Sfida a suon di parole
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Sfida a suon di parole
Le squadre di due classi degli istituti superiori, le finaliste del concorso di dibattito argomentativo promosso da Fondazione Caritro, Iprase e Facoltà di giurisprudenza, si sono sfidate “A suon di parole”. I due gruppi hanno argomentato e contro argomentato il tema che è stato loro assegnato, con l’obiettivo di convincere la giuria e vincere la sfida, implementando con questa attività le loro capacità di comunicazione.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buongiorno a tutti, ai ragazzi e alle ragazze che ci hanno raggiunto, non solo a quelli delle squadre finaliste ma anche a quelli delle altre classi e squadre che hanno partecipato al torneo, sia in lingua italiana sia in lingua straniera e che hanno voluto gentilmente unirsi a noi per assistere alla finale tra le due classi che sono giunte fino alla fine. Buongiorno anche ai docenti, tutor, ai referenti di istituto che li hanno accompagnati, ai rappresentanti degli enti che hanno voluto ormai da 13 anni questo evento e che lo hanno nel corso del tempo sostenuto. Anzitutto, i giurati che rappresentano queste realtà che si stanno accomodando nelle loro postazioni, la dottoressa Chiara Tamanini, collaboratrice di PRASE, il dottor Alvise Schiavone, attualmente docente presso l'Università degli Studi di Bologna ma da sempre, afferente al gruppo di ricerca legato alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento, coordinato dal professor Paolo Sommaggio che oggi non ha potuto essere presente per un impegno istituzionale a Roma ma che manda i suoi saluti, Laura Simeon, in rappresentanza del mondo della scuola, Laura Simeon è stata a lungo tempo docente, vicaria del dirigente, attualmente in pensione ma comunque persona a cui il mondo della scuola è noto e ben vicino. Un caloroso saluto e un ringraziamento anche ai rappresentanti delle due fondazioni bancarie che oggi sono qui rappresentate appunto. La fondazione Caritro rappresentata non solo ma in primo luogo dalla direttrice Anita Penati che prenderà tra un momento la parola, e la Stiftung Suttirola Sparkas rappresentata dal direttore Andrea Swiberbacher. Benvenuti anche i rappresentanti delle istituzioni appunto, delle istituzioni politiche, la sovrintendente scolastica della provincia autonoma di Trento, la dottoressa Viviana Sbardella, buongiorno, benvenuta, l'assessore all'istruzione, all'università, alla cultura il dottor Mirco Bisesti al quale cedo volentieri la parola, ripreso fiato per un indirizzo di saluto. Dopo saremo pronti, dopo un altro breve saluto, ad iniziare la gara finale del nostro torneo di dibattito argomentativo in lingua italiana a suon di parole. Buongiorno a tutti, buongiorno ragazzi e ragazze, è veramente con piacere che vi porto questo breve saluto perché avrò un po' di tempo, questa mattina me lo sono ritagliato per ascoltarvi. Perciò penso che prima di tutto vogliamo partire da lì, un grazie agli organizzatori, un grazie a chi sostiene, che è già stato ricordato, a chi sostiene l'iniziativa. Questo è un momento importante perché è la finale, perciò come tutte le finali, ha quel gusto particolare. Però è una finale che arriva da un lungo percorso che avete fatto, ma soprattutto ci tengo a dirvi una cosa, ovvero quelle che sono delle capacità che oggi sulle quali vi confronterete, vi sfiderete. Che sono capacità che però vi serviranno non solo oggi in bocca al lupo, ovviamente al migliore per questa giornata, ma soprattutto domani, delle capacità argomentative, delle capacità comunicative. Il titolo a suon di parole significa appunto riuscire anche con la musicalità a far sì che il nostro linguaggio, che la nostra comunicazione possa essere per voi efficace, per voi utile e per voi anche costruttiva per un domani. Anche qualsiasi sarà la vostra scelta da un punto di vista professionale, da un punto di vista lavorativo, ovviamente i tanti di voi che prosegueranno con gli studi. Però questa è una capacità, e per questo ringrazio gli organizzatori, ringrazio i vostri docenti che vi hanno accompagnato in questo percorso, una capacità che è sempre più richiesta, ma non dal mondo del lavoro, ma dalla nostra vita. Lo vedete, saper comunicare, saper non solo saper parlare, saper parlare in pubblico, saper parlare bene, saper parlare sui nuovi mezzi di comunicazione che voi usate quotidianamente è diventata la vita. E perciò saperlo fare bene, avendo non solo la consapevolezza, ma anche la conoscenza di quelle che sono le parole che usiamo, non solo per formare delle frasi, ma per appunto comunicare. Comunicare per comunicare, e comunicare vuol dire tutto, vuol dire saper dire in primis chi siamo, saper dire che cosa sentiamo, cosa pensiamo, e saperlo fare bene. Penso che sia una sfida sulla quale la scuola fortunatamente oggi sta facendo tanto, perché anche questo è un elemento importante che le nostre scuole portano avanti, perciò a me non resta altro che augurarvi veramente in bocca al lupo a voi, un grazie ancora ai vostri docenti, a tutti gli organizzatori, anche ovviamente agli sponsor che hanno sostenuto questa bellissima iniziativa. Grazie e in bocca al lupo. Grazie, grazie Assessore per il suo saluto iniziale. Menziono tra gli enti, è veramente una costellazione quella che nel corso degli anni si è creata intorno al dibattito, a sostenerlo e a promuoverlo. Anche i comuni di Trento e Rovereto, che sono qui rappresentati dalle due assessori afferenti all'ambito istruzione e cultura, l'assessore Bisesti ha parlato di comunicazione, ha molto a che fare col tema di oggi e di comunicazione, soprattutto visuale. Ci parleranno anche due esperti nel corso dell'intervallo tra le due fasi del dibattito, che ringrazio il dottor Luca Ferrario, presidente di Trentino Film Commission, e la dottoressa Michela Catenacci, esperta in comunicazione, nonché coach di entrambe le squadre nelle ultime fasi di preparazione al dibattito che oggi si affronteranno. Questa parola va alla dottoressa Nita Penati, direttrice della Fondazione Caritro. Grazie Tatiana, grazie Aliprase, grazie alla Sovraintendenza, grazie alla Facoltà di Giudicisprudenza e grazie a voi, professori, a voi ragazzi che avete partecipato a questo concorso. È il secondo anno che la Fondazione ha il piacere di portare questo evento, questa finale, al Festival dell'Economia, credo che sia per voi già un grande successo. L'anno scorso ho visto veramente dei ragazzi molto capaci, molto argomentativi, e quest'anno ho voluto prepararmi anch'io, perché potrebbe essere un'occasione, anche visto che il tema quest'anno è la comunicazione visuale, per raccontarvi con qualche slide, proprio breve, chi è la Fondazione Caritro. E quindi lo chiedo a voi, sapete chi è la Fondazione Caritro, cos'è la Fondazione Caritro? È perché di solito tutti fanno questa faccia e dicono cos'è la Fondazione Caritro, qualcuno di voi vuole provare? Beh, spesso e volentieri la maggior parte delle persone ci dice che è una banca, ma abbiamo a che fare con una banca, ma non siamo una banca, perché la Fondazione Caritro ha origine da una banca, ma oggi è un'ente no profit. E quindi spesso e volentieri ci rispondono, allora siete la Caritas? No, non siamo neanche la Caritas. Il volontariato, il sociale è uno dei quattro ambiti di intervento in cui opera la Fondazione insieme alla ricerca, la cultura e la formazione come siamo qua oggi. Ma quindi che cosa fa la Fondazione, chi è la Fondazione? A me piace pensare e dire che la Fondazione è fatta di persone, di persone come i miei colleghi, tutto lo staff della Fondazione, ma il Consiglio di Gestione, il Comitato in Indirizzo che credono che il territorio possa fare molto e che noi possiamo fare molto per il territorio cercando di sostenere il suo sviluppo economico e sociale. Supportando i progetti, i progetti e le persone che portano avanti questi progetti. Ed è per questo che troviamo diverse occasioni per dialogare con i ragazzi, con esperti, coi giovani, fare workshop, laboratori, oppure fare momenti di attività culturale o di formazione come qua oggi, perché questo è un momento per voi anche formativo. Voi oggi siete stati chiamati a portare avanti le vostre idee, le vostre idee confrontandovi tra di voi per trovare le argomentazioni più valide per sostenere le vostre tesi e quindi avete parlato ma avete soprattutto collaborato tra di voi. La collaborazione è fondamentale per portare avanti un'idea ed è un po' quello che la Fondazione fa nei suoi trent'anni di attività. Ha un obiettivo, supportare lo sviluppo sociale ed economico del territorio, della provincia in cui abita e lo fa cercando di collaborare con gli altri enti e istituzioni, quindi con la provincia, con l'IPRASE, con la sovrantendenza, con le scuole insomma e con tutti voi. Proprio perché vogliamo raccogliere le vostre idee e portarle avanti cercando di raggiungere il nostro obiettivo. Quindi non voglio tediarvi oltre ma vi ringrazio, vi ringrazio di essere qua, vi ringrazio di fare questa sfida finale che come l'anno scorso vedete la città di Tione contro la città di Trento, chissà se sarà un destino anche nelle prossime edizioni e in bocca al lupo, in bocca al lupo a voi e che abbia qui a inizio la sfida. Grazie. Molte grazie Anita, che abbia inizio la sfida. Mi domandavo se ritorniamo al rituale del lancio della moneta che avendo ricorso all'online, essendo ricorsi all'online per le edizioni precedenti, abbiamo saltato assegnando il ruolo di chi inizia d'ufficio, ma in generale il ruolo di chi inizia ad esplorare gli argomenti è deciso da un lancio di moneta, come anche da regolamento per il quale il responsabile è il dottor Schiavone, però le squadre devono scegliere, è un due euro e cosa c'è dietro? Una testa. Vi facciamo scegliere, chi viene da fiori, facciamo scegliere per testa croce e fione, cosa dite, due euro o testa? Testa. Bene, chi vince inizia la fase argomentativa. Testa. Bene, inizia la fase argomentativa. Il primo argomentatore, volete sapere in anticipo i nomi degli argomentatori o delle argomentatrici, ci dite cortesemente i nomi degli argomentatori e poi i nomi dei vostri? Beatrice Liberini, Alessio Bonapace, Robin Russo. Sono uomini nel frattempo diventati familiari. Magdalena Mosè, Alessandro Cocchia e Paola Sulai. Bene, allora Beatrice può prendere la parola. Quando inizi a parlare, una nota tecnica, puoi scegliere il microfono, questo da tenere in mano o quello fisso. Il timer inizierà il conto alla rovescia su questo schermo quando inizierai a parlare. Come al solito, tu non preoccuparti, inizia che il tempo scorre. Buongiorno a tutti, sono Beatrice Liberini dell'Istituto di Guettitione e oggi sono qui per argomentare a favore della tesi, secondo la quale la società delle immagini rende difficile l'apprendimento per le nuove generazioni. Homo sapiens, così lineo, definiva la specie umana nel suo sistema della natura del 1758. L'homo sapiens si distingue dagli altri primati per la sua capacità di non concepire solo la realtà fisica, bensì di vivere in un tessuto formato da lingua, arte e mito. Questa capacità che lo caratterizza trova la sua espressione attraverso il linguaggio, non solo come mezzo di comunicazione, ma come strumento di ragionamento e comprensione del mondo che ci sta intorno che inevitabilmente influenza il nostro pensiero. Società delle immagini, invece, è un concetto oricente che fonda le sue radici nel miracolo economico degli anni 60, dove la crescita della produzione industriale ha portato a un cambio di consumi e di stili di vita, introducendo nella nostra quotidianità oggetti come elettrodomestici, automobili e televisioni. Questo forte investimento sulle immagini come mezzo di comunicazione, spinto specialmente dall'avvento delle televisioni e dall'investimento sulle pubblicità, ha portato a una frattura nella comunicazione dell'homo sapiens. Le televisioni sono diventati uno strumento basato su immagini, dove il vedere prevale sul parlare, la voce è in funzione dell'immagine e l'immagine acquisisce inevitabilmente un primato nella comunicazione. Il telespettatore, però, diventa da homo sapiens capace di comprendere e conoscere un homo videns, come dice Giovanni Sartori, dove le immagini permettono un vedere semplice e superficiale impediscono un passaggio da sensibile a intelligibile. Considerando però che la nostra conoscenza si basa prevalentemente su concetti astratti, le immagini ci mantengono ancorati a un modo sensibile di fare nostro il mondo. In questo senso si inserisce perfettamente questa riflessione a favore della nostra tesi, dove la società delle immagini è una società dove la pressione coercitiva sulla velocità ci spinge a scegliere le immagini come principale medium di comunicazione inevitabilmente si ha un investimento sull'apparenza e sull'esteriorità. La società delle immagini crea quindi un homo videns, un individuo incompleto perché portato ad un impoverimento del processo di comprensione. Questo potrà solo che peggiorare se continueremo ad affidare l'apprendimento delle nuove generazioni a dispositivi che principalmente si basano su modelli e immagini. Buongiorno a tutti, sono Maddalena Moser della classe seconda del liceo Prati. L'utilizzo delle immagini ha radici molto antiche. Basti pensare ai dipinti rupestri o agli affreschi nei luoghi di culto, in contesti in cui la maggior parte della popolazione non era in grado di leggere la scrittura. Sebbene quindi la comunicazione sia da sempre basata anche sulle immagini, questa tendenza è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi 20 anni con la diffusione del digitale, di internet e dei social media. Le nuove generazioni quindi nascono e crescono in un mondo di immagini. Gli strumenti social più utilizzati dai giovani, TikTok e Instagram, sono proprio basati sulla condivisione di fotografie e immagini. Ma perché questo fenomeno? Certamente il motivo sta nell'immediatezza della comunicazione. Con un'immagine si riesce a dire in pochi secondi quello che a parole si deve spiegare in qualche minuto con un coinvolgimento emotivo molto maggiore. Chiudete un attimo gli occhi provate a immaginare Piazza San Marco, Piazza San Pietro, vuote come venivano mostrate dai telegiornali durante i giorni del lockdown. Queste immagini in pochi secondi ci raccontano ancora oggi evocano la tragedia del Covid-19. O pensiamo anche ai numerosi tutorial a cui molto spesso ricorriamo per imparare procedure di tutti i tipi, problemi di matematica, ricette, bricolage. Non possiamo però negare che ci sia un'altra faccia della medaglia. L'immediatezza va sovente a scapito del ragionamento, dell'approfondimento e della creatività. Immediatezza significa spesso semplicità una serie di passaggi semplici non sempre sono sufficienti per comprendere una realtà complessa. Tuttavia le immagini, se non utilizzate, sono affine a se stesse, ma come supporto sono uno strumento fondamentale per agevolare la conoscenza e la comprensione delle cose. La nostra mente, infatti, si nutre di immagini reagisce con emozioni. Anche la scrittrice Isabel Allende afferma un'immagine racconta una storia d è molto più potente di pagine e pagine scritte. Grazie. Prego, Alessio. Rinovo il buongiorno a tutti. Sono Alessio Bonapace della classe quarta APA dell'Istituto Guettitione sono qui questa mattina per argumentare a favore della tesi la società delle immagini rende difficile l'apprendimento per le nuove generazioni. Se non ci fosse già stata la mia compagna ad esporre l'argomento trattato da nostra squadra, voi avreste capito di cosa sto per parlare. Ovviamente no, a causa della velocità decisamente troppo elettrica decisamente troppo elevata, con cui io stesso ho definito la tesi. Ho appena tradotto in forma orale ciò che un'immagine fa visivamente, cioè comunicare un messaggio nel modo più veloce e immediato possibile. Se pensiamo infatti alla caratteristica delle immagini intese come medium di comunicazione, possiamo dire che esse comunicano un messaggio sintetico, rapido, che colpisce istantaneamente la sfera emotiva. La cosa che volevo trasmettervi con la mia introduzione è che il problema dell'immagine sta proprio nella sua velocità comunicativa. Nel campo dell'apprendimento, tale immediatezza è in netto contrasto con i tempi e i ritmi che ciascun individuo necessita per assimilare un concetto. Questa rapidità, unita ad un apprendimento troppo saturo di informazioni falsate dalle sovrastrutture estetiche, porta ad un superamento del cosiddetto carico cognitivo, cioè la quantità di abilità mentale imposta alla memoria di lavoro in un determinato istante. Naturalmente, questo porta alla disabilitazione cognitiva, che intacca alcune abilità cognitive primarie come attenzione e memoria, rendendole meno mirate e più frammentate. E ancora, porta a problemi di associazione tra concetti e confusione nell'elaborare le informazioni. E questo è innegabile che renda difficile l'apprendimento, specialmente per le nuove generazioni. In aggiunta a quanto detto, la società dell'immagine, ssendo così estremamente comunicativa, non stimola il razziocinio del nostro intelletto, bensì gli impulsi istintivi. Biologicamente parlando, infatti, la forte valenza emotiva dell'immagine stimola la zona del nostro incefalo, quali il sistema limbico e la corteccia visiva, che non agevolano il pensiero critico. Come esempio, vi invito a pensare, ad esempio, al panorama pubblicitario, in cui, grazie ad un oculato utilizzo di forme e colori, ci è quasi imposto psicologicamente di comprare un prodotto, senza però pensare a quali siano le qualità effettive e le caratteristiche di quel prodotto. E questo perché siamo coinvolti emotivamente, così dal nostro inconscio si attivano associazioni che richiamano etichette, giudizi istantanei, che sono in contraposizione con il concetto stesso di apprendimento. Per concludere, è evidente dunque come questa rapidità di intenzione e di interpretazione, data dalle immagini, non sia il metodo di acquisizione più efficace, ma anzi come questo influenza negativamente l'apprendimento per le nuove generazioni. Grazie. Buongiorno a tutti, sono Alessandro Delicio Prati. Oggi siamo qui per discutere se la società delle immagini possa agevolare o meno l'apprendimento delle nuove generazioni. L'immagine ha una grande valenza, riscuota immediatezza, è universale, poiché permette di superare le barriere comunicative, ci riassume un concetto complesso, può generare un ricordo. Insomma, per apprendere è fondamentale questo supporto visivo, che talvolta può essere più incisivo delle parole. Adesso immaginatevi un pesce, sempre abituato a vivere e a nuotare sott'acqua. Ecco, che cosa succederebbe se noi all'improvviso tentassimo di far abituare questo pesce a vivere e a camminare all'aria aperta? Ebbene, noi, come i pesci, siamo sempre stati immersi fin dalla nascita nelle immagini in una società fortemente dipendente da esse, e non possiamo farne a meno. Pensiamo adesso a un bambino. Le immagini per lui, per esempio quelle di un libro di favole, sono fondamentali per sviluppare la sua comprensione e la sua crescita. Il bambino poi diventa un adulto e l'immagine insieme a lui cresce, assume un ruolo sempre più importante e acquista più colori e dettagli. Non è più una semplice rappresentazione di un personaggio di una favola, ma una vera parte integrante della sua vita. Basti pensare ai social, ai internet, ai cartelli stradali, i quali agevolano senza dubbio la guida, oppure alla televisione, importante nella vita di quasi tutti noi e che addirittura predispone, in alcuni telegiornali, una finestra interamente dedicata ai non udenti. Noi quindi, fin da piccoli, siamo immersi in una società che comunica per immagini ed è fatta di immagini. Tuttavia, per apprendere il linguaggio della società in cui viviamo sarebbe necessaria un'educazione rivolta all'immagine. Bene, ciò è il compito della scuola, che accompagna le nuove generazioni alla comprensione, al giusto utilizzo, ma soprattutto alla produzione di immagini. Penso che sicuramente almeno uno tra voi qui presenti abbia visto almeno una volta su YouTube un video di matematica degli abbombardelli, oppure un video di filosofia di Matteo Saudino, oppure un video di fisica sul famosissimo canale ormai spopolato, La Fisica che ci piace. Per concludere dunque, la società delle immagini non può che agevolare l'apprendimento delle nuove generazioni, le quali già per conto loro cavalcano l'onda dello sviluppo tecnologico dell'innovazione, e stanno sfruttando in ogni campo la forte valenza comunicativa, di apprendimento d emotiva delle immagini, e grazie alla scuola non sono solo passive nei loro confronti, ma anche attive. Bene, è il turno di Robin, l'ultimo argomentatore per la quarta liceo scienze applicate del Gueti di Tione. Buongiorno a tutti, sono Robin Russo dell'Istituto Gueti di Tione oggi argomenterò il favore della nostra tesi. Avete mai giocato con il Lego? Immagino di sì. E se ci riflettiamo, assemblando i vari mattoncini, si ha la possibilità di sviluppare diverse forme di apprendimento di intelligenza, e questo per noi è un esempio pregnante, perché possiamo dimostrarvi come un utilizzo massivo delle immagini è stato un apprendimento significativo. Infatti, seguendo per diseguamente le immagini e le istruzioni, si arriverà certamente a un risultato finale. Ma possiamo dire di aver imparato qualcosa? Beh, sicuramente avremmo effettuato un apprendimento meccanico, un apprendimento nel quale un individuo osserva ciò che si presenta davanti, ma non lo mette in relazione con le proprie conoscenze pregresse. Questo perché ci siamo limitati ad essere dei semplici operatori di istruzioni dentro di noi rimarrà soltanto qualche ricordo dei passaggi svolti tramite memoria visiva. Di almentamento opposto c'è l'apprendimento significativo. Ma di che cosa parliamo esattamente? Beh, si tratta di un apprendimento nel quale c'è la possibilità di dare un senso alle conoscenze, permettendo l'integrazione delle nuove informazioni con quelle già possedute. E utilizzare le stesse in altri contesti e situazioni. Ci tarrei però a specificare una cosa. Apprendimento significativo non vuol dire un'acquisizione completa d esatta di un contenuto, quanto invece a un potenziamento della flessibilità cognitiva. E quindi noi possiamo dire che se l'apprendimento meccanico crea abilità, l'apprendimento significativo crea competenze di un ordine superiore quali il problem solving, molte altre grazie alla metacognizione. Se dunque dall'esempio dei Lego ci volessimo avere un apprendimento significativo, dovremmo eliminarlo il libretto delle istruzioni, perché ostacola la nostra creatività e la nostra capacità di trovare soluzioni e problemi, che sono competenze fondamentali alla base del nostro speto critico. Per quanto riguarda la società di immagini, ci sono diverse conseguenze, perché agire in modo flessibile e creativo fa parte di uno spirito di iniziativa e di imprenditorialità, che sono la chiave per il futuro. L'unico modo con cui possiamo apprenderli è tramite un contesto permeato da questo apprendimento significativo. Per concludere, vorrei dire che la mia squadra non vogliamo demonizzare le immagini della didattica. Queste sono sicuramente una risorsa valida, ma non fanno parte della società delle immagini. La società delle immagini è una società il cui medium di comunicazione principale è appunto l'immagine, ma utilizza troppo questo metodo, a discapito di altri, di cui necessitano i membri di una società. Quindi il vero problema è la strutturazione di un intero sistema sociale, di un sistema educativo che va a veicolare il sapere con le immagini, quando si preferiscono invece altri medium comunicativi. Grazie. L'ultima relatrice è nuova. Prego, Paola, puoi prendere la parola concludere questa prima fase del dibattito. Buongiorno a tutti, sono Paola Sulai, del liceo Prati. L'immagine è parte integrante del materiale didattico. Questo l'avevano già capito in passato. Infatti, nel XVII secolo, Comenio pubblicò il primo sussidiario illustrato per l'infanzia. Da qui in poi si può parlare della didattica sia come scienza dell'educazione sia come scienza della comunicazione, anche visiva. Ma facciamo ora un passo indietro per capire come stanno le cose nel concreto. Prendiamo ad esempio una materia che studiamo dai primi anni di scuola, la storia. Per la maggior parte di noi può risultare facile seguire le lezioni astratte del nostro insegnante, che spiega per tutta l'ora e che ci può coinvolgere come no. Tuttavia, questo non è possibile per gli studenti con disturbi specifici dell'apprendimento o per studenti con uno stile cognitivo non verbale. Per loro l'utilizzo di un'immagine o di un video che chiarisca le idee è necessario. Ma lo è anche per noi, perché immaginiamo di studiare materie come storia dell'arte senza vedere i quadri, oppure di studiare la geometria senza trovarci di fronte le immagini delle figure geometriche. Sicuramente ci troveremo in grandissima difficoltà. Già dai primi del 1900 viene teorizzata l'importanza delle immagini all'interno della didattica. Nel 1908 la Kisto View Company, un'azienda inglese che produce immagini per uso didattico, pubblica il saggio Visual Education, in cui viene teorizzata l'importanza dell'apprendimento visivo. Nello stesso periodo oltrooceano, negli Stati Uniti nasce un movimento, il Visual Learning Movement, che propone di alternare al tradizionale metodo didattico l'utilizzo di immagini. Questo perché l'apprendimento visivo tramite materiali visivi aiuta alla conservazione delle informazioni per lunghi periodi di tempo. Infatti la memoria a lungo termine labora immediatamente immagini e video. E pensate un po'. Il nostro cervello elabora immediatamente 60.000 volte più velocemente rispetto ai testi. La sinergia parola-immagine è quindi fondamentale per il processo di insegnamento per il processo di apprendimento. Grazie. Molte grazie a entrambe classi che hanno esposto i suoi testi. A entrambe classi che hanno esposto i loro argomenti. Le classi adesso saranno accompagnate al terzo piano dalle hostess fuori per elaborare le contro argomentazioni, cioè tre repliche per ciascuna classe a quanto hanno sentito sposto dalla classe avversaria. La giuria a sua volta sarà accompagnata al terzo piano Sarà accompagnata al terzo piano. Avrete una ventina di minuti. Ecco, vi aspettiamo qui verso le undici e cinque, 11 e 10. E noi approfittiamo con le classi che ci hanno raggiunto per confrontarci sul tema della comunicazione del veduto nella comunicazione coi due esperti che gentilmente hanno dato la loro disponibilità a loro volta a condividere punti di vista, esperienze, considerazione sulla questione. I ragazzi che sono in sala sono invitati a cogliere l'occasione non solo per ascoltare con attenzione il contributo degli esperti, ma eventualmente per diventare consapevoli di domande che potessero avere che sono sorte in loro sia ascoltando i compagni che hanno dibattuto che sorgeranno ascoltando appunto gli esperti. Nella parte finale, quando saremo in attesa del verdetto della giuria, ci sarà tempo per uno scambio sul tema con gli esperti il veduto se avete domande per loro sulla base di quello che avete sentito. La dottoressa Catenacci è invitata, Michela Catenacci è un'esperta in comunicazione grazie al sostegno della Fondazione Caritro ha seguito le classi semifinaliste poi le finaliste in maniera particolarmente intensa abbiamo seguito i docenti in un percorso appunto di coaching sulla comunicazione del quale abbiamo visto i risultati noi che abbiamo giudicato i dibattiti anche nella fase precedente. Grazie. Dunque, io avrei bisogno anche di... Ecco. Grazie. Io spiego sempre di non tenere niente in mano quando si parla, oggi partiamo benissimo. Bene. Vorrei raccontare anche a voi una storia che spesso condivido con i ragazzi con cui faccio i corsi d è una storia che inizia nel 1914, quindi più di un secolo fa. Nel 1914 arrivò sugli schermi dei cinema un omino buffo, buffo ma distinto che vestiva un cappello a bombetta, aveva un bastone e aveva delle lunghe scarpe che lo facevano camminare un po' come un clown. Questo uomo si chiamava Charles Spencer Chaplin, detto anche Charlie Chaplin o Charlot. Era un attore inglese appena arrivato negli Stati Uniti in pochi anni negli Stati Uniti caucusse, in pochi anni negli Stati Uniti aveva un grandissimo successo che lo portò a essere conosciuto poi in tutto il mondo. Ebbe successo perché era un attista particolarmente abile. Lui era non solo attore nei suoi film ma era anche regista, ra anche sceneggiatore e componeva anche le colonne sonore dei suoi film. Ma soprattutto era un uomo con una straordinaria empatia. Dove quindi esistevano solo le immagini i personaggi dovevano esprimere con il linguaggio del corpo le emozioni e raccontare le storie. Lui riusciva a trasmettere emozioni sentimenti e riusciva anche a raccontare la società del tempo. Lui raccontava i problemi della società ragionava su come sarebbe potuta essere, su come sarebbe potuta diventare. Nel 1927, con la scelta del linguaggio del corpo Chaplin raccontava questo a tutto il mondo. Lui riusciva a scavalcare i limiti linguistici e culturali. Succede però che nel 1927 arriva al cinema il primo film con il sonoro. Tra l'altro i primi esperimenti di sovrapposizione della voce alla pellicola cinematografica furono abbastanza disastrosi per sempre il mondo del cinema. Chaplin si schierò assolutamente a favore del linguaggio del corpo del cinema muto contro invece la parola, contro il cinema sonoro, perché lui aveva dimostrato in prima persona che il corpo era uno strumento di comunicazione fantastico, che riusciva appunto a trasferire emozioni, a raccontare storie con la sua faccia, con i movimenti del corpo, con la propria postura, con i propri gesti. Visto che però tutto il cinema si stava muovendo in quella direzione, a un certo punto Chaplin che cosa fa? Produce un film che si chiama Tempi Moderni, Modern Times, vi consiglio di vederlo, è un bellissimo film, in cui annuncia che finalmente avrebbe inserito la voce, finalmente si sarebbe sentita quindi c'era grande attesa trepidante. In realtà tutto il film si sviluppa sempre nel formato muto. Solo verso la fine, in una delle scene finali, succede che Charlo interpreta il suo classico personaggio, il vagabondo, e si trova a lavorare in un ristorante. Arriva il proprietario del ristorante, va da lui gli dice, adesso tu devi cantare, devi cantare questa canzone lui è preoccupatissimo perché ha paura di che cosa? Di non ricordarsi le parole della canzone. Allora trova un'escamotage, la scrive da qualche parte, però succede un imprevisto e lui non ha più i suoi appunti, non sa più le parole. Quindi le inventa. C'è una frase importante che lui dice, che la ragazza che è con lui gli dice, dice canta, canta, non importano le parole, canta. Lui canta con delle parole assolutamente inventate, che non vogliono dire niente. Ma la canzone ha un successo incredibile. Perché? Perché lui la rappresenta con il suo corpo, con i suoi occhi, con i suoi gesti, con le sue espressioni il pubblico va in delirio e lo applaude. Vi vorrei far vedere questa scena. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Devo sapere se c'è words o randomi fatto dal prospo pe belangrijki Spol Solo In奇 I broli rano un frutto ma non был s- « my- … … … … … … … … … … … … … … Bene Cosa dimostra Chaplin al suo pubblico? Lo provoca dimostra l'inconsistenza della parola la sua inferiorità espressiva di fianco al corpo allora il corpo è uno straordinario strumento di comunicazione non c'è dubbio è vero anche però che quando ci troviamo a parlare davanti a un pubblico molto spesso questo ci crea una certa ansia attenzione è facile mentire a parole è molto più difficile mentire con il proprio corpo l'ansia che proviamo di fronte a un pubblico la paura che è normalissima perché ci sentiamo giudicati dal pubblico ci fa spesso irrigidire quindi noi parliamo concentrati assolutamente su tutto quello che dobbiamo dire il nostro cervello e i nostri occhi sono proprio rivolti verso l'interno infatti li teniamo bassi o cerchiamo le parole nel soffitto, nel cielo abbiamo un distacco rispetto al pubblico oppure quello che può succedere tante volte che noi arriviamo sul palco iniziamo a fare dei movimenti in consulti assolutamente fuori controllo quindi iniziamo a ballonzolare da un piede all'altro oppure a torturarci la collanina le orecchie, i capelli oppure fissiamo il pubblico con uno sguardo teso e attonito oppure ci chiudiamo con una posizione di chiusura incrociamo le braccia cco, tutti questi movimenti in realtà ci servono anche a scaricare l'adrenalina l'adrenalina viene prodotta dal nostro sistema nervoso un neurotrasmettitore che serve a reagire a situazioni di pericolo davanti a un pericolo noi di solito che cosa dobbiamo fare? scappare infatti l'adrenalina dà energia agli arti noi siamo pronti a scappare ma invece siamo molto meno lucidi perché l'adrenalina toglie lucidità al ragionamento che altrimenti ci prenderebbe tutta l'energia il nostro sistema endocrino contemporaneamente produce cortisolo l'ormone dello stress che ci fa anche questo andare in una forma di risparmio energetico tutto questo cosa ci crea? vediamo se avete mai provato questi sintomi quando siete agitati e quando parlate in pubblico tremito, troppa energia agli arti salivazione azzerata, lingua felpata sudori freddi oppure ci può succedere la cosa peggiore ovvero che fino a un minuto prima di salire sul palco ci ricordavamo tutto quello che dovevamo dire arriviamo sul palco buio totale ma lo sapevo, ma io avevo studiato, giuro che lo sapevo ci ha nebbiato la testa, l'adrenalina la buona notizia in realtà è che possiamo allenare ed educare il nostro corpo a non essere travolto dalle emozioni ma anzi, a usare proprio le emozioni per stabilire una comunicazione più efficace perché dobbiamo usare le emozioni per comunicare? dunque torniamo al cervello un'altra volta nel nostro cervello ci sono dei neuroni, forse lo sapete si chiamano neuroni specchio questi neuroni hanno una funzione visomotoria si attivano quando noi compiamo un'azione motoria per esempio tiriamo un calcio a un pallone si attivano anche nello stesso modo quando noi stiamo seduti guardiamo qualcuno davanti a noi che tira un calcio a un pallone quindi questi ormoni ci servono per imparare dei movimenti per perfezionare le nostre azioni motorie è stato provato che nel nostro cervello siste uno specchio anche per le emozioni questo vuol dire che se noi siamo seduti vediamo una persona che ci racconta qualche cosa che mostra con il corpo le emozioni che sta raccontando con le espressioni del viso, con i gesti queste emozioni risuoneranno anche dentro di noi non vuol dire che io proverò esattamente con la stessa intensità le emozioni che prova chi parla ma vuol dire che io comprenderò che cosa l'altro prova questa si chiama empatia la comunicazione efficace è una comunicazione empatica bene, quindi adesso che sappiamo questo possiamo esercitarci adesso che sappiamo che con il nostro corpo noi possiamo trasmettere emozioni, dobbiamo capire come per esempio noi possiamo scegliere di arrivare sul palco quando dobbiamo parlare ad adottare una postura chiusa con gli angoli chiusi, guardare a terra appunto assumere una posizione instabile se lo scegliamo sappiamo che questo trasferirà al pubblico un senso di insicurezza, nervosismo, distacco magari anche poca preparazione oppure possiamo scegliere per esempio di arrivare adottare fin da subito una postura ben solida passata, non arrogante, ok? aperta al nostro pubblico noi guardiamo il nostro pubblico stiamo dialogando, giusto? nell'apertura ci servono le braccia apriamo le braccia, non le teniamo chiuse mostriamo le mani, cerchiamo di mostrare proprio se non abbiamo nient'altro in mano i palmi delle mani ok? al pubblico siamo come prestigiatori che incantano il pubblico con le proprie mani i gesti insegnati agli italiani diciamo che è un po' un paradosso anche perché le volte che mi è capitato di andare all'estero ma ormai ci sono anche un sacco di video su TikTok e YouTube è sempre una presa in giro dell'esagerazione della gestualità italiana, giusto? ora vi chiedo qual è il gesto che collegano sempre al fatto di essere italiani? satto, tra l'altro viene usato assolutamente fuori luogo abusato tipo italiani, pizza, mandolino, così voi sapete che cosa vuol dire, no? questo gesto ma chi sei? ma cosa vuoi? ma cosa stai dicendo? a seconda del contesto, di come lo dico, delle espressioni può assumere un diverso significato il gesto in realtà ha un significato proprio culturale ok? e... possiamo andare avanti magari che sennò qua, ecco i gesti hanno un significato culturale noi italiani, in Italia, siamo stati dominati da tante diverse civiltà giusto prof? sono arrivati i greci, sono arrivati gli arabi sono arrivati i normanni, sono arrivati gli spagnoli, i francesi, gli austriaci ognuna di queste civiltà ci ha lasciato delle espressioni, delle parole ci ha lasciato dei gesti noi cosa abbiamo fatto? noi li abbiamo presi in maniera creativa li abbiamo rimescolati, abbiamo imparato a usarli li usavamo per comunicare tra noi e non farci comprendere dall'invasore li usavamo, visto che siamo un popolo di migranti quando andavamo in un altro paese, non conoscevamo la lingua usavamo un codice gestuale per farci capire ogni cultura ha i suoi gesti e i gesti di ogni cultura raccontano la sua storia quindi è molto importante usare i gesti per comunicare i gesti che possiamo usare possono essere gesti che enfatizzano quello che stiamo dicendo che aiutano il pubblico a seguirci ora vi parlerò di 3 cose prima di questo, poi di quest'altro posso parlare dicendo qualcosa in più rispetto a quello che sto dicendo attraverso i gesti per esempio, tra 10 giorni finisce la scuola ok? oppure posso attraverso i gesti dire qualcosa che nega quello che sto dicendo a voce siete proprio simpatici oggi ok? quindi posso utilizzare i gesti per rinforzare, per creare un effetto comico, per negare separando i gesti dal verbale ottengo qualcosa di completamente diverso nel linguaggio del corpo poi le emozioni vengono trasferite moltissimo attraverso il viso che è la nostra carta di identità quando ci presentiamo le espressioni del viso sono molto importanti pensate, esistono 5 emozioni primarie tra l'altro le stesse del film Inside Out, non so se l'avete visto che sono gioia, tristezza, paura, disgusto e rabbia queste emozioni primarie vengono espresse a livello di mimica facciale nello stesso modo in tutto il mondo e in tutte le culture quindi quando vi trovate a parlare, a parlare in pubblico, esprimetevi con questo tipo di mimica perché è come mettere dei sottotitoli a quello che state dicendo facciamo una prova, aiutatemi usiamo appunto questa frase, tra 10 giorni finisce la scuola ora vi chiedo di ripeterla insieme a me con un'espressione di gioia immensa proviamo? preparatevi, voglio vedere le facce entusiaste stiamo pronti? tra 10 giorni finisce la scuola benissimo, vedo anche i professori entusiasti spressione di gioia, guance che salgono, sorriso, faccio vedere i denti zampe di gallina, almeno alla mia età ok? poi proviamo una cosa un po' più difficile, ragazzi facciamo uno sforzo facciamo la stessa frase, ma questa volta distrutti dal dolore ok? un'espressione veramente affranta, ok? proviamo tra 10 giorni finisce la scuola non vi è riuscita comunque molto bene perché più facile mentire parole, più difficile mentire con il corpo tra l'altro ottieni anche un effetto comico, se lo fai spressione triste, la faccia va verso il basso, ok? spressione arrabbiata, la faccia si indurisce, si crea una riga qua tra le sopracciglia spressione spaventata, alzo le sopracciglia, sbarro gli occhi, apro la bocca ok? spressione disgustata, sollevo il labbro superiore ok? quindi se dico buono questo, non mi crederà nessuno non ascolteranno le mie parole tenete presente sempre che il pubblico ascolta per primo il vostro linguaggio del corpo secondo il colore della vostra voce solo dopo si fiderà delle vostre parole quindi il linguaggio del corpo, il corpo è un comunicatore ha una comunicazione molto efficace possiamo allenarci, adesso che lo sapete, tutti i giorni nel nostro linguaggio del corpo per diventare più consapevoli, per avere una comunicazione più empatica possiamo iniziare a farlo partendo da un gesto semplicissimo che abbiamo imparato a fare a due o tre mesi di vita che ha dato inizio allo sviluppo della nostra intelligenza emotiva e sociale quindi partiamo sempre a parlare con un bel sorriso grazie Grazie a te Michela Grazie alla dottoressa Catenacci dopo i suoi interventi ci si sente sempre messi a nudo però la buona notizia è che ci si può esercitare e migliorare adesso cedo volentieri la parola al dottor Luca Ferrario direttore di Trentino Film Commission abbiamo molto sentito sul prendimento per immagine immediatezza versus concettualità a lei la parola abbiamo un po' più di tempo perché i ragazzi hanno avuto dei ritardi nel salire al terzo piano concediamo loro i 20 minuti interi quindi abbiamo 10 minuti abbondanti e anche 15 Buongiorno, quindi parlerò molto lentamente anche perché parlare dopo questo intervento è veramente difficilissimo sbaglierò tutto, ho dimenticato tutto si è tipo cantare dopo i Manes che è difficilissimo però ci proverò a raccontarvi, ci proverò a dirvi che cosa stiamo facendo anzi aspetto, premessa Trentino Film Commission è l'ufficio per cui lavoro che forse conoscete e forse no abbiamo tanti progetti aperti, uno di questi si chiama Educa Immagine che è una serie di attività legate all'educazione, all'uso dei media quindi in questi pochi minuti quello che vorrei fare è cercare di spiegare perché ci siamo imbarcati in queste attività che riguardano maggiore consapevolezza, maggiore competenze nell'uso dei media palmi su e tutto il resto chiaramente siamo in un momento in cui c'è questa rivoluzione digitale tutto cambia, la tecnologia sembra che ci permetta di fare di tutto e di più voi siete molto giovani e forse non vi rendete bene conto dello stacco enorme che c'è col passato probabilmente non c'è mai stata un'accelerazione così veloce per quello che riguarda la vita di tutti i giorni i comportamenti, le abitudini, le relazioni quindi siamo in un momento che è di particolare evoluzione e tecnologia è media in questo ha un ruolo centrale c'è un po' questo approccio di la macchina, la tecnologia che lavora per noi io l'accendo, la spengo e la fa al mio posto è lei che fa le cose questo è un approccio che in realtà non sempre è così vero cerco di spiegarvi perché oggi parliamo anche di media e immagini nelle scuole nell'apprendimento allora provo a fare un esempio per esempio ci sono delle possibilità, delle potenzialità che i nuovi media danno anche nell'apprendimento che sono interessanti da sondare per esempio il videogioco è molto poco utilizzato ancora però potenzialmente ha delle caratteristiche che altre cose non hanno, altri approcci non hanno è ovviamente un'esperienza coinvolgente fornisce dei feedback su ciò che faccio in temporale io faccio delle azioni e ho subito dei feedback, dei riscontri che mi fanno capire delle cose mentre io agisco permette ovviamente di sperimentare situazioni nuove che nella vita reale sono più difficili da vivere anche può avere il pregio di trasformare degli argomenti ostici e difficili in qualcosa di più interessante quindi in termini di apprendimento potrebbe essere un approccio dalle grandi potenzialità vi faccio vedere un esempio che è questo allora a me non interessa fare la promozione però mi sembrava un esempio calzante questo è Ubisoft che ha sviluppato un gioco che molti di voi conosceranno bene che è Assassin's Creed che è ambientato in diverse zone del tempo, dello spazio, dalla Grecia all'Egitto ra deciso a un certo punto di creare tutto un ambiente virtuale sfruttando tutto il lavoro fatto per i videogiochi vi ho perso perché adesso tutti guardate il media e non nessuno ascolta più quindi c'è un mondo dove io non entro più qua, non è più un gioco, è una cosa diversa che hanno fatto io entro e giro, passeggio, posso scegliere di vedere delle città, di scoprire la vita quotidiana, di vivere delle battaglie di parlare con i filosofi del tempo quindi è un tipo di azione che io non dico sia sufficiente per imparare perché probabilmente non è sufficiente anzi sicuramente non è sufficiente però credo che sia un tipo di esperienza che se io devo capire cos'era, com'era, come funzionava chi viveva l'antica Grecia probabilmente mi dà una spinta molto forte probabilmente mi permette di avere un apprendimento più veloce, una visione più chiara rispetto a chi questa cosa non la farà ovviamente questo vuol dire un grandissimo potenziale in termini di apprendimento questo potenziale però ha degli ostacoli, cioè non è così diretto ci sono almeno tre grossi ostacoli che bisogna superare per poter sfruttare questo potenziale mi riferisco a questo ma in realtà vale per tutto il mondo un po' dei media il primo ostacolo è l'accesso, cioè non è detto che io sappia dell'esistenza di questa cosa potrei non saperlo, potrei non saperlo trovare quindi mentre una volta io dovevo magari cercare su un argomento dei libri, i libri sono in libreria oggi c'è un mondo ovviamente, se lo sapete benissimo, sterminato dove non è scontato sapere cosa e dove cercare le cose poi magari in questo caso è più facile ma in altri casi assolutamente no quindi non è detto che il fatto che esista implichi l'accesso da parte mia, la possibilità di diffruire di questo potenziale però possiamo anche immaginare che io riesca a venire nella conoscenza e a reperire questa cosa che trovo interessante un altro ostacolo è quello dell'accessibilità economica tutto quello che riguarda la tecnologia e i media è ovviamente collegato a hardware e software hardware e software hanno dei costi, tutto ha dei costi per carità però qua nel espandersi dell'offerta delle possibilità si espandono anche le possibilità di spesa quindi può essere che io acceda a una risorsa, a una potenzialità, a uno strumento, a qualcosa che riguarda il mondo di media ma che non possa o non voglia per qualche motivo permettermelo quindi questo è un altro ostacolo, un altro limite che mi frena da sfruttare il potenziale di quella cosa il terzo ostacolo che probabilmente è il più grosso è quello delle competenze perché io può essere che sappia raggiungere, ottenere una cosa, sappia e possa permettermelo però magari non lo sa usare perché in un mondo dove questi mezzi sono sempre più strutturati e complessi il loro uso non è più così scontato, non è più così ovvio, non è più così logico, richiedono delle competenze quindi se io ce le ho quelle competenze lo posso usare o lo posso usare bene soprattutto perché usare è facile, usare bene è un'altra cosa quindi questi sono tre ostacoli che sono fra me e lo sfruttamento del potenziale che i media della tecnologia mi mettono a disposizione questi tre aspetti sono quelli che in qualche modo riassumono quella che viene chiamata povertà educativa digitale quindi la leggo che la dico meglio di come la direi io disparità nell'accesso nell'uso e nella comprensione, perché c'è anche la comprensione, delle tecnologie digitali e dei mezzi di comunicazione che può limitare l'opportunità di apprendimento e di partecipazione nella società questo è un aspetto importante perché non è solo l'apprendimento cioè in un mondo dove la parte digitale non è più un hobby ma è dentro, è trasversale su tutto se io non ho quelle competenze in realtà sono tagliato fuori da tutta una serie di attività, alcune sono di svago, alcune sono di lavoro sono tagliato fuori o sono limitato in quelle possibilità si manifesta quando gli individui o le comunità, perché anche qua chiaramente comunità diverse, paesi diversi hanno situazioni diverse noi siamo anche relativamente fortunati in termini di accesso e risorse hanno accesso limitato o insufficiente a dispositivi digitali, connessioni a internet, ma soprattutto a competenze digitali che possono compromettere il loro accesso all'istruzione, all'informazione perché questo come lo sappiamo tutti è un tema centrale, l'informazione e i media quanto sono preparato a distinguere, perché se mio papà apriva il giornale e leggeva il giornale poteva credere più o meno a tutto, poteva essere perplesso su alcuni aspetti ma quello era il mezzo, quello era la fonte e lo leggeva, l'informazione era arrivata oggi è estremamente diverso e le competenze che mi servono per decifrare, trovare, capire, scegliere, valutare, criticare, selezionare sono molto più complesse quindi si tratta di mancanza di possibilità fondamentalmente cioè la contraposizione è l'enorme potenzialità di tutto questo dall'altra la mancanza di possibilità di sfruttarli quindi il discorso di prima non è così facile, non è che la tecnologia la uso pro contro, accendo, spengo, c'è una faccia ben diversa può riguardare un po' tutti perché anche questo, anzi forse sono più gli adulti in questo momento che hanno meno dimestichezza che si trovano più in difficoltà a recuperare su certi fronti dall'altra però la fascia più giovane suppone o si suppone che invece sia già automaticamente preparata perché li usa sempre, perché ne usa tanti in realtà non è così, nel senso che se io non ho una serie di competenze non sono alfabetizzato in questo mondo è come se io avessi quattro rudimenti di inglese io sì posso farmi capire parlando inglese perché so quelle cinque parole in qualche modo me la cavo e in qualche modo comunico, ma non sto parlando inglese non sto parlando una lingua, mi sto arrabattando con quello che ho allora cosa succede? succede che ho appunto un limitato accesso a tutta una serie di possibilità, ci sono ma io non ci arrivo non so neanche che esistono magari, utilizzo superficiale e grossolano dei mezzi disponibili, questo è quello di cui parlavo prima il fatto di avere tutti il telefono o utilizzare tutti dei social network non vuol dire saperli usare, io penso che tantissime ragazzi usino i social network al 30-40% delle loro potenzialità perché possono fare, hanno delle funzioni molto più evolute di quelle basiche che non è apro e scrollo tre ore ok sì lo sto usando, lo sto usando per tre ore, ma non lo sto usando in termini di quali sono le cose che mi permette di fare, quindi spesso l'uso è molto basico perché è normale, nessuno mi ha insegnato quelle cose, questo è un esempio che io vedo anche nell'attività di fin commission sulla produzione di video dove spesso si scambia la componente tecnologica con quella delle competenze, cioè io ho un video o un telefono scusate o una macchina fotografica che fa i video in 4k in alta definizione e quindi faccio dei video incredibili, no faccio dei video che sono come definizione incredibili, che li guardo e magari hanno un effetto wow che bella immagine però se non sono in grado di raccontare, di usare quel linguaggio, faccio una cosa che dopo tre minuti non se la ricordo più nessuno, se io invece ho delle competenze nel linguaggio cinematografico nel linguaggio audiovisivo, con quelle immagini, anche con un telefono qualunque sono in grado di far passare un messaggio in maniera molto più forte quindi la vera tecnologia non è chiaramente sufficiente. La mancanza di competenze critiche è appunto quello a cui ce n'avevo prima, il grande esempio è quello dell'informazione, disinformazione fake news e via dicendo, anche qua la complessità è sempre più profonda, ho bisogno di competenze che mi aiutino a capire cosa sto vedendo in questo oceano di possibilità, devo essere orientato e spesso non lo siamo. Questo si traduce a volte anche in perdere di opportunità di formazione, se io non posso accedere a alcune cose, o anche di lavoro se io ho dei limiti nella mia cultura digitale. Ovviamente tutto questo poi alla fine è un divario sociale che rischia di essere steso. Quindi non so come sto andando con i tempi, perché ho perso, ma mi pare che... invento delle cose, non vedo, sì più o meno ci siamo Ok, ok Benissimo, benissimo Quindi qualcuno ha detto questo, non so chi, ma sono d'accordo, la rivoluzione digitale non riguarda la tecnologia solo, ma le persone, nel senso che se noi persone non siamo attrezzate, pronte, disposte a investire ad avere delle competenze che ci permettono di sfruttare di cavalcare questa rivoluzione, perché in quel caso io posso sfruttare il potenziale che ho a disposizione, se così non è in realtà questa rivoluzione io la subisco e rimango in qualche modo anche emarginato da un punto di vista sociale. Quindi questi sono veramente in pochi minuti il senso, lo spunto da cui siamo partiti per dire, c'è bisogno di portare delle competenze in maniera trasversale sull'uso dei media perché non sono più evitabili. Quindi se vi interessano questo tipo di tematiche, vi invito anche a seguire i nostri canali Facebook se avete la mia età o Instagram se ne avete qualcuno di meno, sia sul fronte di Fincommission. Mi fermerei qua. Molte grazie per questo intervento dal quale come dagli argomenti dei ragazzi vengono sulle citazioni anche al mondo della scuola, che quando si tratta appunto di sviluppare attitudini critiche è chiamata in causa in primo luogo e che è chiamata in causa con una responsabilità anche dal punto di vista civico e di cittadinanza a fornire quegli strumenti che poi possano consentire non solo di stare consapevolmente e responsabilmente al mondo ma anche di superare differenze legate a situazioni diverse di partenza. Dalle parole del direttore di Trentino Fincommission giungono queste sulle citazioni, questi spunti di riflessione anche per il mondo della scuola che potremo riprendere poi nella fase conclusiva di questa mattinata. Stiamo aspettando le due classi, scendere dal terzo piano, come salire si è rivelata, si sta rivelando un'impresa più lunga del previsto però arriveranno. Possiamo approfittare di questa piccola attesa per un momento di pausa nel caso vogliate, qualcuno l'ha già fatto, andare ai bagni o comunque rilassarvi un attimo, stiamo attendendo i ragazzi e la giuria che sta scendendo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La giuria è pronta per riprendere? Intanto al solito ci facciamo comunicare i nomi dei contro argomentatori e delle contro argomentatrici, inizierete voi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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