(In)dipendenti: come cambia il modo di vivere il lavoro
Incorpora video
(In)dipendenti: come cambia il modo di vivere il lavoro
Il talk "(In)dipendenti: come cambia il modo di vivere il lavoro" del Fuori Festival Economia Trento 2024 affronta il tema del lavoro dipendente e indipendente alla luce dei cambiamenti introdotti dalla pandemia. Si discute di smart working, lavoro autonomo, lavoro sui social, con un focus sull'importanza dell'autonomia, della conciliazione vita-lavoro e della ricerca di un lavoro che dia soddisfazione. Si analizzano le sfide e le opportunità di questi nuovi modelli di lavoro, con particolare attenzione alle esigenze delle nuove generazioni.
Relatori
Sagratella JessicaCorona Max
Salvi Fabio
Edizione
2024 - QUO VADIS? I dilemmi del nostro tempoe Buongiorno a tutti, benvenuti a questo eh appuntamento del del Fuori Festival uno dei talk di oggi. Il titolo dell'evento di oggi è in dipendenti con in come avete letto tra parentesi quindi parleremo sia di lavoro indipendente che di lavoro dipendente. Parliamo di come cambia il modo di vivere il lavoro partendo dal eh diciamo dall'assunto dal dal dal presupposto che la pandemia se c'è eh diciamo se vogliamo a tutti i costi trovare un un elemento positivo ha un modo di lavorare e quindi ci confronteremo con i nostri ospiti eh su eh i diversi modi di lavorare quindi lavorare in azienda come dipendente, lavorare come partita IVA e lavorare con i social con con il suono, con i podcast. Eh io eh comincio subito a presentarvi i miei ospiti e proprio partendo dal dalla mia sinistra Max Corona autore e voce di Storie di Brand che è uno tra i podcast più ascoltati in Italia con quasi nove esporti di ascoltatori quindi racconta le storie di brand e delle aziende, il suo libro Persone che pensano in grande racconta la determinazione degli imprenditori, dei loro sogni e dei loro successi. Quindi parliamo appunto da partiamo da un non presupposto anche come eh insomma di abizione, di realizzare comunque le proprie aspirazioni. Poi abbiamo eh Jessica Sagratella spero di non aver sbagliato il tuo cognome, ok? Copywriter e content strategist, freelance che rappresenta il mondo diciamo delle partite IVA ha creato e scritto per molte realtà tra cui Ciao Darvi, il mondo convenienza, NTT Data e soprattutto ha un progetto editoriale su Instagram che si chiama cercasi punto C eh dove appunto racconta il il suo lavoro di branding, di creativa un eh un progetto molto originale quindi parleremo anche di come lavorare eh come partita IVA in maniera in cui se c'è un'altra cosa che la pandemia ha eh diciamo ha sviluppato un'altra cosa cui ha dato il il la è stato lo sviluppo del lavoro sui social e poi eh ultimo e non ultimo Fabio Salvi, team leader people partner di flix bus eh che rappresenta in un certo senso la voce delle aziende in questo contesto è la sua la sua bio eh almeno le informazioni che eh che sono sul eh rispetto al suo profilo parlano di venti di persone che devono dimostrare che persone e organizzazioni non devono per forza rappresentare uno simoro e allora io se sei d'accordo partirei proprio da questo perché quando ci sono simori anzi quando c'è da dimostrare che eh no due termini non rappresentano uno simolo è sempre uno spunto molto molto interessante partiamo quindi da flix da flix bus dal punto di vista delle aziende e portiamo direi da quello che tu hai detto eh le telecamere cioè che in flix bus avete un eh una struttura di di già molto avanzata cioè lo smart working eh è arrivato prima c'era già prima della pandemia ed era molto articolato sì eh grazie mille eh allora innanzitutto non voglio fare le che parla per forza bene l'azienda e quanto siamo bravi e quanto siamo belli perché veramente le no l'annuoia calerebbe qui già mattino presto non so quanti non voglio fare questa cosa eh flix bus giusto per inquadrarvi eh l'azienda degli autobus verdi che magari avete visto in autostrada che magari avete anche preso e noi non abbiamo gli autisti al nostro business così capiamo di di che perimento stiamo parlando eh noi dicevo prima ragazze anche prima della pandemia avevamo un modello di di smart working in senso reale perché oggi noi parliamo di smart working quando in verità nel 90% dei casi stiamo parlando di telelavoro diciamo non cambia poi la modalità operativa solo che fai nove diciotto seduto a casa tua piuttosto che seduto in ufficio. Allora questo in sé non è eh grandemente innovativo. La cosa curiosa è che appunto dicevo che noi avevamo già da tempo prima della pandemia la possibilità da di lavorare da casa tranquillamente cioè non c'erano neanche particolari insomma formalità da da Dempire e nei c'è la resistenza culturale da parte dei manager che erano molto giovani io quarantasci anni sono il più vecchio di tutta l'azienda e sono un flix boost quasi sette anni il tema è che nessuno lo prendeva eh questo smart working perché sembrava come dire mi prendo cioè lavoro a mezzo o mezza giornata un po' lavoro un po' vacanza e quindi proprio quando uno era disperato stava a casa e perché c'era l'idraulico il figlio era malato e c'era andata al dentista queste cose qua oggi poi è arrivata la pandemia non parliamo neppure ma ci ha insegnato che anche lavorando come dire completamente da remoto era possibile mantenere lo stesso livello di di produttività e quindi c'ho ah gaspita insomma anche quelli che come dire la consideravano un po' come un'opportunità per gli scans a fatica e a un certo punto hanno dovuto anche rivedere le loro condizioni e soprattutto è diventata nel post pandemia una modalità al meno per il settore dei servizi è secondo me imprescindibile per come si vuole vivere anche il lavoro eh dipendente perché di fatto eh libera poi le persone da quello che è il vero lusso come dire di tempi moderni che è quello del tempo. Assolutamente. E quindi abbiamo fatto un piccolo passo in avanti e mi hanno detto ok lo significa che è libertà di spazio ma anche libertà di tempo e quindi proviamo anche a liberare la dimensione tempo che è complicato perché flix buso che c'è in Italia ma noi tutti abbiamo interconnessioni con il nostro ad quarter eh di Monaco di Baviera il mio capo per esempio è francese quindi dobbiamo interfacciarci con colleghi e team remoti quindi mi hanno trovato il compromesso di dire ok al giorno devi essere disponibile fisso davanti a un computer per la connessione quattro ore che è la mattina sono al dieci dodici che è tedesca e maggior mezzogiorno quindi è un orario politicale corret e nel pomeriggio dalle eh quindici alle diciassette come le visite fiscali e le massima e lì devi essere connesso davanti al computer che poi sta in soffitta sta in spiaggia però devi essere disponibile alla connessione tutto il resto della giornata fai quello che vuoi vuoi anche spegnere il computer vuoi stare dall'altra parte non importa quello che importa è che il task il compito l'obiettivo che ti è stato assegnato deve essere portato a termine nei tempi previsti poi se tu sei bravo lo fai in tre ore o te ne servono dodici eh questo è un tema come dire di produttive dal tuo personale ovviamente del tuo team però questa è secondo me una modalità che veramente libera perché di fatto parlare di smart working e di fatto intendere tele lavoro non è questa grande rivoluzione di fatto si resta come dire compressi nella dimensione in cui eh timbre cartellino da un'altra parte quindi non c'è una cosa giusta, una cosa sbagliata, cioè in Italia non si è incapaci di fare una discussione per cui qualcuno deve sempre vincere e non può portare argomenti. Non è che chi sta casa ha ragione e chi vive in ufficio è scemo o viceversa. Ognuno è diverso quando si parla appunto di eh come dire le persone al centro o di diversity inclusion un po' parole che mi danno l'orticaria per come sono espresse e questa la diversi, ti dire io sono diverso da te, ti devo liberare dalla possibilità di esprimerti nei limiti poi di un interesse comune eh alle massime delle tue possibilità quindi io personalmente amo stare in ufficio io mi occupo di risorse umane, io le voglio vedere le persone, le voglio toccare, ci voglio parlare, voglio andare a pranzo, voglio sapere come stanno i figli, che cavolo pensano, insomma voglio avere un contatto come dire umano anche perché dice oh cioè se sto a casa alla fine mi sono in grado di non vedo nessuno per tutto il giorno, lavoro dodici ore, altro che lavorare di meno, cioè sono le orte di sera, sono ancora lì, poi mi mangio una scatola di fagioli, cioè non è un fine di vita che a me personalmente funziona. Chi cioè chi è più bravo e riesce a gestire come dire il tempo della giornata diversamente, allora a me che importa? Dove stai e come gestisci come dire il tempo del tuo lavoro? Quando poi i risultati comunque ci sono? Cioè questo è poi è dare fiducia anche alle persone. Certo. Certo. Certo. Certo. In senso che il grande equivoco delle organizzazioni era non so quando uscivi alle sei e mezza o mezza giornata. Come se stessimo otto ore o ante il moneto a lavorare. Chissà che poi magari passavi dietro uno sta guardando una serie su youtube e dice vabbò sì sei scritto in ufficio ma la produttività è un altro paio di maniche. Allora di fatto svincolarlo anche dal eh lo spazio ma svincolarlo soprattutto secondo me dal concetto di controllo, da quell la logica un po' per cui l'occhio del padrone è in grassa al cavallo per cui so dove sei o se qua ti tengo l'occhio. Controllo che... Esatto, non c'è un'altra parola, non è una cosa che ha proprio un fondamento umano, non proprio né di management né aziendale e quindi si tratta solo di prendere atto della realtà e questa poi è la difficoltà del management. Il management è una cosa semplice, io dico ai ragazzi che fanno i manager, 50% del lavoro gestisci aspettative da le tue persone, non dire cose che non puoi fare e prometti quello che puoi promettere. Sei già a metà e sei nel 99% dei manager italiani e sul resto si può costruire, è fiducia come dire stare in azienda. E questo desiderio di controllo magari ne parliamo poi nel secondo giro ha probabilmente anzi sicuramente portato diverse aziende dopo la pandemia, diciamo dopo il periodo di smart working obbligato a richiamare dipendenti magari in azienda, magari parliamo anche di questo. Vorrei passare la parola gestica, allora abbiamo parlato di autonomia, di autonomia all'interno delle aziende, di un orario lavorativo prestabilito ma tu appunto rappresenti i freelance, le partite IVA dove l'autonomia diciamo è la parola d'ordine però a volte l'autonomia può diventare anche una gabbia perché comunque non è facile e soprattutto per la generazione zeta che tende a prediligere questa modalità di lavoro autonomo dove c'è molto spazio per tutto ciò che è vita al di fuori del lavoro però a volte si paga anche in termini di retribuzione, di libertà. Ci vuoi raccontare la tua esperienza in questo senso? Certo, ok è già acceso, ciao a tutti, un buongiorno. Allora io non so se propriamente posso dire di rappresentare le partite IVA e i freelance perché io sono in questa configurazione da meno di un anno dopo esperienze molto diverse perché ho iniziato a lavorare in ambito creativo e digitale abbastanza giovane, facevo ancora l'università e ho avuto quindi la fortuna di avere esperienze molto diverse tra loro che mi hanno fatto capire che cosa in questo momento della vita per me è importante rispetto a tutto quello che era stato prima, rispetto a tutto quello che era stato il mio percorso. Ho iniziato come assistente di un manager della digital transformation e io da lì quindi ho iniziato proprio con la flessibilità, è stata la cosa che ho imparato in questo lavoro. Dopodiché il classico cursus honorum del quasi laureato quindi lo stage curriculare, dopodiché un'altra esperienza lavorativa un po' a metà fra uno stage, un apprendistato, una collaborazione, dopo ancora un'altra esperienza che di fatto era inquadrata come stage ma stage non era perché ero in un'agenzia in cui svolgevo diversi ruoli senza un tutor. Poi ancora è arrivata l'esperienza aziendale che è stata la più lunga, tre anni e mezzo in una grande azienda prima e altri sei mesi dopo e per me è stata veramente significativa sia come persona che come professionista l'esperienza in azienda grazie al team nel quale sono stata immersa un team composito, tante figure diverse in cui ho capito grazie alle quali ho capito che cosa mi piaceva più fare e soprattutto perché mi piaceva fare, cioè aprire e lavorare con la creatività. Dopo aver raggiunto una consapevolezza professionale però mi sono iniziata a porre domande più esistenziali, accelerate ed ingrandite sicuramente dall'avvento della pandemia che come tanti della mia generazione, io sono fra la generazione Y e la generazione Z diciamo, mi ci affaccio, voglio crederlo, mi sono domandata come stavo vivendo il mio tempo, se ne ero padrona oppure se lo stavo dando a destra e a manca pur di avere una validazione indietro, una validazione che non è solo economica, quanto più una validazione stai facendo la cosa giusta, stai facendo qualcosa. Sei brava, sei abbastanza brava, sei all'altezza. Io sono sincera, io ero un po' nervosa prima di sedermi qua perché sapevo che avrei avuto vicino due persone con un asterisco sotto, con un job title che assicurava l'autorevolezza, la giustizia tra virgolette della loro posizione qui oggi, flix boost da una parte, storia di brand dall'altra, dico io mi siedo e non ho un'etichetta a proteggermi, ad attestare quello che sono, ad attestare tutto il mio percorso professionale, l'esplorazione, gli sforzi, anche le vittorie diciamo, non ce l'ho, quindi starò all'altezza. Ecco le domande che sono partite durante il lockdown, quindi come sto vivendo il mio tempo, sto sfruttando al massimo il tempo che ho per diventare la professionista e la persona che voglio. Hanno trovato poi la loro risposta dopo due anni, forse un po' di più anche e l'ultima esperienza che ho avuto aziendale, un'azienda all'avanguardia che prevedeva tantissimo smart working, tantissima flessibilità eppure anche lì c'era qualcosa dentro di me che cozzava, non mi rispecchiavo nei valori espressi dal management, io sono colè che scrive quelle frasi che dici, diversity and inclusion, le persone al centro e a un certo punto mi sentivo di stare prendendo in giro giovani come me che stavano cercando la loro opportunità nel mondo perché sapevo che non era vero, sapevo che era solo slogan, naimé, quelle frasi e quindi ho deciso di scommettere su di me, quindi faccio fatica a viverlo solo come un percorso professionale, questo della partita IVA, per me è un percorso personale, un percorso anche psicologico per capire come posso crescere proprio, come posso affrontare magari dei limiti che ho sempre avuto e credo che se non ora quando il tema scommetto su di me, vediamo, sia comune a entrambe le generazioni, insomma, ho letto dei dati prima di venire e leggevo addirittura che il 40% della generazione Y oltre il 50% della generazione Z sono freelance, questi sono dati veramente importanti che fanno capire quanti probabilmente si sono posti, la stessa domanda che mi sono posta io relativamente al tempo, dare un significato a quello che facciamo, addirittura dei soldi che ci tornano indietro. Direi che avendo un range di osservazione più ampio del tuo semplicemente perché ho qualche anno in più, forse fino a qualche anno fa, una decina di anni fa o anche di più, magari si era freelance per necessità perché non c'erano assunzioni, non c'erano posti fissi, non c'erano appunto posti nelle aziende, adesso forse mi parli di capire che il freelance come dite è più una scelta consapevole piuttosto che una scelta dettata dalla necessità. Ti voglio confermare che è ancora così, cioè che ci sono tanti freelance come Jessica che scommettono su se stessa eccetera però ce ne sono tanti altri che magari vorrebbero lavorare come dipendenti ma sono obbligati in un modo o nell'altro a essere freelance falsi perché in realtà sono dei dipendenti che hanno semplicemente la partita IVA. Però certamente c'è, passiamo al racconto della tua esperienza, credo ma chiedo a voi conferma che c'è più consapevolezza del percorso umano come racconta Jessica, c'è più la consapevolezza di voler scegliere il lavoro in un modo diverso per dare più spazio a una parte di di sé che non è il lavoro, magari le nuove generazioni non si identificano completamente nel lavoro, nel ruolo, nell'etichetta. Secondo me dipende un po' da le persone e dipende anche dalla percezione che le persone hanno del lavoro. Come diceva Fabio prima c'è un grosso problema di percezione per esempio le persone che lavoravano in ufficio perché lo smart work è considerato non lavorare è un grosso problema di percezione che c'è voluta una pandemia mondiale. Quindi già quello è una percezione abbastanza pesante come quella della partita IVA, avere una partita IVA e scommettere su se stessi è una cosa percepita come molto rischiosa. Per i miei genitori quando io aperto la partita IVA è ok dobbiamo trovare una soluzione, apriamo un b&b perché finirà sulla strada tra poco. Però effettivamente non è così e ogni scelta poi va nel tuo percorso che diventa parte di chi sei quindi non mi ricordo neanche la domanda che mi porti. Sì c'è una percezione secondo me il fatto che il mondo del lavoro sia cambiato un po' ci ha permesso di farci delle domande in più quindi magari ok prima dovevamo essere in una città per poter lavorare magari da Flixbus dovevo essere a Milano adesso che ci danno questa possibilità di non essere per forza a Milano ci fanno ok ma quindi dove vorrei essere questa è una domanda che prima non ci si poneva ed è super positiva questa cosa qui è anche un modo per interrogarsi su noi stessi perché le domande poi devi trovare la risposta insomma. E tu ti sei sicuramente interrogato su te stesso perché appunto il libro persone che pensano in grande sicuramente riflette appunto degli interrogativi e vogliamo parlare di questo libro ma vogliamo parlare anche di Storie di Brand un podcast appunto con milioni di ascoltatori quindi vuol dire che comunque gli ascoltatori sono interessati a conoscere le storie dei brand che sono storie familiari anche a volte? Allora a me piace pensare che siano storie di persone ok quindi quando mi sono ho iniziato a raccontare le storie dei brand anche lavoravo in un ufficio come dipendente e quindi mi sono domandato cosa potessi fare per riempire un po' quella per togliermi quella sensazione di star perdendo tempo perché questo è quello che avevo dentro che sentivo e le storie dei brand in realtà sono un pretesto per raccontare le storie delle persone che si nascondono dietro questi brand quindi sia il podcast podcast in maniera molto più con molti più esempi nel libro ce ne sono un po' meno ma sono un pretesto per raccontare quali sono gli elementi che portano poi una storia a diventare di successo successo poi con mille astelischi e virgolette e quindi sì sono storie di persone di scelte di fallimenti di percorsi insomma quindi non sono le storie degli aziende di questo tipo e secondo me piace alle persone anche per quello perché si possono è più facile magari creare un'empatia un collegamento con delle persone piuttosto che con delle storie di successo certo ma vogliamo anche possiamo anche fare qualche nome per capire se ti occupi di dimensioni sia piccole che grandi ma allora il podcast si racconta le storie dei grandi marchi quindi anche per un motivo di marketing ho scelto di raccontare le storie grandi marchi poi nel percorso mi è capitato di raccontare storie di brand più piccoli soprattutto italiani e di conoscere tantissimi imprenditori e imprenditrici che nelle chiacchierate che ho fatto con loro sono emersi anche sono emersi anche i loro problemi perché io sono d'accordo con quello che dice fabbia che dice jessica riguardo al lavoro che il controllo però ci sono tanti tipi di necessità e di problemi c'è già il solo fatto che un'azienda è posizionata in un punto o in un altro ti crea dei problemi che l'altra azienda non ha c'è per esempio un'azienda che magari produce e che ha degli operai che deve trovare questi operai in una determinata zona dell'italia è diverso rispetto ad un'altra zona dell'italia quindi anche la stessa la stesso controllo delle persone perché le persone devono timbrare il cartellino perché è più facile più facile dimostrare che stanno lavorando non avendo questo controllo molto facile quindi quando una cosa è molto facile è anche molto facile che sia che la facciano tutti certo sia più diffuso cioè diventa un devi trovare un modo per dimostrare che quegli obiettivi coi task quelle cose vengono fatte per x motivi insomma e questa cosa è più difficile perché devi trovare magari un software che ti gestisca queste cose devi avere anche l'elasticità mentale per attuare questo tipo di cose quindi oppure nel caso dei brand anche il fatto di riconoscersi nell'identità del brand del fa parte di un progetto mi vengono in mente i nomi di grandi aziende che come dire ricondividono in un certo senso i maggiori ricavi dando più premii indipendenti facendoli sentire più partecipi del progetto no? Sì io credo che quello può essere un cartellino emozionale ma allora io noto che ogni tanto c'è questa difficoltà nel trattare chi lavora con te come indispensabile essenziale e parte del tuo risultato non so se è una cosa tutta italiana però è il fatto che il dipendente ti deve rubare lo stipendio mentre non è il dipendente cioè più felice è meglio è quindi è capitato recentemente di parlare con un'azienda lombarda che pur avendo una sede bellissima in mezzo alla natura quindi lui dice io ho questa sede bellissima a mezzo alla natura perché la gente non dovrebbe vorrebbe venire qui e tutti mi chiedono di fare lo smart working da non lo so da milano cioè perché non vengono qui e io faccio vabbè ma te che te ne frega cioè eh cioè mi pare corretto e nel senso quella è una necessità tu la devi accettare se tutti ti chiedono no io devo avere tre giorni di smart working se no non vengo neanche a fare il colloquio tu dici no non è che sei una brutta persona tu è magari questa è una necessità delle persone però questo insomma si capisco anche che sia un po difficile da capire ed è anche il fatto ritornando alle percezioni di prima che siamo abituati a pensare che un cambiamento o una cosa sia applicabile a tutto e a tutti non è sempre così cioè una un'azienda magari come flixbus che si occupa dei servizi ha delle necessità e anche delle opportunità diverse magari da chi produce qualcosa altro ma anche semplicemente la settimana corta si parla molto di settimana corta e leggevo un articolo che diceva che in italia è impossibile perché c'è un indice di produttività talmente basso che è impossibile che con lo stesso stipendio con meno tempo a disposizione l'indice cioè con questo indice di produttività è impossibile ma perché l'indice di produttività è così basso perché magari le persone non sono contente quindi cioè dipende un po da come vediamo le cose e anche la settimana corta percettivamente è difficile da accettare per chi non se la possono permettere non lo so banalmente i quelli che lavorano nella ristorazione nelle cose c'è hanno un diverso tipo di cose però vedono settimana corta che la fanno le banche allora dicono però qua si torna alla dicotomia no buoni e cattivi privilegiati diciamo esfruttati perché anche il weekend che noi siamo abituati ad averlo come dato e prescindibile cioè weekend si sta a casa però perché è nato weekend perché ford quando nelle sue aziende voleva si è accorto che lui voleva fare le auto per i suoi dipendenti ma si è accorto che questi non avevano tempo per andare a fare giro quindi che fa lui a dobbiamo dargli un giorno in più così si possono comprare l'auto però così è nato weekend nonché dobbiamo è la stessa cosa secondo me potrebbe essere anche per la settimana corta c'è in certi settori per avere un vantaggio anche per l'azienda stessa bisogna accettare magari questo tipo di conseguenza e un po torniamo a quello che diceva fabio della personalizzazione cioè del fatto che ogni lavoratore alle le sue necessità e quindi appunto non deve interessare se c'è se viene in ufficio quante ore viene in ufficio ma appunto dargli la possibilità di essere autonomo e come accennavo prima però poi dopo la fine dello smart working obbligato molte aziende anche aziende dai nomi altisonanti hanno cominciato a richiamare i dipendenti in sedi alcune anche diciamo in maniera piuttosto imperiosa cioè come per dire così o niente brutale e partendo vorrei sapere cosa ne pensi di questo cioè qual è il motivo perché forse dire genericamente il controllo è un po troppo generico e poi anche avere un tuo giudizio sul sullo stato di salute delle aziende italiane in questo momento rispetto a questo aspetto cioè sono pronte a lasciare completa autonomia ai lavoratori e a lasciarli a casa quanto vogliono a casa nel senso in smart. Allora io penso che lo stato proprio della salute organizzativa delle aziende italiane sia basso ed è proprio un'autocritica anche alla mia funzione penso che la qualità proprio professionale delle persone che fanno il mio mestiere sia mediamente bassa che non ci sia se ci pensiamo non c'è una qualificazione per fare le risorse umane una arriva d'economia un arriva di qua uno è trovato una direzione fisica nel rinascimento umane come rifugio peccatorum e di fatto la funzione risorse umane dovrebbe essere essenziale non lo è stata perché è stata sempre una sorta di cameriere di quello che era il pensiero del business il concetto di business partner significa avere un approccio reattivo rispetto alle esigenze miramente economiche finanziarie del business quando la funzione dovrebbe portare una visione alternativa ma che è la funzione che diceva max se le persone stanno bene è l'acqua calda sono più contente lavorano meglio lavora non probabilmente anche di più non è che mi sembra complesso da capire che un team demotivato è più produttivo di un team motivato e che il problema è trovare secondo la mentalità diciamo la scorciatoia per motivare le persone che sono l'incentivazione economica come dire di carità aiuta ma come dire di basso livello ma non andare a reagire su tutte le altre leve che rendono il lavoro pieno di senso di significato cioè al fine noi passiamo volentino dolente che siamo dipendenti o indipendenti gran parte della nostra vita attiva a lavorare se facciamo un lavoro di cui neanche sappiamo come dire il significato perché lo facciamo il nostro capo non è uno stronzo che ci tratta male dov'è che ci può essere qualità lavorativa da questo punto di vista e questa è una responsabilità forte delle aziende delle risorse umane e anche del manager parola completamente abusata come è che si diventa anche manager in italia da un giorno all'altro uno fare risultati individuali eccellenti giorno dopo o sei manager adesso sei master della gestione del conflitto alla comunicazione all'empatia ieri non c'avevi oggi ce l'hai perché è una parola magica che ti abilita ad avere superpoteri quando sei manager resilienza per carità una cosa che mi fa impazzire la leadership gentile ma non lo stiamo parlando di che cavolo stiamo parlando c'è la leadership cafona cioè ma cioè è ridicolo cioè il concetto di leadership il rispetto incorporato non ci può essere la leadership brutale non ci può essere non è leadership è un'altra cosa rispettiamo le parole le parole tra l'altro hanno sempre un valore che racconta come max nel suo podcast dei significati dipendente perché non chiamiamo lavoratore perché non lo chiamiamo persona casualmente dipendente che dipende non penso che sia proprio casuale tra tutte le possibilità espressive che avevamo che la parola sia diventata dipendente per qualificare questo tipo di lavoro ed è una cultura io penso che la parte normativa sia indietro a ne luce rispetto come dire le possibilità la parte come dire organizzità manageriale pure ma perché c'è proprio un discorso umano che deve essere affrontato come jessica max dicevano hanno introdotto secondo me dei temi interessanti jessica diceva il cluster delle giovani generazioni di qua max parlava di aziende in una locazione piuttosto che un'altra cioè non c'è un'italia non c'è una soluzione ci sono 270 italie a seconda di che quanti anni hai e di dove sei non possiamo nasconderci da questo guardiamo le statistiche del lavoro dipendente autonomo vediamo che nel corso degli anni dipendenti autonomi hanno più o meno la stessa numerosità anzi gli autonomi stanno scendendo se prendiamo il monolite aggregato anagrafico media del pollo come dire italiana però se lo vediamo a grosseto piuttosto che a milano è una cosa se guardiamo che a vent'anni rispetto che in a 50 è un'altra cosa e quindi questa spinta a cercare soluzioni generali perché una spinta di efficienza economica chiamiamola così non può più funzionare in un mondo così estremamente complesso non possiamo più standardizzare omologare quando sento le best practice di così ok cioè funziona il tuo contesto nella tua realtà ma non possiamo spalmarle in modo orizzontale non possiamo fare copia e incolla delle soluzioni devi stare nel posto dove stai con le persone che hai e capire quali sono le condizioni che possono permetterti come è facile no richiede investimento si richiede soprattutto attenzione che è quello che manca che proprio la grande discriminante tra un manager buono e un manager cattivo tra un responsabile dei persone buone uno cattivo se mi interessa delle persone a cui di cui ho la responsabilità le cose succedono se non mi interessa e sono solo portatrici di problemi allora le scorciatoie del tipo bu bu fai questo facciamo questo alla curva certo allora come dire vengono applicate poi ma non funzionano cioè l'imprenso che dice tu magari chi è che vuole andare a vivere magari nella campagna adesso non so dove stai farsi magari un'ora di auto o treni collegati sì la sede bella ma se magari le loro persone o famiglia devono portare i bambini a scuola o magari vivono in un posto più bello non è che la bellezza in sé come dire vale per tutti come discriminante andare in un posto ci sono tante risposte poi max chi se ne frega non vengono tu dai un motivo per venire se questo è motivo da un altro se ti interessa se no rassegnati se puoi fare le stesse cose da un posto con l'altro e quindi il paradosso è che in un economia che spinge a soluzioni globali a pensare globale guarda cosa successe in america di qua di qua la resistenza umana e maggiore reale proprio anche la soluzione efficace è piccola e riportare le cose piccole ritrovare la comunità capire che siamo interconnessi che non siamo dipendenti siamo persone quello che fai tu impatta su quello che faccio io come stai tu ha un impatto su come sto io e questo presuppone molto di più che fare un nba che avere la come dire patente di manager magica si parla di qualità dell'essere umano non so se l'azienda da sola può recuperare il gap che ora si è creato può farlo aprendosi alla società proponendo modelli alternativi però ripeto è un percorso lungo siamo piuttosto indietro siamo ancora indietro poi come dicevi anche proprio il tessuto produttivo italiano no per questa sua specificità di essere formato soprattutto da piccole e medie imprese magari anche familiari che appunto sono molto legate al territorio quindi a maggior ragione ci sono delle realtà imprenditoriali e realtà aziendali che in un in un posto del nostro paese funzionano benissimo in alte di meno e quindi le modalità non possono essere appunto uguali per tutte per tutti. L'equivoco poi è la scalabilità, il grande dito dei tempi moderni dobbiamo essere scalabili per diventare più grandi perché dobbiamo per forza diventare più grandi deve essere un limite per il tessuto economico italiano essere piccoli certo se noi pensiamo a una competizione globale si può andare a vendere in cina magari come dire è un limite ma se hai un tipo di produzione un tipo di servizio che può stare bene in quel territorio non è che devi moltiplicarlo per 10 per forza per arrivare cerchiamo di stare bene come dire e di godere del tempo anche presente e non solo di pensare alla scalabilità la exit a tutte queste cose chiaro comunque si può fare se ci sono condizioni. Più parli mi viene voglia di venire a lavorare in flix buon sonno ma guarda quando ho detto quello che fa pulche relazioni vado a parlare alla festa di economia di Trento poi hai mangiato dare i sali perché diceva ti scrivo quello che devi dire no no per carità sorella la lascia stare puoi dirmi qualcosa che non devo dire al massimo proprio assolutamente cos'è che non devi dire? Eh adesso vogliamo capirlo di tutti cosa c'è scritto su quel foglio? Ha rinunciato anche a quello, ha risolto alla fine, ci è salvato, non sapeva che poi nell'appallato l'amo questo foglio però mi sarei inquieto di dire che lo voglio dire, io lo chiedo Max Magari lo vogliamo in una puntata del podcast è quello che flix buon sonno vuole dire. Io volevo approfittare della presenza di Jessica anche per parlare non abbiamo insomma è un discorso molto ampio però per parlare del lavoro sui social perché questo è un grande tema non solo per le generazioni zeta y per le più giovani è un grande tema post pandemia io al sole 24 ore conduco una rubrica che si chiama stories di successo dove racconto storie di startup e proprio la pandemia è stato un motore di tantissime startup che sono nate da nuovi bisogni nate online senza una sede magari solamente con il profilo Instagram. Allora cosa vuol dire lavorare sui social quali sono i vantaggi quali sono i rischi e anche per esempio il fatto di doversi lo so omologare a un trend e però mantenere la propria specificità penso che sia una cosa molto difficile. Eh sì, tocchi un tasto dolente perché mi sto facendo tantissime domande ultimamente su come vivo i social, su come viviamo i social e su cosa le persone si aspettano sui social e ti dico già che ho deciso di non darglielo perché si collega molto in realtà alla scelta della partita IVA perché in quanto creativa sono sto facendo un po questo percorso alla ricerca del mio stile e questo quindi vuol dire esplorare esplorare vuol dire cercare no prospettive nuove vedo che in effetti sì c'è dell'omologazione credo anche che Max l'abbia notato insomma nei formati nelle formule anche che le persone si aspettano però non avrebbe senso se anche io facessi questo proprio in virtù dell'obiettivo che mi sono posta con questo percorso da freelance. In generale prima c'era un po' il mito dei social no? Fino a qualche anno fa voglio fare la fashion blogger si diceva anche se esattamente poi i blog non li scrive più nessuno non li scriveva già all'epoca più nessuno perché erano popolati soltanto da foto e oppure ancora voglio fare lo youtuber si diceva senza però perché come anche dicevo prima a Fabio molti vendono il sogno del lavoro del lavoro col digitale senza per romanticizzano la flessibilità il poter lavorare quando vuoi dove vuoi ma non portano a galla tutti lati negativi di questo ad esempio l'esposizione continua sui social anche se in diretta perché magari ecco stai sui social per cercare ispirazioni per capire dei nuovi meccanismi però ti espone continuamente a delle false realtà anche il fatto no di essere continuamente esposti alla pressione dei 30 under 30 di Forbes questo ragazzo che ha 25 anni ha preso la laurea in medicina ha creato una startup con una exit multimilionaria e tutte queste cose qua poi ci si guarda allo specchio e dice ok io sto qui nella mia stanza sto cercando ancora di capire dove direzionare la mia carriera c'è anche un po un tema delle false promesse sociali no siamo cresciuti con i nostri genitori che sono di un'altra generazione ci dicevano vai all'università otterrai sicuramente di più dalla vita otterrai un lavoro ben pagato stabilità i film vedevamo questi queste donne in carriera entrare nei grattacieli delle metropoli ma in realtà non abbiamo avuto quello che c'è stato promesso da le generazioni precedenti non perché ci abbiano mentito ma anche loro pensavano sarebbe stato diverso e ci siamo quindi trovati in questa realtà in cui abbiamo detto che io ho fatto tutto quello che mi è stato chiesto mi è stato indicato come la retta via e mi ritrovo in stabilità lavorativa in stabilità personale mi ritrovo anche in stabilità relazionale perché tutto questo ha avuto un impatto anche sulle relazioni fra gli esseri umani e come ne esco per questo secondo me si sta sta sta cambiando anche il ruolo dei social nella nostra professione io all'inizio pensavo che il mio fine ultimo dovesse essere fare numeri sui social perché questo mi avrebbe sbloccato nuove opportunità ora vedi social semplicemente come un mezzo per arrivare alle persone ma per portarle altrove cioè è solo un mezzo non è il fine ecco c'è una vetrina magari per altri progetti assolutamente sì infatti ecco proprio in termini spiccioli le mie entrate non derivano affatto dai social sono tutte collocate altrove però i social sono state il mezzo per arrivare a quelle opportunità se non avessi cominciato a condividere il mio lavoro sui social durante gli anni in azienda probabilmente non avrei avuto la strada il terreno pronto per iniziare questa carriera freelance se non avessi iniziato ad interagire con le persone a cercare opportunità ad esempio marketing ignorante che è stata una community grande seguita e sentita soprattutto per tanti anni tante persone non mi avrebbero conosciuto e non si sarebbero fidate di me dal giorno zero ecco un po questo è il tema però anche i social stanno cambiando poi c'è anche un movimento un po come dire parallelo un po alle credit resignations alle grandi dimissioni c'è anche tutto movimento di giovani che sono sempre più disconnessi che che cercano attività senza il cellulare senza essere connessi ai social e quindi proprio da da quelli che per i quali ci si aspetterebbe diciamo la voglia comunque l'ossessione di essere sempre connessi arriva invece un movimento di disconnessione mentre i boomer come me invadono anche instagram e tiktok però certamente il business è cambiato abbiamo adesso non vorrei fare l'esempio degli esempi però abbiamo anche il caso di chiara ferragni che è stata certamente investita in una questione più grande di lei però quello anche dimostrato che un impero così può anche essere fragile è molto fragile tutto ciò che si vede sui social che si costruisce a partire dai social e confine social è tutto molto fragile sì questa esperienza sicuramente di chiara ferragni ha avuto un impatto su tutti nel senso ci ha fatto fare ulteriori domande ma poi anche la disconnessione no il tentativo di fare un passo indietro rispetto ai social ce l'ho dimostrato anche tante nuove campagne dei brand ad esempio a in a canno se non ricordo male adesso ho fatto una campagna proprio dedicata alla disconnessione con telefoni cellulari che non hanno connessioni internet parti completamente offline e sì non so ancora dire se questo è soltanto il trend del momento o è l'inizio di un cambiamento credo più il secondo sinceramente sì sì però certamente stanno stanno stanno cambiando max parliamo di sogni degli imprenditori realizzare o se vuoi aggiungere qualcosa su quello allora anche io lavoro molto sui social e concordo con con quanto detto da jessica mi rendo conto che lavorare sui social e avere il sogno di essere di poter vivere di quello sia una cosa che è stata venduta bene perché ovviamente sui social vengono vengono esposti solo i casi positivi e c'è questa survival effect che ti fa vedere solo chi ce l'ha fatta e quelli che non ce l'hanno fatta non li vede nessuno perché però vi motivi perché funziona così io credo anche però che il che ognuno debba essere cosciente un po lo scrivo anche nel mio libro cioè il fatto di avere successo non è una cosa che si può che si può predire e la stessa prova successo è si guarda al futuro ma in realtà è una cosa che ha più a che fare con il passato di noi stessi piuttosto che con quello che andremo a fare con quello che vorremmo fare ci sono molti esempi che mi è piaciuto raccontare nel libro che raccontano di persone che hanno avuto grandi insuccessi per esempio il chi ha inventato la penna sfera era un inventore che c'è una persona che voleva voleva non ha mai avuto successo con la penna sfera ha creato un sacco di aziende in ungheria in argentina ma non ha mai riuscito a trovare questo grande successo con la sua invenzione però in realtà quello che voleva lui era semplicemente viaggiare e essere considerato un inventore ovvio poi vendela il brevetto a un certo Marcel Bick e lui ha il successo che lui non ha mai avuto però in argentina il giorno degli inventori è intitolato a questa persona qui quindi chi è che perché dobbiamo dire che diritto abbiamo di dire che questa persona non ha avuto successo se è quello che che lui voleva fare ed è un po' secondo me l'esempio anche di quando uno si approccia ai social io personalmente mi rendo conto che quando lavoro con i social comunque sono in balia delle piattaforme lo siamo tutti anche al giornale ti assicuro che cambiano le modalità in continuazione esatto cioè io comunque ovviamente parlo per me però per esempio Spotify ha delle dinamiche che ok possono andare bene per me in questo momento però potrebbero cambiare youtube allo stesso modo facebook e instagram uguale quindi bisogna già devo vivere con questa paura che il formato cambi e quindi l'algoritmo cambia e eccetera però il fatto di farlo di essere in questo ambiente qui di essere libero io di poter fare più o meno quello che voglio e di giocare con le regole che mi sono state date perché comunque ok ho deciso di lavorare su instagram e quindi instagram ha le sue regole come ce le ha a qualsiasi altro posto e le può cambiare quando vuole e io devo accettare questa cosa devo accettare la voglio accettare non la voglio accettare sì no cioè non è che per forza debba essere così quello che io accetto però mi porta altre cose che non che potrei non avere per esempio la libertà io ho lavorato per molti anni in un ufficio tra l'altro non aveva neanche le finestre in ufficio terribile esatto e avevo questa come dicevo prima la sensazione costante di perdere tempo anche se non avevo nient'altro a fare che strano no ora che ok io ho tante devo risolvere tante cose lavoro indicibilmente di più adesso però non ho più quella sensazione e per me va bene così certo quindi come diceva Jessica prima è un percorso quindi non è che per forza devo entrare in quell'azienda perché quello sarà il mio percorso magari entri ti fa schifo e bene oppure magari entri per soddisfare le aspettative di altri esatto la famiglia per avere una famosa etichetta certo certo quindi non lo so io vorrei che le persone fossero tutti un po meno meno duri con se stessi accettare un po qual è il proprio percorso è quello che a ognuno va di fare e meno omologati e forse da questo punto di vista i social non ci aiutano certamente perché appunto si il trend e anche io ho raccontato la storia di youtube per esempio che dici ok lo youtuber sono tutti video uguali tutti che adesso c'è sempre un sacco più di spazzatura però cosa ci ha permesso di fare youtube di prendere una persona che dipinge i bastoncini di shanghai e di diventare cioè di poter vivere di quella cosa lì è una cosa incredibile cioè ha liberato la creatività di milioni di persone quindi ok è vero che ci sono dei lati negativi ci sono certamente dei lati positivi però per esempio io parlo da per esempio utente nel tempo libero dei dei tutorial di make up a partire di clio maica che è stata comunque un'innovatrice e però adesso la maggior parte di influencer di quel tipo fanno pubblicità sia perché hanno fatto il loro brand sia perché fanno delle partnership prendizzate però ci sono dei creator degli influencer adesso parte a partire a parte la diciamo la questione personale proprio come utente medio ci sono degli influencer che prima mi piacevano molto perché mi trasmettevano appunto questa questo insegnarmi qualcosa che loro avevano imparato a scuola e adesso non li seguo più perché tutti i contenuti che fanno sono contenuti brandizzati io mi rendo conto che loro mi raccontano una storia che finanziera solo a farmi comprare quel prodotto ed è una cosa francamente poco tollerabile che secondo me poi mina anche la dovolezza di chi si è costruito una carriera negli anni non so se mi sono spiegato è chiaro è un concetto un po delicato perché per esempio io ho sui miei podcast metto la pubblicità certo e la metto da anni è una cosa che nessuno faceva quando l'ho cominciato a mettere nei podcast perché sembrava veramente di meresia io quello che faccio io è assicurarmi che questa cosa sia bilanciata quindi per esempio nel caso che ci racconto tu ora non è bilanciata perché tu hai percepito questa come utente che ovviamente l'utente alla fine ha sempre ragione perché lo si fa per loro ma quindi tu hai percepito che c'era uno sbilanciamento che ti ha portato a non seguire più questa persona che ovviamente se è una cosa solo tua allora al creator importa fino al certo punto però se è una cosa evidente allora questo porterà delle conseguenze quindi diminuiranno le cose che lei si interrogerà o lui si interrogerà su perché avviene e magari arriverà alla conclusione ci sono troppe pubblicità magari non lo so gli arrivano dei messaggi eccetera eccetera a me stesso cioè io facevo delle pubblicità magari più lunghe mi sono arrivati dei messaggi dicendo sì però all'inizio è stato un po difficile farlo accettare agli utenti no secondo me non è il fatto di farlo accettare è trovare una cosa che sia accettabile perché la pubblicità che sia magari coerente anche con no ovviamente poi ovviamente chi ha visto tutto il percorso sa che è un percorso che parte da zero da una persona che ha cominciato senza pubblicità ma però vi motivi perché nessuno voleva sponsorizzare e quindi diventa anche un modo per dire ok questa è parte del percorso siamo contenti per te perché ci metti la pubblicità e poi continuare a fare questa cosa anche perché fare un business però il fatto di dire magari adesso io ho un altro podcast che si chiama brandy che non da ogni giorno e che ha anche lui un piccolo messaggio pubblicitario all'inizio è ovvio che se faccio un messaggio pubblicitario di un minuto e mezzo e il podcast dura cinque la gente allora scusa che assoccolta la pubblicità allora piuttosto che il podcast e quindi si deve trovare un bilanciamento assolutamente aspetti c'è poi da dire che anche tutto il mondo della pubblicità della promozione dei brand si è spostato da diversi anni anche con l'influencer marketing proprio sui social quindi è un modello di business che è cambiato ma qui apriamo un altro discorso molto ampio io intanto volevo chiedere se c'è qualcuno tra il pubblico che vuole intervenire fare una domanda o commento e mettere sul tavolo un tema siete liberissimi ovviamente di intervenire e quindi non siate timidi se volete fare una domanda o se volete contribuire in qualche modo alla discussione fatelo vi lascio liberi non vi guardo così non mi indivinisco io volevo fare a tutti e tre una domanda che prende spunto dall'intervento che c'è stato ieri del Nobel dell'economia Edmund Phelps che ha fatto una lezione al festival dell'economia e tra le cose che ha detto c'era una che mi ha colpito perché ha detto che appunto i governi devono lavorare per fare in modo che le persone non si allontanino dal lavoro quindi renderli diciamo più contenti ma soprattutto ha detto le persone debbono poter fare qualcosa debbono poter appunto fare un lavoro che dia loro soddisfazione a prescindere dallo scarso valore commerciale cioè separare l'idea del profitto dall'idea del lavoro che soddisfa è un'utopia si può realizzare che ne pensate? Cioè è un'utopia finché poi non chiamiamo le cose con il loro nome nel senso che ovviamente poi il premio per l'economia dava come dire prassodato alcune cose cos'è che oggi governa come dire il mondo economico cioè stiamo parlando di capitalismo e regimi di bono poli in cui come diceva max il successo personale magari è espresso in unico modo in euro o dollari comunque in valuta se questa è la misura di tutto è una misura in cui pochi vincono e tanti perdono ed è frustrante misurarsi insomma con questo modello per cui io devo sempre avere un bisogno in più ci sarebbe un punto in cui i bisogni si autocreano e io penso che la sparizione come dire dello stato comunque come dire di un istanza di benessere collettivo lasciando tutto in mano esclusivamente al mercato porta ineditarmente a questa dinamica il mercato non valorizzerà nient'altro che quello che è il profitto o ti racconterà o guarda una cosa sostenibile cioè ci ha messo un'etichetta verde a comprare questa cosa cioè non funziona così quindi purtroppo il ruolo dello stato e quale stato cioè bisogna per richiamare il concetto più alto di politica che insomma non vedo esempi da nessuna parte non è una questione di chi c'è adesso anche cioè positivi dovrebbe riprendere questa responsabilità di pensare all'interesse collettivo perché il mercato non lo fa e noi anche rispetto al tema dei social media e tempo del mercato abbiamo un potere che è la scelta cioè lui diceva pensavo quello che diceva prima la vostra dibattito sul tema dei social c'è la spazzatura c'è la creatività calvino è una citazione che è storpio sempre diceva che noi viviamo già l'inferno dei viventi la nostra responsabilità è riconoscere quello che inferno non è e dargli spazio quindi su youtube ci sono 100 cose 99 sono spazzatura una ha un valore noi non sono obbligati come facciamo di fatto la spazzatura esiste perché la guardiamo se no non esisterebbe a guardare la spazzatura possiamo scegliere quello che ha valore e questo determinerebbe una produzione di contenuti completamente diversa se ci sono consumi è perché consumiamo e non penso che consumiamo solo quello che è necessario per noi o per la nostra felicità o lo paghiamo per il giusto valore intrinseco che ha quindi noi abbiamo questo potere che è la scelta la scelta di consumo la scelta di cosa guardare di cosa non vedere e quindi la palla torna un po nel nostro campo se ci fosse questo movimento di responsabilità individuale del non dire lo stato oppure il mercato come se fosse una legge a termodinamica l'offerta la domanda la facciamo noi noi siamo la domanda del mercato questa è la variabile sulla quale possiamo impattare se cambiamo la struttura della domanda cambiamo le cose è che non funziona oggi nella transazione ecologica sembra che la soluzione non sia consumare di meno che l'unica ricetta sostenibile è consumare diverso basta che si consumi comunque quindi da consumare una cosa ne consumiamo un'altra che poi diventerà rara che poi diventerà rara e quindi non si esce da questa ruota del cresceto se consumiamo di meno consumiamo con più consapevolezza allora questo è il nostro vero potere l'unico atto politico in senso bello come dire della parola di cui abbiamo la responsabilità. E mi viene in mente che un'occasione di grande per diciamo per esercitare questa grande responsabilità ce l'abbiamo a breve perché ci saranno le elezioni europee e c'è il grande diciamo il grande terrore dell'assenzionismo tantissimi giovani che dicono che non andranno a votare perché non sono interessati ma qui appunto è un altro convegno però questo già secondo me è un come dire è un esercizio che possiamo fare andiamo a votare anche se non ci scriviamo niente sulla scheda. Si, non posso fare out che la mia scheda è bianca da parecchio però non rinuncio a votare. Certo, ha il diritto dovere. Jessica. E' emblematico in realtà l'esempio che hai fatto perché sintetizza perfettamente l'atteggiamento generale che io ho notato diciamo nel corso degli anni anche nel mondo del lavoro nei vari ambienti che ho frequentato questa l'allamentela fissa standard ma poi quando arriva il momento di alzare la mano e dire la propria manifestare i propri desideri le proprie esigenze e i propri obiettivi nessuno lo fa tutti si nascondono magari dietro l'unica persona che lo fa e quindi è un po' questo cioè come ecco magari andare a votare e anche lasciare scheda bianca è un forte segnale che io a questa cosa ci tengo perché è parte della mia vita però quello che c'è sul tavolo ora non mi soddisfa così anche nel mondo del lavoro so che è difficilissimo perché ci si scontra magari non con delle persone ma con dei monoliti delle strutture enormi però con le piccole scelte dico di sì dico almeno proviamoci io insomma noi nel nostro ufficio ci abbiamo provato le cose non sono andate come avremmo sperato però dopo ci sono state delle scelte delle conseguenze che hanno reso chiara la nostra posizione e è un po' questo quindi non dico che non ci si debba lamentare perché capisco che è anche un'esigenza personale tirare fuori un po' quello che c'è dentro che ci non ci fa dormire la notte però dico di accompagnare queste lamentele a delle manifestazioni a l'espressione dei propri bisogni a dei piccoli gesti anche fra colleghi anche lo so magari inserire in bagno gli assorbenti è una piccola cosa però fa la differenza certe volte almeno al livello di umore o anche di sentirsi parte di qualcosa di qualcosa che sta cercando nel suo piccolo di operare un cambiamento max sì allora c'era la domanda era sul sulla dichiarazione di felps che dice di slegare il il concetto di vabbè di guadagno garantire alle persone il diritto di fare un lavoro che piace che coinvolge anche se dal punto di vista diciamo del profitto del valore commerciale non è no ok sono d'accordo ma mi sembra un po' una dichiarazione semplicistica cioè è ovvio che tutti vorrebbero fare quello che gli va se fosse pagato adeguatamente però ci sono delle esigenze che vanno al di là cioè se io voglio non lo so voglio fare qualsiasi cosa voglio fare vasi in ceramica però questa cosa non mi permette di avere una famiglia di avere altre cose ho bisogno di trovare un altro lavoro che è legato al fatto che mi permette di guadagnare di più però lui diceva che i governi hanno la responsabilità di creare le condizioni perché si possano realizzare ovviamente teorico adesso stiamo affrontando secondo me un momento come dire cruciale perché sì c'è questa che diventa utopistica se consideriamo anche il contesto dove siamo l'arrivo dell'intelligenza artificiale in modo massivo al di là delle dichiarazioni dici porterà a fare lavori più strategici nel breve cancellerà nei servizi il 40% delle professioni se guardo a mia azienda posso indicare quelli che potrei soltanto oggi non tra un anno non tra due non tra tre con delle applicazioni fatte in un certo modo e non avrei un grande livello se la logica è quella del mero profitto non c'è pensiero una persona costa x un software costa x ciao finito e continuiamo a pensare così la ricaduta sociale certo sarà importante cioè diventa proprio utopistico perché a fronte di questo che sta arrivando che una marea noi siamo completamente culturalmente preparati non è colpa dell'intelligenza artificiale potenzialmente è l'innovazione che può liberare l'umanità da tante cose ma è il timoniere dell'intelligenza assolutamente questo è un altro tema immenso che non ha l'impatto sul lavoro sì no chiaro quindi sì per rispondere per capire anche io meglio come era questa intesa questa direzione è chiaro che che la penso così anch'io cioè tornando al tema del posto di lavoro di come si vive il lavoro come diceva jessica prima cioè il fatto di di vivere in un posto in cui ci si sente anche liberi di di dire la propria la propria opinione e quali sono i propri i nostri problemi perché se è una relazione lavorativa prima prima di lavorativa c'è una relazione e quindi come nelle relazioni che funzionano ognuno parte dal dire quali sono le cose che che lo farebbero stare meglio e quindi l'altra parte agirà in questo in questa direzione se è una relazione da da tenere come buona la prima cosa da fare però è anche comunicarlo cioè è vero che comunicare i propri problemi può essere il primo passo è anche vero che in certi contesti è difficile è rischioso perché non sai mai cosa può succedere e semplicemente non ci si sente liberi di dire quello che si pensa essere giusto per migliorare anche l'altra parte perché è ovvio che se uno ha un tipo di problema certo questo tipo di problema come dicevamo prima impatta anche su chi magari si aspetta che quel problema non ci sia quindi non può risolvere anche chi metto l'altra parte oggi ho assunto questo questo questa immagine metto l'altra parte è vero che non posso risolvere i problemi se se non li so certo certo devo dire che ci sono le premesse per una rivoluzione come avete illustrato almeno nelle intenzioni io vi ringrazio soprattutto per per la passione per la vivacità del dibattito abbiamo affrontato dei temi molto importanti ognuno di questi richiederebbe una riflessione però mi pare che ci sia questa questa sorsa come dire di volontà di dare sempre più spazio al fatto romano nella vita professionale che è una cosa essenziale io ringrazio Jessica Sagratella, Max Corona e Fabio Salvi per aver animato questo talk del Fori Festival ringrazio ovviamente tutti quelli che ci sono che sono stati qui applauso che era partito grazie a te grazie e buon lavoro e buon festival a tutti con tutti gli altri appuntamenti di queste giornate fettissime grazie grazie grazie
{{section.title}}
{{ item.title }}
{{ item.subtitle }}