vediamo noi sui nostri giornali o sulle nostre televisioni. Quindi alla base di consenso c'è ancora altro, bisogna capire se le centinaia di migliaia di morti, va ricordato che la Russia ha già avuto una situazione di rischio interno quando le barre arrivavano dall'Afghanistan, quindi si bloccò a un certo punto la missione militare in Afghanistan perché socialmente non teneva, quindi non lo sappiamo, è difficile valutarlo ma qualche impatto esiste anche a Russia. Ecco, concludendo su questo, la sua previsione è comunque di una guerra che ancora durerà abbastanza a lungo, se questo che stiamo dicendo è tutto vero? Stiamo dicendo è quello che stiamo vedendo, soprattutto non c'è nessuno che stia agendo in modo d'evitarlo, poi ci sono anche situazioni aggettivi, l'Ucraina non è autorizzata dal Parlamento a negoziare con Putin, a corte dell'AIA che non è riconosciuta dai Stati Uniti né dalla Russia, comunque ha presso un giudizio che porta Putin a un tribunale internazionale, quindi credo che si è creato un po' un vicolo cieco, è necessario uscirne, non si vede chi possa in questo momento, se non gli americani, decidere che è arrivato il tempo di uscirne. E per ora non l'hanno ancora deciso, diciamo. Ecco, passiamo un po' dalla geopolitica all'economia, lo dicevamo prima, quello che è successo ha comunque stravolto l'ordine mondiale, ha messo come dicevo prima che quello che esisteva ra un ordine mondiale, però non c'è dubbio che l'idea di un progresso fondato sul multilateralismo subisce un certo trauma, siamo partiti dagli accordi di Bretton Woods, poi c'è stato il WTO, poi c'è stato l'Euro, insomma tutti i processi che hanno introdotto elementi di ordine nel nostro sistema geopolitico ed anche economico. Adesso tutto questo sembra un po' vacillare, abbiamo forse creduto troppo presto che con la caduta del muro di Berlino, nell'89, Francis Fukuyama scrisse il famoso libro, la fine della storia, in realtà la storia non era affatto finita, oggi cosa ne è della globalizzazione? Perché anche questa in virtù di quella base multilaterale di cui stavamo parlando, ci aveva forse un po' illuso, il mondo è in fondo un posto dove se passano le merci non passano gli eserciti. Oggi a che punto è la globalizzazione? Credo che sia stato sintetizzato bene, non so più da chi, il passaggio fra le dichiarazioni a metà verso il 2015-2016 in occasione del G20 che il G7 era ormai un organismo privo di significato, il G20 governava la globalizzazione ed era lo strumento che aveva garantito la crescita della ricchezza a livello mondiale, l'ingresso nella fascia di benessere di centinaia di milioni di persone e veri scendo. Quando fotografiamo la situazione oggi, diciamo che il G20 non vale più nulla, che il G7 è diventato l'organismo che determina le scelte dell'Occidente in un confronto con la Cina sostanzialmente, ma con tutte quelle che sono le regioni del mondo, quindi il mondo globale aveva nel WTO l'unico organismo che aveva un potere di implementazione a livello internazionale delle sue decisioni, aveva giurisdizione, tutti gli altri organismi, incluso le Nazioni Unite per i veto non ce l'hanno, mentre il WTO l'aveva e l'ha ancora, non serve assolutamente a nulla. Se le chiedo chi è oggi direttore generale del WTO, proviamo a vedere. Non me lo ricordo, sinceramente non me lo ricordo. Noi tutti conosciamo però Renato Ruggero, che è diventato direttore generale del WTO d era nel momento di maggiore espansione del ruolo del WTO, fece entrare la Cina, insomma, ci furono, oggi non esiste nulla di tutto questo, zero. Ecco, si immagina ed è una tesi ricorrente, voglio capire se lei la condivide e come la giudica, che in virtù appunto di questa guerra in Ucraina, la globalizzazione in realtà non sia finita, ma ci sia stata questa sorta di decoupling, come si chiama, no, come si definisce, cioè se ne stanno in realtà creando due, il mondo si ridisegna intorno a due emisferi diversi, c'è la globalizzazione e l'Occidente che va avanti come sempre e ce n'è un'altra però che si sta sviluppando in quella parte di mondo, dicevamo prima, decisamente maggioritaria in termini quantitativi rispetto a noi, che si riorganizza intorno all'asse Russia, China, India e si fanno una sorta di loro globalizzazione, con anche qualcuno che sostiene all'interno di quest'asse, se fossimo ancora ai tempi dell'Iraq, l'America lo chiamerebbe l'asse del male, che ambirebbe addirittura a rimettere in discussione il primato del dollaro come valuta di riferimento dei commerci mondiali. Esiste questo fenomeno, è in atto secondo lei, e se sì che rischi può determinare? C'è una parte di scambi che inizia a essere fatta in rubli, piuttosto che reminbi, cioè monete cinesi, monete russe, ci sono accordi anche con i Sauditi per scambi in valute diverse dal dollaro, il dollaro rimane dominante, la sostituzione del dollaro non è alle viste, agli americani poi faranno di tutto perché, non dimentichiamo che agli americani non è che gli faccia piacere che ci sia l'euro, quindi sopportano l'euro ma faranno di tutto perché non nasce un'altra moneta e, ad oggi, la potenza economica, militare dell'America fa sì che questo difficilmente possa venire nei prossimi anni. È chiaro che se si radicalizza la situazione e si arriva alla divisione in due blocchi, nascerà una moneta che governerà l'altro blocco, questo è nelle cose. E quello sarà reminbi realisticamente? Oppure ne nascerà un'altra ancora? Questo è molto difficile da vedere oggi, è più probabile, se uno lo guarda da fuori, che nasca una moneta diversa governata di fatto poi dal reminbi. Ma dal suo punto di vista questo sarebbe un problema per la crescita dell'economia mondiale? Il problema esiste già perché noi facciamo i conti con la rottura delle filiere di fornitura. Questa rottura che aveva portato alla globalizzazione a una integrazione fra tutti i mercati vede svantaggiato chi non ha le materie prime. Se guardiamo la mappa dei flussi delle materie prime vediamo che gli Stati Uniti hanno praticamente quasi tutto a disposizione in casa loro. C'è la storia che tutti ripetiamo, le terre rare, che sono 16 minerali fondamentali su cui l'America non ha investito perché l'estrazione costava troppo, la Cina ne produce il 60%, ne raffina l'80% e hanno un valore strategico dall'informatica alla bionica eccetera. Però a parte questo che è un tema che ad oggi non ha spostato gli equilibri delle filiere perché ancora tutto funziona, il perdente di queste rotture di filiere e questa radicalizzazione fra occidente e il resto del mondo è l'Europa. Nella mappa delle materie prime l'America praticamente autonoma, la Cina praticamente autonoma, adesso con la Russia si è tolta il tema dell'energia, in Africa in tutti i paesi strategici ha un ruolo fondamentale, l'Europa ha un'industria trasformatrice e ha da difendere un Welfare che è unico al mondo, quindi ha un costo anche di gestione della sua competitività diverso dal resto del mondo. Quindi una riflessione europea sull'integrazione delle risorse al meno europee, cioè noi non mettiamo insieme nulla, l'energia ognuno se la compra come gli pare o la produce come gli pare, le telecomunicazioni in America so tre società, in Cina tre, in Europa tre più altri 200, quindi siamo in una intelligenza artificiale, ognuno se la sviluppa per i fatti suoi, c'è anche il fatto che parliamo 27 lingue, i cinesi parlano cinese, gli americani parlano inglese e noi parliamo 27 lingue. Quindi l'integrazione uropea delle difficoltà oggettive ha un rischio grosso che quello di essere l'anello debole nella catena. Ci torniamo poi all'Europa, però adesso voglio affrontare con lei un altro tema crucial che li attraversa tutti ed è la Cina, abbiamo parlato della Russia, anche la Cina lei la conosce molto bene, è un vostro partner strategico, poi le farò una domanda su questo, una piccola parentesi aziendale ci vuole, che partita sta giornalista provocando la Cina oggi, guerra o non guerra e a prescindere dalla guerra? La Cina di oggi è molto diversa dalla Cina del 2010, la Cina allora era il motore della crescita mondiale, aveva una crescita prima a due digit, poi al 6% era la fabbrica del mondo con il lancio del progetto China 2025, se non sbaglio nel 17 o nel 18, il Presidente ci dà un'impronta chiara, non dobbiamo dipendere dall'estero, deve crescere la qualità della nostra produzione, dobbiamo investire nelle tecnologie e poi al 2050 saremo i leader mondiali, questo ha creato una reazione in America evidentemente preoccupata e pronta a essere assertiva nel proprio ruolo di leader mondiale. Questo si è accompagnato a una mossa della Cina verso l'esterno che non aveva mai avuto e la Cina fino al 2010 era la Cina di Deng Xiaoping, andate a arricchitevi sostanzialmente, nessuna interferenza sulle questioni internazionali, molto bassa. La Cina arma le isole nel Margiallo, la Cina in Africa diventa sempre più visibile, lancia Belt and Road che porta a indebitare vari paesi, costruire infrastrutture che però alla fine danno un accesso alla Cina in quanto finanziatore e quindi diventa un operatore geopolitico attivo, all'interno il controllo politico diventa totale, cioè quello che prima era andata a arricchitevi fino al 2015, oggi si chiama la common prosperity. Common prosperity vuol dire che io vengo da te, che sei ricco, se mi serve mi devi dare quello che ti chiedo, io partito e qua abbiamo visto molti imprenditori essere messi da parte, scomparire, altri abbassare il profilo, all'estero non fanno più nulla gli imprenditori cinesi, quindi abbiamo una Cina molto più assertiva che è diventata un attore che ha preso il controllo di tutte le sue filiere, che dovrà continuare a crescere e sarà più difficile crescere con un'economia più guidata dallo Stato, però è il percorso della Cina di oggi, è il percorso che è stato sancito dall'ultimo congresso dove anche tutti i vertici del partito sono stati cambiati, i sette che stanno sotto a Xi Jinping sono tutti nuovi di totale fede al pensiero di Xi Jinping che è nella Costituzione. Mi soffermo ancora sulla guerra perché poi incrocia il tema che stiamo affrontando adesso, l'economia e la Cina, questa è stata una guerra che forse accade raramente, nella storia non ha matrice economica, Putin non attacca per ragioni economiche ma per una volontà di potenza se vogliamo, che però è comune un po' alla fase che stiamo vivendo perché Putin ha la sua, ancorché da potenza forse regionale o poco più, come gli stessi americani la considerano, la Cina ha una volontà di potenza di altra natura che forse non è militare, anche se incrocia in buona parte il potenziamento degli armamenti e anche qualche mira su Taiwan, però è soprattutto economica la volontà di potenza cinese, e in questa chiave perché è così importante Taiwan per la Cina? Riuscire a scindere l'espansione economica da quella militare è un desiderio che abbiamo tutti, sarebbe meraviglioso, ci si disarma e si cresce, purtroppo, lo vediamo nella realtà di tutti i giorni, la crescita, la forza passa attraverso le armi e la Cina mentre si espande in Africa, mentre assertiva su Taiwan, dà sostegno alla Russia, sta allargando moltissimi i suoi investimenti in armamenti e tecnologie legate agli armamenti. L'illusione che ci possa essere un'espansione nel quadro geopolitico senza forza militare, ancora una volta viene a uscire, è un'espansione che non si trova, è un'espansione che non si trova, è un'espansione nel quadro geopolitico senza forza militare, ancora una volta viene smentita, è nella storia, rimane nella storia e le sconfitte sono passate attraverso le armi e purtroppo in un mondo in cui noi, io sono una generazione che è stata benedetta dal cielo, siamo arrivati alla fine di una tragedia, di un secolo, abbiamo avuto la memoria di questa tragedia che ci ha accompagnato in casa nella nostra vita, nella nostra formazione, nella nostra scuola, oggi dopo 75 anni della mia nascita non c'è più traccia, oggi la guerra la si vive come un fatto che può esserci, per noi non poteva esserci una guerra, c'è stato un giorno nella mia vita in cui ho avuto paura della guerra, quando dal giornalario di fronte casa, pomeriggio alla notte, avevo 15 anni, 16, a carattere cubitali guerra ed era la crisi di Cuba, c'era stato l'unico giorno in cui, io da ragazzo, diciamo, della mia generazione ho pensato che potesse esserci una guerra che toccava anche noi, perché l'America era il nostro faro, noi comunque eravamo parte di quel mondo, poi mai più pensato neanche un giorno che la guerra potesse essere qualcosa che ci toccava, oggi noi tutti vediamo che la guerra è un fatto reale. Forse proprio per quello che diceva lei, cioè il legame intrinseco che c'è tra la crescita quindi la potenza economica e la crescita e quindi la potenza militare, l'America, perché l'America è ovviamente superpotenza per definizione, diceva lei prima che la guerra finirà davvero soltanto quando gli americani lo vorranno, non lo stanno volendo perché anche loro conomicamente hanno strategie diverse, cioè da un lato loro devono fronteggiare questo desiderio della Cina di conquistare il primato in termini di crescita, soprattutto tecnologica, di qui al 2050, dall'altro lato, tutto sommato, se l'Europa sta un po' sott'acqua impegnata in vario modo contro Putin non dispiace nemmeno. Nel frattempo hanno approvato un po' di un po' di un'altra, hanno approvato l'Inflection Reduction Act che è un piano monstre 738 miliardi di dollari per rafforzare proprio e rilanciare in maniera, se vogliamo forse persino definitiva e azzerare le velleità cinesi il loro sistema economico, come la vede l'America? L'America di oggi è un'America diversa, semplificando l'America aveva un congresso all'epoca di Obama dove il congresso era tutto schierato contro la Russia, era più flessibile nei confronti della Cina. L'avvento di Trump, il Repubblicano un po' più aperto verso Putin ma più assertivo, ho parlato prima di Pompeo, il suo segretario di Stato, ex Capo della CIA, che dichiarava ci deve essere un cambio di regime in Cina. Poi si è fusa con l'arrivo di Biden, si è fusa questa America che aveva queste sfumature di diversità e oggi tutto il congresso è schierato contro Russia, contro Cina. C'è un elemento unico che sta apparendo che la componente repubblicana comincia a contestare le spese a sostegno dell'Ucraina. Questo è l'unico elemento che può far cambiare, perché poi gli americani alla fine quando ci sono i mezzi soldi e il business da quella parte tirano. L'unità la trovano. E quindi ecco lì qualcosa, se può succedere qualcosa purtroppo noi ora qui ogni tanto siamo ingenui, velleitari, presuntuosi, pensiamo di avere più storia, più pensiero degli americani, è vero, verissimo, tutto vero, però poi sono gli americani che decidono cosa fare. Quindi loro le armi le hanno, hanno un congresso schierato in questo modo e il rischio, guardando al futuro se l'Europa non si dà un proprio ruolo, è che questa America così polarizzata, divisa politicamente ma unita nell'assertività internazionale ci porta dei rischi di cui noi siamo il vaso di coccio come giustamente è scritto che non ha un'unica voce, non ha la forza militare, non ha le materie prime, dobbiamo fare una riflessione. Ecco ma la priorità americana oggi è l'economia però o sbaglio, è quello il primato al quale loro puntano per sconfiggere appunto come dicevo prima le velleità cinesi e hanno buon diritto a considerare probabile la loro vittoria oppure no secondo lei? Cioè la Cina può davvero superarli nel 50? La Cina può creare un sacco di problemi, il tema è che la presenza della Cina in Africa in tanti paesi, la presenza in Medio Oriente, la presenza in Russia può a un certo punto far esplodere i focolai che per noi occidentali che oggi non siamo pronti a mandare i nostri ragazzi in prima linea. Anche l'America a un certo punto malamente nel modo peggiore possibile è uscita dall'Afghanistan perché l'America stessa fa fatica a mettere i suoi giovani in prima linea quindi noi abbiamo una difficoltà oggettiva a difenderci con le armi e non possiamo diciamo muoverci in nessuna direzione che non sia quella stabilita dagli americani, dobbiamo fare qualcosa. Ecco, a parentesi aziendale, glielo chiedo perché appunto avete avuto come soci sia i russi, Rostec poi Nier, sia i cinesi, ChemChina, peraltro siete subiudice dal punto di vista del rinnovo del patto no? Perché c'è il problema della Golden Share, ce la spiega questa, Dottor Tronchetti? Sì, diciamo che c'è una normativa prima americana poi europea, adesso anche italiana che di fatto tratta gli aiuti di Stato sostanzialmente con particolare attenzione le società che sono controllate dallo Stato cinese hanno stabilito sia a Bruxelles che a Washington e che a Roma di avere strumenti per evitare che tecnologie strategiche, diciamo, dell'Europa in senso lato, dell'Italia in modo specifico, possano diventare di controllo extra europeo e specialmente cinese. Quindi tutte le società strategiche, si è allargato lo spetto delle società strategiche dal 2020, che hanno diciamo un azionista che potenzialmente ha il controllo, devono passare attraverso la valutazione del Golden Power che è un organismo di Palazzo Chigi che poi porta a una decisione governativa su eventuali remedies da imporre per garantire che non ci sia un controllo da parte extra uropeo di tecnologie strategiche. Quindi siete in attesa che il governo decida. La mia domanda però non era tanto questa, quanto lei è preoccupato per questo, no, non dovrebbero sserci problemi da quel punto di vista, ma sono più affidabili come partner industriali, i russi o i cinesi, se si può fare una domanda del genere? Domanda di riserva. Vabbè, insomma, passiamo alla domanda successiva, però se rinnovate il patto si vede che coi cinesi funziona, no? Nei patti noi abbiamo il controllo della gestione, quindi vedremo cos'è. Per arrivare però, ecco, restavo ancora un attimo sull'America per chiederle questo, allo stato attuale nonostante tutti gli sforzi cinesi mi pare però che sul piano tecnologico il primato americano non sia in discussione, no, almeno se noi guardiamo ai cervelli, a tutto ciò che accade su quel verzante, immaginiamo da Tesla, tutto il capitalismo della sorveglianza, le over the top sono ancora tutte là e non mi pare però, voglio sentire quello che pensa lei, che nonostante tutti gli sforzi la Cina possa aggredire quel primato americano anche se negli ultimi mesi, diciamo nella Silicon Valley e anche in quei giganti dell'economia digitale qualche segnale di crisi c'è stato. Diciamo che il metodo americano ha una serie di vantaggi, il primo, l'abbiamo già detto prima, con l'industria bellica produce ricchezza produce tecnologie che sono utili al privato, quindi ha un sistema che unico al mondo fa sì che più fanno armamenti più arricchiscono il sistema industriale di tecnologie, hanno sviluppato tecnologie, diciamo tutto il mondo della rete fino all'intelligenza artificiale ha nel motore principale gli Stati Uniti ma la potenza dell'intelligenza artificiale oggi fa mettere in discussione su qual è la velocità di supremazia, di mantenimento da supremazia o di avvicinamento e superamento di questa supremazia. L'intelligenza artificiale stravolge le regole del gioco, si penetra nei sistemi con grande facilità, io non sono un tecnico ma vedo i vantaggi che dà a noi ogni giorno, i calcoli che evitano mesi di lavoro, ci sono dei vantaggi spaventosi. Una regola sull'intelligenza artificiale andrebbe posta e lì andrebbe fatto un tavolo multilaterale perché nel interesse di tutti ci può portare a distruggere il mondo davvero la capacità di controllo di tecnologie che vanno oltre le nostre capacità la Cina in questo può, vista la massa di studenti che ha nelle università scientifiche, è spaventoso guardare il numero di ingegneri informatici, data analytics, che escono dalla Cina sono centinaia di migliaia nelle singole università, fa davvero impressione. Quindi è vero, l'America ha il dollaro, un elemento fortissimo, le materie prime è un mercato interno straordinario, le tecnologie, il mondo dell'intelligenza artificiale può cambiare quello che sono il valore degli investimenti in ferro, oggi la forza americana è nelle reti eccetera ma hanno le porte aerei, gli aerei, c'è una potenza di fuoco enorme, cosa si può fare con l'intelligenza artificiale? I satelliti, va detto che gli americani anche sui satelliti sono i più bravi, le sa quanti satelliti manda Elon Musk per aria? Sì, sono 260 mi ricordo, no forse di più, 3000, sparo numeri a caso. Ne ha 3000 e ne manda nei prossimi tre anni, 42 mila. Ecco, appunto, c'è traffico lassù. C'è traffico e sta già vendendo telecomunicazioni, quindi capacità di banda in upload e download di 80-60 mega, sta vendendo anche in Italia. Questi satelliti sono stati aperti sia in Afghanistan per la gente che non riusciva più ad avere contatti perché avevano bloccato le reti, sia in Ucraina a supporto dell'azione militare ucraina. Quindi c'è un altro mondo che è folle dove gli americani continuano a battersi, ma anche i cinesi continuano a buttar su satelliti. Sì, so anche che Elon Musk da quando ha comprato Twitter ha licenziato 60 persone al giorno, ma questo lo dico perché poi lo riprenderò il tema. Abbiamo fatto bene ad accogliere la Cina nel WTO? In allora sì, perché era un modo per far accettare le regole del gioco. Ma in allora vuol dire che oggi se potessimo tenerli fuori sarebbe meglio? No, il tema è che fa rispettare le regole del gioco che non c'è più nessuno che lo fa. Non c'è più nessun organismo autorevole riconosciuto dalle grandi potenze, avevano riconosciuto tutti il WTO. Oggi cosa dovrebbero fare americani, cinesi, europei? Va bene, ci sediamo a un tavolo, certe cose non si fanno perché distruggono il mondo, perché fanno ammazzare milioni di persone, definiamo quelle quattro cose che vanno a un tavolo dove se uno si comporta in un certo modo è sanzionato. Perché se non arriviamo a un tavolo nuovo di equilibrio che coinvolga America e Cina prima di tutto, a cui si deve sedere anche l'Europa ovviamente, noi non troveremo un equilibrio. Le biotecnologie, avremo mostri. Se consideriamo le capacità che possano avere gli strumenti connessi alle biotecnologie, oggi sistemiamo un braccio, una gamba nel comando con un sensore a chi ha rotto la spina rossale e riesce a muovere le gambe, domani quando entriamo nel cervello cosa facciamo? Ecco questi sono temiche. Dovrebbero far riflettere i capi di governo perché è un percorso che può portare a delle catastrofi. No, le ho fatto adesso questa domanda, perché così spiego anche, perché ho fatto quel riferimento a masche e a Twitter. Perché c'è un problema in più e questo riguarda davvero l'Occidente nel suo complesso, nel senso che c'è anche l'America dentro, ma l'Europa in particolare. Lei ha già detto diverse cose sull'Europa, diverse criticità sull'Europa. Ma alla fine il problema della globalizzazione qual è stato, se lo guardiamo in retrospettiva, ha consentito ad una parte del mondo di affrancarsi dalla povertà assoluta? Quindi da questo punto di vista è un valore irrinunciabile se vogliamo, anche prescindendo dai valori economici e pensando invece a quelli più etico-morali. Però attraverso l'accesso al libero mercato di tanti, di quei paesi che erano poveri, poi sono diventati in via di sviluppo, poi sono diventati addirittura tigri, quelle asiatiche, noi abbiamo consentito a i diseredati della terra di ceto-medizzarsi, scusate il termine. Però nel frattempo abbiamo importato la loro forza a lavoro, non a buon mercato, ma con un dumping drammatico e di fatto abbiamo creato i presupposti per mettere a rischio il nostro welfare, perché a quel livello di costi naturalmente tutto il sistema occidentale che era abituato a certi standard è sceso molto più in basso e tutto questo ha prodotto per loro la cetomedizzazione dei proletari, per noi la proletarizzazione del ceto-medio. Tutto questo ha determinato, se la guardiamo anche dal punto di vista politico, un gigantesco problema di, oltre che di disuguaglianza, anche di marginalità sociale, che poi diventa marginalità politica, che poi diventa disaffezione verso le democrazie, perché che vado a fare a votare? Tanto quando voto la mia scelta non conta niente, perché contano solo le elite, io povero sono e povero rimarrò, e quindi si innesca questo circolo vizioso per cui le persone vanno a votare sempre di meno, le democrazie entrano in una crisi che può apparire irreversibile e nel frattempo le autocratie impongono il loro modello. Siamo dentro questo pericolo e se sì come ne usciamo? Secondo me siamo in una situazione anche peggiore così, ci tiriamo sul morale. Buon weekend a tutti. La situazione è peggiore perché si è fermato l'ascensore sociale, si è fermata l'aspettativa di benessere, si sono marginalizzate alcune parti della società, ma il grosso del welfare è rimasto intatto e il timore che ho è che andando avanti se noi non cresciamo, se le nostre economie non crescono, con una regione del mondo che invecchia, toccheranno il nostro welfare in modo più significativo perché non saremmo in grado di sostenerlo. Il passaggio importante secondo me che ha l'Europa oggi è che rischia ha già tolto lo stimolo alla crescita perché non c'erano più le condizioni vista la competitività che si è creata con paesi che esportavano di fatto lavoro a basso costo. Alla fine l'Europa si trova ad avere questa situazione a cui si aggiunge non possesso di materie prime, l'essere con economie che hanno risorse meno forti di quelle cinesi o americane diventano meno competitive e il welfare va a rischio. Ancora oggi il welfare tiene, aggiungiamo l'invecchiamento della popolazione e se non c'è un'inversione totale che va verso la creazione di benessere, perché qui se non cresce l'economia non si può mantenere il resto. Cioè lo sforzo fondamentale che dovrebbe essere fatto a Bruxelles dove sono molto più portati a fare regole che a produrre progetti, ma se fosse portato a come far crescere l'Europa e qui il tema del debito comune, dei bond, di un modo di dare visione, un far sì che quello sforzo del PNRR che oggi vediamo scricchiolare ma che qualcosa sta muovendo deve diventare un movimento europeo vitale che dà all'Europa la forza di mercato perché non abbiamo le armi, non abbiamo le materie insieme, dobbiamo diventare competitivi. Se non diventiamo competitivi stando insieme abbiamo le teste, abbiamo delle buone università, cioè l'Europa ha tanti valori, la cultura uropea che chiese ne dica è ancora un valore molto forte, se non le usiamo insieme siamo marginali e la marginalità porta all'impoverimento o a diventare succubi dell'uno dell'altro, abbiamo vissuto la meraviglia di stare in democrazia per 75 anni con l'America come ombrello che bene o male comunque ci ha tenuto dalla parte giusta della storia dove finiamo domani in questo avviso. Ci siamo già dentro tutto questo perché già l'erosione del welfare la stiamo toccando con mano anche in Italia, perché pensiamo a quello che succede alla sanità, dopo il Covid abbiamo tutti detto basta, abbiamo tagliato 37 miliardi alla sanità negli ultimi 10 anni da adesso mai più, l'ultimo documento di economia e finanza al 26 riporta il rapporto spesa sanitaria PIL ai livelli pre-Covid, cioè ancora più bassi, quindi mi pare che non impariamo da questo, ma senza considerare appunto che questa disaffezione, questa disuguaglianza sociale che produce disaffezione politica porta la gente a non votare più, quindi davvero le democrazie si abitano su se stesse. Ma il problema dell'Europa, quale è dottor Tronchetti? Cioè è Bruxelles come diceva lei prima o non sono forse le 27 lingue che parliamo, alla fine poi sono gli stati in azione che non riescono a trovare le ragioni per fare massa opporsi o non in chiave necessariamente antagonista o conflittuale alle altre due superpotenze, qual è il punto? Il punto è la mancanza di volontà di avere una leadership, i vertici europei sono eletti in funzione del riconoscimento da parte di tutti che disturbino il meno possibile, questo detto con massimo rispetto per tutti i vertici uropei, ma quello che conta è il consiglio che capisce il Stato di Governo, alla fine, il vero errore della costruzione europea e l'allargamento del voto è l'assemblearismo che non ha senso comune. C'è una spinta verso la concentrazione, oggi si parla di maggioranze, io sarei molto più favorevole a un nucleo centrale che si assume la responsabilità della guida dell'Europa, perché la guida dell'Europa vuol dire politica estera, politica degli armamenti, poi non si può essere una regione nel mondo che si trova a dialogare con la Cina e gli Stati Uniti, la Russia, l'Arabia Saudita, senza avere una guida, perché il facile discorso che fa Xi Jinping piuttosto che Biden o piuttosto che Putin, devo chiamarle Europa, datemi il numero, il tema di una nucleo centrale che si assuma la responsabilità della guida dell'Europa è vitale. Purtroppo le leader europee sono molto deboli, perché la politica adesso, per dare anche un riconoscimento alla difficoltà di fare politica oggi, nel mondo di oggi la politica per una democrazia è molto più complessa che per l'autocrazia. Ogni giorno un leader politico si trova a essere in una condizione peggiore di quella di un giornalista, che ogni agenziale andava a vedere che è successo, solo che ha la responsabilità di governo e deve rispondere in tempo reale a un sistema che non dà più qualità o priorità alla diversa importanza delle notizie. Quindi fare il politico oggi è difficilissimo. Il delegare a qualcuno in un mondo dei social media è stremamente difficile, perché ogni politico verrebbe attaccato, tu hai lasciato decidere a lui, devi decidere tu, quindi dobbiamo però prendere atto che è necessario. Ci sono delle cose che sono dal punto di vista pratico difficili da realizzare, ma c'è un momento nella storia in cui vanno realizzate. L'Europa se vuole mantenere un futuro di aspettativa di benessere, di protezione sociale ai cittadini europei, deve fare una scelta per darsi leadership entrare nel gioco geopolitico da attore, che vuol dire ministro degli esteri, difesa comune e una capacità di unire le economie per usare la forza economica, perché la carenza di materie prime la risolve in un modo solo, se sei un grande mercato il fornitore a un certo punto tu assumi forza, se viene da ognuno di noi ci piglia per il collo uno a uno, quindi è una scelta che l'ultimo che ha tentato di ragionare in questi termini è stato Delore, è l'unico che ha pensato a un'Europa che si integrava alle europeanfrastrutture. Se questa scelta non viene fatta il rischio, che ormai è una realtà di un ruolo sempre minore dell'Europa e quindi un rischio per le nostre democrazie è sempre più alto. Ecco lei diceva che servirebbe un nucleo duro, ma il nucleo duro c'era no? Era l'asse franco tedesco come sappiamo. Oggi in Francia Macron di fatto ha un governo di minoranza, perché l'Assemblea nazionale fatica a far passare qualunque provvedimento, stiamo vedendo quello che succede sulla riforma previdenziale, abbiamo alle spalle i tre anni di conflitto dei gile gialli, adesso c'è il problema delle pensioni. La Germania ha una coalizione semaforo che appunto è ferma al semaforo, Olaf Scholz non mi pare così dinamico e oggi proprio c'è il dato congiunturale, la Germania è tecnicamente in recessione secondo trimestre consecutivo con una crescita negativa. Allora la domanda che le faccio è, forse ci abbiamo anche un problema di qualità delle leadership, è vero che fare il politico è difficile, è vero che l'ondata populista ha travolto tutto, però tutti i passi avanti che l'Europa ha fatto l'hanno fatto Alcide de Gasperi, Altiero Spinelli, Monnet, Adenauer, lei ricordava The Goal, in tempi più recenti forse possiamo persino ricordare anche per noi Guido Carli, Prodi che ci ha fatto entrare una moneta unica, Draghi in fondo come presidente della BCE, appunto il supereroe l'ha chiamato ieri la Presidente del Parlamento Europeo Mezzola, c'è un problema di qualità delle leadership oggi, lei lo vede, la classe dirigente non è all'altezza? Purtroppo l'attrattiva della politica è bassa, quindi la formazione di qualità non porta verso un ingresso nella politica, io sono cresciuto in un mondo dove con tutte le critiche che poi sono state fatte, ma i politici avevano un percorso per cui sapevano quali erano le priorità, sapevano di cosa parlavano, avevano competenza di politica, perché poi le singole materie ovviamente le hanno in mani tecnici, questo percorso non esiste più, la politica che è così volatile non dà garanzie di posto di lavoro, c'è stata anche una parte corretta di ridimensionamento dei monumenti, ma c'è stata nella burocrazia che poi è la parte operativa che determina che è la catena di trasmissione verso l'avvenire delle cose, non si interrompa, è tutto stato svilito, io penso che il ruolo della burocrazia e della politica è diventato agli occhi del cittadino un ruolo minore, tu mi servi, mi devi servire, non mi servi più ti butto via e questo non c'è il rispetto, come ricreare il rispetto, è certo che bisogna conquistarsi di un rispetto, ma bisogna ridare dignità di ruolo alla politica, la fase populistica che abbiamo attraversato non ha portato da nessuna parte, la gente si è resa conto di questo e in fondo il governo Draghi ha creato un passaggio in cui la competenza che era diventata una liability, una cosa negativa è tornata al centro, è diventato un elemento distintivo positivo, lì dovremmo ricominciare, il merito di cui si parla in modo sbagliato, il merito però deve essere riconosciuto, chi opera bene deve avere un riconoscimento e questo è una trasformazione del ruolo del mondo pubblico in senso lato che dobbiamo aiutare tutti, vale dai maestri, vale dagli insegnanti universitari, dobbiamo ridare alla struttura della società credibilità perché le nostre democrazie stanno distruggendo i pilastri su cui sono state costruite. C'era quel famoso vecchio detto sono il loro leader, devo seguirli, che però è stata una delle ragioni per le quali l'onda populista è salita così tanto. Siamo all'italietta, gli ultimi minuti li dobbiamo dedicare all'Italia, come stiamo messi dottor Tronchetti? Lei come la vede questo scenario? Nella sua debolezza ha un punto forte, non avere strutture molto consolidate come hanno Germania e Francia ha maggiore flessibilità con pregi e difetti, ha una capacità di innovazione elevata e una popolazione che quando c'è una cosa seria da fare la fa, poi quando si rilassa è un disastro, però è la meraviglia del nostro Paese di fronte alle difficoltà. Ma ora come siamo? Rilassati o come ci vede? No, io mi sento in un'Italia che dalla pandemia è uscita con voglia di fare, però non è chiaro che fosse tutto il mondo che usciva la pandemia con voglia di fare, l'Italia ha affrontato meglio del previsto della pandemia ed è uscita con tanta voglia di vivere, di costruire, di fare. È chiaro che questo è per un po' dura poi dopo se non trovo uno sbocco alla fine si arena come si è arenato in passato dove abbiamo avuto un'Italia che non è cresciuta per 15 anni. Secondo me l'opportunità in Italia c'è, ci sono dei conflitti inutili anche politici in questo periodo, io spero che ci sia una capacità di fare leva su questa parte sana del Paese, valorizzando anche il sud, perché tutti parliamo di sud, parliamo di io vissuto all'epoca in cui c'era la cassa del mezzogiorno con errori ma anche con cose buone che vennero fatte. Ecco abbiamo anche un pezzo del Paese che non partecipa alla crescita, se lavorassimo bene anche su quella parte del Paese io credo che potremmo fare molto. Io non posso giudicarlo ancora oggi, quello che vedo nella Melonia al di sopra di ogni aspettativa è di una persona che ci mette tutto il suo impegno che a livello internazionale non ha commesso errori pur non avendo un'esperienza significativa, ha leadership, è rispettata dagli interlocutori, ha alcuni ministri di indubbia qualità quindi io credo che gli vada dato credito perché tenti un cammino di rilancio del Paese. Diciamo che Draghi ha costruito la cornice, ha creato i presupposti, adesso bisogna dargli contenuti, vediamo che in questi giorni è tutto molto delicato, ricordiamoci che però gli altri Paesi hanno anche loro dei problemi nell'applicazione del PNRR, non è solo l'Italia. Noi stiamo messi peggio sul PNRR però. Noi abbiamo preso di più e quindi siamo dal punto di vista di grandi numeri messi peggio. Ma non rischiamo di perderlo questo treno perché tutti gli segnali che arrivano sono inquietanti per noi no? Io sono convinto come ha detto ancora ieri Gentiloni che il treno non è perso. Abbiamo anche la fortuna di avere a Bruxelles Gentiloni e il suo staff che ha fatto un ottimo lavoro perché ha mantenuto il filo anche in momenti molto complicati. Abbiamo una Presidenza della Repubblica che aiuta in questo percorso d'Italia, la Presidenza del Consiglio è in un rapporto virtuoso con questi interlocutori, se il resto del governo segue l'Italia può farcela, diciamo, ottenere il meglio possibile in un progetto molto complesso. Ma abbiamo tempo per due domande, chiedo all'organizzazione, due domande dal pubblico, due due veloci, via, ecco la signora era già pronta da un'ora, non ho fatto in tempo a dirlo, era già in piedi, brava, vada, vada signora. E' un'ora, non una volta, non devono insaiutare, è un'ora europea da attribuire a questa difficoltà di creare un'istituzione forte condivisa, una compagine, quello che era nel presupposto ideale e politico dei fondatori dell'Unione Europea. Lei ha già risposto alla domanda però, è vero, tutto quello che lei ha detto è vero, se non ci si dà quello che era nell'intenzione dei padri fondatori, quindi un'unità politica uropea, se è cercato di fare una Costituzione non si è riusciti a farla, se non ci si dà una politica europea con la P maiuscola e con gli strumenti per operare siamo il vaso di coccia. Del discorso del sottosegretario Sullivan sul nuovo Washington Consensus. Si allontana da percorsi che aveva fatto in passato, può esserci un interesse ad aprire su questo un dialogo, è molto difficile che con il congresso americano come oggi sia un progetto che ha gambe, però va preso come uno dei messaggi. La domanda riguarda l'Africa, nel 2020 il ex ministro Siniscalco aveva fatto una proposta di organizzare dei corsi di formazione in ogni paese africano, questo perché nel 2030 ci saranno 440 milioni di giovani che cercheranno lavoro, 140 milioni che troveranno lavoro in Africa, gli altri 300 cercheranno la strada dell'emigrazione, quindi è il popolo europeo che deve capire che a un certo punto rispetto a quello che sta facendo la Russia in Africa quello che sta facendo la Grebbe che sta facendo la Cina in Africa deve mobilitarsi per esportare cultura che è l'unica ricchezza che noi possiamo portare e a questo punto dobbiamo affrontare e prevenire un evento migratorio che sarà il caos. Grazie. Grazie a lei, non solo portiamo cultura, noi dobbiamo portare lavoro in Africa, l'Europa potrebbe investire decine di miliardi in Africa scegliendo i paesi dove investire creando un circolo virtuoso che fa sì che la gente possa rimanere in Africa e si possono creare anche legami con paesi che hanno risorse che sono utili a noi, noi potremmo fare in modo molto più penetrante un'attività in Africa se avessimo una capacità come Europa di decidere di farlo, è un valore per tutti, diventano mercati, si riduce l'impatto delle immigrazioni, bisogna investire, bisogna selezionare e investire però bisogna mettersi d'accordo purtroppo l'Europa ha perso l'influenza sull'Africa negli ultimi 15 anni, la Russia, la Cina e un po' in Libia e caso turco hanno sostituito quello che era il ruolo dell'Europa, gli americani sono praticamente assenti quindi credo che sia un dovere farlo. Vabbè, noi andremo avanti altre 4-5 ore, purtroppo però il tempo a disposizione è scaduto, grazie a Dottor Manchetti, grazie a tutti. Grazie.
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