Il mio viaggio tra le idee e le teorie economiche
Incorpora video
Il mio viaggio tra le idee e le teorie economiche
L'economista Premio Nobel Edmund Phelps illustra la sua teoria economica incentrata sul ruolo chiave del capitale umano e della creatività individuale come motori di una crescita economica sostenibile. Nel suo libro "I miei viaggi nella teoria economica", Phelps critica la visione neoclassica, proponendo un nuovo modello basato sulla "prosperità di massa" in cui l'innovazione nasce dalla gente comune e il lavoro offre sfide e soddisfazione personale.
Domani, Jovianno liezzi Buon pomeriggio, ben arrivati. Benvenuti al Festival dell'economia di Trento. Grazie di essere qui al Teatro Sociale e online collegati in streaming nel sito del Sole 24 ore. Io sono Laura Laposta, caporedattrice del Sole 24 ore e sono davvero onorata di introdurre oggi un big dell'economia internazionale, un uomo davvero rivoluzionario, lo sentirete perché ha davvero dato una grandissima svolta alle teorie economiche mondiali, prima corregendo delle e aggiungendo motivi di interesse e di riflessione fortissima su alcuni elementi collegati alle teorie classiche. Chi di voi ha studiato economia ricorderà la curva di Phillips su cui tutti abbiamo studiato, noi che abbiamo fatto l'economia e lui la corretta, la migliorata. Tutti voi che avete studiato un po' di economia sapete del grande contributo di Keynes. Ebbene questo ospite di oggi così importante, Premio Nobel per l'economia, l'ha migliorata, introducendo degli aspetti che non erano stati considerati da Keynes e così grazie a queste teorie importanti anche sull'inflazione che sono usate dalle banche centrali internazionali per capire quando cambiare i tassi di interesse per abbassare l'inflazione, poteva sedersi, vincere il Premio Nobel e vivere sugli allori, non l'ha fatto. Dopo aver vinto il Premio Nobel ha creato la sua teoria economica importante di cui ora sentiremo parlare un po' meglio e devo dirvi che è un vero antisignano perché è davvero l'economista della Gen Z, della generazione Z. Pur essendo nato nel 1933, questo uomo ha veramente cambiato l'economia internazionale con una teoria che mette l'uomo, la donna, al centro dell'innovazione e quindi della crescita dei paesi, una crescita che non è indotta dai governi o dalle banche centrali o dalle multinazionali, ma che nasce dalla spirito innovativa e di creazione e di innovazione e creatività di ognuno di noi. Quindi vedete bene che l'economia c'è un prima, c'è un dopo, è stata molto migliorata da queste teorie e sono davvero delle teorie che sono adesso nei libri di testo e quindi io sono davvero felice di dirvi che è in vendita anche fuori e in tutte le librerie la traduzione della sua ultima opera scritta praticamente oltre i 90 anni e ora finalmente tradotta in italiano. I miei viaggi nella teoria economica ed è proprio qui con noi per parlarne Edmund Phelps, Premio Nobel per l'economia. Grazie mille professori, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, tutti i nostri amici, Grazie professora Phelps, tutte queste persone sono qui per lei, questo grande teatro di Trento è colmo e siamo davvero grati per la sua presenza, quindi grazie, grazie mille. Grazie, ringrazio io perché è un invito straordinario, non ho mai avuto un pubblico di questo genere in passato, ma questo non è un invito, quanto meno non penso. Vorrei ringraziare Laura Laposta per le sue parole introduttive, voglio anche ringraziare Bruno Leone per la traduzione in italiano delle mie memorie che sono appena state pubblicate, davvero una gioia vedere questi sviluppi. E poi voglio anche ringraziare i miei cari amici per questo dono che mi hanno fatto per il mio 90° compleanno, Giovanni Crea, Lucio Scandizio, Lucio Bonati, Luigi Paganetto e Stefano Micossi. Grazie, grazie, vi amo, grazie mille. Sono qui, sono qui in suoi amici. È un onore per me parlare nuovamente da un palco del Festival dell'Economia di Trento che è a luogo proprio in questi giorni. Voglio ringraziare tutti gli organizzatori del Sole 24 Ore e anche il mio carissimo amico Luigi Bonati per aver reso possibile tutto ciò. Mi è stato chiesto di trarre alcune parti dalle mie memorie, dal mio nuovo libro intitolato I miei viaggi nella teoria economica. Questo libro, I miei viaggi nella teoria economica, racconta la storia delle mie principali esperienze durante la mia carriera di teorico dell'economia. Chi è stato contro di me, chi ha gareggiato, l'insegnante che in un certo senso mi ha sottovalutato, le grandi persone con le quali ho collaborato, ma ancora più importante, questi miei viaggi sono la storia di quello che ho fatto nel ridefinire alcuni elementi di base della teoria economica negli ultimi 60 anni. Negli ultimi 60 anni. Beh, questi viaggi che troviamo nel titolo fanno riferimento in modo principale a due esperienze completamente distinte l'una dall'altra. La prima che vedete con il mio lavoro iniziale durante gli anni 60, ho in un certo senso riconsiderato la macroeconomia di Keynes nel 1936 e di Hicks nel 1937 nella mia base sulla microeconomia. Il libro di Keynes, Teoria generale dell'occupazione e dell'interesse della moneta, è stato riconosciuto come allontanarsi dall'economia neoclassica, la prima svolta davvero di ciò che noi adesso possiamo chiamare economia moderna. Questa svolta di Keynes è stata davvero quella di fare riferimento a delle forze che potevano spingere l'economia in una situazione di depressione portando ad una disoccupazione piuttosto costosa. Però la sua teoria era incompleta in quanto non spiegava in modo adeguato perché i salari e i prezzi non tornassero rapidamente a condizioni moderate per salvare l'economia dalla depressione. La mia spiegazione ha portato al perché erano informazioni imperfette quelle che si basavano sulla determinazione dei prezzi e dei salari di Keynes. Le aspettative erano di teorizzare che le aziende formulavano salari e prezzi anche considerando le posizioni salariali di altre società. E questo ha portato alla nozione di un percorso di equilibrio dove le aspettative del cambiamento dei livelli di salari e stipendi potevano essere definite con maggiore chiarezza. La conferenza che organizzai nel 1969 all'Università della Pennsylvania e il volume pubblicato in seguito da Norton per un bel po' di tempo rappresentarono i punti eccessi della mia carriera. Precedentemente, negli anni 60, avevo modellato le fette del debito pubblico su un percorso del capitale della nazione che si era dimostrata posizione controversa e poi c'era anche un articolo intitolato la regola aurea e poi negli anni 70, negli anni 80, negli anni 90 mi ero allontanato molto dall'economia standard che si occupava di disoccupazione di finanza pubblica per lavorare ad argomenti nuovi come il di percorso di equilibrio. Nel 1980, negli anni 80, negli anni 90 mi ero allontanato molto dall'economia standard che si occupava di disoccupazione di finanza pubblica per lavorare ad argomenti nuovi come la discriminazione statistica, la giustizia economica con John Rawls che lavorava con me a Stanford e parlando anche dei vantaggi dell'altruismo insieme a Thomas Nagel che viveva vicino a me. Sottolineo nelle mie memorie che la teoria della giustizia di Rawls non era stata compresa correttamente. Il pubblico pensa che Rawls volesse che chi guadagnava molto pagasse più tasse a favore di tutte le persone che ne avevano bisogno, cioè di tutti i poveri. E non soltanto a coloro che avevano un lavoro. E io nel mio libro, I miei viaggi, ho scritto una lettera a Jack Rawls, più o meno nel 1976, a metà aprile. Nel 1976, da Amsterdam, spingendolo, chiedendo quindi a Rawls di spiegare ai propri lettori che la sua teoria della giustizia riguardava premiare il lavoro di quelli meno avvantaggiati e non dei poveri in generale. Poi sono trascorsi anni senza che arrivasse a alcun genere di risposta. Alla fine però, Rawls rispose nel suo articolo, la priorità del bene delle idee del bene, dove scrisse quelli che se ne stanno tutto il giorno a surfare su una spiaggia di Malibu, devono trovare il modo di autosostenersi e non hanno sicuramente diritto a fondi pubblici. Se non vogliono lavorare. Beh, io a questo punto ho pensato che la mia comprensione del suo testo sulla giustizia fosse stato rivendicato in questo modo, appunto. Molti anni più tardi, più o meno negli anni 90, ho lavorato invece con Hian Teh Khun di Singapure e Gilfis Uega in Islanda, entrambi ex miei allievi, che hanno scritto con me il libro Structural Slumps, un libro che valutava fino a che punto ci fossero scostamenti in questo tasso naturale di disoccupazione. Potreste dire il tasso di disoccupazione naturale, che è spesso causa di scostamenti nel tasso di disoccupazione in generale. Poi ho scritto un altro libro intitolato Premiare il lavoro, che sottolineava la possibilità di aumentare i salari dei meno avvantaggiati, collegandomi ad una delle teorie di Rose, indipendente. Il secondo invece di questi viaggi fa riferimento al mio lavoro più recente. Con il nuovo secolo ho deciso di intraprendere una nuova direzione, cioè sono risultato consapevole del fatto che potevo pensare a nuovi elementi per sostenere o arricchire le teorie di altri, principalmente quelle di Keynes, perché non avevo mai sviluppato la mia teoria. E fortunatamente mi venne in mente una nuova prospettiva sull'economia della società moderna e nei decenni che hanno seguito sono riuscito a sviluppare una teoria radicalmente nuova, veramente mia, rifiutando la visione neoclassica dell'innovazione. La visione adottata sia nel libro del 1912, davvero brillante di Schumpeter, sull'innovazione, e nel modello di crescita di Robert Solow del 1956, un altro libro dedicato al concetto di innovazione. In quella visione la comparsa di nuovi metodi e di nuovi beni in occidente, nei principali sei paesi con forte economia, erano metodi esogeni a queste economie. Secondo Schumpeter e Solow, queste derivavano dalla scoperta di scienziati e non di economisti. Ma con cosa potevano essere sostituiti? Ho cominciato a chiedermi. Nel scrivere il mio libro pubblicato nel 2013, Mass Flourishing, ho cominciato a credere che nei cento anni di crescita economica senza precedenti dell'Occidente, l'innovazione, la forte innovazione che veniva dalle principali nazioni sviluppate, non era esogena. Ho cominciato a credere che fosse principalmente alimentata dalle persone che partono da zero, cioè la gente comune, come mi piace chiamarla, quindi persone che partono da zero ma che lavorano all'interno dell'economia in tante aziende diverse e che a volte avrebbero potuto concepire un modo migliore per produrre qualcosa o per farlo. Ho pensato che il forte coinvolgimento di molte persone che utilizzavano la propria creatività per ideare nuovi metodi e nuovi prodotti fosse cosa importante. Questa era la dimostrazione di una creatività allargata, presente un pochettino ovunque. Ovviamente, se guardiamo alla storia, erano poche allora le società capaci di questo tipo di creatività e quelle che lo erano avevano un dinamismo particolare. E secondo me, questo dinamismo si basava su un nuovo pensiero, su valori moderni. Derivava appunto dall'abbracciare valori nuovi, valori moderni. Sarebbe difficile resistere al trasmettere la storia dei valori comuni, valori che molto spesso chiamiamo umanesimo, che hanno giocato sicuramente un ruolo fondamentale nella tesi del mio libro intitolato Mass Flourishing, dove questi valori vengono considerati ricadere in tre catenze. Ci sono due categorie, l'individualismo, di cui parlerò più dettagliatamente in seguito, il vitalismo e l'aspressione di sé. C'è stata dapprima l'ascesa dell'individualismo. È importante notare che l'individualismo non significa egoismo. Questo tipo di individualismo derivava dal Rinascimento, dove Giovanni Pico della Mirandola aveva scritto che, visto che gli esseri umani erano stati creati da Dio a sua immagine e somiglianza, dovevano anche condividere in qualche modo la capacità di essere creativo di Dio. Quindi l'individualismo aveva ispirato le persone a svilupparsi in modo assolutamente personale. Allo stesso modo, l'invito di Martin Luthero ai membri della Chiesa Cattolica Romana a leggere e interpretare la Bibbia da soli rifletteva due aspetti essenziali dell'individualismo. Utilizzare la capacità di giudizio propria e pensare per sé in seguito Voltaire, soprattutto nel suo libro Candide del 1759. Magari qualcuno ha visto anche il film. Ha valorizzato ulteriori aspetti dell'individualismo, come l'indipendenza economica e il rifiuto a conformarsi alle convenzioni. Poi è stato estremamente importante anche il vitalismo che si sviluppò e si mosse dall'Italia alla Francia per poi raggiungere la Spagna e la Gran Bretagna in meno di un secolo durante l'età della scoperta. Il vitalismo a questa qualità era particolarmente presente nella vita delle principali figure della prima modernità, cioè Benvenuto Cellini, il grande scultore protagonista di un'opera di Berlio, che era portato a raggiungere il successo, era uno di loro, piuttosto che Michel de Montaigne, che aveva parlato della propria vita interiore e della crescita personale o dell'evoluzione del sé nei suoi essi. Poi c'era Miguel de Cervantes, che scrisse in Don Quixote di personaggi che sono bloccati in un luogo dove non c'è nessun tipo di sfida e proprio per questo motivo iniziano a sognare di trovare sfide per trovare la vitalità e per avere una vita soddisfacente. Poi Shakespeare, che racconta la lotta interiore e il coraggio nel suo protagonista in Amleto. Insomma tutti questi personaggi nel proprio, nel proprio opere, nel proprio lavoro hanno mostrato quella vitalità che era diventata parte della vita moderna di tutti gli uomini. Era altrettanto importante l'emergere di un diffuso desiderio di espressione del sé che si manifestò in un'imprendita realtà che fin lì non si era mai fatta vedere su una scala così ampia. E questo era stato esemplificato fin dall'inizio da Daniel Defoe nel suo Robinson Crusoe, la storia di un giovane che dimostrava la sua indipendenza imbarcandosi in un viaggio per mare. E sempre più spesso compositori come Monteverdi e Purcell e pittori come Monet e Turner nelle loro opere cercavano di esprimersi proprio tramite l'opera del loro ingegno. Quindi in presenza di questi moderni valori e quindi del dinamismo si è affermata anche una diffusa innovazione. E inoltre questa innovazione così diffusa era soprattutto endogena presso le persone che lavoravano nelle attività e nelle aziende di una nazione, non un fattore esogeno rispetto alle società come invece supponevano i teorici neoclassici da Schanffeter a Solo e a altri. Ora, i dati andavano a suffraggio della mia teoria, sostenevano la mia teoria? Beh, la risposta era sì. In Dynamism, il libro che ho scritto nel 2020 insieme al mio gruppo di ricerca, i test statistici condotti sia da Raichu Bojolov che da Gilfri Zoeka hanno confermato l'importanza di questi valori proprio a livello statistico, utilizzando i dati dei sondaggi sociali e anche i dati sulla produttività totale. La teoria dell'innovazione, questa teoria dell'innovazione, è stata veramente un forte scostamento rispetto alla prospettiva prevalente riguardo al lavoro. Il fascino che ho sempre provato rispetto all'esperienza del lavoro, in ovviamente molti posti di lavoro, anche se non tutti, risale alla mia prima monografia sulla teoria dell'inflazione e della disoccupazione, Inflation Policy and Unemployment Theory, pubblicato da Norton nel 1972 e scritto nell'anno che ho passato a Stanford. Questo libro ha osservato che il lavoro di una persona porta con sé anche un senso di rispetto di sé, stima della comunità, percezione dell'indipendenza economica e soddisfazione sul posto di lavoro. Queste erano gli elementi che portavano avanti tutto il sistema e che in gran parte alimentavano anche l'innovazione. Il libro poi Mass Flourishing invece è andato ancora più avanti. Sì, ragazzi, in questo lavoro ho sottolineato il fatto che le persone che partecipano in un momento o nell'altro a progetti innovativi diffusi sono persone che sono in grado di usare la loro creatività per fare cose nuove. Quindi persone che affrontavano delle sfide, che trovavano modalità per esprimersi e per godere anche di una crescita personale così facendo. Quindi persone che in questo modo potevano fiorire proprio nell'esercitare la loro creatività. Queste persone riuscivano a vivere delle vite veramente soddisfacenti. Ora in America e in Gran Bretagna, o meglio in America e in Francia e in Gran Bretagna fino a un certo punto, abbiamo testimoniato le conseguenze di una innovazione ristretta negli ultimi 50 anni. Cioè ci sono state varie gravi contrazioni della crescita economica, se la misuriamo con la produttività dei fattori totali. Di conseguenza c'è stato un rallentamento dei salari e degli stipendi fino a arrivare ad un passo da lumaca e la vita lavorativa è diventata più banale e si sono affermate sempre più tensioni sociali. Quindi recuperiamo il dynamismo. Quello che si deduce da mass flourishing e dall'altro mio libro Dynamism è che per recuperare un elevato desiderio di innovare sarà importante coltivare i valori positivi che si sono dimostrati così produttivi e così fruttuosi per quasi un secolo. Io adesso ho l'impressione che l'importanza dei valori sia ancora più alta e più elevata di quanto non avessi pensato all'epoca. È come se ci fosse un effetto molteplicatore, una contrazione nella disponibilità di valori moderni che fa calare la quantità di possibile crescita economica e quindi ha un effetto demoralizzante per via della perdita di crescita che a sua volta può portare a un'ulteriore perdita di innovazione e di valore. Ora un cambiamento che si trova ad ampio spettro nei libri che abbiamo studiato al liceo potrebbe essere una cosa essenziale per ridare l'infa al dynamismo. Sto pensando appunto a tutti questi libri che abbiamo sempre studiato più o meno negli anni del liceo. E tra l'altro in questo modo si potrebbe portare a rintrodurre anche la musica e l'arte nel percorso di studi delle scuole secondarie e superiori. Nell'affrontare questo problema il governo dovrebbe poter prendere qualsiasi provvedimento che si potrebbe utilizzare per rivitalizzare i valori che hanno dato l'infa al sforzo da parte degli esseri umani di creare nuove metodi e nuove cose. Quindi togliere delle regolamentazioni invadenti e anche eccessive potrebbe aiutare moltissimo dei potenziali innovatori. Tagliare i legami stretti tra le aziende più potenti e i governi potrebbe essere anche una tramosa di grande utilità. Si potrebbero anche fare degli sforzi per portare a una riforma delle strutture gerarchiche sul posto di lavoro che spesso impediscono la trasmissione di idee nuove e impediscono appunto a queste idee nuove di riuscire a risalire fino ai livelli più alti della gestione delle imprese. E tra l'altro secondo me questo potrebbe migliorare il morale dei lavoratori e quindi incoraggiare il loro spirito innovativo. Se il governo potesse finanziare gli stipendi più bassi quindi aumentare un po' i salari e aumentare di conseguenza il morale dei lavoratori. In linea di massima i governi dovrebbero evitare di adottare programmi che possono allontanare dal lavoro o tenere lontane dal lavoro molte persone. Che per molti è l'unica possibile strada per arrivare a una soddisfazione personale, a un'espressione completa del sé e a essere completamente appunto coinvolti e realizzati nel mondo in cui vivono. Ora al di là della crescita fare delle cose, fare alcune cose almeno in economia spesso può essere una cosa soddisfacente indipendentemente dal fatto che queste cose appunto possano avere poco valore commerciale. Noi economisti non abbiamo riconosciuto il fatto che per tanti decenni gli individui, perlomeno in occidente, hanno sentito il desiderio di vivere delle vite ricche. Avevano bisogno di un'economia con posti di lavoro interessanti, coinvolgenti e delle volte anche divertenti. Una bella vita, una vita di ricchezza come la chiamano alcuni umanisti, significa innanzitutto almeno cosenialmente la sensazione di aver successo, una sensazione di prosperità quando le cose vanno bene, quando arriva a compimento un viaggio e quando si è riconosciuti anche dagli altri. Io porto avanti una riflessione su questa critica dell'economia, ci ho pensato a lungo anche appunto questa critica dell'economia e soprattutto l'ho investigata verso la fine delle mie memorie. Alcuni lettori hanno trovato interessante un passaggio del libro che vorrei citare. Un nuovo genere di economia o di economia politica che riesca a incorporare anche la capacità di fioritura, di espansione consentita da coinvolgimento diffuso nell'innovazione e nella capacità di risolvere i problemi, è un'economia che dovrà essere formalizzata e che va usata per insegnare agli studenti, per insegnare agli studenti, qualche cosa a proposito di quello che l'economia ha le capacità di mettere in campo e che spiega anche il suo funzionamento. La teoria classica può sempre essere utilizzata per esaminare delle patologie classiche come le guerre commerciali, l'ingiustizia studiate da Rawls e i monopoli, però questa nuova economia invece dovrebbe studiare l'esigenza di una capacità intrinseca di innovazione e anche le opere significative che questo può portare a fruizione e a compimento. Per il nostro stesso rispetto di noi stessi, noi economisti, dobbiamo cercare di sviscerare, di sviluppare ulteriormente un'economia che arrivi a riconoscere i meriti non pecuniari di un lavoro significativo con tutte le sue sfide e con tutti i suoi successi, oltre a premiare anche il senso di riuscire a partecipare nell'economia, il progetto più importante della società. In breve ci servirebbe un'economia che sia in grado di abbracciare e di incorporare il fenomeno di quella che abbiamo chiamato fioritura di espansione, di prosperità, non soltanto il suo risultato finale. Con questo tipo di economia riusciremo a porre a termine questa terribile grettezza che spesso noi economisti troviamo nella nostra professione. Una bella vita in gran parte della società è sempre più una esigenza che non trova risposta. I cittadini devono poter realizzare i loro talenti e le loro aspirazioni e noi economisti dobbiamo progettare un'economia che sia organizzata per consentire alle individui, alle persone di godere questo tipo di vita lavorativa. Grazie. Grazie, grazie mille. Grazie. Grazie al professor Phelps per questa sua presentazione che davvero ci ha ispirato. Abbiamo sentito parlare di cultura, di musica, abbiamo sentito anche tante idee che ci ispirano a nuove letture. E adesso abbiamo dei colleghi, degli amici che adesso chiamo, professor Giovanni Tria e professor Richard Robb, che vogliono appunto ringraziarla. Noi rimanga pure seduto, professor Robb e professor Tria. Il professor Robb è un collega del professor Phelps alla Columbia University. Professore, grazie, grazie per essere venuto. Prego e grazie. Prenda pure posto. Grazie professor Tria. Che sorpresa. Grazie. Altro giornalista noto del sole 24 ore. Devo alzarmi? No, no, no, no, no, prego, prego, rimanga pure seduto. Sentiamo un attimino che cosa pensano loro delle sue teorie, del grande impatto che hanno avuto sulle vite dei politici e dei governi. Che commento possiamo fare, professor Robb? Ma nel XX secolo abbiamo avuto la prima versione di queste idee e ci sono almeno tre concetti che di per sé avrebbero rappresentato la grande carriera, la reoggola aurea, l'inserire la microeconomia nella macroeconomia, comprese le aspettative, poi structural slumps e poi devo anche parlare del lavoro che ha condotto con Pollack che è diventato davvero un'opera importantissima per l'economia comportamentale. Però la nuova teoria, quella che è partita veramente da zero, è una cosa che mi ha davvero colpito e l'ho seguita per cercare di capire che cosa sarebbe successo. È stata davvero stupefacente con il libro di Mass Flourishing, il professor Phelps è stato incredibile. Ci sono tanti della degenerazione Z qui e insomma quel libro è stato davvero importante per la politica pubblica, ma per una persona giovane che pensa alla propria vita e a quello che vorrebbe dalla propria vita, in Mass Flourishing c'è un messaggio davvero molto significativo, che potrebbe essere davvero trasformativo, cioè l'idea che con il lavoro, che è una caratteristica essenziale del nostro progetto nella società, è il modo in cui la gente riesce ad esprimersi nella vita. Con il lavoro non ci deve essere alienazione, non ci deve essere alienazione dalla società, dai prodotti, dalle altre persone. E in una società capitalista dinamica la gente, come è stato dimostrato nel passato, può vivere vite ricche abbracciando l'espressione di innovazione, di creatività. L'economia neoclassica ci ha dato un modello superficiale che ci portava a sacrificare parte della nostra vita libera per lavorare, per trovare il benessere. Questo invece non è il modo in cui pensiamo all'economia oggi. Con Mass Flourishing, il libro del professor Phelps e i miei viaggi nella teoria economica, impariamo qualcosa di nuovo, di diverso. Questi movimenti che abbiamo negli Stati Uniti, che si chiamano il movimento contro il lavoro o il Quiet Quitting, l'idea di lasciare il proprio lavoro in silenzio, sono movimenti abbastanza tragici, perché con una visione così superficiale della vita lavorativa si perde tantissimo, secondo me. Il professor Phelps ha sviluppato questi concetti, che hanno tanti seguaci, me compreso, dove si è parlato del non-capitalismo nella società. Non si tratta di trovare qual è la verità nella propria attività lavorativa. Io penso che avrete la possibilità di dire ai vostri nipoti che avete sentito il professor Phelps prendere la parola in quest'occasione. Se riuscirete a portare con voi questo concetto di Mass Flourishing, di prosperità di massa, questo sarà sicuramente molto utile. Quindi il contributo del professor Phelps è stato davvero significativo oggi. No, no, prego, stia, stia, abbiamo un altro tributo per lei, il professor Phelps. Grazie, grazie. Caspita. Certo, però dicevo, abbiamo anche il professor Tria che adesso prenderà la parola in italiano, perché lui vorrebbe anche inviare un messaggio ai giovani presenti. Sono tanti i giovani delle università oggi presenti, quindi anche loro possono essere ispirati. Quindi passiamo all'italiano, perché il professor Tria ha lavorato con il professor Phelps anche in Italia. Ha passato qui un anno a lavorare in Italia, alla Banca d'Italia, e quindi capisce l'italiano benissimo. Si, capisce un pochettino l'italiano. Beh, sì, insomma, più o meno, di tanto in tanto, diciamo così. Stiamo contando qui in sala e anche a casa, in streaming, i loro professori e anche le loro famiglie. Sì, voglio dire tre cose, essenzialmente, per non entrare nelle teorie di Ned Phelps che hanno fondato la moderna macroeconomia e rivoluzionato la teoria economica. Io ho incontrato Ned Phelps 40 anni fa esattamente nel 1984. Ero un giovane ricercatore, andai alla Columbia University come visiting, andai per lui, mi incontrò e mi invitò a pranzo per parlare con me. Questo è Ned Phelps, attento a tutti, ha insegnato per tanti anni e tra i suoi allievi, molti hanno avuto anche altri premi Nobel. Quello che voglio dire è che non entrare nelle teorie che sono richiamate anche da Richard Robb. Due cose. Durante la crisi del 2008-2009 in cui tutti misero in discussione l'economia di mercato, lui scrisse una piccola cosa, in una revista scientifica che io ricordo, e lui disse che l'economia di mercato, il capitalismo, è la migliore società non perché sia più efficiente di altre, come dice sempre la teoria economica, ma perché è il tipo di sistema in cui ciascuno può cercare di realizzare se stesso più liberamente, di innovare, e usò un termine. Il centro non è, non esiste l'homo economicus, a cui si siamo riferiti per decenni insegnando la teoria economica, ma al centro c'è l'homo innovaticus, l'ulisse. E mi colpi molto questa fase. Un altro punto che è dell'attualità, quando, come ha richiamato, il problema della remunerazione di chi ha una produttività tanto bassa da non poter ricevere un salario che gli consenta di vivere. E spiegò che includere nel lavoro e quindi nella realizzazione di se stesse tutti gli individui, magari con aiuti, ma aiuti nel lavoro, significava costruire la società. Una società composta da uomini e donne, da giovani, che cercano di realizzare se stessi nei loro talenti più diversificati. E infine andiamo alle ultime opere in cui questo concetto è sviluppato rivoluzionando complessivamente l'approccio alla teoria economica, quella del mass flourishing, che è stato già spiegato. Che significa che creare una relazione tra la buona vita e il progresso anche economico della società, il dinamismo dell'economia, in cui non è dire che se una società diviene man mano più ricca, allora i componenti sono più contenti e stanno meglio. No. E che quando ogni individuo della società riesce a sviluppare il proprio talento, a stare meglio, a conquistare anche individualmente la propria vita, allora la società progredisce. E' un'inversione secondo me di un nesso di causalità importante, o almeno bidirezionale. E questo è il messaggio. E questo vale per le società dinamiche, capitaliste, ma vale anche per le società che non si definiscono capitalistiche, come le società asiatiche. Che su questo fondamento di cercare di sviluppare il talento individuale sono così cresciute negli ultimi decenni nel mondo. Fattè che questi suoi scritti sono diffusi in tutto il mondo e in tutte le lingue. Grazie, professor Trias. Grazie davvero. Grazie, professor Phelps. Grazie davvero. Grazie, professor Phelps. Eccoci qua. Grazie. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Gra Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Gra Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Grazie a voi. Gra
{{section.title}}
{{ item.title }}
{{ item.subtitle }}