Un capitalismo da riformare
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Un capitalismo da riformare
Nel panel sono state affrontate le tematiche della crisi climatica ed economica, con le relative pressioni sulla società. È stato analizzato il capitalismo attuale e proposto un “capitalismo progressista” che coinvolga imprese, terzo settore e Stato nella regolamentazione dei processi.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buongiorno, buongiorno a tutte, buongiorno a tutti, benvenuti al... grazie. So che ci sono degli ingressi, insomma la sala si è davvero gremita e allora è tutto pronto. Un capitalismo da riformare, l'occasione all'interno di quella che è una tradizione appunto di questo festival, di questo teatro, degli incontri nel nome, nella tradizione del professor Fittussi, dunque un format. Oggi e allora diamo subito il benvenuto, il professor Stiglitz, buongiorno professore, benvenuto. Lisa Fittussi, buongiorno Lisa, Lisa Fittussi che è figlia del professor Fittussi, Fittussi che è giurista, che è manager e dirigente insomma che rappresenta diversi ruoli. Abbiamo, vedo il clock che è già partito, mi inquieto e allora mi siedo perché dobbiamo assolutamente lasciare spazio alle tante domande. Già questa mattina sono state poste e ovviamente in un tempo come questo si moltiplicano. Quindi ancora grazie a entrambi di essere qui e all'interno di questa forse qualcuno, come dire, non conosce magari quello che è il percorso che Jean-Paul Fittussi dunque professore, è scoparso purtroppo dunque parte di un format e di un'esperienza professionale che con il professor Stiglitz e altri importantissimi economisti hanno percorso per ragionare sull'economia in una chiave appunto dei bisogni, in una chiave delle trasformazioni. D'altra parte il titolo è questo, il capitalismo da riformare. Allora noi cominciamo subito. Lisa Fittussi ha un intervento, che farà in italiano? Ah ecco approfitto per ringraziare subito intanto chi sta doppiando dall'italiano all'inglese oggi, Lisa Fittussi che invece è francese, ma parla molto bene, la nostra lingua è stata così gentile da decidere di farlo e, bene ci sono anche giovani ma non è un problema, così cominciamo a parlare di economia reale, dicevo lo farà in italiano anche perché come sentirete c'è un percorso che lega la sua persona, ovviamente l'Italia. Lisa prego. Grazie. Allora l'Italia è stata determinante nella vita di mio padre, era il suo paese del cuore, la scoprì nel 79 a Firenze dove abbiamo vissuto 5 anni quando era professore all'Università Europea di Firenze. L'Italia ha rappresentato per lui una straordinaria opportunità di apertura, un ponte tra le diverse vite possibili ma gli ha anche consentito una più profonda comprensione dell'esistenza. L'Italia o più precisamente il calore delle relazioni strette in Italia ha permesso al mio padre di riparare una ferita profonda, quello di aver lasciato la Tunisia. Le relazioni con gli amici italiani sono state la sua ricchezza e il suo conforto più grandi. Questa dolcezza, questo calore nei rapporti con l'Italia sono stati per lui una grande forza. Vorrei qui esprimere la mia profonda gratitudine per questa trasmissione nella vita della famiglia Fitusi, l'Italia è stata una benedizione. Vorrei anche ringraziare ed esprimere la mia riconoscenza agli amici italiani di mio padre che sono tutti divenuti, senza eccezioni, amici di tutta la famiglia Fitusi. Questi amici sono stati la chiave di volta e il supporto incondizionato del mio padre. So anche più di ogni cosa e ho voluto venire a passare gli ultimi giorni della sua vita a Roma, in Italia. Vorrei esprimervi il mio più profondo ringraziamento per la vostra presenza. Un forte pensiero va naturalmente all'Università di Trento, a Giovanni Tria, al dott. Fabio Tamburini, a Joe Stiglitz a tutti gli altri che da vicino o da lontano hanno permesso di realizzare questo seminario. E con una grande emozione che mi rivolgo a voi oggi, e per citare un'espressione usata da mio fratello David in occasione di un'immagio al nostro padre il 30 settembre scorso a New York, seguo i tuoi passi. Camminare seguendo le orme di mio padre mi porta ad affrontare il tema della trasmissione da un padre a sua figlia. Sappiate che è un privilegio di cui misuro tutto l'importanza qui con voi. Ed ora consentitemi di ricordare qualche punto importante del suo percorso, della sua straordinaria personalità. La sua traitoria internazionale era cominciata prestissimo, ma ha avuto caratteristiche di una grande visione. Fu lui come decano della Facultà di Strasburgo, tra i primi a evitare professori stranieri. Tra questi c'era Nicolas Georges Kourougen, grande matematico che ha insegnato all'Università di Strasburgo nel 1977-78, ma anche Axel Laionofoud che ci ha lasciato l'anno scorso, professore di economia alla UCLA altri ancora invitati all'Istituto Europeo di Firenze e all'OFC, il centro di studi per la congiottura di Sciences Po. Questa pratica ha prodotto scambi con i più grandi economisti del mondo gli ha consentito di godere di un prestigio molto particolare a livello internazionale. Mio padre non ha mai deviato dalla sua linea intellettuale, dalle tesi di cui era intimamente convinto. Era un'Europa della prima ora, ma per lui l'Europa doveva essere politica, prevalere su qualsiasi Europa economica, d oggi sappiamo quanto avesse ragione. Ha usato la pedagogia per inserire l'economia nel dibattito pubblico e non solo, anche in famiglia abbiamo discusso spesso. Voleva aiutare le persone a riflettere senza dogmatismo, ma al contrario analizzando la realtà per trarne insegnamento. Era un chinesiano, cosa non ho sentito a questo proposito. Nel 2002 è stato pubblicato per Galimar, Povertà nella bodanza di Keynes, con una prefazione sua e di Axel Lionefood. Mio padre scrisse di Keynes, citto, gli studi mostrano che Keynes era un lottatore intellettuale, non soltanto nel senso che applicava una grande energia a voler vedere e trionfare le proprie idee, ma in quanto era persuaso della loro esattezza e dell'importanza della loro vittoria per il futuro del mondo. Una citazione sotto forma di autobiografia. Qualche tempo fa, discontendo con un dei suoi più vecchi amici, questo mi ha ricordato che mio padre era anche un costruttore. All'origine della creazione del BETA a Strasburgo, ufficio di economia teorica e applicata, ha creato la Facoltà di Economia a Strasburgo, ha fondato il Dipartimento di Economia all'Istituto Europeo di Firenze. Per lunghissimi anni è stato segretario generale dell'Associazione Internazionale di Zienze Economiche durante i venti anni della sua presidenza fu lui ad offrire allo FSE un riflesso internazionale il prestigio che oggi li riconosciamo. Ha creato il Dipartimento di Economia di Sciences Po e era professore alla Lewis dal 2007. In conclusione, parlavi un istante non più del professore emerito ma del padre e del nonno che lui è stato, dell'uomo e dei valori che difendava e che hanno modellato la sua traitoria così eccezionale. Era di un'umanità profonda e di una gentilezza che suscitava l'amirazione di tutti. Ha avuto per noi, suoi familiari, per nostra madre, mio fratello, me e i suoi nipoti, Noah, Lola, Sascha e Solal, un amore incondizionato. Per noi era attento, tenero e creativo come dimostra la ninna nanna che ci ha tutti cullato e che è diventato un hit di famiglia o il suo fischio di adunnata dei fitusi. Anche quando era indaffarato ci rispondeva sempre al telefono perché noi eravamo la sua priorità. Disponibile, aveva un ascolto pieno di disponibilità e tolerante. Con lui potevamo affrontare tutti gli argomenti e discutere di tutto. Era il mio interlocutore preferito. Aveva una straordinaria empatia e un forte senso dell'umorismo. Di natura ottimista dava grande valore alla speranza. Continuare a sperare era per uno dei suoi modi di dire preferiti. Dotato di un'intelligenza visionaria, aveva una compreanzione profonda delle nostre condizioni di esseri umani e di quello ciò che può rappresentare o implicare in termini di sofferenza, di lotte e di difficoltà. Ed è questo che, fra l'altro, gli ha consentito di avvicinarsi alla teoria economica con questa accuttezza così particolare che ho definito il senso del reale. La grande umiltà e la semplicità con la quale riusciva a spiegarmi cose di una grande complessità mi hanno sempre affascinato. Il valore dell'amicizia era per lui fondamentale. Amici, e voglio dire veri amici, ne aveva in tutto il mondo. Da Strasburgo a Finrense, da New York a Los Angeles, da Parigi passando per Roma, ha saputo tessere legami indissolubili con esseri rari e la cui presenza oggi al mio fianco è così preciosa. E c'è una cosa di cui noi, i suoi familiari, dobbiamo essere infinitamente riconoscetti e di averci permesso di evolvere in un universo così ricco intellettualmente. Mio padre amava i piaceri semplici della vita. La pasta al dente era un elemento fondamentale della sua arte di vivere. Adorava la musica che limiteva in gioia. Amava molto la fantascienza. Voglio concludere sottolineando che la questione della traduzione fidele del pensiero tramite il linguaggio è sempre stata essenziale per mio padre. Lo citto dal primo discorso di Auguri di Buonanno che pronunciò come nuovo presidente dell'OFC il 22 gennaio 1990. Diceva, la scrittura come la parola sono la manifestazione della volontà di comunicare. La chiarezza è quindi una cortesia che dobbiamo a coloro dai quali desideriamo farci ascoltare. Nel suo ultimo libro, Come on nous parle, l'emprise de la nove langue sur nos sociétés, mio padre precisa il suo pensiero, lo citto. Cancellare una parola è come buttare via dei libri e amputare di miliardi di combinazioni la nostra capacità di farci capire. Nulla potrebbe giustificarlo e una violenza essere privati di un concetto per esprimere il proprio pensiero, in fieni dei conti e il pensiero stesso che si riduce. Quando le parole per esprimerlo mancano, allora si tace, oppure si dicono cose diverse da quello che si volevano dire. Questa eredità, la sua eredità, la porto ormai dentro di me. Ai miei occhi ha un tal valore di esempio che con parole mie formulo la speranza di riuscire sempre ad esprimere il più chiaramente, precisamente possibile il mio pensiero in ogni occasione. Seguo i tuoi passi, papa. Questo era dunque Jean-Paul Fittussi, il suo lavoro, il suo percorso, le sue amicizie importanti ma reali di lavoro, di intensità e di famiglia. Grazie dunque Lisa Fittussi che è con noi e con la quale poi ragioniamo in questa mezz'ora e poco più che ci porta dunque questa giornata. Allora professor Joseph Stiglitz dunque il titolo di questa giornata è riformare l'economia, riformare dunque senza punti di domanda. No doubt on this. Abbiamo bisogno di una riforma e perché a suo avviso ne abbiamo bisogno? Perché è urgente eventualmente. È così urgente professore? Lo è in molte cose perché c'è una crisi in molte in molteplici aspetti a livello di crisi climatica. Abbiamo violenti manifestazioni del clima, uragani, inondazioni, tutta una serie di elementi che creano pressione nella nostra società, virus, le persone muoiono e quindi questa crisi deve essere considerata anche a livello di disuguaglianza. Ci sono benefici che arrivano ai livelli più alti della società, quelli al top, però poi ci sono anche i problemi salariali, salariali che sono in ribasso rispetto a 65 anni fa è veramente incredibile. Abbiamo questa crisi economica e poi quindi c'è una crisi più ampia a livello di capitalismo, del potere del mercato, un Facebook globale, l'industria e i settori devono considerare questo aspetto del potere globale. L'economia non può essere la stessa di cui parlava Smith, quindi diciamo l'aspetto più classico, il capitalismo non funziona come funzionava una volta. Qui dovrebbe funzionare, insisto ancora un momento su questo professore, il quadro è chiarissimo, la sua opinione altrettanto. Tornerei un po' sull'urgenza e sui rischi che affrontiamo se non saremo in grado di appunto cambiare il corso, di modificare questo corso che evidentemente oggi non funziona. Cosa rischiamo professore? Sentiamo che le basi della nostra società, la democrazia è a rischio ovunque nel mondo, c'è un populismo che aumenta, totalismi che aumentano. Siamo in una posizione in cui in più paesi c'è un governo autoritario, pur essendoci il governo democratico c'è il rischio comunque di arrivare all'autoritarismo, pensiamo al passato e al fascismo, quindi questo aspetto autoritario sta diventando sempre più evidente, pensiamo all'insurrezione e a Trump. Quindi i candidati repubblicani, coloro che sono stati accusati di questa insurrezione, in realtà secondo alcuni in qualche modo dovrebbero essere perdonati. Quindi in qualche modo non c'è più questo approccio pacifico e quindi la soppressione della stampa libera in India, Accademia, la democrazia era tra le più forte, però è a rischio anche lì. Quindi almeno vi devo spassare le immagini dei tempi recenti, gli stati semi-democratici o autoritari, ma anche l'assalto al Campidoglio, quegli eventi che segnano il nostro presente attraverso dei fatti morti reali. Ovviamente la guerra in Europa che torna dopo gli anni 90 lo fa in una maniera particolarmente tragica e violenta. Nella sua prima risposta professore lei ha parlato dell'impatto dei cambiamenti climatici e ovviamente ha citato quanto accaduto nei giorni scorsi in Emilia-Romagna. Un dibattito di cui ovviamente si è parlato molto proprio qui a Trento, una questione che riguarda sempre di più anche le parti economicamente più sviluppate di territori credo valga la pena ricordare appunto due anni e mezzo fa la Germania, insomma non sono certo casi isolati. Dal punto di vista della novità di quanto il rischio sia maggiore, cioè esiste oggi un rischio maggiore rispetto a quelli che sono comunque dei cambiamenti con cui storicamente siamo abituati a fare conti. Ecco, lei vede oggi una sorta di extra rischio intorno al rapporto tra economia e ambiente. Sì, ritengo che fino a periodo recente non ci siamo resi conto che ci sono dei limiti ambientali per così dire, abbiamo veramente sfruttato le risorse naturali a livelli incredibili. Non è solo il clima, è proprio pensare all'acqua, alla scarsità d'acqua, a tutti gli aspetti legati al nostro ambiente. Ero nel panel governativo IPCC che si occupa di cambiamento climatico, lo ero già negli anni 95 e abbiamo visto chiaramente questo cambiamento climatico come un problema. Ma l'ora che abbiamo fatto è quello di non capire la rapidità in cui tutto questo sarebbe accaduto e non ci siamo resi fino in fondo conto del fatto che le conseguenze reali, non tanto nelle temperature medie, si parla di riscaldamento globale, si parla di 1,5 gradi centigradi, 2 gradi centigradi eccetera, sembrano tutte percentuali piccole, ma sono gli estremi che ci preoccupano, come le inondazioni. C'è un pericolo che rende il tutto più urgente. Non abbiamo tanto questa concentrazione di gas effetto serra che creiamo attraverso le nostre attività. Questa situazione c'è da tantissimo tempo, posso parlare anche di milioni di anni, pensiamo ai combustibili fossili. Quello che abbiamo fatto in passato è stato un esperimento un po' pericoloso e adesso vediamo i risultati di questo esperimento pericoloso e abbiamo tutti questi conseguenze di cui non ci siamo resi conto. Un pericolo che lentamente viene condiviso, ancora recentemente in Italia abbiamo assistito a delle polemiche, tutto sommato anche surreali, tra l'assicità e la piovosità, nonostante ormai gli specialisti di queste materie ci abbiano spiegato davvero in tutti i modi possibili che sono due facce della stessa medaglia. Prima quando Lisa Fittussi parlava del rapporto tra Jean-Paul Fittussi, suo padre, il professor Stiglitz, Edmund Phelps, i libri, penso alla produzione del 2009, quello che in italiano era la misura sbagliata delle nostre vite, la misura in questione era il PIL, quindi una pubblicazione. Parlavamo poc'anzi anche di come le piazze di questa città siano piene di libri e piene di occasioni di lettura e questo davvero è un'occasione per tutti. Tra i tanti libri ce n'è un altro che mi piacerebbe citare che è People, Power and Profits, Progressive Capitalism for an Age of Discontent, in italiano è tradotto popolo, potere, profitti, un capitalismo progressista in un'epoca di malcontento. Allora professore che cos'è il capitalismo progressista oggi? Se penso a un nome da dare alla società europea, avrei probabilmente usato una democrazia sociale da ringiovanimento, quindi nella situazione complessa economica che abbiamo adesso, c'è decentralizzazione, c'è un decentramento, l'economia, diversi gruppi che sono coinvolti, alcuni lo fanno per profitto, ma altre organizzazioni sono non profit, sono cooperative, organizzazioni non governative, la società civile. Quindi il capitalismo progressista comporta una varietà più ampia di istituzioni, di organismi, compreso anche il ruolo dello Stato, del governo a livello locale e regionale, non solo nazionale. Ci siamo resi conto, in particolare dopo la pandemia, come sia importante avere un governo. Se pensiamo a cosa poteva succedere senza lo Stato, il governo che ha finanziato la ricerca, che poi ha portato al vaccino, hanno investito i soldi che erano necessari per arrivare al vaccino, sviluppare il vaccino, distribuire il vaccino, quindi la nostra salute senza questo sarebbe veramente in pericolo. Abbiamo visto la quantità dei soldi, si parla del 29% dei bill negli Stati Uniti, siamo in una situazione di difficoltà, questa depressione a livello economico. L'economia ci dice che non abbiamo bisogno di avere questo crollo e quindi il governo investe i soldi che sono necessari per fare andare avanti l'economia. Quindi questo per dirvi che durante la pandemia di Covid-19 il governo ha giocato un ruolo fondamentale nel proteggere noi contro la situazione che si è creata ora, pensiamo anche all'invasione russa, all'aggressione russa. Il mercato ha creato tutta una serie di problemi che io vi ho descritto a livello anche di crisi climatica, le disogoglianze, il populismo, si sono creati tutti questi problemi. Però adesso il capitalismo progressista dovrebbe in qualche modo riequilibrare il ruolo dello Stato rispetto al mercato e alle altre istituzioni coinvolte. E adesso appunto è al centro di questo suo passaggio, però è il motore del mondo, è quello che del mondo e delle persone. Allora vorrei chiederle un po' di aiutarmi a capire. Da una parte lei ha citato anche paesi che hanno dato ampia prova fallimentare di meccanismi in cui il profitto individuale e la negazione di questo sono stati dei fallimenti. Ora non è che è troppo severo, o forse l'ho colto io, su quello che è il segno del profitto in questo mondo capitalista contemporaneo in cui viviamo? Il capitalismo ha portato a certe cose, certo, naturalmente non buttiamo il bambino con l'acqua sporca, quindi qualcosa è stato ottenuto, ma ci sono stati anche dei fallimenti. Per questo io parlo di riformare il capitalismo, di avere un capitalismo progressista. Io credo effettivamente che avendo delle regolamentazioni migliori, la concorrenza per assicurare che ci sia protezione sociale, per proteggere l'ambiente, naturalmente, per proteggerci quindi contro lo sfruttamento, negli Stati Uniti abbiamo avuto, non ho descritto tutti i problemi, c'è la crisi degli oppioidi, la crisi della salute, le aspettative di vita si stanno riducendo e tutto questo perché le aziende farmaceutiche, le farmacie, tutte hanno lavorato assieme per fare sì che le persone diventassero dipendenti dagli oppioidi. Quindi abbiamo costruito delle esperienze davvero terribili in relazione al capitalismo, quindi una riforma dello stesso è necessaria e direi proprio che è urgente. Nella seconda parte del titolo che abbiamo citato si parlava di discontent, quindi quello che può essere diversamente tradotto tra l'insuffarenza, la preoccupazione di una società che evidentemente affronta dei tempi estremamente complessi. Brevemente professora, lei vede una specificità in questo presente discontent rispetto di nuovo a un meccanismo che probabilmente fa parte della natura umana? Credo che i problemi siano essenzialmente creati da questo capitalismo estremo, senza freni, che è stato spinto da persone come Milton Freeman, i quali dicevano appunto, liminiamo tutte le regole, hanno previsto che l'economia sarebbe andata benissimo, ma abbiamo visto che non ha funzionato così. Non solo abbiamo una crescita inferiore più bassa, ci ha maggiore volatilità, come abbiamo visto con la crisi del 2008, abbiamo il fatto che i vantaggi non raggiungono tutte le persone, invece le crisi coinvolgono davvero tutte le crisi di cui ho parlato. Quindi, credo che una delle cose che abbiamo imparato negli ultimi 20 anni rispetto all'economia moderna è questa, cioè effettivamente non c'è un trade-off, nel senso che possiamo avere più crescita con più ugualianza. Quindi, affrontare la questione climatica e possiamo stimolare al tempo stesso l'economia, almeno per i prossimi 30 anni, perché quello che dobbiamo fare appunto per il clima è scollegare la produzione dalle emissioni, e con l'innovazione lo possiamo fare. Naturalmente, non il tipo di innovazione che sta spingendo il settore privato. Il settore privato si è concentrato di più o maggiormente sul fatto di risparmiare lavoro, nel senso di creare più disoccupazione, riducendo i salari, riducendo i posti di lavoro, piuttosto un'innovazione che è mirata a salvare il pianeta. Pensa in un sector globale o pensa soprattutto all'esperienza degli Stati Uniti? Lei sa benissimo che in Italia ci sia troppo pubblico in alcuni ambiti e che l'innovazione tecnologica da condividere passi spesso, ed è un fatto, attraverso il privato. Quindi è una questione che riguarda entrambi i blocchi, o meglio le sponde dell'Atlantico, ugualmente. Guardi, io credo che uno dei motivi per cui è interessante studiarne gli Stati Uniti è perché è un esempio estremo, per cui si può vedere le cose che sono andate storte. Molte in Europa dicono che dovremmo essere di più come gli Stati Uniti. Io dico invece che se dovete essere di più come gli Stati Uniti, in realtà finirete ad avere anche tutti i problemi che ha gli Stati Uniti. Quello che invece occorrerebbe fare è rendersi conto che se abbiamo più innovazione, quello che è necessario fare è spingere di più sulla ricerca di base, perché la base di innovazione è la ricerca di base, e la ricerca di base avviene all'interno dei think tanks, negli istituti di ricerca, negli università, e non è il settore privato. Quindi se dobbiamo davvero affrontare i problemi legati al cambiamento climatico, quindi alla domanda cosa facciamo con la disinformazione, con la mancanza di informazioni, questo è un altro dei grossi problemi della nostra società oggi, questo non verrà fatto da Google o da Facebook, lo sappiamo benissimo. Queste aziende guadagnano moltissimo da quello che chiamiamo engagement to enragement, nel senso che loro finiscono per polarizzare la nostra società e ci guadagnano, quindi ci vorrà avere un'azione collettiva più forte dello Stato e anche della società civile. Se vogliamo fermare questa sorta di movimento in maniera per cui le economie di mercato ci stanno portando in direzioni molto pericolose. Quanto mai coerente con una città universitaria, con un'università che anche intorno al centro della città, Trento è un luogo di ricerca, peraltro anche con i finanziamenti di alcune delle aziende che il professor Stiglis ha citato, dove si cerca di costruire un rapporto evidentemente positivo tra queste forze del pubblico e del privato. Trento però è anche come tutte le università italiane in questo periodo, il professor Stiglis so che l'ha visto, so che segue con attenzione questo evento, è anche il luogo della protesta, delle tende. The 10 Protests è stato titolato da alcuni colleghi di Anglo-Sassoni, è quello che per noi è il grosso, serissimo problema dell'accesso alle appunto, soprattutto per gli studenti fuorisede, ma che si estende alle coppie giovane, che si estende ai primi lavori e a salire sostanzialmente a tutti. Allora professore, parlavamo di vasi comunicanti, anche culturali, tra le sponte dell'Atlantico, Affordable Housing, potrebbe essere il titolo, è un problema italiano, è un problema che lei ha sperimentato recentemente nella sua attività? Sì, lo credo. No credo, no credo che l'aprile… Guardate, questi problemi sono presenti in molti dei paesi avanzati, è fortissima, per esempio a New York, l'immobiliare è l'argomento di discussione, però dobbiamo pensare a quali sono le cause di questo problema, quali sono le cause di questo problema, quali sono le varie dimensioni quindi di questa problematica, di questo tema. E' uno dei motivi per cui i costi, appunto, degli abitazioni sono aumentati così tanto è che è stato dopo la crisi del 2008, abbiamo risposto in maniera sbilanciata, quindi usando politiche monetarie, riportandole a zero, questo ha significato naturalmente che c'è stata molta speculazione nelle mobiliare e quindi i prezzi sono aumentati moltissimi. Avremmo dovuto avere delle politiche fiscale, più investimenti negli abitazioni per poter avere più, quindi abitazioni a disposizione anche delle classi meno abbienti. The New York Times la settimana scorsa ha descritto Viena dove il governo fornisce delle abitazioni, per così dire, ed è stato un grande successo, e questa cosa risale anche addirittura a 100 anni fa, la tradizione è stata mantenuta e funziona molto bene, quindi gli alloggi pubblici. Quindi c'è un'ulteriore dimensione, però, che vorrei citare. In molte delle nostre società abbiamo segregazione economica, quella raziale, abbiamo varie forme di segregazione, di divisione, e quindi la ricerca negli ultimi 20 anni è questa, quando c'è segregazione si finisce per avere più polarizzazione, le persone non si capiscono, si finisce quindi per avere una società polarizzata. Una delle grandi sfide nelle nostre città è questa, in che modo costruiamo queste città in modo tale da non avere segregazione economica, perché questo ha un impatto sulle opportunità, perché i luoghi dove le persone vivono, le persone con cui si interagisce, le scuole che frequentano i bambini, tutti questi aspetti legati, quindi la questione degli alloggi, delle abitazioni, è una problematica sociale molto ampia. Sociale, ovviamente, ampio condiviso, ma affrontato in maniera diversa anche da diverse città europee, uno dei temi anche affrontati nei tanti dibattiti su questo tema, ma anche nelle piazze degli studenti. A proposito di città, professor Stiglitz, lei è nato e cresciuto in primissimi anni a Gary, Indiana, che è un interessante posto, non so se avete avuto modo di vederlo sulla mappa, perché in Indiana è in un angolo, at the corner, I would say, ma che in realtà gravita in un'area che è quella della grande Chicago, quindi di un altro stato. Città, still city, still town, come dicevano gli americani, insomma a mio avviso capitalismo allo stato puro con i suoi momenti di gloria, con i suoi traumi che sono stati tanto. Allora la domanda in realtà è solo se ci può aiutare a fare una comparazione tra quel tempo di capitalismo in cui è cresciuto e quello in cui viviamo oggi. Era una città interessante, perché a differenza di città come Trento, che ovviamente sono state fondate centinaia di anni fa, è stata fondata nel 1907, 1906, e aveva quindi l'acciaieria più grande, Andrew Carnegie, quindi siamo parlando di qualcosa di molto grande. Era una città stabilimento, per così dire. Il sistema di istruzione era particolarmente innovativo, ma quando ero piccolo, adesso ci siamo resi conti che era il picco del capitalismo, quindi l'era dell'oro per così dire del capitalismo, ma mentre io crescevo l'impressione non era quella, perché io quello che vedevo erano grandi diseguaglianze, disparita raziali, segregazione. Ho visto quindi momenti di disoccupazione episodica. Adesso sembra che le cose siano migliorate molto, no? No. È emblematico del fallimento negli Stati Uniti rispetto alla gestione della deindustrializzazione, quindi sono tornato a visitare la città e producono la stessa quantità di acciaio che producevano 50 anni fa, ma praticamente senza lavoratori, diciamo meno di un sesto del numero di lavoratori che c'era all'epoca. Quindi la città è una città fantasma e non sono stati messi in atto dei piani per continuare a fare vivere la città, quindi non so se avete visto delle foto di Detroit. Noi ovviamente in Europa abbiamo un altro modello che, diciamo, questo fenomeno che il professor Stiglitz ha appena citato, le immagini, le fotografie di Detroit, vuote, ci sono peraltro dei film duri, ma bellissimi, qui non ci sono anche perché abbiamo dei costumi, delle tradizioni diverse, abbiamo uno stato sociale che funziona in maniera diversa. Ecco, oggi tra inflazione un dibattito che riguarda l'Europa, un tema che so essere molto caro anche a madame Fitussi, insomma il rischio però è evidente. Come tuteliamo quello stato sociale che vuol dire pensione, che vuol dire possibilità dunque di evitare quegli svuotamenti terribili che lei ha citato nelle immagini, professore. Dobbiamo avere politiche industriali che sono relative ai luoghi a cui fanno riferimento, quindi ci devono essere riforme in termini di protezione sociale, ma devono essere, devono prendere in considerazione i diversi posizioni di persone diverse. In Francia c'è stata una riforma del sistema pensionistico, ma era indirizzato alle persone più in difficoltà a cui è stato chiesto il sacrificio più grande, ci sono state manifestazioni ovviamente, ma perché è stato progettato nella maniera errata. L'obiettivo aveva senso da un punto di vista finanziario, ma non si può mettere il peso di questa cosa sulle persone. Sì, perché ovviamente il tema delle pensioni che è un tema in questo momento più caldo oltre le Alpi, magari non questa parte, rispetto all'Italia, perché l'Italia ha già vissuto, un tema che viene affrontato anche nei dibattiti appunto di queste giornate. Siamo quasi verso la conclusione, io sicuramente potrei stare per ore ad ascoltare queste riflessioni. Cerco di arrivare allora a una sintesi che è professore, scelgo il nuovo patto di stabilità. Allora, è un classico, ma così lo affrontiamo, che alla luce dell'inflazione, alla luce dell'esperienza, di fatto è quello che viene scritto in queste giornate di trattative. Per l'Europa può essere la chiave, quello che viene scritto lì dentro? Sono bisogna riformare questo patto di stabilità, c'è il patto di instabilità, nessuna crescita e instabilità. Il fatto che l'Europa non riesca a raggiungere quello che vuole fare a livello di transizione verde, come se le mani fossero bloccate e fossero legate, si parla di un debito 60% che va a minare le basi economiche. Quindi, avere delle regole, linee guida per il verde, per avere gli investimenti nel verde è giusto da questo aspetto. È sicuramente molto giusto quando si fanno investimenti, deve essere anche più ampio. Se sono buoni investimenti, ci sarà un ritorno di investimento che sarà sicuramente maggiore di quello che state investendo. Quindi, io ritengo che tutti questi investimenti sono importanti e dovrebbero in qualche modo essere tolti, slegati da questo 3% di deficit. In conclusione, quante Europa abbiamo esattamente introdotto nel pensiero di suo padre? Pronto, sulla centralità d'Europa, siamo ancora qui da questo punto di vista? Sì, penso che si dovrebbe fare un'Europa politica prima di tutto, non pensi di tutto, che è riflettere sull'economia. Chi lui era veramente pensiero del mio padre, penso che aveva ragione. Il professor Stiglitz ha sentito, dunque, le affette che si dice. Penso che il mio padre avesse ragione attraverso la politica. In una conclusione, dice anche, meno spazio all'economia, più alla politica, è una cosa che è un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia, è una cosa che è un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia, è una cosa che è un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia, è una cosa che è un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia, è una cosa che è un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. E' un premio novelle per l'economia e suona tollerabile. Penso che si possa separare la politica e l'economia, non si possano separare. Dobbiamo scrivere delle regole, regole che sono scritte nello spazio politico. E abbiamo il fatto che lo spazio politico è ristretto da un'ideologia neoliberale e da un punto di vista economico è come se dovessimo togliere tutte le regole e il mercato potesse fare qualsiasi cosa e poi ecco l'unica regola di cui abbiamo bisogno, questo 3%, questo 60%, sono questi numeri e queste sono le uniche cose di cui abbiamo bisogno. Queste piccole regole sul governo e non sul settore privato sono quelle sbagliate, quindi non abbiamo regolamentato il settore privato, abbiamo in qualche modo colpito solo il settore pubblico, gli abbiamo messo le manette e quindi adesso quello che dobbiamo fare è regolare anche il settore privato e dare più spazio al settore pubblico e creare questo capitalismo progressista dove si ha un equilibrio migliore e questo sarà meglio per le democrazie e le società. Qui a Trento, dove c'è una cultura e una provincia appunto di partecipazione così intensa del pubblico nel privato, siamo arrivati oltre la conclusione del nostro tempo, quindi grazie Alisa Fittusi di essere stato con noi, grazie al professore Joseph Stiglitz, grazie a tutti voi naturalmente, il percorso continua in queste giornate fino a domani sera ci saranno tanti nuovi interventi, grazie ancora. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org
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