L’Europa che vogliamo
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L’Europa che vogliamo
L'evento "L'Europa che vogliamo" al Festival dell'Economia di Trento 2024 analizza le sfide economiche e politiche dell'Unione Europea. Gli economisti Pianta, Saraceno, Simonazzi e Rossi discutono il nuovo Patto di Stabilità, criticando la sua rigidità e la limitazione degli spazi di manovra per gli Stati membri. Si sottolinea la necessità di una politica industriale europea coordinata per affrontare la competitività globale e la transizione ecologica, evidenziando l'importanza degli investimenti pubblici e di una visione strategica a lungo termine.
Buongiorno a tutti. Benvenuti a questo nostro appuntamento qui al Festival dell'economia di Trento. Questo nostro evento dal titolo L'Europa che vogliamo ci avviciniamo ad una scadenza importante, quella delle prossime elezioni europee e quindi ringrazio i nostri ospiti che ci aiuteranno un po' a percorrere quella che è la situazione attuale che sta vivendo l'Europa in un momento di passaggi delicati economici e politici. Ve li presento in rigoroso ordine alfabetico poi lascio a loro la parola. Mario Pianta, presidente società italiana di economia, Salvatore Rossi economista, lo conosciamo come direttore generale della Banca d'Italia e presidente di Ivas e di Tim, Francesco Saraceno, vice direttore di Science Po e Anna Maria Simonazzi, presidente della fondazione Giacomo Brodolini. Grazie. Allora prima di parlare con voi, di analizzare con voi le varie tematiche della situazione attuale europea vorrei soffermarmi su un tema il nuovo patto di stabilità. Le definizioni che abbiamo sentito sono state tantissime e anche le più controversi da passo in avanti a compromesso a soluzioni non perfette, quindi chiedo ad ognuno di voi, iniziamo dal professor Saraceno, più vantaggio più criticità? Grazie per l'invito prima di tutto, la risposta qui è semplicissima dal punto di vista, la risposta secca è molti più criticità, io sono estremamente deluso dal processo di riforma del patto di stabilità. Rapidamente da dove veniamo? Veniamo da un vecchio patto di stabilità, una vecchia regola che l'Europa si era data negli anni 90 ed era una regola che limitava fortemente il margine di manovra degli stati nel fare politiche di bilancio, le politiche fiscali e le limitava perché all'epoca si pensava, era diffusa l'opinione fra gli economisti che non ci fosse bisogno di politiche di bilancio perché i mercati erano perfettamente capaci di regolarsi da soli, di garantire crescita e stabilità e quello che è successo è che con la crisi del 2008 questa certezza che molti miei colleghi avevano è finita in frantumi e si è posto il problema quindi di riallineare le nostre istituzioni a una nuova visione del mondo per cui la mano pubblica è necessaria per regolare, orientare, aiutare e a volte addirittura contrastare i mercati quando i mercati si comportano in maniera non ottimale. E la primissima parte della discussione sulla riforma del patto che è iniziata nel 2020 di fatto in concomitanza con la sospensione del vecchio patto a causa della pandemia, la prima fase di questa discussione era estremamente interessante nel senso che si vedeva che fra chi faceva politica economica faceva la domanda giusta come si ritrova uno spazio di manovra per gli stati quindi con regole nuove che garantiscono agli stati la capacità di politiche industriali, stabilizzazione macroeconomica, aiuti all'economia in caso di uno shock come la pandemia e così via, transizione ecologica, basta fare una lista, possiamo andare avanti tutta la notte, tutto il pomeriggio e come si fa a garantire agli stati un ritorno a queste politiche che si sono rivelate così necessarie senza danneggiare la stabilità del sistema nel suo complesso. Quindi l'approccio era quello giusto, era diamo un margine di manovra e la regola ci serve solo per far sì che questo margine di manovra non crea instabilità e c'è stata una proposta della commissione che inizialmente con tutti i difetti che aveva perché ne aveva molti però questo approccio lo manteneva. Nel novembre 2022 la commissione esce fuori con una proposta che dice la stabilità non vuol dire riduzione del debito ma vuol dire stabilità del debito, prima cosa importante, seconda cosa la stabilità è diversa da paese a paese quindi non ci deve essere una regola uguale per tutti, terza cosa non ci deve essere una politica di stabilità che si ottiene anno per anno con obiettivi annuali il 3%, l'1%, il pareggio strutturale e così via ma ci deve essere una traiettoria di medio periodo che si definisce che appunto garantisca spazio di bilancio e allo stesso tempo stabilità e stabilità finanziaria. Quindi c'era una o diciamo un approccio che era secondo me, ripeto aveva un sacco di difetti quella proposta ma era effettivamente un grosso passo avanti, poi è iniziato un lungo processo negoziale forse ci torneremo più tardi sulle ragioni del perché e questo processo negoziale ha mantenuto la proposta della commissione in apparenza sulla carta cioè ci stanno ancora questi piani pluriannuali, ci sono ancora queste analisi che sono diverse da paese a paese ma la pressione di alcuni paesi, è inutile girarci intorno, cioè un paese in particolare, la Germania, è una persona in particolare, il ministro delle finanze tedesche Lindner che è un falco e che ha una visione estremamente diciamo legata al passato di come funziona l'economia, sono riusciti nel processo negoziale a introdurre una serie di clausole, di piccole clausole che loro chiamano clausole di salvaguardia che fanno sì che nell'ambito di questo diciamo traiettoria di medio periodo appena qualcosa va fuori posto di un niente subito scattano dei limiti dei vincoli annuali e quindi si torna all'obiettivo anno per anno, si torna alla necessità di ridurre il debito e non soltanto di stabilizzarlo e così via. Quindi c'è la vecchia proposta della Commissione ma è di fatto una conchiglia vuota e dentro ci stanno delle regole che sono praticamente uguali e in alcuni casi addirittura peggiori, nel senso più restrittive, quindi legano ancora di più le mani ai governi nazionali di quanto non facesse il vecchio patto. Quindi il nuovo patto è praticamente uguale al vecchio e quindi se il problema era ritrovare uno spazio di manovra per i paesi europei questo problema non lo abbiamo risolto, anzi lo abbiamo forse addirittura aggravato. Bene grazie, mi sembra che anche oggi le notizie che arrivano da stesa da questo punto di vista di distanze anche all'interno dell'Europa, come diceva lei, continuano purtroppo a influenzare anche tutte le decisioni. Professoressa chiedo anche a lei un suo parere, quindi effettivamente gli spazi di manovra sono limitati e non c'è questa possibilità di andare avanti con le regole fissate? Sì, mi collego a quello che ha detto appena adesso Francesco, concentrandomi su un aspetto, cioè questa idea di mettere le regole sul bilancio a prescindere da quello che succede in seguito a queste regole all'economia, quindi tutto quanto si gioca su una stabilità o forse una riduzione addirittura del rapporto debit-pil del disavanzo e non si guarda mai a quello che dicevo al denominatore, cioè che cosa succede al reddito che è una parte importante. Da questo punto di vista nulla si dice o poco sulla, anche da parte di ciascun paese, sulla qualità della spesa, cioè non è più sufficiente scavare buche o costruire piramidi, la qualità della spesa diventa sempre più importante e allora qualità della spesa vuol dire ancora una volta collegarla con politiche volte a fare una spesa che poi ci dia rendimento nel lungo periodo, quindi la politica industriale. Quindi questo è un primo aspetto, non si può parlare di patto di stabilità a prescindere da quello che poi succede nella macroeconomia e questo sia nel singolo paese, sia in un'Europa in cui secondo le stime della commissione europea 11 paesi saranno in infrazione. Questo vuol dire che ci saranno almeno 11 paesi che dovranno badare a contenere la propria spesa pubblica, a fare politiche di risanamento, senza contare quelli che non ne avrebbero forse bisogno ma che le faranno ugualmente. Ecco questo fatto di non tenere conto di un'intera area economica che sta marciando verso politiche di austerità o di non espansione è un aspetto ancora una volta preoccupante. E anche qui dovremmo tenere conto anche per l'Europa che tipo di politiche poi si potrebbero fare, cioè sono politiche di coordinate di espansione o sono invece politiche che vengono lasciate a chi ha margini di manovra che può spendere e altri invece che devono restringere. Questo ancora una volta è un elemento di forte di disgregazione all'interno dell'Europa che può creare anche esso stesso problemi. Se poi aggiungiamo anche la situazione dell'Europa nel contesto internazionale dove politiche di export led che ci hanno nel breve periodo forse hanno aiutato ma nel lungo periodo vediamo che ci portano molto male, allora il problema diventa appunto ma come guardi come mettiamo insieme politiche di risanamento con le politiche che consentono poi a questi paesi effettivamente di risanare. Questo è una questione aperta che secondo me è molto importante. Grazie e poi torneremo sicuramente su questo tema anche delle politiche industriali perché è uno dei temi che assolutamente servirà all'Europa per andare avanti una maggiore coesione. Professor Rossi ci dà qualche speranza o la sua analisi diciamo rimane in questo ambito per quanto riguarda questo nuovo patto? Allora speranze non lo so, per carità io sono un ottimista di natura quindi tenderei a dare speranze però nel caso specifico. Dunque il punto della riforma del patto di stabilità e crescita che si è conclusa un paio di mesi fa è veramente esemplare di come funzionano le cose in Europa in questo momento. Come si è arrivati a quella tentativa di riforma, lo ha ricordato Francesco Saraceno prima, vediamo da una vecchia regola scritta nel 92, funzionale all'Unione monetaria, una regola basata, centrata su due numeri magici, il 60% di debito massimo e il 3% di disavanzo massimo. Come sono nati questi due numeri? Un po' per caso, un po' per il 60% perché era più o meno la media dei debiti pubblici dei paesi in quel momento facendo parte dell'Unione Europea. Il 3% era il risultato di una formuletta basata sul 60% preso come pivot e su un tasso di crescita nominale del prodotto più o meno del 5% credo fosse. A questo punto sulla base della formuletta banale veniva fuori il 3%, quindi il 3% è in realtà una cosa superatissima oltre che come concezione, anche come fatti, come empiria. Parliamo di 30 anni fa, il 5% di crescita nominale è chiaramente fuori stato per molti anni, fuori discussione, fuori radar. Dopodiché arriva la crisi globale del 2007-2008 che scompagina oltre che le credenze dei teorici dell'economia, anche quelle dei politici dei paesi europei e quindi si comincia a maturare l'idea che quella rigidità implicita nelle regole andasse in qualche modo attenuata per lo meno, se non eliminata del tutto. Dopodiché si parte un negoziato che poi si è concluso con un compromesso, però sapete bene che i compromessi da 0 a 100 si possono fare a 50, ma si possono fare a 10 o a 90. Questo è un compromesso nominalmente tale, ma in realtà non è un vero compromesso, perché le regole fisse, numeriche, quantitative sono rimaste lì, il 3 e il 60 sono ancora lì, stupidi finché vogliamo ma sono ancora lì. Quindi si è modificata soltanto la procedura e si è detto no. A questo punto però i paesi che eccedono, questi due numeri magici, negoziano con la commissione, presentano alla commissione europea dei piani da 4 a 7 anni e la commissione europea a suo arbitrio, a suo giudizio, non arbitrio, giudizio, stabilisce che cosa quel paese debba fare, quale traiettoria debba seguire. Quindi se volete da questo punto di vista è forse addirittura peggiorato il fatto, nel senso che i parametri quantitativi sono rimasti lì e si è dato questo immenso potere alla commissione europea di stabilire discrezionalmente la traiettoria che il paese in infrazione debba seguire. Poi siccome la politica è politica si è detto vabbè intanto la commissione precedente sta per scadere, la commissione nuova potrebbe in realtà dare una interpretazione molto meno rigida però è un wishful thinking, vediamo come andrà. Dico un ultimissima cosa sulla figura del ministro Lindner che è evocata da Francesco Saraceno, è vero che il ministro Lindner è molto ideologico nel suo approccio alle cose dell'economia e della politica ma è anche vero che in Germania moltissimi la pensano come lui, lui in realtà dà voce a un sentimento, non so perché non faccio il sondaggista di mestiere quindi non so quanta parte della popolazione tedesca sia d'accordo con Lindner, sospetto che sia una gran parte della popolazione tedesca che pensa che in materia finanziaria ci voglia rigidità, bisogna essere rigidi, severi perché il debito è peccaminoso come dice la parola stessa, la parola debito in tedesco perché il debito è peccaminoso, questo lo pensano molti tedeschi e Lindner dà voce a questo convincimento che è prescientifico addirittura preideologico, è proprio antropologico Professor Pianta lascio a lei l'ultima parola su queste tematiche quindi troppi vincoli, troppe ideologie, i paesi poi sono diversi indubbiamente nell'ambito dell'Europa, sono molto diversi quindi Ripiloghiamo, dieci anni fa il Titanic dell'Europa va a sbattere contro l'iceberg dell'austerità, ne esce a pezzi ci perdiamo la Brexit, rischiamo di perderci i paesi del Sud, raperciamo un pochino le falle e si riparte, arriva la tempesta del Covid, una gravissima recessione, il PIL che cade è l'8-9%, ne usciamo perché? Perché si accendono i motori della politica fiscale nazionale, tutti i paesi hanno aumentato il rapporto spesa pubblica PIL di 10 tra 8 e 10 punti percentuali compresi gli Stati Uniti, questo è stato il motore che ci ha permesso di uscire dalla tempesta del Covid e di rimbalzare relativamente rapidamente dopo quegli anni terribili. Adesso che cosa succede? Macchina indietro, sembra che il Titanic dell'Europa va a ricercare quell'iceberg che ci aveva schiantato dieci anni fa, siamo proprio alla ricerca di rimetterci nei guai, dopo che abbiamo già scampato per miracolo il naufragio dieci anni fa. Però ci sono due elementi che aggravano la situazione oggi, il primo, il quadro, già oggi c'è Bonaccia, non è che abbiamo il Titanic che va avanti, siamo allo 0,4% di crescita in Europa, le previsioni sono di ristagno anche nel 2025, abbiamo una situazione in cui la stessa motore tedesco non funziona più e quindi abbiamo un contesto macroeconomico che già oggi è caratterizzato dalla incapacità di crescita dell'economia e ovviamente questa roba diventa poi un circolo vizioso con le politiche ulteriormente restrittive. Secondo elemento che è cambiata la politica monetaria, prima avevamo zero tasse di interesse, zero liquidità illimitata che alimentava l'economia, adesso abbiamo i tassi di interesse più alti da 15 anni a questa parte, abbiamo una politica monetaria restrittiva che condiziona pesantemente non solo la liquidità dell'imprese ma ha la capacità di rifinanziamento del debito, il onere del rimborso del debito da parte dei governi con tassi di interesse positivi e quindi abbiamo un ulteriore freno, prima avevamo il freno della politica fiscale e l'acceleratore della politica monetaria, adesso abbiamo due freni contemporaneamente quindi è chiaro che l'economia europea non cresce. Siamo in una situazione estremamente delicata da questo punto di vista ed è paradossale che di queste cose non c'è traccia nel dibattito in nessun paese per le elezioni europee, cioè questo è il cuore, cioè che Europa vogliamo, questa è la nostra domanda, l'Europa che vogliamo ha a che fare con il tipo di prospettive di crescita, di occupazione, di lavoro, di qualità dello sviluppo che abbiamo davanti e questa discussione ovviamente è fortemente condizionata da questi due paletti, politica monetaria e fiscale. Terza complicazione, l'Europa aveva avuto una buona idea di fronte alla pandemia che era next generation Europe, l'idea che si apre finalmente dopo che le forze progressiste, gli economisti illuminati l'avranno detto dall'inizio del percorso d'integrazione europea, ci vuole una politica fiscale comune a scala europea, se no giochiamo al pallone con una gamba sola insomma, next generation Europe finanziata con debito comune europeo apre la porta a una politica espansiva selezionata perché finanzia con i PNRR i paesi che sono stati più colpiti, che hanno più bisogno di infrastruttura eccetera, quindi una buona idea e che succede questa buona idea? Viene cancellata dal percorso che veniva descritto prima. Terza ultima complicazione ulteriore, non è che in questo percorso politica monetaria espansiva, quantitative easing, ruolo della banca centrale che compra i titoli di debito, oggi un quarto del debito pubblico italiano e nelle mani della banca centrale europea, per gli altri paesi si va del 15 al 25%. Quindi non è che il tutto il nostro debito pubblico è a rischio di essere dopo domani da rimborsare, quindi il vincolo del debito c'è perché siamo sovraesposti, ma qual è l'idea? Cioè noi pensiamo sul serio che la banca centrale europea venga a Roma a chiederci di rimborsare il 25% di debito che sta lì? Cioè il rapporto tra banche centrali e governi nasce nella storia come un rapporto per cui la banca centrale emette moneta, gestisce la stabilità finanziaria in un contesto in cui non è che c'è un conflitto, non si comporta come una banca estera che va a chiedere soldi al paese debitore e quindi dobbiamo decidere che tipo di ruolo la banca centrale europea, la politica monetaria ha in questo contesto. Quindi tutta questa partita qui è paradossale come di tutti questi segnali molto preoccupanti che abbiamo messo in fila non c'è traccia nel dibattito delle elezioni europee, non c'è traccia nelle prese di posizione dei governi, non c'è traccia negli equilibri che si vi profileranno nel consiglio europeo. Grazie, grazie. Allora approfittiamo di questa sua provocazione e chiedo al professor Saraceno allora di aiutarci a capire, cerchiamo di capirlo noi, qual è la traiettoria che sta attraversando l'Europa dal punto di vista del contesto macroeconomico? Credo che Maria abbia già detto molte delle cose che andavano dette, l'economia è ripartita bene dopo il covid come gli altri paesi, era abbastanza immaginabile, questo vuol dire che abbiamo lavorato molto bene durante il covid, che sono considerato sempre un euro pessimista, sono convinto che invece in quei mesi si sia fatto presto e bene quello che andava fatto e quindi c'è stata una ripartenza quasi che ha sorpreso molti. Io in Francia lavoro, il mio laboratorio di ricerca all'interno dell'università in cui lavoro è un laboratorio che fa economia applicata e fa previsioni e quindi seguo un po' quasi tutti gli istituti di previsione si sono sbagliati per difetto, c'è la ripresa post covid è stata più violenta, più forte di quello che ne prevedessimo e poi c'è stato come in tutti i paesi un rallentamento che per l'Europa è un po' più grave, lo spiegava perché Mario da un lato la politica monetaria è stata più restrittiva in Europa che negli Stati Uniti, i tasti sono aumentati in maniera simile ma l'impatto sull'economia è stato più violento da noi che negli Stati Uniti e dall'altro i governi hanno smesso di spendere, mentre gli Stati Uniti avevano, ci tornerò un secondo, l'Inflation Reduction Act, l'Infrastructure Bill ci hanno speso circa 1500 miliardi, ci hanno programmato una spesa per circa 1500 miliardi di dollari, noi eravamo tutti eccitati perché ce n'erano 750 di Next Generation EU di cui la metà essendo prestiti non saranno probabilmente presi e spesi da gran parte dei paesi, l'Italia è uno dei pochi grandi paesi che ha preso prestiti, la Spagna è venuta un po' dopo e ne ha presi anche lei, quindi la disproporzione di sostegno all'economia fra queste due grandi aree si è vista e quindi il rallentamento da noi è più forte che negli Stati Uniti e non è sorprendente, c'è stato un impatto più importante dell'inflazione sulla disuguaglianza da noi che negli Stati Uniti e quindi sulla spesa per consumi delle famiglie meno benestanti e questa cosa anche. Quindi questo rallentamento si spiega e c'è, forse ne parleremo più tardi quando andiamo un po' a vedere le cose con Anna che è un'esperta su queste cose, c'è un problema tedesco, c'è l'economia tedesca è in fortissima perdita di velocità secondo me strutturale, non so se chi è più esperto di me concorda, c'è un problema di riorganizzazione dell'economia tedesca che non viene fatto per le ragioni che diceva Salvatore Rossi perché la cultura di quel paese non pensa che ci debba essere un un ruolo di guida dello stato rispetto ai mercati, c'è un ordoliberismo che sta diventando sempre più solo liberismo senza ordo in qualche modo e quindi ovviamente se l'economia tedesca va male, l'economia europea va male non dobbiamo raccontarci favole insomma dipendiamo necessariamente da loro. Quindi è una situazione che è effettivamente in questo momento non particolarmente erosea e non credo che cambierà niente nei prossimi mesi anni, la BCE probabilmente inizierà a bassare i tassi prima della Fed perché appunto la situazione a noi è un po' peggiore, se nel prossimo meeting sarà quello successivo cambia poco in realtà non credo che ci sia una riduzione drastica, si andrà molto più lentamente nel diminuirli di come si è andato nell'aumentarli e credo che nel medio periodo, no fatemi dire un aspetto positivo è che i fondi in next generation EU comunque stanno iniziando a circuare, sono fondi per investimento quindi moltiplicatori, cioè l'impatto sull'economia è rallentato rispetto alla spesa corrente quindi questi fondi che si spenderanno fino al 2026 avranno un effetto di sostegno comunque della nostra economia per qualche anno ancora e questo è piuttosto una buona notizia però non ci giriamo intorno forse anche su questo faremo un altro giro più tardi ma il problema è se l'Europa decide di cambiare atteggiamento rispetto alla transizione ecologica, quello che mi colpisce moltissimo non vivendo in Italia ancora di più è come il dibattito europeo sia ancora avvitato di fondo sulla domanda ma la transizione ecologica è un costo o un'opportunità, mentre noi stiamo ancora pensando a questa cosa qui ci sono gli americani che investano migliaia di miliardi, la Cina che ci ha dato una pista per dirla la romana che è impressionante, ormai i pannelli solari sono praticamente diventati monopolisti, sulle batterie, ero a pranzo prima mi si spiegava che i cinesi già stanno sperimentando la nuova generazione di batterie con il sale insomma, si capisce che queste due grandi aree hanno capito che al pari ai grandi rivoluzioni tecnologiche del passato la transizione ecologica può diventare un volano di crescita, noi stiamo ancora a chiederci se il 2035 per l'auto elettrica andrà spostata al 2040 addirittura abolito perché così forse diamo più tempo alle nostre imprese di grattare un po' di rendita e questa cosa mi colpisce molto, veramente c'è un problema culturale europeo, la sfida al di là di quello che succederà nei prossimi mesi alle BCE, la sfida per l'Europa secondo me si gioca su questa cosa qua, riusciremo a salire su quel treno di crescita e innovazione se no faremo l'una park dell'economia mondiale i cinesi verranno in vacanza da noi, già lo fanno, verranno in vacanza da noi a vedere il Colosseo e noi guideremo le loro macchine. Bene, giusto ieri in un panel si diceva che appunto ci sono delle società cinesi pronte a portare delle macchine elettriche a 5000 euro quindi ecco di fronte a una situazione del genere diventa poi difficile appunto se non si persegue una certa strada. Lo fanno perché parte del costo della produzione delle macchine è preso, c'è l'investimento pubblico dietro che appunto da noi è ancora considerato da molti un tabù. Un tabù, e professoressa Simonazzi quanto pesa in questo quadro che ci ha delineato il professor Staraceno la questione centro periferia, ovviamente ci sono degli stati che pesano di più, l'Europa è fatta da aree più deboli e aree più forte, quindi ecco quanto pesa questo divario? Pesa intanto nelle decisioni, quando adesso c'è stata questa reconversione da parte della commissione europea verso la politica industriale, questa è stata iniziata dai tedeschi, quando i tedeschi hanno deciso che si doveva cominciare a intervenire allora questa idea è passata anche ed è diventata idea comune. Ecco si parlava della Germania e del fatto che adesso la Germania è il malato d'Europa, questo è anche una conseguenza delle politiche passate che sono state fatte nel senso che poi 10-20 anni di austerità, di mancanza di investimenti si pagano e forse un pezzo del centro periferia può essere spiegato in questo nel senso che in questi anni dopo la crisi del 2008 quando l'austerità ha messo in ginocchio molti dei paesi della periferia per il debito e quindi la domanda lì è crollata, la Germania ha trovato un nuovo sbocco per i propri prodotti nella Cina, c'è stata una coincidenza spettacolare nel senso che la Germania ha cominciato a esportare beni capitali in Cina e questo un poco ha diciamo così questo grande successo dell'industria metallo meccanica e automobilistica in Cina ha funzionato un po come diciamo così un effetto soporifero nei confronti dell'industria tedesca che avendo questi enormi mercati in espansione questi profitti che la Volkswagen nel 2018 produceva il 50 per cento delle automobili in Cina e prendeva il 50 per cento dei profitti da là quindi ha avuto in effetto un poco soporifero e solo pochi anni dopo nel covid o poco prima che ci siamo accorti che c'era questo grande avversario commerciale prima che politico alle porte e questo ha dato una ulteriore accelerata questa inversione nella idea di come gestire la politica però questa politica industriale europea secondo me ha ancora molti problemi che rischiano di riprodurre questa divario fra centro e periferie forse perché c'è anche una periferia est oltre che la periferia al sud in cui c'è questo centro che in certo punto ha giocato no tra sud ed est dirottando una parte anche degli acquisti di beni intermedi dal sud all'est e questo ha messo ancora più in difficoltà il sud ecco questa politica industriale europea adesso abbiamo a secondo me alcuni punti di critica critici il primo è che come dicevano anche prima Francesco e manca una idea di fondo dove vogliamo andare una strategia per indirizzare non solo gli necessari investimenti pubblici per affrontare i ritardi enormi che abbiamo accumulato nell'economia digitale e nell'economia verde ma anche per trascinare gli investimenti privati cioè le imprese che devono investire devono sapere se non investire nell'idrogeno nell'economia verde nelle macchine elettriche cioè qualche idea gli va data perché il grande successo della cina nel bene e nel male è che le direttive le dava e le imprese li investivano oltretutto non c'era quindi solo concorrenza che c'era infatti sono saltate un'enorme quantità di imprese che producevano macchine elettriche in cina ci è stato un forte processo di concentrazione e adesso forse fanno anche senza i sussidi perché l'industria nascente è già stata superata adesso questi l'industria tedesca di automobili vuole andare in cina non solo più perché c'è il mercato ma perché lì c'è la tecnologia e questa stanno cercando di importare in europa quindi l'idea che non ci sia questo ruolo di guida è un problema molto serio e l'altro problema serio è che mancano manca gli investimenti pubblici cioè non si può fare solo con gli investimenti privati soprattutto se dobbiamo colmare questo divario con gli stati uniti da un lato e con la cina dall'altro abbiamo bisogno di aiuti e il fatto che manchino gli aiuti diciamo così un fondo pubblico fa sì che tutto viene demandato ancora una volta gli stati l'aiuto di stato liberalizzato è un bene ma è anche un male perché chi ha i soldi li mette e chi non li ha non li mette in questo senso questo tende ancora una volta ad aggravare il divario fra chi è indebitato e chi invece può permetterselo e l'altra cosa che vorrei sottolineare che non è così facile fare la politica industriale perché quando si pensava che il mercato aggiusta tutto si poteva trovare anche una scusa per chi non fa non sapendo far mercato e sono fatti i due adesso che c'è e che noi chiediamo un intervento da parte del pubblico il pubblico deve però tener conto del fatto che gli interessi sono conflittuali per esempio un caso classico che adesso si propone alla commissione europea sul protezionismo mettiamo tariffo non mettiamo tariffe sulle auto cinesi e l'industria tedesca paradossalmente contraria perché l'industria tedesca metà dei propri interessi stanno in Cina e non vogliono avere ritorzioni che mettono in discussione quindi anche questo va allora arriviamo all'ultimo punto perché credo che devo concludere cioè anche la politica industriale non può essere fatta a silos cioè non possiamo pensare mettiamo nella protezione per proteggere le macchine elettriche mettiamo il fondo qui per questo cioè va pensata insieme e vanno cerca e va tenuto conto che ci sono conflitti conflitti fra paesi conflitti all'interno dei paesi fra gruppi perché l'industria automobilistica tedesca può essere liberista ma altre industrie tedesche non lo sono quindi a questa autorità che deve gestire la politica industriale deve avere in mente che deve cercare una diciamo così di mettere d'accordo conflitti diversi però deve stare attenti che se lasciamo andare i paesi più poveri o le parti più povere poi ce lo ritroviamo sotto forma di populismo di paesi che votano contro eccetera eccetera allora non interrompo un attimo il giro e vado volevo restare ancora un attimo su questo tema della politica industriale quindi chiuderei con lei professor pianta per capire esattamente allora qual è la strada che deve perseguire l'europa e soprattutto ci sono dei settori che più carenti nell'ambito della politica industriale europea che andrebbero in qualche maniera sostenuti intanto un primo dato importante e per anche questo negativo è che quel grosso aumento di spesa pubblica che abbiamo fatto per superare la pandemia è andato soprattutto in sussidi cioè la spesa pubblica ha distribuito soldi alle famiglie vi ricordate i vari bonus e alle imprese prestiti garantiti sussidi diretti senza dire alle imprese la condizione per ricevere questi fondi o queste garanzie e quella per esempio di fare investimenti nell'auto elettrica anziché nel mantenimento di vecchie tecnologie nel digitale anziché nel mantenimento di vecchie modalità produttive e così via quindi il ruolo dello stato negli ultimi anni è andato trasformandosi un po per le difficoltà che avete già detto voi di decidere una traiettoria importante di sviluppo di lungo termine ma anche perché questi 40 anni di politiche neoliberali hanno impoverito la capacità del sistema pubblico di guardare lontano di avere le competenze interne di avere il numero di personale del ministro dell'industria che ha cambiato nome quattro volte è passato a 5000 a 2500 quindi come si fa a fare la politica industriale senza avere persone che sanno come funzionano le industrie italiane diversi settori le tecnologie eccetera quindi bisogna e questo è un problema che riguarda un po tutta la macchina pubblica non si può fare una ricostruzione della capacità delle politiche economiche senza degli strumenti e delle capacità e delle competenze che stiano lì dentro cosa si fa quindi in una situazione in cui c'è un'emergenza non sappiamo bene cosa fare i governi un po in tutti i paesi però in italia peggio che in altri hanno regalato soldi alle famiglie che continuassero a consumare quello che consumavano prima ad esempio dobbiamo ridurre i consumi di combustibili fossili cosa si fa si riduce l'imposizione fiscale si dà il bonus per continuare a consumare combustibili fossili mentre invece forse sapere che il prezzo della benzina sarà destinato sempre a crescere è un incentivo per passare finalmente alle autoelettriche anche dal punto di vista dei comportamenti di consumo a cosa si dice alle imprese ti do i soldi per continuare a fare quello che vuoi e non ti dico di cambiare strategia questo è molto grave perché crea un meccanismo come dire di dipendenza cioè le imprese che in italia come sapete la produttività non è cresciuta per nulla in ultimi trent'anni adesso paradossalmente gli interventi come quelli del cuneo fiscale permettono qualche briciola di aumento ai salari qualche briciola di risparmio alle imprese compensando l'incapacità dell'impresa di aumentare la produttività e ma non va bene questo cioè si può fare in un momentaneamente in un contesto specifico ma non si può pensare che la traiettoria del paese è finanziata dai trasferimenti pubblici che sussidiano l'incapacità dei privati di funzionare in modo efficiente e questo è un nodo fondamentale perché il punto di che cosa di qual è l'europe che vogliamo e qual è la traiettoria verso cui andiamo è completamente dipendente dalla capacità di interagire tra potere politico e soggetti economici lavoratori e sindacato imprese che si muovono in una direzione coerente e qui però l'europe chiudo con questa menu almeno quattro strade diverse vi ricordate subito prima della pandemia altra buona idea dell'europa il green new deal che però viene progressivamente depotenziato abbiamo ancora l'idea della transizione ecologica come condizione dentro il pacchetto del pnr eccetera ma è sempre più indebolita basta che ci siano i trattori che occupano le strade in qualche capitale europea e si fa marci indietro su i viettivi di superamento di combustibili fossili o di eliminazione delle auto con motori a scoppi quindi l'europe sostenibile il climate change e la transizione ecologica e sul tavolo ma sul tavolo in una posizione sempre più come dire ridimensionata grande discussione sulla transizione digitale grande attenzione tecnologie strategiche eccetera dopodiché abbiamo l'intelligenza artificiale che ci cade sulla testa da un giorno all'altro con le app che ci possiamo scaricare sul nostro computer che cambiano il nostro modo di lavorare di funzionare eccetera senza nessun dibattito politico senza nessuna regolamentazione e questo anche qua non va bene e non possiamo lasciare che ci sia un'innovazione che viene da Silicon Valley che cambia completamente le condizioni di funzionamento dell'economia delle nostre vite quotidiane in questo modo e in un contesto in cui l'Europa non ha nessun attore cioè sapete che le piattaformi digitali importanti da Amazon, Google, Microsoft eccetera sono in una condizione quasi monopolistica in occidente e hanno dei soggetti paralleli in Cina e in Asia quindi abbiamo anche qui un duopoglio globale e non c'è nessun attore rilevante in campo digitale degno di questo nome che sia in grado di accumulare competenze organizzare un utilizzo anche creativo e differenziato di queste attività l'Europa vuole fare interventi su questo ma anche qua soprattutto da incentivi alle imprese che utilizzano queste tecnologie non corregano o li utilizzano dentro una strategia di tipo diverso quindi la qualità della traiettoria anche nel campo del digitale non è per nulla messa in discussione affrontata e problematizzata e poi abbiamo in realtà tra l'altro su questa roba dei sussidi pure le politiche europee nel campo delle strategie delle tecnologie strategiche c'è questa retorica sull'autonomia strategica dell'Europa sui dai cip alle tecnologie legate alla transizione ecologica eccetera eccetera che cosa fa? Quali sono gli strumenti? Sempre sussidi alle imprese non è che l'Europa dice io ho questo obiettivo e quindi chiamo l'obiettivo per esempio di ridurre l'emissione di CO2 in certi ambiti in modo finalizzato semplicemente si danno soldi alle imprese per finanziare una parte di costi di investimento che queste andranno a coprire ma le decisioni su faccio la macchina bianca o blu vengono lasciate ancora una volta alle imprese e poi c'è un'altra strada dell'Europa che è molto pericolosa che è quella della militarizzazione dell'economia europea negli ultimi dieci anni la spesa militare dei paesi europei della NATO è aumentata del 50% e stiamo adesso a 250 miliardi di euro in italia abbiamo aumentato la spesa militare che è andata soprattutto interamente all'acquisto di armamenti del 26% in dieci anni in termini reali quando il pila aumentava del 9 e quindi la spesa militare è aumentata tre volte più in fretta del pila ma è aumentata dieci volte più in fretta della spesa per istruzione e sanità quindi siamo in una situazione in cui che Europa vogliamo ma anche che spesa pubblica vogliamo che Italia vogliamo e ritorna un problema importante grazie e mi sposto come tema professor Rossi prima ne abbiamo ne abbiamo parlato è stata accennato la politica monetaria la banca centrale di fronte ad un'inflazione che era tornata ad avere livelli molto alti ma oltre bisogna andare oltre le banche centrali cioè quant'è importante un coordinamento anche appunto come si diceva prima tra politica monetaria e politica fiscale l'inflazione sembrava morta prima dell'aggressione russa in ucraina era praticamente scomparsa dalle nostre economie per e lo era da molti anni e quindi le banche centrali vivevano una vita tranquilla poi la guerra l'episodio l'aggressione russa l'invasione anzi russa in ucraina ha provocato ripresursioni molto gravi sul mercato delle fonti di energia quindi c'è stato un balzo del prezzo del petrolio del gas naturale eccetera e quindi ovviamente l'inflazione in tutti i paesi del mondo si è molto rialzata poteva essere doveva essere un fenomeno temporaneo questo hanno pensato le banche centrali per qualche mese questa temporaneità in realtà non si vedeva perché l'inflazione continuava a essere anzi a salire a questo punto le banche centrali del mondo e do la mia personale impressione si sono fatte prendere dal panico perché voi capite bene che per un banchiere centrale la sventura più grande è essere accusato di mollezza di non fare abbastanza per tenere l'inflazione la più bassa possibile possibilmente intorno allo 0 2% 3% quello che sia ma molto bassa quella che si chiama in gergo la stabilità dei prezzi e allora le tre principali banche centrali del mondo quella americana quella europea e anche quella giapponese hanno improvvisamente rialzato i tassi di interesse hanno manovrato la leva che loro hanno a disposizione che ormai sono i tassi di interesse secondo me più del necessario perché sono intervenuti con un leggero ritardo in preda al panico in preda al timore di vedersi accusare di mollezza e quindi hanno iniettato nelle economie una dose un po' maggiore del necessario di restrizione monetaria e adesso stanno un pochino tardando ad allentare adesso che l'inflazione è chiaramente scesa a livelli quasi fisiologici quindi la temporaneità poi alla fine c'è stata è durata due anni anziché uno anziché sei mesi come si pensava ma c'è stata a questo punto le banche centrali stentano facendo pagare alle economie un prezzo superiore in termini di prodotto di occupazione lei mi chiedeva il coordinamento fra politica e bilancio politica monetaria è questione exata questione questione antichissima è ovvio che debba esserci un coordinamento però è altrettanto ovvio che nelle condizioni politiche date avendo le banche centrali conquistato la loro indipendenza rispetto ai governi rispetto alle classi politiche dei rispettivi paesi questo coordinamento è difficile è difficile grazie e non abbiamo tantissimo tempo quindi vi faccio una domanda finale a cui chiedo a tutti quanti appunto di rispondere per darci anche ulteriori spunti e uso una parola voi l'avete in qualche maniera già delineata competitività l'europe schiacciata da altri giganti quindi quanto può essere utile abbiamo sentito anche varie voci autorevoli nell'ultimo periodo che invocano un po questa questa nuova competitività quindi quanto può essere importante anche in questo indirizzo che deve trovare l'europe come voi ci avete detto un nuovo patto per la competitività inizio da lei professoressa ma quando lei ha parlato di competitività io pensavo parlasse di competitività tra i paesi dell'europe perché questo è il primo punto che preoccupano cioè parliamo tanto di europa ma in realtà i paesi sono molto frammentati vanno in iniziative private per cercare di trovare accordi per le materie prime fondamentali vanno in delegazione in cina quindi la competitività di chi della germania della francia dell'italia o dell'europa perché se non ci mettiamo d'accordo su questo se non abbiamo una politica che cerca di mettere insieme tutti allora si andiamo in ordine sparsa in un mondo che è meno adatto possibile essere in ordine sparsa no e la germania ha un'idea di competitività che vuol dire austerità vuol dire mettere i conti in ordine e poi tutto segue fino a un certo punto perché poi invece fanno anche politiche industriale adesso no fanno anche tanti aiuti di stato l'altro pezzo di competitività la competitività la si fa facendo entrare per esempio i cinesi attraverso investimenti diretti nell'automobile ma dove vanno a farli gli investimenti gli vanno a fare o dove ci sono distretti già molto avanzati e della germania oppure vanno dove si fa competi concorrenza di costo e cioè nei paesi dell'est quindi quando si parla di competitività si dovrebbe io ho in mente la competitività che vuol dire facciamo una politica una strategia di miglioramento della capacità produttiva di tutti i paesi senza lasciare indietro nessuno perché nessun paese del centro può andare ormai da solo in questo mondo che sta cambiando velocemente quindi c'è bisogno di avere un blocco che sia abbastanza coordinato e coeso ed è a questo blocco che dobbiamo guardare quando pensiamo alla competitività non so sia risposta. Professor Rossi chiedo a lei quanto serve questo nuovo patto per la competitività in europa all'interno dell'euro? Parliamo di europa verso gli altri grandi protagonisti del commercio internazionale quindi gli stati uniti cina, giappone, india e chiarissimo che serve un patto per la competitività. Mario Draghi che è stato incaricato come sappiamo di ridigere un rapporto sulla competitività che sarà diffuso credo dopo le elezioni europee con decisione saggia peraltro però lui ha sentito il bisogno comunque di fare un discorso importante un paio di settimane fa e di anticipare i contenuti di quel rapporto e quel discorso è un lungo grido di dolore di allarme per il fatto che i paesi che compongono l'unione europea da soli non ce la fanno non ce la potranno mai fare a reggere una competitività una competizione con continenti paesi che hanno una dimensione continentale come gli stati uniti e la cina tanto per citarne due soprattutto sulle questioni sulle materie più tecnologiche come per esempio l'intelligenza artificiale che mario pianta prima citava quindi è necessario ragionare insieme e agire insieme e d'altro canto questa è l'europe che vogliamo che vorremmo. Professor Zarraceno a lei chiede appunto quindi competitività ma anche appunto e chiudiamo così il nostro cerchio anche del nostro panel qual è l'europe che vogliamo. Insomma mia mamma mi diceva sempre non si risponde alle domande con le domande ma io invece le domande ma noi siamo sicuri che vogliamo più competitività e draghi nel discorso che citava salvatore rossi due minuti fa inizia con una bellissima citazione di paul krugman in quel discorso in krugman diceva c'è questa ossessione per la competitività che io non capisco l'ossessione che noi dovremmo avere l'ossessione per la produttività cioè noi dobbiamo diventare più produttivi non più in competiti non dobbiamo rubare parti di mercato ai nostri vicini o ai nostri concorrenti ma dobbiamo produrre di più e meglio questo dovrebbe essere l'obiettivo della politica e perché questa è una cosa importante perché in quel discorso che io sono d'accordo è importante e ha un aspetto positivo che quello di dire basta andare in ordine spasso e riviene anche quello che diceva Anna prima però c'è invece un aspetto molto più preoccupante che poi alla fine le ricette che delinea e speriamo che poi il rapporto sia un po' più articolato ma che delinea il discorso sono delle ricette di riduzione dei costi quindi appunto quindi c'è un po' cioè c'è tutta una specie di tendenza di devo andare a rimpiazzare le macchine cinesi con le macchine italiane o europee secondo me invece l'obiettivo dovrebbe essere di fare più macchine più efficienti dal punto di vista energetico più pulite e così via e avere più produttività per tutti e penso che questa cosa se la si fa soltanto a livello europeo cioè se la si deve fare a livello europeo non possa prescindere questo mario faceva la lista e tutte le cose che avremmo dovuto sentire la campagna elettorale non abbiamo sentito io ne aggiungo un'altra e che mi rialaccia anche quello dicevamo proprio all'inizio non possiamo immaginare di avere oggi una un'europa così priva di strumenti abbiamo deciso con una riforma del patto deludente su questo eravamo tutti e quattro d'accordo che agli stati non diamo questi strumenti questi strumenti vanno dati all'unione europea è complicato complicatissimo perché stiamo quello di cui stiamo parlando è una è una è la creazione di una capacità decisionale su delle politiche che necessariamente implicano vincenti e perdenti se tu fai politica industriale devi ricomporre degli interessi e a volte interessi non li puoi ricomporre devi scegliere chi vince chi perde questo è parte del progetto che tu hai di paese di sviluppo e così via e quindi stiamo parlando di trasferire a livello centrale per capirci sto parlando di questa famosa capacità di bilancio centrale questa specie di ministro dell'economia europea per capirci per essere chiari tu trasferisci a livello europeo questa capacità di decidere chi tasso per fare cosa per spendere come do i sussidi do i sussidi consumatori l'ideale imprese faccio l'investimento pubblico sono tutte scelte che comportano vincente e perdenti stiamo parlando di trasferire quella capacità a livello europeo senza trasferire la responsabilità rispetto agli elettori perché i governi rimangono nazionali non stiamo parlando di uno stato federale quindi questa cosa voglio lasciare il tempo a Mario per concludere questa cosa penso che debba essere messa sul tavolo è secondo me scandaloso che non se ne sia parlato nella campagna elettorale spero che si apra questo tema di come dotare l'Europa di strumenti in futuro e dobbiamo fare molta attenzione a farlo tenendo in mente che l'Europa oggi è in perdia di credibilità è considerata non democratica e quindi questa capacità di bilancio centrale se si fa andrà fatta con estrema cautela per garantire che sia che non sia un'agenzia tecnocratica che ancora una volta allontane all'Europa dei cittadini Mauro ti lascio tre secondi ci sono due modi di pensare alle politiche di cui abbiamo parlato le politiche che sono un gioco a somma positiva quindi che consentono di aumentare le dimensioni della torta che noi produciamo con il nostro lavoro con i nostri capitali con le nostre conoscenze con le nostre tecnologie quindi un gioco a somma positive perché cresce la torta e tutti possiamo avere tutti o alcuni possono avere delle fette più grosse oppure pensare che la torta è quella e noi dobbiamo semplicemente rosicchiare una fetta più grossa agli altri allora il problema del concetto di competitività è che purtroppo spesso viene messo in un contesto in cui abbiamo una torta data un mercato di automobili o di computer dato e noi dobbiamo semplicemente ridurre i nostri costi per rosicchiare con una competitività di prezzo che spesso poi si traduce in precarizzazione del lavoro abbassamento dei salari peggioramento delle condizioni e oppure decentramento delle produzioni in paesi asiatici a costi del lavoro e tuteli ambientali ancora peggiori e questo però è un orizzonte come dire di breve per di brevissimo periodo che non ci porta da nessuna parte nell'ordine di grandezza dei problemi che abbiamo toccato quindi competitività non deve essere un ragionamento di vantaggi di costi di breve periodo ma deve essere una capacità di avere una capacità di combinare competenze umane tecnologiche di capitali produttive dentro una traiettoria in cui espandiamo allo stesso tempo la domanda e le capacità di offerta e il ruolo delle politiche è proprio in questa capacità di far crescere insieme domanda e offerta lungo una traiettoria che quella dell'Europa che vogliamo allora bene parlare di competitività ma non in termini di efficienza riduzione dei costi e rubare fette di mercato ai nostri concorrenti perché noi siamo anche in una condizione in cui l'automobile se la siamo perduta e quindi le nostre capacità competite sono molto deboli ma invece di espandere le nostre capacità in modo efficiente in modo tecnologicamente avanzato in modo ambientalmente sostenibile in modo adeguato al punto di vista di un modello sociale che tuteli welfare e tuteli salari reali dei lavoratori in modo che l'economia possa far crescere effettivamente questa torta e distribuire effetti un po meno diseguali grazie grazie io vi ringrazio moltissimo siamo stati perfettamente nei tempi vi ringrazio per tutti gli stimoli gli spunti che ci avete dato e che in qualche maniera offrono un po uno spunto di riflessione sia a chi diciamo ha un ruolo nell'informazione ma anche nella politica nelle istituzioni e quindi speriamo con l'auspicio che davvero l'europa che vogliamo sia quella che verrà grazie grazie davvero
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