Non è normale
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Non è normale
Cati La Torre discute il suo libro, "Non è normale se è violenza, non è amore, è reato," focalizzandosi sulla violenza contro le donne e sulle sue diverse manifestazioni, dalla violenza psicologica al controllo economico. L'intervista esplora le radici culturali di tali violenze, il ruolo dei media e la difficoltà nel far luce su queste problematiche, anche a livello giuridico. Si affrontano, inoltre, temi come il consenso, l'identità di genere e l'importanza dell'indipendenza economica per le donne.
Cati La Torre. Ecco, lasciamo proprio applaudire finché possiamo. Io sono molto molto felice di avere qui con noi al Festival dell'Economia di Trento Cati La Torre. Abbiamo concordato di darci del tu. La conoscete, avvocata, attivista per i diritti umani e civili, sempre veramente in prima linea. Di questo ti ringraziamo tutte e tutti. Questo è il suo libro che trovate anche lì al banchetto. Il titolo è Non è normale se è violenza, non è amore, è reato. E io le ho detto subito quando l'ho letto che questo è un libro che non fa soltanto chiarezza, è un libro che fa giustizia. Fa giustizia contro i luoghi comuni, contro i pregiudizi, contro gli errori di valutazione, contro le sottovalutazioni che accompagnano il fenomeno della violenza contro le donne. E quindi prima di cominciare la nostra conversazione voglio ringraziarti perché è un libro bellissimo, chiarissimo e anche un libro operativo, perché dà la cassetta degli attrezzi utile a chiunque, non solo a chi la violenza la conosce perché la subisce, ma anche a chi ha accanto, e ne parleremo, qualcuno che la sta vivendo. Allora, io comincerei dal principio, Cati. Cioè dal sentimento, diciamo prima della giurisprudenza che poi è il tuo campo, perché nell'epigrafe è citata una frase di Michela, che io immagino, ma ce lo direi tu sia Michela Murgia, che dice, dovete piacervi non con piacere. E poi la dichiarazione iniziale, l'introduzione di questo libro è una lettera, e allora ti chiedo intanto, chi sono Sofia e Vincenzo, e perché in un libro sulla violenza contro le donne sei voluta partire dagli effetti della compiacenza? Beh, allora intanto, ci sono due persone che sono sempre in bilico, e sono sempre in bilico, e sono sempre in bilico, perché se ti chiedo intanto a conoscerepticamente kinds, no. Ma, feeling wise, perché per me è uno dei festival davvero più preziosi, importanti, in cui devo dire si fa anche un po' di storia, possiamo dirlo. E oggi ci saranno anche dei dibattiti molto interessanti, vi invito a vedere anche tutto il resto del programma e a leggere il suo libro. Dopo facciamo anche un affondo sul suo di libro. Quindi grazie a tutto il gruppo 24 Ore. Vorrei dire che questo libro fa giustizia, ma in realtà sono le informazioni a fare giustizia. Non sono io, non è nemmeno il libro, ma sono le informazioni che lì sono contenute. E vorrei dire che spesso ci lamentiamo della qualità dell'informazione e talvolta abbiamo anche ragione, perché un po' la qualità dell'informazione in questo paese si è abbassata forse anche per inseguire quello che chiamiamo in gergo clickbait, ma senza informazione non esisterebbe nulla, non esisteremmo nemmeno noi, non esisterebbero nemmeno i libri. Quindi ricordiamoci di continuare a leggere e di continuare a foraggiare la libera informazione, perché ci sono molti paesi in questo mondo, e ce lo dimentichiamo, dove avere un giornale libero oggi è un privilegio enorme. Avere una possibilità di... Sapete perché i social come Twitter nascono anonimi? Nascono anonimi per consentire in quei paesi dove non c'è libertà di parola, di manifestazione, di assemblea, di poter comunicare quello che succede in quei paesi. E noi abbiamo saputo della primavera araba grazie ai social, grazie al fatto che ci fosse anche questo diritto all'anonimato. Ovviamente c'è anche un risvolto negativo, che quando poi dell'anonimato, o utilizziamo l'anonimato per compiere dei reati, è difficile risalire alle fonti, ma quello lo diremo dopo. Il libro è dedicato a Michela, la cui mancanza non è colmabile nel dibattito pubblico. Non so se voi avete la stessa ferita che, almeno io come cittadina, prima che come amica di Michela, vivo, continuo a vivere, si avvicinano anche il suo compleanno, il 3 giugno Michela compirà 52 anni, perché Michela è sempre presente. Per me è impossibile parlare di Michela al passato. Ma è anche dedicato a Vincenzo e Sofia, perché i miei due nipoti, Sofia ha quasi 17 anni e Vincenzo ha 12. Sono rimasti orfani del loro papà, Gregori, il 22 gennaio del 2022. E quindi questo ha proiettato me, da zia, in qualità di genitore intenzionale. Sapete cos'è un genitore intenzionale? Anche chi non è legato da un vincolo biologico, ma che assume la custodia anche intenzionalmente la figura di genitore. È chiaro che io non potrò mai sostituire, Gregori, però mi sono ritrovata con mia sorella, che a 45 anni era vedova, a prendermi cura di due nipoti e di due figli in piena adolescenza. E quello che prima era il ruolo di zia, a cui non venivano fatte una serie di domande, ha cominciato a essere un ruolo più complesso. E hanno cominciato a farmi delle domande, volutamente o non volutamente. Perché per esempio questo libro nacce da un racconto. Mia nipote che mi chiede, mia nipote Sofia che mi dice zia, quando ci si fidanza dopo due settimane, se non attivi il GPS, cioè quindi la geolocalizzazione, vuol dire che non ti ama. Se non ti chiede di geolocalizzarti, quindi di attivare la funzione per cui l'altra persona sa sempre dove sei, vuol dire che non ti ama. Io ho detto, ma chi te l'ha detto? A scuola hanno detto tutti che bisogna far così, io frequento questo ragazzo, non me lo ha chiesto, io tra me a me pensavo, me lo male, non me l'ha chiesto. E quindi io penso che forse non mi ama, non mi vuole bene. Da lì ho iniziato a indagare, frequentando la loro scuola, che già frequentavo molto, ma ho iniziato a indagare quanto è diffuso questo fenomeno. E poi ho iniziato a farmi delle altre domande. Manuele, ho detto, ma non è che noi proiettiamo tra le persone più giovani questa idea che loro vivono un amore distorto, mentre noi invece siamo immuni da questi amori tossici? No, spoiler, no. La geolocalizzazione è la versione 2.0 di mio papà, che chiamava continuamente mia madre ovunque fosse, o delle continue telefonate, o allora mi ricordo che ti chiamava proprio a casa, cioè il marito chiamava la moglie o viceversa a casa, o c'erano i telefoni fissi. Diciamo che la versione digitalizzata di forme di controllo è che noi abbiamo sempre agito nelle nostre relazioni, da adulti meno adulti, anche perché se no queste persone più giovani, dove avrebbero imparato questi modelli, se non da noi ma anche dai media, Temptation Island, dico sempre. Non è che lo scriva un ragazzino di 15 anni, lo scrivono degli autori e delle autrici di una certa età, ed è guardato da una popolazione con età trasversale, un programma dove non solo si veicolano relazioni tossiche, ma anche relazioni di profonda violenza fisica e psicologica. E allora, quando ci domandiamo da dove viene, qual è la radice di tanta idea che tutto sia normale, viene da tutto questo bombardamento di cose? Viene da noi, viene dalla comunità che costruiamo e che formiamo stando insieme, quella che Calvino diceva, l'inferno è questo, tutto sta nel riconoscere che cosa, e chi in mezzo all'inferno non è inferno, e dargli spazio e riconoscerlo. E a proposito di quello che non è normale, ma allora diciamolo subito, l'attivazione del GPS per controllare i nostri compagni e la nostra compagna non è normale, che altro non è normale che noi non riconosciamo come anormale? Non è normale secondo Cattilatore, non è normale secondo la legge, non è legale. Ora, ovviamente io non sono una di quelle che pensa che ogni cosa illegale sia per forza sbagliata, io sono a favore della legalizzazione delle droghe, anche a uso ludico, quindi non potrei dirvi che qualsiasi cosa è illecita e io la disapprovi. Tuttavia, quando si tratta di violenza, di autodeterminazione dei corpi, tutto quello che è vietato dalla legge non è normale e non va fatto. Spiare il telefonino di un partner o di una partner è un reato, violazione della corrispondenza, violazione della privacy, può anche essere violenza privata. Continuare a dire a qualcuno non vali niente, fai schifo, guarda come sei, non hai concluso nulla nella tua vita, guardate come utilizzo volutamente un linguaggio che non è ne maschile ne femminile sovresteso, perché oggi in questa situazione può trovarsi qualsiasi persona. È vero che i dati ci dicono che il maggior numero di violenze vengono subite da donne, ma io credo che andiamo in realtà anche verso un mondo in cui le violenze sono, ahimè, un po' più equamente distribuite anche dentro le relazioni e non vorrei che andassimo verso un mondo in cui, oltre che a parlare di femminicidio, parleremo di maschicidio, perché potrebbe essere una evoluzione del rigettare l'idea che la violenza esista. Ci fate caso? Perché abbiamo così tanta avversità nel chiamare femminicidio un femminicidio e lo vogliamo chiamare omicidio? Perché vogliamo negare che esistano delle morti a causa del semplice fatto che hanno deciso qualcosa per la loro vita e l'autonomia? Ho deciso di lasciare il mio partner. Questo non è accettabile, quindi l'autodeterminazione. Perché c'è una così viscerale campagna contro l'interruzione volontaria di gravidanza? Perché ha a che fare con la libertà di scelta, la libertà sul proprio corpo di dire io faccio questo o non faccio questo. È come se noi in qualche modo stessimo regredendo in una dimensione in cui anche dentro le relazioni non vogliamo contemplare la libertà. Quindi io assisto delle coppie, cioè delle persone che si separano, in cui lei o lui aveva messo le telecamere, quando gli dici, ma scusa, ma come hai fatto? Uno pensa, hai chiamato qualcuno per installarle, le ho comprate su Amazon a 28 euro. Oggi su Amazon si può comprare una telecamera per controllare, la metti in salone dietro a un vaso e quando scopri domande all'altra parte, ma perché le hai messe? Per controllare chi entrava in casa. Quindi il livello di controllo è pervasivo, ho messo un GPS nell'auto, perché voglio sapere sempre che spostamenti fa la persona con cui sono. Quando tu provi a far capire che quella cosa lì ha invaso la libertà dell'altra persona, la persona ti dice, io avevo bisogno di una conferma dell'infedeltà. E poi ci rimangono malissimo quando gli spieghi che quella conferma, siccome è illegitamente, illegalmente ottenuta, non la puoi nemmeno usare come prova. Quindi, cornuto e maggiato, come si dice il paese mio, perché non è che tu puoi prendere una prova rubata illegalmente, prese illegalmente o usarla di fronte a un tribunale. Ci siamo? Soltanto nelle violenze domestiche, la giurisprudenza e nel lavoro, nel mobbing, la giurisprudenza ha messo prove come una registrazione non autorizzata. Quindi io che registro un episodio, un filmato, in due sole ipotesi, quando devo provare una violenza oppure quando devo provare un fenomeno come il mobbing o una microaggressione in ambito lavorativo. In tutti gli altri casi, quelle prove illegalmente ottenute non si possono utilizzare. E' il primo luogo comune l'abbiamo spatato, nel senso che tutte queste forme che ci sembrano dimostrazioni d'amore, che diceva tua nipote, in realtà non lo sono, anzi, sono un illecito. L'altro luogo comune a me non potrà mai succedere. Io lo sento ripetere spessissimo, non so se vi capita, tante persone che confinano la violenza in un luogo lontano da loro, come se fossero al sicuro, come se fossero in un'area protetta, in una comfort zone, salvo poi ritrovarsi completamente spiazzate quando invece diventano oggetto di relazioni profondamente tossiche e manipolatorie. È vero che può succedere a chiunque. Ti risponderò dicendoti che non conosco nessuna persona che abbia letto questo libro che non mi abbia detto, anche io, mi ritrovo in quella cosa lì. O che l'ho fatta o che l'ho subita. Cioè, chiunque mi abbia scritto, o tutte le persone che conosco. Il primo giorno, la prima presentazione la feci con Missi Roli e Missi Roli mi fa, io comunque l'ho letto e dopo ho capito che io avevo sia subito che fatto alcune cose. E allora, se anche un uomo legge quel libro e viene da te e ti dice io comunque questa cosa qui l'ho fatta, e le donne o le persone più giovani ti dicono mia figlia l'ha subito, io l'ho subito quando ero più giovane, vuol dire che noi non siamo esattamente consapevoli di che cosa sia la violenza. Ecco, e a questo proposito facciamo chiarezza perché spesso abbiamo la convinzione che la violenza sia quella cosa che a me, anche noi giornalisti, abbiamo sbagliato a ritrarre come la donna con i lividi. Non sempre la violenza si manifesta come violenza fisica e sessuale, cioè con i lividi, anzi, noi riceviamo come Alley-Upe, che è questo spazio del sole 24 ore in cui raccontiamo la diversity e teniamo sempre aperta la finestra sui diritti, che ti lo sa, raccontiamo tantissime storie che ci arrivano sotto forma di lettere che ci dicono io non ho i lividi, ma io lo so che cos'è la violenza. E tu dedichi tantissimo spazio alla violenza psicologica nel tuo libro e ci aiuti anche a capire perché è tanto difficile dimostrarla e a darci qualche suggerimento per provare a farsi ascoltare quando la violenza psicologica non viene vista. Il primo mito da sfatare è stato... voi sapete cos'è il gaslighting? Quando qualcuno ti fa credere che tutti stia inventando tutto quanto, non è così, c'è la manipolazione fino all'estrema conseguenza di io ho seguito delle persone che si sono fatte fare un TSO, si sono sottoposta a un trattamento sanitario o volontario in realtà perché si credevano pazze e poi quando hanno scoperto che l'infedeltà, che immaginavano esserci, era reale, sapete qual'è stata la prima... quando vai lì e gli dici sì, in effetti abbiamo ingaggiato un investigatore privato, in effetti avevi ragione, la tua parte e il tuo parte ti tradivano, la prima reazione non è mai la disperazione, è bensì il sollievo. Il sollievo perché vuol dire che non sono una persona pazza, non era tutto nella mia testa, infatti gaslighting nasce da un film che vi consiglio degli anni 50 che prende spunto in realtà da una commedia in cui questo marito ogni giorno abbassava la luce di questa piccola lume a gas e la moglie diceva ma io ci vedo sempre meno, ci vedo sempre meno, lui diceva no, ma no è uguale, cioè guarda che si vede benissimo, si vede benissimo fino a quando lei non impazzisce. The gaslighting viene da lì, da questa cosa qui e se mettiamo insieme tutte le forme di violenza, il controllo, lo sminuire, l'annientare un'altra persona, il dire non vestirti così, non vedere i tuoi amici, fanno tutti schifo, la tua famiglia ti sta rendendo la vita impossibile, non la devi vedere, insomma sostanzialmente io spiego una per uno dal controllo all'annientamento al gaslighting le forme della violenza psicologica e poi spiego come si possono provare, cioè cosa bisogna fare, io dico sempre spero di creare tanti mostri nel senso positivo del termine, cioè persone assolutamente consapevoli su come possono raccogliere una prova di una violenza psicologica. Contromostri diciamo. Oppure degli antidoti ai mostri, cioè tu puoi raccogliere una prova così così e così, quando l'hai raccolta devi portarla qui, qui e qui, ti faccio pure l'elenco di tutti i centri antiviolenza, ti spiego esattamente se per caso la polizia dovesse rimbalzarti, cioè può succedere che talvolta la polizia possale ti dica non ho risorse, ma a me è capitato di seguire tantissimi casi in cui delle forze dell'ordine hanno rimandato indietro, ma che sarà mai un ceffone, tra moglie e marito una cosa normale, mi è capitato addirittura di un appuntato di Carabinieri che di fronte a un uomo che ha denunciato una violenza fisica che aveva subito dalla sua compagna, li ha riso in faccia, li ha riso in faccia e l'ha mandato via mortificandolo, tanto è vero che questo uomo è arrivato da me, che va, che come dire, della serie, io mi vergogno, di cosa ti vergogni scusa, cioè ti vergogni di aver subito violenza, sì, perché mi ha deriso come se io da uomo non fossi stato minimamente in grado di difendermi e allora noi donne dovremmo vergognarci vita naturale durante, cos'è colpa nostra? Cioè se subiamo della violenza, io l'ho guardato e l'ho detto, guarda che se la ribalti è la colpabilizzazione della vittima, non è che noi donne siamo in un contesto di violenza perché ci siamo ficcate dentro quella situazione, invece pensateci, il principale bias nei confronti di chi subisce violenza, che cosa hai fatto tu per suscitare quella violenza? La prima domanda che una mamma fa, anche una mamma di una certa età, ma tu cosa hai fatto? Ah, mi ha dato uno schiaffo, cosa hai fatto tu? Come ti sei comportata per giustificare quella cosa? Poi arriviamo a socialmente, come era vestita la vittima di una violenza sessuale? Peggio, quando ci sono le madri che subiscono violenza, la cosa più frequente che io ascolto è come ha fatto a farci un figlio, non doveva farci dei figli, perché è rimasta con lui 15-20 anni? Perché le dinamiche che tengono purtroppo in piedi le relazioni tossiche, alimentate naturalmente dal violento, sono tali che rendono difficile, molto difficile la liberazione, ma anche sulla rivittimizazione, sul fatto che non si creda quasi mai alla parola delle donne, torniamo. Tra le varie forme della violenza siamo qui al Festival dell'Economia, ne parli giustamente, c'è quella della violenza economica, se ne parla ancora troppo poco, però io vi do un dato, perché poi Cati lo possa commentare, oggi in Italia le donne che hanno un conto corrente personale sono il 58% del totale, significa che poco più di una donna su due ha un suo conto dove ha i soldi da gestire in autonomia, è violenza. E drammaticamente al sud la percentuale di donne che non hanno un proprio conto, ce l'hanno cointestato, passa da 6 a 10, è una cosa che fa spavento, di cui non parla mai nessuno, perché sapete cosa vuol dire non avere un proprio conto corrente? Dover continuamente andare dall'altra persona e dire mi dai soldi per, mi dai soldi per, e quando quella persona dai soldi per sta chiedendo perché cosa gli vuoi questi soldi, ma soprattutto sta utilizzando la più pervicace forma di controllo che esista, cioè quella economica. Quando noi eravamo più giovani, qua ci sono tantissime persone giovani in questa platea, ma di che cosa ci lamentiamo soprattutto nella disparità nel rapporto tra noi i nostri genitori? Del potere economico, del fatto che spesso i genitori ci rinfaccino, che ci danno dei soldi, come ho saputo, è capito solo a me, a me non lo so, forse perché sono cresciuta in una famiglia di origini molto umidi, ho studiato grazie a una borsa di studio all'Università di Bologna, e come dire, il fatto, quando io sono diventata economicamente indipendente, è stato il mio click di libertà e ho capito lì che il potere economico era di fatto il più grande potere a cui le persone soggiogate devono sfuggire per uscire fuori dal gioco, che si tratti di lavoro, che si tratti dei propri datori di lavoro, che si tratti di femminile o maschile. Se tu non hai i soldi per andare via da un contesto di violenza, ma dove vai? Cioè dove dormi? E se hai un figlio, una figlia piccoli, dove dormi? Sapete che noi più o meno riceviamo circa un centinaio di telefonate al mese di persone che hanno subito violenza. E devo dire che non le dovremmo nemmeno ricevere, perché noi siamo uno studio legale e come dire, ci si immagina o sarebbe auspicabile che prima di tutto ci fosse un incontro con un centro antiviolenza, dove ci sono operatrici formate anche per l'accoglienza peer-to-peer oppure per l'ascolto. Spesso arrivano da noi un po' perché abbiamo una clinica legale pro bono che si fa carico di tutto il percorso legale e un po' perché conoscono la mia figura, quella di Francesca Florio che lavora con noi, attivissima su questo tema. Tutte le donne che ci chiamano ci dicono che il primo e il più grande problema da superare è andare fuori di casa dove? E avere dei soldi e aprire un conto corrente. Quindi in questo libro io spiego anche come si fa per fare piccoli passi di fuoriuscita dalla violenza economica. Noi abbiamo anche aiutato delle donne che continuavano a rimanere in casa col proprio carnefice fintanto che non fossero autonome, quel tanto che bastava per uscire di casa. Tipo, se ti dà dei soldi, mettiti una piccola parte di lato ogni volta che te li dà, apri poi un conto corrente, ma non andare nel tuo paese, vai in un paese vicino, vai nella banca dove sai che nessuno conosce il tuo compagno, tuo marito. Cioè suggerimenti di questo tipo che hanno poi portato queste donne a poter piano piano fuoriuscire anche dalla violenza? Sì, aggiungo, e lo accennavi giustamente, il tema del lavoro perché naturalmente se noi abbiamo una condizione in Italia per cui il 58% delle donne non ha un conto corrente, perché in Italia il 53% delle donne lavora. Quindi il tasso di occupazione femminile è ancora una volta una donna su due. Quindi per fortuna qui ci sono tante ragazze, io dico sempre ogni volta che vado a parlare in pubblico è importantissimo lavorare qualunque lavoro voi facciate, perché la vostra indipendenza economica è garanzia di libertà, lo diceva bene Keti, e quindi emanciparvi dalla dipendenza verso qualcun altro è veramente fondamentale. È anche la stessa libertà che vi garantisce e non vi impedisce la libertà, se volete, di avere figli. Magari anche questo lo diremo dopo, perché pure su questo ci sono un po' di equivoci. Voglio dire solo questo, che io lo racconto nel libro, racconto la violenza che mia madre ha subito. Mia madre, fino a quando io e mia sorella non eravamo all'università, mio padre non voleva che lei lavorasse. Quindi mia madre si è messa nel mercato del lavoro, considerate che mia madre è americana, quindi parlava nella Sicilia degli anni 80-90 l'inglese, credo che fosse una mosca bianca, e infatti venne assunta come precaria del comune, lavoratrice socialmente utile, categoria che esiste solo al sud, a 40 anni lei è rimasta precaria fino all'età di 64 anni, è stata assunta a tempo indeterminato a 64 anni. Qual è la conseguenza? Che ora ne ha quasi 70 e ancora non può andare in pensione, perché non ha raggiunto la contribuzione minima di 25 anni. E io quando la guardo gli dico, mamma vedi che conseguenze concrete ha la violenza economica? Anche se papà non pensava di chiederti chissà cosa, perché nella Sicilia degli anni 80 dire a tua moglie non andare a lavorare pare fosse la cosa più abituale, perché anche le mie zie tranne una non lavora nessuna, e tutti gli domande gli dici sì perché tuo zio non voleva, allora tu stai lì e dici sì, però che conseguenze ha avuto sulle vostre vite questa cosa qui? E io potrei aggiungere, e sulle vite di noi figlie e figli, che conseguenza ha avuto questa cosa qui? Il doversi emancipare da quell'idea, il lavoro è una conquista, lavorare è una conquista, io che sono una persona socializzata al femminile devo giustificarmi ancora con la mia famiglia di origine perché sono una persona che lavora tanto, una donna che lavora tanto, perché da un uomo lo accettiamo, da una donna meno, io spero che le giovani generazioni non si debbano trovare a confrontarsi con questo, però in fondo... Sì, sì, è esattamente così, è proprio la gabbia dello stereotipo da cui non riusciamo a uscire, che tra l'altro si riflette nelle carriere, nel lavoro succede spessissimo che quando una donna diventa madre si blocca completamente, la sua carriera viene paralizzata e invece quando un uomo diventa padre automaticamente agli occhi del datore di lavoro diventa più responsabile, quindi più meritevole di progressioni di carriera a proposito di stereotipi che continuano a perdurare. Un altro stereotipo a cui noi, da cui facciamo fatica a liberarci, quello che riguarda il consenso, che è un tema chiave in particolare nei casi di violenza sessuale, ne parli a lungo, ma perché in Spagna si riesce a considerare l'assenza di consenso come un reato, cioè a integrare la fattispecie del reato e da noi il consenso sembra quasi un optional. Perché da noi il sesso sembra quasi un optional. Avete notato che nel dibattito pubblico non si parla mai di diritti sessuali, di vita sessuale, se non nella misura in cui dobbiamo invocare la castrazione chimica per gli stupratori, non si parla mai di educazione sessuale affettiva e sentimentale nelle scuole, se non nella misura in cui dei senatori devono alzarsi e dire queste porcherie che vorreste insegnare a scuola, non si parla mai di pornografia, nonostante l'Italia sia il sesto consumatore di pornografia al mondo e, badate bene, il primo con soggetti trans, cioè l'Italia è il primo fruttore al mondo di pornografia in cui le persone protagoniste sono persone transgender. E sì, ve lo giuro, è uscita la classifica di Pornhub un mese e mezzo fa e invece in questo Paese si parla di transgenderismo e di gender solo quando bisogna invocare la teoria del gender e dire che le persone non possono vivere la loro identità di genere perché quella roba lì non si sceglie, o se maschese e femmine, dopo tu ti guardi e dici, allora io cosa so? Io che sono una persona non binaria non esisto? Ma sapete cosa vi dico? Che a me, che lo dica un ministro della Repubblica non mi dà fastidio dal punto di vista ideologico, mi dà fastidio perché la domanda che io mi faccio è questa, se un membro delle istituzioni non riconosce la mia vita, che la mia vita sia illegittima, che politiche attuerà per tutelarmi dalle discriminazioni, per darmi dei diritti che non ho, ve lo dico io, nessuna, perché se io non dovrei esistere non dovrei nemmeno avere alcun portato di diritti, quindi a me di quello che dicono delle loro opinioni, chi governa, qualsiasi governo, non me ne mai fregato nulla, a me interessa che la legge, astratta e generale, deve corrispondere ai bisogni concreti delle persone, anche delle persone che non mi piacciono, anche delle persone le cui vite disapprovo, quindi se esistono delle relazioni non codificate, ci sono persone non sposate in questo Paese, oramai sono il 27% dei nuclei familiari, quindi non poche, se le persone non sposate che vivono in una unione di fatto cominciano a diventare un numero numericamente interessante, anche se io vorrei che chiunque si sposasse, io non è che come legislatore posso non fare le leggi, così magari smettono di esistere questi nuclei non sposati, cioè questo è un uso distorto dello strumento legislativo, piego la legge affinché corrisponda al modo in cui vorrei vivessero le persone, è vero o non è vero che noi indipendentemente dai governi, perché questa cosa è avvenuta sempre in Italia negli ultimi trent'anni devo dirlo, perché in questo Paese non si fanno riforme sui diritti civili dal 1975 dal 1980, le ultime riforme sono state aborto, divorzio, legge sul cambio di sesso, sono tutte tra il 74 e l'82, dopo il nulla. L'ultima è la legge sulle unioni civili negli anni? Io non la considero una grande riforma, perché dopo due minuti sarebbe arrivata la Corte di giustizia, come è arrivata l'altro giorno, a dire che il cambio di genere va garantito in tutti gli Stati membri, sarebbe arrivata la Corte di giustizia a dire che un briciolo di forma di regolamentazione alle coppie formata da persone dello stesso sesso va garantita in tutti gli Stati membri, e probabilmente sarebbe arrivata l'Europa a dirci una cosa del genere. A volte noi ignoriamo completamente quello che ci arriva dalle corti, faccio l'esempio della legge sul doppio cognome, la legge sul doppio cognome non è mai stata approvata, ma a un certo punto esausta la Corte Costituzionale e ci ha detto date almeno la possibilità alle coppie di scegliere in attesa che il legislatore legiferi, il legislatore non ancora legiferi. Però la sentenza delle corte costituzionali, anzi le interpretazioni estensive della Corte Costituzionale, sono vincolanti, quindi noi domani andiamo all'anagrafe, possiamo chiedere anche di inserire il doppio cognome, tutti i bambini nati dopo quella sentenza ce l'hanno automaticamente, mentre invece se noi vogliamo aggiungere il nostro cognome materno possiamo fare la domanda in prefettura, costa niente, è una marca da bollo da 24 euro se non 1 euro. Quindi voglio dire che quando io ascolto questo grande scontro che c'è tra il potere legislativo e quello giudiziario un po' sorrido e dico fintanto che il legislatore rimarrà fermo, immobile, impassibile, pensate il suicidio assistito, nel 2018 che la Corte Costituzionale interviene e dice che il suicidio assistito deve essere garantito a queste e queste condizioni. Il legislatore, che è stato già codificato, fin tanto che il legislatore non prende in mano questi temi lo faranno le corti, ma mi viene da dire come è giusto che sia, meno male. Sono assolutamente i contrapesi, diciamo così, ai pesi che si mettono dal punto di vista del legislatore. Parlavamo prima, Katy, del fatto che spesso la parola delle donne non viene creduta. Tu citi, cito proprio il passaggio, Vanessa Ballan, Mara Fait, Marisa Leo, Alessandra Matteuzzi, tutte sono state uccise da uomini che avevano denunciato per stalking. Tu scrivi. Le abbiamo abbandonate, le abbiamo tradite e deluse e abbiamo permesso che venissero uccise. È veramente la rabbia e il dolore che abbiamo provato in tante e in tanti. Allora ti chiedo, che cos'è che non funziona anche in questo caso? La legge oppure la cultura, il sentire comune? Noi che attorno a queste donne siamo? Allora, intanto a dire questa cosa non sono solo io. L'ha detto la Corte Europea dei Diritti Umani, la CEDU, per ben cinque volte. Veramente anche in questo Paese non si parla mai di questo. L'Italia è stata condannata cinque volte per non aver protetto adeguatamente una vittima di femminicidio. Ogni volta sono stati i figli di queste donne o i genitori di queste donne a trascinare l'Italia come Paese di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani, che può condannare il Paese per aver omesso una tutela. E in queste sentenze molto belle, che vanno lette, vi consiglio di leggerle, cosa dice la Corte? Dice che l'Italia ha un problema di sottovalutazione della violenza, quindi la sottovaluta culturalmente, ha un problema di leggi, devono essere integrate, ha un problema di risorse, nonostante abbastanza risorse, ha un problema di linguaggio pubblico e diffuso. E poi indica anche quali sono gli strumenti. Allora sicuramente il mix è sempre delle buone leggi che agiscono su un contesto culturale, perché le leggi in sé non fanno spazzare via un fenomeno. Vi faccio un esempio, noi abbiamo una legge, la Reale Mancino, che punisce il razzismo, l'odio e l'incitamento all'odio, antisemita, raziale, dal 1975. Pensate che l'antisemitismo sia sparito grazie al fatto che esista una legge da 50 anni? Non mi pare, anzi, il fatto che esista una legge non è sufficiente, non è che se noi domani facciamo la legge contro l'homo bitrasfobia di improvviso sparisce qualsiasi episodio omolesbo bitrasfobico, ci vuole anche che la legge sia dotata di gambe, quindi di risorse economiche, e per esempio in quei casi che io ho citato le donne avevano tutte denunciato prima per stalking, ma gli uomini non avevano nemmeno il braccialetto addosso, perché non avevano il braccialetto? Perché le questure non ce l'hanno, non hanno i soldi per acquistare i braccialetti elettronici, oppure non hanno i soldi per intervenire e se la persona col braccialetto elettronico si avvicina a meno di 300 metri, quindi ci vogliono risorse e ci vuole educazione e cultura, se parlare di tutti questi fenomeni o è un tabù o è solo emergenziale al primo femminicidio come quello di Giulia Cecchettin che scuote la coscienza collettiva si interviene con una legge, poi una domanda che bisognerebbe fare è perché tutte le altre vittime sono passate nell'oblio? Viviamo in un paese in cui ci sono perfino vittime di serie A e vittime di serie B, perché dopo Giulia Cecchettin, mi sapete dire quella è la prima donna morta per un femminicidio, anzi le prime quattro, no non ce lo ricordiamo, ma almeno Giulia ha avuto un faro su di sé, cioè io vorrei che tutte le vittime avessero lo stesso faro, non che Giulia non avesse avuto il suo e vi dirò di più, sapete perché ci ha molto sconvolto quel femminicidio? Questa è la mia interpretazione, perché Filippo Turetta era il ragazzo, il figlio, il compagno di università che ognuno di noi almeno una volta ha incontrato, cioè quello che ti accompagno perché ho paura che qualcun altro ti possa fare del male, quello estremamente gentile ma controllante, alla fine noi siamo rimasti profondamente scosse dentro e scossi perché abbiamo detto cavolo, poteva succedere pure a mia figlia, poteva essere anche il mio diffidanzato, è vero o non è vero? Con quel ti accompagno alla fermata dell'autobus perché ho paura che qualcuno ti possa fare del male, alla fine a fare del male a Giulia Cecchettin è stato esattamente colui il quale la voleva proteggere. Ecco, e mi collego a questa osservazione perché immagino che abbiamo sentito tutti gli audio di Giulia e la mia considerazione in quegli audio in cui lei era lucidissima e parlava alle amiche della sofferenza che provava, mostrava soltanto una dissonanza alla fine, cioè lei raccontava perfettamente tutta la spirale della violenza ma alla fine diceva temo che lui si faccia del male, invece che percepire il pericolo su di lei. Allora in quel caso io mi sono chiesta se fossi stata tra le amiche avrei potuto fare qualcosa? Se mi ritrovassi nella condizione di ascoltare quei racconti ciascuno di noi e ciascuna di noi che cosa deve fare Katy? Allora, ovviamente io posso dirvi che cosa dicono le linee guida dei centri antiviolenza, dicono che anche minacciare di togliersi la vita o di farsi del male se qualcuno ci lascia è stessa una forma di violenza. Cioè se io ti dico se tu mi lasci o mi ammazzo è violenza. Voi dite ma come? Io non sto dicendo che faccio del male a te, no sto dicendo che faccio del male a me ma il fare del male a me potrebbe essere in generale, puoi fare del male in generale, ma ti impedisce di esercitare un gesto di libertà. Quindi io di solito dico alle mie amiche e ai miei amici perché di questo prima di tutto si tratta, di come ti comporti tu rispetto all'affinità che hai con un episodio di violenza, io dico però comunque guarda che il fatto stesso che dica che s'ammazza se te ne vai non va bene, non è una cosa a cui devi continuare a stare. Piano piano gettando insieme perché ricordatevi che non può esistere nessun percorso di fuoriscita dalla violenza se a farlo non è la persona ok sulle proprie gambe. Io non posso sostituirmi a quella persona, non posso dire ma come fai non accorgerti che quella cosa lì è violenza però posso fare cose io per esempio ho fatto così con gran parte delle mie amiche e dei miei amici che erano in situazioni diciamo tossiche, violente, eccetera. Lì l'accompagna a vedere un film, ho accompagnato una quantità di amiche a vedere il film di Paola Cortellesi che non avete idea, regali un libro, dici andiamo a vedere questo spettacolo teatrale, fai ascoltare una canzone, piccoli semi che devono portare la persona a accorgersi autonomamente che sta vivendo in una situazione che come minimo le reca o reca grande infelicità. E anche grande compressione della libertà perché quando tu non vuoi fare qualcosa, non vuoi uscire, non ti vuoi mettere quell'abito perché hai paura delle conseguenze e poi chiudo una delle cose che io ho sfatto è la violenza sessuale nelle coppie. La violenza sessuale all'interno del matrimonio è la violenza più perpretata ai danni delle donne in Italia, lo sapevate? Perché noi pensiamo che quando abbiamo dato il consenso al momento del matrimonio abbiamo dato il consenso a una vita sessuale anche se non abbiamo voglia di fare sesso quella sera. Dice invece la giurisprudenza, per ogni atto sessuale bisogna rinnovare il consenso, quindi se sei anche una moglie o sei un marito e non hai voglia di fare sesso puoi dire no e se l'altra persona insiste è violenza sessuale, non lo sa quasi nessuno. Infatti dentro le coppie si consumano una quantità di violenze sessuali di cui non abbiamo nemmeno tanta cognizione. Tutto sommerso, non abbiamo alcun dato. Però le denunce che poi avvengono sono spaventose e tu leggi e nei verbali leggi magari la donna che dice io facevo sesso perché sennò poi dopo lui mi dava un ceffone, sennò mi avrebbe picchiata, sennò non mi avrebbe parlato per due settimane, mi avrebbe tolto i soldi anche per fare la spesa per i bimbi. Ecco non è normale, assolutamente no. Noi abbiamo esaurito il tempo, però se c'è una domanda, un paio di domande, io le prendo volentieri, sì. Buongiorno Avvocata. Lei ha accennato al diritto all'identità di genere. Le chiedo la sua opinione sull'Inghilterra dove hanno bloccato la somministrazione di triptorelina ai minori con presunta disforia di genere e mi risulta hanno bloccato anche l'insegnamento, almeno nelle scuole primarie, della identità di genere. Non glielo chiedo perché sono un vecchio omofobo, sono vecchio, sono sicuramente vecchio perché ho 64 anni anche se non sembra, omofobo no, io faccio parte del mondo arcobaleno come presumo anche lei anche se non voglio sembrare ipocrita. Io condivido le preoccupazioni della feminista marina terragni e temo proprio perché faccio parte di questa comunità, mondo arcobaleno, temo che tutte le politiche gender, dico così, l'ombrello gender porterà il mondo arcobaleno nel burrone, temo. Allora ti rispondo velocissimamente, è vero, in Inghilterra hanno fermato la somministrazione di quella che si chiama triptolina, cioè che è un inibitore della pubertà, ok? Perché l'hanno fermata? Perché in, diciamo, UK, in alcuni altri stati nel mondo l'accesso alle terapie di affermazione di genere ma anche il cambio di genere è molto diverso da come si fa in Italia, in Italia bisogna essere seguiti e si viene autorizzati da un tribunale. Lì diciamo che fai qualche seduta e poi puoi accedervi praticamente quasi automaticamente. Hanno avuto dei casi di detransizione, cioè dei casi in cui delle persone che avevano fatto la transizione hanno chiesto di tornare indietro e in un caso il sistema sanitario nazionale inglese è stato addituito a citato e ha perso perché si è dimostrato che gli era stato dato troppo venuto a fare il trattamento. Quindi è molto velocemente l'autorizzazione e questa ragazza che era giovane aveva cambiato idea altrettanto velocemente. E quindi noi abbiamo bisogno di protocolli certi, cosa che in Italia esistono, abbiamo dei protocolli di concerto con l'Istituto Superiore di Sanità, una legge dal 1982, quindi la mia risposta è se gli UK hanno avuto questo problema io vi posso garantire perché ci lavoro tutti i giorni che in Italia non c'è un giudice per poter avere tutta una serie di autorizzazioni e quindi è come dire ha sbagliato anche il giudice. Io sono vent'anni che faccio transizioni, accompagno persone alla transizione di genere, non ho avuto mai nemmeno un caso di detransizione. In Italia non esiste nessun caso di detransizione quindi io sarei un po' più cauti a prendere degli esempi di altri paesi e portarli in Italia perché in Italia per fortuna abbiamo una serie di leggi che garantiscono che quella cosa lì sia molto molto approfondita. Anche magari un approfondimento scientifico sugli effetti dei bloccanti nei bambini perché forse un maggior approfondimento dal punto di vista della ricerca scientifica serve a tutela della salute innanzitutto. La cautela è condivisibile su tutti i temi. Allora possiamo prendere un'altra domanda sulla violenza? Io volevo raccontare una piccola cosa perché la domanda è come uscire dalla bolla perché qui oggi siamo tutti quelli che già che ti conoscono, già che ti seguono, già che sono sensibili a queste tematiche. Un esempio piccolo, io lavoro in ospedale, due giorni fa vado a lavoro e il mio collega più grande di me di 20 anni mi fa scherzando, ne sono sicura che scherzasse, mi fa tu ti occupi di 8 pazienti e io di 3. Io lo guardo e gli dico, senti tesoro bello, io mi occupo dei miei pazienti e tutti i occupi dei tuoi e saranno distribuiti equamente. Ovviamente ci credo che scherzasse ma io non sono preoccupata di quello che ha detto lui, sono preoccupata della reazione di tutti quelli che erano intorno, che è stata, ma no, ma guarda che scherzava, noi lo conosciamo da 20 anni, è così. No, siamo nel 2024, anche se questo è ritenuto uno scherzo, non deve essere più fatto, però quando io ho cercato di sensibilizzarli sulla cosa mi è stato detto, no, no, non è come dici tu, tu sbagli, noi lo conosciamo, non è così. E io non riesco a uscire da questa bolla, nel senso che se io mi confronto con le persone della mia bolla, tutte mi dicono, ma cavolo, ma non è giusto, ma non va bene, ma così, ma di qua, ma di là, gli altri no, a me è questo che ormai mi tormenta. No, ma guarda quello che tu dici, intanto grazie per aver portato la tua esperienza, allora io mi confronto tutti i giorni col fuori bolla perché insegno i percorsi di diversità, equità, inclusione nelle aziende e nelle aziende con 2, 3, 4, 30 mila dipendenti, come nei paesi, ci sono persone che la pensano in maniera completamente diversa su qualsiasi argomento, no? Cioè se voi andate nel vostro paese, nel mio paese, c'è 14 mila abitanti, pensate a avere a che fare un'azienda con 14 mila dipendenti, ci sarà la persona intollerante, ci sarà quella che dice che la battuta sessista è goliardia e via discorrendo. Per uscire fuori dalla bolla bisogna fare quello che fai tu costantemente, dire alle persone che hai attorno, guardate che io non sono una rompiscatola di turno, io lo dico perché voglio lavorare in un ambiente di lavoro più sano, più sicuro, in cui queste battute mi sono rotta le scatole che avvengano. A me è successo tantissime volte di insegnare nelle aziende come si blasta una battuta così, tipo io mi sarei girata e avrei detto io ne faccio 8, tu 3, domani tu ne fai 16 e io ne faccio 0, facciamo così? Lui ti avrebbe guardato, ma come sei sterica, non fa ridere, guarda che non fa ridere, fa ridere solo te, non lo vedi che stai ridendo solo tu? Ma ti senti nel Medioevo? Io così insegno tecnica di blastaggio, si chiamano così, quando ti giri, a me è capitato anche di ascoltare delle persone in azienda, è vero, che magari dicevano delle cose, che ne so, ah, perché quella cosa, magari epitetavano qualcuno in un modo non tanto, mi è capitato tante volte di sentire la parola zingaro pronunciata in contesti di lavoro, io mi sono girata e ho detto, io appartengo alla comunità rom, che problemi hai? Non è ovviamente, non è vero perché appartengo a un'altra comunità, però mi è capitato anche di fare cose così, blastare mettendo completamente la persona che pensava di dire qualcosa di divertente, in realtà offendendo un'intera minoranza, mettendo quella persona in minoranza, perché io e concludo, perché noi dobbiamo sentirci la minoranza? Ma si sentissero le persone che offendono qualcuno in minoranza, si sentissero le persone violente in minoranza, per quale motivo loro devono sentirsi dalla parte giusta della storia e noi da quella meno giusta? Io rispetto a questo mi ribello, lo faccio in tutti i modi possibili, invito tutte e tutti voi a fare la stessa identica cosa, fatelo con le parole, fatelo nei luoghi di lavoro, fatelo a casa con i vostri partner, le vostre partner, le vostre famiglie di origine, fatelo, sapete perché? Perché non può succedere nulla se non migliorare la vostra vita e anche un po' la vita delle persone che avete intorno. Grazie. Grazie Cati La Torre. Grazie, buon festival, non è normale, lo trovate lì, buona lettura. Grazie. Grazie.
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