Separazioni e divorzio: come gestire il conflitto
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Separazioni e divorzio: come gestire il conflitto
Il diritto di famiglia italiano, evidenzia la discrepanza tra la legge, spesso rigida e datata, e la prassi giurisprudenziale più flessibile e adattabile ai cambiamenti sociali. Vengono esaminati gli aspetti legali ed economici di separazioni e divorzi, inclusi l'assegno di mantenimento e la gestione del patrimonio. Infine, si discute l'impatto delle unioni civili e delle convivenze, sottolineando le difficoltà nel gestire conflitti in contesti familiari diversi dalla tradizionale famiglia nucleare.
Benvenuti a tutti, benvenuti a questo incontro in cui noi dobbiamo presentare con il professor Rimini, anzi questa è l'occasione insomma per presentare un volume su separazione e divorzi che è edito dal sole 24 ore, è un libro manuale, un libro specialistico, ma un libro scritto molto bene che viaggia su due livelli, il primo livello naturalmente è quello della legge e il secondo livello è quello della giurisprudenza. E' molto interessante questa doppia lettura del fenomeno della separazione dei divorzi, ma in generale è un libro di tutto il tema che riguarda la famiglia, la gestione dei figli, la gestione del conflitto, perché come vedremo in questa breve chiacchierata, a cui magari daremo anche un seguito con alcune domande dal pubblico se ce ne saranno, come vedremo in questa breve chiacchierata il legislatore è stato costantemente incalzato dalla giurisprudenza su temi in modo molto delicati come quello della famiglia, dell'evoluzione dei costumi, è stato sempre incalzato dalla giurisprudenza, dai giudici che in qualche modo hanno aperto anche larghe maglie, dove il legislatore ancora magari non era particolarmente sensibile ad affrontare determinati temi come per esempio le unioni civili, le unioni tra persone dello stesso sesso, il legislatore nazionale ma anche il legislatore europeo e il legislatore della Corte di Strasburgo e questo è un dialogo tra appunto il legislatore e i giudici che è molto molto fattivo, molto produttivo perché poi i giudici hanno in qualche modo tenuto conto di ciò che si affermava nella società e quindi in questo senso questo apre anche un po' una riflessione di quello che è oggi la magistratura nel nostro Paese, di ciò che rappresenta e ponendo però anche qualche paletto perché appunto l'apertura è sempre stata accompagnata da una visione rigorosa e poi credo che faccia ancora premio una lettura costituzionalmente orientata di quello che è l'articolo 29 della Costituzione, una lettura diacronica ecco perché naturalmente la Costituzione ha qualche anno ma la lettura diacronica permette probabilmente di considerare ancora l'articolo 29 come uno dei capisaldi di questa parte del diritto. Professore è così? Sì grazie innanzitutto, sì è senz'altro così, il diritto di famiglia è uno stranissimo animale vivo, noi siamo abituati a pensare al diritto come una cosa che vive di legge, per dire la verità oggi pensiamo che viva oltre che di legge, di decreti, di circolari, di fonti normative sempre più specifiche che non si leggono neanche magari sulla gazetta ufficiale, che andiamo a cercare compulsivamente su norme e tributi del sole 24 ore, pensiamo che il diritto sia quella roba lì, invece no, diritto di famiglia quantomeno è tutt'altro, io sono convinto che se qualcuno studiasse il diritto di famiglia solo sulle norme non capirebbe assolutamente nulla di quello che accade nei nostri tribunali, perché il diritto di famiglia vive nella prassie, nei corridoi, più che nelle aule, quasi più che nelle aule dei nostri tribunali, basti pensare a quello che è successo proprio con la legge sul divorzio, quando la legge sul divorzio è nata sulla base di un compromesso per cui il divorzio doveva essere l'estremo rimedio rispetto ad una situazione assolutamente gravissima e intollerabile e su questa idea erano basati, sono basati gli articoli 1, 2 e 3 della legge del 1970 sul divorzio che descrivono questa specie di dramma che è la crisi della famiglia solo in presenza di un accertamento oggettivo di questo dramma non si può pronunciare il divorzio, gli articoli 1, 2 e 3 sono ancora lì, nessuno li ha cambiati se non poche parole di qua e di là e la verità vera è che oggi divorziare è molto più facile rispetto a sciogliere un contratto con una compagnia telefonica, una compagnia telefonica che ci vogliono due anni mediamente e comunque è molto complicato, divorziare basta dirlo e chiunque divorzia con la massima facilità e la differenza l'hanno fatte i giudici, questo è il punto. Ci sono due considerazioni, intanto mi devo scusare perché il manuale separazione e divorzio è stato scritto da Carlo Rimini e da Claudia Balzarini, quindi diciamo iniziamo a mettere in evidenza i meriti. Ecco lei diceva la legge sul divorzio è del 1970, i primi articoli non sono stati toccati nonostante il legislatore sia intervenuto più volte diciamo nell'ambito della procedura e l'ha molto molto sveltita. Allora mi vengono due considerazioni, la prima è il fatto che forse era una legge tutto sommato ben scritta, tutto sommato nel senso che è riuscita a non solo a resistere tanto tempo ma che insomma non sarebbe di per sé una virtù, ma è riuscita a resistere al cambiamento dei tempi, al cambiamento dei costumi, al cambiamento della percezione, di ciò che appunto lei diceva è un dramma il fallimento della famiglia, allora oggi non è più un dramma il fallimento della famiglia o non è più percepito tanto così ma rimane probabilmente un dramma forse molto più intimo, che scava molto sotto il fallimento di un rapporto affettivo e allora una legge che si incarica di stabilire e di regolare un fallimento molto profondo di due persone è una legge un po' strana, che animale è, per riprendere un'immagine che lei utilizzava prima. Si, allora è sicuramente una legge che è nata modernissima, cioè questo non ci pensiamo mai, volevano farla vecchia, più vecchia possibile, sono riusciti, dico sono, in quegli anni incredibili in cui il partito di maggioranza relativa si chiamava la democrazia cristiana e tutto voleva tranne che una legge sul divorzio eppure l'ha approvata, però ha detto io la provo appunto come dicevamo prima, severissima, ma è stato un bizzarro esempio di eterogenesi dei fini, alla fine si è riusciti a fare una legge modernissima, perché modernissima? Perché in tutta allora, in tutte le legislazioni occidentali, molto più avanti della nostra, che da molto più tempo immaginavano, gestivano il conflitto familiare, il divorzio si reggeva su due pilastri alternativi, o la prova della colpa o il consenso, quindi per divorziare bisognava ottenere il consenso dell'altro coniuge, di cui le frasi dei film californiani non ti concedo il divorzio, oppure provare la colpa e quindi di cui l'altra frase, guarda che questo è causa di divorzio, con l'idea di questo divorzio basato su ragioni oggettive, entrambi i pilastri non sono stati presi in considerazione in Italia, il risultato è che quando la ragione oggettiva vera, perché poi se qualcuno leggesse, i giuristi lo fanno, l'articolo 3 della legge sul divorzio è una norma lunghissima, pazzesca, sembra le nuove norme fiscali, ma è costruita per descrivere casi rarissimi, la condanna all'ergastolo, cose che non succedono di solito mediamente, e viene applicata costantemente, vengono applicate due righe, cioè il divorzio basato sulla separazione, allora erano 5 anni, poi sono diventati 3, poi è diventato un anno o 6 mesi a seconda dei casi, però c'erano i due processi di separazione e divorzio, con la riforma a Cartabia il 2023 non ci sono più neanche i due processi, si fa tutto assieme e alla fine si divorzia con una facilità incredibile, dicevo prima, il divorzio si basa sulla volontà unilaterale di ciascuno dei coniugi, voglio separarmi, lo ottengo, sono io che ho commesso le colpe più devastanti, non importa niente, posso io ottenere il divorzio, il coniugi incolpevole lo subisce, dice ma io non ho fatto niente, pazienza, ecco, tutto insomma è una cosa abbastanza moderna, gli altri ci sono arrivati 25 anni dopo, adesso è così praticamente in ogni angolo del mondo, persino gli inglesi recentemente ci sono arrivati, ma in Inghilterra fino a non molto tempo fa bisognava o si aveva il consenso dell'altro coniuge o bisognava provarne la colpa, solo due anni fa è stata approvata una legge che consente il divorzio come in Italia, quindi una legge molto flessibile che si è adattata benissimo all'evoluzione della nostra società, da questo punto di vista, dal punto di vista della gestione delle conseguenze economiche della crisi familiare invece siamo al disastro totale. Bene, poi arriveremo a questo, ma forse è opportuno una riflessione su il sottotitolo la gestione del conflitto, quando arriviamo in tribunale o dall'avvocato a dire voglio separarmi, voglio divorziare, il problema è che noi affidiamo all'avvocato o al giudice da un lato forse la sistemazione economica del patrimonio, la sistemazione economica di quella che era il menage familiare, sicuramente ci sono i figli e questo è un altro elemento, ma portiamo davanti al giudice, all'avvocato, il fallimento della nostra relazione e questa è una cosa molto diversa, molto più pesante e pregnante. Sì, e la cosa bizzarra, non so se sia bizzarra o se sia giusto, è che in realtà il sistema di quel dramma non si fa carico per niente. Ma dovrebbe? Ma non lo so, ogni tanto penso che un po' di più forse dovrebbe, ragioniamo sulla base di un possibile esempio, sono due coniugi, uno tradisce l'altro, uno viola i doveri che derivano dal rapporto matrimoniale, se fosse un contratto cosa succede? Che si va davanti al giudice e il giudice valuta se è vero o non è vero che c'è stata violazione del contratto, io ti dovevo una tonnellata di tondini di ferro, ti ho dato mezza tonnellata oppure ti li ho dati arrugginiti, vediamo se erano arrugginiti oppure no. Di questo si occuperebbe il giudice, c'è un conflitto, un contrasto, il giudice si occupa di quel conflitto, di quel contrasto. Non va così nel direttore famiglia, una signora va dall'avvocato a dire mio marito mi tradisce o viceversa è indifferente, quasi indifferente, il giudice non si occuperà di quel tradimento, l'esito del giudizio non dipende se non in piccolissima parte, sempre decrescente man mano che la società e la giudizia si evolve, da quello che è successo, dalle colpe, da chi ha ragione e da chi ha torto, all'inizio può essere che ci sia uno che ha ragione e uno che ha torto, poi si dice che le ragioni e i torti sono sempre tutti e due, però può anche essere che invece uno abbia ragione e l'altro abbia torto. Ebbene l'esito del giudizio non dipende se non in casi assolutamente eccezionali da il sistema demolisce quel conflitto più che gestirlo, lo digerisce, lo frammenta, dopodichè di che cosa si occupa il giudice nel 9,5 casi su 10, 95% dei casi, se noi prendiamo cento fascicoli di separazione e di divorzio nel tribunale di Trento, di che cosa si occupa il giudice in 95% di quei cento fascicoli? Delle regole di frequentazione dei figli e delle modalità di mantenimento dei figli e di un altro tema che attanaglia gli italiani in qualunque campo, la casa, perché la casa per gli italiani è un bene fondamentale e quindi il giudice deciderà con chi stanno i figli, dirà che il genitore con cui stanno i figli ha diritto di continuare a stare nella casa e prevederà le modalità di mantenimento dei figli, di solito prevedendo un assegno di mantenimento a carico di quello stesso genitore che viene stromesso dalla casa familiare e questo può essere un problema. 95% del separazione e di divorzio in Italia sono così. In una piccola parte il giudice si occupa dei rapporti di mantenimento fra i coniugi, in pochissimi casi si occupa dello scioglimento della comunione dei beni, perché la comunione dei beni non c'è in Italia, anche se è il regime legale della famiglia l'85% dei matrimoni in Italia viene ormai celebrato in separazione dei beni. Dunque lei dice che appunto il giudice non si occupa di gestire il conflitto ma in qualche modo il conflitto viene spezzettato e in qualche modo si dissolve, è un raro caso di dissolvimento nella procedura. Ecco ma come avvocato invece lei è chiamato a gestire il conflitto? Sì, lo sforzo maggiore che devono fare gli avvocati in questa materia è convincere, gestire quel senso di eccitazione che hanno coloro che l'hanno fatta grossa quando scoprono che la faranno franca e va bene. E invece gestire il dramma che provano coloro che capiscono che pur avendo subito un torto nessuno pagherà il fio per quel torto, perché questa cosa è un problema, cioè se non si riesce a gestire questo problema è possibile che il rancore che ognuno, che tutte le parti portano sul tavolo del fallimento di un progetto di vita assieme, finisca con andare a cercare qualche parafumine, come tutte le scariche elettriche a un certo punto da qualche parte devono sfogarsi e quindi se non si riesce a mettere a terra il conflitto con calma, a un certo punto quel conflitto colpisce qualche vittima innocente e le vittime innocenti di solito sono i figli, perché il rancore finisce col trasferirsi su un conflitto che altrimenti non esisterebbe, che ha per oggetto i figli e questo purtroppo succede spesso. Poi qualche volta invece il parafumine sono altre cose meno sensibili dei figli, non so, i Rolex e le borsette, ma su qualcosa a un certo punto si ha il sospetto che le parti debbano per forza litigare. E lei che strumenti ha? Bu, non so, 35 anni di lavoro, ormai temo se faccio bene i conti, bisogna convincere che è così, bisogna convincere le persone che è così, che non c'è niente da fare, che è ineluttabile, che litigare su cose stupide o su cose sulle quali è molto pericoloso litigare è un'operazione non particolarmente intelligente, che bisogna guardare avanti, ecco, l'idea che possa esserci una vita dopo quello che è successo, che, io dire, nei mesi scorsi e anche in questi giorni mi capita di gestire la vicenda di una signora che ha scoperto che il marito la tradisce con una ragazza infinitamente più giovane. La signora ha scoperto il peggiore dei modi, perché come succede al giorno d'oggi questi due signori, la ragazza giovane e il signore più anziano, si erano fatti dei video, come dire, non particolarmente gradevoli da vedere e questi video erano finiti sincronizzati sul cloud del computer di casa. Succede con una frequenza che non avete una idea. Questa signora scopre il video sul cloud di casa e ne nasce un lutto oggettivamente e questa signora peraltro non è italiana, visto che all'estero le colpe sono ancora un po' più rilevanti, che in Italia non è stato banale spiegarle che non succedeva niente dopo quella vicenda. Però forse l'unica cosa è dire, ma signora mia, lei è giovane, guardi avanti, la vita ricomincerà. Inutile che adesso passiamo cinque anni a rivedere sto video davanti ai giudici del Tribunale, davanti ai giudici della Corte d'Appello, coi vostri figli spettatori di questo scannatoio. Andiamo avanti, ecco, poi però c'è un problema economico che a mio avviso il nostro ordinamento non è ben preparato a gestire. Perché? Perché abbiamo questo istituto, ecco, perché questo istituto secondo lei insomma in qualche modo non è adeguato. Allora noi in realtà di istituti ne avremmo due, uno è l'assegno di mantenimento, che si chiama assegno di mantenimento nel contesto della separazione, assegno divorzile dopo il divorzio, ma sostanzialmente è uno assegno periodico che si paga tutti i mesi, e l'altro in teoria è la comunione dei beni che è stata prevista nel 1975 come regime patrimoniale della famiglia. La comunione dei beni in Italia è stato un totale fallimento, tant'è che appunto non ce ne rendiamo neanche conto che c'è, perché l'85% dei matrimoni sono celebrati in separazione dei beni, quel 15% di solito è relativo a matrimoni di persone che non hanno assolutamente nulla da condividere per cui le cause sulla comunione dei beni in Italia non esistono più o quasi più. La ragione di questo è complicata, ma veniamo all'assegno di mantenimento. L'assegno di mantenimento nasce nel 1970, anzi nasce in realtà prima del 1970 in relazione alla separazione, come assegno assistenziale che doveva garantire dopo il fallimento del matrimonio il mantenimento al coniuge più debole del medesimo tenore di vita matrimoniale. L'idea era che la fine del matrimonio non doveva, nei limiti del possibile, cambiare il modo di vivere del coniuge debole. A questa cosa non crede più nessuno da una quantità di tempo ormai difficilmente misurabile. La Cassazione è andata avanti a dire che l'assegno di mantenimento doveva garantire al coniuge debole il mantenimento del tenore di vita matrimoniale fino al 2017. Poi probabilmente anche come reazione a una vicenda assai nota di un signore italiano assai ricco che per ragioni francamente difficili, pagava più di 3 milioni al mese di assegno di mantenimento alla moglie, cosa francamente si mantengono 200 persone con uno stipendio medio, con quell'importo mensile. Probabilmente come reazione al moto di sconcerto di quella vicenda la Cassazione ha cambiato opinione. No, non sto dicendo questo. Dico che è successo nel 2017 per questa ragione. Sarebbe forse successo un paio di anni dopo. Ma la cosa bizzarra è che è successo nel 2017 nella giurisperienza della Cassazione, ma nei corridoi dei nostri tribunali succedeva da gran tempo. Io ero un avvocato con i calzoni corti e andando a difendere una signora davanti a un tribunale del circondario di Milano, non il tribunale di Milano, che magari le cose erano un po' diverse, cercando di convincere il giudice che doveva dare a questa signora un assegno proporzionato al tenore di vita matrimoniale. Questo giudice con una certa, devo dire, spudoratezza, ma era quello che pensavano tutti. Ma ero avvocato, vado a chiederlo alla Cassazione, il tenore di vita matrimoniale, ma cosa vuole tenore di vita matrimoniale? La verità vera è che l'assegno di mantenimento, già prima del 2017, davanti ai nostri tribunali, serviva per la pura sopravvivenza. Perché? Perché appariva, ripugnante, ormai diciamo da una ventina d'anni, che una persona potesse avere una rendita vitalizia che appariva, e forse lo era, parassitaria. La Cassazione nel 2018, quindi dopo averlo nel 2017, detto tenore di vita matrimoniale, forget, non esiste più, nel 2018 ha fatto una sentenza molto meditata in cui ha detto, no ma guardate che l'assegno dipende dall'entità dei sacrifici fatti durante il matrimonio, che è un concetto molto più forte dell'assistenza. Tu ti sei occupata per vent'anni di tirare grandi i nostri figli che appunto ora... Ma è un concetto che valorizza il contributo? Che valorizza il contributo, infatti si chiama il nuovo fondamento dell'assegno divorzile, dopo il 2018, è appunto un assegno compensativo del contributo dato al mantenimento della famiglia. Ma è uno strumento inesorabilmente vecchio, perché è facile capire perché. Perché per compensare il contributo, il contributo è una cosa che è già finita, è determinabile, l'assegno invece è destinato ad andare avanti tutta la vita, quindi noi non sapremo quanto si pagherà, perché non sappiamo quanto la vita durerà. La verità è che bisognerebbe fare quantomeno come fanno in Francia, e cioè dire che almeno dove ci sono un po' di soldi, la compensazione è una somma capitale che finisce lì, così almeno si evitano i cordoni ombelicali che invece in Italia rischiano di andare avanti. E questo vecchio strumento finisce, nonostante il, devo dire, incomiabile sforzo in questo caso della Cassazione, continua a essere mal tollerato dai nostri giudici. Dunque è chiaro che se c'è un patrimonio, se ci sono soldi, tutto diventa forse più, meno semplice. Ci sono però delle situazioni in cui un divorzio costituisce davvero una sciagura oltre che personale, una sciagura economica che costringe quasi alla povertà, che questo è un problema. Beh non c'è dubbio che la famiglia realizza un'economia di scala. Banalmente mantenere una casa per due persone o quattro persone o tre persone costa meno che mantenerne due, in cui vivono due nuclei familiari. Quindi non c'è il minimo dubbio che la separazione e il divorzio comportano un impoverimento per il 90% delle famiglie italiane. Si fatica in Italia a gestire il problema proprio della casa, perché gli italiani sono in gran parte proprietari delle case in cui vivono e la casa crea rigidità. L'addove la casa è in locazione, si lascia quella casa e se ne prendono due più piccole e questo già permette un risparmio. Se c'è una casa di proprietà e un mutuo, la cosa è più complicata. Quello che succede è che nelle famiglie a basso reddito con figli la separazione è un dramma per i genitori che non vivono dopo la separazione con i figli, generalmente i padri, che spesso finiscono per questo sulla soglia della povertà. Mentre le madri sopravvivono, avranno un piccolo assegno di mantenimento oltre alla casa, ma se la casa non è particolarmente costosa e il mutuo non è particolarmente oneroso, si sopravvive. Più cresce il reddito della famiglia, più la crescidra si rovescia e sono in quel caso le mogli a fare le spese della separazione. Perché appunto i giudici sono assai poco propensi a riconoscere significativi assegni di mantenimento per i coniugiti deboli e spesso succede di assistere al dramma anche economico di signore, nella nostra società sono prevalentemente signore che hanno dedicato la loro vita alla famiglia facendo enormi sacrifici, rinunciando alla loro professionalità, al loro lavoro per nell'interesse della famiglia e che si trovano a un'età di solito assai sfortunata perché poi spesso la famiglia al giorno d'oggi si scioglie quando i figli sono post adolescenti, perché prima c'è no, teniamo insieme i cocci finché i bambini sono piccoli e finché poi c'è una moglie che se ne occupa, che va benissimo che se ne occupi, però io sono lì perché poveri bambini, se no di fronte a matrimonio che sono ormai diventati deserti dell'affettività, quando poi i ragazzi sono grandi, questo forse è un cliché però devo dire che succede, i mariti si rendono conto che hanno un senso di vuoto nello stomaco, qualche volta questo senso di vuoto ha il nome di una donna, qualche volta no, non sempre e stabiliscono che adesso basta, i ragazzi sono grandi e ci si separa, dopo di che queste signore che hanno dedicato la vita a quella famiglia spesso si trovano con lavori assolutamente non soddisfacenti e con mariti che nel frattempo hanno fatto carriera e subiscono drammatiche conseguenze economiche perché i giudici non sono minimamente preparati a compensarle adeguatamente e questo è un problema. Parliamo di tutela dei figli. Parliamone. Come si esplica la tutela dei figli? Il mondo, il mondo perché non è solo l'Italia, negli ultimi vent'anni è cambiato, devo dire, io non so se è meglio o peggio, comunque è cambiato tantissimo. Quando io ho iniziato a fare questo lavoro i figli stavano sempre con le madri, i padri li vedevano pochissimo, a fine settimana alternati, di solito dal sabato mattina alla domenica sera, qualche volta una cena durante la settimana, le madri decidevano qualunque cosa, i padri pagavano, il che da un certo punto di vista non faceva piacere ma da un altro punto di vista comunque consentiva di mantenere una certa capacità di controllo. E questo era il diritto della gestione dei figli nelle crisi familiare quando io ho iniziato a fare l'avvocato all'inizio degli anni 90. Adesso, con norme cambiate poco, è stato introdotto il cosiddetto affidamento condiviso, ma quando è stato introdotto sostanzialmente si è detto che sono cambiate le etichette ma non è cambiato niente. In realtà poi nel tempo le cose sono cambiate tantissimo, primo è stato aumentato tantissimo il tempo che i genitori cosiddetti non collocatari passano con i figli, oggi la maggior parte dei tribunali si assesta a una sequenza di due settimane lavorative a attribuire al padre sei notti, si contano le notti perché è più facile, sei notti contro otto della madre quindi è un collocamento quasi alternato, la maggior parte dei tribunali non arriva a adottare come situazione standard il collocamento alternato, però capite che questa soluzione è anche una buona soluzione perché comunque consente ai figli di avere una casa prevalente e di vedere tanto l'altro genitore, ha fatto naturalmente che l'altro genitore sia disponibile. L'altra grande evoluzione derivata dal fatto che oggettivamente al giorno d'oggi tutte le decisioni di qualche rilievo devono essere prese assieme, il che è una gran bella cosa in teoria ha patto però che ci sia qualcuno che prenda le decisioni quando le due parti non vanno d'accordo perché se due si sono separati di solito non è che, per carità poi ci sono quelli che si sono separati e vanno d'accordissimo, però succede più nei film che nella realtà, magari succede anche nella realtà ma molte volte non succede e quindi quando si dice che entrambi i genitori devono decidere, poi la vita quotidiana è mandiamo il bambino a scuola di tennis o lo mandiamo in piscina, no a scuola di tennis no perché si sviluppa solo un braccio, in piscina no perché si prendono i funghi, le gente litiga su queste cose qua, inutile, allora mandiamo a scuola cattolica o a scuola statale? Ah io sono cresciuto benissimo a scuola statale, no a scuola statale no perché, non si deve, lasciamo perdere perché si dice dopo questa frase, e chi decide e dovrebbe decidere il giudice? Ecco tenete conto che il giudice non ha nessuna voglia di occuparsi del fatto che un bambino debba andare in piscina o giocare a tennis, zero voglia, si sono moltiplicate una serie infinita di figure in violazione totale del dogma per cui le figure non devono essere moltiplicate al di là della necessità, ecco adesso invece abbiamo i curatori dei minori, i curatori speciali dei minori, i coordinatori genitoriali, i mediatori familiari, i consulenti tecnici, tutta una serie di figure che più o meno dovrebbero gestire questo conflitto, i giudici hanno anche comprensibilmente pochissima voglia di occuparsene, questo è un problema perché se c'è molta conflittualità i bambini come dicevo prima diventano un parafulmine su cui si scarica l'elettricità della famiglia. Lei ne ha fatto cenno prima quando parlava della signora straniera qui, ha dovuto spiegare che la colpa del marito non avrebbe pesato sulla decisione del giudice, che cosa sta succedendo in questa società che sta diventando sempre più multietnica anche con radici culturali profondamente diverse dalle nostre? Allora, in Italia il diritto di famiglia italiano ha appunto molte peculiarità, è appunto meno preparato degli altri a gestire le conseguenze economiche del fallimento della famiglia e quindi in Italia abbiamo il problema di spiegare ai tantissimi stranieri che vengono in Italia che la nostra gestione del conflitto economico post-coniugale è questa roba qua, che non si ha parlato fino ad ora e che invece i loro modelli non si applicano e questo è un problema. Un altro problema, questo secondo è un problema di lusso che riguarda le famiglie sicuramente abbienti, è che noi abbiamo anche molta meno flessibilità nella gestione del contenzioso e penso che all'estero sono molto più abituati a che si possano fare gli accordi in vista della crisi del matrimonio, cosa che in Italia, quando se ne parla, in Italia sembra di evocare il diavolo e si sente la puzza di zolfo prima. In Italia l'idea che si possa fare un patto in vista della crisi è considerata veramente diabolica, è pure normale, noi stiamo lavorando tutti e due, abbiamo figli, io scelgo il part time, ok va bene, se poi litigheremo come gestiamo questa cosa, oppure mi hanno fatto un'offerta di lavoro per andare a lavorare a Londra, tu lavori a Milano, lasci il tuo lavoro per seguirmi a Londra, ok finché andiamo d'amore d'accordo non c'è problema, ma se poi litighiamo cosa succede? Ecco questo all'estero lo fanno, da noi non lo facciamo, mi rendo conto che questo è un problema grasso, nel senso che i patti prematrimoniali anche negli altri ordinamenti si fanno tra famiglie, nelle famiglie ad alto censo e non in quelle a basso censo, però in un mondo economico interconnesso questo comincia a diventare un problema. Tra l'altro lei, anzi voi, nel manuale scrivete come il fatto che ci sia stata la riforma, diciamo che ha in qualche modo consentito ai coniugi di decidere tra comunione o separazione dei beni, questo in realtà potrebbe essere un elemento su cui lavorare proprio per trovare una soluzione rispetto alla prospettiva dei patti in vista del divorzio, da un punto di vista questo fatto potrebbe essere un elemento teorico che può giustificare, che può portare ad uno sviluppo, magari la giurisprudenza ci arriverà? E qui però è più difficile, è possibile che la giurisprudenza prima o poi arrivi ad affermare la validità dei patti in vista del divorzio, però nella sua domanda lei è partita opportunamente dal tema scelta della comunione o separazione dei beni, la cosa strana è che in Italia non si può fare un patto in vista del divorzio quando due coniugi si sposano, ma si può scegliere la separazione dei beni con una croce su modulo, ed è questa, rendiamoci conto che l'Italia è l'unico Paese al mondo dove è concessa questa forma di scelta della separazione dei beni, in tutti, negli altri Paesi con ordinamenti simili ai nostri serve quantomeno un notaio che prima del matrimonio spiega ai coniugi il significato della comunione dei beni e il significato di un'eventuale scelta di separazione dei beni, al momento del matrimonio scusate separazione o comunione dei beni? Buh forse separazione è più semplice, mettiamo la X sul modulo, no non funziona così, non può funzionare così, e invece in Italia funziona così. Se voi cercate di spiegare a un avvocato californiano, quelli nei cui studi fantastici che sembrano usciti da una serie televisiva, a proposito gli studi degli avvocati di diritto di famiglia in Italia non sono quelli delle serie televisive, diverso, non funziona così, ebbene se voi cercate di spiegare a un avvocato californiano che sta in questi fantastici studi con le vetrate, eccetera eccetera, quelli che fanno i prenup, che hanno talmente tanti accordi prematrimoniali da fare che hanno il nomignolo, non si chiamano più prenup shell agreement, oggi faccio un prenup, a quelli lì che fanno prenup come se piovesse, gli spiegate che da noi si sceglie la separazione dei beni mettendo una X sul modulo, lui non vi crede, dice che siamo matti, dice no ma scusa ma che cosa vuoi dire? Voglio dire che si mette una X e questo porta che da quel momento in avanti i cogni ognuno si tiene il suo, non c'è condivisione del patrimonio nel matrimonio, e lui tra un prenup e l'altro ti dice, ma che matrimonio è questo italiano in cui con tanta facilità potete tenere separati i matrimonio? E dico, va be' ma noi lo facciamo tutti, comunque dico, tu tra un prenup e l'altro, fammi un prenup che porti come effetto la separazione dei beni, e sapete lui che cosa vi dice? Beh oddio, si può fare, però non sono certo che un giudice un domani lo considererà valido, perché è talmente snaturante l'istituto del matrimonio che non possiamo essere sicuri che un giudice lo considererà valido. Ecco, è strana sta cosa. Sì, è molto strana. Senta, fino adesso noi abbiamo parlato della famiglia tradizionale, ecco che cosa è cambiato con i patti, con diciamo le nuove famiglie, con le unioni civili? Allora, poi parliamo delle unioni civili, che cosa è cambiato con le nuove famiglie? Beh innanzitutto è cambiata una cosa fondamentale, nessuno si sposa più, può essere che ci sia una connessione tra quello che vi ho apportato? Ecco, ma nessuno si sposa più, mi scusi, ma è una questione di tipo patrimoniale? O è qualcosa di diverso? No, io sono convinto che sia qualcosa di diverso, io sono convinto, ho scritto un altro libro su questo, più divulgativo, assai meno noioso di questo manuale che si intitola Perché non ti sposi? Allora, partiamo da un dato, l'Italia è il quart'ultimo paese al mondo per propensione al matrimonio, cioè su 100 mila abitanti, quanti sono le persone che si sposano? Ebbene, l'Italia è il quart'ultimo paese al mondo, dopo di noi ci sono ordinamenti che non siamo abituati a considerare quelli dei paesi occidentali, negli Stati Uniti le persone si sposano il doppio che in Italia, in Inghilterra quasi il doppio, in Germania due terzi in più, nei paesi nordici, in Francia si sposano un po' più che da noi, infatti sono poco più avanti in quella classifica. Perché? La società è uguale, un giovane italiano guarda le stesse serie, guarda il signore degli anelli come lo guarda un giovane americano, ha gli stessi problemi economici mediamente di un giovane americano, di un giovane tedesco, di un giovane inglese, parlano la stessa lingua oramai, perché non è più neanche vero che gli giovani italiani non sanno l'inglese, ormai i nostri figli sanno l'inglese come è meglio dei francesi, perché i francesi? Perché gli italiani non si sposano? E invece gli altri sì, anche gli altri si sposano meno di 40 anni fa, ma da noi il fenomeno è drammatico, ammesso che sia un problema, che non è detto. Perché? Ma perché il matrimonio in Italia? La verità è che non serve, perché davanti di quei 100 fascicoli di cui parlavamo prima, in cui il giudice fa 95 volte sempre la stessa cosa, quello che fa il giudice è occuparsi dei figli, e i figli non dipendono dal matrimonio, la disciplina della figliazione dal 2012 in avanti è uguale per i figli nati nel matrimonio e per i figli nati fuori dal matrimonio. Per cui se voi chiedete a un giovane, ma perché non ti sposi? Lui vi risponde, ma perché dovrei? Dopodiché, che questo possa però essere un problema, io ne sono convinto, non tanto per la società, una volta si diceva che la famiglia matrimoniale, il riferimento alla Costituzione andava in questa direzione, era uno dei mattoni fondanti della nostra società, la stabilità del matrimonio era garanzia di stabilità della società. Non ci crede più nessuno. Se noi dobbiamo pensare che la società si basi sulla famiglia matrimoniale, siamo messi veramente male. La verità è che il matrimonio forse serve proprio a quei giovani che non si sposano perché non serve a niente in Italia, ma se le nostre leggi fossero un po' diverse, magari invece penserebbero a sposarsi di più come lo fanno i loro coetani di ogni angolo del mondo. Partiamo proprio dalla comunione dei beni. La scelta della separazione dei beni deriva dalla grandissima facilità e distrazione con cui la si può scegliere. E quindi quando si dice che il matrimonio non serve a niente è perché si ha in mente il matrimonio di tutti che ha in separazione dei beni. E poi si sceglie la separazione dei beni anche per un'altra ragione, perché le persone sono in qualche modo consapevoli di che la comunione dei beni è una cosa giustissima, non ne conoscono i dettagli tecnici, ma a grandi linee lo sanno, e che le nostre regole sulla comunione dei beni sono scritte malissimo. Per cui la comunione dei beni è garanzia sicura di liti, di pasticci, di condivisione anche di cose che non dovrebbero essere condivise. Quindi se ci fosse un matrimonio ben organizzato con la condivisione del patrimonio ben fatta, forse la gente avrebbe una maggiore propensione a sposarsi perché il matrimonio realizzerebbe un apparato reciproco di tutte le eque. Intanto vediamo se ci sono domande dal pubblico. Ci sono. E poi mi sembra che sia rimasto un po' in sospeso la questione delle unioni civili. Ah già, l'unione civile. Penso che la legge sull'unione civile sia una legge esteticamente brutta, a partire dal nome. Non si sa neanche come chiamarli gli uniti civilmente. È proprio fatta perché sia brutta. Non si celebra un'unione civile, neanche. C'è la cerimonia, volutamente. Gli uniti civilmente non hanno l'obbligo reciproco alla fedeltà. E anche questa è una cosa bruttina, visto che invece le persone di sesso diverso ce l'hanno. Detto questo, di questi inestetismi, questi inestetismi non portano significative differenze. Cioè, alla fine, nonostante questi inestetismi, non sono brutti e andavano evitati. La legge sull'unione civile porta una disciplina sostanzialmente sovrapponibile a quella del matrimonio. Tant'è che poi, alla fine, gli uniti civilmente si chiamano reciprocamente mia moglie, mio marito, si chiamano coniugi, ci siamo sposati. Dopodiché io ho il sospetto che l'unione civile subisca passata l'euforia iniziale, esattamente per le stesse ragioni. Poi, alla fine, ho tenuto il diritto a sposarsi, mandato giù il boccone amaro che la legge non ci chiama coniugi, alla fine, un dice sì, vabbè, ma perché dovremmo unirci civilmente? Bene. Ci sono domande. La domanda è quella del settore che mi sta separando. Lo diventerà. Questa confessione pubblica. Ciao. Come vede il giudice, il caso è abbastanza classico, come hai detto lei, il caso classico della moglie è tendenzialmente casalingo, ma che è un pò lavorato, un pò non lavato. lavorato, insomma eccetera. Il caso in cui però adesso si va a discutere dell'assegno divorzile e la moglie tendenzialmente dice nonostante sia laureata e abbia tutte le possibilità di lavorare, dice fondamentalmente ma chi me lo fa fare? Adesso io avrò un assegno tutto sommato, ma io non torno a lavorare ma chi me lo fa fare? Qual è l'approccio del giudice di fronte a una situazione un po' come dire arrendevole? Allora in teoria, come sempre nel diritto di famiglia, la teoria e la pratica non sempre vanno a braccetto. In teoria la cassazione dice che la moglie in questo caso ha diritto ad un assegno commisurato sulla base delle chance che ha perso per effetto del matrimonio, quelle che ha perso in modo irreversibile, quindi se invece può recuperare il tempo perduto non ha diritto ad essere compensata perché non sono più chance perse. Quindi se non ci si può reinserire avrà diritto ad un assegno di mantenimento che poi si chiama divorzile dopo il divorzio, anche importante a seconda della luce dei redditi del marito, se invece si può reinserire e il giudice terrà conto che le chance non sono perse. Questa è la teoria. Nella prassi quello che spesso succede è che il giudice dice, signora, va da lavorare, in tutti i casi anche quando oggettivamente pare difficile trovare un lavoro perché a 50 anni magari al giorno d'oggi non è facile trovare un lavoro. Il giudice dice va da lavorare anche se il lavoro non può essere trovato e anche se invece il lavoro può essere trovato e grandi pregiudizi non ci sono stati, magari se c'è una significativa disparità economica fra i coniugi, molto significativa, il giudice un piccolo assegno, una specie di contentino lo dà. Ecco, c'è questo effetto qualche volta per cui se un coniuge debole, smettiamo di dire una signora, se un coniuge debole, perché potrebbe, viva Dio, essere anche un marito, se un coniuge debole proprio non lavora, di solito un piccolo assegno, se invece il coniuge forte ha un reddito significativo e se non ci sono figli per cui c'è l'assegnazione della casa familiare, l'assegno per i figli e quindi i soldi da dare alla moglie non ne restano, un piccolo assegno lo ottiene. Se ha un lavoro decente probabilmente non lo ottiene. Quello che dice la Cassazione, cioè che l'assegno deve compensare e riequilibrare la situazione rispetto ai sacri cifatti ancora, come dicevo prima, fa fatica ad affermarsi nella prassi quotidiana dei giudici di merito. Ci sono altre domande. Io vorrei farne ancora una, e cioè il reggipio delle convivenze, dopo il fallimento delle convivenze. Allora, la legge sull'unione civile è in realtà anche una legge sulla convivenza. La parte di questa legge, l'unica legge al mondo fatta di un articolo solo e 63 commi, e lasciamo stare perché, una follia. Anche questo i giuristi stranieri ci guardano come se benissimo giù da un altro pianeta piuttosto rozzo. La parte dell'articolo 1... Mi scusi, no ma proprio mi ha provocato in questo. Allora, negli anni 70 noi avevamo, come lei ha esordito all'inizio di questo colloquio, un partito che non voleva il divorzio ma che si è confrontato in Parlamento sulla questione e si è confrontato appunto con le altre forze politiche forti in tutte le parti, di una cultura politica molto forte. Oggi noi ci confrontiamo senza cultura politica sull'onda diciamo di quello che ci trascina il social. È per forza come dire abbiamo una legge che è scritta male e che in qualche modo in un articolo a 63 commi. Direi appena perché le leggi finanziarie hanno 500 commi. Forse è cambiata la cultura politica, è cambiato qualcosa. È cambiato qualcosa, ma è cambiato qualcosa. Sospetto non è meglio però. Al di là del matrimonio, del divorzio, eccetera, è cambiato qualcosa in peggio. Per cui noi non abbiamo più una cultura che ci fa, nonostante le differenze, dialogare e cercare di afferrare quello che io posso avere in comune con lei, nonostante la mia differenza. Per cui abbiamo una legge con un articolo unico che si occupa di due cose molto diverse. La formalizzazione dell'unione omosessuale e il progetto familiare delle persone siano esse dello stesso sesso o di sessi diversi che non vogliono alcuna formalizzazione. Quindi sono due cose completamente diverse trattate in un'unica legge, e va bene, in un unico articolo bizzarro. Ma il problema qual è? Che nei commi, non so più quale numero, la seconda metà di questo articolo 1, quello in cui ci si occupa delle convivenze, si è fatta una legge completamente inutile, che non serve a niente. Perché questa seconda parte di questo unico articolo è a sua volta divisa in due parti. La prima parte è l'effetto della pura convivenza. Qui il legislatore era chiamato a decidere una cosa molto importante. Una legge serve, se noi parliamo dell'effetto della pura convivenza, se andiamo a dire, guardate che se poi due conviventi litigano, ci sarà una conseguenza e quindi ci sarà per esempio un assegno di mantenimento come nel matrimonio. Questa è la scelta che il legislatore era chiamato a fare. In tutte le leggi straniere in cui è stata introdotta una disciplina sulla convivenza, questo è stato fatto. Qualcuno poteva dire che era opportuno, qualcuno poteva dire no perché se no, se ho scelto di non sposarmi è perché non volevo quella roba lì. Questa era l'idea su cui un legislatore pensante doveva soffermarsi. Per tutta la fase di discussione dei lavori parlamentari era previsto un assegno di mantenimento a foro il convivente in caso di rottura della convivenza. L'ultima notte è stato cancellato ed è stato previsto solo il cosiddetto assegno alimentare che è una cosa che non c'entra, che non serve, che non c'è mai. La seconda parte della seconda parte di quest'unico articolo prevede i contratti fra conviventi. Temo interessante in teoria, ebbene la disciplina dei nostri contratti di convivenza. È tale per cui dopo questa legge lungamente discusa, sofferta eccetera eccetera, se noi andiamo a contare quanti contratti di convivenza sono stati stipulati in Italia da quando la legge è stata approvata, fatichiamo a riempire le dita di due mani. Io avevo fatto per il Corriere cinque anni dopo l'entrata in vigore della legge mi ero fatto dare i dati dal comune di Milano perché devono essere trascritti, annotati nei registri dei stati civili, contratti fra convivenze, allora ne erano stati fatti dodici. Questo dimostra quanto la legge è utile. Ci sono altre domande? Avete ancora una possibilità. Un pubblico attonito della descrizione del nostro diritto di famiglia, percosso e attonito. Allora che cosa ne possiamo ricavare anche sull'ascorta di queste ultime notazioni? Allora da un lato che forse insomma i giudici tutto sommato pur con oscillazioni, pur con la diversità, in qualche modo hanno fatto forse il loro dovere, hanno riempito i vuoti, forse sono stati anche dei precursori talvolta. Il legislatore forse ha perso molta capacità di legiferare e questo naturalmente non è un fatto isolato rispetto al diritto di famiglia purtroppo e naturalmente un po' il segno dei tempi. È probabilmente anche un piccolo grido d'allarme che si può lanciare. Io credo che i giuristi abbiano un po' il compito di lanciare. Faremo del nostro meglio. Non deve prenderla così perché in realtà io credo che occuparsi di diritto sia oggi una questione molto importante proprio perché talvolta non ci si rende conto più dei diritti. Insomma quindi bisogna avere qualcuno che questi diritti li illumina. Io ringrazio al professor Carlo Rimini, ringrazio tutti voi che ci avete seguito e insomma credo che... Grazie. Grazie a voi.
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