Le imprese alla prova del nuovo, grande gioco
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Le imprese alla prova del nuovo, grande gioco
Questa conversazione esplora le sfide geopolitiche e il ruolo dell'Europa nel nuovo ordine mondiale. Marco Tronchetti Provera analizza l'impatto di eventi come la guerra in Ucraina, la crisi israelo-palestinese e l'ascesa della Cina, evidenziando la fragilità dell'Europa, incapace di difendere i propri valori e interessi. Si discute la necessità di un'Europa federale per rafforzare il peso geopolitico e economico dell'Unione, contrastando la crescita del debito e la scarsità di manodopera qualificata attraverso investimenti in innovazione, istruzione e un'immigrazione regolamentata.
Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance UN D стал del Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Il Sub enjoyment Dominğl By herausagram Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di trance Un'estate di tranceTa Sottotitoli proprio per la comunità Amara.org Buongiorno, benvenuti, grazie per essere qui, grazie soprattutto a Marco Tronchetti Provera con cui oggi parliamo in realtà credo di massimi sistemi, nel senso che il tema che ci è stato segnato è un tema piuttosto vasto ma anche piuttosto centrale, considerando che tra meno di 20 giorni andiamo a votare, va a votare tutta Europa e molti ritengono che gli scenari legati a questo voto siano destinati a cambiare i nostri destini, magari proviamo a parlare anche di questo, partendo da una considerazione che negli ultimi quattro anni ci sono stati tre momenti in cui le nostre vite sono radicalmente cambiate, c'è stato prima il Covid che ha diviso le persone tra i Sivax e i Novax, poi c'è stata la guerra in Ucraina e la guerra in Ucraina ha prodotto un'altra frattura ancora più forte, valoriale, tra i filo putiniani e i filo NATO o gli anti NATO, gli anti americani e poi c'è stato l'evento del 7 ottobre con l'aggressione di Amassio in Israele e la risposta che ha prodotto nuovamente fazioni divise, cioè i filo israeliani e i filo palestinesi. Tutto questo per dire che per la prima volta da molti anni, a mia memoria io ho quasi 60 anni e io non mi ricordo un momento in cui è stato così difficile capire se le persone che si siedono di fianco a te sono persone con cui condividi gli stessi valori, cioè tutte le volte hai bisogno di fermarti un attimo e ragionare, cercare di capire se chi hai di fianco ha gli stessi impliciti che hai tu. Ora in questo scenario arriviamo appunto al voto europeo del 9 di giugno. Questo voto secondo lei è un voto che è destinato a rinforzare i valori, chiamiamoli ancora occidentali, intorno ai quali noi siamo cresciuti o è un voto che è destinato a seppellirli per sempre? Buongiorno a tutti. Credo che non succederà nell'una e nell'altra cosa. Questo voto ha una anomalia che è estremamente locale se guardiamo le campagne elettorali, solo negli ultimi giorni c'è qualche accenno maggiore all'Europa, ma non parlo solo d'Italia, parlo di Germania, di Francia, in tutti i paesi è la stessa cosa, si parla di cose locali e per l'Europa sono potenzialmente elezioni storiche, dico potenzialmente perché alla fine è difficile che cambi qualcosa di significativo, potenzialmente storiche perché l'Europa ha per la prima volta coscienza, proprio negli eventi che lei ha menzionato, quelli bellici, ha coscienza della propria relatività, della propria non capacità di avere un ruolo nel grande gioco geopolitico. L'Europa ha un ruolo valoriale e allineata agli Stati Uniti, secondo me ancora più portatrice di valori per la sua storia di quanto non possano essere gli Stati Uniti, ma dal punto di vista del pensiero è alleata naturale dal punto di vista della forza, della capacità di incidere sugli eventi e fuori dal gioco. L'Europa sappiamo non ha una difesa, la politica estera dell'Europa non avendo una capacità di difesa, non avendo un peso neanche commerciale, siamo un grande mercato ma non abbiamo materie prime. Quindi l'Europa è un non attore, è un portatore di valori e di mercato, questa è l'Europa di oggi. Quindi dovrebbe essere un momento di grande cambiamento dal punto di vista della presa di coscienza del rischio di decadenza che noi abbiamo perché questo non ruolo in fondo ci ha permesso semplificando e visto con gli occhi degli americani di spendere meno per le armi, avere una migliore protezione sociale, avere una qualità della vita più elevata. Questa presa di coscienza dovrebbe spaventarci perché abbiamo davvero la migliore qualità della vita, la migliore protezione sociale ma non abbiamo gli strumenti per difenderla, abbiamo i valori più radicati di democrazia e di vere democrazie ma non abbiamo gli strumenti per difenderli. Questo è secondo me il tema vero dell'Europa di oggi. Raccolgo un po' di temi che lei ha già messo sul tappeto, rimango sulla questione bellica, su questo scontro in realtà russa-ucraina che poi è diventato uno scontro mondiale. Ma il punto è questo, quando è cominciato questo disastro si era detto sostanzialmente, beh adesso noi la NATO, l'Europa, ci mettiamo tutti assieme, soffochiamo economicamente la Russia e quelli non avranno più la forza di continuare questa guerra. Dopodiché i russi hanno investito in armamenti, credo l'8% del PIB, quindi un sacco di soldi e hanno spostato i loro mercati da un'altra parte. Cioè che è successo? Come sono cambiati gli equilibri da questo punto di vista? Qui è stata un grande errore di valutazione delle leadership occidentali. Non è stata detta la verità, forse perché non erano consci la verità, ma il fatto che mettersi in una guerra con l'impossibilità di intervenire come NATO, perché è la terza guerra mondiale, parliamo del mondo della bomba atomica, quindi se metti in un angolo un paese come la Russia, non voglio che la Russia vinca, non voglio che sia in un angolo, questo è un rischio elevatissimo. Quindi l'Europa è entrata, secondo me, con scarsa coscienza di quali erano i rischi e senza un piano B, perché la cosa impressionante è che tutti parlano di guerra, di guerra, di guerra. Recentemente Lucio Caracciolo lo ha ricordato, c'è stato un momento dove in Turchia si era arrivati quasi a un accordo nei primissimi settimani di guerra dove la Russia sembrava debole e è intervenuto Johnson e ha detto no, dobbiamo schiacciarli. Questo è la non coscienza dei rischi da parte dell'Europa e con un'accentuazione che non ci viene raccontata, ma la lettura dei giornali americani e le televisioni americane sia con interlocutori repubblicani che democratici parlano di una guerra per l'Europa, quindi il cittadino americano vede un investimento importante fatto per l'Europa. Se per un caso questo sentimento diventa la decisione politica degli Stati Uniti, l'Europa deve gestire quello di cui è parte sul suo territorio, perché è sul suo territorio e non esiste il piano B. Questo credo sia lo scenario dei prossimi mesi che dovrà essere valutato in modo serio. Voi passo alla Cina, paese che lei conosce piuttosto bene. I russi se non sbaglio hanno 5800 testate nucleari. Da noi in Europa l'arma atomica ce l'hanno solo i francesi e non so se è un caso, ma a me sembra molto preoccupante che il presidente francese dica dobbiamo mettere gli stivali sul terreno, mandare fisicamente delle persone a combattere lì. Siamo su un crinale suicida? L'ha detto lei. È una ricarazione che parte dal sentiment di grandeur francese. Hanno 250 testate atomiche, gli inglesi hanno 270. Siamo su questi numeri e hanno un esercito che però non sta ottenendo grandi successi, quello che succede in Africa dimostra che la capacità di tenere in controllo quello che è successo nel Sahel è una frase che non avrebbe dovuto essere detta. Come non credo che sia giusto immaginare che bisogna quasi attaccare perché se no i russi vengono a invadere. È vero che l'Europa ha solo la Francia 250 testate, è altrettanto vero che la Russia sa benissimo che c'è la NATO e che se viene attaccato un paese europeo l'articolo 5 è chiaro, è guerra atomica, non è una guerra totale e non credo che nessuno ha la voglia alla guerra totale. Il rischio è sempre di qualcuno che vada nell'angolo, questo nella storia ha fatto vedere delle tragedie. Però qualcuno dice che la via d'uscita dei russi in realtà esiste già, cioè è la Cina e lì c'è anche un dibattito aperto su questo fatto, cioè questo scenario ha prodotto una subalternità della Russia e quindi di Putin nei confronti di Xi e della Cina o banalmente ha spostato da un'altra parte un giro di affari che una volta erano rivolti verso di noi? La speranza che viene espressa poi in tutti gli incontri che europei e americani hanno con Xi è che la Cina possa influire perché ha la Russia in mano, io non credo al fatto che la Cina abbia la Russia in mano. La Cina sta costruendo una potenza atomica ma non ha la potenza atomica della Russia, la Russia è due volte più grande della Cina, ha solo 140 milioni di abitanti, un GDP basso che è la forza della Russia perché la Russia vive di poco su un territorio sterminato pieno di materie prime, quindi non credo a un ruolo subordinato e tant'è che negli ultimi due anni abbiamo assistito a delegazioni che continuamente hanno stimolato il presidente Xi, non è successo niente, anzi nell'ultimo incontro fra Xi e Putin hanno dichiarato di voler estendere la collaborazione sul terreno militare guardando avanti con la logica della multipolarità, i paesi che una volta erano i non allineati, oggi è il cosiddetto Global South, però questa è la situazione in cui siamo, quindi non credo a una, c'è un interesse comune. Ecco ma in tutto questo i cinesi hanno cominciato a fare esercizazioni militari molto molto preoccupanti a Taiwan, sono proprio notizie di queste ore e quindi c'è la minaccia di un terzo scenario insomma, quindi l'Ucraina, l'Israel, il Medio Oriente e poi anche Taiwan, lei crede che sia solo un meccanismo di pressione o che in realtà dietro questo ci sia una visione anche più pericolosa? Il mio timore è che siccome i cinesi guardano lungo e hanno decisioni più strategiche, anche quelle che a noi non piacciono, l'analisi che può essere fatta dalla Cina è che è vero che l'Occidente interviene ma l'Occidente si sta dimostrando non capace di risolvere e questo quando si continua a dire quello che stiamo facendo in Ucraina mostra alla Cina che deve stare attenta a quello che stiamo facendo in Ucraina, che in questo momento la Russia è in una posizione di forza, noi siamo in un Anpass dove non sappiamo come questa cosa potrà finire, non abbiamo, almeno da quello che si legge sui giornali, dalle dichiarazioni politiche non abbiamo un piano B quindi la Cina può leggere questo come un occidente, un Medio Oriente, dichiarazioni tutti i giorni, non c'è un leader occidentale che non continua a insistere sulla soluzione, non bisogna entrare a Rafale, uno stato palestinese riconosciuto ma non sta succedendo niente di quello che gli occidentali dichiarano. Prima di chiedere perché due terzi del mondo odia gli occidentali in questo momento, come fare affari con la Cina, coi cinesi in questo momento? È più facile, più difficile, uguale, non è cambiato niente? Dipende dai settori, se si è fuori dai settori che sono strategici, quelli che sono oggetto di sanzioni reciproche tra Stati Uniti e Cina va avanti tutto come prima e la Cina in questo momento ha una volontà di relazione con l'Europa economica che è anche una necessità, la Cina ha bisogno di crescere a comunque 1 miliardo e 400 milioni di persone, ha una situazione economica non brillante e quindi ha questa necessità di crescere. Non è cambiato nulla se non con qualche segnale più positivo in termini di volontà di collaborazione con l'Europa. Torno alla domanda che volevo farle in permessa, perché due terzi del mondo in questo momento detestano gli occidentali? Il tema è che noi ci parliamo un po' addosso, cioè siamo bravi, siamo le democrazie e non partiamo dall'analisi di quello che succede nel resto del mondo. Un giorno qualche anno fa un signore che conosce bene l'Italia e che è nato e vive in Libano che si chiama Walid Jumblatt mentre parlavamo di politica a Beirut e ragionavamo, lui mi guarda e dice cose molto giuste, se fosse nato qua come vedrebbe il mondo? Qui abbiamo i cristiano maroniti, abbiamo i musulmani, ci dica i drusi, ci dica cosa, a quel punto i musulmani ci sono esciuti, ci sono i sunniti. Ecco nel guardare agli altri mondi dobbiamo cercare di guardarli con i loro occhi perché è chiaro che quello che è mancato nella geopolitica e nel modo di agire dell'Occidente è un'attenzione a un mondo che è diventato di 8 miliardi di persone, quando io sono nato ce ne erano 4, al 2050 ci saranno 2 miliardi e mezzo di africani e se andiamo avanti a ragionare senza guardare come si evolve quel mondo e quelle culture, facciamo quello che abbiamo fatto con le primaveri arabe, entriamo in un mondo che non conosciamo, contribuiamo alla destabilizzazione non capendo quali sono le vere dinamiche. Esco un po' dal tema, faccio una domanda laterale e poi ritorno invece a essere più. Ha visto che all'università di Torino è entrato un imam e ha fatto una preghiera, una predica in quello che dovrebbe essere l'università, il tempio, appunto nella data della cultura laica, che impressione le ha fatto? Brutta! Torniamo al ragionamento di fondo, è corretto ed è necessario conoscere e rispettare culture, religioni altrui ed altrettanto corretto fa rispettare le ragioni, le religioni, le tradizioni nostre. Lì è un confine chiaro, che quando viene rotto quel confine, se lo facciamo negli altri paesi siamo odiati perché andiamo contro la loro storia, non dico che dobbiamo odiare quelli che lo fanno da noi, ma dobbiamo ottenere le regole del gioco, liberissimo diciamo di esprimere nei luoghi giusti le tue idee ma tu devi rispettare la società in cui ti devi integrare. Torno in Europa a questa campagna elettorale, se uno la guarda esternamente in realtà ha l'impressione che non sia una campagna elettorale europea ma 27 campagne elettorali nazionali. Nel momento in cui ci sarebbe più bisogno d'Europa, perché le sfide sono quelle che ha descritto lei fino a un secondo fa, quindi i russi, i cinesi, gli indiani, gli americani da un'altra parte, noi invece abbiamo una comunità, un arcipelago di piccole patrie che continuano a litigare per loro stesse senza avere una visione comune. Condivide questa analisi? È così, è la fotografia di quello che sta avvenendo con una mancanza di sguardo invece ha l'importanza di stare insieme, quello che abbiamo detto prima. Tutte queste battaglie locali non tengono conto del fatto che insieme siamo cresciuti insieme rischiamo di decrescere, questo è non in modo felice. Quindi in questo meccanismo uno se vuole sognare trova che c'è solo una soluzione, un'Europa federale dove c'è un governo federale con gli stati che hanno l'autonomia, recentemente è venuto a trovarmi il governatore di uno stato importante degli Stati Uniti, quegli stati sono la vera forza degli Stati Uniti, non ha menzionato né Biden né Trump, io so benissimo di che colore è, ma ha parlato del suo stato, della sua economia, di quanto è cresciuto, di quanto deve crescere, delle zone dove si può investire, aveva il pieno controllo di quello che era il suo territorio e non si è occupato di dirmi quello che noi facciamo adesso, parliamo di megatemi, non siamo in grado di parlare dell'Europa, di che cosa fa l'Europa, lo stato federale e i singoli stati, questa è la debolezza dell'Europa, per cui se non si arriva a uno stato federale che può permettersi di avere più lingue, perché poi il fatto di avere più lingue è un grosso problema, ma lo stato federale a quel punto può essere gestito nell'interesse di tutti. La scelta tra Biden e Trump, tra l'altro rischia di avere riflessi più pesanti per l'Europa che non per gli Stati Uniti stessi, che comunque hanno una forma di autogestione che lei stava raccontando, a differenza di quello che direbbe Conte, lei tra Biden e Trump... C'è una terza opzione. Temo di nuovo. Io continuo a sperarci, fino all'ultimo giorno continuo a sperarci. Facciamo uno scenario che preoccupa molto gli europei, perché al di là di quello che uno pensa di Biden e di Trump, Trump ha detto una serie di cose che ovviamente non possono lasciarci sereni, cioè lui dice io arrivo, la guerra finisce in mezz'ora, poi dopo ho dati i soldi che dovete dare per la NATO, che sono oltre 2%, ognuno va per la sua strada, cioè un'idea di... a me dell'Europa, francamente, non interessa nulla. È uno scenario che possiamo ipotizzare e soprattutto affrontare? È uno scenario che c'è già stato. Le prime cose che ha fatto Trump quando è arrivato, sono state in sostanza dichiarare che avrebbe fatto saltare il NAFTA perché i messicani si approfittavano dell'economia americana. E dall'altro lato ha detto all'Europa, la NATO si chiude, non ci interessate. Allora ci furono due fenomeni rilevanti. Il primo, semplificando, si chiama Merkel. Cioè la capacità e la credibilità e la leadership che aveva la Merkel in Europa le hanno permesso di parlare con Trump come se ci fosse un'Europa. E questo era... e qualcosa è successo. Siamo riusciti a contenere, si parlava di dazi, di cose in cui c'erano anche delle ragioni americane, quindi aveva buon gioco Trump. Però tutto non produce niente di drammatico. La questione del NAFTA la risolsero gli industriali e gli predatori americani dicendo che proprio non si apparlava neanche perché per l'economia americana sarebbe stato un disastro visti gli investimenti che avevano fatto soprattutto in Messico. Quindi Trump l'ha già portata avanti questa storia. Adesso c'è la guerra che rende tutto molto molto diverso. Alla fine quello che farà Trump non lo sa nessuno. Tutto quello che dice Trump non può piacerci, ovviamente. La guerra in Ucraina, nel breve la dichiarazione di Trump finisce la guerra, tutti felici, poi dopo vediamo. Medio Oriente storia complicata anche per Trump, non sarà una partita facile. A proposito di leader, di leadership e di leader incomprensibili, vengo all'Italia e a Giorgia Meloni, su cui lei ha già detto variate cose anche in passato. Giorgia Meloni quando è arrivata aveva abbastanza spaventato la Casa Bianca. L'ambasciatura americana racconta che lui era andato a parlare con Biden dicendogli sostanzialmente e vediamo che succede con questa signora, invitiamola alla Casa Bianca. Meloni va alla Casa Bianca e dopo cinque minuti è la migliore amica di Biden. Adesso la foto recente di Biden che la baccia sulla fronte è stata oggetta di grandi dibattiti. Dopo di che lei ha capito esattamente qual è la posizione di Giorgia Meloni in Europa? Chi rappresenta? Che cosa rappresenta? Lo dico perché so che lei ha espresso pareri positivi sulla Premers. Cosa li fonda? Partiamo da una constatazione. Quando il fratello di Italia ha avuto il risultato elettorale che ha avuto e Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio, arrivava dopo Draghi. Draghi era la persona più credibile in tutto il mondo occidentale da Washington a Bruxelles a Francoforte e quindi il timore di tutti era come può una persona che ha una storia politica recente di un partito che è cresciuto molto rapidamente con delle frange che certamente non sono in linea con quello che è il pensiero liberale democratico. È arrivata dal punto di vista dell'interesse del Paese, ha costruito delle relazioni internazionali totalmente equilibrate, ha avuto una credibilità in Europa e negli Stati Uniti, perché è arrivata molto più preparata di quanto i critici non dicessero. È arrivata preparata a fare quelle cose che erano necessarie nell'interesse del Paese. Per me un presidente del Consiglio che arriva senza una storia personale di esperienze e con quei timori che la circondavano, mi tolgo tanto di cappello, se c'è questa capacità. Anche un dettaglio, se per parlare le lingue aiuta perché vuol dire che c'è un interesse, uno stimolo, una dedizione e quindi una passione per le cose che fa. Questo è un altro elemento positivo. Trovo che ha tenuto posizioni molto equilibrate tutelando l'interesse del Paese. In tutto questo il suo contributo, il punto è che abbiamo fatto una finanziaria moltiplicatore zero, perché è stata tutta in realtà vincolata da quelle che sono le linee europee che Giorgetti ha seguito dragnanamente in maniera ineccepibile e puntuale. Ma al di là di quello lei ha avuto anche il vantaggio, che al momento però non si percepisce, dei soldi del PNRR, che gli abbia portati un algoritmo o gli abbia portati conte, comunque qualcuno gli ha portati, quei soldi c'erano. Tutto questo però sulla crescita Paese non mi pare che si sia visto. Quindi, oggettivamente, qual è la visione di chi guida questo Paese rispetto alla capacità di crescere che questo Paese dovrebbe avere? Siccome è da poco più tempo di quanto non sia stato Draghi al governo, la stessa cosa potrebbe dire di Draghi, perché i soldi ha portati conte, poi sull'impatto sul Paese ha tenuto un quadro perfetto, una credibilità, ma non è che ci sia cambiata la vita. Le dico qual è la differenza dal mio punto di vista, che Draghi era un generale senza esercito, Meloni è un generale con un super esercito, una maggioranza parlamentare che non si era mai vista, quindi non è la stessa capacità di movimento. Ma lei crede davvero che poi è il numero dei generali in Parlamento che cambia l'Italia? È interessante. Credo che, in realtà, fare una riforma costituzionale in Italia quando il tuo problema dovrebbe essere avere più peso in Europa è totalmente insensato. Per cui credo che le leve che riorganizzano le nostre esistenze vengano mosse da un'altra parte, però penso che in realtà l'organizzazione di un Paese dipenda moltissimo dalla capacità di agire di chi lo guida e se chi lo guida ha in realtà una maggioranza parlamentare schiacciante è avvantaggiato rispetto a un signore che arrivava non avendo nemmeno parlamentare. Questo è sicuro per me. Secondo me Draghi aveva il cento per cento del Parlamento, che è diverso perché la situazione era talmente complicata ed è arrivato e ha gestito il Paese in modo perfetto, ma come se avesse il pieno controllo, quasi più controllo di quello che non ha la Meloni oggi anche con i suoi alleati. Quindi il controllo in Italia è sempre molto relativo. Il tema è che cambiare questo Paese è una cosa molto complessa. Ci sono alcuni ministri molto bravi. Tagliani è una dimostrazione di equilibrio. Lei ha menzionato Giorgetti, Fitto, nelle cui mani c'è buona parte del PNRR, si sta muovendo in modo equilibrato. Quindi per quanto riguarda la gestione non c'è un degrado che qualcuno poteva pensare ci sarebbe stato. C'è una certa continuità col percorso che aveva dato Draghi e quindi anche da questo punto di vista tutto va in direzione giusta. Sulle riforme costituzionali, qui c'è una storia lunga del nostro Paese che non ha detto bene a chi ha portato le riforme costituzionali. Quindi vedremo quello che succederà. Dopodiché in attesa di capire come rilancia il Paese da un punto di vista economico, vediamo quello che succede dal punto di vista della sensibilità condivisa. Voglio dire, Giorgia Meloni è stata in questi anni molto vicina a Ursula von der Leyen. Poi ultimamente ne ha preso le distanze, ha aperto addirittura Marine Le Pen, o è Marine Le Pen che si è dovuta avvicinare a Giorgia Meloni, all'interno di uno scenario in cui in realtà la centralità dell'Europa, l'Europa federale di cui parlava lei all'inizio, sembra in realtà ridursi, venire meno anziché creare. Questo non la preoccupa. Vedo un quadro molto confuso perché l'Europa, come abbiamo detto prima, non è esistita come interlocutore geopolitico, è una somma di debolezze. I vertici europei non hanno avuto nessun peso nelle crisi geopolitico, nella costruzione di nuove situazioni. Vedo, essendo campagne elettorali, che mentre da un lato si dice che si distacca dalla van der Leyen, ieri la van der Leyen ha detto che è la sua grande amica con cui lei vorrebbe fare tutti gli accordi. Vedo dall'altra parte un effetto positivo in mezzo a tutte le chiacchere che si è tolto di mezzo da EFT, che era un elemento. Quindi certi movimenti sulla destra che sono ancora tattici, se riescono a portare la destra in un'area che non sia estrema, sono positivi. Se guardo a quanto sta succedendo con i limiti che l'Europa ha, non riesco a vedere qualcosa di pericoloso, vero? Qualche cosa che non so quanta efficacia avrà. Dopo di che, e poi ritorno a parlare di temi più economici, il fatto che si prenda le distanze dell'EFD dopo che questo Maximilian Kra, 10 sostanzialmente anche tra l'SS, non erano tutti criminali, non è un riflesso, un filo lento, nel senso che non era difficile capire che cosa pensassero quei signori fino a quel momento. C'è dovuto arrivare fino alla fine di maggio, a 20 giorni dell'elezione, perché non ci vorrebbe un minimo più di attenzione, perché sennò diventa anche difficile capire quali sono i valori attorno ai quali noi poi troviamo una sintesi. Io più di lei vengo da un mondo dove i confini erano molto chiari, al limite anche troppo chiari, ma c'era un mondo che era fuori da quello che noi, diciamo, democratici, io sono sempre stato un liberale nella mia vita, è l'unica tessera che ho avuto, ma il concepire quello che si è visto in questi anni era inconcepibile. Avevamo delle regole, avevamo dei leader che venivano da esperienze in cui avevano provato cosa voleva dire essere sotto certi regimi, quindi là per noi era tutto abbastanza solido e definito. Oggi i confini sono diventati qualche cosa di... guardiamo gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti io ho avuto la fortuna di essere nella generazione che per quasi 80 anni ormai ha avuto la protezione americana, dei valori molto chiari, non ci sono stati dubbi per noi. Per noi chi diventava presidente dei Stati Uniti era l'uomo pinte e gerrimo che ci potesse essere, ma se avesse detto una bugia, se avesse avuto un collaboratore in nero, non avrebbe potuto essere... poi cambia il mondo. Arrivano processi, succede di tutto. Se io mi rimetto con gli occhi di 40 anni fa o di 50, dove siamo finiti? Un assalto al Campidoglio. La Corte Suprema, il simbolo della democrazia. Per noi studiavamo, leggevamo i libri, avevamo una passione nel vedere la vera democrazia. Oggi siamo lì a contare quanti sono repubblicani, quanti sono democratici. I reati buoni, brutti, belli, se hai la maggioranza, chi se ne importa? Questo è inquietante. Debito si riduce con il redditometro? L'hanno tolto? No, non tutto. L'hanno tolto in parte dopo una lunga... L'hanno ritirato. L'hanno ritirato lasciandone... e quindi in realtà come si riduce il debito? E soprattutto di fronte a questo patto di stabilità? Che possibilità di crescita' a questo paese? Lei ha toccato il punto. Il punto che è dell'Italia, è dell'Europa, oggi lo è della Germania, che poi determina molto di quello che avviene in Europa, e come si cresce. Cioè, questa è la vera domanda, perché il debito possiamo inventarci quello che vogliamo, ma se non troviamo il modo di crescere ce lo ritroviamo domani, quello che togliamo oggi. Quindi la crescita' si basa davvero su un cambiamento talmente profondo della nostra struttura, quando dico nostra dico italiano come dico di Bruxelles, perché l'Europa non può crescere con il tipo di struttura burocratica, con l'antitrust europea. Noi guardiamo le sentenze dell'antitrust europea, guardiamo quelle dell'antitrust americana, una garantisce la crescita', quell'altra garantisce che non si cresca, semplificando. Cioè c'è un approccio talmente poco pro crescita' che riguarda anche la Banca Centrale Europea, perché nasce da Weimar, nasce dall'angoscia dell'inflazione, eccetera. Quindi se non cambiamo questi punti non cresciamo. Il cuore ancora più di Roma è Bruxelles, cioè se Bruxelles cambia, tutta l'energia potenziale dell'Europa, che ha ancora un potenziale industriale di servizi, tecnologia molto elevato, fa fatica a esprimersi. Il vero cambio è questo. Vengo alla demografia. Dico questo perché recentemente ad Atreyu Elon Musk davanti alla domanda ma perché lei non investe in Italia? Lui ha risposto non per la giustizia, la burocrazia, ha risposto perché siete troppo vecchi e quindi io non vado a investire in un paese che in realtà non ha nessuna ipotria di crescita' banalmente perché non ha le persone. Allora noi siamo andati a fare un calcolo e abbiamo visto questo. Quest'anno in questo paese si sono diplomati 500.000 ragazzi e questo perché 19 anni fa ne erano nati 800.000, quindi hanno persi 300.000 per strada. Di questi 500.000 ragazzi che si sono diplomati 350.000 si iscriveranno all'università. Tra di loro quelli che arriveranno alla laurea saranno 120.000. E stiamo parlando di una leva di 800.000 ragazzi. L'anno scorso in Italia sono nati 387.000 ragazzi. Questo significa che con questa proiezione tra 23 anni noi avremo meno di 70.000 laureati che è la fotografia di un paese tecnicamente fallito. E' inquietante. Quella demografica è una sfida che al momento stiamo perdendo. Noi la perde l'Europa. Gli 440 milioni c'era uno studio altro giorno che smetteranno di crescere. Prima si persa al 28, adesso si arriva a dire addirittura nel 26 l'Europa non avra più crescita' demografica. Questo è il tema che riguarda il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. E su questo un intervento radicale, non queste piccole cose che ogni governo mette un piccolo incentivo. Questo incentivo non serve a niente se dietro non avvengono le cose di cui parlavamo prima. Se non c'è una speranza di crescita', se l'Europa non cambia, se la crescita' non è al centro, le famiglie non faranno figli. Il meccanismo di crescita' è quello che determina, al di là di società primordiali, ma quello che determina la speranza sul futuro, è quello che poi produce nei giovani che avranno la casa a disposizione, che sapranno che i loro figli potranno andare a scuola senza spese che non possono sopportare. Questo è il meccanismo, ma dietro la premessa è che ci sia la speranza. Bisogna ridare la speranza. Vengo agli ultimi due argomenti perché mi pare nemmeno di sei minuti, quindi tre minuti l'uno. Uno è legato a quello che stavamo dicendo. Si parla molto di politiche migratorie da regolamentare e in realtà noi abbiamo tutto un dibattito che è costruito sull'idea che chi vende i tappuori è un nemico. Ora, al di là delle sensibilità singole, non bisognerebbe ricostruire questo dibattito su una prospettiva diversa? Così è evidente che quello scenario che abbiamo appena descritto rischiamo di andare a sbaldare. Questo è un tema che teoricamente per l'Italia è facile da risolvere. E' teoricamente perché l'Italia non ha un tema vero di immigrazione. La Francia ce l'ha, la Germania ce l'ha, l'Olanda ce l'ha. Se guardiamo i numeri e la struttura della società, noi potremmo organizzare l'immigrazione in modo tale da poter formare le persone, andando in Africa, formarle creando tutte le agevolazioni possibili con un vantaggio per il Paese senza i rischi che oggi sono un fatto reale che la Germania e la Francia affrontano ogni giorno. Quindi per l'Italia è una grandissima occasione, è organizzabile, può diventare una grande risorsa per il Paese. Quindi flussi fare arrivare? Assolutamente, flussi partendo dalla formazione, anche perché vale per i nostri giovani, vale ovviamente anche per i giovani africani, è la formazione da organizzare. Se organizziamo la formazione è un bacino enorme di gente che avrà voglia e se troverà un terreno che li accoglie in modo assolutamente aperto. Gli italiani ci sono gli estremi da tutte le parti, sono cresciuti in un mondo in cui il razzismo in Italia non esisteva e non esiste, esistono sacche, è vero. Da questo punto di vista siamo sistema aperto ed è una delle ragioni per cui quando andiamo all'estero abbiamo successo e siamo abbastanza amati. L'italiano non ha un pregiudizio verso gli altri. Intelligenza artificiale, parto da una cosa che spavente, poi magari chiudiamo su cose che invece lasciano un po' più di ottimismo su cui appoggiarsi. La cosa che spavente è questa, ci sono sette grandi aziende nel pianeta, da Meta, Nvidia, Alphabet, Tesla, Amazon, Facebook, eccetera, che controllano miliardi di dati di tutti noi e che sono le aziende che sanno che cosa compriamo, chi sono i nostri amici, quali sono i nostri esidentamenti politici, sessuali, sanno tutto di noi sostanzialmente. Capitalismo, sorveglianza, ci sono fatti libri, dibattiti su tutta questa roba qua. Ma al di là del pericolo che rappresenterebbero in sé proprio per l'arretramento della democrazia su cui si potrebbe fare un dibattito, la vera domanda è perché in tutto questo l'Europa è assente? Cioè tutto questo che mi hai raccontato avviene da un'altra parte del mondo. Abbiamo parlato prima dei meccanismi europei, meccanismi europei impediscono la crescita di aziende come quelle che lei ha menzionato, impossibile. Quindi se noi non guardiamo alla competizione globale o facendo dei contratti super blindati che ci garantiscono i prossimi trent'anni, ma è chiaro che noi abbiamo un pericolo ancora più grande che queste sette società, se girano la chiave, noi non siamo più in grado di sviluppare algoritmi avanzati, l'uso di intelligenza artificiale generativa. Nulla di tutto questo. L'Europa ha messo a disposizione 6 miliardi per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, c'è una società che si chiama GaiaX che è di tipo federale che sta cercando di costruire un cloud europeo, non abbiamo neanche un cloud europeo. Mentre parliamo di 6 miliardi, il signor Altman, il CEO di OpenAI, dichiara di voler raccogliere tra 5 e 7 trillioni per lo sviluppo dei nuovi sistemi di intelligenza artificiale. Allora qui dobbiamo porci una domanda. Ci sono cose che non possiamo fare. Il cammino è come quando si parla di difesa europea. O facciamo un'OPA sulla NATO o non è che noi domani siamo competitivi. Cioè è un percorso impossibile. Quindi dobbiamo essere realisti anche in quello. Adesso si parla in modo molto superficiale del tema della difesa, come si parla in modo superficiale dell'intelligenza artificiale. L'approccio è quello di blindare i rapporti, i contratti, riuscire ad avere lo sviluppo portato in Europa. Se vuoi il mercato devi sviluppare da noi. Noi ti paghiamo decine e decine di miliardi, però queste cose le fai da noi. È la stessa logica per l'automotive. Non puoi portare qui dai casi auto che poi si fanno le batterie o l'elettronica da un'altra parte e noi gli diamo il lavoro e quattro pezzi di ferro. È il momento in cui noi dobbiamo essere realisti e fare le cose che possiamo fare. Non possiamo competere nello sviluppare quello che hanno fatto in Cina o in Stati Uniti, ma possiamo pretendere che questo sviluppo trovi una radice qua che è anche un'opportunità per i nostri giovani. Quindi far cinque anni dove ci ha portato l'intelligenza artificiale secondo lei? Inimmaginabile. Le chiedo invece una cosa che non c'è entrato negli ultimi 10 secondi. Oktri all'Inter le piace? Per quello che dicono sì, per quello che faranno vedremo. Mi è piaciuto Zang, perché Zang ha messo la faccia, ha fatto un ottimo lavoro. Forse adesso è andato via quindi nessuno ne parla più, ma è giusto ringraziare Zang per quello che ha fatto. Intanto ringraziamo lei per questo intervento. Io non so se c'è un momento domande al quale mi avevano accennato prima, se no, parte che non vedo niente perché abbiamo le luci negli occhi. Si, abbiamo a fare negli occhi. Il dottor Calabrovo le fa una domanda. Peccato. Mi permette di chiederle ingegnere se pensa si possa, nel piccolo di quello che può essere in uno scenario di questo tipo, l'impresa italiana ma anche il sistema italiano che può esprimere ancora le sue eccellenze anche a livello universitario, un ruolo da Alfieri. Qui capiamo che forse non abbiamo la possibilità di muovere il re sulla scacchiera e il gioco è molto molto europeo, ma pensa che l'Italia abbia un ruolo per cominciare a muovere questi Alfieri in ambito imprenditoriale e in ambito università per preparare il giusto terreno che poi permetta la Commissione Europea, dove le decisioni conteranno di più di avere il terreno pronto per indirizzare nel modo giusto il futuro europeo. Grazie. Grazie a lei. Una domanda molto importante perché la risposta è positiva nel senso che già avviene. Le università italiane stanno facendo molto di più di quanto non si veda. Non solo quelle milanesi che dal Politecnico alla Statale alla Bocconi stanno facendo un ottimo lavoro, ma noi abbiamo aperto un centro a Bari dove dovevamo assumere 30 ragazzi, tutto sull'intelligenza artificiale. C'è un ottimo Politecnico, c'è una Statale con dei corsi di altissima qualità. Da 30 siamo arrivati a 50, adesso rivelemo a 80 ragazzi che possono rimanere a Bari connessi con tutte le nostre sedi dedicati sia allo sviluppo di tecnologie di prodotto sia di intelligenza per l'Internet of Things nelle fabbriche. E' bravissimi. La cosa positiva è che la testa e la formazione dei giovani italiani è per l'intelligenza artificiale, per lo sviluppo di algoritmi, per l'uso della data analytics, assolutamente di alta qualità. Quindi la possibilità per l'Italia di giocare la partita esiste. Sopra bisogna garantire che lo sviluppo tecnologico non sia suddito, cioè dobbiamo trovare il modo di essere nello stream senza essere sudditi. Ma le capacità ci sono e le università stanno facendo molto bene. Rimane il tema che diceva il direttore prima, il numero delle persone e questo è il tema angoscioso del futuro. Tornando che fra poco dovremo andare a votare alle Europee, quale partito europeo secondo lei ha un'idea migliore delle altre per portare l'Europa in uno sguardo più mondiale o ha un'idea su come si fanno gli Stati Uniti d'Europa? E questo per chi vota? Il voto è segreto. Io ho sempre votato per chi ha messo al centro il mondo liberale, la democrazia e l'Europa. Ero ai banchetti negli anni 60, si pigliavano le firme per l'Europa. Quindi io sono per quei partiti che ci credono, che hanno sempre mostrato una volontà anche di cambiare l'Europa. Perché questo è il momento in cui abbiamo bisogno di un'Europa diversa, ma liberale, democratica. Sembra più Tagliani che Salvini così a occhio. Lei ha un certo intuito. Noi abbiamo delle fabbriche in Cina, si lavora benissimo. Abbiamo della gente molto capace in fabbrica. Noi come dicevo prima, abbiamo il vantaggio di fare un prodotto. Un prodotto che ha una componente tecnologica in continuo momento e che non ha quelle valenze geopolitiche come i semiconduttori, piuttosto che l'energia, le telecomunicazioni. Quindi noi lavoriamo benissimo, non abbiamo nessun problema. Abbiamo della gente molto capace, abbiamo dei cinesi bravissimi che lavorano con noi. Ok, adesso sono pronto. Faccio una domanda molto diretta. Questo è il settimo evento a cui partecipo. In uno che si è volto stamattina un relatore ha fatto un'affermazione. In Italia gli innovatori non si aggregano. In precedenza io avevo sentito un ex presidente di Confindustria fare delle affermazioni che mi hanno fatto pensare che lui, l'economist, non lo legge mai. Allora l'ha invitato a rispondere a questa domanda. Perché in Italia gli innovatori non si aggregano? E questo molto probabilmente è un forte ostacolo per la nostra crescita. Grazie. Grazie a lei. Ma gli innovatori non si aggregano. Diciamo che gli imprenditori sono una razza diffusa in Italia con dei successi che derivano dalla loro capacità di intraprendere e con una chiara spinta individualista come nel Paese. Quindi non si aggregano gli innovatori. Innovatori è una cosa diversa. Gli innovatori questo è un tema di sistema. L'innovazione si fa con le università, si fa evidentemente con le imprese e si fa con la politica che agevoli le imprese nell'innovazione. La legge migliore che è stata fatta in Italia che ha prodotto il miglior risultato è stata l'industria 4.0. E se avremo dei risultati significativi e se questa è l'industria 5.0 sarà adeguatamente finanziata perché le imprese italiane li vanno a pescare. Vanno a pescare e i risultati si vedono, sono misurabili. Quindi non è tanto l'innovazione. Siamo individualisti, è un fatto oggettivo. In questo momento questo favorisce anche le tante piccole imprese che stanno avendo successo. Bene, liberi. Grazie a Marco Trunchetti per averlo e grazie a voi per essere stati con noi. Grazie a tutti.
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