Violenza sulle donne: dove stiamo sbagliando?
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Violenza sulle donne: dove stiamo sbagliando?
L'inefficacia delle sole misure punitive evidenzia la necessità di interventi di prevenzione primaria basati su educazione e cambiamento culturale. L'aumento dei reati di violenza sessuale e femminicidio viene sottolineato, così come la necessità di una maggiore collaborazione tra istituzioni e associazioni.
Buon pomeriggio a tutti e a tutte, benvenuti. Grazie per essere arrivati qui. Sono molto felice di portare il tema della violenza di genere anche quest'anno al Festival dell'Economia di Trento. Abbiamo voluto intitolare questo incontro, Violenza sulle donne dove stiamo sbagliando, la riflessione che facevamo in redazione era che dopo il femminicidio di Giulia Cecchettini c'è stata un'ondata emotiva molto forte che ha portato anche a un cambiamento della narrazione per alcuni aspetti sulla violenza di genere che sicuramente chiede una riflessione, ma una volta scesa a terra la polvere dell'ondata emotiva Ci siamo chiesti cosa effettivamente ha cambiato per le donne, se ha cambiato qualcosa o meno. Per deformazione professionale lavoro al sole 24 ore, quindi ho a che fare con i numeri. Partiamo dai numeri. Gli ultimi dati che ho scaricato dal sito del Ministero dell'Interno parlano di 98 omicidi dall'inizio dell'anno, 30 vittime donne di cui 28 uccise in ambito familiare affettivo. Di queste 17 donne hanno trovato la morte per mano del partner o dell'ex. Al di là della triste conta dei femminicidi che purtroppo continuiamo a fare, ma che è importante continuare a fare c'è un altro dato che vale la pena ricordare, cioè il costante aumento dei reati di violenza sessuale negli ultimi 10 anni. Un aumento importante, così come il fatto che si tratta di reati che vedono come vittime le donne inoltre il 90% dei casi. Ecco, io cito sempre questi numeri perché molto spesso mi capita ancora di avere a che fare durante gli incontri, panel, con la domanda ma perché parliamo di violenza sulle donne e non parliamo della violenza sugli uomini? Mi capita ancora. Quindi io rispondo semplicemente con questi numeri, ormai li dico prima, in modo che possiamo evitare la domanda e andare direttamente al punto, cioè parlare di un fenomeno strutturale che non stiamo riuscendo a scardinare, nonostante abbiamo un impianto legislativo importante, uno dei più avanzati in Europa. Ecco, vorrei presentarvi innanzitutto i vostri ospiti. Con noi oggi pomeriggio abbiamo l'avvocata Elena Biagioni, avvocata penalista e vicepresidente di Dire, che è la più grande associazione italiana di centri antiviolenza e case rifugio, oltre 100 in Italia. E con noi c'è Sandro Raimondi, procuratore e capo di Trento, benvenuto, e Francesco Messina, prefetto di Padova, che ci ha raggiunto, benvenuto anche a lui. Partirei dall'avvocata Biagioni. Allora, noi dicevamo appunto che l'impianto normativo in Italia è uno di quelli più avanzati, ce lo diciamo, le leggi ci sono, però la situazione continua a non cambiare, le donne continuano a morire, le donne continuano a subire violenza. Ecco, vorrei da lei una sua idea. Dove stiamo sbagliando e cosa manca in questo momento, a suo parere? Scusi, sì. Grazie, grazie dell'invito, innanzitutto. Non sta cambiando niente, io non lo direi. Qualcosa migliora, c'è più attenzione, c'è più sensibilità, le cose stanno evolvendo. Penso rispetto a dieci anni fa, senz'altro, la situazione va verso una, sicuramente almeno una maggiore attenzione. Cosa stiamo sbagliando? Beh, il fatto che guardiamo solo le norme, il fatto che siamo qui in un panel con un procuratore e un prefetto, ci dice che stiamo guardando solo all'aspetto finale della violenza maschile contro le donne, quindi la sua punizione dopo che è accaduta. Quello che in realtà dobbiamo fare è lavorare affinché le cause, le ragioni, la dimensione strutturale di questa violenza venga contrastata. E si torna, quella che è la prevenzione primaria, alla necessità di lavorare sull'aspetto educativo, sulla cultura, sulla conoscenza, sulla disparità strutturale, la diseguaglianza tra uomini e donne che è ancora radicata, è ancora molto forte in Italia, come in tantissimi altri paesi va detto. Però se non si lavora su quello è inutile lavorare solo sulla fine, perché anche quando io vado a punire un comportamento, meglio non io, altri, vado a punire, devo punire qualcosa che è considerato un comportamento sbagliato, perché se no le reazioni non sono quelle che ci aspettiamo. Quindi bisogna lavorare per, anzitutto, riconoscere la violenza e riconoscerla a livello sociale. Quindi tutti i soggetti, quindi tutta la società deve riconoscere che alcuni comportamenti sono inaccettabili. Dobbiamo riconoscere quali sono le basi della violenza, l'origine della violenza e quindi quelle disparità che tendiamo a dimenticare. Quindi ci piace, o almeno ad alcuni piace, sempre parlare delle donne come vittime, ma dobbiamo ampliare il discorso e riconoscere le discriminazioni, la disparità di accesso, è sempre, non so perché, ma si accetta di parlare di violenza nei confronti delle donne, si accetta che sia un fenomeno così pervasivo, così esteso, ma si fa molta più fatica nel riconoscere la disparità monte e quanto questo diventi una limitazione alla vita, alla quotidianità, alla libertà delle donne. Se non lavoriamo su questo, non andiamo a scalfire l'origine della violenza maschile alle donne. Sì, mi viene da dire anche ascoltandola che forse facciamo più fatica perché lo sentiamo così vicino a questa disparità, mentre la violenza possiamo raccontarci, sbagliando, ma raccontarci che è qualcosa che non ci appartiene, che non riguarda la nostra vita quotidiana, è l'episodio estremo, è forse uno dei meriti, se vogliamo dire, meriti, però uno degli effetti positivi del tragico femminicidio di Giulia Cecchettini è stato proprio quello di farlo sentire più vicino, più di altri, probabilmente per la narrazione mediatica che c'è stata, e invece lo stereotipo, la disparità, quella differenza che c'è nella quotidianità, quella si ci appartiene, appartiene a uomini e donne e forse proprio per questo è così difficile da riconoscerla, in fondo mettersi in discussione è la cosa più complicata, però è da lì che è necessario partire perché poi la violenza, lo diciamo sempre, è la punta dell'iceberg e è lì che affonda le sue radici. Prefetto Messina, parlavamo di Giulia Cecchettini, Padova ha vissuto nel novembre scorso questo femminicidio, l'eco c'è stata in tutta Italia, però riagganciandomi a quello che diceva l'avvocata Biagioni, che cosa possiamo fare adesso, quali sono i passaggi importanti, sicuramente il sistema di protezione delle donne è migliorato, ci diceva l'avvocata, sicuramente negli ultimi 10 anni ci sono stati fatti passi avanti notevoli, però forse in termini anche di prevenzione si può fare di più, ci sono passi ulteriori che si possono fare, lei che idea si è fatta? La ringrazio per la domanda, la ringrazio anche per l'invito e per l'opportunità di parlare di questo argomento e per l'opportunità di parlarne da maschio, da uomo, perché questo è un altro tema, è un altro stereotipo che in Italia bisogna ancora superare, i maschi devono essere coinvolti e parlare di questo tema. Io innanzitutto volevo dire che concordo pienamente con quello che ha detto l'avvocato e concordo anche sull'approccio che viene in qualche modo richiamato, dire che è un'organizzazione sul campo assieme a chi ha fatto parte delle forze dell'ordine, perché questo è un altro elemento che dobbiamo ricordare, questa è una battaglia che si vince lavorando in orizzontale insieme, non è un fenomeno che si può scalfire ognuno per proprio conto, la magistratura, le forze dell'ordine, le associazioni di sostegno, i centri antiviolenza, bisogna lavorare tutti insieme e questo è un meccanismo che si è affinato da poco. Allora, quello che secondo me, e quindi io mi trovo assolutamente d'accordo con quello che dice l'avvocato come premessa, quello che secondo me dobbiamo fare è puntare su una scelta ben precisa che ci possa consentire di fermare almeno statisticamente, non solo contenere, ma pensare poi a un'erradicazione del fenomeno. Questo profilo dell'erradicazione passa attraverso un cambio culturale, e se tanto ho parlato di questa esigenza di cambiare la cultura, di educare all'affettività, nel frattempo le donne continuano a morire. Allora, il profilo giudiziario, di cui sicuramente ci parlerà il procuratore, è un profilo successivo alla verificarsi dei fatti e quindi chiude il cerchio rispetto a delle responsabilità che sono responsabilità che hanno portato già la consumazione del delitto e quindi assicura il colpevole. Il profilo che secondo il mio punto di vista per l'esperienza che mi sono fatto in questi anni è fondamentale e sul quale abbiamo puntato e sul quale si sta ragionando, e su questo sarei anche un po' più ottimista di lei, diciamo, voglio essere più ottimista, sul quale noi potremmo raccogliere in un periodo ragionevole degli ottimi risultati è il profilo della prevenzione, prevenzione in senso tecnico. La prevenzione è il campo nel quale noi possiamo vincere la partita, possiamo vincere la sfida e la prevenzione deve guardare ai segnali, la prevenzione deve guardare al manifestarsi di situazioni che sono situazioni prodromiche all'inizio di quello che poi viene definito tecnicamente il ciclo della violenza. Quindi quando io sento slogan spesso, come dire, pubblicati e ostentati anche, diciamo, da organi di stampa, organi di comunicazione importanti nazionali, agiamo dopo il primo schiaffo, già voglio dire, diamo un'informazione che è il mio giudizio, i segnali di una certa sofferenza che caratterizza un po' la situazione nella quale si viene a trovare chi subisce la violenza. Se noi siamo in grado, attraverso una formazione, una capacità di lettura di quelle dinamiche che caratterizzano un settore così specializzato e che richiede specializzazione, di anticipare questa fase del primo schiaffo e leggiamo questi segnali, allora possiamo fare molto e possiamo fare molto anche per il maltrattante, per il maltrattante che si tratta di un'immagine di violenza. Perché pensare oggi di risolvere il problema agendo soltanto sulla vittima è, secondo me, sbagliato. Dobbiamo attenzionare anche il maltrattante e agire sui due piani. In concreto, che cosa si può dire? Si può dire in concreto che oggi sono stati fatti dei passamanti nella legislazione e lo strumento, tecnicamente, al mio giudizio, che più ci può consentire di raggiungere un risultato è l'ammonimento del questore, che consente di individuare delle attività che sono ancora attività prodromiche alla violenza e ci consente di mettere a fuoco una situazione che però va seguita. Quindi, se tu fai l'ammonimento come questore in una situazione di violenza o di segnali che caratterizzano la violenza, faccio un esempio, il 60-70% degli interventi che vengono fatti delle nostre forze dell'ordine a livello di controllo del territorio, cioè i carabinieri e la polizia di stato con le pattuglie, il 60-70% sono per l'ItinFamiglia. La ItinFamiglia non è che sempre si manifesta come maltrattamento, la ItinFamiglia invece può rappresentare questo segnale che chi fa l'intervento deve capire e qui chi fa l'intervento deve mettere in condizioni lo specialista di poter seguire la situazione, così come chi irroga l'ammonimento deve, comunque, tenere presente che una volta che è irrocato l'ammonimento, deve continuare a monitorare la situazione e verificare il follow up, cioè devi capire se dopo l'ammonimento le cose stanno cambiando e devi mantenere la situazione di protezione, di sicurezza nei confronti della persona da tutelare. Allo stesso dobbiamo dire nel caso della sottoposizione al trattamento da parte del maltrattante, che è uno strumento nato con il protocollo Zeus alla questura di Milano e con l'iniziativa della dottoressa Simone che ha creato le condizioni con Paolo Giulini, che è un criminologo che si occupa da tempo di queste cose. Il protocollo Zeus consente di mettere sotto osservazione il maltrattante, ma è importante monitorare la situazione di recepimento di questa consapevolezza della propria condizione da parte del maltrattante, perché sennò noi rischiamo di perdere il controllo. Tutto questo meccanismo che io ho esploso in diverse parti, adesso sta partendo e si sta svolgendo in sinergia con i centri antivolenza, con tutti gli attori che si occupano di queste cose. Anche la magistratura, a mio giudizio, necessita di specializzazione soprattutto la giudicante, non le procure che hanno già delle strutture. In Spagna, io ho studiato l'esperienza spagnola, in Spagna, e la cultura spagnola non è meno mediterranea della nostra, in Spagna ci sono i tribunali speciali che decidono su questo genere di reati. Sono materie che richiedono altissima specialità, quindi io sarei orientato a dire che nel prossimo futuro vedo una possibilità con una formazione, con un'informazione degli addetti ai lavori, con una divulgazione di messaggi che consentano alle possibili vittime di capire in che condizioni si trovano. Con la necessità di operare in sinergia, io credo che si possa fare un passo in avanti che ci consenta intanto di contenere il numero di questi reati, per poi, grazie al cambio di una cultura che dobbiamo ipotizzare nei prossimi 15 anni, perché se adesso noi diciamo ai ragazzini di imparare l'affettività meglio nelle scuole, quando avranno finito il ciclo, fra 15 anni potremmo vedere i primi risultati. In questo periodo dobbiamo lavorare, dobbiamo andare tecnicamente a fermare la cosiddetta mattanza e poi auspico che finalmente si capisca in Italia, al di là dei problemi di tipizzazione del diritto penale e di tassatività, capire esattamente cos'è un femminicidio, perché io ancora oggi vedo che c'è una grande confusione sulla capacità di individuare con certezza il femminicidio. Tu non tari chiaramente l'azione di contrasto sul femminicidio in quanto tale, tu non avrai mai il feedback del tuo lavoro, se il tuo lavoro va bene, quindi dobbiamo capire veramente quanti sono i femminicidi. C'è la convenzione di Istanbul, bisognerebbe fare un passo avanti, questo è un tema complicato ma in alcuni ordinamenti penali di altri paesi è previsto il reato di femminicidi. Prendo tre punti dal suo intervento, uno a cui tengo particolarmente perché lo trovo fondamentale, che è quello della formazione che è trasversale, che è necessaria per tutti coloro che si occupano di violenza sulle donne, a partire dai media, quindi da noi. Nonostante anche in questo si siano fatti grandissimi passi avanti, ancora la vittimizzazione secondaria delle donne in Italia è un problema. Le donne si trovano a essere vittime una seconda volta quando non vengono credute, quando vengono giudicate per quello che hanno subito, quando sono loro a essere messe sul banco degli imputati. Questo ci tengo a dirlo perché è vero che abbiamo fatto tanti passi avanti, però è vero che ancora troppo spesso mi trovo a leggere titoli di giornali fortemente vittimizzanti che trovo oggi inaccettabili. Questo per quanto riguarda la formazione. Un altro tema, e così mi aggancio alla domanda che volevo fare al Procuratore, è quello del lavoro in rete fondamentale, perché effettivamente la rete di protezione e di sostegno delle donne deve lavorare insieme. Tutti le maglie, tutti i nodi della rete non ci devono essere buchi su queste maglie, su questi nodi della rete, perché un buco nella rete significa una donna in pericolo, una donna che non viene salvata. Volevo sapere da lei quali sono le iniziative che avete portato avanti sul territorio in questo senso, perché mi diceva quando ci siamo sentiti molto è stato fatto, sicuramente molto c'è da fare. Grazie. In effetti direi che è finito il tempo del dire, ma dobbiamo iniziare col tempo del fare. L'amico Francesco Messina, che ci conosciamo dall'87, ho realizzato, ha detto delle cose molto giuste, molto pertinenti. Io vorrei agganciarmi a quello che ho detto, perché io ho avuto la fortuna di arrivare in un territorio virtuoso. Quando sono arrivato ho iniziato subito a raddoppiare il numero dei magistrati che si occupavano di violenza di genere. Quindi da due li ho portati a quattro e credetemi, in una procura di dieci sostituti non è facile. E poi ho trovato una rete di collegamento meravigliosa. A partire dal comissario del governo abbiamo qui il prefetto Vicario Dottor Dittonato e la dottoressa Minella Chilla che aveva parto parte di una istituzione che si chiamava MARAC che ha contribuito a individuare i soggetti a rischio. E quindi quando sono arrivato qui nel 2018 abbiamo avuto questa bellissima sorpresa. Ma anche una provincia che ha secondato tutto quello che io avevo chiesto, perché io avevo chiesto di formare un gruppo speciale di investigazione non solo per quello che riguarda la criminalità organizzata, ma anche per la violenza di genere. Ma io credo fermamente che la lotta alla violenza di genere sia tanto pari quanto la lotta alla criminalità organizzata. È una delle missioni che le procure della Repubblica devono fare e che devono portare avanti con una serie di collegamenti. I collegamenti sono quelli culturali. Abbiamo fatto delle formazioni con tutte le forze di polizia, abbiamo posto in essere dei corsi specializzati proprio con riferimento a un specialista, con riferimento proprio a questa mission. Abbiamo anche individuato delle tecniche investigative. Adesso abbiamo la possibilità, tra l'altro, con un'ultima legge. Abbiamo qui un rappresentante del Parlamento che ringrazio di essere venuta, Sara Ferrari. C'è l'arresto di Feritto, addirittura con un video io posso documentare la violenza subita e consentire al pubblico ministero di chiedere l'arresto anche non in flagranza. Quindi sono misure queste serie, sono misure. Il numero delle violenze è aumentato, il numero delle denunce è aumentato. È un fattore positivo perché vuol dire che la donna denuncia di più. Perché normalmente le violenze venivano denunciate per il 10-15%. Le altre rimanevano assolutamente sconosciute. Oggi per fortuna la donna lavora, la donna può togliersi dal giogo del ricatto finanziario, dal ricatto economico da parte del compagno, da parte del marito. Guardate, quando ci fu la pandemia diminuirono a zero le telefonate ai centri di antiviolenza. E noi diciamo, ma come è possibile? Perché non potevano più telefonare. Il fatto che si riprenda a telefonare, il fatto che nelle farmacie si sia messo dei volantini nei bar vuol dire qualcosa che conviene e vuol dire qualcosa che consente di creare quel salto culturale di cui ha parlato Francesco che è molto importante. Abbiamo anche delle ottime esperienze sui maltrattanti. Adesso il maltrattante se vuole avere la sospensione condizionale della pena deve sottoporsi a una rieducazione. Noi abbiamo una convenzione con un centro che si chiama Cambiamenti, che è un gioco di parole anche, no? Cambiamento e cambia la mente che fa dei corsi specifici ai maltrattanti e questi anche volontariamente, non soltanto perché forzati dal tenere un beneficio di legge, si sottopongono e fanno una attività terapeutica fondamentale. Tra l'altro adesso in provincia la mia procura nel 2019 fece una cosa unica in Italia perché facevamo una convenzione con l'azienda sanitaria che qui si chiama PSS dove l'azienda sanitaria si è fatta carico gratuitamente di mettere a disposizione della Procura della Repubblica dei Carabinieri e delle Forze di Polizia Giudiziaria di uno psicologo H24 per 365 giorni all'anno che accompagna il magistrato o l'ufficiale di Polizia Giudiziaria che interroga e prende in carico la vittima che è sempre donna dalle prime fasi dell'interrogatorio dell'esame che dobbiamo fare entro i tre giorni come dice un articolo del cosiddetto codice rosso. Questo è una cosa fondamentale perché abbiamo una sinergia operativa preventiva, non soltanto giudiziaria, preventiva e abbiamo steso questa convenzione anche alla Procura della Repubblica di Rovereto dove abbiamo un neoprocuratore, Aurelietta Canova, che è sensibilissima a questo tipo di tematica con le quali stiamo lavorando in sinergia e cerchiamo veramente di fare quella rete che attenzione deve partire però anche prima di fare la sinergia. La Procura della Repubblica è un discorso residuale, è l'ultimo fronte. Abbiamo fatto delle cose, stiamo facendo delle cose molto interessanti con FBK che è una fondazione nota a tutti coloro che abitano Trento, è la fondazione Bruno Kessler che sta facendo con i nostri tecnici una app per consentire alle vittime di violenza di genere che hanno il compagno o il marito con il braceletto elettronico di essere avvisate immediatamente sul loro telefono perché adesso il braceletto elettronico funziona che hai un congegno molto antipatico da portarti dietro come vittima, invece con una app noi avremo questa app che funziona in collaborazione anche con la questura di Trento ovviamente che gestisce il braceletto elettronico imposto dal giudice su nostra richiesta ma questa app funzionerà con dei segnali di allarme sia alla donna sia alla centrale operativa della questura e tornando a un discorso culturale e poi parleremo dei vittimi, dei minori come abbiamo detto al telefono e pensate vedete che ci sono dei bambini che hanno 3-4 anni che al ristorante per tenerli buoni i genitori danno il telefono, loro non sanno leggere ma giocano col telefono e guardano i film allora ci è venuto in mente con una responsabile di una società e anche con la provincia e quindi fare uno studio e ci daranno a mano anche Leonardo company per consentire di fare una app che dia cultura ai genitori e ai bambini perché facciamo un discorso da visionario i social possono essere controllati da chiunque anche dalla criminità organizzata la criminità organizzata investe in strutture sane si sta appropriando di strutture sane dell'economia virtuosa può controllare una app di cartone animati perché no? chi guarda la app o il bambinetto tra 10 anni sarà un consumatore ma fra 20 sarà un elettore allora cominciamo con questa cultura facciamo una prevenzione immaginaria può essere ma l'immaginazione a volte volte aiuta grazie allora il procuratore ha già anticipato il secondo tema diciamo il secondo macro tema perché adesso abbiamo fatto un po' un quadro di quelle che vediamo come l'emergenza e magari se abbiamo il tempo ci torniamo anche su alcuni punti non tanto l'emergenza le ho chiamate emergenze come diciamo i nodi da sciogliere in questo momento per continuare a fare passi avanti in questa battaglia ho pensato e volevo concentrarmi sul tema della violenza di genere tra i più giovani perché negli ultimi mesi sia vedendo i dati sia nell'ultima inchiesta che abbiamo fatto sul sole 24 ore in occasione del 25 novembre dell'anno passato quello che ha emerso un po' dalle procure dai tribunali di tutta Italia questa preoccupazione per l'aumento di violenze tra i minori violenze sessuali violenze legate ai reati tipici della violenza di genere questo è un aumento appunto che i dati stanno cominciando a certificare nelle violenze sessuali pensate che un terzo è effettuato nei confronti di minorenni Volevo chiedere all'avvocata Biagioni se ha questa percezione sia nel suo lavoro d'avvocata sia nel lavoro gigantesco che fate nei centri antiviolenza a sostegno delle donne Se avete questa impressione che ci sia una maggiore diffusione di violenza anche tra i più piccoli e mi viene da dire allargando il discorso rispetto a quello che dicevamo prima anche di stereotipi anche di passi indietro forse? Spero di no, mi piace credere che ci sia un aumento di consapevolezza perché tutte le volte in cui noi parliamo e poi torniamo su un paio di queste cose tutte le volte che parliamo di numero di reati di aumento di noi parliamo di aumento delle denunce e che non significa che aumenta la violenza significa che le persone che le donne che subiscono violenza che denunciano sono di più speriamo che cali il cosiddetto numero oscuro che è quella fetta di violenze che non vengono denunciate Ora sulla violenza sessuale i dati anche i dati del Ministero dell'interno danno un chiaro trend di aumento di denunce sulle violenze sessuali Il che non ci dice nulla né della ricorrenza della violenza sessuale né di che fine fanno perché ricordiamoci che c'è un dato che non raccogliamo e che pure può essere che sarebbe significativo A me piacerebbe capire se tutte queste donne che con grande coraggio e fiducia mettono le loro vite, le loro storie, il loro dolore con grande fede nella giustizia trovano ascolto e riscontro Perché questa è una responsabilità che ha l'istituzione che ha in modo particolare il mondo della giustizia e che non sono sicura sia così accogliente per le donne Non ovunque ovviamente abbiamo, non parliamo dei casi singoli e noi sappiamo che qui abbiamo una procura molto sensibile ma non è mica così dappertutto Allora io per ogni volta che si dice denunciate denunciate denunciate dico bè piano e questa era una premessa perché proprio non lo sappiamo A me piacerebbe, stiamo ancora aspettando l'aggiornamento dell'indagine Istat, quest'anno uscirà l'indagine europea e anche Dieghe E' il problema dei dati Sulla violenza esattamente che è un'indagine sulla popolazione non sulle denunce, noi abbiamo solo dati sulle denunce ma quei dati non sono una corrispondenza del fenomeno Questo lo dico semplicemente perché mi piace pensare che non si vada peggiorando, si vada creando una maggior fiducia nella giustizia e che questo crei una responsabilità maggiore in chi quelle denunce deve raccogliere I minori anche lì si si vede molti centri di antiviolenza hanno riscontrato un aumento di accessi da parte di donne più giovani Può essere che dipenda, di nuovo mi piace credere, dalla maggiore consapevolezza c'è molta più attenzione, c'è molta più formazione, più interventi nelle scuole con i più giovani e le più giovani quindi può essere che sia anche questo Mi chiedo anche se sappiamo parlare con ragazze e ragazze ma anche per capire com'è la situazione oppure se li stiamo guardando con gli occhi da adulti e non leggiamo quel tipo di comportamenti Faccio sempre riferimento a un aspetto che è la parte della gelosia, c'è una parte in cui dicono i ragazzi sono gelosissimi, c'è un'indagine non mi ricordo se era Save the Children che dice che per la maggior parte delle ragazze è accettabile e normale E anzi è quasi un segno d'amore che il compagno sia geloso e controlli lo smartphone o il social o tutti i vari device Bene, la risposta se tu di questo parli con le ragazze ti rispondono e beh ma anche io controllo il telefono di lui, è normale? Allora andiamo a vedere, brava stavo dicendo, non è il non lo picchio, è l'effetto, allora un conto è un effetto di controllo che comporta per le ragazze una limitazione della propria libertà personale L'effetto peggiore che riscontriamo nei ragazzi è che le mollano e dicono sei pesante, questa è la grande differenza, è un esempio banalissimo di esperienza personale Esatto, però mi chiedo, questo lo andiamo a vedere cosa comporta, sappiamo leggere quei comportamenti o li stiamo leggendo con lo sguardo tra virgolette vecchio o adulto? Perché io non vorrei che proiettassimo certe cose, purtroppo c'è ancora tanta troppa forma di violenza anche nelle nuove generazioni e questo è in dubbio, dobbiamo trovare il modo di parlarci, dobbiamo trovare il modo di arrivarci Dobbiamo secondo me anche però aiutarci nello scardinare questi stereotipi, perché abbiamo educato tutte queste ragazze a diventare le ragazze ribelli, a dire che possono fare tutto quello che vogliono, però il mondo glielo deve lasciar fare e forse su questo c'è ancora strada Abbastanza, grazie Prefetto Messina, lei come la legge questa situazione delle nuove generazioni? Come la vede anche rispetto a quello che diceva adesso l'avvocata sugli stereotipi? Anche mi piace molto lo spunto come li stiamo guardando Sembra che li guardiamo un po' come se fossimo allo zoo e guardiamo da dietro un vetro, da dietro una gabbia, qualcosa che non capiamo veramente e cosa possiamo fare invece? Allora guardi intanto volevo fare una precisazione che è importante perché il tema dei dati è fondamentale e poi affronteremo questo discorso brevemente, succintamente, ma in maniera diretta, adesso c'è una legge nuova, voi sapete che c'è una legge nuova che ci consente dall'inizio del 2024 di raccogliere i dati ed è stato un lavoro difficile perché io ho lavorato con Valeria Valente su questioni, per esempio la questione della rilassazione del ritardato arresto non è stato semplice farla passare perché in Italia, insomma, giustizia creava un sacco di problemi. Quindi, voglio dire, abbiamo lavorato a lungo, abbiamo ottenuto dei risultati, anche questa dei dati che potranno essere raccolti in maniera più organica ci dà la possibilità di verificare lo stato della situazione e soprattutto l'efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto. Quindi, io vedo positivamente anche qua, quanto ai dati devo dire che tra 2022 e 2023 c'è con moderato ottimismo perché il dato non è consolidato c'è una diminuzione dell'11 per cento quindi cominciamo a ragionare in termini ottimistici. Veniamo ai giovani, veniamo ai giovani. Per i giovani il problema è molto più ampio perché qui c'è una questione di disagio giovanile che riguarda comportamenti, diciamo, di questi ragazzi che sono comportamenti che non sempre sono dovuti a provenienze da famiglie cosiddette disfunzionali. Questo è un tema che noi ci troviamo a affrontare quotidianamente non soltanto nel campo delle violenze sessuali. Per esempio, in materia di codice rosso, uno dei reati che ha avuto un escalation, un'esplosione, diciamo, più alta è stato quello della diffusione di immagini sessualmente esplicite attraverso i device e questo è frutto di una situazione di mancato esercizio da parte delle agenzie sociali primarie, in particolare da parte dei genitori dell'esercizio non tanto del controllo ma del riconoscimento della minaccia. Cosa voglio dire? Se un ragazzino esce di casa, un ragazzino figlio di un professionista e quindi nato e cresciuto in una famiglia per bene, esce di casa con un coltello a serra manico in tasca della lunghezza di 15 centimetri per andare a prendere il panino e poi accoltella un coetaneo, pur non proveniendo da zone, è un problema serio perché un genitore non può non sapere che il figlio di 15 anni va in giro con un coltello a serra manico, un genitore che fa il professionista. C'è un tema delicatissimo che è un tema che riguarda anche la rinuncia un po' alla gestione della genitorialità però nel tema specifico, e questo l'ha accennato già l'avvocato, c'è una difficoltà di questi genitori che appartengono a generazioni che non hanno avuto la stessa capacità di confrontarsi con la tecnologia che hanno i ragazzini oggi, c'è questa difficoltà di questi genitori di percepire sostanzialmente dove sta la minaccia, faccio un esempio concreto, ci sono dei videogiochi che sono praticamente diffusissimi tra i ragazzini che hanno nella loro evoluzione, nel loro sviluppo anche riferimenti a violenze sessuali, se un genitore non sa che cos'è quel videogioco e dove arriva quel videogioco non riuscirà mai a incidere da questo punto di vista ed al punto di vista educativo. Se guardiamo chi sono questi ragazzi che negli ultimi tempi sono emersi anche per questa capacità di questa mancanza di empatia, ci rendiamo conto che si tratta di giovani, questi che agiscono in gruppo, che violentano in gruppo, ci tratta di giovani che hanno un problema psicologico serio, non capiscono quali sono le conseguenze delle loro azioni, non hanno una capacità di rendersi conto del danno che procurano alla vittima e a se stessi e questo glielo dico dottoressa, perché io ho parlato con Giulini di queste cose, si è interessato molto del recupero di questi ragazzini e lui che è un tecnico della materia mi ha spiegato che il problema più grosso sta nel fatto che si tratta di giovani che non hanno empatia, quindi giovani sottoposti a impulsi pesantissimi da parte della rete, giovani che non trovano dei riferimenti negli adulti, una scuola che ha qualche difficoltà, qualche difficoltà, una mancanza di empatia che porta a oggettivizzare la vittima, cioè a non considerare le conseguenze di atti di questo tipo, più ovviamente il contesto caratterizzato dalla diffusione massiva di sostanze stupefacenti che sono sostanze stupefacenti che eccitano il comportamento di questi ragazzi, tutto questo genera una situazione che è una situazione che ci deve fare riflettere, questo genere di situazione non riguarda solo le violenze sessuali, riguarda la costituzione di quelli che sono questi gruppi di ragazzi che vengono genericamente definiti baby gang, ma che non sono baby gang, c'è una situazione complessa che va affrontata soprattutto per i giovani con il tentativo di andare incontro e cercare di recuperare questi ragazzi, perché qui si tratta di ragazzi di età veramente basse, il tema è molto molto molto delicato e complesso e va affrontato in maniera anche qui specialistica, questo è il quadro della situazione attuale, non fosse altro perché questi ragazzi sono figli della compressione del Covid e sono stati indirizzati verso l'uso del device perché le elezioni si potevano tenere, soltanto hanno perso la socializzazione, quindi noi stiamo scontando dei meccanismi e dei problemi che sono dovuti anche a quello che è capitato, criminalizzare i ragazzi è sbagliato, ci vuole la capacità di capire come incidere su questa manca, questo è il problema, è la mancanza di empatia di questi qui che commettono sti reati che non sempre deriva dal fatto di essere vissuti in una famiglia cosiddetta disfunzionale. La caratteristica per esempio penso ai casi, il caso più eclatante è stato quello mediaticamente, il caso dello stupro di gruppo di Palermo dell'estate scorsa, sicuramente ha aperto, Caivano aveva dei contorni un po' diversi, sicuramente ha aperto una riflessione da questo punto di vista, mi viene da aggiungere se posso che ancora una volta il contesto culturale non è indifferente perché va bene i device, va bene la tecnologia ma mi risuonava quello che diceva poco fa l'avvocata, abbiamo insegnato alle ragazze, le abbiamo educate ad essere ribelli ma c'è un mondo intorno che in questo momento non sempre, quantomeno non voglio essere adesso quella pessimista per carità, non sempre è pronto ad accettare questa libertà e questa maggiore parità, questa maggiore ugualianza, sicuramente il tema dell'empatia si lega subito immediatamente con quello dell'oggettivizzazione della donna che diventa un tema storico e discriminante, è la fragilità che diventa violenza ma appunto sotto c'è l'oggettivizzazione della donna che viene usata come strumento. Rispetto a questo tema, procuratore Raimondi, qual è la sua impressione? Che impressione ha anche rispetto a quello che succede sul territorio? Io non posso che concordare con Francesco e con l'avvocata Viaggioni, abbiamo notato una cosa, oggi proprio su questo argomento ho parlato con il mio collega Alessandro Clemente che adesso lavora in procura da noi ma che è stato otto anni ai minori, c'è un abbassamento dell'età dei ragazzi che fanno parte di questi stupri di gruppo anche sotto i 14 anni, che è l'età minima per cui un ragazzino può essere imputabile dalla procura dei minori, sotto i 14 anni non puoi essere imputato e poi soprattutto un uso del video attraverso i social, attraverso le chat, è stata definita violenza sessuale a distanza e questo deve far riflettere quello che ha detto il prefetto Messina, è giustissimo, stiamo scontando il covid, stiamo scontando una mancanza di autorevolezza e di autorità anche nei genitori ma anche negli insegnanti, molte volte abbiamo fatto degli incontri, invitiamo il corpo docente a denunciare, molte volte il corpo docente tende a non denunciare questi aspetti ma il momento iniziale è proprio quello del bullismo, quello dove nelle scuole si attua una prima forma di violenza che è estremamente importante, esperimenti delicata, però allora a questo punto sfruttiamo il progresso, abbiamo visto che tutti sono digitali, tutti sanno usare i vari gruppi, Instagram, internet e di tutto il web, non parlo del dark web o del deep web perché lì apriremo un discorso di due ore come dibattito, ma allora usiamo questi mezzi per insegnare visto che la scuola non riesce, la famiglia non riesce, io non devo essere il fratello o l'amico di mio figlio, devo essere il padre di mio figlio o la madre di mio figlio o di mia figlia, allora sfruttiamo, imperiamo anche noi istituzioni a usare questi social in modo educazionale, non certamente io saprei fare una risposta in questo tipo ma creiamo gruppi istituzionali di psicologi, di investigatori, di magistrati, di avvocati, di assistenti sociali per manciare un messaggio visto che non si leggono più giornali, che si guarda solo TikTok, cominciamo a entrare in questi mezzi di comunicazione per iniziare un germe iniziale di rieducazione per questi ragazzi. Grazie, mi sento di spezzare una lancia a favore di social in questo momento che mai avrei detto di fare perché in realtà poi c'è da dire anche che appunto come diceva il procuratore possono essere proprio il mezzo di e per i più giovani sono assolutamente un mezzo di formazione, molto dell'aumento della consapevolezza delle ragazze sul loro valore, sul loro diritto a essere liberi, su cosa significa essere una donna oggi e cosa significava in passato, cos'è uno stereotipo, cioè c'è comunque tutta una parte di formazione culturale che da questo punto di vista sta passando anche sui social e questo mi sembra importante e vada cavalcato. Prima di fare un ultimo giro conclusivo volevo sapere se c'erano per caso delle domande in sala o interventi o riflessioni. Prego. Il Paio D'anni ha interrotto dei percorsi di educazione e formazione che nella scuola erano piccoli o ralocchiello e che soprattutto per i piccoli non erano corsi rivolti ai bambini, erano corsi rivolti alle maestre e che erano portate insieme a riflettere sugli stereotipi con cui educhiamo bambini e bambine perché ben vero, avvocata Biagioni, che abbiamo educato le ragazze a essere liberi, non lo so, però sicuramente nei libri di testo e nelle espressioni che noi usiamo di comportarli come un maschiaccio e sopintendere che il maschio può fare certe cose, tu no, perché sei una bambina, già marchiamo dalla parte delle bambine, 40 anni fa ci diceva questa cosa. Questi percorsi che erano una riflessione importante alle elementari, alle maestre, che poi veicolavano le loro riflessioni in un lavoro diverso coi bambini, sono stati chiusi, non riguardavano tutte le elementari, riguardavano solo quelle che aderivano, erano un'esperienza non maggioritaria ma che doveva a nostro avviso essere estesa semmai, perché è lì che fai il discorso culturale e che semini. L'altra cosa penso ai più grandi, io ho insegnato educazione fisica 43 anni alle superiori, per la materia che facevo avevo la fortuna di essere vicina a un discorso sul corpo, ho trovato una grandissima povertà e violenza nell'essere formati attraverso la pornografia, e questo è un discorso grossissimo, nelle superiori non si sta facendo educazione al rispetto, all'affettività e alla sessualità, si pensa che i ragazzi siano già formati da attraverso il porno sullo smartphone, per me è impressionante la violenza di questo discorso e quel po che si faceva non si fa più o si fa sempre meno perché i consultori, che non solo questa giunta provinciale insieme, ma va pure detto, si vuole riqualificare i consultori da un certo punto di vista, in questi anni si è progressivamente impoveriti, le giunte di ogni colore lo hanno fatto, consultori non garantiscono più gli interventi nelle scuole, se tutte le scuole superiori gli chiedessero non potrebbero semplicemente andarci e questo è gravissimo perché era un elemento di informazione che costringeva gli insegnanti a discutere poi, ad aprire la scuola a un discorso di questo tipo e al parlarsi perché per me gli adolescenti non hanno molti spazi in cui parlare tra ragazzi e ragazze e insieme ad adulti che siano un riferimento, anche quelli importanti, scusate io chiedevo cosa ne pensate di questo, dove mettiamo questi temi? Grazie. Dico solo brevemente una cosa per rafforzare questa domanda, questa richiesta perché leggevo l'altro giorno questa ricerca del CNR di qualche anno fa che mostrava come proprio la scuola segne il cambiamento negli stereotipi di genere, come siano radicati tra i bambini più piccoli e come si invece diminuiscano con l'intervento della scuola, cioè il ruolo della scuola in questo senso è fondamentale, ma vorrei girare se siete d'accordo la domanda all'onorevole Sara Ferrari che è qui con noi perché mi piacerebbe, intanto la ringrazio per essere venuta e mi piacerebbe che ci desse anche il suo punto di vista. Grazie, solo per dire che l'esperienza che questo territorio ha maturato non solo sulla rete antiviolenza ma anche sull'educazione culturale, sull'educazione scolastica, sulla prevenzione primaria stiamo cercando di farla diventare patrimonio nazionale. Se siamo riusciti nel novembre scorso a inserire nell'aggiornamento del codice rosso, quindi nell'ultima legge di cui vi hanno appena parlato, la formazione obbligatoria degli operatori, cioè di tutte le persone che a vario titolo dal sociale, al sanitario, alle forze dell'ordine, alla magistratura, devono essere formate per saper riconoscere segnali prima che sia troppo tardi. Però questa si chiama prevenzione secondaria perché vuol dire che la violenza è già in atto, noi come detto prima dobbiamo lavorare sulla prevenzione primaria e qui entra necessariamente il discorso culturale che riguarda la scuola. Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha squarciato un velo e creato una sensibilità maggiore di tutti gli altri, che non valgono meno, ma per le motivazioni dette prima ha avuto questo elemento di presa di consapevolezza e noi ci siamo trovati di fronte a genitori e docenti, cioè adulti, spaventati dalla domanda fortissima dei giovani di avere delle risposte, di avere degli elementi di formazione su questo, ma perché sono gli adulti stessi che hanno bisogno di questa formazione e quindi adesso diventa necessario lavorare su quello che non si è voluto fare nel novembre scorso, e cioè la parte di educazione all'affettività e alla sessualità nelle scuole. È un tema comunque non così sdoganato, anche se ripeto il femminicidio di Giulia Cecchettin ci ha aiutati, e quindi lì c'è stato un momento in cui nel parlamento sono state incardinate le varie proposte che chiedono di rendere questo legge dello Stato. Io ci sto lavorando grazie all'esperienza maturata qui, la cosa comincia un pochino però a rientrare in secondo piano, cioè sfumata l'emozione di quel momento, la cosa è rimasta lì ferma. Quindi quello che forse può aiutare è che anche l'opinione pubblica in qualche maniera, ciascuno di noi, di voi personalmente, possa far sentire che questa esigenza invece c'è, che è fortissima e che alla fine può essere davvero la chiave di volta per affrontare questo fenomeno. Vi ringrazio. Grazie. Credo che il senso di questo incontro sia proprio questo, continuare a parlarne anche da posizioni magari diverse, anche da punti di vista che portano lati diversi, però continuare a parlarne perché come abbiamo visto il problema è strutturale, esiste, i passi avanti ne abbiamo fatti, ma dobbiamo farne ancora molti e è importante continuare a farli. Grazie, grazie per essere stati con noi. Grazie.
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