L’Impatto dell’intelligenza artificiale sull’informazione
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L’Impatto dell’intelligenza artificiale sull’informazione
L'evento "L’Impatto dell’intelligenza artificiale sull’informazione" al Festival dell'Economia di Trento 2024 esplora le sfide e le opportunità dell'IA nel giornalismo. L'intervento di Padre Patton sottolinea l'importanza del ruolo umano, della verifica delle fonti e della visione diretta della realtà. Francesco Ravazzolo introduce gli aspetti tecnici dell'IA, evidenziando la necessità di fiducia e di un utilizzo responsabile. Alessandra Costante, segretaria FNRSI, sottolinea i rischi per l'occupazione e la necessità di regole chiare per l'utilizzo dell'IA nel giornalismo.
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I due professori, io ho detto, lavorano nell'Università di Bolzano. Il professor Profumo non credo abbia bisogno di presentazione, soprattutto qui a Trento. Comunque è qui investe direttore della OPIT, l'Università che si occupa di data science e intelligenza artificiale. Il professor Cosimo Accoto insegna all'MIT di Boston ed è un filosofo. Dopo ci spiegherà perché c'è questa contaminazione di competenze e di scienze. Entriamo subito nel tema. Chi vi sta parlando? Sono Rocco Cerone, sono stato giornalista della RAI per 34 anni. Conosco benissimo la tempistra e quindi non sforreremo nemmeno di un secondo. Da settembre dello scorso anno, con Federico Bofa e Francesco Ravazzolo, stavamo lavorando a questa tavola rotonda. Insieme al sindacato dei giornalisti, collaboriamo profligamente da sette anni sul tema e sullo studio guardando al futuro. Il futuro è l'intelligenza artificiale. Nel mondo dell'informazione ci sono state tre rivoluzioni industriali. La composizione a caldo, la composizione a freddo, la fotocomposizione, il digitale e adesso l'intelligenza artificiale. Non abbiamo paura, i giornalisti non hanno paura dell'intelligenza artificiale. Lo dirà alla fine Alessandra Costante che è collegata con noi da Remoto da Genova e che ci la vedete inquadrata e che ci porterà anche il suo autorivale punto di vista dei giornalisti italiani. Noi come giornalisti siamo favoriboli all'intelligenza artificiale perché il progresso della tecnologia non si può fermare con dei paletti, con delle regole. L'Europa da questo punto di vista è stata lungimirante perché rispetto alla deregulation che gli americani vorrebbero imporre grazie al loro strapotere economico per scopi evidentemente innanzitutto militari ma poi anche civili, gli europei, forti della loro storia, delle loro tradizioni e l'Italia vogliono e desiderano mettere dei paletti. Perché il nostro obiettivo come giornalisti è quello di perseguire il lavoro, la tutela del lavoro ma non in maniera ottocentesca, in maniera moderna. La tecnologia è una tecnologia che può aiutarci, ci deve aiutare però non può sostituire l'uomo. Ieri sul Corriere della Sera Brunello Cucinelli ha detto l'intelligenza artificiale la usiamo ma non potrà mai sostituire i sarti. Ecco io credo che l'intelligenza artificiale oltre a non sostituire i sarti non potrà mai sostituire l'essere umano, il giornalista, l'essere pensante che fotografa, analizza la realtà. E' un tema che non riguarda i giornalisti solo, riguarda la comunità, l'intera comunità perché attraverso l'informazione professionale di qualità passa la democrazia. Mi fermo qui e do subito la parola a Federico Bofa per una brevissima introduzione. Se siamo bravi facciamo due giri altrimenti ne faremo soltanto uno. Grazie Rocco. Quando alcuni mesi fa abbiamo incominciato a pensare a questa sessione ci siamo confrontati coi colleghi economisti della nostra facoltà che si stanno occupando di intelligenza artificiale abbiamo fatto un punto sulla letteratura emergente. Allora, sono solo nove mesi fa ma sembra sia passata una quantità di tempo, le cose evolvono rapidamente e ci siamo chiesti tra tutti i contributi che l'economia può dare, sta dando all'intelligenza artificiale, tra tutti i temi su cui anche noi all'Università di Bolzano stiamo lavorando quali fossero i principali e quali potessero essere di interesse. Fra i tanti ne abbiamo individuati due che ci sono sembrati preminenti. Il primo e forse il più ovvio, l'economia aiuta metodologicamente lo sviluppo degli algoritmi, aiuta metodologicamente lo sviluppo dei metodi alla base dell'intelligenza artificiale e anche alla base delle innovazioni collegate all'intelligenza artificiale stessa e poi analizza gli effetti dell'intelligenza artificiale, quindi analizza qual è l'impatto dell'intelligenza artificiale sul sistema economico nel suo complesso, qual è l'impatto dell'intelligenza artificiale a livello redistributivo, quindi sulle diverse fasce della popolazione e poi in riferimento particolare a questo incontro anche qual è l'impatto sul settore dell'informazione, quindi qual è anche l'impatto sull'accuratezza delle informazioni e quindi sulla tenuta democratica di cui parleremo certamente nello sviluppo di questa sessione. Abbiamo però pensato che un altro tema fondamentale di cui mi sono occupato personalmente, di cui si sta occupando anche il professor Ravazzolo, ha a che vedere con il fatto che l'economia aiuta o può aiutare a creare il consenso attorno all'adozione delle innovazioni da parte dell'opinione pubblica e la qualcosa non è scontata, nel senso che la storia pastata ci dimostra che l'opposizione o la resistenza all'innovazione è stata in molti casi forte, pensiamo al movimento luddista, pensiamo anche alle preoccupazioni più che legittime dal punto di vista etico che diverse innovazioni hanno suscitato nella popolazione. Quindi come economisti cerchiamo di dare un contributo all'accettabilità dell'innovazione, alla creazione di consenso, come? Intanto creando una regolamentazione, un governo dell'innovazione o aiutando a creare un governo dell'innovazione con delle regole che come diceva Rocco nella sua introduzione permettano di far di spiegare l'innovazione il massimo del suo potenziale minimizzando anche gli impatti negativi su certe fasce della popolazione o su certi aspetti particolari come per esempio l'informazione e la democrazia. L'altra cosa che penso sia necessaria e che possiamo fare noi come università è quella di aiutare a sviluppare un dibattito serio che renda l'opinione pubblica consapevole, un dibattito che spieghi intanto che cos'è l'intelligenza artificiale, cosa sono questi algoritmi, che illustri anche con onestà i limiti e i pericoli che sono insitti nell'utilizzo sconsiderato dell'intelligenza artificiale, ma faccia anche presente che si sta cercando di agire affinché questi pericoli siano minimizzati e affinché l'intelligenza artificiale possa in qualche modo essere a vantaggio di tutti, a vantaggio del progresso ma a vantaggio anche di tutte le fasce della popolazione. E mi fa particolarmente piacere che oggi qui ci sia Francesco Ravazzolo che si occupa praticamente di tutti questi temi e Francesco Ravazzolo è professore di economia e econometria all'Università di Bolzano e anche professore alla B.I. Norwegian Business School che è un'università all'avanguardia nel settore dell'intelligenza artificiale e ci illustrerà la propria l'intelligenza artificiale, gli aspetti metodologici, alcuni aspetti metodologici legati all'intelligenza artificiale ma ci illustrerà anche come sia importante il ruolo della fiducia e anche come sia importante che il consenso permetta di superare le legittime preoccupazioni etiche che l'innovazione e in particolare l'intelligenza artificiale stanno portando in molti di noi. Grazie. Grazie Federico, grazie Rocco per avermi invitato ad un'organizzazione grazie a tutti gli ospiti in presenza online per essere venuti all'evento. Allora partendo da quello che diceva Federico entro subito nel punto ho pensato di dirvi due cose dal punto di vista tecnico forse lo sapete questi modelli di che vengono chiamati generative AI artificial intelligence in particolare l'LLM language learning models cos'è chat gbt o simili non so se si avete guardato dietro come funziona sono modelli previsivi dove abbastanza semplici semplicissimi c'è una variabile un previsore che per vedere la prossima variabile la variabile esplicativa il previsore e la variabile y è quella che noi cerchiamo di comprendere la più facile applicazione pensate a noi qual è una delle cose che impariamo prima parlare quindi è una delle cose più facile nella vita chiaramente l'intelligenza artificiale si è applicata subito lì questi modelli al momento più importanti probabilmente sono quelli chiamati rete neurali neural network magari con il forzamento si chiamano deep neural network cosa sono sono modelli lineari quindi dicevo una x che prevede una y applicati su milioni o miliardi di informazioni iniziano a diventare modelli interessanti però sono i più semplici possibili che chiunque impara nell'ambito previsivo quindi quindi quando sentite dire siamo all'inizio dell'intelligenza artificiale è probabilmente anche dovuto a questo che siamo veramente quindi modelli iniziali la cosa bella che si applicano facilmente nella riga di codice non c'è discussione e funziona tutto così però io lavoro sui dati da trent'anni insomma sappiamo che la linearità dei limiti anche se applicata in enormi volumi quindi il prossimo step sarà di passare a modelli più evoluti che magari introducono in stabilità qual è il problema bisogna mettere delle scelte ci sono dei parametri che vanno scelti chi lo prenderà questa scelta la macchina l'uomo chi li ha programmati e questo va discusso passo all'esperienza norvegese per dirvi come stiamo affrontando lì spero che anche in italia arrivi governo norvegese l'anno scorso ha deciso di spendere un po del loro futuro quindi un po di soldi che hanno detto sovraffrò e il fondo sovrano in un investimento di ricerca sull'intelligenza artificiale non grandi cifre 100 milioni di euro da dividere su cinque centri in norvegia e bi e oslo quindi siamo noi l'università di oslo i due centri principali noi siamo più sul business università di oslo e più la parte tecnologica poi ci sono altri centri d'altra parte della norvegia l'idea proprio tornando su quello che diceva federico è di costruire un centro che si chiama trust fiducia che dobbiamo imparare o vedere come aver fiducia di queste macchine che al momento immagino che molte delle persone qui presenti e anche io a volte non riponga tutta la fiducia sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale nel giornalismo questo è particolarmente interessante perché sappiamo bene che ci sono dei problemi quindi per esempio da dove arrivano le informazioni e se le informazioni sono e corrette o no dove adesso abbiamo un controllo da parte del giornalista sarà capace la macchina di fare questo o no di questa una sfida che ci aspettiamo davanti qual è la mia idea qual è la mia soluzione dobbiamo lavorando a bolzano in norvegia in america e tutto il mondo l'unica penso tentativo per tentare di capire questo è l'istruzione prima che abbiamo cosa sono questi modelli tentiamo di vedere che scelte sono state messe dentro tentiamo di diffonderle ovviamente sarà compito nostro anche di chi gli sta studiando di più riuscire a portare in parole semplici ad utilizzarli di più poi l'altra grande sfida per una persona come me che magari veniva più dal tecnico riuscire a collaborare e a parlare con persone che hanno visioni diverse perché evidentemente da come è stato introdotto non può essere soltanto l'aspetto tecnico che dominerà e ve l'ho appena detto sui language model finché era il modello base va benissimo ma il prossimo step richiederà un utilizzo di scelte personale e penso di ascoltare. Volevo aggiungere a questo riguardo una notizia che non so se molti di voi conoscono che praticamente negli Stati Uniti siamo arrivati all'assurdo che molte aziende produttrici di algoritmi di software informatici hanno tentato di depositare molti tribunali e corti americane il diritto d'autore il brevetto della macchina non in capo all'umbre ma non a una persona umana che ha brevettato quel software, quell'algoritmo ma alla macchina quindi chat gpt per esempio 1234 e chiedevano che venisse perché in Italia il brevetto si può depositare ma a una persona umana non una macchina fino ad adesso le decine di richieste che sono state fatte ai tribunali americane sono state tutte respinte io credo che dovremmo evitare queste risorse. I giornalisti l'elemento fondamentale a cui affidarsi per fornire un'informazione professionale di qualità sono le cosiddette fonti primarie e qui ne abbiamo paricchie di fonti primarie qui a Trento il festival dell'economia con tutti i premi Nobel e le versioni autorevolissime che sono intervenute sono tutte delle fonti primarie affidabili e evidentemente in un determinato settore. Abbiamo il custode di terra ma ab Hermano Haraldi l'unione di papa Francesco quindi un'autorità morale indiscutibile insieme al patriarca altro Francescano e il cardinale per Battista Pizzaballa tanto è vero che lui e il cardinale e anche il vicario Ibrahim Falta sono stati intervistati numero sei volte sulla guerra in Medio Oriente ma eh volevo chiederle eh padre Patone e sono rimasto colpito perché lei aveva detto che la catechesi che lei faceva all'inizio con i ragazzi la faceva utilizzando strumenti poveri, cartoni contenente scatole di carta per fotocopia sulle quali incideva, scriveva delle parole chiave. Siamo partiti da questa catechesi, quindi questa comunicazione all'intelligenza artificiale. Ecco, volevo sollecitarla su questo punto. Beh, l'idea a quel tempo era di utilizzare appunto dei mezzi poveri che fossero utilizzabili anche dove non arrivava la corrente elettrica, che per me è una cosa molto importante. L'idea che anche quando si utilizza la tecnologia, la tecnologia sia pensata perché funzioni per chi ha meno e non solo per chi ha più. Oggi ovviamente la situazione è molto diversa perché anche in Africa lo smartphone e la connessione arrivano dappertutto. Normalmente i sistemi comunicativi non cancellano tutto quello che c'è stato prima, ma integrano tutto quello che c'è stato prima e si riformulano e si rimodulano tenendo conto anche di quello che c'è stato prima. Quindi l'intelligenza artificiale di sicuro non cancella neanche la scrittura sulla pietra. Si continua a scrivere sulla pietra, il silicio è ancora una forma di scrittura sulla pietra. Ma certamente quello che introduce sono degli elementi nuovi perché c'è una forma di intelligenza che non è quella per così dire naturale della persona umana, ma è una intelligenza che è in qualche modo generata attraverso una macchina, attraverso delle operazioni che la macchina fa. E la macchina stessa impara ad imparare, che è una cosa molto interessante da un certo punto di vista, ma che fa anche riflettere da un altro punto di vista, perché è evidente che la macchina impara ma dipende anche probabilmente da quello che è l'alimento che viene dato alla macchina, perché rielaborano dati che pescano appunto in rete. Poi dal mio punto di vista ecco nel campo del giornalismo la macchina non può sostituire il giornalista perché per una informazione accurata è necessario la consultazione delle fonti ma è necessario anche il vedere i luoghi, le situazioni, il percepire. Quindi raccontare ad esempio una situazione di guerra non è possibile farlo in modo corretto se non si è stati sul teatro di guerra. Di conseguenza oggi ad esempio molta informazione di guerra è una informazione che non è basata neanche su fonti prime ma su fonti seconde o terze, perché normalmente chi segue anche le zone di combattimento deve sottoscrivere i contratti e di conseguenza non media ciò che sta realmente succedendo ma media ciò che gli viene permesso di vedere di ciò che sta succedendo. Allora voi considerate che questo viene immesso nel grande calderone della rete e di conseguenza poi anche perché le operazioni fatte dall'intelligenza artificiale non saranno operazioni fatte sulla fonte ma saranno operazioni fatte sul riportato del riportato sottocondizione. Quindi questo richiama ulteriormente la necessità da parte del giornalista di una formazione e di un'etica seria del, come ha detto Papa Francesco ai nostri giornalisti di Terra Santa, consumare le suole delle scarpe. Cioè non si può delegare alla macchina la visione diretta della realtà. Secondo, una coscienza etica e critica da non prendere per oro colato nessuna fonte. Terzo, poi ci vuole una formazione in chi attinge alla notizia. Quindi ci vuole una formazione, un'educazione. Io credo a partire dalla più tenera infanzia perché ormai i bambini fin dall'asilo sanno utilizzare gli strumenti informatici e bisogna che ci sia una formazione alla lettura critica. I medievali dicevano, time o lectorem unius libri, ho paura di chi legge un solo libro, di chi attinge a una sola fonte. Cioè bisogna che ci sia la capacità di formare anche lettori, spettatori, utenti critici. Mentre parlava Padre Patrona, mi è venuta in mente quella pubblicità di qualche anno fa della Timm, quando è uscito il 5G per la prima volta, dove mostravano un cardiocirurico che era a cena e lo svegliavano, lo chiamavano sul cellulare, si appartava, faceva comparire la nuvola e attraverso la nuvola faceva e completava un'operazione di cardiocirurgia. Quindi è una buona tecnologia, perché l'umano c'è, non è la macchina che stabilisce dove intervenire. Allora, parafrasando e prendendo spunto da ciò che ha detto il professor Avazzolo, come rappresentante del mondo dei giornalisti, sia a livello regionale sia a livello nazionale, noi siamo assolutamente favoriboli allo studio, alla formazione continua, a guardare avanti, non sostituendoci ovviamente a chi è preposto come le urlini dei giornalisti, ma in maniera complementare. Quindi l'ambizione nostra è quella di far nascere qui in regione un centro studi sull'intelligenza artificiale, di cui i giornalisti, di cui i giornalisti possono essere parte. E su questo siamo stati incoraggiati anche dal professor Profumo, che oltre ai numerosi incarichi che ha avuto e che ha, in questa veste, in questa sede interviene come rettore dell'OPIT. Ecco, volevo sollecitarlo proprio a questo riguardo, come noi possiamo aiutare i colleghi, di conseguenza all'opinione pubblica, perché noi siamo al servizio dell'opinione pubblica, attraverso uno studio più approfondito sull'intelligenza artificiale. Sì, grazie. Vorrei fare una piccolissima riflessione insieme a voi sul tema delle rivoluzioni industriali, perché sono parte della storia degli ultimi 200 anni, circa un po' di più di 200 anni, le prime tre, quella tra la fine del 700 e l'inizio dell'800, la seconda, quella tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 e la terza, fine del 900 e l'inizio degli anni 2000, sono durate, diciamo, dai 50 ai 90 anni e sono state caratterizzate fondamentalmente da nuove forme di energia che hanno sostituito parzialmente l'attività muscolare dell'uomo. Quindi, perché vi sto dicendo questo? Perché se voi andate un po' ad analizzare con una certa attenzione, troverete che i modelli pedagogici e i modelli educativi, che sono poi caratterizzati da quella fase storica lì, sono molto collegati al tema della rivoluzione industriale. Perché? Perché fondamentalmente, in questo modo, l'educazione è la fase per amminare, per far maturare le persone e poi che possano trovare un lavoro, e quindi in quell'ambito. Ci sono due elementi sui quali vorrei che voi poneste questa attenzione. Primo, la durata. La durata di quelle rivoluzioni industriali è stata di parecchi decenni, e quindi quello che si è imparato a scuola, quello che hanno imparato a scuola le persone di quella generazione lì, hanno potuto utilizzare quelle conoscenze e competenze, attenzione, c'è una certa differenza, per tutta la loro vita, fondamentalmente. Ed ecco il perché noi abbiamo avuto un modello industriale di vita, un periodo di formazione o di educazione iniziale, un periodo lungo di lavoro e poi il periodo dell'acquiescenza. Per la prima volta ci troviamo in una nuova rivoluzione industriale con delle caratteristiche completamente diverse. La prima, ed è stata messa in evidenza, è che in questo caso l'intelligenza artificiale e quello che è connesso con l'intelligenza artificiale pone al centro, non l'attività muscolare, ma l'attività cerebrale. Attività cerebrale che naturalmente, è stato detto e siamo credo tutti d'accordo, non può essere sostituita, può essere coadiuvata. Questo è un tema certamente rilevante, però ci sono alcuni elementi che ci incontrano. Alcuni elementi che ci inducono a fare una riflessione ulteriore. Il primo è la durata. Mentre nelle rivoluzioni precedenti c'era quella connessione tra il fatto che erano abbastanza lunghe e quindi quello che si imparava era sufficiente per la vita, in questo caso non sarà così. Noi pensiamo che questa rivoluzione industriale potrà durare due decenni, forse anche meno. Perché? Perché ci sono due caratteristiche che sono di questa fase storica particolare. Poi, il primo è la rapidità. Pensate un po' a quanto è rapido il cambiare oggi. Oggi abbiamo parlato di ChatGPT, ChatGPT non ha ancora due anni, eppure stiamo parlando già di new generation, di cose che non sono ancora pensate. Quindi la rapidità è un elemento essenziale che va contro quello che erano le rivoluzioni precedenti. Il secondo è l'incertezza. In certezza perché non sappiamo. In fondo, diciamo, tutte le rivoluzioni industriali avevano degli elementi di resilienza, la fabbrica. La fabbrica non è che si possa costruire e distruggere in un nulla. Il pensiero è molto più veloce. Allora, tutto questo ci pone di fronte a temi che non sono tecnologici solo, ma sono molto più ampi e sono filosofici, sono etici. C'è una necessità che la cultura diventi una cultura molto più rotonda. E allora noi abbiamo da una parte le nuove generazioni. Le nuove generazioni dobbiamo ripensare al loro modello educativo. Perché il modello educativo con il quale noi siamo cresciuti probabilmente non corrisponde a quella che sarà la domanda futura. Ma ancora più rilevante sarà il problema delle persone che sono nella fase attiva del loro lavoro. Come potranno reagire? Come potranno essere accompagnate queste persone senza che escano dal ciclo del lavoro o che si trovano in una grandissima difficoltà? Certamente utilizzando una forma di vita che non sia più quella industriale. Dovremo metterli nella condizione di tornare più volte a scuola, si dice un po' in modo enfatico adesso. Speriamo che abbiano imparato ad imparare in precedenza perché altrimenti diventa estremamente faticoso. Andare a scuola quando si ha 40-50 anni è difficile e complicato. Però questo è un accompagnamento. Però qui abbiamo una grande scienza, che è la seguente. Adesso non ne abbiamo ancora parlato troppo, ma ne parleremo certamente dell'efficienza che nasce dal processico legato all'intelligenza artificiale. Avremo che il tempo probabilmente potrà essere utilizzato in modo diverso. Se avremo la maturità, che una parte di quel saving di tempo, invece di essere utilizzato per migliorare la produttività, per guadagnare di più, sarà utilizzato per formare e deducare le persone rispetto a questo nome, credo che avremo fatto un'operazione veramente lungerante. Perché metteremo nella condizione tutti, o quasi tutti, noi speriamo tutti, di essere nella condizione di fare questa cosa. Quindi io credo che in questa fase fondamentale sia pensare a come educare, noi diciamo upskilling e reskilling, di queste persone che hanno un'attività e come tale hanno bisogno però di evolvere nella nuova rivoluzione industriale dove stanno vivendo. Ultima cosa, e poi mi interrompo, molto molto rilevante da questo punto di vista, c'è un secondo elemento. C'è una differenza sostanziale tra la conoscenza e la competenza. Le conoscenze sono quelle che si mettono nello zainetto della nostra vita e che durano tutta la vita. Le competenze sono quella parte di cose che invecchiano, che diventano obsolete. Allora noi abbiamo bisogno di una scuola, lasciatemi dire, che privilegi le conoscenze rispetto alle competenze. Le competenze sono una commodity, lasciatemi dire, che in qualche modo viene usurata dal tempo, la conoscenza no. Allora questa nostra scuola italiana, con tutte le difficoltà che ha, che ha una base di conoscenza molto più radicata rispetto per esempio al Montanangelo Sasso, io credo che dobbiamo portarla un po' più in evidenza questa cosa e dobbiamo valorizzare l'investimento che è stato fatto nel corso dei decenni proprio perché forse è la strada corretta per avere una qualità di vita migliore per tutti, possibilmente, senza che lasciamo nessuno indietro. Grazie. Grazie professore. Credo che sia quantomai attuale la contaminazione di conoscenze, soprattutto nel mondo anglosasso, negli Stati Uniti in particolare, c'è questa virtuosissima contaminazione, collaborazione, mescolanza di saperi. E a questo proposito il professor Cosimo Accoto che insegna all'MIT di Boston è specializzato proprio nella filosofia della tecnologia. Ci spieghi un po' come applica la filosofia alle nuove tecnologie e all'intelligenza artificiale. Allora, tanto sono un filosofo anomalo, lavoro con le tecnologie, insegno a un imore e invece all'MIT faccio ricerca affiliata per precisare. Perché un filosofo alla MIT va alla MIT? Perché sostanzialmente le trasformazioni che sono in corso, che hanno raccontato molto bene i colleghi del panel, non riguardano le tecnicalità, riguardano il senso che diamo all'umano preso dentro questi vortici trasformativi. Questo è il punto. Come diceva giustamente il professore Profumo, noi stiamo dentro per non aver paura, dobbiamo capire il momento storico in cui siamo. Allora, noi stiamo dentro un momento di accelerazione dell'automazione. Siamo partiti un po' di secoli fa, come diceva, ad automatizzare la forza fisica. Poi siamo passati ad automatizzare le operazioni di calcolo matematico e abbiamo inventato le calcolatrici, giusto? A un certo punto. Abbiamo insegnato alle macchine a fare l'addizione. Adesso abbiamo fatto un passo ulteriore. Nell'automazione abbiamo insegnato alle macchine a calcolare le parole, non solo a calcolare i numeri. Cioè, GPT è un calcolatore di parole, così gli togliamo anche un po' di intelligenza. Data una sequenza, il mio gatto deve indovinare, la faccio facile, la parola che segue e lo fa con un calcolo probabilistico. Allora, riducendo. Allora, questo può sembrare una banalità. Diceva, vabbè, abbiamo la macchina calcolatrice delle parole. Ma capite bene, e questo interessa al filosofo, che quando diciamo che abbiamo inventato una macchina calcolatrice delle parole, stiamo dicendo che c'è una macchina che è in grado di fare una cosa che finora ci siamo sempre detti che potevamo fare solo noi. Usare il linguaggio. Scrivere. Allora, il compito del filosofo è in questo snodo critico, diciamo così, no? L'umano è ancora l'unica specie su questo pianeta in grado di scrivere, parlare, eccetera, oppure arrivano dentro la nostra società e dobbiamo capire come accogliere, con quali contratti nuovi, come ci fidiamo, come non ci fidiamo, eccetera, e come, se e come, accoglieremo macchine che sono in grado di fare il lavoro che finora facevano gli umani, non soltanto la scrittura, ma anche le fotografie. E questo scardina anche i regimi di verità e falsità. Avete visto le foto di Papa Francesco col piumino. Anche quello, è una provocazione intellettuale. Così come per il linguaggio, anche la fotografia, finora la fotografia per noi, è stata, dicono i tecnici, rappresentazione isomorfica del reale. Se io vedo una fotografia, la prima cosa che penso è che la copia di un originale, se vedo la fotografia della regina Elisabetta, mi immagino che quella fotografia è una rappresentazione abbastanza simile, non come la pittura, in cui i sovrani venivano dipinti e abbelliti, no? Se vedo la fotografia, presumo che dietro ci sia una regina Elisabetta reale in cui quella fotografia è copia. Adesso sono arrivate macchine che fanno, tra virgolette, fotografie, almeno al nostro occhio appaiono tali, che sono copia, senza nessun originale sotto. Allora, è questa la provocazione intellettuale che queste nuove macchine che automatizzano, e tenete conto che questo è accaduto in un tempo brevissimo, cioè negli ultimi 10 anni, 2012-2022, nei test comparativi uomo-macchina, le macchine ci hanno superato. Possiamo contestare questi test, dire che non sono validi ed è giusto anche farlo, però negli ultimi 10 anni, 2012-2022, le macchine ci hanno superato, sono in grado di riconoscere gli oggetti, di scrivere testi, di fare il riassunto dei promessi sposi, gli potete chiedermi, fai il riassunto dei promessi sposi. Quindi è un modo nuovo, non vado più a cercare in rete, ma chiedo all'intelligenza artificiale di generare all'istante una conoscenza. Allora, di fronte all'irruzione di queste nuove macchine, l'umano è chiamato a interrogarsi, no? Tanto a ricostruire il senso di sé. Chi sono io? Sono l'unico che è in grado di scrivere e sono l'unico in grado di, oppure c'è qualcosa che lo può fare a fianco a me, dietro di me, migliorando me, sostituendomi, perché in alcuni casi è accaduto questo in passato, con le rivoluzioni dell'automazione precedente. Poi sono nati nuove anche lavori, vuol dire... È una situazione come dire non in chiari e scuri, voglio dire, e dipenderà molto, e mi fermo qua, dipenderà da come noi orienteremo in qualche modo lo sviluppo di queste nuove tecnologie, dipenderà il saldo a beneficio o meno dell'umano rispetto alle vulnerabilità che un po' ci siamo raccontati, perché ovviamente al di là del lavoro che si perde, si guadagna o si trasforma forse, è accaduto anche in passato, scusate, chi fa oggi il medico? Non lo fa come lo facevano nel Medioevo. Nel Medioevo, per diagnosticare il diabete, sapete come si facevano? Si assaggiavano le urine. Nessun medico oggi si immaginerebbe, nel suo percorso professionale, di diventare medico perché assaggia le urine e allora se sono dolci c'è il diabete e se invece no. Va in un laboratorio di analisi e si fa dare i risultati di una macchina. Il tema qual è? Abbiamo costruito macchine di cui ci fidiamo, sotto il nostro controllo. Questo è proprio il punto. Sta arrivando questa nuova ondata. Se riusciamo, come diceva il professor Profumo e anche tutti gli altri, a gestirla possiamo trarne vantaggio e aumentare le opportunità. Se avremo un po' di paura e ignoranza e poca guida etica e politica forse potremmo subirlo. Prima di cominciare questa tavola rotonda, parliamo con il professor Profumo di tutti gli aspetti che comporta questa ulteriore rivoluzione industriale, quindi aspetti anche contattuali. A questo proposito, per introdurre Alessandra Costante, serendare della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, volevo ribadire che i giornalisti, come dicevo in premissa, non hanno paura. Volevo lanciare un patto che non interessa i giornalisti in quanto tale. Quindi non è una battaglia, una lotta corporativa, ma semplicemente è il presupposto di un aspetto che riguarda l'intera democrazia. Il fatto che la carta stampata, nonostante abbia diminuito di molto la tiratura, perché c'è stata l'evoluzione del digitale, continua a costituire l'asse portante dell'informazione radio-tele-trasmessa, perché ci sono resegni e stampa a continuare per la sera. Quindi la carta stampata e in premis costituiscono l'asse portante dell'informazione, ma non solo italiana, ma anche internazionale. Lascia vedere, a proposito della guerra, gli scupere che fanno il Guardian, il New York Times e il Washington Post. Volevo lanciare il nostro mantra, un patto tra l'industria dell'editoria, i rappresentanti dei giornalisti e il governo, che non può chiamarsi fuori da un aspetto fondamentale, perché come c'è la crisi del settore automotive, c'è la crisi del settore dell'informazione. Prerrei di intervenire, se è collegata con noi, Alessandra Costante su questo tema. Eccoci. Buongiorno Alessandra e grazie per esserti collegata con noi. Buongiorno a tutti. Scusate il collegamento da remoto, ma mi era veramente impossibile arrivare a Trento oggi. Io vi ho ascoltato tutti con grande attenzione, con enorme interesse, perché sono state delineate in realtà le linee in cui ci si deve muovere per un uso consapevole e responsabile dell'intelligenza artificiale. Però vedete, il mio mestiere è un altro. Io faccio la sindacalista. La mia idea è quella di occuparmi, la mia principale occupazione è quella di occuparmi dell'occupazione dei giornalisti. E purtroppo l'intelligenza artificiale, che noi dobbiamo, abbiamo l'obbligo di sfidare e di portare nelle nostre aziende, nelle aziende editoriali, in maniera consapevole e responsabile, però una ricaduta sull'occupazione rischia di averla e rischia di essere una ricaduta pesante. Quindi a ragione Rocco, noi diciamo che l'intelligenza artificiale la sfidiamo, dobbiamo portarla nelle nostre aziende, ma deve essere controllata dai giornalisti. Nei confronti dell'intelligenza artificiale noi non possiamo che porci con il pessimismo dell'intelligenza, ma l'optimismo della volontà. Perché questo? Perché guardate, mi è piaciuto molto l'intervento del professor Profumo sulle rivoluzioni industriali, però vedete l'Italia, l'ultima rivoluzione industriale, quella cominciata all'inizio degli anni di Anilla con la digitalizzazione, l'ha completamente bucata. L'hanno bucata gli editori, che non hanno saputo sfruttarla, perché hanno pensato che la rivoluzione digitale, e qua rubola battuta a riotta, fosse come il borsello da uomo, una pessima moda che sarebbe passata rapidamente. In realtà non è passata, è rimasta, ed è stata la base su cui oggi siamo a parlare di intelligenza artificiale. Ma è una rivoluzione che tutta l'industria italiana non ha saputo affrontare, tant'è vero che in Italia i salari crescono, anzi diminuiscono del 2% negli ultimi 20 anni, mentre dalle altre parti, in Francia e in Germania, sono aumentati del 30-35%. E perché questo? Perché noi abbiamo continuato a fare del lavoro povero, del lavoro, diciamo, poco qualificato, la nostra bandiera, un po' come era successo negli anni 60, dimenticandoci che c'era una situazione diversa, e c'era quella cosa che si chiama globalizzazione, e che nei paesi con meno diritti è più facile avere delle retribuzioni dei guadagni più alti, per cui c'è stata la delocalizzazione di tutta una serie di industrie, la possibilità di un'intera costa, la possibilità di acquistare materiale a basso costo all'estero, in Italia si è impoverita. La stessa cosa rischiamo di fare con i giornali, cioè la stessa cosa è accaduta con i giornali, gli editori hanno regalato online il lavoro dei giornalisti, per esempio, della carta stampata, non facendo pagare le notizie online e creando una spirale pericolosissima e mortale in cui cresceva la domanda di informazione gratuita, diminuiva la domanda di informazione a pagamento, quindi diminuiva l'informazione, la vendita dei giornali, siamo passati dalle 6 milioni di coppie degli anni, dell'anno 2010 a 1.300.000 coppie del 2023, e quindi creando una situazione di crisi all'interno dell'editoria, all'interno delle redazioni, è chiaro che una situazione del genere oggi con l'intelligenza artificiale rischia di essere esiziale, rischia di essere mortale per l'informazione professionale, quindi che cosa ci vuole? Ci vogliono un po' di regole, un po' di regole. L'Italia non è messa male con le regole, il governo ha avuto modo di ascoltare tutti i soggetti del settore, noi abbiamo chiesto che l'uso dell'intelligenza artificiale alla commissione algoritmo presieduta poi da Padre Benanti, inizialmente da Amato e poi da Padre Benanti, che l'intelligenza artificiale venisse limitata, non utilizzata, venisse limitata e resa trasparente nel suo utilizzo. Cosa significa? Intelligenza artificiale sì, tutta quella che può essere governata dai giornalisti. Intelligenza artificiale generativa? No, perché è un, guardate banalmente, una tecnologia incontinua. In attesa di ripressionare il colleramento, volevo rendere noto a tutti i presenti che abbiamo ancora 15 minuti, quindi proprio un flash da parte di ciascuno ripetendo lo stesso ordine di prima. Vi priverei di essere veramente telegrafici. Chierevole intervenire il professor Boff e il professor Avazzolo. Due battute rapide. Una, riferendomi all'intervento del professor Profumo, credo che auspicava un miglioramento della produttività legato all'intelligenza artificiale. Secondo la seconda reazione sull'intervento, che fa fatica a stare al passo con le altre economie, se è importante utilizzare l'intelligenza artificiale e l'innovazione ad essere collegata in modo fruttuoso, governandola, in modo che ci permette di aumentare la produttività. Secondo la seconda reazione sull'intervento della segretaria e anche di chi l'ha preceduta, nonché di padre Patton, c'è un tema legato all'informazione in particolare. L'informazione con l'avvento dei social network è molto cambiata, nel senso che si sono creati dei fenomeni, delle cosiddette echo chambers, fenomeni che hanno portato al fatto che l'informazione fosse personalizzata sulle esigenze di ciascuno, che sta creando dei problemi alla tenuta democratica, per il fatto che ognuno sente solo una campana, torniamo all'unico libro, ed è un tema che bisogna evitare che l'intelligenza artificiale acquisca ulteriormente questo fenomeno, perché se noi siamo sempre convinti che l'unica campana ragionevole sia quella che sentiamo noi, perché sentiamo solo sempre quella, rischiamo un'ulteriore polarizzazione dei cittadini e dell'elettorato che probabilmente crea dei danni al sistema democratico, difficilmente poi controllati. Aggiungo su questo un panel con differenti professionalità, differenti interessi, e tutti stiamo andando nella stessa direzione, quindi proprio per non avere un unico libro, ma di poter leggere di più. Vado a Francesco. Grazie. Dato il posto da dove vengo, io ho un'altra preoccupazione, che è quella legata all'uso giudiziario dell'intelligenza artificiale e anche all'uso militare dell'intelligenza artificiale. So che negli Stati Uniti ci sono degli Stati dove l'intelligenza artificiale viene utilizzata per stabilire a chi dare la possibile buona condotta o meno, la riduzione di pena o meno, ed è una cosa estremamente rischiosa. Mi viene in mente un film di fantascienza preso da un romanzo di Philip Dick che è Minority Report, dove si fa la previsione di chi potrà essere un criminale, e quindi viene arrestato in anticipo prima di commettere il crimine. E per quel che riguarda il posto dove mi trovo, l'uso militare. Se qualcuno è interessato, provate a digitare la vendor su Google, troverete un interessante articolo di un consorzio di giornalisti israeliani. Credo che la guerra in Medio Oriente scatenata dal 7 ottobre, gli israeliani abbiano fatto un larghissimo uso degli algoritmi predittivi, tant'è vero che nelle operazioni mirate da parte dei commando statunitensi, c'è stato sempre di evitare vittime collaterali. Quindi, anche quando hanno fatto il blitz per catturare e uccidere Bin Laden, le regole di ingaggio erano di non fare vittime collaterali. Invece gli israeliani hanno alzato l'asticella, questo è stato pubblicato, quindi c'è stato un uso indiscriminato, tant'è vero ci sono stati 35.000 morti. Prego, Professor Profumo. Certamente questo panel ha posto sul tavolo tematiche molto diverse tra di loro, ma io credo che debbano essere complementari. Qui a Trento c'è una storia che io vorrei raccontarvi brevemente. Nel 1989 fu fatto il primo convegno sull'intelligenza artificiale in Italia e qualche anno prima il presidente Bruno Kessler chiamò una persona che veniva dall'area genovese, che si chiamava Stringa, che era stato il papà dell'automazione postale e gli chiese, con una lungimiranza 1986, veramente lunga, di creare un primo nucleo per l'intelligenza artificiale che fosse costituito da scienziati, ma anche da filosofi, da storici, da persone che avevano un'esperienza di tipo larga. E questa cosa è continuata nel corso degli anni. Se oggi Trento, con la fondazione Bruno Kessler, rappresenta uno dei centri più interessanti, perché ha questa visione olistica e tutti i temi che voi avete posto anche in termini di attenzione, in senso che non è tutto semplice, non è tutto da prendere con superficialità, deve essere trattato nel modo in cui ci indicava il professore. Il professore ci ha detto attenzione, la tecnologia è semplicemente un elemento che naturalmente può essere migliorato, può aiutare, ma se non lo contestualizziamo e se non creiamo, lasciatemi dire, una cultura dell'intelligenza artificiale con tutti i suoi aspetti probabilmente sbagliamo. E in questa fase storica in cui abbiamo questa grande opportunità di avviare un percorso certamente di grandissimo interesse, dobbiamo avere anche questa consapevolezza. Forichiuderli con una cosa, non so se voi lo sapete, ma da molti anni nel settore dell'avionica c'è un estremo utilizzo dei sistemi automatici, pensate alla guida automatica degli aerei. Quello poteva significare che gli aerei volassero senza pilota, e invece c'è ancora oggi un pilota e un copilota. E quindi credo che questo fatto di avere questa interazione tra l'umano e tutto quello che può essere determinato da sistemi che vanno oltre l'umano deve essere preso in considerazione con la giusta lungineranza. Grazie professore. Un intervento telegrafico. Sì, molto rapido. Sulla regolazione ci siamo, la commissione Benanti ha ultimato i suoi lavori, adesso abbiamo un documento che si tratta di in qualche modo passare a implementarlo. Secondo, tema dell'educazione, quindi regolazione, educazione, educazione. Il web è nato 1993-94, primo browser. Sono passati trent'anni, abbiamo modificato qualcosa nelle scuole per cominciare a insegnare qualcuno come si usava questa roba? No. Certo che mi dicono che accelano le tecnologie, ma noi siamo in ritardo, di trenta, di quaranta anni sulle cose da fare. E poi ultimo, quindi, regolazione, educazione e poi l'innovazione culturale. Non ci basterà tutto questo, dovremmo fare ulteriormente le robe. Non possiamo, come dice una frase famosa, custodire le ceneri del giornalismo. Dobbiamo alimentare il fuoco che sta dentro a questa professione anche immaginando figure professionale e giornalistiche nuove che nascono in virtù di queste tecnologie. E faccio un esempio di innovazione culturale. Quando è stata inventata, e chiudo, la stampa e la scrittura, non è che si stampavano e si scrivevano solo testi e libri veri, come per i De-Fake oggi, no? Non è che si stampavano e si scrivevano anche testi falsi. Abbiamo dovuto fare innovazione culturale. Che vuol dire? 1440 abbiamo inventato una disciplina che non esisteva fino a quel momento. La filologia. Questa è la scienza che è in grado di distinguere un documento scritto vero da un documento scritto a falso. Noi siamo chiamati allo stesso sforzo di innovazione culturale oggi. Grazie professore. Volevo aggiungere, prima di lasciar concludere la serataria generale FNSE Alessandro Agostante, che noi siamo pronti. E riteniamo, non ci considerate presuntuosi, più pronti degli industriali, più pronti degli editori. Infatti vogliamo apportare il nostro contributo intellettuale, culturale, affinché questa professione non muoia, ma viva in maniera diversa. Noi siamo in forte ritardo. L'intelligenza artificiale viene usata negli Stati Uniti da almeno 12 anni. Viene utilizzata anche in Italia. Ci sono già giornali che usano l'intelligenza artificiale. Bisogna rovernarla in ausilio ai giornalisti. Prego Alessandro. Intanto mi scuso, ma proprio per questioni tecnologiche è saltato il collegamento. Quindi una dimostrazione plastica di quanto la tecnologia, tutto sombato se non è condotta, guidata dall'essere umano, conta pochissimo. Guardate, il giornalismo professionale però sta correndo un rischio vero e assolutamente grave. L'Ox dice che nei prossimi anni il 34% dei posti di lavoro di tipo impiegatizio potranno subire delle modifiche e comunque essere influenzati dall'intelligenza artificiale. Quando si parla dell'intelligenza artificiale, poi ognuno cerca di dar un po' i numeri nel senso proprio letterale. In questo caso il 30% e il 60% sono i paesi industriali. Io ritengo che il giornalismo debba puntare sempre di più sulla professionalità. Professionalità e formazione. Il problema è, come stavo dicendo prima, la crisi del settore che potrebbe invogliare molti editori a un utilizzo massiccio dell'intelligenza artificiale. Perché? Perché riduce i costi. Un redattore di prima nomina costa 55.000 euro all'anno. Un programma di intelligenza artificiale che riesce a fare molte cose, compreso la stringa dei titoli online, costa 2,50 euro al giorno. Ecco, abbiamo bisogno di tutte le forze politiche, intellettuali, sociali perché si capisca che il giornalismo professionale è indispensabile, indispensabile per la tenuta democratica del paese. Allora non può essere che da una rivoluzione tecnologica, che da una rivoluzione tecnologica che noi non avversiamo, anzi, noi siamo così convinti che la rivoluzione dell'intelligenza artificiale, ce la porteremo dietro, sarà molto veloce e comunque sarà molto sentita nei nostri giornali, nei nostri media, siamo così convinti da aver chiesto agli editori di aprire nell'ambito del tavolo contrattuale che abbiamo aperto il 15 maggio, di riservare un settore, un allegato solo all'uso dell'intelligenza artificiale che sia definito il suo utilizzo, che si dica che devono essere i giornalisti a gobernarla che non possono uscire in edicola oppure non possono andare in onda servizi fatti solo con l'intelligenza artificiale. Quando l'intelligenza artificiale c'è il suo utilizzo va segnalato perché il lettore deve essere in grado di capire che cos'è umano e che cos'è sintetico. Questo mi sembra proprio l'ABC. E poi c'è un grande tema di concorrenza, di concorrenza sleale nazionale perché un editore che voglia fare quotidiani, giornali, televisione. In Israele esiste una televisione fatta completamente con l'intelligenza artificiale. Bene, ha una tecnologia a bassissimo costo. Chiudo, ha una tecnologia a bassissimo costo. Un editore che fa il giornale con la televisione, con i giornalisti, spende molto di più. Però la qualità, come si dice, costa. Grazie a tutti e scusate per il collegamento ballerino. Grazie. Abbiamo tempo per un saluto. Volevo a questo panel, nonostante avessimo opzionato il professor Benanti già a ottobre 2023, è stato trattenuto a Sinrappure, però penso che abbiamo potuto offrire un ampio ventaglio di testimonianze molto significative. Grazie dell'attenzione e grazie al Festival dell'Economia di Trento. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS Sottotitoli e revisione a cura di QTSS Sottotitoli e revisione a cura di QTSS
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