Social & Web Reputation: gestire l’immagine e il suo impatto
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Social & Web Reputation: gestire l’immagine e il suo impatto
Dopo l’affaire Ferragni, un confronto tra voci ed esperienze diverse sul tema della gestione della comunicazione e dell’immagine sui social. Apre il talk un keynote di Pier Domenico Garrone.
Buongiorno, benvenuti a Trento, benvenuti al Festival dell'Economia di Trento, Benvenuto a questo panel in cui parliamo di web reputation, parliamo cioè di come la nostra presenza di ciascuno di noi sul mondo digitale sia oggetto di grande attenzione in questa fase, certo ne parleremo diffusamente il caso Ferragni è uno spartiaque ma è un caso che in qualche modo ha sollevato l'attenzione su qualcosa che per molti rimaneva, come si dice, nella coda dell'occhio, un dettaglio forse trascurabile in realtà essenziale nel comprendere un punto particolare, il problema è che la nostra vita digitale non è virtuale, è assolutamente reale ed è qualcosa che fa parte della nostra identità personale esistenziale non solo per i creator, l'influenza ma per tutti i milioni di iscritti ai social che quotidianamente gli osservano, li guardano, postano contenuti anche molto personali anche perché sono potenzialmente oggetto di analisi e discussioni da parte di soggetti terzi, amici, parenti ma anche di le sezioni di human resource delle aziende che quando devono decidere se assumere una persona, guardano anche come la persona si posiziona sui social, su tutte le varie piattaforme, e la vita quotidiana di oggi, la web reputation fa parte di un dettaglio molto più di un dettaglio della nostra vita, ne parliamo insieme a diversi ospiti, a diversi soggetti che tra poco vado a presentare, il primo è Pier Domenico Garrone che è un esperto digitale ed è il comunicatore, insomma, ha una grande competenza in materia di posizionamento della nostra web reputation sui vari contesti, io le lascio subito la parola in modo da, come dire, inquadrare quanto io adesso brevemente sintetizzato in maniera molto più dettagliata per entrare poi nel merito del dibattito perché sentiremo la testimonianza dei nostri ospiti ma poi ci farà molto piacere a sentire la vostra opinione ma soprattutto le vostre domande, i nostri interlocutori per fare in modo che tutto ciò sia un processo di condivisione, la conoscenza e la crescita delle competenze, dell'abilità nei vari contesti non può che passare dalla condivisione e quindi dallo scambio di opinioni. Quindi subito la parola a Garrone e mi faccio da parte, lascio il palco come si dice e mi ripresento tra poco, prego. Grazie e viva il Festival di Trento e intanto partiamo da quello che Marco ci ha appena detto. Sino pochi anni fa la web reputation, il digitale era considerato solo per i giovani, già a guardare oggi gli ospiti in questa sala e parlare di Donella, Paolo e Marco e Matteo ci porta a vedere che ci sono generazioni che sono nello stesso perimetro. Nello stesso perimetro digitale che in Italia nasce nel 2000-2001 quando è stata realizzata in questo Paese la prima rete UMTS al mondo e quindi la fluibilità dei dati in mobilità ha consentito di generare modelli di business che più o meno si sono sviluppati, si continuano a sviluppare, si renderanno sempre più dinamici. Ecco stiamo realizzando la società contemporanea. In questa società contemporanea ritornano e non si abbandonano però antichi e capaci pensieri, quello del diritto alla buona fama, quello che si diceva una volta la nomea. Il diritto alla buona fama, c'è uno stato che l'ha così già definito e regolamentato nel proprio diritto, non è lecito ad alcuno ledere illegitimamente la buona fama di cui uno gode o violare il diritto di ogni persona a difendere la propria intimità. Pensate che questo concetto non l'ha detto uno stato like-order, è nell'ordinamento della città del Vaticano. Allora su questo tema nascono riflessioni che sono sia di natura sociale sia di natura economica. La mia esperienza nel web reputation nasce nel 2010, allora ero direttore della comunicazione dei aeroporti di Roma, ogni volta che c'era un'assemblea succedeva qualcosa in rete. Parlare di comunicazione di web reputation già allora era essere definiti dai citofoni. Quando abbiamo definito cos'era in proprio, definita la metrica, abbiamo realizzato la prima gara sulla web reputation. Oggi siamo nel 2024, stiamo traguardando nuove frontiere tecnologiche, nulla di quello che è stato fatto prima viene abbandonato, ma anzi questa cultura digitale che poi si vede nei modelli che gli ospiti che mi seguiranno vi rappresenteranno diventano anche dei fattori economici. Allora andiamo sul tema del bilancio della comunicazione. Nel caso Ferrani abbiamo visto, abbiamo letto per non avendo letto le carte, due aspetti. Uno che mancava un bilancio della comunicazione, altrimenti la comunicazione di crisi avrebbe previsto come gestire e come invece casualmente è stato gestito. Questo è un fatto proprio di attualizzazione dei modelli, ma li troviamo anche nelle aziende. Oggi la crisi che troviamo molte volte sia nelle istituzioni ma anche nelle aziende è che le governance, le strutture, le personalità che hanno responsabilità di gestione, di organizzazione, di un'impresa o di un ministero o di una regione o di un ente pubblico ancora non hanno ben metabolizzato cosa significa l'innovazione digitale. Uno degli errori più incredibili e costosi per le nostre tasse è stato quello di aver confuso l'innovazione digitale con l'ammodernamento informatico, aver pensato che riempirci di computer in sostituzione dei fax avrebbe migliorato l'efficienza della pubblica amministrazione. Se manca un modello digitale più informatico apportato meno competenze saranno in grado di renderlo efficace nel prodotto finale. Questo è il tema della web reputation che è prima di tutto un'attività che consente la libertà d'impresa e la libertà delle persone. Per cui è un'attenzione estremamente perché se noi non abbiamo ben consapevolezza di che cos'è la gestione della nostra reputazione nell'eternizzazione dei dati che ci seguiranno oltre la nostra vita e quindi nel crescere è un po' come quando incontrate, almeno questa è la mia impressione e non vorrei che dare un segno diverso, quando incontrate una persona piena di tatuaggi pensatela quando avrà 70-80 anni. Un po' così è come saremo noi pieni di dati e come saremo dopo se quei dati ancora ci riconoscono il tempo. Rendere la nostra dinamica sociale adeguata alla nostra reputazione è un grosso lavoro, che sono certo che nell'attività imprenditoriale che ascolteremo è ben tenuto presente perché con lo strumento bilanciore alla comunicazione la contemporaneità è un fatto costante di ogni giorno, non è un periodo ma è il costante di ogni attività e di ogni momento. Non tocco il tema dell'intelligenza artificiale così banalmente definita l'apprendimento informatico intanto perché lì c'è un altro aspetto importante che è quello del pilastro culturale. L'intelligenza artificiale e l'apprendimento informatico va a colpire la capacità di discernimento di ciascuno di noi. Se noi non siamo strutturati con una cultura adeguata questa ci creerà più problemi che vantaggi. È uno strumento fondamentale, funziona sull'aspetto cognitivo in modo importante, ovviamente non entra sulla funzione empatica, però bisogna sempre cogliere che l'uomo, la persona, pigramente nella prima fase utilizzerà come ha utilizzato i motori di corso. Questo riducendo la propria capacità di scelta e questo è un grosso pericolo. Se invece vi è un pilastro culturale che sostiene e che alimenta correttamente l'algoritmo nella sua formulazione, questo sarà un grande strumento utile, ma non per togliere lavoro, ma creare nuove opportunità, nuovi spazi, è una gestione che tutti noi vogliamo del nostro tempo diverso e migliore di quella che siamo. Questo mio breve intervento vuole soprattutto elevare l'attenzione sul tema che è le reputazioni, intanto è interdisciplinare. Una volta voi parlavate di comunicazione si pensava agli uffici stampa, quando pensate agli uffici stampa allora stiamo parlando del museo, oggi è comunicare l'informazione. Questo è un'attività interdisciplinare che oggi va affrontata con il comunicatore, con il giornalista, con il legale e con la qualità degli strumentisti digitali. Nella cassetta degli attrezzi servono tutte queste competenze. Occorre operare in maniera interdisciplinare ancora più che multidisciplinare. Vi ringrazio per l'attenzione. Ci sediamo, invito anche i altri interlocutori, Matteo Aleotti a prendere posto qui con me. Adesso poi ci presentiamo tutti insieme. Sì, mettiti qui. Io rimango, dove che rimango? Avevo detto che rimanevo qui. No, di là. Scusate ma oggi ho problemi di identità perché nel contempo si sta svolgendo con altri 320 eventi che hanno bisogno di essere curati seguiti. Sì, però fa molto piacere essere qui con voi non solo perché abbiamo degli ospiti di eccezione da coinvolgere ma anche perché siamo anche in diretta sui social del sole, sulle piattaforme del festival e quindi abbiamo l'occasione di condividere una serie di cose. Paolo? Paolo Cartago. Lui ha più di un'azienda e ha molto da raccontare per quello che riguarda la capacità di declinare i singoli messaggi su diversi contesti. Antonella Arpa, la presento così ma molti la conoscono sulle piattaforme sociali di gamer soprattutto come Immorta. Poi ci racconterà magari qualche dettaglio in più di quello che è il suo posizionamento in termini di web reputation che per una donna che si occupa di videogame, di gaming non è cosa da poco. Partirei subito con Matteo perché è uno dei temi chiave per marcare la crescita anche imprenditoriale del posizionamento sul web sono i dati. Capire e analizzare quotidianamente i dati, lo dico anche da un giornalista del Sole24h, che ogni giorno la mattina una delle preghiera del mattino è leggere i giornali. Per noi la preghiera del mattino digitale è capire come è andato il giorno prima per i video, per i social, per il traffico e sapere quindi a che ora una cosa è andata meglio, quale pubblico, su quale piattaforma. Quale è la tua esperienza su questo tema? Sperienza importante, venendo dal mondo del digito e dell'innovazione i dati sono un po' il mio pane quotidiano. Sono un argomento molto ampio e anche un po' controverso perché tutti li ammiscono ma non a tutti piacciono, perché spesso li porto nelle aziende e certe volte c'è questo contrasto perché delle volte smentiscono delle credenze molto radicate nelle aziende e a quel punto bisogna anche mettersi in discussione dal volta. Innanzitutto cercare di fare questa divisione importante per i dati che sono i quantitativi e i qualitativi, adesso sono scenduti nei tecnicismi, però importante per esempio nel caso della reputation contare, andare a vedere i numeri di engagement, andare a vedere i numeri di ogni genere sulla quantità ma anche quello che è la qualità, per cui qual è il sentimento, cioè qual è il percepito, per cui è importante portare avanti questi due aspetti in maniera parallela. In più, un'altra cosa da dire sui dati è importante sempre affiancare in qualche modo, si dice questa cosa che un dato da solo non è un dato, per cui è sempre importante fare un raffronto, per esempio potresti dire che la crescita reputazionale o numerica di una figura è molto importante ma se il suo competitor cresce del 300% e tu sei cresciuto del 100% questo paragono ovviamente è diverso. Infatti sui dati io consiglio pure un libro, un consiglio di lettura che è un libricino molto interessante che è Mentire con le statistiche, è uno dei libri che dà più insegnamento sulla lettura dei dati perché proprio al contrario, capisci spesso anche come vengono presi in maniera certe volte furbesca ma anche come si leggono nella maniera corretta. Una parola sulle tue aziende. Io in questo momento sono l'amministratore di LTB, che è un'azienda di innovazione che si occupa di marketing e veniamo dal mondo innovation, del mondo startup, per cui portiamo le innovazioni più spinte a oseredire e le applichiamo su aziende, su figure professionali con degli strumenti acae avanzati. Anche quella applichiamo, per esempio, con dei software andiamo a leggere i dati, tutto ciò che si dice di un brand, di una persona, di un determinato argomento, riusciamo a ricavare un profilo molto molto accurato, simile a quello che ricavano i social con noi, per cui sanno tutto di noi, i nostri interessi, la demografica, una serie di cose, e riusciamo anche a tirare fuori una sorta di persona say-hi, cioè una persona che può interrogarli e gli può chiedere, per esempio, cosa ne pensi di questo discorso, cosa ne pensi se faccio una campagna rossa piuttosto che blu, e cominciare a restare questo tipo di informazioni. La cosa importante, e chiudo, è il tema sempre della sperimentazione, perché io vengo da questo mondo, che è il mondo growth, che sarebbe il mondo di growth marketing, sarebbe un marketing ad alto tasso di sperimentazione, per cui scopro delle cose, quei dati, però poi devo andare con un modello empirico a testare sul campo in maniera molto veloce per capire cosa di quello che ho scoperto funziona. C'è Amazon, per esempio, che tutti conosciamo, che è un'azienda leader in questo, loro hanno questo slogan che è Day One, cioè loro si sentono tutti i giorni al giorno uno, sono rimasti startup anche se ovviamente sono le più grandi aziende al mondo, perché continuano ad applicare questo principio startup, quello che porto anche nelle aziende, il principio di fare testing, sperimentazione rapida, leggere i dati e implementare quello che funziona. Matteo Aliotta, anche per te i dati sono fondamentali? Buongiorno a tutti, mi presento al volo così almeno giustifico la presenza qui. Io sono Paolo Cartago, ho iniziato come attore da piccolino, poi quando sono diventato grande mi sono chiesto se volevo continuare a farlo, ho detto va bene, non lo voglio più fare e quindi ho detto mettiamoci in un'altra posizione. Da lì, grazie all'esperienza come attore ho fondato Clover Tree che è oggi la nostra agenzia pubblicitaria a casa di produzione, quindi seguiamo brand e aziende nel poter vendere i loro prodotti, farsi conoscere e realizzare la loro comunicazione in generale. Nel 2018 abbiamo fondato una società che fa prodotto, quindi cosmetica a base di olio di semi di canapa e CBD specifico i nostri ingredienti principali perché sono stati poi un bel problema da gestire nella comunicazione e quindi anche nella reputazione del brand e di quello che faceva. Alla fine abbiamo fondato anche una società di management di artisti e celebrity e quindi gestiamo influencer, cantanti, artisti, attori, quindi questo qui è un po' il nostro mondo. I dati sono sicuramente, io non sono l'uomo dei dati, ci appoggiamo in azienda ovviamente, c'è chi si occupa dei dati principalmente, io credo che poi i dati vadano spesso anche interpretati, nel senso che troppa matematica poi va a togliere anche un po' di visione reale sul mercato e su quello che si vede, c'è spesso tante cose, in questo magari potrai anche tu confermare che non sembra, che sempre il dato poi è la parte vera di quello che poi è il sentiment del pubblico, quindi queste due cose devono sicuramente vivere assieme. Bisogna essere data informed, non driven, non schiavi dei dati ma sicuramente a conoscenza dei dati così da poi poter creare quello che serve. Non sono data dicted, non ce n'è mai abbastanza di dati per sapere, per cui ne vuoi sempre di più e alla fine rischi di, ma ci racconti anche poi i tuoi ambiti di interesse come tutto ciò viene applicato? Assolutamente, ma allora per esempio noi in agenzia quando seguiamo i clienti e dobbiamo andare a creare, partendo sempre dalla reputazione, io ci tengo a portare un po' l'argomento più terra a terra perché poi io sono così anche con i nostri clienti, non sono uomo di grandi paroloni e grandi inglesismi, sono più uno di capiamoci al volo e cerchiamo di arrivare alla cosa migliore da fare. La reputazione sul web non è altro che la reputazione di cui conosciamo da sempre, da millenni, cioè quella al bar. Se tu al bar hai una reputazione da donnaiolo, da stupidotto, da ignorante, quella è la reputazione che ti fai. Riportiamo queste cose sul web e più o meno a grandi linee questa è la stessa tematica. Quindi sul web in base a come ti comporti, a come comunichi, ai dati, cioè nel senso ai contenuti che tu vai a condividere, automaticamente ti crei questa reputazione. Questo può essere gestito. Il caso Ferragni che è stato uno degli ultimi casi più chiacchierati, lì si potrebbe anche sempre partire, non tanto a discutere o ad analizzare la crisi, cioè come gestire una crisi che è sicuramente una tematica interessante, anche un poco si para. Lì si parla, io sono più per dire andiamo a fare un po' di prevenzione su questo, nel senso che si può parlare di come curare, il problema è come siamo arrivati lì nel modo superandi, cioè quello che oggi bisogna anche un po' cambiare, spesso lo diciamo anche ai nostri clienti, alle aziende. E quando qualcuno arriva con l'idea proprio no dobbiamo fare questo, dobbiamo vendere questo, faccio sì ma voi chi siete? E questo vale per tutti anche per i vostri profili personali, cioè crearsi un personaggio poi significa anche essere schiavi di quel personaggio. E lì è come un attore che finito lo spettacolo, finito il film non esce dal personaggio, allora a quel punto chi sei e chi siamo? E questo vale anche per un'azienda con tutte le complicazioni che poi ha in più del fatto che un'azienda è composta da più persone, più teste, persone che poi anche cambiano e quindi se si prende una direzione, poi quella persona chiave magari creativa strategica va via, beh porta via anche un pezzo di anima di quella comunicazione lì. Quindi queste sono tutte le cose che vanno gestite nella reputazione di un'azienda e anche nel suo posizionamento. La reputazione è il precipitato di una serie di politiche in senso ampio, non si improvvisa e se vogliamo appunto cogliere una lezione dal caso Ferragni di cui tutti parlano da mesi è proprio questo, cioè si ingegnerizza un processo lavorativo in questo caso come in tanti altri casi. Ci torniamo tra poco, citavi un po' il personaggio, allora Immorta al secolo Antonella Arpa, Immorta è un nickname o un personaggio da vestire ogni giorno con difficoltà, con diversi tipi, raccontaci un po' chi sei. No, no assolutamente non deve esserci difficoltà, io penso che effettivamente la cosa importante di un content creator è la fidelizzazione, quindi fidelizzare le persone, cosa significa? Che devi essere quanto più trasparente possibile, quindi la comunicazione deve essere diretta, efficace. Io inoltre, oltre ad essere una content creator, lavoro anche in televisione, quindi effettivamente vedo come funzionano le piattaforme, quindi una piattaforma più tradizionale come la televisione che è molto studiata, io devo studiare le mie scalette tante, tante volte, taglia, rifai, al contrario quando sono sul web devo fare una storia su Instagram piuttosto che un video su YouTube, è molto più immediato, quindi sicuramente è una comunicazione molto diversa, molto più immediata, molto più senza filtri. Quindi, oddio, quale preferisco non ti saprei dire, mi piacciono entrambe, altrimenti non le farei entrambe, direi che mi piacciono insomma entrambe. Una donna che fa gaming è ancora un tabù, oppure ormai, insomma, anche tu hai contribuito a superare questi luoghi comuni, diciamo così. Allora, diciamo che i videogiochi sono ancora un mondo prevalentemente maschile, ahimè, però i brand stanno facendo davvero tanto, quindi le aziende cercano di essere sempre più inclusive. Non è neanche vero che le donne non giocano, molto spesso le donne si nascondono dietro nick name maschili, proprio per non essere importunate o per non sentirsi insultate o addirittura molestate insomma in game. Quindi ci sono questi altri tipi di problemi per tutto ciò che riguarda i videogiochi, videogiochi che sicuramente è uno degli ambiti più fruttosi in questo momento visto che siamo al Festival dell'Economia, quindi sicuramente molto pop che anche dal mio punto di vista, essendo content creator ed essendo tantissimi miei colleghi uomini, da questo punto di vista essendoci poche donne, sicuramente il brand, essendo inclusivo, se prende tre uomini e una donna quasi sempre prende me, diciamo, nel senso proprio perché ce ne sono veramente poche. E questo dal mio punto di vista sicuramente è da riguardare insomma perché ci dovrebbero essere molte più donne e quindi il mio messaggio qui è quello di dire non vergognatevi, giocate, usate nickname femminili e non vergognatevi insomma anche perché da recenti ricerche si dice che addirittura il 48% del totale dei giocatori siano donne, quindi non sono così poche, semplicemente non si fanno vedere. Tu sei imprenditrice di te stessa sotto molti aspetti, ho sentito il punto di vista di imprenditori e tu lo vivi in prima persona, questo ti mette a confronto anche con critiche e problemi di diversa natura sulle piattaforme, quanto tempo dedichi ai commenti malevoli che possono arrivare da ogni parte? No, no, fortunatamente non ho tanti commenti malevoli. Diciamo che la maggioranza del mio studio durante la giornata è capire come si evolve la piattaforma. Esistono oggi davvero tantissime piattaforme, tantissime social e io li ho quasi tutti e sono tutti molto molto diversi tra di loro. Quindi io penso che la più grande difficoltà del mio lavoro sia proprio adattarsi ad ogni singola piattaforma, ad esempio una piattaforma che spopola in questo momento è TikTok ed è una piattaforma molto difficoltosa perché tu hai un secondo per attirare l'attenzione del tuo spettatore e non c'è nulla di più difficile. Hai quel secondo per catturare la sua attenzione altrimenti lui scrolla, va avanti, vuol dire che quello che stai dicendo non è interessante, in realtà questo lo trovo anche molto spaventoso, nel senso che fa capire che devo adattarmi anche in base all'utente che secondo me soffre in questo momento di un deficit dell'attenzione, vuole tutto e subito. Ad esempio una delle mie piattaforme preferite è sicuramente YouTube, quando voglio recensire un libro o un videogioco è sicuramente una piattaforma che non ti pone limiti di tempo e puoi spiegarla per bene, al contrario TikTok devi spiegare e devi attirare l'attenzione del tuo pubblico in un minuto e forse non ti ascolta neanche in quel minuto perché è una piattaforma talmente rapida, talmente veloce che devi essere tu super convincente. Il grande rischio è poi diventare superficiale su questo tipo di piattaforme, però è adattamento darwiniano in qualche modo, quindi la più grande difficoltà sicuramente che riscontro è quella di diversificare in base alle varie piattaforme. Cambia il contesto digitale, anche una campagna fatta due anni fa o per l'anno prossimo, come vedi queste evoluzioni? Lo dicevo poco fa, ricollegandomi anche al discorso Ferragni, Criador, Influencer e quant'altro, sicuramente c'è un cambiamento, non è un cambiamento così immediato come si possa pensare perché ci vorrà del tempo, però sicuramente c'è un prima e un dopo. Dicevo poco fa che io ricordo gli albori del web perché oggi ho superato i 40 e ho iniziato fino agli 90 nel web e all'inizio era una terra di mezzo, una terra di nessuno dove si pubblicavano principalmente informazioni, si sviluppavano siti web e c'era una regolamentazione anche un po' così parziale. Nel mondo influencer ho come questa impressione che si inizia ad attenzionare molto di più e probabilmente entrano delle regole più stringenti, questa è poco ma sicuro, faccio una battuta, se noi quattro facciamo una radio o facciamo anche regionale o una piccola tv siamo sottoposti a tante regole, tante regolamentazioni e magari facciamo mille o duemila ascoltatori, se ci dice bene appena partiti. L'influencer che mai hanno 20 milioni di follower e fanno una stories e raggiungono magari milioni di personaggi, adesso c'è meno rich, però hanno regolamentazioni diverse, poi mi risponderai perché vedo che vuoi dire la tua giustamente. E' chiaro che adesso subentri questo tipo di discorso qui che siano un pochino più stringenti e più intenzionanti, del bene e del male, per cui penso che molti creator e molti influencer siano solo che contenti di questa cosa perché c'è anche delle regole chiare che aumentano probabilmente la qualità. E' un discorso anche di esposizione dei minori, dei bambini, di continuamento, tutta una serie di questioni che secondo me le vedo poi dal nord Europa, io ho sempre fatto così, guardo un po' a nord Europa, America, è una sorta di macchina del tempo per vedere cosa arriverà qui nell'arco di due, tre, cinque anni massimo. Ecco Paolo, hai voglia di condividere un'esperienza senza fare i nomi e i cognomi di brand? Assolutamente. Sono 24 ore. No, no, c'è il tema del feedback negativo da trasmettere magari a un cliente, a una società, a chi aveva delle attese e non le ha raggiunte o arrivano dei feedback negativi inattesi da direzioni. Ecco, nella tua esperienza ti è capitato mai qualcosa del genere? Come l'hai gestito? Come l'hai affrontato? Per fortuna di grandi crisi non le abbiamo avute perché abbiamo lavorato bene prima di prevenzione, quindi questo sembra una frase fatta di dire, ma non è questione di essere bravi, è questione di operare nel modo giusto. Sicuramente capita di avere commenti negativi, operazioni che... però lì devo dire che ciò che unisce tutto questo è la mancanza spesso di sincerità, che questa è una tematica che io ci tengo molto a portare avanti. Nell'impresa in generale la sincerità è un ingrediente che deve esserci, che è un qualcosa che negli anni ci siamo completamente dimenticati, o comunque la necessità dei dati di vendere e di semplicemente di arrivare al fine ha un po' abbandonato questo valore che è comunicare sempre comunque qualcosa di sincero. Questo vale sia per il content creator che spesso secondo me, nel senso la maggior parte, ha un'identità digitale completamente diversa da poi la loro identità nella realtà, quindi sono persone all'interno di un personaggio e questa cosa qui spesso... Non ci conosciamo abbastanza per poterlo dire, ma almeno quelli che ho seguito io e con quello che farei io spesso dico wow, ok, nella vita non sei così e forse anche per fortuna. Questo però lo vediamo anche per esempio nel caso Ferragni, si torna sempre un pochino lì, anche lì c'è stata una grande disuguaglianza tra uno stacco, sono un po' da ring, hai visto che preferisco un po' andare così poi ci divertiamo anche a chiacchierare tra di noi e a scambiare un po' delle idee, altrimenti è anche un po' noiosa come tematica. Quindi devo dire che nel caso di Ferragni in questa cosa qui spesso può portare a un qualcosa di diverso da quello che sei, quello che vuoi comunicare a poi quello che effettivamente mostri. Nel caso Ferragni è un giro di boa, totalmente e questa cosa qui va analizzata e va gestita, è vero non sarà un qualcosa che cambierà nell'immediato ma è assolutamente partita un'onda di cambiamento su tutti quanti, sul modo di comunicare e questo è un qualcosa che devono cambiare le aziende, devono cambiare i content creator perché altrimenti il vecchio modo di fare negli ultimi anni delle marchettate, tutte queste operazioni qui, non portano a nulla ma se vogliamo vogliamo parlare di dati non portano vendite, molto semplice non portano vendite cioè continuare a fare quel modo di comunicare non porta nulla quindi perché sono un po' naif a parlare di sincerità perché spesso è proprio lì la sincerità che sta nella vendita, ogni tanto fare un passo indietro e ricordarsi ma com'è che si vendeva, si vende quando io nel mio sono un commerciale nel senso che per qualsiasi azienda che abbiamo mi occupo molto di vendere ai nostri clienti, quando vendo io do il mio timbro, a un certo punto della vendita ti dico, te lo sto dicendo io, ci metto la faccia nel dirti facciamo questa cosa, compra questa cosa, questo significa che tu hai messo la tua reputazione in campo per chiudere la vendita, il concetto è lo stesso, se perdiamo questo timbro poi non si vende più e questo vale per le aziende vale per i content creator e vale per tutti quanti. Allora sì, devo esprimere la mia opinione insomma sulla mia collega diciamo in qualche modo, no io penso oggettivamente che il caso Ferragni per quanto voi diciate è un caso unico e irripetibile, Chiara Ferragni non è assolutamente in questo senso una mia collega, perché? Perché dico questo? Perché era diventata talmente forte, talmente potente da surclassare il potere e la volontà del brand, tu dici non ci sono regolamentazioni, io quando devo fare uno sponsor ma sai quante volte devo mandare in approvazione un video a quell'azienda e sai quante volte l'azienda mi dice così non va bene devi rifarlo, devi tagliare qui, devi fare lì, lei non faceva più quella cosa, era diventata talmente potente da dire... Era diventata overconfidence la sua, cioè un eccesso di potere di confidenza e abbassato l'attenzione. Era addirittura superiore la sua volontà a quella del brand stesso e questo proprio il punto, questa cosa non su, certo sicuramente io non ho il suo seguito ma secondo me non succederà mai più, nel senso che era diventata talmente forte che il brand diceva ok va bene piuttosto che non avere lei io ho lei alle sue condizioni, questa cosa nel panorama dei content creator non esiste, io una sola volta ho fatto mi ricordo una cosa simile nel senso che era un'attività commerciale per cui il brand dava in beneficenza delle cose, tu non hai idea di quante cose ho dovuto dire in quelle storie, di quante volte ho dovuto rifare quelle storie, delle scritture che dovevo addirittura mettere perché il brand come dici tu ci mette la faccia e la faccia non la perde. E' bel problema che la faccia la metti anche tu, e questo guarda io in questo momento qui ho tre mail del cliente che è incazzatissimo devo dirlo sinceramente perché siamo in ritardo nella consegna ma gli ho mandato la foto e gli ho detto sono qui datemi un'ora poi vi rispondo con calma e stiamo andando online con una dv, in questo caso qui invece ti faccio questa domanda, è il cliente che deve decidere come utilizzare il tuo profilo o sei tu che deve... E' il cliente che ti paga. E' la cosa chiave, questo è quello che cambierà fino ad oggi, la pubblicità è stata il cliente compra degli spazi, però un conto è quando tu andavi a comprare gli spazi, fai una campagna di advertising su un social, stai comprando degli spazi, ma l'influence marketing è un'altra cosa, l'influence marketing in generale vuol dire utilizzare un canale che è un brand, tu sei un brand, tu sei il tuo brand, capito? E quindi in questo caso qui avendo tu hai un nome, hai un cognome, quindi hai un brand, e hai anche una reputazione digitale, e hai anche il tuo stile, il tuo modo di comunicare qualcosa. Ma deve assolutamente adeguare, soprattutto quando ti parla... Ancora un po' del suo alcosino. Ah adesso sono tutti cambiati, sono tutti molto più... Però sono più tirati. Perché? Perché i dati alla fine non si... perché le conversioni si sono abbastate tantissimo. Il influencer non porta gente nei negozi, l'influencer... questo stiamo parlando della massa, poi è ovvio che ci sono singoli profili che convertono di brutto, quello ci mancherebbe, dipende anche dal target. Ma quello che voglio dire è che la collaborazione tra un brand e un talent, ok? Deve essere una collaborazione acqua, se si vuole convertire deve essere una collaborazione a quattro mani. Cioè il brand ti seleziona perché tu rappresenti per x motivi i valori, un'immagine che si sposa con loro, ok? E tu metti la tua creatività, le tue cose. Quello che ti dicevo delle me li stiamo litigando perché ovviamente questo cliente è uno dei brand più grossi che abbiamo di occhiali in Italia, poi uno ce ne sta quindi, che ce li ha tutti. Ma in questo caso qui ovviamente sta imponendo un po' le sue, deve essere così, deve essere quella, deve essere... Ha detto, ma questa qui è una marchettata, quindi uno il nostro artista non lo fa perché non dobbiamo fare una marchettata, ma perché a voi non serve la marchettata. Perché tutti noi ci siamo abituati ormai quando... Cioè deve essere credibile. Ma credibile non tipo fammela naturale. Ma naturale non vuol dire credibile perché poi sotto c'è un hashtag gigante che ho scritto a DV. Quindi che credibilità ha questa cosa qui? Diciamo che questa è una comunicazione molto diversa, è spostato l'attenzione da una sponsorizzazione che sono assolutamente d'accordo con te. Devi essere accattivante e creativo quanto più possibile, anche io odio le marchettate, dalla beneficenza in cui devi assolutamente, obbligatoriamente dire questa cosa. La beneficenza è un nostro discorso. No, parlavamo del caso Ferragni per quello. Su quello sono assolutamente d'accordo con te, però ci tengo a dire quest'altra cosa. Non è che prima dichiara Ferragni io non fossi obbligata a mettere a DV, sono anni che io devo obbligatoriamente metterlo, quindi non è che ci siamo svegliati ieri. Sbagliava che non lo faceva prima, ma io con i numeri che ho non posso assolutamente permettermi di non dichiarare di fare una DV. Quindi in realtà le regole già c'erano, semplicemente, come anche tu stesso hai detto, qualche furbetto non le applicava o addirittura il più grande di tutti non le applicava. Su questo hai assolutamente ragione. Io proverei a dar la parola a chi ha delle domande da porre ai nostri ospiti. Cioè Federica con un microfono che adesso andiamo a recuperare. Nel frattempo cito proprio il caso zero, quello peggiore in assoluto, cui stiamo assistendo in questa settimana perché proprio si va a votare e la gente fa promozione di se stessi sui social anche in vario modo per dire votate per me. Adesso non cito i partiti, però cito il nome perché quando lo slogan è l'Europa è un pollaio, vota Gallo, francamente per me il voto è qualcosa di importante. Magari non vado neanche a votare, però giocarla così non so, voi siete esperti, voi votereste per uno che usa uno slogan del genere? No, ma non è tanto quello quanto noi abbiamo seguito politici in varie cose. La politica davvero ha bisogno di un panel di comunicazione ad hoc perché è davvero disastroso. Mi ha fatto simpatia il TikTok di Silvio Berlusconi, però quando apri TikTok fu molto carino. Una domanda diversamente giovane come me. Esatto, proprio per quello voglio fare questa domanda. Come viene valutata e quanto conta anche l'età di chi riceve i servizi di pubblicità? Come viene calcolata e se viene modificato anche il messaggio in base all'età del target? Poi anche pensando alla gestione dell'immagine personale, anche l'età dell'AICAR può essere influente. Secondo me un AICAR giovane può valutare meno peggio certe immagini che trova sui social delle persone, mentre magari uno diversamente giovane come noi potrebbe... Più schizionoso. Esatto, avere una percezione. È nell'occhio di chi guarda. Partiamo dalla prima domanda. Il discorso è molto ampio, il target è tutto. La cosa che voglio far passare è che mi rivolgo sia al target di persone molto giovani, mi capito di lavorare anche in grandi aziende, con amministratore delegati, imprenditori, persone con età adulta. E oggi, che è un po' il messaggio che abbiamo dato in apertura, ha un impatto a tutti in questo discorso della reputazione del personobrand. Perché quando parli una persona giovane, spero che non devi spiegarglielo quanto è fondamentale il controllo delle nostre immagini sui social, la comunicazione e quant'altro. Quello che vorrei far passare in generale è che la nostra presenza comunque c'è. Questo perché trovo resistenza quando vado nelle aziende. Ci sono molti manager che dicono, no, ma io che non mi vado e mi metto in affare, postare sul LinkedIn piuttosto che sul social, non me ne frega niente, non ho tempo. Il tema è che le due informazioni ci sono comunque. Per cui se uno cerca nome e cognome, troverà qualcosa su di te. La cosa importante che io cerco sempre di dire è che cerca di prendere possesso delle due informazioni in qualche modo. Anche in maniera molto semplice. Io banalmente a suo tempo, da decina di anni fa o più, facevo professionista web, ma giocavo anche a calcio, facevo musicista, non c'avevo soli informazioni. Allora io cercavo mio nome e cognome e uscivo a fare di tutto. Allora tanti anni fa ho deciso di fare il mio sito web nome e cognome così avevo il controllo di quello che le persone trovavano su di me. Questo non era ovviamente pre-social, ma oggi è la stessa cosa, è fondamentale. Però i target sono diversi anche quantitativamente. Cioè i boomer sono molto più dei generazione Z. Questo cambia decente. Dipende anche dove andiamo a prenderli. Comunque rispondendo alla domanda, se parliamo di un'attività pubblicitaria, ovviamente cambia il messaggio in base a chi lo vogliamo comunicare. Nel senso che sia in termini di contenuto, sia in termini proprio di ciò che scriviamo e come lo scriviamo. Quindi magari ci diamo del tu. Magari tu usi una piattaforma probabilmente comunque all'interno del gruppo meta, che sia Instagram o che sia Facebook, andremo a comunicare un qualcosa che possa arrivare a te che ha degli ami che ti possano attirare in quel senso. Un content creator è diverso perché il content creator non è che va a spezzettarsi nuovamente il target su ogni attività che fa. Anche questo è meglio, per fare un esempio proprio pratico, per un cliente oggi come oggi, più che prendere un singolo content creator con tanti numeri, è meglio magari fare micro-influencing, che invece è un'attività dove tu vai a prenderti dei piccoli profili, però super verticali. Una mamma sui social che ha 10.000 follower mamme, perché ogni giorno lei fa contenuti su come allatta, su come lo fa crescere, su come lo svezza, vale in realtà in termini pubblicitari molto di più di una di... Lei come te, che invece ha dei numeri molto più importanti, quindi a vedere lo dici cavolo, ha più di un milione di follower, però ha un target completamente diverso, quindi lei fare un'attività con Plasmon non converte nulla, eppure ha un milione di follower. Diversamente invece una piccola influencer da 10.000 follower che è seguita da mamme fa un'attività con Plasmon e Plasmon sboccia. Il target è assolutamente tutto, perché effettivamente se infatti l'esempio era perfetto, io sono seguita da un pubblico maschile, giovane, viene da me, e qui parliamo proprio di brand reputation, viene da me un brand di pentole. Io la devo accettare o non la devo accettare? Chi comprerà mai della mia community, che ne ho tantissimi, ok, quindi su tutte le piattaforme 3 milioni di persone, però non ho casalinghe, ho anche poche donne in generale. Io però cucino, io cucino. Ok va benissimo però. Quindi la creatività in questo caso potrebbe aiutarti, nello sviluppo è no, perché magari offriva abbastanza soldi. Sicuramente, però diciamo che per onestà intellettuale secondo me un bravo content creator dovrebbe dire al brand di Plasmon, facevi prima l'esempio di Plasmon, e dire guarda, più che altro perché poi il brand ci rimane male e la mia web reputation, perché di quello parliamo, si abbassa perché dice va ben questa qui non converte. Ovviamente se viene da me un brand di videogiochi la situazione cambia, so che la gente compra quei videogiochi, ne compra tanti e quindi li si accetta ovviamente e si accetta anche a determinati prezzi che non sono i prezzi dei micro influencer che venivano esatto menzionati prima. Quindi sta tutto lì, nel target, il target prima si parlava di quantità versus qualità, la quantità non è la qualità e te lo dice chi la quantità ce l'ha, ok? Però bisogna indirizzarla in qualche modo quella quantità, quindi io anche se ho un milione di follower, le pentole non riesco a vendertele. Quindi è lì il brand che deve fare una buona analisi di mercato e chiedere i data, quindi si torna nuovamente sui dati e vedere questa ragazza che fallora quanti anni hanno, da dove vengono in base al prodotto, quindi il target è assolutamente tutto. Allora Antonio ci deve lasciare tra poco perché c'è un treno che l'aspetta, ti chiedo proprio l'ultima cosa, darci un flash sul futuro, perché adesso tu dicevi TikTok ci sta imponendo anche un codice linguistico diverso, grande velocità nel primo secondo, ma cambierà qualcosa, cosa vedi? Sai che mi spaventa questa domanda, nel senso che più si va avanti, facci caso, si è passati da YouTube molto lungo, Twitch in cui c'erano ore e ore in cui dovevi stare in live, a Reel, a TikTok, a piattaforme sempre più immediate, quindi le persone vogliono tutto e subito e li devi accattivare in qualche modo con sempre meno tempo, è un po' spaventoso effettivamente, quindi non ti lascio con un buon presaggio, però effettivamente il mio lavoro è quello, adattarmi. Già l'attenzione inferiore è quella dei pesci rossi, diventeremo ancora... E' quello poi il rischio di diventare superficiali in qualche modo, questo è un bel rischio. C'è anche la bellezza di andare ad approfondire i temi, cioè di andare offline, venire a un festival come questo, confrontarsi con persone vere. Quella per me che faccia questo lavoro è la parte più bella, cioè la parte umana e sociale, perché abbiamo aperto questo panel dicendo che è tutto virtuale, però siamo effettivamente persone, non c'è nulla di più bello, non siete un milione, però è sicuramente molto più tangibile vedere una platea con tante persone che probabilmente, non lo so, quanti saremo? Un centinaio? Non lo so, più o meno un centinaio? 80, ecco. Se io ad esempio vedo 80 like sul mio post, io sono finita, posso chiudere baracque e burattini, invece qui è bello, nel senso di che c'è una stanza piena, quindi benvengano questi eventi davvero. Comprate pentole, vi raccomando. Sponsor del giorno. Grazie Antonella. Grazie davvero, molto interessante. La congediamo visto che i treni non l'aspettano, però se avete altre domande noi siamo ancora qua un quarto d'ora per ragionare intorno a queste cose. Salve e buongiorno. Nel caso che avete citato c'era un terzo elemento che era l'ente del terzo settore benefico che avrebbe raccolto i benefici di quella campagna. Io sono il direttore di un ente del terzo settore, quindi senza scopo di lucro. Voi fino a adesso avete parlato di vendere prodotti e monetizzare. Gli enti del terzo settore per definizione cercano di rappresentare una mission, una visione, che poi si realizza in qualcosa da fare. Mi chiedo proprio per non bruciare la reputazione che questi enti si costruiscono o coi valori oppure su come hanno messo a terra quei valori. Mi chiedo di chiedere un po' più da vicino quali sono i vostri ruoli diversi che ho capito. Premetto che io ho 35 anni ma ne ho 70 al punto di vista dei social. Non sapevo chi fosse Antonella, un mio coetano mi fa, ah incredibile, micidiale. Mi chiedevo da questo punto di vista proprio perché ci sono enti che hanno reputazioni fuori dal social, come approcciare il social o questo mondo senza bruciarsi e quali sono i ruoli che voi svolgiate che sono anche di tutela, non solo di raccogliere. Volevo citarti uno spot da un importante ente che era il telefono azzurro. Mi faccio uno spot che forse qualcuno di voi ha visto dove c'era questo incendio, questo qui correva su per l'edificio tutto in fiamme. A un certo punto entra in questa stanza, ci sono due bambini che si proteggono sotto un tavolo e un cagnolino. Lui preste i due bambini, va via con i due bambini, lascia il cagnolino da solo e viene sopra scritto in enorme prima i bambini. Stiamo parlando del telefono azzurro, un ente che da più di 30 anni, 40 anni, io sono nato, me li ricordo, anche perché c'era sempre la minaccia mia mamma, se vai avanti a sgridarmi, chiamo il telefono azzurro. Me li ricordo da sempre, hanno fatto tantissimo per i bambini. Quindi parliamo di una realtà che ha veramente realizzato qualcosa di grande e di positivo. Loro sono finiti in una shitstorm incredibile l'anno scorso, ma giustamente, ma giustamente, è lì per dirti quanti filtri ci sono prima che quella cosa arriva da online, non sono pochi. Perché l'agenzia pubblicitaria era un'agenzia molto grossa, poi hai la casa di produzione, poi hai qualcuno del lente che segue il progetto internamente. Quindi stiamo parlando di almeno 40 persone di mezzo e non ce n'è stata una in grado di bloccare questa cosa e direi ragazzi, ma state lasciando un cane tra le fiamme, dicendo prima i bambini. Aspetta, ma magari non mettete il cane, non lo so, inventiamoci qualcosa altro, cambiamo crezità, perché devi mettere la scelta tra chi è più importante il cane o più importanti i bambini? Giustamente tutto il mondo delle associazioni di animali si sono incazzate e hanno fatto l'altra cosa. Quindi, e anche qui parliamo di reputazione e questo è un grande rischio. E qui qual è il problema? E' che si va a smantellare una realtà che ha fatto per 30-40 anni quello che è delle grandi cose e tu per una superficialità, perché poi alla fine quella è tanta superficialità che in questo momento qui, in tutti i settori è così, ma proprio qualsiasi settore, si è persa un po' la cosa di metterci la cura in quello che si fa. Poi magari lo spot è esteticamente bellissimo, fotografia bellissima, regia mega action, sì sì, ma il messaggio finale è completamente sbagliato e quella cosa di il purché se ne parli non è poi così vero, perché sul web c'è una memoria che rimane. Quindi quello che noi facciamo, al contrario del bar, che è la stupidata che dice al bar, vabbè, c'erano 10 persone, fatto la figuraccia, poi quelle 10 a qualcuno magari la raccontano, ma dopo qualche settimana la cosa passa. Sul web non è così. La stupidata che tu fai, te la ritrovi e te la porti dietro per molto più tempo. C'è una pagina mi pare, punto di meta, le peggiori pubblicità. Sì sì sì. Questo è sotto il poi, c'è la parola mante. Il tema è quando si dice virtuale, è qualcosa, virtuale sembra che non esista, che fa parte di un mondo a parte, il nostro è un mondo reale, il mondo virtuale è qualcosa altro. Parallelamente si è sempre pensato, con questo bias, a pensare qualcosa messo in rete con qualcosa che passa, mentre per esempio un libro o un giornale di carta è qualcosa che resta. È l'esatto contrario, quello che c'è oggi online, a meno che non sia depubblicato, ma anche lì si può risalire a una pagina depubblicata andando a ritroso nel tempo ritrovandola tale quale, niente si perde, niente si distrugge e tutto purtroppo a volte resta. Iniziamo in mente la pubblicità del BTP in cui risparmio, virtù, sancita dalla Costituzione, non da un protocollo di quattro scappati di casa, no? Il tesoro colloca un BTP per raccontare l'importanza di sottoscrivere, dice hai vinto la lotteria, vuoi andarti a farti la crociera, ora la virtù del risparmio è una virtù complessa. Anche quell'agenzia probabilmente non ha avuto nessuno che ha detto, lasciamo, proviamo un altro esempio magari per la sottoscrizione di titoli di Stato che sono denari che io presto allo Stato, cosa insomma, di un certo tipo. Sì, volevo solo aggiungere che è verissima questa cosa, il paragono del bar, che secondo me è anche il motivo per il quale c'è una pressione sociale, ma questo servirebbe un panno in la parte da parte dei giovanissimi. Prima ti ho fatto la battuta, hai fatto la domanda, dici dentro ho 70 anni perché sono lontano dai social, probabilmente spesso delle operazioni web vengono fatte anche da persone che non hanno un approccio web e sottovalutano l'importanza, mentre invece, come dire, giovanissimi, questo lo sanno molto bene, io per esempio ho un nipotino, ho amici, lavoro al mondo startup, conosco tanti ragazzi molto giovani, Gen Z, vedo che hanno un approccio anche diverso rispetto a quello che avevamo noi, tipo Instagram, di buona parte di Gen Z non lo usano, oppure ce l'hanno, non pubblicano foto, hanno una foto col nome che non è nemmeno loro nome, zero post, e tu dici, perché sta lì, vanno sulla guardazza. A parte perché uno ha l'idea dell'influencer Gen Z, capito che posta qualsiasi cosa, ma quello non fa la media dei giovani, anzi la maggior parte dei giovani hanno questa pressione sociale perché una volta la figuraccia la facevi al bar, la facevi in classe, dipendevano in giro i venti che stavano in classe con te, oggi potenzialmente ti possono mettere a lagogna mediatica su un pubblico potenzialmente di milioni di persone, per cui c'è questo tema che va sottoscritto secondo me. Sì, esatto, non stavo per aprire un altro panel. Esatto, quindi schiappa questo argomento. Faccio un'altra domanda perché mi frulla proprio mentre voi ne pensate un'altra. I creator, chiamiamoli così, a volte sono molto trasversali, quasi tutti hanno una radice forte in una piattaforma, alcuni sono molto dipendenti da quella piattaforma. Ora, quando voi scelgete o andate a caccia di facce presentabili per i vostri clienti, quanto pesa il forte legame con la singola piattaforma, dicevamo TikTok prima o YouTube, Twitch, eccetera, cercate quello che è presente un po' dappertutto, quello che è molto identificabile anche, a dirà del target, anche per il tipo di piattaforma che utilizzi. Mi rispondo un flash or no, poi lascio a te che è il tuo verticale. In questo caso mi collega a quello che ha detto Paolo, oggi si sta evolvendo anche il discorso del creator, l'influencer marketing, e io ho lavorato anche con i più grandi, con brand che hanno lavorato con i più grandi influencer, pure la Ferragni per dire, e altre operazioni fatti con i micro, con i nano influencer, e oggi si va molto verso quel tema lì, perché esattamente, come ha detto prima Paolo, c'è questo tema che ci sono degli influencer con numeri minori, minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minori, molto minor molto verticali, e che hanno anche dei verticali, per esempio, stessi sul social, sul, oggi per esempio c'è un nuovo trend che sta uscendo, lo butto qui, vediamo se c'è zecco. Nei prossimi anni mi direte se Mattagliotto è tutto una cavolata o meno, ma mi baso sempre su quello che vedo all'estero, c'è questo trend della newsletter, c'è questa piattaforma che si chiama Substack, segnalatevelo che vedete che nei prossimi mesi anni esploderà anche qui, che è una piattaforma che permette a qualsiasi professionista, autore, sportivo, addirittura in America c'è un noto giocatore di basket di tanti anni fa, come si chiama Karim Abdul Jabbar mi sembra, che ha aperto la sua newsletter, addirittura su Substack, che ha milioni di scritti, migliaia di scritti, ci sono professionisti, per cui anche qui secondo me vedremo il giornalista che sia per la sua newsletter, eccetera, eccetera, con un mercato paid, perché poi una percentuale di persone possono pagare la versione premium della newsletter per avere dei contenuti migliori, e lì per esempio si sta aprendo un mercato, io stesso sono diventato anche un career influencer, perché mi contattano dei brand importanti tech per dire mettimi la tua newsletter, perché io ho una newsletter con un pubblico relativo, 7 mila, 8 mila iscritti, però ci stanno là dentro grandi manager, professionisti, tech, eccetera, eccetera, e si rivolgono magari a, piuttosto che puntare tutto sull'influencer tech, gli devi dare un sacco di soldi per farti un set di stories che poi finiscono puntualmente nel nulla, becco 10 professionisti tipo me, con un pubblico piccolo, però con un forte trust professionale anche, per cui non gli ho martellati di advertising per mesi con a D o hashtag ovunque, ma gli ho detto solo le cose in cui credo, perché non è il mio primo lavoro, e questo insomma è interessante, è una nostra prospettiva. Siamo veramente chiusi negli ultimi due minuti, Paolo. Sì, ma per rispondere alla tua domanda, anche questo caso qui, a parte il target, che appunto dipende dove dobbiamo andare a pescare il pubblico, poi capita anche ogni tanto delle campagne di pure awareness, cioè il brand che vuole non tanto convertire, basta, ma vuole farsi vedere, collegato a dei personaggi che comunque sono magari più versatili sulle piattaforme, quindi in quel caso lì si va a prendere il grande. Ecco, la Ferragni faceva più quello, sicuramente era un profilo che convertiva molto anche in vendita, però era un profilo che costava molto anche perché tu andavi proprio a mettere la sua faccia e avvantare la collaborazione con la Ferragni. Grazie, grazie Paolo Cartago, grazie a Matteo Aliotta, grazie a Perdomenico Garrone che ci ha introdotto, a Antonella l'abbiamo salutata, da Marco Loconte, e ringraziamento a tutti voi per aver partecipato, chi è qui presente in sala fisicamente, tutti quelli collegati, continuiamo a condividere idee e spunti, perché dalla condivisione impariamo tutti e ciascuno di noi qualcosa in più. Grazie, buona giornata e buon festival. Grazie a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati che ci hanno introdotto, a tutti i collegati sch exhaustion
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