Stili di leadership e inclusione
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Stili di leadership e inclusione
L'impatto di cambiamenti macroeconomici e geopolitici sulla leadership evidenzia la necessità di agilità e adattabilità. Si affrontano le sfide poste dallo smart working e l'importanza dell'inclusione, in particolare quella di genere e generazionale, con attenzione ai piani di successione come strumento per preservare la cultura aziendale e promuovere la sostenibilità (ESG).
Buongiorno a tutti, buon pomeriggio a tutti e benvenuti a questo appuntamento nel quale il titolo avete visto è Stile di leadership e inclusione. L'idea è cercare di entrare nella carne viva delle aziende, come lavorano, come operano, come opera la leadership all'interno delle aziende e se questi nuovi stili di leadership, dei quali si parla da molti anni, stiano penetrando nelle aziende italiane, questo è un primo punto. Il secondo aspetto è la questione dell'inclusione, che non è evidentemente scollegata da tutto questo, anzi è perfettamente collegata, dove per inclusione, ovviamente, parliamo di donne, ma non solamente, pensate, tanto per dare un'idea, a un grande tema che tutte le aziende devono affrontare, ossia il tirare dentro i giovani e il far convivere la popolazione più anziana dell'azienda con la popolazione più giovane. Sono tutte questioni estremamente complicate che, come diceva appunto, entrano nella carne viva delle aziende. Lo facciamo con Cristina Aschezza, il presidente di Valore D, che ci parlerà ovviamente non solo dal suo ruolo, ma anche dalle sue molte esperienze aziendali. Buongiorno a tutti, buongiorno Simone. Con Elisabetta Oliveri, presidente di Autostrade per l'Italia. Buongiorno a tutti. Anche con lei ci darò occasione di fare questo. Un Sergio Marullo di Condogliane, amministratore delegato di Angelini Industries. Benvenuto anche a lei. Io partirei a questo punto con Elisabetta Oliveri. Le do l'onere di dare l'avvio a tutto. Quando parliamo di questi stili di leadership, qua è scritto stili di leadership nel titolo, ma ragioniamo in realtà sui nuovi stili di leadership, se ce ne sono, e appunto su quanto sono penetrati all'interno delle aziende, qual è la sua esperienza, qual è l'esperienza di Autostrade, su Eceaiuti, un attimo a dare un primo... Intanto direi che questo stile di leadership sta cambiando e deve cambiare, perché ci sono degli elementi esterni che premono, che sono diversi da come nel passato eravamo abituati a vivere la nostra realtà aziendale, perché sono fenomeni di vario tipo. Una prima parte sicuramente dovuta all'accelerazione dei cambiamenti di contesto, diciamo così, macroeconomico, geopolitico, non che non ci fossero anche in passato, perché ci sono sempre stati, sappiamo bene che le grandi crisi geopolitiche c'erano, ci sono sempre state la crisi energetica, ce la ricordiamo bene, chi soprattutto ha la mia età, così come anche la guerra in Europa che abbiamo avuto negli anni 90 proprio vicino casa. Quindi gli elementi di per sé non che siano diversi, quello che sicuramente è diverso è la virulenza con la quale si presentano, perché è amplificata proprio dal fatto che ormai è tutto interconnesso, cosa che ben sappiamo. Quindi questa interconnessione fa sì che questi fenomeni si contagino e quindi prendano un respiro diverso che nel passato, in più quello che è cambiato è l'accelerazione di questi appunto eventi, il quale mettono le aziende di fronte a dei cambiamenti continui e questo è un primo elemento di diversità rispetto a prima. Se voi pensate si facevano in precedenza i piani strategici industriali che andavano a cinque anni, chi fa infrastrutture come noi deve traguardare altro che cinque anni, deve guardare avanti per vent'anni e più. Ora si fanno piani strategici con fatica tre anni e anzi ci sono contesti nei quali si elaborano su più scenari. Un esempio tipico è quello del settore dell'energia. Il prezzo dell'energia è talmente variabile e talmente variato nell'ultimo, anche soltanto anno, che le aziende energivore o le aziende proprio che producono energia sono portate a elaborare piani strategici, triennali ma su più scenari. Per voi mi viene in mente anche il costo dei materiali tanto per dare un'idea. Assolutamente. Abbiamo avuto un aumento dei costi dei materiali vertiginoso che ha portato una revisione continua dei quadri economici che sono alla base degli investimenti che bisogna fare. E dunque questo ci dice già una prima cosa, ci dice che le aziende bisogna riuscire a condurle con grande agilità. Cioè, le aziende, diciamo che, e qua faccio un inciso se me lo consente, che non dobbiamo mai perdere di vista il fatto che le aziende devono produrre risultato, le aziende devono traguardare gli obiettivi economico-finanziari e remunerare l'azionista. Questa è la premessa che non cambia mai e non cambia anche in questa trasformazione del ruolo del leader, perché altrimenti ci ingagniamo e indugiamo troppo alla poesia. Mentre noi questa prosa dobbiamo sempre averla molto solida, però si aggiungono delle cose. Una è questa che le dicevo, questo che induce la necessità di avere aziende condotte in modo molto agile e l'altro sono le tematiche di sostenibilità, che sono tematiche che sono entrate in maniera prepotente all'interno delle aziende del top management e sono state portate sia dagli azionisti stessi, sia sono state portate ovviamente dei cambiamenti normativi, se pensiamo ad esempio, ora siamo alla vigilia del fatto che non si produrrà più il bilancio economico-finanziario come siamo abituati, come siamo sempre stati abituati, ma avremo invece un documento che coniuga insieme tutta la numerica finanziaria con anche le tematiche di sostenibilità. Quindi ci sono degli elementi molto forti che spingono verso questi cambiamenti di leadership. Questo secondo me è un po' un elemento che dobbiamo considerare nell'affrontare. Mi viene in mente un'altra cosa, tra i grandi cambiamenti che abbiamo attraversato in questo periodo, è un tema di grande discussione in questo periodo, come avrete visto e come sapete perfettamente, l'impatto che ha avuto la pandemia sullo smart working e la gestione di una popolazione aziendale che non sai mai quando è dentro, quando è fuori, ma come potete gestire questa parte qua? Non so se vale anche per voi. Per noi vale con un'altra difficoltà, perché noi siamo un'azienda che ha una parte centralizzata, le de quarte, le funzioni di staff, che può permettersi lo smart working. Poi abbiamo la grande maggioranza dell'attività fatta ovviamente lungo la rete. Noi siamo circa 10.000, fra tutti abbiamo all'interno i colleghi che si occupano di esercizio manutenzione di costruzione distribuiti, chi sta facendo potenziamento della rete nei vari cantieri, chi fa esercizio manutenzione nelle direzioni di tronco, che vanno da Udine a Bari e loro devono stare sulla rete, sul nastro autostradale, e non se lo possono permettere lo smart working. E questo ci porta di fronte a un'altra difficoltà di questo nuovo stile di leadership, come le motivo, le persone, quelli che devo attrarre per portarli sui cantieri. Come faccio se alternativamente potrebbero andare a fare un lavoro che li porta, mi faccio dire adesso qua sottolineo in maniera un po' comodamente all'interno dell'ufficio e anche a fare smart working, a godere di quelle che sono le politiche di bilanciamento vita privata, vita personale. Non è una cosa semplice. Quindi questo elemento dello smart working va bene se siamo all'interno di un'industria, per esempio, di chi fa finanza, no? Allora è perfetto, perché posso gestire tutta la popolazione aziendale allo stesso modo. Ma se mi sposto nell'industria, se mi sposto nelle aziende come noi, di infrastrutture, diventa ancora un elemento di difficoltà in più rispetto al quale io che faccio il CEO devo parlare un linguaggio motivante e attraente per entrambi. Quindi sia per i giovani ingegnere che deve rimanere in ufficio a progettare, ma anche per i giovani ingegnere che deve stare tutta la vita lungo il nastro autostradale a fare il supervisore della sicurezza piuttosto che gli elementi che lo portano proprio a vivere fuori dell'azienda. Quindi è un elemento ancora di motivazione per il cambiamento di questo stile di leadership. Si, penso che poi le aziende di servizi abbiano anche dei loro problemi a gestire questo anche se problemi di tipo diverso, evidentemente. Cristiano Celza, prima ancora di... Qua è presentata giustamente come presidente di Valore Di, ma prima ancora vorrei coinvolgerla come manager di lunga esperienza anche all'estero, che ha avuto la possibilità di vedere come viene esercitata la leadership in vari paesi di vario genere, Brasile, Russia, Olanda, eccetera eccetera. Ci dà un'idea, un quadro. Sicuramente il paese che vai, o anzi che trovi, è molto semplificata questa cosa. Si, ci sono caratteristiche diverse a seconda del paese. Sicuramente un paese, lasciando la Russia, che è un capitolo a parte, però la Cina è completamente diversa dal Brasile. Però queste caratteristiche che Elisabetta accennava di accelerazione, di agilità, e io aggiungo adattabilità, che è un concetto uscito in uno dei panel di questa mattina la professoressa Bossi Fornarini, è fondamentale. Per cui ogni paese si trova in un momento storico diverso, ma quello che sta succedendo, quindi prima pandemia, dopo pandemia e tutte le guerre che hanno cambiato un po', l'assetto geopolitico, sta portando fuori delle caratteristiche e il leadership un po' dappertutto. Poi ovviamente il leader in Cina esercita un potere e un'autorità gerarchica molto più forte di quella che può succedere in Italia o in Olanda, ancora meglio in Olanda, ma i bisogni sono abbastanza vicini. Questo sta cambiando, sta modificando quello che sta avvenendo, come ci dicevo, anche se non vedo un po' i modelli. Allora, io porto sul tavolo un altro punto di vista perché mi piace l'interazione con le persone che ci sono qui oggi. Io credo che stiamo facendo dei passi indietro. Io penso che questo sia molto legato alla paura e sta succedendo in campo politico come in azienda. Purtroppo l'incertezza che ci ha lasciato una pandemia così devastante e gli atteggiamenti e le posizioni politiche spingono un po' tutti, dal top a tutta la popolazione aziendale, ma anche nella società, a rifugiarsi in modelli molto consolidati, già visto. Si è sempre fatto così. Questo dà una grande responsabilità a chi, come compresa, crede che la visione per un futuro sostenibile si possa e si debba costruire soltanto su una base di concetti diversi quali l'inclusione, il rispetto e, ripeto, l'adattabilità. Però è un dialogo non semplice, perché un concetto che spesso viene dimenticato è che l'inclusione è fatica. Ci sono studi che mostrano come, a breve termine, un team omogeneo è molto più performante di un team disomogeneo. È molto più facile dare risultato con chi la pensa esattamente come noi, a breve termine. Invece, a lungo termine, quando si è in grado di incastrare e gestire le diversità, c'è uno stacco importante tra il gruppo omogeneo e il disomogeneo, per forma molto di più, molto meglio, a lungo termine. Ritorniamo lì. Siamo leader o manager, anche la discussione tra manager e leader, di oggi o del domani? Ricordiamoci che i nostri giovani chiedono un mondo migliore, non chiedono risultato oggi, mentre noi, tutti leader aziendali, siamo trascinati da questa richiesta di mercato, di risultato di oggi, del quarter, della prima metà dell'anno, della seconda metà dell'anno, del valore dell'azione. E quindi siamo molto concentrati sull'oggi, ma il giovane ci chiede un domani e un domani sostenibile. Mi sembra già che abbiamo due spunti interessanti. La difficoltà, Sergio Marullo, di con due anni, è la necessità del risultato aziendale rapido, la remunerazione dell'azionista, che è giustamente la mission aziendale, e dall'altra parte la necessità di dover guardare un po' più a lungo termine nella composizione, per esempio, di una squadra di lavoro e nell'esercizio della leadership. Questo è un problema per i manager? È un problema che ovviamente ha un paio di declinazioni e un paio di risposte diverse. La prima, ovviamente, è che tipo di azionariato mi ritrovo e che tipo di assetto proprietario mi ritrovo. Se sono una company pubblica, ovviamente il tema del quarter è un tema che non posso evitare in nessun modo. Se ho un azionista di lungo termine, e quindi anche un azionariato non per forza unico, ma con azionisti che guardano a lungo periodo, è chiaro che la strategia è leggermente diversa. Questo si riflette sullo stile di leadership? È inevitabile, perché dove pongo l'obiettivo è quello che influenza molto le azioni che metto in campo per arrivare lì. Alla fine, un leader che cosa fa essenzialmente, se è vero leader? Tenta di scenarizzare, capire, immaginare dove vuole essere, entro un certo orizzonte di tempo e poi metto in campo una serie di azioni conseguenti per arrivare lì, inclusa la scelta della squadra e le persone con cui lavorare. Se l'orizzonte è a breve, avrò probabilmente un certo tipo di traiettoria. Se l'orizzonte è a medio-lungo, ne avrò un'altra. E per stare al tema del panel, quest'altra prospettiva a medio-lungo mi consentirà anche di mettere in campo delle azioni faticose, come dicevamo prima, ma che alla fine sono anche volte a includere di più o a consentire in maniera più efficace di avere una prospettiva sostenibile. Una però riflessione che volevo fare è proprio sul titolo del panel. Oggi ho sentito, e giustamente dall'inizio, parlare di nuovi stiliti di leadership, il che presuppone ovviamente una comparazione con i vecchi stiliti di leadership. Il titolo di questo panel, mette insieme leadership e inclusione. Ecco, questo è già nuovo, no? Il leader nel passato tendenzialmente era colui che era solo e escludeva decidendo. Oggi si parte invece dal presupposto che per decidere meglio bisogna includere e ascoltare, poi però bisogna decidere. Quindi direi tendenzialmente da un lato per rispondere alla domanda. Sicuramente l'orizzonte incide sulla caratteristica della leadership e di fatto porsi un obiettivo a breve o a medio o a lungo determina delle scelte che poi hanno chiare ricadute su come si dirige e su come si governa. In questa prospettiva per includere è chiaro che più hai tempo per fare più puoi permetterti di ascoltare senza dimenticarti che devi decidere, perché è la tua responsabilità. Un'altra domanda sempre per lei, perché dato che quando uno mette il seme del dibattito io mi diverto sempre. Ho visto che mentre parlava di Cristiano Scelza su questo arretramento, da questo lato mi sembra che lei non fosse particolarmente convinto, colto male con la cosa dell'occhio? No, ha colto bene. Ovviamente ancora una volta è una questione di prospettiva. Bisogna vedere sotto quale profilo ci si creda arretrati o meno. Io credo una cosa che le circostanze di contesto hanno reso necessariamente un adeguamento. Adesso molti lavoriamo da casa, abbiamo nelle fabbriche o sulla rete no, ma in generale tantissime persone con le quali collaboriamo a distanza. Che forza un cambiamento, perché di fatto per essere leader con persone che non hai vicino forse devi sviluppare le caratteristiche diverse rispetto a quelle che devi sviluppare quando hai qualcuno accanto a te. Quindi io non riesco a percepire un arretramento, percepisco una diversità che si evolve col contesto, che poi sia una diversità e quindi per definizione più variabili sul tavolo, più necessità di rispondere a queste variabili per trovare soluzioni, tendenzialmente più capacità di fare le cose in maniera elastica, agile, veloce e rapida. Vedo un annuire. Io mi ritrovo su questa linea di pensiero e da questo punto di vista ho una visione positiva dell'evoluzione del ruolo di leader nelle aziende. Credo magari avremmo voluto che questa evoluzione di stile di leadership avvenisse per sé, però in realtà secondo me è motivata dagli elementi che richiamavo prima, però io la vedo, si assiste a questa cosa anche in maniera abbastanza evidente e lo possiamo anche semplicemente vedere da questo. Intanto la definizione di successo, che è l'elemento al quale è chiamato un leader, un capoazienda, precedenza come dicevamo che cos'era questo successo, è quello di traguardare dei risultati di natura finanziaria e di assicurare una prospettiva sul mercato di posizionamento dell'azienda. Ora il concetto di successo è stato ridefinito da questo punto di vista al codice di corporate governance che in Italia si applica alle aziende quotate come noto, ha una definizione di successo che è veramente molto chiara, parla di successo sostenibile e lo definisce come la creazione di valore nel lungo termine a vantaggio degli azionisti e degli stakeholder rilevanti per l'azienda. Quindi abbiamo questa figura, che in realtà non è una figura, è una plettora di soggetti, portatori di interesse che compaiono improvvisamente all'interno dell'agenda, del manager, del leader, perché deve, è chiamato a sviluppare quindi il successo dell'azienda, come si è detto, a vantaggio degli azionisti, ma tenendo in considerazione gli stakeholder. E quindi che cosa succede? Succede che la sua agenda non è più quella di prima. Quindi se noi stereotipizziamo un po' il leader del passato, che era un leader molto direttivo, molto impositivo, molto gerarchico, tutti tirati al risultato economico-finanziario, a guadagnare le quote di mercato, questo era il successo dell'azienda. Ora non è sufficiente con tutta evidenza, ci sono questi elementi che entrano. Gli stakeholder chi sono? Come sappiamo, sono intanto i dipendenti con una visione diversa da prima, sono certamente i clienti, l'era anche prima, la catena di fornitura importantissima, e particolarmente in Italia, dove c'è questo tessuto come noto di piccole e medie imprese, ma diciamo viste su scale internazionale, in realtà dovremmo dire piccole e piccolissime imprese, e rispetto alle quali una grande azienda come Autostrade, ma potremmo dire come altri ci sono qui nel Paese, Eni, ne potremmo citare tante, hanno una responsabilità di crescita rispetto ai temi sostenibilità. Gli altri stakeholder sono le comunità che vengono impattate dall'attività sociale, dall'attività di business, quindi questo è come arrivano nell'agenda del top management? Beh guardate, ci arrivano sempre per andare sulla prosa, ad esempio con la remunerazione variabile, la remunerazione variabile sia di breve che di lungo termine, oramai almeno per il 20% contiene, non so l'esperienza, almeno per il 20% contiene elementi legati alla sostenibilità, ovvero, per esempio l'indice dei new fortunes in azienda, quindi sicurezza sul lavoro, la percentuale di donne nel top management, le tonnellate di CO2 risparmiate all'anno, il 20%. Quindi cosa stiamo dicendo? Cosa sta dicendo anche l'azionista? Perché non dimentichiamoci che le politiche di remunerazione vengono votate in assemblea con un voto vincolante, c'è il famoso seiro on pay, quindi l'azionista dice ok, il 20% del tuo tempo tu lo dedichi anche a questi temi, ma non era così prima, allora io che faccio il CO di un'azienda devo continuare a perseguire, l'abbiamo detto prima, non lo ripeto più, non mi è cambiata da quel punto di vista, mi si sono aggiunti questi temi, è chiaro che devo affrontare il tutto in un modo diverso da prima e quindi il mio stile di leadership deve per forza anche diventare inclusivo, perché se non mi porto, se non riesco a parlare un linguaggio empatico nei confronti dei miei stakeholder, non li riesco ad allineare tutti sulla mia strategia e devo dedicare del tempo a questo, tempo che prima non dedicavo solo al perseguimento di obiettivi di natura finanziaria. Non rischia di distogliere, questo è un tutt'altro argomento, però è un ragionamento che ogni tanto si sente, non rischia di distogliere il capoazienda visto che la remunerazione è legata almeno parcialmente alla sostenibilità a quello che dovrebbe essere il suo principale mestiere che è far fare quattrini all'azienda. Questo è quello che viene spesso detto, il punto è che bisogna fare quello e anche quest'altro, ecco perché il ruolo del CEO è diventato secondo me più complesso di prima, quindi richiede un approccio diverso e forse anche caratteristiche diverse che devono essere un po' capite e andate a cercare nel momento in cui ci sia per esempio di fronte una successione in un'azienda. Uno degli elementi di cambiamento è il leadership, poi vorrei tornare anche tanto sui temi ESG, in particolare sul tema della governance e poi vorrei ovviamente toccare il tema delle donne in azienda e anche della successione in azienda, però dato che ci sono stati infiniti panel in giro per il Fascia dell'economia di Trento sul tema della demografia e sul tema dei giovani, questo è un tema come sapete perfettamente lavorando in azienda che è un tema gigantesco, non solo a livello generale perché non facciamo figli e tutto quello che sappiamo, ma semplicemente perché i lavoratori non si trovano e te li devi tirare dentro il più possibile, soprattutto i giovani. Questo richiede da parte dell'azienda e questo mi sembra l'abbiamo visto abbastanza nettamente, richiedono soprattutto i talenti, una sorta di condivisione dei valori dell'azienda e questo mi pare un primo punto dove il tema ESG entra naturalmente e dall'altra parte richiede una capacità di leadership diversa per tenere dentro queste persone che hanno delle caratteristiche diverse, penso soprattutto alla generazione Z, ma non solo. Ci sono ricerche che mostrano che stiamo vivendo un momento storico molto particolare, nello stesso momento ci sono quattro generazioni allo stesso momento contemporaneamente che lavorano insieme, quindi da Baby Boomer fino a generazione Z abbiamo la responsabilità di mettere insieme motivazioni, valori che sono diversi, da una parte la popolazione con più esperienza che è legata forse ad un concetto del lavoro un po' diverso da chi come le persone della generazione Z invece stanno mettendo in discussione un po' tutto il concetto di conciliazione lavoro e vita privata, di equiparazione salariale, di lavoro come identità, quindi sì, c'è questa grande necessità anche perché, dal punto di vista dell'emergenza demografica, mostra anche che abbiamo pochi giovani e anche poco qualificati, quindi un talent pool più piccolo rispetto a quello che c'era nel passato. C'è la necessità di mettere insieme queste diverse posizioni, diverse posizioni che poi si riflettono anche in una società che cambia, anche se si deve adattare, quindi la capacità di includere, la capacità di capire tutti i diversi aspetti diventa fondamentale. Il tema dei giovani è molto sensibile e si può declinare in diversi modi, certamente non si può negare che hanno abitudini diverse, nei colloqui che noi oggi facciamo una delle necessità più evidenti e diversa rispetto alla generazione di precedenti è quanto tempo posso passare lavorando da casa e noi per esempio abbiamo reagito a quella che sembrava all'inizio una necessità quasi accessoria, invece fondamentale in diversi modi. Oggi Antonio Fazzer che era in un panel stamattina con Cristina raccontava che Fader, che è un'azienda del nostro gruppo, ha la regola molto spinta dei 5 giorni a casa per chi vuole. Noi nelle altre aziende del gruppo abbiamo introdotto una regola che è altrettanto molto avanzata, ci sono 100 giorni di remote working a disposizione del lavoratore che può gestire come vuole e 100 in un anno sono parecchi. Ovviamente si mette d'accordo con il capo. Posso fare una domanda un po' brutale, ma come eserciti la leadership su un gruppo che sta sempre a casa? Alla fine non sta sempre a casa, nel momento in cui può stare a casa spesso viene in ufficio, sembra un paradosso però noi abbiamo riscontrato come dato di fatto questo, un conto è la flessibilità di poter fare qualcosa, un conto è l'obbligo di dover fare qualcosa, stanno su piani differenti e molto spesso se dai fiducia ricevi fiducia. Non sono parole, noi abbiamo statistiche che mostrano che da quando c'è più soddisfazione sulla flessibilità con la regola di 100 giorni abbiamo un tasso di occupancy maggiore. Però il tema non è da illudere, lo diceva prima la Presidente di Autostrada, di fatto le schizze che ti servono per governare un gruppo che sta per metà in ufficio e per metà da casa sono diverse rispetto a prima, che stavano alle otto in ufficio e anzi chi ci stava di più tendenzialmente era visto meglio. Quindi è un'abilità che va sviluppata e che ci riporta poi al tema del titolo, bisogna saper includere con strumenti che lo consentano. Sì però diamogli a lei indietro la domanda, la leadership non si esercita con la presenza forzata, forse il controllo si esercita con la presenza forzata, credo che ci sia anche un'altra parola che manca e che i nostri giovani ci insegnano ad amare tanto che è la fiducia e la delega, poi si apre un grosso discorso anche sulla fiducia. Secondo me la leadership non si esercita in presenza e quella è autorità, è diversa. La leadership è fatta di valori, è fatta di obiettivi che poi tu voglia lavorare dalla mattina alle 7 fino al mezzogiorno. Per carità sono grandemente favorevole allo smart working, però è una riflessione, non essendo un capo azienda, la riflessione dal punto di vista umano, della relazione umana con i tuoi molto semplicemente, il tema è se si complica oppure no. Poi sicuramente c'è il fattore dell'industria manufatturiera che invece ha la fabbrica, gli operai in fabbrica e lì il rapporto è diverso, però la leadership secondo me non ha legato alla presenza. Il mio allineo è quello che è stato detto, è qua secondo me troviamo anche un altro elemento di diversità rispetto al passato, perché questo che c'è stato raccontato, il fatto che nonostante le persone non abbiano un obbligo di tornare al lavoro ci vada, e lo raccontava giusto ieri anche la Mesa Dolegato di una grandissima azienda internazionale che in Italia ha 2400 persone, non hanno limiti sullo smart working, potrebbero fare anche il 100%, hanno il 60% di presenze in ufficio. Allora, come si ottiene questa cosa qua? Perché rispetto a quello che una volta veniva chiamata la mission, la vision, non so se vi ricordate, che spesso era un po' un enunciato che rimaneva sulla carta, quello che bisogna essere grado di fare è di individuare i valori, questo scopo per cui l'azienda lavora tutti i giorni, questo purpose perché io vado in tutti i giorni a lavorare, cosa vogliamo raggiungere tutti insieme, e poi portarsi tutti a bordo, questo è uno sforzo che deve fare il CEO, lo deve fare ovviamente attraverso il top management, eccetera, ma deve dedicare tempo a creare questo tessuto valoriale. Ed è poi perché? Perché questo è il tessuto valoriale che crea la base per poi lavorare sull'inclusione, altrimenti io che cosa includo? Includo dove? Includo in un contesto che condivide questi valori che vengono enunciati e poi devono essere declinati in modo credibile, perché questo è anche l'altro passaggio fondamentale che ci chiedono le nuove generazioni. Abbiamo fatto come Autostrade, insieme a scuola.net con cui collaboriamo molto, un sondaggio fra i ragazzi della Gen Z, ma quelli che sono già più verso la generazione alfa hanno delle idee molto chiare che per certi aspetti magari possono sorprendere, cioè dovendo elencare i primi tre elementi su cui un'azienda dovrebbe lavorare per attrarre loro, hanno messo lo stipendio, che quindi anche qua ci dà un senso di grande concretezza dei nostri ragazzi, soprattutto in una stagione di costi aumentati con le famiglie evidentemente che hanno questo tema in casa, e poi hanno il bilanciamento, vita personale, vita professionale e l'allineamento, cioè la possibilità per loro di allinearsi a quelli che è appunto i valori dell'azienda, che dunque devono essere esplicitati per percorsi di carriera arrivano al quinto posto. Quindi se noi guardiamo questi tre, torniamo a risultati economico-finanziali solidi, perché questo rimane il punto, coniugate con queste due altre cose che appunto richiedono al leader però di attivarle in maniera concreta. Quindi gli amministratori delegati, per esempio, noi stiamo lavorando molto su un valore che è la sicurezza sul lavoro, e questo cosa vuol dire? Vuol dire che tutti noi partecipiamo alle iniziative sulla sicurezza del lavoro, vuol dire che il nostro amministratore delegato va di notte sui cantieri dove ci sono i nostri colleghi che per impattare meno sul traffico lavorano durante la notte, però ci va il top management e tutti i caschetto, scarpe e quant'altro siamo lì a ribadire che noi vogliamo lavorare in questo modo. E così adesso ho fatto un esempio semplice ma sono sicura che in altri contesti ce ne sono tanti altri e quindi questo vissuto, questo partecipato è quanto più distante da quello a cui eravamo abituati, se pensiamo a delle figure di amministratore delegato del passato, assolutamente non abbiamo mai trovato. La torre Burnea. A proposito, visto che l'abbiamo solo sfiorato, tra i valori che vengono spesso richiesti dai giovani quando si approcciano ad un'azienda, il rispetto dei famosi criteri di sostenibilità ambientale e sociale è un pezzo della richiesta che c'è da abbastanza evidente. Da dove si parte su questo? Si fa quello che si chiama, si individuano gli stakeholder importanti per l'azienda, questo è il primo passo, tra cui senza dubbi dipendenti ma non solo, poi gli altri dipendono, per esempio per noi sono le comunità attraversate dalla rete autostradale, la catena di forniture eccetera e con loro si fa attraverso dei questionari, dei sondaggi, si identificano i temi materiali, quali sono veramente i temi che vi stanno a cuore su cui l'azienda si dovrebbe dedicare e così vengono fuori le tematiche più rilevanti. Poi, fatto questo, si predispongono dei piani di azione, sono poi quelli da cui derivano gli obiettivi che vengono anche usati nelle incentivazioni variabili, e quindi dei piani di azione che, e qua introduco un altro attore secondo me molto importante di questa trasformazione, che è il consiglio di amministrazione, perché non dimentichiamoci che il leader, il capo azienda, non è la persona solo al comando, è l'organo di governo di un'azienda, è il consiglio di amministrazione, non parlo del presidente perché, ma del consiglio di amministrazione. Quindi è chiaramente questo piano che richiede investimenti perché la sostenibilità non si fa gratis, bisogna investire. Di quelle tre lettere tutto parte dalla G in sostanza? Parte tutto dalla G e grazie che mi dà questo assist perché parte dalla G. Se non c'è innanzitutto una governance convinta, azionista, consiglio di amministrazione e chiaramente polceo, la sostenibilità non si fa. Quindi prima c'è il governo, la decisione, e poi c'è la declinazione di quello che è il piano. Su questo Marullo ha scelto anche se mi sembra difficile non concordare. Io concordo e noi abbiamo fatto, nella nostra esperienza interna, molte strade e presto tanti impegni, creato una funzione di sostenibilità centrale e adesso stiamo lavorando al piano, iniziato con la pubblicazione del report e quindi attività che poi fanno vedere anche esternamente un commitment del gruppo. Però vorrei dire anche un'altra cosa che secondo me è importante. Angeliini esiste dal 1919. Il fondatore Francesco Angeliini, un farmacista di Ancona, prima della sua famiglia potrebbe studiare, che la fondò due volte perché gli la bombardarono durante la seconda guerra mondiale e la rifondò, era uno dei più fuggiti esempi di sostenibilità, almeno dal punto di vista della lettera S, che io ho incontrato ricostruendo biografie di imprenditori. Perché, e ancora ad Ancona nel planta abbiamo segni di quelle che sono state in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di essere in grado di tirar quelle sei questo e l'attac steps, l'attacleness per quelle che ci hanno avvenuto dall'anno alle non cheat SIMico. principali. Oggi questo lo abbiamo codificato meglio e quindi siamo tutti molto più consapevoli del fatto che bisogna prestare attenzione non soltanto al profitto ma anche a chi sta intorno all'impresa. Il mio però personale esperienza è anche diciamo così suggerimento, se così si può dire, è la sostenibilità e molte cose e questo esempio lo dimostra. Esisteva già tanti anni fa, oggi si è evoluta ed è stata codificata meglio, bisogna darsi obiettivi chiari all'inizio proprio perché ha un costo e un impatto sul business che è potenzialmente disruptive se non è fatto in maniera molto. E anche sul lavoro del leader come diciamo prima. Molto però provo per questo e secondo me è anche molto importante perché i ragazzi, i giovani la vedano chiaramente e concretamente quindi per ognuna delle lettere all'inizio soprattutto obiettivi chiari, chiare milestones da deliberare e poi da lì piano piano si cambia la cultura perché è un tema principalmente anche culturale, di iniziare a lavorare ragionando anche per obiettivi sostenibili finché il chief sustainability officer scomparirà perché ragioneremo tutti così e quindi agli inizi obiettivi chiari. E verrà subito. Cristiana, scelta poi. Io aggiungo come realtà italiana valore id che mette insieme più di 380 aziende, lavorà molto sull'AS e sull'AG, degli ESG, quindi social e sulla governance e grande importanza anche un trasferimento di best practice. Secondo me e qui ci allacciamo alla responsabilità sociale delle aziende, dell'IRD aziende, è fondamentale aiutare, le aziende grandi devono aiutare tutte le aziende più piccole della filiera. Valore id ha messo insieme grazie ai comitati di lavoro, il consiglio direttivo e guardo chi ha partecipato attivamente a questo lavoro, di un kit a disposizione delle aziende, un kit molto semplice che accompagna passo a passo le aziende lungo questo cammino, quindi utilizzare la virtuosità dei grandi per aiutare i piccoli, perché ricordiamo che il 90% del substrato e del tessuto produttivo e sociale di questa azienda si chiama PMI. Ovviamente le aziende grandi hanno una struttura interna e fanno tantissime cose, ognuno di noi dovrebbe dare una mano al più piccolino e il valore di acquista mission che mette a disposizione degli associati e anche oltre. Perfetto, stiamo già transitando verso il secondo tema al quale dedicheremo qualche minuto e poi se ci sono domande al pubblico ovviamente sono benvenute, che è quello dell'inclusione. Ora ragionando su come mettere insieme i due elementi, cioè la leadership e l'inclusione, mi veniva in mente che un tema molto poco affrontato quando parliamo di inclusione e quando parliamo soprattutto della popolazione femminile all'interno delle aziende è quello della successione, cioè i piani di successione dei leader all'interno dell'azienda. Quella è una cosa che viene poco toccata perché viene poco praticata oggettivamente e però è un elemento fondamentale. Assolutamente sono d'accordo con il piano di successione, come punto in agenda soprattutto per il comitato nomine remunerazione delle aziende quotate è un tema, però l'esercizio vero intorno al piano di successione ancora si stenta a veder decollare e invece è un fatto fondamentale soprattutto in un contesto come quello che stiamo dipingendo qua. Perché naturalmente intanto partiamo dal fatto che c'è molto dedicato proprio al tema di costruire questo portato valoriale, questo clima aziendale, allineare tutti sugli obiettivi, quindi c'è una creazione di valore intangibile che va preservato e questo come lo faccio? Lo faccio anche continuando a rafforzare, a rafforzarlo facendo crescere i manager che quel portato valoriale l'hanno interiorizzato perché diventa molto più complicato poi se io faccio delle sostituzioni in continuazione dei manager che arrivano d'altra azienda magari validissime ma che hanno magari dei valori diversi, delle prospettive diverse, hanno un percorso differente. Quindi il piano di successione è innanzitutto un modo che ha l'azienda per garantirsi proprio, torniamo al successo nel lungo termine perché è un ricambio che viene fatto da dentro, è un po' come la famosa cantera che fece, mi sembra, il Barcellona, vorrei dire una scopidagine calcistica. Perché non si fa? Perché intanto anche questo richiede un lavoro perché come faccio il piano di successione? Faccio una disamina, misuro ogni posizione, il livello di diciamo, si fa la famosa pesatura delle posizioni a seconda della complessità, le caratteristiche, questi ci sono gli strumenti ormai a livello internazionale che ci insegnano come fare. Poi devo andare a rivalutare periodicamente le persone per capire come la riempio questa tavola della successione fino ad arrivare poi al CEO il quale il CEO rispetto normalmente, rispetto a questa prospettiva si sente sempre a disagio perché mano a mano che vede riempire la tavola di successione si sente un po' acerchiato e quindi anche da questo punto di vista se non è portatore di uno stile di leadership. Uno di questi mi farà le scarpe. Uno di questi mi farà prima o poi. Poi ovviamente. Una di queste sperabilmente. Sperabilmente una di queste dunque diciamo non è di solito sia ecco c'è una reazione magari non positiva da questo punto di vista però è uno strumento ed è per questo anche che prima citavo il lavoro che deve fare il Consiglio di amministrazione perché per esempio il Consiglio di amministrazione può essere, può svolgere un ruolo molto proattivo nello spingere l'azienda a dotarsi di tavole di successione che siano davvero molto popolate. Manu, la cosa della cantera mi è piaciuta tantissimo come metafora. No mi sembra che stiamo arrivando a dare una rotondità al ragionamento con il quale abbiamo iniziato ed è esattamente questo dato che ti trovi dei leader in azienda che devono per così dire sono portatori di qualcosa di nuovo che lo vogliano o no ma lo devono introgliettare comunque. Un nuovo modello di leadership delle necessità nuove per l'azienda delle necessità anche di bilancio anche normative diverse che ti impongono determinate cose a quel punto devi necessariamente prepararti la successione perché questa sia una successione non traumatica. Molto giusto e noi abbiamo sperimentato per esempio proprio questo l'assenza di piani di successione quanto possa essere difficile reclutare dall'esterno persone che poi di fatto vedi colloqui anche approfonditi ma non conosci quindi abbiamo lavorato su un piano di talent management e quindi di piani di successione che vanno insieme molto approfondito facendo le tavole e cercando di scendere in maniera il più possibile granulare all'interno del gruppo quindi riconoscimento dei talenti, piani di successione che fanno capire chi è pronto a due anni chi ha quattro in lungo periodo e per un unione di queste persone programmi interni di maturazione per capire se poi davvero potranno prendere il ruolo oppure no quindi direi che anche non soltanto un fattore di salvaguardia dell'azienda molto importante la prima casella chi è pronto a due anni dovrebbe essere sempre piena perché ovviamente le eccezioni possono capitare diciamo così e poi anche un fattore per i giovani molto attraente perché sanno che se sono talenti entrano in un track che li potrebbe portare piano piano nella tavola di successione a riempire caselle sempre sempre più alte quindi direi che è un tema sul quale non bisogna... mi raccontavano tra l'altro ieri proprio prima di cena mi raccontavano che c'erano ovviamente parliamo di molto tempo fa e per dare direi come sono cambiata ricordo che c'erano alcune banche d'affari che mandavano i top manager su due eri diversi quando andavano in trasferta perché dice metti che ne crolla uno ho pronto l'altro manager e scelta su questo prego non sull'eene io ovviamente non potrei interagire no io invece pensando al discorso dei piani di successione secondo me vale a piena anche sottolineare un po' di cose innanzitutto la discussione sulla valutazione dei talenti esistono ancora tanti stereotipi bias che penalizzano certi profili banalmente uomo donna nella discussione del talento del potenziale perché mentre riguardo gli achievement possiamo essere con tutti gli indicatori che abbiamo in azienda abbastanza obiettivi quando si parla del talento e si parla di ancora alcune caratteristiche abbiamo proprio un linguaggio diverso e mi spiace scadere nello scontato nelle cose già sentite mille volte ma questo linguaggio ancora esiste cioè l'assertività per esempio nel caso maschile e positiva nel caso femminile continua ad essere ancora negativa quindi diventa arroganza ci sono e questo influenza molto quindi attenzione la consapevolezza di questi bias può aiutare quindi il training e la formazione all'interno dell'azienda aiuta in questo in questo step poi un'altra cosa che che dobbiamo ricordare è aiutare il mentoring delle persone nel succession plan in particolare delle donne ovviamente ma diversità in generale per cui guidarle aiutarle perché i contesti e quindi la cultura aziendale soprattutto per donne o persone che arrivano dall'esterno comprendere culture aziendali soprattutto culture aziendali manufatturiere non è semplice non è scontato molte volte hai un sistema che spinge fuori anche un talento eccezionale preso preso dall'esterno quindi succession plan che non vivono da soli e che bisogna sostenere ed accompagnare perché altrimenti restano un esercizio che poi alla fine muore e vedi non per forma ma perché abbiamo perso dei pezzi nel frattempo questo per noi per valore di sempre ritornando al toolkit di cui parlavo prima è importante cioè accompagnare le diversità in tutti i processi nei processi esgine processi di sostenibilità c'è bisogno di un impegno costante diversità tra la leadership femminile quella maschile prima lei e poi oliveri non posso rispondere marullo perché lo metto in barrazzano allora la risposta più scontata e facile possibile è sì ovviamente uomo o donna sarebbe folle sostenere che uomo o donna sono uguali è stupido anche sostenere questa cosa sì siamo diversi siamo diversi sicuramente e ritorno alla pandemia e ritorno ai esempi di stati gestiti da donne rispetto a stati gestiti da uomini hanno mostrato un comportamento e risultati nella gestione della pandemia completamente diversi cioè ci sono caratteristiche come empatia e caring che sono diciamo sviluppati in maniera in maniera diversa quindi sì siamo diversi e dobbiamo imparare l'uno dagli altri perché forse molte volte dimentichiamo anche che l'uomo per esempio è capace di prendere di non prendersi tanto sul serio quanto le donne ma dico cose molto molto molto semplice dipende anche dal contesto in cui si esercita una leadership una leadership femminile, una leadership maschile io sono nata e cresciuta in un'industria manufatturiera e riconosco in me delle caratteristiche a volte più maschili che femminili perché purtroppo il purtroppo per fortuna il sistema in cui si viene in cui si cresce influenza influenza tantissimo. Sono d'accordo sono due proprio per la diversità che ci contraddistingue sono due stili diversi questo in passato ha portato anche proprio un po' la penalizzazione perché spesso noi donne non veniamo fuori non venivamo fuori in maniera sufficientemente in positiva e direttiva per per ricoprire idealmente il ruolo del leader così come era nell'immaginario collettivo del dei decenni scorsi mentre io ecco mi permetto di fare questa sottolineatura qua entriamo nelle opinioni però l'ho trovata poi riflessa in uno studio di due ricercatrici di Harvard e questo mi ha molto confortato cioè questo nuovo stile di leadership di cui stiamo parlando che deve fare un blend proprio da la parte più direttiva più gerarchica quella che deve tenere la barra del timone dritta verso i risultati e quella di coinvolgimento empatico inclusivo di tutti gli stakeholder è proprio tipica delle donne no è proprio l'esercizio che da secoli e secoli e secoli noi facciamo con i figli è esattamente quel lavoro lì quindi quel tipo di diciamo lettura della leadership femminile che dicevano che eravamo troppo kind and caring questo era quello che ci veniva detto è esattamente la caratteristica che qua riesce ad accoppiarsi bene con quell'altro diciamo a parte che comunque deve sempre esserci quindi secondo me questa è una stagione in cui forse ecco la leadership femminile potrebbe trovare anche una giustificazione che non mi correggono trovare una propria diciamo affermazione anche legata a queste cambiate mutate necessità delle aziende. Non chiedo niente, non chiedo niente lascio lascio lascio spazio alle domande per questi ultimi 6 minuti se ce n'è qualcuna 5 mi risultavano 6 comunque va bene c'è qualcuno che vuole fare una domanda che ha qualcosa a sottoporre su quello su quello che ci siamo detti prego. Sfido un attimo un po la situazione No vorrei che rispondesse Marullo a questa domanda appena fatta. Grazie speravo di poter rispondere io vorrei dire questo per me la leadership si misura per obiettivi e non per genere quindi obiettivi non significa soltanto la bottom line del conto economico ma tutto quello che abbiamo detto prima noi per esempio misuriamo gli obiettivi con una matrice fatta di comportamenti ispirati valori e ovviamente performance e il risultato da appunto la misurazione della performance stessa allora di fatto è evidente che uomini e donne hanno anche biologicamente caratteristiche diverse questo è un fatto e che quindi portano nel modo in cui fanno le cose le proprie attitudini niente da dire ma di fatto credo che includere al massimo grado e quindi fare in modo che si sviluppino leadership maschili e femminili ha un presupposto di fondo lasciare dentro l'azienda le persone libere di fare le scelte dando a tutti le stesse opportunità indipendentemente dal genere quindi è chiaro che una donna che desidera crescere in azienda deve avere le stesse possibilità di un uomo ma deve avere anche se desidera la possibilità di prendersi del tempo per la famiglia come lo deve avere l'uomo quindi io ragionerei più su una prospettiva di misurazione la capacità dei risultati indipendentemente dal genere è un modo forse secondo me più efficace per non discriminare nessuno e anche diciamo per includere naturalmente io so che ce lo diciamo tra uomini ma io mi sento molto caring per esempio se è consentito c'è qualcun altro che ha delle domande le curiosità qualcosa che vuole prego buongiorno volevo collegarmi alla domanda che fatto prima sulla leadership delle persone in smart working tutti noi manager da anni ormai ci riempiamo la bocca con valutazione degli obiettivi non degli orari dei risultati e poi ci domandiamo se la leadership esercitate persone che non vediamo tutti i giorni è un problema ma parliamo di leadership o di controllo perché leadership ma ho detto io lei ce l'ha con me non so se si può dire che al FED mi hanno cazziato tutti quando ho fatto questa domanda se c'è qualcun altro però sarebbe bello perché la faccia dei giovani dopo la risposta di Sergio sarebbe bello sentire anche le loro opinioni che io credo che per i giovani questa dicotomia leadership femminile maschile abbia un po' stancato forse no cosa dici in realtà io c'è sposo molto vengo da un'azienda fra l'altro farmaceutica alfa sigma che nella mia divisione guidata da divide quindi una che fra l'altro fa parte di valore di benissimo quindi abbiamo una leadership molto molto forte molto guidata sull'inclusione da poco insomma come dire se era da poco avvicinata anche a un'acquisizione qualche anno fa insomma di un'altra azienda farmaceutica quindi stiamo vivendo l'inclusione fra aziende diverse c'è molto è molto forte questo questa leadership femminile appunto della nostra head of business unit e in realtà però sposo pienamente quello che diceva appunto marullo cioè sento molto più la valutazione che deve essere guidata da quanto ha detto da quanto ha detto insomma e allora io ti lancio la provocazione non so se abbiamo tempo perché io sono d'accordo su quello che dici però io ti assicuro che la situazione delle donne e guardo l'italia e qui la differenza tra paesi la situazione delle donne e ancora tanto tanto indietro rispetto a quello che dovrebbe e lasciando pur e purtroppo togliendo questa caratteristica e parlando di leadership e per obiettivi si lasciano indietro tante cose tipo il fatto che il carico di cura è ancora completamente sulle spalle sulle donne delle donne e le donne non hanno la libertà che dichiariamo che possono avere Sergio faccio la provocazione perché ho visto la faccia delle donne in platea la domanda è quindi le donne deve avere un track privilegiato allora la mia risposta io guarda questa risposta te la vorrei dare il giorno che intorno al tavolo ci saranno 50 50 oggi siamo due contro l'uno è una bella presenza anche femminile per fortuna è scelta apposta però nel mondo aziendale non è così non è così e ci vogliono ancora e ce lo dice il world economic forum ci verranno 136 anni per arrivare alla parità quindi io sono d'accordo ragazzi io sono d'accordo che la leadership deve essere per obiettivi vediamo quanto ci vorrà finché noi potremo fare i figli proprio in pancia no no adesso non arriviamo a quelli di provocazione no il mio pensiero è per chiunque abbia responsabilità di team per favore non siamo ancora nelle stesse condizioni dedicate un attimino di tempo in più solo questo. Allora mettiamo in posizione dicendo naturalmente che quando si parla di grandi aziende dove la situazione ovviamente per per tanti motivi è migliore ma si parla soprattutto di tutto quel tessuto gigantesco di piccole e medie di cui abbiamo parlato nei quali e nei quali ovviamente essendo tra l'altro spesso aziende padronali eccetera eccetera c'è un tipo di cultura evidentemente diversa e nemmeno contaminata a livello internazionale a volte quindi con anche con tutto con tutte quelle difficoltà che ci sono grazie a tutti
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