Scolpire il futuro: l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’identità artigiana
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Scolpire il futuro: l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’identità artigiana
Due esperti, Diego Feltrin e Paolo Manfredi, discutono le opportunità e le sfide che l'AI presenta per le piccole e medie imprese artigiane, analizzando aspetti come la standardizzazione, la personalizzazione, la trasmissione della conoscenza e la formazione. Il dibattito evidenzia sia l'ottimismo per le potenzialità abilitanti dell'AI, sia lo scetticismo e la necessità di un approccio di sistema per supportare le imprese artigiane nell'adozione di queste nuove tecnologie.
graduatione di Buongiorno a tutti, benvenuti a questa conversazione che si intitola scolpire il futuro, l'impatto dell'intelligenza artificiale sull'identità artigiana. Il futuro che si scolpisce è un'immagine curiosa, interessante, non è venuta a me, è del gruppo Giovani Artigiani e di Andrea Navarini che è il presidente. Insomma, questo è un po' lo spunto della giornata di oggi. Vi segnalo che i nostri relatori sono Diego Feltrin e Paolo Manfredi, li presenterò fra un attimo. Prima c'è in sala, però, anche Andrea De Zordo, che è il neoletto presidente provinciale, di associazioni artigiani e a questo punto gli chiederei di farci un saluto brevemente. Grazie, buongiorno a tutti, grazie per la presenza. Ecco un estremo orgoglio che presenzi a questa prima manifestazione gestita da un gruppo Giovani che vado orgogliosamente a salutare. Il tema dell'intelligenza artificiale è un tema gigantesco che deve essere interpretato. Questo è quello che io dico sempre a tutti. I giovani devono avere il coraggio di aggrapparsi, appressarlo, sfidarlo, perché non dobbiamo immaginare l'ostacolo dell'intelligenza artificiale, quanto piuttosto prenderne spunto e riuscire ad ottimizzare. Quindi io lascio la parola a chi affronterà queste tematiche e ringrazio ancora tutti. Grazie. Grazie Dezzordo. Grazie ai relatori. Diego Feltrin, un imprenditore con 25 anni di esperienza nel campo delle tecnologie innovative, tra i fondatori qui a Trento di Dimension, una azienda molto attiva nello sviluppo mobile, in particolare nel settore bancario. Diego è anche tra i fondatori del consorzio Trentino AI, quindi parte in causa nelle cose di cui parliamo oggi e nella formazione sul territorio. Paolo Manfredi, laureato in storia contemporanea a Bologna, come me, ma lui ha studiato anche a Berkeley, a differenza di me. Paolo teorizza, indaga i meccanismi di formazione delle piccole e medie imprese, si è occupato di trasformazione digitale, è responsabile del progetto speciale PNRR di confartigianato imprese ed è anche l'autore del libro L'eccellenza non basta, un titolo che suona un po' come una sentenza, e in parte lo è, ha però un sottotitolo che va verso la Parse Construence, che è l'economia paziente che serve all'Italia. Pazienza è senz'altro una parola chiave un po' sorpresa della conversazione di oggi, poi tornerà. Io sono Luca Melchiona, sono un giornalista e anche un po' un imprenditore, quindi anche io sono parte in causa. Allora, io inizierei con due citazioni brevissime, una addirittura del 1951-52 di Guido Piovene, che ha girato in lungo e in largo l'Italia, e a un certo punto, in uno stop a Firenze, è andato alle officine Galileo e ha scritto nel suo libro, che si chiama Viaggio in Italia, le officine Galileo occupano circa 3.000 dipendenti, e cioè quasi lo stesso numero dell'anteguerra. Tale entità, dopo il 1952, si è mantenuta pressoché stazionaria. Si tratta di maestranze altamente specializzate, di qualità elevata e di fondo artigiano, come chiede la stessa indone del lavoro. Maestranze che bisogna, ad ogni costo, conservare in Italia. Paolo invece nel suo libro, quando è uscito, da poco? Sì, a ottobre. Le PMEI del settore se va parlando di legno e mobili, in quel punto cercano e non trovano non dottori di ricerca, ma semplici e solidi tecnici e operai specializzati, tappezzieri, materassai, disegnatori industriali, verniciatori, falegnami, attrezisti di macchine per la lavorazione del Regno, operai addetti ai macchinari di produzione di mobili. Quindi, insomma, forse abbiamo perso qualche terreno che ci avrebbe permesso di governare meglio il momento di cambiamento che abbiamo tra le mani adesso. Questo è sicuramente un tema che facciamo fatica a fare delle verifiche sul campo, a capire davvero cosa succede. L'Associazione Artigiani fa formazione su questo terreno e poi chiederò anche a Diego Feltrin che voci raccoglie sul campo della formazione. Tra le questioni di ottimismo, c'è però anche il fatto che stiamo capendo, a questo punto, pur nel vortice frenetico delle innovazioni, alcune cose, alcune cose le stiamo fissando. Stiamo capendo, ad esempio, che l'attività di progettazione delle istruzioni per le intelligenze artificiali, si chiamerebbe Prom Design, ma a me piacciono le lingue stranieri, quindi lo chiamo in italiano, progettazione delle istruzioni. Questo tipo di attività comporta una dimensione molto vitale. Vitale è un'altra parola chiave che ricorre nel tuo libro. È un'attività di comprensione di quello che si vuole e di difficoltà nell'ottenerlo, che paradossalmente è l'inverso della dimensione coatta a cui ci ha abituato come consumatori passivi nella content creation economy, la pervasività di piattaforme che ci pongono in una condizione in cui non sappiamo quello che vogliamo, ma sappiamo anche troppo bene come ottenerlo. Questo è sicuramente un'altra questione sulla quale ci interrogeremo, cioè il fatto che la gestione delle intelligenze artificiali comporta un utilizzo quasi artigianale. Non so se Confartigianato considera il Prom Design una professionale artigiana, ma non è questo il punto, evidentemente. Il punto è che la progettazione di questi nuovi strumenti ha un aspetto che va verso una posizione molto vitale di chi le opera. Partiamo con le domande. Inizierei con Paolo. È ovviamente la domanda inevitabile. Che tipo di impatto avrà, secondo te, sull'artigianato dell'intelligenza artificiale? Grazie per l'invito. L'impatto noi stiamo cercando di valutarlo, cercando di irradare la nebbia di un casino, perdonatemi, in termini di aspettative eccessive, troppo clamore, che spesso accompagna nuove tecnologie rispetto alle quali c'è grandissima attesa e ci sono anche grandissimi investimenti. C'è questa misura mista tra analisi e mercato che è sempre complicato gestire. Noi stiamo capendo due cose fondamentali. Uno è che qui noi stiamo parlando di conoscenza, stiamo parlando di organizzazione della conoscenza. Organizzatori della conoscenza sono anche sempre stati gli artigiani, nel senso che il saper fare aveva una radice di conoscenza impastata con l'esperienza, impastata con la cultura, che veniva trasmessa molto spesso in modo molto lento e in modo orale. Oggi noi siamo chiamati a fare ordine in questa conoscenza perché la conoscenza deve essere formalizzata per essere valorizzata. Questo è un punto di congiunzione tra un'attività anche piuttosto tradizionale come può essere la gran parte dell'artigianato e un'attività e una tecnologia che oggi rappresenta la massima proiezione verso il futuro come quella dell'intelligenza artificiale. Allora, noi abbiamo un incontro sulla conoscenza. Abbiamo un tema di standardizzazione, stiamo parlando di una tecnologia, di una famiglia di tecnologie che ha delle conseguenze nella riorganizzazione dei prodotti dei servizi e che inevitabilmente come tutte le accelerazioni sul digitale richiamerebbe una forte standardizzazione. Io investo tantissimi soldi su quello che ha massa critica, su quello che piace a più persone possibili e su quello che ha un mercato possibilmente globale. Questa cosa è in qualche modo il contrario culturale dell'artigianato. L'artigianato non regge produttivamente, ma innanzitutto culturalmente, mi permetto di dire eticamente, alla standardizzazione. L'artigianato entra in crisi quando la produzione di massa raggiunge il suo apice. Ecco allora che quest'altra dialettica tra standardizzazione e personalizzazione è un altro tema che ci riguarda molto. Il terzo tema è quello di che cosa viene scalzato in termini di lavoro, in termini di produzione del valore, dall'avvento massivo dell'intelligenza artificiale. In posto che stiamo facendo ancora molto i futurologi, nel senso che è qualcosa che è infieri, noi oggi stiamo capendo che vengono intaccati i lavori che sono legati a un'organizzazione della conoscenza di livello medio, dal basso al medio. Io ho una carissima amica che fa la traduttrice e che ha scritto un articolo sulla stampa sei mesi fa dicendo il mio lavoro ha cinque anni di vita. Questo è un esempio. Saranno meno impattate cose che hanno, ma questo lo si sa da tempo, gli studi sul futuro del lavoro ce lo dicono da tempo, quanto più è evidente la componente umana, faccio un esempio, c'è una ricerca di Oxford sui lavori che faceva un ranking dei lavori in termini di possibilità di sparizione nei prossimi trent'anni, quello che era più tranquillo era il fisoterapista. E buona parte di quelli, tra i primi dieci c'era il riparatore di biciclette, buona parte erano legati sicuramente alla conoscenza, ma a una componente umana. Questo per parte nostra è anche una ragione di interesse da un lato assoluto, è anche una ragione, non dico di tranquillità, ma abbiamo modo di riflettere senza avere sul collo il fiato che probabilmente si sente dal traduttore al bancario. Su questo ti fermo Paolo, poi ci torniamo con qualche esempio di possibili reazioni a questa situazione. Prima di fare la stessa domanda a Diego, vi vorrei far sapere che avete tutti la possibilità di porci delle domande, ci sono dei QR code che girano, l'avete trovato sulla sedia, quindi non chiedete, riceveremo le domande, avremo un po' di tempo alla fine per provare a rispondere. Un altro punto di vista più aziendale, che impatto avrà secondo te l'intelligenza artificiale sull'artigianato ora e nei prossimi anni? Grazie, buongiorno a tutti, grazie per l'invito. Allora chiaramente la visione è un po' più da tecnologo, diciamo così. Parto da un concetto generale che mi piace molto e che racconto spesso quando tengo i corsi, che è il concetto che l'intelligenza artificiale può essere, anzi, è sicuramente un elemento abilitante, abilitante per le aziende e per i lavoratori. Chiaro, siamo in un periodo di fortissimo hype tecnologico e sull'onda di questa euforia generale per l'intelligenza artificiale anche gli studi più recenti seguono un po' questa onda ottimistica e chiaramente ne escono dei numeri che apparentemente sono molto molto importanti. Ad esempio uno studio di qualche mese fa dell'European House on Bros. Et, assieme a Microsoft, addirittura arriva a dire che si potrebbe generare un aumento del PIL pari al 18% in Italia, qualcosa come 312 miliardi di euro si potrebbero liberare utilizzando l'AI generativa 5,4 miliardi di ore che corrispondono alla totalità delle ore che in un anno 3,2 milioni di lavoratori esprimono in Italia. Quindi sono numeri importanti, forse ottimistici in questa fase, andranno sicuramente ridimensionati. Io poi vado a leggere anche i numeri un po' più concreti. Gli osservatori, ad esempio, enti come Competence Center nazionale 540, quindi sta parlando di Politecnico e Università di Torino, vanno a misurare poi quanto l'AI sta entrando nelle aziende e c'è una discrepanza, c'è una grossa distanza, un gap tra le grandi aziende dove siamo nell'ordine del 30% in settori come la logistica, l'utimizzazione dei processi, e invece la piccola media impresa fa ancora un po' di fatica. Siamo sotto il 10%, si parla di un 6-8%. Qual è il motivo? Chiaramente le grandi imprese hanno anche più opportunità. Tipicamente una grande azienda ha a bilancio dei budget di ricerca e sviluppo, cosa che la PMI e io metto la gran parte del mondo dell'artigianato nella piccola impresa, perché poi il tessuto artigianale è quello là. Non dico che stanno un po' arrancando, forse sono un po' svantaggiati non perché la tecnologia non sia disponibile o accessibile, forse sono ancora in quella fase in cui devono ancora capire cosa farne dell'intelligenza artificiale nella piccola impresa. Poi la cosa da considerare è che il mondo dell'artigianato è estremamente variegato. Abbiamo categorie più varie, andiamo dagli autoriparatori, carpentieri in legno, caldaisti, parrucchieri, carizieri, gelatai grafici. Cioè la differenza è la ricchezza e la varietà. Forse questo ci rende un po' più difficile capire l'impasto. Sì, e soprattutto è difficile per noi aditi ai lavori trovare una strada comune, trovare delle soluzioni che possano avere un ampio respiro, un'ampia copertura. Digo, quando tu vai a fare formazione a queste persone, cosa succede? Cosa rilevi? Che tipo di domande ti fanno? La paura sommerge ogni altra considerazione razionale? Immagino di no, però vorrei sentire qualcosa da te. Allora, parlo di formazione ma anche di incontri pubblici come quelli che sono stati gestiti con alcune assemblee elettive, con l'associazione artigiani di Trento. C'è interesse da una parte, curiosità, soprattutto da certi tipi di categorie. Dall'altra parte si nota anche un po' di scetticismo. C'è un po' di scetticismo, probabilmente anche nell'età di certi interlocutori, ma soprattutto nella tipologia di certe categorie, dove forse la parte più di lavoro intellettuale è meno dominante rispetto all'elemento di lavoro di manualità, ecco che forse lì prevale lo scetticismo. Anche perché legato probabilmente a tecniche, tradizioni, valori che vengono dal passato, in qualche modo creano un elemento di resilienza verso una nuova tecnologia. Paolo, visto che la fatidica parola hype, cioè il picco di interesse qui fisiologicamente segue una caduta che poi si riasisterà su un platò, l'intelligenza artificiale è qualcosa dal quale dobbiamo aspettarci una caduta dell'interesse o è un tipo di rottura paragonabile all'architettura, al monoteismo, all'invenzione del libro? Siamo in che ordine di cambiamento siamo? Perché questo è anche un riflesso immediato e chi è investito dalla crisi immagina di dover assumere, no? No, secondo me non è ne pare all'architettura, ne pare come se detto all'energia elettrica. È una tecnologia molto importante, faccio presente che c'è questo modello di una società di consulenze, si chiama Garner Group che spiega come funzionano le tecnologie intermedie aspettative del mercato. Per cui una tecnologia arriva sul mercato, è pompatissima, cambierà il mondo, radduppierà il pill, se non la usi sei un cretino, sei morto domani mattina e arriva fino a un certo punto e poi cade, c'è un crollo verticale e le aspettative non è più interessante, se è capito che non funziona, mi ha chiesto al Comitato Economico Sociale Europeo di dire cosa penso di industria 5.0, gli ho detto guardate, se tu mi vendi 5.0 come la nuova rivoluzione industriale, siamo storici, il termine rivoluzione è serio, lo prendiamo seriamente, allora vuol dire che tu non mi stai facendo analisi, tu mi stai vendendo un prodotto, allora c'è questo tema, c'è un'aspettativa finanza eccessiva, poi cosa succede secondo il modello? Alcune tecnologie sinabissano per sempre, non più tardi di un anno e mezzo fa c'era qualcuno che sosteneva che si potessero vendere per milioni di euro delle immagini criptate che possedevi solo tu, gli hanno venduti, chi li ha comprati adesso piange perché non riescono a vendere neanche se te li regalano, quella è una tecnologia che è scesa giù. La blockchain, che sembrava di nuovo fino a sei mesi fa che se non avevi un'applicazione della blockchain, eri un rottame, adesso, boh, funzionerà, tornerà, perché quelle tecnologie che funzionano ritornano su. La stampa 3D, io non so quanti centinaia di convegni ho fatto sulla stampa 3D, la Maker Faire, tutto il resto, e mi ricordo questo video bellissimo in cui si diceva che se ti si rompeva questo bicchiere non andavi più a comprarlo, quindi la stanza con la stampa 3D non è successo, la stampa 3D è un ottimo strumento per fare prototipazione rapida perché, ripeto, è ritornato a galla senza eccessive aspettative. Paolo, a margine di questi discorsi, ma non troppo, segnalo che nel settore in cui lavoro io, quello della cultura, un ulteriore problema del meccanismo dello hype, della sua comprensione, sta nel fatto che spesso alcuni decisori lo usano come alibi per delegare la gestione del picco a delle attività marginali, mi spiego. Una volta compreso che vale la pena aspettare perché c'è un picco, eventualmente agire dopo, c'è forse la tentazione di prendere delle scorciatoie per utilizzare il picco per fare degli interventi che non sono essenziali, ma dai quali ci si aspetta un ritorno in termini di marketing. Questo produce delle distorsioni. Non lo capisce nessuno, il picco tutti aspettano e tutti sono convinti che questa sarà la volta buona. Allora, telegrafico, l'intelligenza artificiale ha una potenza indiscutibile e ha soprattutto, come questa cosa qui, il vantaggio di essere arrivato direttamente sui consumatori. Io non sono pienamente d'accordo con quanto ha detto il mio allenatore perché io credo che noi dobbiamo, se ci teniamo a che si sfruttino queste opportunità, secondo me è sbagliato l'approccio che dice l'impresa troppo piccola, non ancora capito, non può investire. Probabilmente noi dobbiamo cambiare il focus, cioè noi stiamo a un punto dove non si può investire se non abbiamo un approccio, probabilmente noi dobbiamo cambiare il focus, cioè noi stiamo ancora pensando che ogni impresa debba tenere dentro di sé tutte le attività comprese all'innovazione. Questa tecnologia ha delle potenzialità rivoluzionarie perché ridefinisce, e noi lo vediamo anche, il nostro officio studi lo vede anche nei numeri, ridefinisce i confini dell'impresa. Probabilmente se tu sei un'impresa per stare in Trentino che fa legno, tu non produci abbastanza conoscenza per avere il tuo LLM, tu sarai utente di soluzioni, che sono le soluzioni con cui oggi ho mandato 4 e-mail usando Copilot, cioè delle soluzioni che tu ti troverai in giro che prendi, e probabilmente però questo è il passaggio che sarebbe fenomenale riuscire a fare, il vostro committente non sarà la singola impresa a cui devo per forza cacciare dentro la tecnologia che è più grande dei suoi confini, sarà il distretto, cioè io devo ripensare la conoscenza, di nuovo torniamo indietro, la conoscenza che avevano le imprese artigiane, trovava la sua massima collocazione, geniale, ce l'hanno studiata in tutto il mondo, nei distretti industriali, dove io tra il bar, tra il grande industriale e il suo subfornitore, poi c'era la scuola, poi c'era la bocciofila, c'era l'associazione artigiani, lì girava una quantità di conoscenza spaventosa. Oggi c'è stato uno scollamento per cui l'eccellenza non basta perché chi l'ha usata bene e chi era più sveglio si è staccato dal resto, non va più a prendere caffè al bar, perché guarda altrove, sarebbe bello che io attraverso lo strumento dell'intelligenza artificiale andassi a fare una sorta di gemello digitale del distretto, di quella conoscenza lì, e dice si guarda, ognuno conferisce per quello che può, per quello che fa, per il progetto, per l'esperienza, per quello che sa, e prende dal distretto. È molto complessa, però so se... Sicuramente a Diego va data la occasione di rispondere anche in veste di Trentino E.I. Però prima devo farti una domanda cattivissima, maligna, se non la faccio io non la fa nessuno, ma a cosa serve l'artigianato? Sarò amenato dalla compresione? No, no, no, no, parte... L'artigianato, oggi lo vediamo più chiaramente di come fosse prima, è la forma di produzione del valore più sostenibile socialmente, culturalmente e umanamente. Per cui una volta era l'unica forma di produzione del valore per tanto tempo, oggi è arrivato altro, ha preso molto spazio, c'è la produzione di massa, c'è la massima standardizzazione, c'è la globalizzazione delle merci, oggi ci rendiamo conto che tutto questo, che sembrava essere andare come le tecnologie prima, cioè andare solo verso l'alto, oggi non ci rendiamo conto che non funziona, perché non ha manca di quella colla che tiene insieme la società. Allora oggi ha più senso di prima guardare con attenzione all'artigianato, un artigianato che si innova, che dà del tuo alle tecnologie e tutto il resto, perché è la modalità di organizzazione della produzione di valore più rispettosa delle persone e della sostenibilità compresiva sociale, economica e ambientale. Su questo noi dovremmo, anzi, dovremmo come artigiani rivendicarlo di più, non è un tema di mantenimento di una cosa vecchia che però è carina e per cui teniamola lì che non fa male a nessuno, no. Noi dovremmo dire questa cosa qui, oggi, anche chi prima non negava, dovrebbe capire il senso, che è questo, viviamo in un contesto in cui troppe cose sono insostenibili, questo è un pezzo di economia, ripeto, sostenibile, non è solo ambientalmente, lo è socialmente, lo è culturalmente, lo è umanamente e non è poco. Feltrin, se l'analisi di Paolo sta in piedi, in Trentino, il consorzio Trentino e AI, la stessa formazione degli artigiani, sono abbastanza per innescare logiche di distretto, servirebbe qualcos'altro e se sì cosa? Forza un po' presto per dirlo, siamo ancora in una fase di confronto, soprattutto con l'assustazione di artigiani, sono temi importanti, ne abbiamo discusso anche l'altro ieri di formazione, la possibilità di organizzare dei workshop dove provare a esplorare e mappare come queste tecnologie potrebbero entrare nelle varie categorie artigiane, sono veramente tante, prima ne ho citata qualcuno. In giro per l'Italia ma in giro per il mondo troviamo tanti esempi isolati, e qua però do ragione a Paolo che manca un po' la logica di distretto e andrebbe un po' cercata, ma in Italia troviamo ad esempio società artigiane nell'ambito dell'artigianato tessile, delle calzature, delle peleterie, lì l'uso dell'intelligenza artificiale va nella logica di qualità di prodotto e sostenibilità ambientale, cioè andiamo a ottimizzare i processi per ridurre ad esempio la quantità di acqua che serve, quantità spropositata di acqua che serve per esempio per la colorazione del cashmere, oppure per l'ottimizzazione e la riduzione degli scarti di lavorazione, ma troviamo anche esempi un po' più verticali, particolari, c'è un mulino artigiano che ha ottimizzato con l'intelligenza artificiale, cioè tiene monitorato tutti i parametri di funzionamento del mulino in modo che l'artigiano possa produrre con la qualità maggiore. Questo è il filone qualità prodotto e sostenibilità ambientale, l'altro filone è quello della creazione di nuovi prodotti, ci sono aziende Venete che stanno lavorando, stanno usando l'intelligenza artificiale generativa per esempio per creare nuove composizioni di mosaici artistici, che è un'arte millenaria la creazione dei mosaici, oppure aziende che, piccole aziende aorafel del Toscane che stanno usando l'AI generativa per creare nuovi modelli di gioielli su misura, quindi per trovare nuove idee gioielli che poi verranno realizzati fisicamente dall'artigiano, ma il concept viene supportato dall'intelligenza artificiale. E poi andiamo all'estero, in Finlandia è stata creata un nuovo tipo di caffè, una nuova autorefazione artigianale ha utilizzato l'intelligenza artificiale per generare una nuova miscela di caffè. E in Belgio, e forse qua è uno dei pochi esempi di stretto di azione fatta a livello di sistema, gli artigiani della birra, che tra l'altro io ho incontrato a Trento, ho voto occasione, hanno affidato all'università uno studio dove hanno analizzato con l'intelligenza artificiale la ricetta di 250 tipi di birra, messi a confronto con centinaia di migliaia di recensioni acquisite online, e utilizzando l'intelligenza artificiale generativa hanno generato dei nuovi gusti di birra, e quindi nuove ricette simulando l'apprezzamento sul mercato. Questi sono esempi abbastanza vari, però secondo me in tutte le categorie si può andare a scavare, tirare fuori qualcosa di buono, ma non può essere un intervento individuale, su questo sono perfettamente d'accordo con Paolo. L'esempio della birra è interessante, mi chiedevo se mai succederà qualcosa del genere in Italia, ad esempio sul caffè, perché da un po' di tempo ci stiamo chiedendo perché nei bar c'è sempre solo un tipo di caffè, ma questo veramente è esola dalla questione. Paolo, volevo tornare un attimo sulla questione della provincia e del brodo di cultura per l'invenzione delle eccellenze, tu la descrivi così nel tuo libro. Di nuovo queste questioni ci sono analizzate in profondità nel libro di Piovene nel 1950, in un certo punto va a Lummezane, non molto lontano da qui, descrive una situazione di questo tipo, o a Perugia con Luisa o Spagnoli, luoghi non centrali secondo certe logiche da cui emerge l'eccellenza perché c'è un indotto che la sostiene e perché ci sono abitudini, scambi e emersioni vitali di rapporti umani che poi tramutano verso l'eccellenza. Allora, per una piccola impresa artigiana oggi, che però non ha più questo tessuto perché non c'è più da tanti punti di vista, a cosa può servire l'intelligenza artificiale in concreto? Dacci qualche esempio molto pratico. Allora, sicuramente può servire per fare le cose che sono state dette prima, cioè per fare innovazione di prodotto, per fare innovazione di processo, per essere, non so, un problema che hanno sempre avuto le imprese era quello di essere molto spostate verso l'internazionalizzazione, ma magari conoscere poco le lingue, questo è un tema. Stiamo ragionando sempre in termini di organizzazione e riorganizzazione della conoscenza. Da questo punto di vista funziona. Noi stiamo vedendo, come ha fatto Diego prima degli esempi molto interessanti, io potrei farne altri, il bello di un mondo così variegato è quello di poter fare esempi su qualunque cosa. Noi abbiamo aziende artigiane che parte nel campo dell'intelligenza artificiale, dialogano con la MIT sul controllo video, sono alla vanguardia, ne abbiamo di ogni. C'è un tema di relazione che noi come associazione dobbiamo considerare, cioè il tema che oggi queste cose aiutano chi ha qualcosa in più, appunto le eccellenze potenziali, a scappare molto velocemente, nel senso che tu poi capisci la tecnologia, la utilizzi bene, i costi sono anche tutto sommato contenuti e poi puoi prendere il volo. Il tema e quello di cui si deve occupare anche un'associazione è quel livello medio, cioè chi non è così autonomo nel comprendere e nell'utilizzare, nello sfruttare al meglio le opportunità. Questa è la questione, qui serve il fare sistema perché abbiamo straordinari imprenditori singoli che capiscono e vanno, possiamo fare esempio sulla tecnologia, lo possiamo fare sull'internazionalizzazione, su qualunque cosa, e abbiamo un livello medio che oggi arranca perché si sono persi un po' di connessioni. Ecco allora che il lavoro vale per l'intelligenza artificiale, vale per la digitalizzazione, ma vale anche per altre sfide, è quello appunto di puntellare e ricostruire il sistema perché altrimenti rischiamo appunto di dire, perché io ho scritto un libro che si chiama L'eccellenza non basta, perché rischiamo di dire no ma siamo a posto perché c'è lui, perché noi abbiamo un associato che fa ricerca sull'intelligenza artificiale all'MIT, allora siamo a posto, non è così, non siamo a posto, siamo da un lato fortunati dall'altro molto bravi a rappresentare il meglio del nostro sistema produttivo, che ha anche queste gemme, però dobbiamo lavorare per alzare la meta. Quindi non ci serve un altro centrafanti che fa gol ma un livello di gambe in tutta la squadra molto diverso. Ci serve un otto on-vivaio, bisogna investire fri-vivaio come si dice per appunto la caratteristica. Recupero qualche domanda dal pubblico, ne sono arrivando diverse, privilegio quelle che sono del tutto assenti da quello che ho tirato io fuori adesso. E questa secondo me per Diego Gianfranco ci chiede, manca una diffusa cultura dei dati, perché prima bisognerebbe partire dalle basi e lavorare di più sui dati, magari aggiungo io, non lo dice Gianfranco, anche potessi esserci un problema se cominciamo a fare formazioni sull'intelligenza artificiale in luoghi imprese in cui non è penetrata la cultura del dato? Allora chiaramente non si fa intelligenza artificiale senza i dati, questo è un problema. A partire dagli anni 2000 c'è stata l'esplosione di dati dovuta al fenomeno internet, social, eccetera eccetera, non c'è stata un'apari opportunità all'interno delle piccole imprese. In realtà poi bisogna capire cosa intendiamo per dati, perché se pensiamo all'ottimizzazione dei processi, quindi andiamo a pensare ai macchinari, ai parametri di funzionamento, al fine si tratta di raccogliere dei log di funzionamento di macchine e utilizzare intelligenza artificiale per individuare dei comportamenti ottimali di queste macchine. Però in realtà noi possiamo considerare dati anche la conoscenza umana. Infatti uno dei temi che mi sta molto a cuore è proprio il come utilizzare l'intelligenza artificiale per raccogliere la conoscenza. E di fronte a un mondo dell'artigianato dove probabilmente, ma questo lo ritroviamo anche nel mondo dell'industria, gran parte delle competenze e delle conoscenze sono in mano a una categoria senior che è a limiti della pensione. E c'è un problema di heritage dell'azienda, di aridità, di competenze, ma di conoscenza, archivi, processi, metodi di lavorazione. Allora, secondo me, l'opportunità grossa anche per il mondo dell'artigiano è provare e pensare come l'intelligenza artificiale potrebbe diventare un contenitore di conoscenza, in modo che poi questa conoscenza possa essere tramandata ai giovani, ma soprattutto in maniera democratica, facilmente e fruibile. L'esperienza che abbiamo con le interfacce conversazionali, cioè noi oggi possiamo parlare con un computer, con un cellulare, utilizzando la nostra lingua, la lingua italiana, possiamo conversare con una macchina. Se quella macchina ha dentro la conoscenza artigianale, è anche un buon modo per farla emergere, e soprattutto in maniera molto molto mirata. Quindi c'è il tema di come possiamo trovare una formula per convertire questa conoscenza in dati che poi possono essere fruiti in futuro. Nota molto a margine, ma è interessante, gli archivi di impresa di cui parlavi tu sono una realtà emergente in modo straordinario in questo campo, ma anche, sorprendentemente, nella rivalutazione dei territori e forse perfino nelle possibili ricette per combattere l'overtourism, perché potrebbero portare conoscenza in territori interessati dalla manifattura al di fuori delle logiche del grande turismo e che possono interessare a un certo tipo di viaggiatori, magari con dei legami di ritorno dall'emigrazione. È sicuramente un altro tema interessante. Un'altra domanda che va in direzione diversa da quello che abbiamo detto finora, e infatti ve la pongo, non so chi di voi vuole rispondere, io ve la faccio, riguarda l'uso del tempo, vita privata e lavoro. L'uso dell'intelligenza artificiale in azienda può dare un contributo a bilanciare il tempo di lavoro e il tempo privato? Oppure il lavoro si prende sempre tutto quello che c'è da consumare in termini di ore, indipendentemente dall'efficienza e della produttività? Possiamo usare questo? Finalmente qualcuno ci si può aspettare che ci sia un maggiore bilanciamento? Paolo? Non voglio un no secco, se possibile. Abbiamo molto presto, con i nostri dati demographici, abbiamo ben altro da bilanciare. Cominceremo ad avere il fatto che chi è uscito settimana scorsa è uscito un dato, chi ha 40 anni lavorerà fino a 75 anni. Ecco allora che pensare a questa cosa del tempo, per cui un po' lavoro, prima mi formo, poi lavoro, vado a casa la sera, non lavoro nei weekend, poi vado in pensione, è una cosa tenera, è una cosa un po' del passato. È importante pensare a questa tecnologia, non tanto, ci sono degli ottimi tecnologi che pensano alla tecnologia, noi dobbiamo capire, dobbiamo focalizzare i problemi e poi pensare se questa tecnologia ci può dare una mano, per cui c'è un problema demografico. Diego, abbiamo un passaggio molto importante sulla questione della conoscenza e della trasmissione di conoscenza. Faccio un esempio molto molto semplice. Il primo problema numero uno per le imprese artigiane in tutta Italia, indipendentemente dal settore, è il personale, che non trovano persone. Parlavo qualche mese fa a Cesena con un imprenditore meccanico che mi diceva, io alla fine non trovo nessuno, ho degli operai nigeriani e non riesco a fargli capire come devono fare il pezzo. Mi sbagliano le tolleranze, vuol dire che io consegno, sono un subfornitore, consegno al mio cliente dei pezzi con le tolleranze sbagliate, scendo di classe e io non lavoro più. Allora, avere una cosa che ci consente di gestire una forza lavoro che sarà sempre più a ventizia e verrà da lontano, è tanta roba. Vi ringrazio, stiamo in chiusura. Il dibattito è stato molto interessante. Avrei voluto chiederti se in Trentino siamo troppo frenati da un'attesa rispetto a queste tecnologie che ricalca sistemi, schemi del passato, però un po' ci hai risposto, quindi ci hai sfidato un po' a non cadere in questo errore. Grazie a tutti per aver intervenuto. Ci sono molte domande a cui non siamo riusciti a rispondere, ma le avete in testa, le persone, i testi, le associazioni che lavorano su questi temi, le conoscete. Buona serata.
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