Lezioni di Futuro/3
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Lezioni di Futuro/3
Guardare al futuro a partire dalla storia arricchisce la visione. E guardare al futuro a partire dalla sensibilità per ciò che è socialmente giusto è motivante. Purché si coltivi un atteggiamento di ricerca. Perché il futuro non è un destino. È una scelta. Luca De Biase ed Enrico Giovannini ne parlano con Charlotte Robertson, Assistant Professor, Harvard Business School, e con Stefano Scarpetta, Director Employment, Labour and Social Affairs OECD.
Parmio di Trento e Rovereto Parmio di Trento e Rovereto Benvenuti al terzo episodio di questa serie sulle lezioni di futuro. Sapete quelli che hanno visto i primi due episodi che cosa sta succedendo da tre giorni a questa parte. Con il leadership di Enrico Giovannini stiamo pensando di costruire in Italia un istituto di ricerca dedicato agli studi sul futuro. Naturalmente dobbiamo capire come farlo, con quali domande, con quale approccio, perché, con che tipo di impatto sulla società che vogliamo raggiungere. Quindi abbiamo organizzato tre tappe di una ricerca, sentendo con oggi sei esperti che raccontano nel loro mondo come si studia il futuro, con quale scopo, con quali difficoltà, con quali orientamenti. Se me lo consentite, solo per sintonizzarci chi di voi ha seguito le precedenti puntate, quanti di voi hanno seguito le precedenti episodi della serie. Quindi vale la pena che vi ricordi che cosa è successo negli episodi precedenti, come si fa senza prendere troppo tempo. Primo studiare il futuro non è prevederlo, abbiamo capito che prevedere il futuro non è una buona pratica, per molte ragioni, non soltanto perché poi viene smentito dai fatti, ma perché in realtà il futuro non è un futuro, sono molti futuri alternativi, molte possibilità. Studiare il futuro in realtà è aprire la mente alle possibilità diverse che si possono manifestare nel futuro. E quindi è lavorare su quello che sappiamo per capire quali possono essere gli scegliari alternativi o altre cose che possono succedere nel futuro. E lo scopo di farlo è per decidere adesso, perché se sappiamo una cosa del futuro è che il futuro è la conseguenza di quello che decidiamo oggi. È abbastanza chiaro, quindi dal punto di vista dello studio del futuro si tratta di essere consapevoli delle varie opzioni alternative, conseguenze diverse sulle quali noi vogliamo decidere. Da questo punto di vista poi ci sono diversi modi per farlo. Abbiamo sentito il Politecnico di Milano che ha messo in piedi due centri di ricerca, uno per fare foresight della tecnologia e uno per fare foresight dell'impatto sull'economia e la società della tecnologia. Il Politecnico di Milano naturalmente si occupa centralmente di tecnologia ma anche di architettura, di design e quindi hanno lavorato sia sul futuro delle 50 principali tecnologie che cambieranno il mondo nei prossimi anni e sulla loro relazione con la società e l'economia. Alla commissione europea abbiamo scoperto che perlomeno nell'ambito di chi consiglia le pubbliche amministrazioni per far accelerare la possibilità che queste si modernizzino, siano più adatte ad affrontare le sfide del futuro, a loro volta lavorano sul foresight per comprendere quali sono in qualche modo le conseguenze delle varie scelte lo fanno con l'idea di rendere i politici, quelli che dovranno decidere, informati della scienza che consente di conoscere queste cose. L'idea è che se sono informati potranno decidere meglio ma naturalmente non necessariamente dovranno seguire pedissequamente le indicazioni della scienza e noi sappiamo che non le seguono molto spesso. Dopodiché oggi parliamo degli stessi argomenti con Charlotte Robertson che a Harvard studia storia delle istituzioni finanziarie e questo è un modo per porre l'attenzione sul futuro. Noi siamo convinti con lei che la storia non sia la scienza che studia il passato ma sia la scienza che studia il tempo e è il tempo che lavora con noi sia nel passato che nel presente che nel futuro. Stefano Scarpetta è l'economista che all'Ox, il grande centro di ricerca economica e sociale per lo sviluppo di Parigi e che ha come voi sapete una sede anche a Trento molto importante. Lui si occupa di lavoro del futuro, affari sociali del futuro ed è stato decisivo per consentire a noi lettori di queste cose di capire che il rapporto con la tecnologia è molto più complesso di quello che una decina d'anni fa veniva raccontato come un rapporto distruttivo, la tecnologia distrugge il lavoro, è una situazione molto più compresa, ce ne ha parlato, ma naturalmente l'Ox si domanda a sua volta come guardare in prospettiva i fenomeni come questi studia il futuro ed è una delle fonti non solo di ipotesi sul futuro ma di metodi con i quali studiare il futuro. Enrico Giovanini ha pensato con noi questo format, è stato tutti i giorni con noi in queste tappe di lavoro e mi domando francamente che cosa lui abbia imparato per costruire il nostro istituto del futuro anche dal punto di vista del suo impatto nella comunicazione perché se abbiamo imparato una cosa è che una volta che abbiamo capito qualcosa del futuro lavorandoci e studiandolo e studiandoli i futuri, poi per decidere si tratta di capire anche come se ne parla e con quali modalità si cerca il consenso tra persone che tipicamente hanno mentalità e approcci diversi. Ho fatto decisamente troppo lunga ma d'altra parte il riassunto delle puntate precedenti è importante, in questi format vi posso dire soltanto una cosa che so del futuro che alle 15.43 parte il nostro treno per Roma quindi noi faremo un pochino prima oggi, cercheremo di chiudere per le 15.20, se saremo smentiti in questa previsione il disastro sarà perdere il treno quindi tendenzialmente cercheremo di non essere smentiti in questa previsione. Grazie Luca, buon pomeriggio a tutte e a tutti e grazie per chi ha deciso di continuare a seguire questa storia, questa serie per capire poi alla fine chi è l'assassino di questo thriller che abbiamo inscenato in questi incontri. Ricordavo ieri in uno degli eventi del festival che nel 2008 ero ancora a Parigi insieme a Stefano, lui era appunto il direttore degli affari sociali, le politiche del lavoro eccetera, io invece ero il direttore delle statistiche era andato via il direttore dell'informatica e quindi il segretario generale mi chiese di immaginare una strategia informatica per l'OXE, mi feci mandare uno di quei rapporti che una società internazionale fa appunto sulle tecnologie del futuro, apri questo rapporto, lo richiusi e feci un po' di training autogeno per avere il coraggio di leggerlo. Perché non era proprio un futuro che mi piaceva, in realtà anticipava già molte delle cose che oggi discutiamo e proprio nella discussione di ieri in quel fuori-onda, fuori-serie diciamo così, è emerso un tema che è particolarmente importante. Al di là delle competenze di cui discuteremo oggi, al di là della nostra capacità di imparare dal passato o meglio dal tempo, come diceva Luca, ci sono gli elementi trasversali, umanistici, qualcuno li definisce così, ma in realtà profondamente validi a cui dobbiamo rispondere se vogliamo capire qual è il futuro che vogliamo costruire. Perché alla fine non è solo una questione tecnologica, non è solo una questione di nostra capacità di imparare quello che bisogna fare, ma ha una forte componente etica. Perché se, lo abbiamo detto, Luca l'ha detto molto chiaramente, noi non vogliamo semplicemente prevedere il futuro ma costruire il futuro, non possiamo non domandarci quale tipo di futuro vogliamo costruire. Un futuro in cui le disuguaglianze, ad esempio, sono il frutto della macchina che abbiamo costruito e che quindi affronteremo dopo aver creato reddito, i famosi due tempi. Prima intanto aumentiamo la torta, poi cerchiamo di aiutare quelli che in realtà ne stanno avendo di meno. Oppure le questioni ambientali. Prima sviluppiamo nuovi sistemi economici e poi ci preoccuperemo dei danni ambientali. Questa idea dei due tempi ha molto a che fare con il futuro che vogliamo costruire. Anni fa, Seor Nicola Stern, nel rapporto sui costi dell'inazione rispetto alla crisi climatica, scrisse che la crisi climatica è il più grande fallimento nella storia dell'umanità del mercato. Chi crede profondamente nel mercato ha molte difficoltà a accettare questa affermazione. Più facile chi non crede che il mercato abbia questo valore salvifico. Lo dico perché anche solo questa domanda, anche solo questa affermazione taglia trasversalmente in modo molto duro e forte la politica, le società. Si discute di una nuova fase del capitalismo o meglio di un ritorno magari al capitalismo degli stakeholder invece che degli azionisti, cioè degli shareholder. Insomma ci sono delle domande a cui la tecnica può rispondere ma non possiamo esimerci dal discutere i fini per cui facciamo tutto questo. E questo ci dà una chiave importante perché questo istituto del futuro di cui stiamo parlando, speriamo futuro a breve termine, cioè la creazione di questo istituto pone la domanda ma chi deve partecipare a queste analisi? Gli economisti? Gli esperti di tecnologia? Certo. I sociologi? Ovviamente. Gli psicologi? Beh sì. E i filosofi? E quali filosofi? Insomma dobbiamo stare attenti che quando discutiamo di tutto questo non dimentichiamo che abbiamo bisogno di domandarci dove vogliamo andare perché con quel famoso proverbio non c'è vento favorevole per un marinaio che non sa in quale porto vuole andare. E questo e concludo mi ricorda una vignetta di una striscia di cartoon che ricordo da ragazzo si chiamava il diluvio prossimo venturo. Cioè c'è una nuova arca di Noè in cui ci sono tutti gli animali che hanno le caratteristiche umane. Il coccodrillo molto aggressivo, la maialina un po' così, eccetera eccetera. Il comandante è totalmente incapace. E ogni mercoledì pomeriggio c'è l'ammutinamento e quindi vanno lì con i manifesti a chiedere qualcosa al comandante. E una volta vanno lì dicendo, insomma comandante dove siamo? Ce lo devi dire, dove siamo? Lui davanti alla mappa fa una croce in alto a destra, siamo qui, ma lì c'eravamo la scorsa settimana, fa un'altra croce in basso a sinistra, qui va bene? Ecco, dobbiamo evitare di avere i comandanti o di essere noi stessi dei comandanti pronti a accettare qualsiasi luogo, purché l'ammutinamento non produca effetti. Grazie. Grazie, mille chiose a questo primo discorso di Enrico Giovannini. Vorrei fare ma mi corre l'obbligo di ricordare, cosa che non avevo fatto prima, che questi interventi sono tutti registrati, diventeranno parte di un podcast, di una serie di podcast con il sole 24 ore. Ed è anche per questo che Charlotte parlerà nella sua lingua, in inglese, tutto di filato. Poi farò un breve riassunto di quello che avrà detto, perdonateci per questo, ma non potremmo fare in un'altra maniera per la sua lingua. Charlotte Robinson. Sono un storiano che lavora nella storia finanziaria, in una scuola di business, dove impariamo le studie storiche come modo di coltivare l'intuizione. La tutta la filosofia là è che studiando gli esempi passati, puoi anticipare il futuro con più precisione. Ma più specificamente nella mia ricerca, lavoro nella storia finanziaria e studio la storia dei mercati finanziari e delle istituzioni, come well come la finanza dal punto di vista delle persone di tutti i giorni che partecipano nei mercati. Perché la finanza? Mi sembra che la finanza sia simile a alcune delle ricerche sulle tecnologie. La finanza è un modo di studiare il futuro, perché il deployamento di capitali decide i modi di costruzione, le firme, le tecnologie e le innovazioni che si sviluppano. Quindi pensare sulle implicazioni politiche della finanza, penso, è vitale. Quindi, essenzialmente, come storia, studiamo il cambiamento per il tempo, in due categorie. Continuità e discontinuità. E tutti questi tipi di cambiamenti sono importanti per pensare sul futuro. Quindi, fammi spiegare. Allora, prima di tutto, ci sono feceri del mondo che mostrano la continuità, hanno questa direzione. Siamo sempre in movimento verso il futuro, e un snapshot del presente non può dirci niente della nostra direzione e del tempo. Questo non significa che possiamo condividere il futuro, come l'ha detto Luca, ma possiamo identificare strutture e tendenze che si svolgono da sottile, medio e lungo termi. Quali sono alcuni esempi di questo? Ecconomia, i processi dell'industrializzazione, le emissioni di carbonio in crescita. Queste cose sono, ovviamente, interrelate. Il sforzo verso il lavoro di servizio nelle economie industriali, come lo svolgono le demografie, e, più recentemente, nel ultimo secolo, l'inequalità in economie avanzate in crescita. In storia finanziaria, potreste guardare il costo di capitalo che ha fallito negli ultimi 700 anni, e, più recentemente, i valori dell'assetto in crescita e i livelli di profittura in fallito. Queste cose, ovviamente, sono interrelate. Ma per capire il futuro, dove sta andando e dove l'economia sta andando, potreste conoscere queste continuità. Ma non potete sbagliare questi trend, semplicemente perché hanno avvolto over time, come cose che devono necessariamente continuare. E se credete a questo, è dove potrete fare sbagliamenti, in termini di politica, per esempio. Alcuni trend accelerano, altri stagnano, altri stagionano, altri reversano, ma bisogna prestare attenzione ai signi di risposta. E, anche a volte, le persone più sbagliate nel ruolo, non sbagliano questi signi. Per esempio, nel 1929, l'economista più famoso dell'America, Irving Fischer, pensava che il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. E, anche nel 1929, l'economista più famoso dell'America, Irving Fischer, pensava che il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Per esempio, il mercato di stock avrebbe raggiunto un alto permanente. Quindi dobbiamo tenere in mente, specialmente ora, specialmente come sembravamo essere in un giuncture storico, che penso che Enrico stia parlando di, questa idea di un nuovo periodo di capitalismo, fuori dal regime del neoliberalismo, che per un po' di tempo ha avuto un'impastione, ha avuto un'impastione, per considerare interventi nella economia del mercato, per considerare una visione costruttiva, positiva, sociale per come l'economia dovrebbe essere organizzata, con intenzione, con direzione. E stiamo vedendo un nuovo amore di pensamento positivo. Questo non è impractico, ma è necessario, è necessario animare istituti, come il quale consideriamo oggi, e anche nuovi generi di politica progressiva, che arriva al mio ultimo punto. Quindi la storia ha treni, ma è qualcosa che attivamente facciamo e produciamo, e le persone sono animate da loro idee del futuro. Nel passato, questo era il nazionalismo, il socialismo, l'utopiano, le scienze della probabilità, la politica industriale e il planning economico, , ovviamente, ora, i tuoi obiettivi ambientali e sostenibili, che vedremo in 10, 20, 30 anni. Quindi, alcune di queste idee che animano il nostro presente saranno produttive per la società, molte persone hanno parlato a questo festival di investire nella reale economia, di sviluppo verde, di fondare nuove source di energia e forme di innovazione, di crescere il pi, ma poi ci sono questi altri veicoli, altre visioni del futuro, che dovremmo essere sceptici di. E come un storiano finanziario, l'anno ultimo, vincendo la buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona buona E quindi con la prospettiva storica, puoi evitare di essere vulnerabile, puoi evitare di essere seduto da queste false visioni di emancipazione economica che probabilmente non potranno produrre vantaggi a base broad per molte persone in modo che la crescita nel punto alto del capitalismo, nel periodo moderno, ha prodotto per le persone. Quindi, oggi il nostro futuro dipende dalle idee che stiamo sviluppando ora, dobbiamo prestare attenzione a queste idee, dobbiamo partecipare in sviluppare queste idee e non semplicemente inerare quelle che sentiamo. E quindi, per concludere, come storica, sono sempre studiando il futuro perché sono sempre accumulando conoscenza o tentando di produrre conoscenza che informerà come interpretare il mondo. E interpretate il mondo in modi simili a un uomo che va tranne le stagioni di sviluppo. In infanzia non avete esperienza, tutto sembra nuovo. E per il tempo in cui raggiungi l'adultità non è come se stessi avessero una novità costante ancora e ancora, e c'è qualcosa simile qui con la prospettiva storica. E' un modo per evitare di riprodurre errori passati, e ci aiuta a generare strategie più creative e effettive per affrontare problemi in futuro e per costruire un futuro che vogliamo produrre con conoscenza. Quindi, grazie. Che ha un suo approccio al tempo. Il tempo non è una serie di secondi o di minuti, anni o di secoli che si succedono. Il tempo è una sovrapposizione di durate, quella durata delle cose che durano a lungo le grandi strutture storiche e i fenomeni che cambiano le grandi rotture storiche. Quindi ci sono delle, nella storia apprendiamo, impariamo a riconoscere le cose che durano e le cose che cambiano. E questo apprendimento che ci consente di studiare la storia ci allena a non lasciarci ingannare, guardando con scetticismo alle cose che appaiono nel presente che sembrano essere dei grandi cambiamenti e forse in qualche caso sono la ripetizione di illusioni che ci hanno condotto in passato a commettere degli errori. Non posso raccontarvi tutte le cose che ha detto nel dettaglio, ma credo che questa sia una modalità di fare una sintesi di quello che ci ha detto la storia. In fondo, come qualunque altro modo per studiare il futuro ci libera, ci libera e ci rende più responsabili, capaci di scegliere la nostra strada. Indipendentemente dalle illusioni, dalle ideologie, dalle convinzioni che non tengono conto dell'esperienza che gli umani hanno fatto. Come dire, esempio di questo, la storia delle criptomonete come grande illusione per lei assomigliava alla grande bolla dei tulipani dell'epoca olandese. Ora passerei la parola a Stefano Scarpetta per il suo primo intervento, la sua prima spiegazione, come all'Ox si studia il futuro per il suo settore. Grazie Luca e buon pomeriggio a tutti. Mi fa molto piacere partecipare in questa terza sessione sul possibile istituto del futuro. Charlotte ci ricordava che gli storici molto spesso non vogliono guardare al futuro, ma studiano il passato. Credo che gli economisti debbano guardare sicuramente al passato per poter capire non come identificare come sarà il futuro, ma per poter aiutare chi poi deve decidere di scelte importanti per i cittadini, per tutti noi, come mettere in campo quelle politiche che possono aiutare questi cittadini a far fronte a quelle che saranno le sfide del domani. Allora forse vale la pena fare un attimo molto brevemente una sintesi dove siamo oggi, diceva giustamente Enrico Giovannini, per capire dove potremo andare domani. Credo che sarete d'accordo con me se vi dico che negli ultimi 15-20 anni le nostre economie, le nostre società ne hanno affrontato una combinazione senza precedenti, almeno negli ultimi decenni, tra shock non prevedibili e trasformazioni. Abbiamo visto appunto, ci ricordava Charlotte, la crisi finanziaria globale, che poteva essere prevista ma che non è stata prevista, che ha avuto impatti devastanti sulle nostre economie. Vi ricordo che in media nei pesi OX il tasso di disoccupazione ha ritrovato il livello pre-crisi finanziaria dopo cinque anni, ma il tasso di disoccupazione dei giovani ci ha messo 10 anni per ritrovare il valore pre-crisi. Abbiamo avuto la crisi del Covid, sicuramente una crisi senza precedenti. Devo dire forse questa crisi del Covid la politica l'ha affrontata meglio, perché invece di in tempi brevi passare da una politica di supporto a una politica di austerità ha effettivamente messo enormi risorse per sostenere le imprese, per sostenere i lavoratori. E stiamo vivendo una crisi del potere di acquisto che però dietro almeno per noi europei ha una crisi senza precedenti negli ultimi decenni perché è la guerra nel nostro continente, in Europa. Quindi abbiamo degli shock che sono dei shock molto profondi a cui si affiancano e si sommano delle trasformazioni che sono in atto. Una sicuramente è la trasformazione demografica. Vi ricordo che nel media dei pesi hoxa in 2050 più di un quarto della popolazione avrà più di 65 anni. In Italia più di un terzo della popolazione avrà più di 65 anni. Il secondo è sicuramente la trasformazione verso un'economia più sostenibile a cui facciamo riferimento sia Luca che Enrico. Questa è una trasformazione pilotata, direi, perché la politica, sono i nostri interventi di politica economica, in qualche modo definiscono i termini, i modi in cui questa trasformazione avverrà. Anche lì, secondo l'estimio che abbiamo fatto all'Ox, la net zero del 2050 sarà positiva in termini di effetti occupazionali aggregati. Però creerà delle enormi trasformazioni, dei cambiamenti nel tipo di lavori che saranno disponibili, ma anche nella collocazione geografica di questi lavori. E poi c'è ovviamente la trasformazione digitale. La trasformazione digitale che fino al novembre del 2022 procedeva verso un sentiero che era sicuramente da molti elementi che non conosciamo, a dire quasi lineare, no, sono più corretto, log lineare, perché ovviamente evolveva in maniera sponenziale, tenendo conto della rapidità di calcolo dei computer e della capacità anche di stoccaggio dei dati. Ora, dicevo novembre del 22, perché almeno una di queste tre trasformazioni, quella digitale, forse potrebbe essere, potrebbe essere, fare un salto quantico, cioè un cambiamento di passo notevole, anche in maniera molto incerta verso quali dimensioni e quali futuri. Quindi è questa combinazione di fattori che, dal mio punto di vista, di chi si occupa di lavorare con i governi per definire le migliori politiche, sia da un punto di vista delle politiche del lavoro delle politiche sociali, devono essere prese in considerazione. Ora, se penso alle politiche del lavoro e alle politiche sociali di vent'anni fa, erano sostanzialmente delle politiche redistributive, anche se in maniera molto inefficiente, delle politiche, soprattutto nel nostro bello dire, di natura assicurativa, cioè ti aiuto nel caso in cui tu devi affrontare uno shock, che sia un incidente, un problema fisico di salute o la perdita del posto di lavoro. Ecco, a mio avviso, le politiche del futuro, con tutta l'incertezza rispetto a quale sarà il futuro, devono avere altri elementi fondamentali. Sì, il principio assicurativo, quello di aiutare chi è in difficoltà per vari motivi, ma a mio avviso anche, soprattutto, una capacità di prevenzione che permetta a tutti di avere gli strumenti per poter affrontare uno shock, che sia a livello di un'economia ma che sia anche individuale. Deve avere un elemento di resilienza del mercato del lavoro, cioè il nostro mercato del lavoro deve essere capace di affrontare uno shock e di rispondere in maniera anche molto rapida d aiutando, soprattutto, chi è più in difficoltà, e deve avere un grande elemento di adattabilità, perché appunto, non sappiamo il futuro, ma sicuramente sarà un futuro pieno di cambiamenti, quindi dobbiamo dare a tutti gli strumenti le modalità per affrontare questi cambiamenti. Allora, per spiegare cosa significa in termini pratici, ci permette di fare riferimento a un framework, perché credo ci sia bisogno un framework, credo che Enrico prima faceva riferimento al proverbio, qual è il futuro che vogliamo, dove stiamo andando? Allora, per capire dove stiamo andando, dobbiamo capire quali sono i nostri obiettivi, anche da un punto di vista del lavoro delle politiche sociali. Nel 2018, l'Ox se ha rivisto in maniera radicale la sua job strategy. La job strategy, Enrico se lo ricorda, è stata aggiornata nel 1994, è stata aggiornata nel 2006. Nel 2016, quando abbiamo cominciato a lavorarci, ra solamente inadeguata, perché su questi principi della prevenzione, dell'adattabilità e della resilienza, non dava risposte concrete. E quindi quella strategia, quel framework, che è detta degli obiettivi molto chiari, metteva al centro non solo la piena occupazione, che rimane un obiettivo fondamentale, ma la qualità del lavoro. Non vogliamo soltanto più posti di lavoro, ma vogliamo posti di lavoro con certe caratteristiche, con una retribuzione degna, con un'assicurazione nel caso di chi perde il lavoro che possa ricevere, soprattutto che abbia un giusto equilibrio fra quello che viene richiesto ai lavoratori le risorse che i lavoratori stessi hanno a disposizione per poter svolgere le loro mansioni. E da alcuni altri pilastri, uno è sicuramente quello della resilienza. Quali sono le politiche, gli interventi, che permettono da un punto di vista individuale, ma anche come mercato del lavoro, come società, di essere più resilienti a quelli shock. Non sappiamo il nome, non sappiamo la natura, ma probabilmente ci saranno nei tempi futuri. E' quello della adattabilità. Questi sono alcuni dei principi fondamentali in cui abbiamo cambiato i parametri, ma anche le raccomandazioni che noi, come Oxe, davamo in qualche modo ai governi e stiamo continuando a dare ai governi. Una ultima parola rispetto alla intelligenza artificiale generativa. Siamo tutti appunto sorpresi, colpiti, preoccupati delle sue modalità. Non sappiamo molto. Credo che oggi proprio sia stata messa a disposizione il chat GPT 4, la nuova versione del chat GPT. Credo che tutti noi abbiamo provato a giocare con questi strumenti. Ci sono sicuramente elementi che ci fanno pensare che questo potrebbe essere un elemento disruptive non è quindi più verso un processo che è stato già messo in campo da diversi decenni, cosa che potrebbe creare delle differenze significative. Noi siamo un po' in difficoltà perché usciamo tra poco con il nostro pubblicazione, si chiama l'Employment Outlook, che è tutto sull'intelligenza artificiale, è tutto basato su i dati, sull'evidenza pre-chat GPT. Ancora no. Quello che viene fuori, e poi vi dico come questo potrebbe cambiare, è che abbiamo anche fatto delle indagini alle imprese e ai lavoratori, chiedendo a loro come vedevano l'utilizzo dell'intelligenza artificiale sul luogo di lavoro. I risultati sono abbastanza positivi, perché il 70% dei lavoratori ci dicono che quando l'intelligenza artificiale è stata utilizzata, questo ha avuto effetti positivi sulle loro mansioni, su quello che fanno, perché hanno trasferito alla macchina, all'intelligenza artificiale, alcune mansioni più ripetitive, alcune casi addirittura pericolose, si sono concentrati sulla parte più interessante. Però ancora una volta un grosso divide, perché il 30% dei lavoratori sono estremamente preoccupati di perdere il posto di lavoro, ma forse è più interessante di vedere le loro mansioni, quello che gli viene chiesto di fare, trasferirsi su mansioni più banali, più semplici e anche meno ritribuite, mentre la macchina dell'intelligenza artificiale si concentra su attività più interessanti, anche da un punto di vista cognitivo. Quindi c'erano già in nuce molti di quegli elementi che probabilmente l'intelligenza artificiale generativa potrà sicuramente riprodurre. Molti lavori, la gran maggioranza dei lavori, sono già e saranno in qualche modo influenzati dall'intelligenza artificiale. Secondo le nostre analigi non c'è nulla di quel determinismo tecnologico che farà sì che qualunque cosa verrà sviluppata da un punto di vista della ricerca del digitale, incluso l'intelligenza artificiale, debba essere utilizzata. Però sicuramente, e questo è il grande lavoro dell'Ox e di tutti, capire come gestire questa trasformazione e come gestire questa nuova tecnologia è fondamentale. Chiudo, ad oggi, quello che esiste nella maggior parte dei paesi sono delle guidelines, cioè delle linee guida, che le imprese utilizzano in maniera volontaria. Dovremo sicuramente passare a una regolamentazione dell'intelligenza artificiale con tutta la difficoltà di questo, perché regolamentare qualcosa che evolve in maniera molto rapida è tutto tranne che una cosa facile. Bene, e questo è, come dire, l'impostazione, le risposte. Io adesso, se i nostri interlocutori vogliono, chiederei una cosa un pochino ulteriore, cioè nella loro istituzione, come si dibatte intorno al modo di studiare il futuro. Nel senso che il primo loro intervento ci ha detto che cosa è il risultato delle loro indagini, dal punto di vista metodologico, per quanto riguarda lo storico delle istituzioni finanziarie o per quanto riguarda il settore del rapporto tra il lavoro, l'economia, la tecnologia, ecc. Ma c'è un dibattito su come studiare il futuro a Harvard? C'è un dibattito su come studiare il futuro all'Oxie? Questo potrebbe essere il secondo, se loro vogliono, intervento. Naturalmente le domande dei giornalisti, noi abbiamo visto che poi gli interlocutori possono anche tralasciare, però questa sarebbe il mio desiderio. Prego. Charlotte. C'è un dibattito su come studiare il futuro a HBS? Penso che, in un modo, la nostra approach pedagogica è di mantenere questo in modo open-endedo. Quindi, quando ti insegna un caso, per esempio, sull'industria della semiconductor in Taiwan, l'idea è che ti insegna la storia, l'evento, la possibilità di questo essere un punto di luce per un conflitto geopolitico, poi gli studenti e le facoltà, per questo motivo, debattono. E quindi è in questo sorto di debattimento vigore e discorso su eventi che generiamo un senso di tutte le possibilità alternative. Quindi, potrei avere qualcuno che è un'intelligenza militare precedente nella classe, potrei avere qualcuno che è un ingegnere che realmente capisce le dinamiche competitive dell'industria, potrei avere qualcuno che è da Cina e ha un'istituzione più primaria del conflitto, da quel punto di vista. Quindi penso che il modo di approcciare il futuro si tratta di debati molto vigori nella classe e tra le facoltà, ma usando la storia come un obiettivo per generare tutte queste diverse prospettive portare le persone nella sala che hanno un'esperienza molto diversa, un'esperienza molto diversa, punti politici di vista. E questo tende a generare i risultati più robusti e produttivi. E, ultimamente, si tratta di consenso, o si tratta di furtheri debati, penso, di più. Great. L'idea è che nella scelta di metodologia didattica nel suo settore si studiano casi storici, storici nel senso anche di molto presenti, che vengono interpretati attraverso un dibattito tra i partecipanti alla classe che hanno tipicamente prospettive diverse. Quindi il trucco, diciamo così, per interpretare in chiave di futuro quello che è il caso storico analizzato è vedere prospettive diverse. Prospettive è una parola che è chiaramente un sistema per mettere in relazione il passato e il futuro. E all'Ox c'è un dibattito su questo? Oppure è chiaro, si fanno le statistiche econometriche, poche palle, andiamo avanti così per sempre? Ma Luca, mi piacerebbe dire sì che abbiamo un istituto del futuro anche noi all'Ox, ma in realtà c'è molto molto di più che dovremmo e dobbiamo sicuramente fare. L'Ox è un'istituzione evidence-based, quindi tutto quello che raccomandiamo ai paesi è basato sull'evidenza empirica qui stiamo parlando di un futuro molto incerto su cui l'evidenza empirica non è completamente a nostra disposizione. Faccio però alcuni esempi, vi facevo prima riferimento a quelle stime che abbiamo fatto sul numero di posti di lavoro tra il 18 e il 27% che saranno fortemente impattati dall'intelligenza artificiale. Queste stime non vengono da noi economisti perché abbiamo una scarsa comprensione di questi processi di sviluppo tecnologico molto sofisticati. Abbiamo chiesto agli esperti dell'intelligenza artificiale, li abbiamo messi seduti intorno a un tavolo gli abbiamo detto che secondo l'ONET, che è una banca dati sulle competenze molto dettagliate di quello che fanno i lavoratori in ciascuna professione, questo è quello che i lavoratori fanno oggi. Diteci, non domani, ma fra 10 anni, quale di queste attività concrete potranno essere svolte dall'intelligenza artificiale. Abbiamo fatto un matching e quando più del 70-75% delle manzioni svolte oggi dei lavoratori potrebbero essere fatte dall'intelligenza artificiale siamo detti, forse questo posto di lavoro con le caratteristiche di oggi probabilmente non sarà più valido, non sarà più disponibile. Ricordiamoci però una cosa, ci ricordava Davide Othor che il 60% dei lavori di oggi non esistevano nel 1960. Quindi noi umani ci evolviamo continuamente, anche se il nome del nostro lavoro è più o meno lo stesso, quello che facciamo all'interno del nostro lavoro è cambiato notevolmente. La seconda cosa è chiedere, e questa è una cosa innovativa rispetto all'Ox almeno, a chi vive quotidianamente l'esperienza di questa trasformazione tecnologica. Faccio riferimento prima a queste indagini, manifattura e finanza, 2000 imprese, 5000 lavoratori, abbiamo chiesto a loro come vivevano l'utilizzo dell'intelligenza artificiale all'interno del posto di lavoro. Quindi questa informazione è vitale perché sono fenomeni molto recenti d è importante capire come lo vivono gli attori, quindi le imprese, i datori di lavoro, ma anche ovviamente i lavoratori. E richiede un approccio multisettoriale, purtroppo questo è facile da dire, è molto più difficile da mettere in pratica. Noi all'interno abbiamo tutte le discipline, abbiamo gli scienziati, quelli che si occupano della scienza, tecnologia e innovazione, abbiamo i macroeconomisti e abbiamo poi gli economisti più strutturali o economisti del lavoro. Farli parlare non è sempre ovvio. Ovviamente i nostri colleghi della scienza e tecnologia sono molto più positivi di quanto non sono io rispetto al futuro dell'utilizzo dell'intelligenza artificiale. È mio il compito di comunque mettere in evidenza anche quelli che sono i rischi, ma loro mi aprono gli occhi rispetto a quelle che sono le potenzialità, anche positive. I macroeconomisti sono sempre sul presente, sul futuro di brevissimo periodo. Io sto combattendo con loro perché parliamo di come gestire la situazione economica di oggi, ma gli ricordo che solo due anni fa si parlava di come migliorare la resilienza dei sistemi sanitarie. Quindi cerchiamo di non scordarci quegli investimenti che abbiamo proposto, abbiamo promesso soltanto un paio di anni fa. E poi è questa necessità di far parlare le varie esperienze, le varie specializzazioni insieme per definire non un futuro che non sappiamo, ma come, a mio avviso, mettere tutti nelle condizioni di poter affrontare quelle che saranno sicuramente gli aspetti molto positivi, ma anche alcune delle sfide che si troveranno ad affrontare, soprattutto le categorie quelle che sono più svantaggiate, nel senso che sono meno attrezzati per affrontare il cambiamento. Bene, io credo che sia il momento di portare a sintesi questa nostra cavalcata nelle tre puntate chiedendo a Enrico Giovannini, adesso date queste evidenze come ci organizziamo per fare l'Istituto del Futuro. Perdiamo certamente il treno, questa sarebbe l'immediato effetto di una lunga discussione su questo. Ma io provo a sintetizzarlo in tre punti, che spiegano anche perché l'idea originaria di un istituto di studi sul futuro per l'Italia è solo un pezzo della storia. Tant'è vero che negli ultimi mesi, riflettendo su questo, parliamo di un ecosistema futuro, non basta fare un istituto per avere l'Italia che discute di dove vuole andare, di come ci vuole andare, prepararsi, abbiamo bisogno di una serie di strumenti. E mi piace ricordare che in questi strumenti voi a Trento siete fortunatissimi, perché avete il muse di cui il direttore è presente qui, lo ringrazio per il suo modo di riempire di contenuti innovativi il museo, perché una delle altre idee è quella di creare appunto uno più musei del futuro. Sembra uno simolo. Eppure ce ne sono in giro per il mondo, cioè un luogo dove poter toccare il probabile futuro, uno dei futuri possibili, magari spaventarsi o invece affascinarsi. Per questo appunto con il muse e altri musei ragioneremo perché non basta un istituto. Lo abbiamo detto anche ieri, serve un settaggio culturale del Paese per essere pronti anche a correre dei rischi, i rischi di sbagliare, i rischi di imboccare il futuro sbagliato e poi dover ricominciare da capo. E questo è un primo punto. Il secondo punto è quello di capire che abbiamo bisogno di competenze appunto molto variegate abbiamo bisogno anche di una governance di questo istituto, perché il rischio che una di queste componenti diventi dominante a scapito delle altre o che invece si concentri sui, come le verità alternative invece che le bugie, però sappiamo che un ex presidente americano parlava e parla di queste cose, cioè un modo tipo il mondo duplex di Superman, in cui essere belli vuol dire l'opposto di quello che vale sulla terra, eccetera, perché dietro a tutto questo ci sono grandi interessi, ci sono grandi poteri che si muovono e non dobbiamo essere naif. Il terzo aspetto invece mi porta a un'esperienza appunto che abbiamo fatto insieme all'Ox quando l'Ox non fu in grado di prevedere la crisi finanziaria economica del 2008-2009. E quindi io ricordo, ero ancora lì, andai via ad agosto del 2009, feci nella riunione dei direttori una proposta molto provocatoria. Ma non è che nel prossimo Economic Outlook magari scriviamo due righe scusandoci del fatto che non avevamo capito niente? Chiaramente la proposta non fu accolta, ma lo faccio come esempio perché credo che serva l'umiltà, l'umiltà di riconoscere anche gli errori, perché ne compieremo, se ne compiranno, non tanto appunto nella previsione del futuro, quella era un caso di previsione, ma nelle scelte che facciamo che magari ci portano in un vicolo seco e dobbiamo ricominciare da capo. Qui vale indubbiamente la famosa poesia di Baden-Hawel che è sull'uomo, cioè la capacità di accettare le sconfitte e le vittorie mettendole sullo stesso piano e ricominciare ogni volta. Concludo con una parola, questo proposito, una frase che mi ha molto colpito, straordinaria, è che la più potente dimostrazione dell'esistenza di Dio è che noi siamo programmati per ricominciare ogni mattina. Cioè tu puoi arrivare la sera stanchissimo, dici no, niente, non ce la farò mai, poi la mattina incredibilmente ricominci. Ecco, al di là appunto del riconoscimento in tutto questo della mano di Dio, credo che sia lo spirito giusto in cui non solo affrontare un futuro pieno di shock, pieno di incertezze, ma soprattutto pieno di errori che noi commettiamo commetteremo, ma che non devono frenarci verso la ricerca appunto di un futuro migliore per tutti qui già ci ho messo un pezzo di etica di cui parlavo prima. Bene, siamo puntualissimi con il nostro progetto di chiudere alle 15-20. Io mi discuso per il fatto che non abbiamo oggi, come invece avevamo fatto ieri, il tempo di fare la sessione delle domande. Vi ringrazio tantissimo per aver seguito queste tre lezioni di futuro. Ci saranno i podcast, ci saranno modalità di interazione successive attraverso il sito e tutte le altre cose spero, francamente, che vedremo la luce di questo modo per studiare futuro in Italia che non c'è mai stato anche perché l'Italia, come diceva Giovannini in esordio della prima lezione, non è mai stata abbastanza indipendente da pensare con la sua testa il proprio futuro. Grazie a tutti. Grazie a tutti.
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