La sfida del futuro: oltre le terre rare, le persone rare
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La sfida del futuro: oltre le terre rare, le persone rare
L'evento "La sfida del futuro: oltre le terre rare, le persone rare" al Festival dell'Economia di Trento 2024 affronta il tema della crescente domanda di competenze STEM. I relatori discutono la necessità di attrarre talenti, investire nella formazione, superare il mismatch tra domanda e offerta e favorire la nascita di startup innovative. Si evidenzia l'importanza di un approccio interdisciplinare che integri competenze tecniche e umanistiche, l'apertura internazionale e la creazione di un ecosistema favorevole all'innovazione.
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Sono Alessandro Bulfon, CEO di Angelini Technologies e FAM Mechanica, Jessica Serra, ingegneria gestionale e cofondatrice e CEO di Sive, che è una startup innovativa di cui ci parlerà tra poco, e Ferruccio Resta, che è presidente della fondazione Bruno Kessler, tra l'altro ex erettore del Politecnico di Milano ed ex presidente della Crui. Buongiorno e buon pomeriggio a tutti. Andiamo subito nel concreto, perché oggi parliamo di competenze STEM e parliamo di competenze che sono rare. Come le terre rare? Questa è stata un'idea, tra l'altro, di Alessandro Bulfon, che ci spiegherà anche tra poco perché hanno pensato a questo tema così importante, ma proprio con lui iniziamo in questa presentazione che ciascuno dei relatori farà rapidamente, perché poi entriamo nel cuore del dibattito, anche con voi più tardi con le vostre domande, ad Alessandro Bulfon chiedo proprio come stanno cambiando le competenze STEM. Innanzitutto buongiorno a tutti, faccio una breve introduzione, mi presento. Prima la parte personale, sono 4 dei due figli che stanno affrontando questo periodo perché uno si sta preparando il mondo del lavoro, mentre l'altra sta cercando di scegliere qual è la disciplina, quelle sono le competenze che vuole portarsi come bagaglio per il futuro. Poi 30 anni di esperienza nell'ambito di tecnologie industriali, che prima, e qua mi sento un po' vecchio, si chiamavano meccanica, poi meccanica, e oggi grazie all'IoT, artificial intelligence, appunto che toccheremo, industri 5.0. Ho operato in diversi paesi, in abiti internazionali, quindi tutta questa parte di persone mi sta molto a cuore, mi sta molto a cuore quando penso a quello che deve essere il futuro del nostro Paese. Oggi guido Angelini Technologies, fammeccanica, che è una divisione dedicata a tecnologie industriali di Angelini Industries. Da 50 anni sviluppiamo impianti e servizi per la produzione industriale di beni di consumo monouso sia per la cura della casa che per la cura della persona e negli ultimi anni abbiamo accelerato un processo di diversificazione che ci porta attraverso il nostro know-how competenze già presenti, ma anche che abbiamo acquisito, che è difficile acquisirle, devo sottolineare, ci siamo spostati nell'ambito dell'automazione e della robotica. Venendo al punto, un anno fa, sempre qua al Festival, abbiamo toccato un po' di argomenti sulla geopolitica e sulle terre rare. Oggi penso che sia opportuno toccare il punto delle persone rare. Perché dico questo? Perché secondo me le terre rare sono risorse esauribili, ma le persone sono e hanno capacità inesauribili. Cosa voglio dire in questo? Guardi, le terre rare l'uomo troverà il modo di sostituirle e probabilmente anche in modo più sostenibile, mentre le persone rare continueranno ad essere insostituibili e questo grazie a un processo di evoluzione che storicamente si ripete, ma che grazie alla capacità di rinnovarsi, quindi arricchire il loro bagaglio di competenze, farà diventare insostituiti. Ed è quel capitale umano di cui abbiamo sempre più bisogno per vincere le sfide globali. Poi penso lo toccheremo per al vero patrimonio, per la competitività futura del nostro Paese. Lancio appunto il tema, la suggestione anche a Ferruccio Ressa, quanto importante, quanto sono importanti. Poi andiamo anche da Jessica Serra per una esperienza più personale di start-upper, però continuiamo un po' sulla questione, vogliamo un po' teorica, però calata nel pratico, di quanto sono importanti queste competenze adesso. Grazie a tutti, è davvero un piacere essere di nuovo qui, al Festival dell'economia di Trento. E è incredibile passeggiare oggi in questi giorni a Trento, perché da questa città si sta disegnando davvero il futuro. Quando parlo di competenze, di mismatch, di quali sono le competenze dei lavori del futuro, torno nel 1992 quando mi sono laureato. Io sono un ingegnere meccanico, mi presento sempre come F uguale M per A, quella legge della seconda legge della dinamica che più o meno tutti abbiamo incrociato una volta nella nostra vita nel liceo. E facevo di fatto sospensione automobilistiche, disegnavo sospensione automobilistiche, eravamo ingegneri meccanici, lì davvero non avevamo nulla di elettronica, nulla di meccatronica. Pian pianino quella vettura per cui lavoravo è diventata quella su cui oggi siamo, e da ingegnere meccanico ho dovuto passarmele tutte queste transizioni, oggi abbiamo una vettura che è sensorizzata, allora un accelerometro pesava circa un chilo, costava un milione di vecchie lire, e dovevi metterlo nei posti giusti per misurare le cose. Oggi un accelerometro ce l'avete 6 montati nel vostro cellulare e costa qualche decina di centesimi. Per cui stiamo cambiando completamente tutta la struttura. Allora che cosa vuol dire avere le competenze per il cambiamento? Perché questa è la vera realtà. La rarità delle competenze non è semplicemente la rarità di quello che serve oggi, ma di avere delle competenze che ci permettono di affrontare le sfide del domani. E siccome uno che complita gli studi deve rimanere sul mercato del lavoro una quarantina d'anni, e dare sempre valore aggiunto e deve sempre avere passione per farlo, allora ci vogliono delle fondamenta robuste. Io dico sempre fisica, matematica e chimica niente sconti, poi su quelle costruiamo. E si costruiscono in un mondo in cui la tecnologia è ormai entrata in tutta la nostra vita. Dalla dall'educazione al lavoro, dal benessere alla sicurezza, al turismo. E quindi noi dobbiamo essere pronti per affrontare quelle sfide. Quindi competenze, investimenti in STEM, perché è di base per poi costruire le aziende del futuro, ma qui mi taccio perché credo Jessica ci racconterà la nuova Angelini del futuro. Ci ha dato proprio il là per andare su un caso concreto, su un caso pratico, visto sia da un punto di vista di esperienza personale, Jessica Serra sia visto anche da chi con una startup va a cercare determinate competenze, perché nel vostro caso, sia voi stessi vi siete messi in gioco con le vostre competenze, sia le andrete sempre più a cercare. Assolutamente, ringrazio il Festival per accogliermi per la prima volta. Io sono cofondatrice e direttore operativo in SIV, che è una startup innovativa, che ha sviluppato un filtro per il trattamento avanzato delle acque refle, utilizzando come materia prima una scoria metallurgica. Quindi qui riprendiamo un po' il concetto di circolarità. La nostra tecnologia può essere considerata una tecnologia climate tech, ovvero una delle tecnologie che va a mitigare il cambiamento climatico. In questo senso vediamo come sono importanti le competenze STEM, le materie STEM, appunto per affrontare queste sfide. Proprio da qui siamo partiti noi fondando SIV, perché abbiamo sostanzialmente unito quelle che sono due competenze STEM, però eterogenee. Io sono ingegnero gestionale di formazione, quindi mi sono occupata più dell'auto business della nostra startup, mentre il mio cofondatore, Yuri, mio fratello, che tra l'altro è qui, ha più competenze tecniche e lui di formazione ha scinzato dei materiali. Abbiamo unito le nostre due competenze per fondare SIV nel 2022, però come giustamente dici tu Sergio, una delle sfide è quella di essere in grado di attravere talenti in questo settore, perché una startup deep tech, quello di cui ha bisogno, sono competenze tecniche, perché dobbiamo sviluppare sostanzialmente un prodotto, una tecnologia da zero e le competenze tecniche diventano davvero quella terra rara di cui stavamo parlando. E' veramente challenging, veramente challenging. Quello che dobbiamo fare è forse vendere anche il sogno di poter partecipare a un futuro migliore, contribuire a un'innovazione che ci aiuterà in qualche modo ad affrontare queste sfide, a rendere il nostro pianeta un posto migliore. Perfetto, innanzitutto i complimenti perché siamo addirittura in anticipo sui tempi e questo ci dà ancora più tempo. Anzi chiedo alla regia di riazzerare il nostro countdown in modo da poter partire e poter aumentare a 25 minuti il dibattito, che guadagna 5 minuti e siamo ancora più contenti di poter approfondire meglio i temi che ci siamo prefissati. Grazie anche alla regia per l'aiuto. Allora, andiamo al cuore dei temi, al cuore della questione. Permetto di avere una formazione umanista, quindi sono l'alieno in questo panel, ma un po' mi sono documentato e faccio una piccola introduzione perché quando parliamo di materie STEM, noi parliamo di scienza, tecnologia, ingegneria, matematica, che con un approccio interdisciplinare, corragetemi se sbaglio, poi col tempo si stanno sempre più contaminando con altri settori come le arti, come il pensiero critico, la comunicazione, ecc. Parto da questa premessa teorica per andare sul pratico con voi e parto con Alessandro Boulphone chiedendoli, poi ovviamente entrate anche voi nel dibattito, ma chiedendoli come stanno cambiando negli anni, e in questi anni soprattutto i grandissimi cambiamenti tecnologici, le competenze STEM. Sigura, penso che nella tua introduzione è stato puntuale sottolineare... Ho passato l'esame. Sì, sottolineare la parte indisciplinare delle competenze STEM, perché non possiamo più pensare che le competenze STEM vengano considerate come verticale. Se vediamo oggi, sta iniziando, ma sarà sempre più, un'accelerazione di contaminazione con materie e competenze umanistiche, sociali, arte, che poi queste ci permetteranno poi di avere un approccio più creativo e innovativo. Io dico che la formazione delle competenze STEM oggi avrà un forte impatto, non solo nei settori tecnologici, ma penso alla parte medicine o salute, agricultura, automotive, come hai menzionato prima tu ed altre. E viceversa questa contaminazione porterà anche a quelle figure STEM per sviluppare competenze diverse, quindi anche una parte di soft skills. Io, ai miei ingegneri, direi che il 95% della mia popolazione in azienda mi è STEM. Io non sono un ingegnere, quindi sono visto anche io come un maziano all'interno della mia azienda. Però quello che cerco di inculcare alle mie persone, di chiedere di avere sempre una visione di business, una visione soft e quindi un approccio più umanistico a quello che sarà. Se guardiamo i numeri, noi vediamo che nei prossimi cinque anni il 23% dei lavoratori cambierà lavoro. Questo non deve impaurire nessuno, anzi ci deve stimolare, perché magari si prende, si va in difesa, invece bisogna andare all'attacco. Se pensiamo che tra 10-15 anni il 90% dei lavoratori dovranno avere competenze digitali, da lì si capisce come c'è la necessità proprio di evolvere e di aggredire questo nuovo trend. Chiaro che la sostenibilità, la digitalizzazione della tecnologia saranno i propulsori della crescita, però se vediamo quali saranno quelle che avranno più rotazione, sono altre di lavori e ripeto sono agricoltura, medicina, salute, ecc. Quindi da questo, perché lo dico? Perché sono tutti ambiti che non sono STEM oggi, quindi sempre di più non vedo una separazione netta tra competenze STEM o lavori STEM e lavori non STEM. Questo è un insulto. Mentre si parlava, voglio capire qual è oggi la professione che non ha bisogno di competenze STEM. Nel pubblico ci sono tanti colleghi e tante colleghe che lavorano in altri settori, dalla finanza al giornalismo, al legal, e faccio fatica a capire e individuare oggi una professione che non avrà un impatto con queste competenze. E vorrei un pochino sminare anche il tema di mettere un po' come Guelphi e Ghibellini le STEM contro le umanistiche, nel senso che stiamo confondendo una professione con degli strumenti. Noi abbiamo bisogno di strumenti, lo dicevo prima, per essere pronti a un mercato del lavoro che cambia, a un mercato del lavoro che evolve, a un mercato del lavoro che naturalmente farà sparire alcune professioni come l'ho sempre stato da quando l'essere umano è sulla terra, e farà nascere nuove professioni. E allora oggi dobbiamo cercare proprio di superare questa divisione. L'abbiamo fatto a un po' di errori, abbiamo sempre cercato di dividere la transizione green dalla transizione digitale, come se ce ne fosse una migliore o peggiore delle altre. Io vorrei capire oggi come si risolve un problema di sostenibilità senza la chimica o l'energetica, oppure senza il digitale, il tracking del materiale che dobbiamo riciclare. Oppure penso all'economia circolare, anche qui, grandi soluzioni tecnologiche della chimica, grandi soluzioni tecnologiche del digitale. E la stessa cosa oggi lo facciamo tra le humanities e le STEM, nel senso che penso che sia impossibile fare politiche urbane di urbanizzazione, di mobilità, di energia, senza avere chiare le scienze comportamentali dell'individuo e della collettività, ma non possiamo farlo attraverso, senza non abbiamo strumenti dei dati, dei digitali, degli algoritmi. E allora dobbiamo davvero provare a fermarci e non aver paura, non aver paura di questo cambiamento. E tutte le volte che qualcuno ci dice che la nostra professione, una professione vicina a noi, in qualche maniera sta cambiando, non ci sarà più, allora dobbiamo immaginare che cosa sostituirà quella professione e inventarci, come stanno facendo loro, la soluzione che sostituirà. Allora si creerà lavoro, perché allora si prende il punto di vista positivo del cambiamento nel dire che cosa sarà la nuova professione, che cosa sarà il nuovo prodotto, che cosa sarà il nuovo servizio, e nascono un po' queste iniziative. Se Jessica Serra, dalla tua esperienza, vuoi aggiungere qualcosa sul cambiamento che tu stessa hai vissuto e stai vivendo. Esatto, sono completamente d'accordo con Alessandro Ferruzzo sul fatto che c'è una nuova integrazione, integrazione di quelle che sono le competenze tecniche con quelle magari più umanistiche, quindi andiamo a parlare di soft skills. Io volevo portare un esempio simpatico del mio percorso personale, io ho iniziato studiando scienze umane, quindi mi sono diplomata a liceo delle scienze umane e poi ho avuto un momento di pivoting in cui ho deciso che volevo essere ingegneria nella vita, però non rinego questo mio percorso, tornando indietro lo rifarei nuovamente per il semplice fatto che mi ha reso oggi una persona, un manager, un imprenditore che è in grado di vedere i problemi sotto entrambi i punti di vista e credo che questa competenza, questa esperienza di vita mi abbia sempre arricchito. Sono convinta anche che nel contesto della nostra startup, soprattutto perché siamo in pochi e abbiamo bisogno di competenze tecniche, quindi siamo tutti tecnici, è necessario che quei tecnici siano in grado anche di avere queste soft skills per supportare poi lo sviluppo dell'azienda che non è solo tecnologia, ma anche business e anche mercato e tanti altri aspetti, quindi noi ad oggi ci impegniamo ogni giorno, io e il mio cofondatore Yuri, nell'essere ambedue i punti di vista e cerchiamo persone da integrare nel nostro team che abbiano voglia di essere tecnici ma con queste soft skills che ad oggi sono diventate fondamentali. Ferruccio, resta chiedo, perché abbiamo parlato, abbiamo parlato come stanno evolvendo, l'importanza, però torno appunto di partenza del titolo di questo panel, perché sono così rare? Stanno diventando veramente introvabili, è difficile? Innanzitutto perché cresce la domanda. L'ultimo è quando qualche anno fa ho laureato in ingegneria informatica, in ingegneria matematica, in informatica matematica e veniva richiesto da un mondo del digitale. Oggi sistema sicurativo, sistema bancario, sistema real estate, sistema della finanza chiede disperatamente queste competenze. L'altro giorno ero in un fondo di private equity e all'interno del fondo di private equity c'erano pieni di ingegneri matematici che cercavano algoritmi per andare a fare metriche di valutazione del business e delle nuove imprese su cui investire. Quindi sono richiestissime e quindi naturalmente di fronte a questa richiesta le persone, la domanda è cresciuta e l'offerta è limitata. Allora lì dobbiamo cercare di aumentare l'offerta, lì bisogna essere secondo me due suoni canali. Siamo davanti certamente a un tema di denatalità per cui non avremo un futuro in cui avremo più giovani su cui investiremo su queste discipline. Allora ci sono due possibilità, la prima è richiamare competenze qualificate dal mondo e lì dobbiamo essere attrattivi e non possiamo raccontare delle piccole storie, non possiamo raccontare delle piccole aziende, il piccolo e bello è finito, dobbiamo raccontare dei sogni. Jessica ci diceva abbiamo un sogno, senza i sogni non attraiamo qua dei giovani. Il secondo è un'altra grande categoria di persone che oggi poco investono nelle stemme che sono le ragazze. Nel senso che oggi quella fetta di capitale umano e risorsa produttiva del nostro Paese snobba un po' per cultura queste carriere e guardate su questo c'è ancora un problema culturale enorme, soprattutto in certe parti d'Italia. Come ricordavo, ho fatto la conferenza di reteo dell'Università italiana, giravo l'Italia, ci sono dei territori in cui si dice ancora le stemme no perché sono aride, non vanno bene per te, quando si vedeva una ragazza che aveva delle grandissime capacità. Quindi questi sono i due motivi, potenziare e premiare una attrattività internazionale, primo e secondo lavorare moltissimo sulle ragazze. Così facendo riusciamo un pochino a unire domande e offerte. Al volo anche perché il tempo poi scorre, però chiedo invece la tua azienda, fate fatica a trovarle? Sì, facciamo fatica a trovarle e faccio ecco a quello che ha detto Ferruccio, bisogna aprirsi un po' a modelli diversi e soprattutto capire che il vaccino ormai è un vaccino globale, non può essere un vaccino territoriale. Se prima le barriere territoriale ti difendevano in qualche modo, oggi permettre a tenere questi talenti è difficile. Hanno delle offerte dall'estero che non vanno nei canonici, le matrici dello stipendio in base a quanto è il costo della vita per Scara, e tu cresci del 5% ogni anno, ormai si comprano le competenze. E quindi noi come industria, ma penso che anche come paese e come sistema dobbiamo evolvere e evolvere anche rapidamente, altrimenti saremo al fanalino di coda. Torno da Ferruccio Resta e poi però coinvolgo Jessica Serra su un altro tema importante, perché finora avete giustamente detto dobbiamo essere attrattivi verso il mondo, attrarre competenze STEM da fuori Italia, profili qualificati che vengono qui, vedono che Italia è un paese interessante per lavorare e anche per vivere, forse la seconda è più facile, viste le nostre bellezze, però il lavorare deve essere qualcosa su cui investire sempre più e renderci attrattivi. Ma c'è anche il discorso inverso, cioè formarsi uscendo e poi rientrando. Ecco, qui l'esposizione internazionale, quale ruolo può giocare, e lo diciamo magari anche i giovani presenti, per studiare in Italia, uscire studiando, lavorando, e poi tornare arricchiti e mettersi in gioco e portare un plus? Guarda, io lo dico, ormai sono troppo vecchio per vergognarmi, il più grande errore che ho fatto nella mia vita è non avere avuto il coraggio in un certo momento della vita di andare all'estero per un periodo, o se non della giornata, e non tornare, per poi tornare. L'assenza di quell'esperienza ha certamente condizionato moltissima della mia carriera, quindi io lo dico con grandissima ramarica verso me stesso. Questo non vuol dire andare all'estero perché in Italia non esistono opportunità, ma andare all'estero per vedere cosa succede su scala globale. Ne parlavamo prima con Jessica. Siamo troppo piccoli, troppo provinciali, guardiamo il mondo ancora con l'idea che sia il mondo che gira intorno a noi e non forse che noi siamo piccoli rispetto al mondo. Abbiamo ancora sdoganato il fatto che la terra e il sole hanno dei rapporti diversi. E quindi le nostre start-up gli diamo 50-100.000 euro perché così non buttiamo via i soldi, dalle altre parti del mondo investiamo milioni nelle start-up perché devono affrontare un tema globale. Le nostre risorse umane cerchiamo di non farle andare via perché sennò poi non tornano e invece un percorso formativo sarebbe necessario. Ho sempre sognato, proprio perché mi costa non averlo fatto nelle mie vite, l'ho sbagliato a non farlo, un mondo della scuola che quasi obbliga tutti, un mondo dell'università che ti obbliga tutti a fare obbligatoriamente un anno all'estero. Nerasmus obligatorio. Quello vuol dire che tutti noi siamo esposti, torniamo e poi la scelta non è più una scelta che devo andare là per fare l'esperienza ma una scelta a questo punto professionale e va bene che sia così. Jessica Serra, non solo tu ma anche tuo fratello e entrambi avete avuto un'esposizione internazionale, quanto vi è servita? Molto, molto. La nostra esposizione internazionale è stata la scintilla che ha reso possibile la realizzazione del nostro sogno. In particolare la nostra tecnologia nasce grazie a un Nuau che ha sviluppato iuri all'estero, ha studiato in Belgio per due anni, dove ha lavorato con il principale gruppo in Europa che si occupa di scoria metallurgiche che è la nostra materia prima. Io invece ho fatto un periodo in Danimarca, a Odense, dove ho approfondito le tematiche di economia circolare Agenda 2030, quindi diciamo che questi percorsi hanno fatto nascere in noi un interesse, hanno acceso una scintilla e quando poi ci siamo incontrati, ci siamo confrontati tornando in Italia, abbiamo detto facciamolo e abbiamo scelto di farlo in Italia, però il tutto è nato grazie a queste competenze che sono state acquisite all'estero. Convolgo Alessandro Bulfoni invece per andare a toccare un altro punto critico, stiamo analizzando, stiamo cercando di offrire soluzioni, mi piace questo, stiamo lanciando messaggi ma stiamo cercando di offrire soluzioni. Un altro punto critico che invece riguarda più voi è il mismatch, a volte magari vi trovate a cercare determinati profili che però l'Accademia non forma. Ecco qui quali soluzioni proponete come mondo dell'industria? Allora io direi che non si può attribuire all'Accademia il fatto che non siano formati ma penso che ci sia necessità di lavorare in forma congiunta e di creare un sistema. Tornando l'esperienza dell'estero, mi collego a questo, io ho avuto invece la fortuna di andare all'estero, ho avuto coraggio di andare all'estero e mi è servito tantissimo. Poi ricordo proprio molto vivamente il fatto che i voti che prendeva l'università erano collegati a quello che sarebbe stato il mio futuro in stage e curriculari presso delle aziende. Il percorso che ho fatto io era un percorso di 5 anni di cui un anno era presso aziende e proprio l'università in base meritocratica ti allocava alle principali aziende e questo mi ha preparato poi ad arrivare al mondo del lavoro un po' più pronto. Io devo dire che anche le aziende hanno gran parte della colpa perché poi diventa anche una cosa culturale. Il giovane è troppo giovane, quello che è andato fuori il corso non va bene. Io penso che ci debba essere uno sforzo un po' più ampio dove il congiunto perché la responsabilità non sta né nella parte formazione né nella parte industria né nella parte di istituzioni ma ci deve essere invece un progetto un po' più strategico, unico e lungimirante di quello che deve essere il futuro di questa creazione di queste competenze per l'industria altrimenti noi non ce la facciamo saremmo in grado di fare. Dove la parte di formazione magari porta all'interno una parte più vicina al mondo operativo del lavoro e così anche noi parte dell'industria non possiamo dire che questi ragazzi non sono pronti nel mondo del lavoro ma da parte nostra anche dobbiamo aprirci. Noi in quasi in modo egoistico vediamo questi stage, questi internship come un costo anziché un investimento e dopodiché lo vediamo come un costo anche perché dice ma no qual è il ritorno? Questo torna via non lo riprendo più. Invece di pensare a quello che è la creazione di valore solo della propria azienda è una creazione di valore a livello sistema e di paese allora se passa un giovane attraverso la mia azienda io aiuto e assecondo la parte di formazione con una parte practice, creo valore e magari anche lo spongo all'estero perché si può anche esporre e si deve esporre all'estero e a quel punto lì creare un sistema molto più ampio. Prima di passare all'ultimo punto di dibattito però chiedo anche Ferruccio, resta una considerazione. Il mismatch, io ho vissuto gli ultimi cinque anni in cui 17, 18, 19 il tema era le soft skills, se non avevi le soft skills e non facevamo le soft skills eravamo un'università che diventava matri. E io allora ho detto guardate che i ragazzi sono bravi come noi quindi quando si sono laureati saranno laureati come voi quindi le soft skills si fanno con l'esperienza, con gli errori, con gli esempi e vi dicevo. Quindi calma bisogna dare il tempo necessario alla formazione. Il mismatch, ritorno al mio esempio iniziale, io ho iniziato facendo l'ingegneria meccanico poi la meccatronica poi l'intelligenza artificiale, il veicolo autonomo e vi dicendo ho dovuto adattarmi e quindi ho dovuto continuare a formarmi. Poi abbiamo politica universitaria, l'università degli studi di Milano ha deciso di ridurre un po' i numeri di scienze politiche perché i laureati di scienze politiche non venivano occupati, ricorso Altara ha dovuto riallargare e ha più studenti di quanto i vigili del fuoco gli permettono di entrare nelle aule. Dopodiché è tutto un mondo difficile. Io quello che voglio dire è che semplicemente oggi è chiaro dove bisogna investire le informazioni. Scuole di qualità, università di qualità quindi nessuna scorciatoia e percorsi che guardino alla trasformazione. Poi se qualcuno vuole investire per cultura personale in altre cose lo faccio, però è evidente. Per quanto riguarda le industrie abbiamo la fortuna di aver in sala oggi l'alettrice politica di Milano che è la scuola per numeri e per qualità migliore che abbiamo in Italia. Un'industria oggi può tranquillamente finanziare o cofinanziare o partecipare a un'offerta formativa congiunta e lo facciamo e paradossalmente lo fanno più le grandi aziende internazionali che le piccole, le medie grandi aziende nazionali. Ho colto il rilancio un messaggio alla politica di investire in scuola, investire in università, continuiamo a ripetere fino alla noia perché senza questo non andiamo a nessuna parte. Ultimo punto, riparto da Ferruccio Resta e poi ricominvolgo Jessica Serra perché il tema è startup, cioè come favorire la nascita e la crescita di startup in ambito STEM in accademia traghettandole verso un settore business o comunque industriale. Visto che abbiamo pochissimi istanti dico due cose, noi abbiamo da vincere la paura del fallimento e qui non è soltanto perché tutti dicono no perché noi siamo troppo, non abbiamo tanta Jessica e quindi non abbiamo tante persone che in qualche maniera investono. Ma provo a dare un punto di vista, noi abbiamo un sistema finanziario che ha paura di fallire, abbiamo un sistema finanziario che dà dei presti ad aziende decotte, completamente brasate e poi invece non dà un milione di euro a Jessica e suo fratello per provare a fare un'azienda del futuro. Quindi la paura del fallimento non ce l'hanno i giovani, ce l'hanno le istituzioni pubbliche, la finanza, che ha paura di buttare dei soldi e dico buttare perché ogni tanto bisogna investire anche su aziende innovative del settore. Noi abbiamo un numero di startup finanziate che è pari a quello della Danimarca e dell'Olanda e loro comunque sono quote di finanziamento superiore a 10 milioni e noi siamo sotto ai 5. Cioè quindi non vediamo i UK, non vediamo Francia, non vediamo Spagna, non vediamo Germania, quindi dobbiamo pensare più in grande e dobbiamo credere nelle nuove generazioni. Jessica, dalla tua esperienza personale voi comunque avete avuto la fortuna di inserirvi in un ecosistema che vi ha poi aiutato, eccetera, ma esiste a livello macro questo ecosistema? Come dici tu noi siamo stati molto fortunati come startup di PTECH perché tra l'altro siamo un caso molto particolare, non siamo nati a livello tecnologico all'interno dell'università, quindi non avevamo asset, avevamo bisogno davvero di capitale. E quindi questa è stata una step di difficoltà in questo senso, ci è stato molto utile il ruolo dell'acceleratore in questo ecosistema, quindi parliamo nel nostro caso di Poliab che è l'acceleratore legato al Politecnico di Milano, che ci ha supportato nello sviluppo della nostra tecnologia e del nostro business affinché fossimo pronti per un investimento. Però per ricollegarmi a quello che ha detto Ferruccio, in Italia la cultura del fallimento non esiste. In Italia quando fallisci hai fallito, all'essero quando hai fallito sei esperto. Bisognerà portare questo perché effettivamente bisogna essere coraggiosi, e io e Iuri ce lo diciamo ogni giorno che siamo coraggiosi, ci sono tanti ragazzi che hanno questo coraggio. Semplicemente bisognerebbe trasmettere un messaggio diverso, ovvero che è giusto fare esperienza, che è giusto provarci, però dobbiamo essere supportati dai capitali perché le STEM sono capital intensive e noi abbiamo bisogno di più soldi, di tiquette da 50, 100k e questi soldi non possono mangiare tutte le equità dei founder giustamente perché si deve mantenere anche la parte motivazionale poi di chi ha fondato la startup. Quindi sicuramente c'è un ecosistema, ma come dicevamo prima con Ferruccio, c'è anche bisogno di scalare e guardare modelli europei e esteri. Allora i miei complimenti perché siamo riusciti a trattare contro ogni speranza tutti i punti, avevamo 5 minuti in più ma ce l'abbiamo fatta, tutti i punti che c'eramo prefissi e ora la parola passa a voi, abbiamo circa una decina di minuti e le vostre domande, le vostre curiosità, insomma ci sono anche degli studenti che magari sono ancora più interessati al tema perché si stanno formando, magari ecco il microfono mi pare sta arrivando, se alzate la mano così ci facciamo dare ancora qualche suggerimento, qualche considerazione più, a me questo dibattito è piaciuto tantissimo perché sono usciti tantissimi messaggi, vediamo se dal pubblico c'è qualche spunto o sollecitazione ulteriore, non avete proprio niente? Alzate solo la mano, c'è sempre bisogno di chi rompe il ghiaccio, dopo che gli altri sicuramente si aggiungono. Non avete domande, per voi è stato comunque tutto assolutamente chiaro, a questo punto io ringrazio i nostri panelist, Alessandro Bulfon, Ferruccio Ressa e Jessica Serra, grazie ancora, grazie per aver sostanziato, fatto emergere i punti critici, lanciato messaggi importanti e dato soprattutto un sentiero su cui da percorrere, questo secondo me è la cosa più importante, grazie ancora e buon proseguimento con il festival dell'economia. Ciao!
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