L'impresa che trasforma la società - In ricordo di Carlo Borzaga
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L'impresa che trasforma la società - In ricordo di Carlo Borzaga
L'evento celebra il lavoro del professor Borzaga sull'impresa sociale. L'evento, moderato da Flavio Deflorian, include interventi di Anna Grandori, Benedetto Gui, Osha Gnesi e Lorenzo Sacconi. Si discute del pluralismo delle forme d'impresa, dell'interdisciplinarietà degli studi di Borzaga e del potere trasformativo dell'impresa sociale per la società.
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sì, ci si è visto ancora allora, come stai? la professora sta grandando molto piacere, grazie ciao, come stai? ci sono le piazze ci sono le piazze ci sono le piazze ci sono le piazze ci sono le piazze ci sono le piazze ci sono le piazze ci sono le piazze grazie siamo per partire grazie siamo per partire grazie buon pomeriggio a tutti e a tutte Erix ha deciso di dedicare questo panel al professor Carlo Borzagha fondatore e parla della presenza di un piano e di un piano e di un piano per chi non ha avuto l'onore di conoscerlo il professor Borzagha è stato un rinomato studioso e docente dell'università di Trento impegnato a fare le cose e a fare le cose e a fare le cose e a fare le cose e a fare le cose e a fare le cose il professor è stato un rinomato studioso unendo la sua esperienza di studioso e il suo impegno come promotore di iniziative a carattere sociale ha dimostrato che si può essere imprenditori non solo per profitto non solo per la mutualità come è per il suo interno non solo per la mutualità come succede per le cooperative tradizionali ma anche per offrire per produrre beni e servizi di interesse generale e per gestire beni comuni avendo lavorato con il professor Borzagha per oltre 20 anni è per me un grande onore ma anche fonte di forte emozione moderare questa sessione passo ora la parola a Flavio De Florian, professor ordinario e rettore dell'Università degli Studi I-30 Buon pomeriggio a tutti e a tutti grazie di essere qui benvenuti a questo evento che siamo molto felici di aspettare qui in rettorato lasciatemi però iniziare di vicinanza e di profonda tristezza per l'evento per il ricordo del rettore Annelli che ci ha lasciato tragicamente e improvvisamente ieri è una persona che io ho conosciuto e che credo abbia dedicato molto all'università l'università cattolica e quindi volevo esprimere a titolo personale ma anche a titolo dell'Ateneo che ha realizzato in questa città tutta la sua carie e la comunità universitaria dell'università cattolica noi diciamo spesso che siamo un'università fatta di persone per cui sono le persone che contano e Carlo Borzagha da questo punto di vista poi altri parleranno certamente meglio di me che non ne ho nessun titolo del valore scientifico dell'attività di Carlo Borzagha io penso che i docenti universitari i ricercatori si dividano in due categorie quelli che magari sono dei grandi ricercatori dei grandi professori, producono scienza ma lasciano dietro di sé non lasciano un seguito non lasciano una scuola e quelli che invece noi chiamiamo maestri quelli che riescono a dare continuità a loro attività trasferendo il loro entusiasmo, il loro impegno la loro volontà di lavorare sui temi più diversi anche a chi lavora con loro anche alle generazioni che sono cresciute con loro Carlo Borzagha era questo e ne abbiamo la testimonianza qui oggi con le tante persone che l'hanno conosciuto e con cui hanno lavorato Carlo Borzagha è stata anche una persona che ha svolto i suoi ruoli ha svolto i suoi ruoli ha svolto i suoi ruoli e come rettore ci tengo a precisarlo ha svolto i suoi ruoli di responsabilità è stato presso della facoltà di economia ha svolto i suoi ruoli nell'interesse dell'attineo fino all'ultimo anch'io che sono rettore da 3 anni e quando io sono arrivato più o meno contemporaneamente al suo pensionamento sono stati in un'attività di riuscita e di riuscita a fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto e di fare le cose che hanno fatto Ha BRARDO Ha BRARDO M ubiquito结et ha seismomat abstract ha sulfur ha fodor GHAD A GHAD condiviso un pezzo importante di strada nel suo percorso come studioso. Anna Grandori, professoressa ordinaria di organizzazione aziendale presso l'Università Vauconi di Milano. Benedetto Gui, professore merito dell'Istituto Universitario Sofia di Loppiano, Firenze. Mario Chagnesi, professoressa della Corco University Business School. Lorenzo Sacconi, professore ordinario di politica economica all'Università Statale di Milano. Quindi innanzitutto grazie per essere qui oggi. Inizierei con una domanda alla professoressa Anna Grandori. Gli studi di Carlo Borzagha hanno contribuito a mettere in discussione il concetto di impresa affermato sin di anni 80 nella letteratura economica dominante, in base al quale l'impresa sarebbe esclusivamente capitalistica. Potreste spiegarci come è cambiata anche grazie agli studi sull'impresa sociale di Carlo Borzagha la visione del sistema economico negli ultimi 20 anni? Grazie. Purtroppo abbiamo poco tempo. Però mi dispiace non poter esprimere il sentimento anche, vorrei dire, di riconoscenza di affetto nel tornare in questo luogo e verso una persona in particolare come Carlo Borzagha che ha avuto un ruolo importante proprio nello sviluppo in generale di quella che chiamiamo teoria dell'impresa e in particolare anche per il percorso in questo. Dovendo essere concisi ho scelto tre parole che più di altre userei per rappresentare, per rispondere alla domanda e per rappresentare il contributo di Carlo in quella direzione. Una è pluralismo, la seconda è interdisciplinarietà, la terza è trasformazione. Il pluralismo forse è la più importante proprio per il tema che Giulia ha aperto. Nella caratterizzazione, cioè il contributo sulla natura dell'impresa sociale Paramount, ed è chiaro, ma proprio l'approccio è stato comprendere diversi tipi di impresa tra cui quella sociale e quella tradizionalmente chiamata eventualmente capitalista per rinnovare la visione dell'impresa in quanto tale perché una buona teoria dell'impresa dovrebbe far spazio a tutti i tipi di impresa e non parlare solo di un tipo di impresa caratterizzata da... Nel giornale da lui diretto per molti anni, per esempio, fondato, c'è il Journal of Interpreter and Organizational Diversity, si dice che il focus è sulla comparative research tra diverse organizzazioni, tipi di imprese che includono e non sono neanche limitate a imprese sociali, cooperative, mutue, non-profit, organization e fondazioni. Allora, questi sono tutti i tipi di entità che conducono attività economica, tipi di imprese, in parte definibili anche come diverse da un'impresa capitalistica classica. Quindi il messaggio è non solo che una buona teoria dell'impresa deve comprendere tutto, ma addirittura, volendo tirare un po' anche la legacy, il sistema economico in cui noi viviamo, che si usa a chiamare sistema capitalistico in maniera del tutto imprecisa, è in realtà un'economia di mercato in cui operano entità, alcune delle quali potrebbero essere caratterizzate dalla proprietà unilaterale di mezzo di produzione, come si recita nelle... e altre no. Oltre con propositi liberi o fissati, fissati di tipo sociale o di altro tipo. E quindi questo lavoro che tra l'altro ha portato e porta poi direttamente, eventualmente, al tema dell'interdisciplinarietà, perché non si possono definire precisamente diversi tipi di imprese senza connettersi alla definizione giuridica di che cosa, quel tipo di entità, di legal entity, può o non può fare. Ma prima di andare su questo secondo, che è la seconda parola, vorrei dire che oltre a questo pluralità, a plea for economic pluralism, parole di Carlo, c'è stato anche uno sforzo di vedere l'ecomonalità, perché una teoria dell'impresa deve trovare anche una base comune, quindi il riferimento alle radici comuni nella società romana e nella... quindi nel vedere molto più vicine entità diverse come le cooperative o le imprese, diciamo, le società per azioni, tant'è vero che Carlo ha dato spazio nel suo giornale, ha contributi tipo diciamo di personaggi di legge economia come Hansmann e gli ha pubblicato questo articolo, no? Tutte le imprese sono cooperative e i governi pure, ecco. Quindi il terreno comune è un terreno oltretutto diciamo costituzional-democratico, poi tutta la differenza può stare in chi ha diritto a cosa, chi vota, chi... ma questo è un terreno comune e su quale ci siamo anche incontrati all'inizio delle mie elaborazioni su questo tema. L'interdisciplinarità l'ho in pratica già detta, cioè il legame in particolare col diritto e quindi visto che il festival di Trento invita per tradizione il Nobel Prize, un ricordo, visto che siamo in clima di ricordi, ricordiamo anche Oliver Williamson che è appena mancato, appena, veramente ormai sono quattro anni, ma insomma, ci sembra appena mancato, sia Carlo che io, che Lorenzo, per quelli che conosco di più in termini di lavori sicuramente abbiamo tratto da questo programma che era soprattutto un programma che include teoria dell'impresa ma di connessione tra law, economics e organisation theory. Queste sono i tre componenti. Terzo, e poi parola, la trasformazione. Ecco, complimenti, il titolo di questo parlo è l'impresa trasforma la società. Ben detto nel senso che era una legacy, un messaggio di Carlo, oltre che una pratica diversa da come per esempio nel management si usa a vedere, cioè l'impresa è un sistema che si adatta alle forze, all'ambiente eccetera eccetera. Sì, c'è anche questo ma soprattutto c'è un ritorno di influenza, di possibilità di azione, di possibilità di riferimento. Qualcosa che io direi è un aspetto olivetiano quasi nella visione anche di Borsaga, cioè un'impresa che può e deve proiettare un cono di luce sul territorio dove opera, quantomeno, visto che qui siamo anche in una sezione di economia dei territori del festival. Grazie mille professore Sandor, anche per aver rispettato i tempi, è che ho paura di non riuscire a dare il giusto spazio a tutti e grazie per averci anche chiarito che il sistema economico è molto più complesso di quello che normalmente si immagina, essendo popolato da imprese con caratteristiche molto diverse. Ora passerei la parola a Benedetto Gui, tra i primi studiosi ad aver analizzato insieme al professor Carlo Borsaga l'impresa sociale e dall'osservazione delle prime esperienze che a partire dalla fine degli anni 70 hanno iniziato a prendere forma e dall'analisi delle motivazioni dei fondatori di queste iniziative e anche dei servizi che, offerti per rispondere a un corollario di bisogni, siete passati all'elaborazione teorica. Potrebbe soffermarsi sul passaggio dalla pratica alla teoria che l'osservazione di imprese inusuali ha stimolato in voi, in Carlo e in lei. Grazie mille. Grazie della domanda. Le ho anticipato che mi permetterò una digressione all'inizio prima di cercare di rispondere perché sono sotto l'influenza di un'intervista che con i nostri studenti dell'Università Sofia abbiamo fatto online recentemente a un americano titolare di un'impresa che si occupa di proprietà immobiliari. Io sono rimasto impressionato, lo conoscevo già, ma mi ha nuovamente impressionato e soprattutto collegandola a questo titolo che è l'impresa che cambia la società che è quello di oggi. Un titolo che non mi aspettavo e mi sembra molto centrato per questo giorno. Bene, questo signore che è un figlio di Contadini che si è fatto da solo a Omaha, Nebraska, quindi nel centro degli Stati Uniti, ha trovato come attività per guadagnare un po' di soldi e ristrutturare case e gli piaceva perché si trasforma il vecchio in nuovo, ma soprattutto si è trovato a trasformare persone perché dentro queste case c'erano degli sbandati che dormivano, immaginate case abbandonate per anni che poi dopo, che dormivano lì dentro e il primo gli chiese ma possiamo finché fate ristrutturazione e dormire qui nel cortile, non sappiamo dove andare. Di fatto lui ha offerto a queste persone ex carcerati, ex drogati, c'è una foto da cui si capisce subito che tipo di crew, di ciurma, ha trovato per portare avanti questa attività. Quindi persone che non avrebbero avuto nessuna chance come lavoratori e che sono diventati lavoratori, qualcuno forse non proprio perfetto, qualcuno era diventato anche un buon professionista del restauro. Secondo passo, con queste case lui sentiva di voler rispondere a tanti che gli andavano a chiedere un posto per stare pur non potendo pagare un affitto analogo a quello della città di Omaha che non sarà a New York ma comunque è una città importante e quindi si è trovato a interagire con persone con vari tipi di difficoltà che voi potete immaginare. Alcune volte che alla fiducia data rispondevano bene, in altri casi no, ma lui diceva questo bisogna metterlo in conto fin dall'inizio. In sostanza, scusate un dettaglio, quando qualcuno gli disse hai queste case, c'è questo problema di trattare con gli inquilini, affidalo a qualcuno così il problema te lo togli e lui disse ma perché mi volete portar via la parte più importante del mio lavoro? Allora dopo questa intervista riflettevo sul fatto che lui è partito per fare un'attività economica e è diventato, non dico un operatore sociale ma certamente uno che ha contribuito a cambiare il contesto sociale, per lo meno di qualche minoranza diciamo nella sua società, quindi che l'impresa può essere anche questo. Ecco, questo esempio mi viene da un'iniziativa di cui alcuni avranno sentito parlare, si chiama economia di comunione, che si rivolge a imprese qualunque sia il tipo invitandole a guardare agli ultimi e a cercare di realizzare un modo di gestione, ecco che guardi prima di tutto alla persona con occhi di fraternità. Carlo era un pochino perplesso su questa cosa però, ugualmente è venuto una volta per amicizia a parlare a un'iniziativa che abbiamo fatto all'Oppiano lì appunto dove io insegno, era guardingo perché il suo lavoro che posso dire mi sembra avesse la stessa motivazione, era stato anche di cercare di dare anche un po' di consistenza istituzionale a queste iniziative, infatti lui è stato tra i primi negli anni 70 coinvolti nel inventare questa strana cosa che sono le cooperative sociali che anziché essere come quelle tradizionali, diciamo una difesa organizzata o dei consumatori o dei lavoratori, invece una organizzazione che guarda tutto sommato fuori alle esigenze non di chi compone la base sociale ma a qualcun altro, tipicamente persone con difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro e poi magari anche allargandosi alle tematiche socio assistenziali. L'idea è quella di, questa parola bene comune suona qualcuna, interpretala male, un contributo al benessere sociale che può venire dal basso anzi in un certo senso deve venire dal basso, questo sinceramente lo penso anch'io, noi tutti sappiamo che un contributo al bene comune, al benessere della società a rispondere ai bisogni lo danno tutte le attività imprenditoriali che ci forniscono di un sacco di beni e prodotti che ci servono ma naturalmente sappiamo che ci sono tante distorsioni e quindi chiamiamo in gioco l'autorità pubblica per riequilibrare, sistemare, regolare. Ma non basta, se c'è un intero sistema economico, addirittura globale, dove le persone tirano verso interessi privati non ci sarà organizzazione pubblica notoriamente imperfetta a riuscire a realizzare questo. Quindi l'idea che anche dal basso attraverso le organizzazioni produttive si possa pensare al bene comune, questa è un'idea che con Carlo abbiamo sempre condiviso, è appunto di usare l'impresa come strumento essendo capace di procurarsi redditi e avendo la possibilità di offrire opportunità di lavoro e questo strumento è prezioso non solamente per fare i guadagni ma anche appunto per cambiare la società. La domanda mi portava a passare diciamo dall'osservazione dei fatti alla teoria, devo sveltire, vedo come la preoccupazione negli occhi, sarò breve. L'osservazione dei fatti l'ha fatta soprattutto Carlo, io ho fatto la parte teorica, lui abbiamo collaborato nella parte teorica e dopodiché lui insieme a tutta la squadra Eurix ha fatto un'infinità di studi empirici arrivando a dodicimila citazioni su Google Scholar che è un numero veramente considerevole che dice qualche cosa sull'impatto che ha avuto la sua lavoro scientifico. Allora gli economisti pensano sempre alla efficienza quindi ci siamo chiesti ma anche queste imprese possono essere efficienti, hanno dei punti di efficienza e insomma abbiamo concluso di sì, volevamo concludere di sì e abbiamo trovato delle ragioni teoriche per dire che ci sono dei punti di forza di efficienza ma prima di fermarmi, quante minuti? meno un minuto, c'è il tema della redistribuzione dell'equità, perché gli economisti guardano meno perché loro specifica quell'altro, perché questo mi colpiva sempre che un tema che Carlo riproponeva era che queste imprese sociali devono essere anche una forma di redistribuzione. Attenzione, redistribuzione di solito voglio dire regali, beneficenza eccetera, qui proprio sta il bello quindi una redistribuzione fatta in un modo quasi nascosto perché tu proponi un'opportunità di lavoro, proponi dei contratti a queste persone e che naturalmente lascia piena dignità. Mi fermo perché stanno a sconfino. Ringrazio molto il professor Guy per la sua ricostruzione originale insomma della nascita della cooperazione sociale per la promozione del bene comune e passerei ora ora la parola alla professoressa Osha Gnesi. Insieme a Carlo Borzaga e altri ricercatori della rete internazionale MS avete analizzato l'impresa sociale a livello internazionale inaugurando di fatto un nuovo filone di ricerca che prende le mosse da una critica dell'economia capitalistica. Potrebbe spiegarci perché l'impresa sociale è un nuovo soggetto istituzionale e quali sono le caratteristiche fondanti dell'impresa sociale in base all'approccio della rete MS. Grazie molto. Per prima cosa vorrei riflettere anche la mia prima incontrazione con Carlo Borzaga. So che Carlo, la sua moglie, sia qui. La mia prima incontrazione con il professor Borzaga era nel 1996 in Brussels quando ero deputata da mio boss come un ricercatore molto giovane, quindi mi sembro magari più giovane che io, spero, per andare a Brussels e essere parte di questa nuova rete emergente, che non aveva un nome come il quale era a quel punto, ma che era molto concentrato sul provare a capire questo nuovo fenomeno che era stato osservato da un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di un'idea di inel rewards for the rambo a che Carlo mi ha detto era «Voi non suonate come se stessi erano da Cork» perché è dove sono. E ho detto... Scusa. Il mio primo incontro in realtà è stato a Bruxelles nel 1996 quando mi ha mandato il mio capo. Io ero una giovane ricercatrice e spero, pensiate, «Ah no, non è possibile perché è giovanissima adesso per cui non può essere andata là come ricercatrice nel 1996». Comunque ero là proprio per cominciare a contribuire a questa nuova entità che non aveva ancora un nome a quel tempo. L'idea era proprio di studiare questo nuovo fenomeno che stava emergendo in tutta Europa. Cioè quello di una nuova organizzazione con cui si è parlato anche con tanti colleghi, coinvolgendo tanti colleghi, che potesse generare capitale sociale. Capitale sociale poi da distribuire alle persone. Prima di parlarvi di questo aspetto, vi voglio dire un'altra cosa. Incontro Carlo e Carlo mi dice «Di dove sei? Sono di Cork». E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. E' una cosa molto diversa. Ok, stop. Stop. Bene, appunto. Allora incontro Carlo. Carlo gli dico che sono di Cork. Mi dice, no, impossibile. Proprio non hai l'accento di Cork. E niente, in realtà sono rimasta molto stupita di questo fatto, cioè che mi aveva detto subito, ah, non sei di Cork. Però forse non aveva inteso che Cork è anche una provincia, una contea. E io vengo da questa provincia, dalla contea. E la città, invece, di Cork è un'altra cosa. A Cork, come città, c'è un accento, modo di parlare diverso rispetto a quello che c'è nella provincia più vasta. Ecco, questo è il ricordo, se volete, che ho, il mio primo ricordo di Carlo, a cui aggiungo anche, però, vi ricordo, io ero proprio una novellina, ero all'inizio del mio studio per il conseguimento del PhD, e ero un po', diciamo, intimorita, se volete, di trovarmi in mezzo a tutti questi accademici, a queste persone. Ma l'incontro con Carlo, invece, è stato molto bello, perché lui non aveva alcun tipo di approccio gerarchico, assolutamente. Carlo era molto inclusivo, e, come ha detto, giustamente, il rettore è stato inclusivo in tutto, anche nel promuovere il coinvolgimento di quelli che saranno, poi, sono i futuri ricercatori. Ok. E, quindi, quando abbiamo incontrato come gruppo con MS, era molto ovvio che avevamo accademici da una varietà di disciplini, di sociologia, di economia, di scienze politiche, di geografia, di prendere una dimensione spaciale. E questo è stato davvero parte della tutta l'epitemia di MS, che eravamo tutti molto interessati all'apprensione di un fenomeno, ma che eravamo anche capabili di guardarlo e di esplorarlo da numerosi diversi risultati, che ha realizzato la contribuzione intellegente di Carlo e di MS nel suo studio di studiare le interprensa sociali. Che le persone guardano questo come fenomeno dal punto di vista comunitario, dall'inclusivo, dall'integrazione del lavoro, ma anche in modo che, in modo di un attività di sviluppo, di redistribuzione di risorse. E questo è davvero un grande legame in termini del potenziale di includere scolleri da tante discipline. E questo è davvero molto significativo, che tante discipline diverse possono essere interessate in un fenomeno per esplorare come può fare una contribuzione a buonità, perché è primariamente un grande rispetto. Quindi è un grande legame del lavoro di Carlo Bazargo. E come un accademico nel campo, quando io... Non devo parlare. E tutti hanno contribuito per portare avanti lo studio, lo studio di questo nuovo fenomeno, che veniva studiato con approcci diversi e da prospettive diverse. Ma lo scopo era comunque quello di contribuire attraverso il lavoro svolto all'interno di EMS alla comprensione e allo sviluppo dell'impresa sociale, sviluppo di impresa sociale vista come un modo, come è stato detto, anche di contribuire al lavoro, al mercato del lavoro impresa sociale come strumento di ridistribuzione delle risorse e con molti altri obiettivi. E questa veramente è stata l'eridità che ci ha lasciato Carlo assolutamente la sua capacità di coinvolgere diverse discipline, di coinvolgere diversi ricercatori provenienti appunto da ambiti diversi. Questa è stata la sua grande eredità. E forse, forse, non so se concludo questo, ma la seconda e grande legazia del lavoro di Carlo era molto più una feature di ogni progetto di ricerca che eravamo molto involvati in disegnare e implementare, era che questo doveva contribuire a discorso di politica. Non era abbastanza di sviluppare una teoria o non abbastanza di rinforzare una disciplina, ma in realtà qualcuno doveva implementare alcune delle idee e questo è stata una particolare feature in termini di trasferire questa conoscenza, politizzare questa conoscenza, ma anche riflettere la quantità di politiche nazionali sulle interprensa sociali, le varie legislazioni, questa è una grande legazia, una cosa che inizia come idea concepta, che è governata sulle principi di sviluppo economico-sociale politico, ma che è stata trasferita in politica pubblica e è stata riflettuta in nuove legislazioni, in nuove entità che si chiamano interprensa sociali, e un ecosistema pubblico-poliziali che vede il valore nel supportare. Penso che lo lascio a questo. Grazie molto. Ecco, questa appunto è stata la sua prima grande eredità. La seconda eredità è stata quella di mettere a frutto il progetto di ricerca da cui siamo partiti, in modo che questo progetto di ricerca sullo sviluppo dell'impresa sociale contribuisse poi alla realizzazione di politiche e anche di progetti legislativi, per fare in modo che tutto quanto era stato teorizzato, e che fosse poi trasformato in realtà. Dunque, si diceva Carlo e ci dicevamo insieme che non era abbastanza lavorare sulla teoria, non era abbastanza elaborare una dottrina, sicuramente cose importanti, ma poi la cosa più importante alla fine era di realizzare queste teorie, di realizzare questa dottrina, facendo un trasferimento di conoscenze, facendo in modo che tutto questo si presentesse poi in politiche, politiche pubbliche, e in nuova legislazione. Questo è effettivamente avvenuto, si è lavorato tanto, e grazie a Carlo, poi, tutto questo è stato tradotto, come dicevo appunto, in nuove politiche, in un nuovo ecosistema. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie, professore Isau. Grazie, professa O'Shaughnessy, di questa preziosa testimonianza che ci incoraggia ad andare avanti, a mantenere viva l'eridità del professor Borzaga, ovviamente cercando di portare avanti il suo lavoro, ovviamente con tutti i nostri limiti. Ora passerei la parola al professor Sacconi. Come ha illustrato la collega Mary O'Shaughnessy, l'impresa sociale si basa su un insieme di caratteristiche come ad esempio l'inclusività, che sono ritenute potenziali falle in una impresa convenzionale. Quindi riprendendo anche il pensiero del professor Borzaga, di quali strategie c'è, secondo lei, bisogno per valorizzare il potere trasformativo dell'impresa sociale, come ci suggerisce anche il titolo? Io penso che si risponde a questa domanda, ripercorrendo il lavoro di Carlo, e anche un po' il significato generale di questo lavoro. Quello che vorrei fare è argomentare brevissimilmente quattro statement, quattro proposizioni. Primo è sull'unitarietà della figura di Carlo, il fatto che c'è coerenza tra i vari aspetti. Il secondo è che non si può spiegare questo impegno unitario solo con curiosità intellettuale, ma ci vuole qualcosa di più anche della puttista della ricerca, e quindi usare il concetto di programma di ricerca, che dobbiamo un grande epistemologo, seguace di Popper, Imre Lakatos. Terzo punto è la sua recente battaglia per chiarire e evitare la confusione sopra la natura istituzionale e forse anche morale della impresa sociale. Quarto punto, un brevissimo cenno a, se vogliamo, una strategia intellettuale, sul quale noi discutevamo, cioè sull'insegnamento generale o generico, se volete, di questa ricerca sull'impresa sociale e non solo sull'insistenza sulle sue caratteristiche specifiche, che è il punto di Anna. Innanzitutto, brevemente, penso che si deve riconoscere che Carlo aveva una personalità unitaria, nel senso che lui ha fatto ricerca empirica sull'impresa sociale, ha teorizzato l'impresa sociale, ha promosso politicamente, istituzionalmente, questa forma istituzionale d'impresa, l'ha creata, insieme ad altri, facendo delle cooperative sociali e assistendole, intellettualmente, ma anche professionalmente, con anche istituti. Quindi, la figura è quella di una diciamo, un riformatore nel senso classico, non nel senso perverso dei decenni recenti. Un riformatore che, partendo da una teoria, cerca di applicarla nella pratica, sia politica che dell'autorganizzazione di forme di vita e istituzionali, e organizzative, e poi torna indietro con degli insegnamenti per riformare la teoria. Non so se questa analogia, e c'è una analogia che può valere con personaggi molto diversi anche, che però, diciamo, dallo studio vanno verso il cambiamento sia istituzionale che pratico, sperimentato, e poi rinnovano la teoria, e poi tornano all'esperienza che, oggi, nessuno più pensa che le riforme abbiano questo significato. Allora, per rendere, nel senso di modi per andare verso una società più giusta, step by step, modi graduali di andare verso una società più giusta. Oggi, quando si dice riforma, si cerca di fregare qualcuno, di solito. Povero, possibilmente. Ora, questa unità di studio, di teoria, di sperimentazione, di politica, secondo me non si può rendere conto se, non se ne può capire il significato, se lui avesse avuto solamente una curiosità per questa forma di impresa a cui ha dedicato gran parte della sua lavoro negli ultimi decenni, almeno da quando io lo conosco, abbastanza dietro, ma insomma. Non era solo una curiosità, quindi non riusciamo a renderne conto solo con la curiosità importantissima, ma lui ha costruito un programma di ricerca, per l'appunto. Quando si dice programma di ricerca, si dice una struttura che contiene più cose, più teorie, più tesi, più lavori, se volete, più articoli, più ricerche, più progetti, in cui c'è un nucleo metafisico che non si sottopone a verifica empirica o a falsificazione, poi c'è un'euristica positiva, c'è un insieme di problemi da risolvere e istruzioni per risolvere, anche un'euristica negativa, che è un insieme di modi per evitare che il nucleo sia colpito da eventuali anomalie che si trovano sempre quando si va della ricerca, e poi questa idea è che il progresso in un programma di ricerca è sempre comparato, nel senso che noi non buttiamo mai via una teoria, perché non funziona in tutti i casi, ma solo se il progresso, possiamo cambiare opinione, se il progresso che c'è all'interno di un programma è troppo basso rispetto al progresso che c'è in altri programma che sono competitivi. E la competizione c'è nel modo con il quale Carlo parlava e soprattutto lavorava nell'ultimo periodo. Prima di dire questo, la mia versione del nucleo del programma di ricerca di Carlo è la seguente. Ha una forte componente e sicuramente forse sarà per il fatto che io di investire prima ho fatto il filosofo, che è l'economista, ma ha una forte componente etica. L'idea secondo me era che persone senza capitale, senza mezzi di produzione significativamente, ma non di meno libere ed uguali possono economicamente, rispettando criteri di economicità ed imprenditorialità, avere successo nell'organizzazione dell'attività d'impresa con riferimento a ambiti non universali, ma specifici, ma molto importanti, che sono i beni cosiddetti sociali, i beni di welfare, che hanno però uno statuto superiore ad altri, perché toccano diritti fondamentali delle costituzioni, e possono avere successo nella produzione e nella distribuzione di questi beni anche grazie e in maniera sostanziale a un assetto di governo di queste imprese basate da un lato sulla natura democratica e multi stakeholder di queste imprese e dall'altra parte su un assetto che escludesse il fatto che il sovrappiù creato da queste imprese, perché l'efficienza dell'impresa, che crea qualcosa di più di quello che consuma per produrlo naturalmente, questa è l'economicità, che ha più valore, non necessariamente finanziario, ma ha più valore di quello che consuma utilizzando degli input. Questo sarebbe potuto essere distribuito equamente e non appropriato unilateralmente attraverso il meccanismo del profitto e quindi erano imprese non profit e non capitalistiche. Allora intorno a questo nucleo, lui ha sviluppato insieme ad altri tanti progetti la definizione del network e i progetti empirici, i progetti teorici, tra i quali ad esempio portare dentro questa idea, noi eravamo parlando, eravamo tra i pochi in Italia che conoscevano bene la new institution economics. È buffo, perché non è che tutti i new institutionalisti sono amici dell'imprese sociale, ci sono fiori diamanti del capitalismo duro e puro, però guardate, in Italia quelli che conoscevano meglio, contratti e quindi eravamo i propri metri informativi che volevamo usarlo a favore dell'imprese sociale. Contemporaneamente un altro filone era lo studio sulle motivazioni, nel senso che l'idea era che questo tipo di imprese hanno un asset speciale che è creare preferenze favolevoli da parte di chi lavora al dempimento degli obiettivi e quindi vincere tutte quelle controindicazioni che invece vengono da quelle stesse teorie che direbbero che l'esercizio di una presa cooperativa sviluppa l'opportunismo, sviluppa il freeriding nell'ambito del team, per cui non può funzionare, invece l'idea era che può proprio funzionare, perché grazie ai suoi scopi e alla sua forma organizzativa riesce a sviluppare preferenze favorevoli al suo sviluppo. C'è qui un'idea che è anche ripresa dalla Ostrom, le forme istituzionali plasma le preferenze, le preferenze sostengono l'esercizio di un'istituzionale e quindi non è dato l'egoismo che necessariamente mette in difficoltà qualsiasi forma organizzativa di tipo cooperativo, ma anche l'impresa capitalistica, veramente. Nell'ultimo periodo Carlo si è impegnato moltissimo a una difesa caparbia di questa istituzione, perché la sua idea era che c'era una specie di crisi da crescita eccessiva, non so, il successo poteva, tutti volevano essere sociali in qualche senso e quindi erano tutti sociali e quindi erano tutte imprese sociali. C'era il paradossus, siccome per definire un'impresa sociale c'è l'impact sociale, la Fiat era un'impresa sociale, la più grande impresa sociale italiana, ovviamente, che ha più impatto sociale della Fiat. Non c'è più, ma comunque all'epoca c'era ancora qualcosa, diciamo. Quindi lui ha caparbiamente difeso la natura, l'identità dell'impresa sociale e in questa ricerca di ciò che era peculiare abbiamo condiviso questa idea, che la parola è un po' diversa da quella, lievemente diversa da quella usata da Benedetto, è la natura distributiva, anzi predistributiva, dell'impresa sociale, rispetto alla mera redistribuzione. Cioè prima nel meccanismo di distribuzione del reddito della ricchezza, prima che lo Stato intervenga a redistribuire, possono intervenire forme di impresa, tra cui l'impresa sociale avrebbe qui la sua caratteristica, che distribuiscono reddito, ricchezza e altri benefici secondo un ideale, un criterio di equità e di giustizia, che normalmente e lo concepiscono come un loro scopo e quindi un essere intenzionalmente volte a generare una distribuzione equa o giusta di reddito, ricchezza e blablabla è una peculiarità che renderebbe unica l'impresa sociale, rispetto ad altre. E effettivamente io ho lavorato su questo per molto tempo e quindi abbiamo condiviso questa idea che l'impresa sociale si è creata nella produzione di beni sociali o comuni, ma con un patto tra i suoi stakeholder ispirato ad un'idea di giustizia. Ora l'idea di giustizia viene da molte tradizioni, per me viene dalla filosofia di Kant, per Carlo veniva forse anche da una tradizione cristiana, ma insomma l'ideale di giustizia come costitutivo del patto dell'impresa e questo fatto induce la creazione di preferenze che rendono efficiente l'impresa, anziché inefficiente come dicevano altri studiosi di economia istituzionale Altshane, Demsets, ecc. E quindi su questo lui ha molto insistito e io gli ho dato manforte. L'ultimo punto lo cito soltanto, un aspetto sul quale si può ancora pensare e discutevamo era perché non prendere questo insegnamento e farne qualcosa di generale o se volete anche di generico cioè esiste un tipo di impresa che non necessariamente legata all'ambito dei beni sociali e dei servizi di welfare dove è inevitabile essere non-profit, perché falliscono le altre come spiega Hansman, falliscono, falliscono per ragioni di efficienza, sono inefficenti le imprese capitalistiche nell'offerta di beni sociali e di welfare, ecc. Ma anche in ambiti in cui non sono così inefficenti, l'impresa sociali insegna qualcosa e quello che può insegnare ad esempio è che l'impresa in generale è un'organizzazione che favorisce la cooperazione, la collaborazione e il coordinamento tra stakeholders, scusi Anna, sullo la parola, perché già lei non piace tanto lei direbbe, constituency, ma insomma diversi stakeholders che cooperano e lo fa secondo un piano di un accordo fondamentale costituzionale che riflette una qualche nozione di efficienza e di equità della loro cooperazione e naturalmente questo può in certi casi produrre in un estremo l'impresa non capitalistica non-profit perché il tipo dei beni non ammettono per ragioni di efficienza altro che questo, all'estremo opposto ci possono essere forme socialmente responsabili anche dell'impresa capitalistica certo si va molto all'estremo cioè allullare praticamente l'idea di bilanciamento quando si parla dell'impresa basata sul principio dello Sherold-der-Veglio dove l'unico stakeholder che vale qualcosa è l'azionista ora in realtà Carlo questo non voleva non voleva che il programma che aveva avuto successo dell'impresa sociale fosse affiancato da questa teoria degli ibridi dove in realtà i successi dell'impresa sociale venivano ricondotti a una qualche versione dell'impresa basata sul criterio degli Sherold questo era quello che, perché la teoria degli ibridi è questo, si tutte le imprese sono capitalistiche però se ne può aggiungere un pezzettino non profit facciamo una mescolanza ecco, scusate io non vi scusate Grazie Voi che interagiamo? Si, ma secondo me possiamo interagire vediamo prima, volevi dire qualcosa? Benissimo, una battuta una battuta che credo che Carlo sarebbe stato d'accordo nel dire che l'impresa orientata allo Sherold del Velio eccetera, è fuori dalla cornice legale che già abbiamo costituzionale che già abbiamo perché, e quindi questa questo fondamento e che forse è persino questa nozione a uso o abuso del termine capitalista che andrebbe anche un po' ripensato quando mi hai chiesto che cosa insegna per la teoria dell'impresa c'è il pluralismo però c'è il diritto quindi tutte le imprese non è che vivono fuori dalla cornice costituzionale qualunque impresa deve avere e rispettare certi principi di giustizia qualunque impresa quindi i miei obiettivi sono anche in un certo senso in secondo piano rispetto a una struttura che rispetta delle regole Grazie mille per questo per questo contributo io chiederei al pubblico se qualcuno ha qualche commento qualche domanda Se qualcuno vuole fare un piccolo intervento siamo felici di ascoltare Buonasera Mi occupo di consulenza in imprese spesso il tema dell'etica per alcuni imprenditori è fondamentale La domanda che volevo porre era che l'impresa a prescindere dalla forma giuridica che hanno hanno tutte o un'anima o comunque sintetizzano l'etica di chi le guida o di chi in qualche modo riesce a determinare le cose principali che appunto determinano profitto o scelte strategiche Non è forse meglio provare a mettere al centro l'etica delle imprese intesa con le somma di quello che è l'etica delle persone che le guidano piuttosto che la tipologia di struttura perché ci sono diverse SPA che hanno ovviamente intenti e obiettivi etici che perseguono e ci sono diverse cooperative che magari hanno un po' distorto quello che l'obiettivo che identifica la sua natura Qualche altra domanda? o anche commento? Ho avuto occasione di incontrare e di conoscere Carlo Borzaga e mi ha sempre colpito sia il pluralismo che il suo modo di porsi alla pari anche con colleghi molto più giovani cosa che nel mondo accademico non è così frequente Volevo chiedere di sviluppare ai relatori questo aspetto sul pluralismo e quale è stato il suo contributo e come il contesto globale degli ultimi decenni quindi l'ascesa cinese dei Paesi emergenti in qualche modo sfida queste forme diverse di impresa Vediamo se c'è un'altra domanda così ne raccogliamo un po' e poi passerei... Domanda impegnativa Se ce n'è una terza e poi direi di rispondere perché se no non abbiamo tempo Una domanda per Mary perché nell'ambiente MS che frequentiamo come ricercatore di Urix ultimamente abbiamo notato una certa apertura anche a ipotesi che non vanno esattamente nella direzione del rigore che poneva Carlo La questione di impresa sociale Come vede lei l'evoluzione dei giovani ricercatori MS nei confronti di questi temi? Chi vuole rispondere alle due domande e poi la terza diciamo che è per... Il pluralismo Vai con il pluralismo No, lui parte allora sulla prima domanda Facciamo prima Lorenzo la prima Diciamo, visto che in Italia una roba che si chiama Business Ethics è stata portata almeno nell'Accademia del Sottoscritto rispondo alla prima domanda Diciamo, naturalmente sono concorde circa l'importanza del concetto di etica di impresa non però nel senso dei valori del fondatore o del manager Questo dà una visione un po' superomistica dell'etica, dei valori di un singolo Non dico che non contino, questo è da un punto di vista sociologico ma da un punto di vista dell'etica normativa Io direi che se vogliamo trovare un fondamento di natura etica dell'impresa è un'idea che ci viene dalla grande tradizione del contratto sociale Ogni impresa ha bisogno di un accordo fondamentale tra i suoi stakeholder per il quale occorre una qualche nozione di imparzialità e di giustizia per consentire questo accordo e consentire una qualche nozione di distribuzione equa del valore creato Naturalmente ciò che è paradossale del modello dello sciarolo del velio è che questa verità generale che la nostra amica Margaret Blair che adesso ha sta ospitando in Bocconi teorizza essere una cosa che hanno fatto anche le grandi corporation a loro modo con una forma di bilanciamento degli interessi pensa un po' più alla storia delle grandi corporation che agli ultimi decenni ma nella forma attuale prevalente, è stata talmente spinta a un estremo lo sciarolo del velio è una versione estremistica è così estrema che cancella riduce praticamente nulla il bilanciamento e lascia soltanto il valore per uno degli stessi componenti ma in generale un fondamento etico sta nel contratto sociale che sta alla base di ogni impresa naturalmente poi questo è diverso a seconda dell'oggetto e della tipologia di beni e servizi che si producono dall'altra parte noi possiamo dire che certi beni e servizi non possono essere creati da un'impresa con una prevalente o una significativa orientamento al profitto perché la possibilità di fare profitto crea incentivi perversi che porterebbero a un'espropriazione tale del valore creato che distruggerebbe la qualità dei servizi stessi io credo di voler rimanere su questo tema perché la seconda domanda è troppo difficile soprattutto legando il pluralismo alla Cina ad altri sistemi ma invece su questa questione vi ho detto che hai menzionato anche il convegno che sto organizzando la prossima settimana con Margarete Prese e altri che si intitola Purpose or Structure e quindi è direttamente su quella questione io penso che qui direi siamo tutti d'accordo che le strutture le imprese cooperative possono essere mal gestite e le imprese ispirate al Corporation che possono essere ben gestite con diversi obiettivi ma il problema non so che più chi ha parlato è proprio citerei Elster che amo anche il libro sulle dieci tesi dell'impresa che ho presentato qui a Trento una cosa organizzata da Carlo prima ancora di scriverlo Lorenzo presente quindi tanti input è che le istituzioni sono più un limite al perseguimento degli obiettivi di chi occupa le posizioni chiave nelle medesime piuttosto che un veicolo per farlo e così dovrebbe essere per le cooperative, per le società per azioni per i governi ed è questa quello che credo sia dietro anche all'idea di Asman che c'è qualcosa di comune quindi in realtà queste strutture devono difendere dal deragliamento ci sono molti modi di farlo non è che riusciamo a farlo però la risposta è credo di no che la soluzione non sia ci sono i non so, ci sono i colleghi dell'Istituto per i valori dell'impresa di tradizioni che dicono vabbè abbiamo la fiducia nelle persone nei valori eccetera io credo che Carlo non fosse tanto su questo binario e io men che meno la struttura ci difenda da quello che crei, produca sia disegnata un po' e questo si intende per costituzione è il meccanismo che va disegnato bene così che gli obiettivi che vengono fuori siano legittimi poi discutiamo, cogeffiziamo Grazie mille, chiarissimo e professor Gouy vuole aggiungere qualcosa di passare la parola a Mary di Risao Shagnisi Mi permetto di evitare anche io la domanda difficile sulla Cina anche perché noto per esempio che molti cooperative sociali hanno avuto un mercato per esempio nell'inserimento lavorativo che era reso possibile dal fatto che la rete di fornitori era sostanzialmente locale mentre nel momento in cui le imprese più grandi che davano questa opportunità di lavoro alle cooperative sociali vanno a scegliere lontano la competizione e insomma rendere cose più difficili quindi la sfida c'è forse si riduce un pochino quando si tratta di servizi alla persona che richiedono la prossimità se ho colto la domanda o almeno un pezzettino della domanda su tema dell'etica forse non è proprio una risposta esatta ma uno dei punti che ha interessato me penso anche Carlo perché abbiamo collaborato anche su questo è che oltre all'etica nel senso di come distribuire i beni di cui di solito parliamo abbiamo cercato di sottolineare che esistono altri beni spesso dimenticati la parola beni relazionali è una di queste e quindi la dignità e quindi quelle di cui si sono molto occupate queste organizzazioni al di là di garantire un reddito, di garantire prezzi agli acquirenti giusti o corretti eccetera, ecco, quindi c'è stato anche questo dire c'è di più in ciò che alle persone interessa rispetto a quello su cui solitamente abbiamo discusso, è importante che quello sia offerto, garantito, data l'opportunità alle persone Grazie molte, chiederei alla professore Stau-Charnese di rispondere alla domanda Grazie Grazie Grazie Grazie Grazie Grazie Grazie Grazie Grazie Grazie Sì, è molto meglio quando dice che lo dà, non lo è? Grazie Grazie Grazie Grazie
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