Il valore della sostenibilità per le medie imprese del made in Italy
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Il valore della sostenibilità per le medie imprese del made in Italy
Claudia Parzani, partner Linklaters, presidente Borsa Italiana e vicepresidente de Il Sole 24 Ore e Carlo Pesenti, Consigliere Delegato di Italmobiliare in dialogo con Paolo Bricco, giornalista de Il Sole 24 Ore. Tra i temi trattati il ruolo sociale delle imprese, la governance per la sostenibilità e l’importanza degli acceleratori d’impresa e delle holding di investimento o private equity come opportunità per gli imprenditori.
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Non ne farei un tema di azienda familiare o di IPO No, ne farei un tema pro ne faccio un tema di capacità di attrarre. Che vuol dire investitori, vuol dire investimenti, vuol dire talenti. I ragazzi vogliono sapere cosa faranno, ma soprattutto quale sarà il loro ruolo, e che cosa fa l'azienda per gli altri. E' una delle domande che i ragazzi fanno sempre più spesso. A i datori di lavoro. A me la fanno nel senso che vado spesso nelle università e devo dire che nell'ultimo anno, in quasi tutte le università italiane dove sono state, i ragazzi mi hanno fatto una domanda che prima non mi avevano mai fatto. Per tanti anni mi hanno sempre detto, come faccio ad essere preso in quel posto? Che cosa devo fare? Cosa devo studiare? Adesso mi chiedono una cosa molto diversa, mi dicono, ma come faccio a verificare che cosa fa quell'azienda? Come faccio a capire se effettivamente quello che farò io avrà un impatto? Quindi si sono messi in un'altra posizione, che è quella di scegliere. Che secondo me è il tema macro, la guerra dei talenti sarà il tema più grande che dovremmo affrontare tutti. Perché dobbiamo smettere di giudicare le nuove generazioni, dobbiamo essere in grado di ascoltare, dobbiamo essere in grado di incorporare e creare un contesto rispettoso intergenerazionale. Che è molto complicato perché cambia moltissimi paradigmi. Primo tra tutti quello che la seniority è l'esperienza. Noi adesso abbiamo ragazzi che nel mondo del giuditale o della sostenibilità portano più esperienza al tavolo. A loro batte un cuore per quello, ce l'hanno dentro. Ecco, c'è un tema di evoluzione storica delle sensibilità. Abbiamo sentito l'avvocatezza Parzani citare il tema dell'evoluzione proprio delle sensibilità individuali. C'è però anche un tema di evoluzione delle sensibilità collettive nei grandi organismi aziendali e nei piccoli organismi aziendali. Nel 2003 Italmobiliare controllava i talcementi e i talcementi fu per prima estensrice di un report sulla sostenibilità. Adesso Italmobiliare ha cambiato natura e profilo, è diventata società di investimenti sempre di tipo industriale. Quando investe nelle medie imprese italiane ad alto brand e ad alto potenziale, magari con difficoltà un minuto prima del vostro ingresso, che cosa trovate voi rispetto a quella cultura di grande impresa multinazionale nelle medie? Che cosa accade, che cosa trovate e come si può accendere un processo evolutivo? Grazie alla domanda abbastanza complessa. Però posso dire, Paolo, lei ha esordito con una piccola delusione perché ha definito Claudia una supertecnica e mio modesto imprenditore. Però va bene così, il mio adatto e la realtà e questo ne sono ben questioni. Quindi dovete aspettarvi la risposta di una medie imprenditore. Detto questo, io ho una fortuna di avere vissuto vite diverse, vite manageriali, imprenditoriali, quindi una vita del grande corpo Retite al Cementi, un'azienda da 6 miliardi infatturato, 20 mila dipendenti globale, che tra le prime aveva sviluppato una propria sensibilità, una propria attività nel ambito della sostenibilità, per ragioni diverse che qui non vado a ricordare. E lì abbiamo misurato la potenza trasformativa della sostenibilità. Quando la sostenibilità non è un valore, la sostenibilità è tutto in un'azienda, diventa strategia, diventa modo di pensare, di educare, di sviluppare prodotti e tecnologie. E questo poi è stato anche misurato con il grande valore che abbiamo creato con i talcimenti che è stata dismessa e ceduta nel 2000-2016. Da lì siamo entrati in una nuova vita e dal 2016 abbiamo iniziato a raccogliere eccellenze italiane, belle imprese italiane che avevano un grande potenziale. Lì abbiamo riscontrato un mondo e un contesto completamente diverso. Il talcimenti, come ho ricordato, ha redato il suo primo report sostenibilitario del 2003, quindi vent'anni ad oggi. Le aziende medie e piccole italiane non parlano ancora, non declinano gli elementi molto spesso, gli elementi base della sostenibilità. Quindi abbiamo, investendo in questa azienda e gestendo questa azienda, iniziato dei piani, dei programmi, ci siamo andati di obiettivi, soprattutto di formazione. Perché il primo passo, quando uno persegue una sua strategia di sostenibilità, il primo passo è comprendere. Per comprendere bisogna conoscere, quindi abbiamo iniziato a spiegare. Gli imprenditori italiani sono molto bravi, quindi capiscono subito l'opportunità e con loro si inizia un percorso di comprensione, misurazione. Poi bisogna misurare per capire come ci si posiziona e poi ci si danno gli obiettivi. Anche sulla sostenibilità. Soprattutto sulla sostenibilità. E oggi, molto attuale questa nostra azione, noi abbiamo iniziato, ripeto, qualche anno fa, perché oggi il mercato chiede sempre più sostenibilità. Il consumatore è molto più consapevole, quindi fa delle domande, non solo lo studente, ma anche il consumatore e il cliente fa delle domande. E soprattutto l'azienda meditaliana, che è integrata in supply chain molto complessa e molto articolate, trova a valle un mondo B2B che chiede delle cose, chiede di essere integrato. Ecco, ad esempio, se non sbaglio, voi avete acquisito un marchio leader, prima nel mercato del Centro Sud, come Caffè Borbone, che adesso si sta espandendo a livello nazionale. State lavorando anche sulla verifica e sul controllo di tutto il tema della catena della fornitura in Africa, in Uganda, se non è in Rossi. Ci può raccontare questo caso? Questa è la vera sfida. Poi il presidio della catena di fornitura è una delle attività più complicate in ambito sostenibilità. Perché tu vedi dal tuo perimetro, dalla comfort zone, vai a toccare mondi diversi, realtà diversi, continenti diversi. Ecco, da qui, nell'ambito del caffè, un'industria abbastanza semplice, però il controllo dell'origine della materia prima, del caffè, è fondamentale, perché io devo evitare rischi o pratiche che sono ovviamente non sostenibili. Il rispetto delle popolazioni locali. Il rispetto delle popolazioni, il lavoro minorile, la chimica. Il corretto pricing. Sono tutte pratiche che noi stiamo scoprendo e ci stiamo cercando di gestire con questa nostra attività, anche molto feriferica. Io proprio in questo ambito cambierei la definizione in catena di valore, in catena di valori, perché non si parlerà solo più di valore economico, ma di valori diversi che devono essere misurati, monitorati. Quindi non soltanto catena di valore economico, ma catena di valori economico, sociali. Che si devono distendere lungo la catena, la supply chain delle aziende. Ed è un processo che nel rapporto con l'imprenditore dove voi investito, ad esempio in questo caso Caffè Borbone, è percepito culturalmente corretto o è percepito come qualcosa che può disarticolare la vecchia tradizione aziendale? Non so se mi sono spiegato. C'è un grande lavoro di, come posso dire, educazione di convincimento, perché le pratiche sono sempre le più storiche, sono le più difficili da scardinare e modificare, però devo dire l'imprenditore e l'impresa è molto recettiva. Qui parliamo su supply chain, ma se parliamo di sicurezza sul lavoro, se parliamo di governance, parliamo di 2.3.1, diventa un pacchetto molto articolato, molto comprensivo. Andiamo a toccare tutte le tre lettere dell'acronimo ISG. Alla fine diventa molto importante riuscire a fondere in un unicum la cultura della grande imprenda ai codici internazionali con la naturale forza quasi selvaggia dell'imprenditore che nasce da solo. Io sono solo l'ingegnere, però devo dire che se ho un'ambizione in una laurea o in una riscasa, psicologia penso presto potrò accedere. Quella vale per tutti, se posso Carlo quella serve un po' a tutti, non solo agli imprenditori. Abbiamo sentito il discorso internazionale per quanto concerna, ad esempio, Luganda. Con uno sguardo invece più macro, questi temi, esiste uno specifico italiano o è una sensibilità più europea rispetto anche alla sensibilità del mondo americano? Esiste una specificità italiana ed europea nello sguardo rispetto ad esempio anche al modello francese, al modello tedesco. Oppure è più una spinta che ormai investe tutto il capitalismo internazionale. Vedi che per far la tecnica mi fanno le domande difficili. Vorrei dire che l'Europa, e su questo sguardo è Carlo che ha un'esperienza molto pratica sul vissuto, credo che l'Europa sia oggi un passo avanti. Guardando i continenti, in assoluto credo in un modo intelligente stiamo inglobando queste tematiche e in un modo intelligente gli investitori le stanno facendo cadere a cascata sulle filiere, sui territori, spiegando l'importanza e facendo comprendere a un investitore che probabilmente un po' riluttante rispetto a cambiare il proprio modello, qualcosa che ha sempre funzionato. Perché la difficoltà oggi è che siamo in una fase di dover investire in contesti in cui sembra che tutto funzioni ancora, ma poi sarà troppo tardi. Il momento in cui non avremo fatto questi investimenti oggi ci porterà a far sì che sia troppo tardi, con un impatto secondo me su quelle che sono le situazioni più complicate, come i flussi migratori. Ci sono tantissime tematiche che sono legate, quindi vorrei dire che l'Europa nel suo complesso, a mio giudizio, è in una posizione di vantaggio intelligente. Poi, da paese a paese, effettivamente ci sono temi soprattutto sui temi climate change, dove sono state impostate approcci anche locali, temi energetici, che sono stati tanto dibattuti anche nello scorso anno, che portano alcuni paesi a essere. Credo che la vera sfida nostra sia legata un po' al nostro tessuto industriale, vorrei tornare sul punto degli investimenti, cioè servono investimenti. Per quello che riguarda la sostenibilità vuol dire anche innovazione, perché è innovazione di processo, di prodotto, e dall'altra parte è la parte di innovazione tecnologica, che può essere artificiale, intelligente, è tutto un progetto molto ampio, servono capitali. Abbiamo un tessuto industriale che rispetto a quello dei paesi che menzionava, che può essere la Francia, la Germania, comunque è molto diverso. Cioè abbiamo tante aziende molto molto piccole, che effettivamente secondo me dovrebbero trovare un modo di consorziarsi, cioè di creare dei distretti, di poter lavorare per riuscire a fare dei passi in una certa direzione insieme. Perché credo che questa sia la modalità più sostenibile di lavorare su questi temi. Quindi la nostra peculiarità secondo me è questa, così come lo è stato in passato sul tema dell'internazionalizzazione. Nel momento in cui le imprese e gli imprenditori, soprattutto medi, assorbono l'idea, il concetto di responsabilità sociale più ampia, quindi non solo economica, ma di valori, come diceva l'ingegnere. Ma a quel punto può diventare un elemento con cui iniziare a rompere il tabù non solo delle reti, ma anche dei diritti di proprietà. Uno dei grandi problemi, uno dei grandi temi che in Italia sentiamo dire da 10, 15, 20 anni, occorre defiscalizzare le fusioni. Ma non serve qualcosa di più profondo sull'imprenditore, che non vuole mai cedere il passo sui diritti di proprietà. E se noi riusciamo a introdurre il tema dei public goods, cioè del fatto che alla fine l'impresa è un soggetto comunitario collettivo anche di tutti, quello può aiutare a fare i passi in avanti perché almeno i loro figli scelgano di fondere l'azienda? Io sono figlia di un imprenditore e ho imparato una cosa, che fare l'imprenditore probabilmente è il lavoro che richiede maggior coraggio. Che impresa aveva suo papà? Ma un'impresa nel settore carni, io sono bresciana, quindi un settore molto locale, però era avere anche all'estero. E devo dire che il tema di fare impresa richiede sempre più coraggio, che secondo me è uno dei temi. Dall'altra parte, quelle che menziona lei, sono tutti temi culturali fortemente radicati nel nostro sistema, cioè l'idea della proprietà, l'idea che io ho l'impresa e la controllo. La gente si quota in borsa, ma siamo uno dei mercati dove la prima domanda che ti fa un imprenditore quando si deve quotare è come tengo il controllo. Adesso sinceramente ci sono tanti modi e secondo me anche i DDL capitali che stiamo guardando adesso, le modifiche che sono state portate l'anno scorso da Libroverde, sono la direzione per creare delle opportunità anche di aggregazione con una capacità di incidere. Guardiamole in un senso positivo, cioè noi abbiamo anche imprenditori estremamente illuminati che non vogliono solo tenere il controllo, ma vogliono essere sicuri di guidare l'autobus, perché una volta che poi uno aggrega, ci mette, si allarga, effettivamente avere il senso di dove si va e come si va è importante. Il tema delle fusioni che lei menzionava, lo sgrevo fiscale che servirebbe credo che sia un problema di non cadere nel tema aiuti di stato, varie cose, però dall'altra parte andrebbe fatto su tutto il territorio estremamente forte, in realtà probabilmente servirebbe molto di più al sud o in certe filiere, sarebbe estremamente importante, però qui è il passaggio culturale. Se posso, la mia sensazione è che dobbiamo uscire da molti paradigmi, è quello che citava l'ingegner presenti poco fa, questa idea dei valori, noi dobbiamo uscire in paradigma che il tema è il profitto, che il tema è il valore economico e riuscire a vedere molte cose. Sono passaggi importanti, complicati, e tornerei al mio punto di prima, ci servono tutte le generazioni per farlo, ci servono le persone con più esperienza, a cui si è riconosciuto il valore e sappiano essere valorizzate all'interno dell'azienda, servono i più giovani con questo spirito e questa capacità di portare al tavolo in maniera istintiva questi temi, perché loro ce li hanno in una maniera più brutale, più istintiva, più forte. E quindi poi serve il rispetto di questo patto intergenerazionale, secondo me in questo modo probabilmente si riesce a scardare un po'. È un tema veramente radicato questo termine. Ingegner representi, voi avete fatto nel 2017 un investimento in Tecnica, Tecnica è sempre stato un brand di grande allure sullo sport, è un esempio di quel radicamento territoriale nella campagna della prima montagna Veneta, quindi è un piccolo modello, un microcosmo autenticamente italiano. In quel momento l'azienda aveva grosse difficoltà, è stato sufficiente fare un primo investimento di aumento di capitale per riportare in bonus e per arrivare oggi ad avere un ebita molto importante che valorizza a un miliardo la società, quindi è stata una grossa operazione. In quel caso fatta insieme appunto alla famiglia, come appunto in qualche maniera rievocava sulla necessità di collaborazione l'avvocatessa, la famiglia Zanatta, qual è stato il passaggio oltre ai soldi che ha portato ad accendere la luce? In Tecnica è stato un investimento straordinario, spero che diventi un caso universitario per tante ragioni. Solo una considerazione su quanto avete detto, che poi si rileva e si trova in questo nostro investimento. Le cose stanno cambiando, nel senso che anche le imprese italiane stanno perseguendo dei passaggi generazionali, quindi questo cambia molto l'attitudine dell'azienda, degli imprenditori anche della nuova generazione. Poi Covid ha insegnato una cosa, anche agli imprenditori più rigorosi, che ci sono dei rischi che non possono presidiare, quindi bisogna fare delle scelte ogni tanto che sono diverse, anche magari un po' alternative rispetto al loro modo di pensare. Questo è successo in Tecnica, siamo entrati nel 2017 in questa azienda, in cui c'è stato avvenuto parzialmente un passaggio generazionale di azienda managerializzata e col nostro aiuto economico, sì, ma anche di supporto strategico, sono oggi un'azienda che è completamente diversa, rifiorita, di grandissimo successo con dei brand di successo. Per seguendo però questo forse il nostro contributo rigorosamente dei piani di investimento, di riorganizzazione, l'attrazione dei manager più importanti, il brand nostro attira e riesce a tirare management. Quanti dipendenti ci sono adesso a lavorare nei vostri siti? Adesso sono diversi migliaia. Nella stampa soprattutto influenzata dalla cultura angloamericana, soprattutto quando ci fu una serie di problemi in Germania, i fondi di private equity negli ultimi 20 anni hanno goduto periodicamente di cattiva stampa. Il tema delle locuste. Quanto conta invece, secondo lei, la forma del private equity in questa transizione, che diceva l'avvocatessa, per riuscire a aiutare il sistema industriale italiano a compiere un balzo? Quanto c'è di buono potenziale e quanto c'è l'interesse anche a costruire, come state facendo voi con Itália Immobiliare, un modello di private equity italiano dunque più paziente che non lo standard anglo-sassone? Sempre qualificandomi, io sono bipolare, ho un'attività di investimento che veicola attraverso una piattaforma Itália Immobiliare, capitale permanente, capitale paziente, no, non siamo pazienti perché la pazienza è stata persa generazioni fa, però è un capitale flessibile. Poi ho una piattaforma, controlliamo una piattaforma che si chiama Clisidra, che invece è un pure private equity, private equity puro, che fa quello che deve fare secondo il regolamento del fondo, quindi investimenti citturati, investimenti a 5 anni, blablabla. Qui sono due modelli complementari, molto simili, però altrettanto efficaci e sull'efficacia dell'investitore private equity, di cui si può dire tanto, però porto un caso di successo di ieri che è il progetto Flores, ovvero un progetto che abbiamo generato noi, che poi abbiamo passato a un fondo di private equity, a fondo italiano investimento. In tre anni sono state aggregate 20 aziende nel mondo della manifattura tessile di alto livello, quindi 23 imprenditori, molto complicato, hanno deciso proprio di aggregarsi facendo rette, mettendo queste aziende insieme, creando un player unico al mondo, perché copre tutta la catena della fornitura dell'industria della moda italiana, made in Italy, dove c'è una scarsità. Il driver di questo progetto era la scarsità di offerta, quindi poche mani che sono oggi in grado di fare questi prodotti straordinari e tutto il tema del reshoring, dell'onshoring da sud-est asiatico, quindi made in Italy puro, è stata ceduta ieri un fondo di private equity molto più grande che è il best owner di questa azienda, con una creazione di valore pazzesca, con una grande soddisfazione per tutti gli imprenditori. Quindi direi è il caso per me forse didattico più interessante. Posso aggiungere una piccola cosa? Intanto l'esempio che facevo di chi sta impattando negli istituti tecnici e nelle scuole media è di Attila Kissi, cioè l'amministratore delegato del gruppo Florence. Quindi il gruppo Florence non solo ha fatto quello che dice Carlo e ha aggregato una filiera e un numero di imprenditori importantissimi, ma sta facendo una parte di impatto sociale veramente incredibile. Quindi il mio esempio era proprio, non avevo fatto il nome, ma a questo punto l'ho fatto. Un minimo di soddisfazione. È sicuramente un esempio bellissimo, ma dall'altra parte un esempio veramente di grandissima attenzione a tutti i temi della sostenibilità, dell'education, dell'orgoglio artigianale che si sta risvegliendo. Quindi questo è un caso bellissimo. Volevo anche andare in un attimo incontro al mio amico Carlo e dire questo tema di rispondere io dalla parte. Credo che quello che veniva detto prima e che diceva benissimo Carlo, cioè che col Covid un po' di attitudine è cambiata e se la guardo e l'ho vista in questi anni anche col cappello della borsa, c'è stata una grande comprensione da parte degli imprenditori che talvolta c'è stato un po' di arroganza o di perdita di opportunità nella loro chiusura rispetto ai prevati equiti. Perché il prevati equiti e il partner giusto che ovviamente va scelto in base a quelle che sono le esigenze personali dell'azienda è sicuramente un soggetto che può portare molto ordine, molta strategia e nel non essere pazienti porta un'accelerazione su tanti processi e qua noi siamo in un momento di grande velocità, siamo tutti molto lenti. E' portatore della distinzione tra l'interesse tra l'imprenditore e l'impresa. Certo, ma uno impara anche a fare l'azionista, io dico tantissimo spesso alle persone che devono imparare a fare gli azionisti, cioè è un lavoro essere azionisti. Quindi vorrei dire che secondo me questo passaggio culturale è in divenire ed è proprio spinto dal fatto che c'è stata una comprensione. Forse è anche un desiderio da parte di tanti imprenditori di non sentirsi soli, di non essere soli in quella fase di coraggio, in quella fase di investimento e poi nella comprensione che sono tanti gli investimenti a venire. E sono tanti le opportunità che si perdono avendo l'accesso al private equity, probabilmente alla borsa, in una fase successiva. Quindi questa parte è sicuramente un cambio culturale che ha avuto un'accelerazione forte negli ultimi anni, dovuto sicuramente alla spinta Covid. Quindi la spinta Covid in qualche maniera può produrre un effetto paradossalmente positivo? Sì, perché ha creato una comprensione. Secondo me ha creato molti effetti positivi. Un effetto positivo di quelli che io amo di più è la capacità di mettere insieme le caratteristiche del mondo no profit e del mondo profit. Io sono sempre un po' di battutello e bipolare in altre cose. Io sono bipolare tra il fare il profit e il no profit perché amo quell'altra parte e uso il business per fare quella. Però secondo me più che mai è chiaro che certi skills che si sviluppano nel no profit come la capacità di lavorare nell'emergenza, l'assenza di risorse, tante cose sono diventate oggi qualcosa che è vitale e fondamentale avere come esperienza nel profit. Quindi tutti questi cambi di aperture, queste possibilità di contaminazione, questi cambi di paradigma secondo me stanno creando un cambiamento culturale importante. Come anche il contributo della razionalità economica e dell'efficienza al mondo del no profit. Certo, perché la contaminazione opposta è dall'altra parte. È una contaminazione più unica proprio. La velocità, l'efficienza, la non pazienza del mondo business nel mondo no profit. Quindi sicuramente io penso che ci sia sempre un valore, il pubblico, il privato. Qui più siamo capaci di integrarci, di farci le domande, di ascoltarci, perché poi non si fanno solo le domande, non bisogna ascoltare le risposte, ascoltarci secondo me più c'è una capacità per ognuno di noi di accelerare nel proprio percorso di crescita. Ok, abbiamo ancora qualche minuto. Chiederei se ci sono delle domande dal pubblico. Sarebbe interessante poterlo fare, ecco, sentire queste due voci che cosa vi hanno stimolato. Siafraera, ecco, prego. Sì, buongiorno. Cortesialmente una piccola domanda sul tema del private equity. Volevo chiedere se il contesto ISG può essere di aiuto nel far convivere la logica finanziaria quella industriale nel rapporto tra private equity e impresa. Grazie. Deve, nel senso che ormai è così, i regolamenti dei fondi private equity, articolo 8, impongono tutta una serie di obiettivi, di azioni, di iniziative, di reporting in questo senso. Quindi nel momento in cui a monte l'aspetto regolamentare normativo impone questo, poi ovviamente verrà calato avanti. Questo lo si fa, devo dire, in modo concreto già oggi. Sono una cosa. L'aspetto dimensionale delle imprese, che invece in un contesto di percorso ISG richiede probabilmente anche una riflessione sulle dimensioni dell'impresa, sulla capacità di affrontare, di trasformare l'organizzazione aziendale per affrontare nuovi investimenti. Sia l'ingegner presenti, sia l'avvocatello. Volevo chiedere, dai vostri due punti di vista, quali sono oggi, se esistono, credo che esistano ancora, queste resistenze, questa incapacità, questa svolta culturale che forse sta frenando o ritardando, peggio, questo passaggio anche da un punto di vista del percorso, del percorso della sostenibilità. La dimensione credo che conti oggi più di altro e magari un fondo di prevede equiti quanto può influenzare l'aggregazione, la fusione, l'acquisizione, il percorso insomma dimensionale. Grazie. Dicevano pertanto piccolo e bello, non è vero, no? Abbiamo deciso che piccolo e bello non è vero, perché piccolo e bello vuol dire non poterti permettere un sacco di cose. Quindi il tema è come si diventa grandi nel rispetto ovviamente della tipologia anche di business che si fa, perché c'è anche un tema ovviamente. Quindi era un po' la mia idea, vanno usati probabilmente modelli diversi, il prevede equiti, lascio ovviamente rispondere Carlo, è uno sicuramente degli acceleratori più ovvi, altri acceleratori ovviamente, uno è la borsa e poi ci sono acceleratori che sono la fusione, potrebbero essere anche veramente lavorare su certi distretti in una modalità in cui si possono fare investimenti insieme senza, diciamo così, privarsi di questa parte di proprietà, di misura dell'impresa così cominciare un po' ad assaggiare in un modo più morbido che cosa vuol dire essere parte di una cosa più grande. L'esempio che citava Carlo del gruppo Florence credo che sia l'esempio incredibile di come adesso tutti questi imprenditori in circolo stiano provando l'esperienza di essere più grandi, di essere più organizzati beneficiano dei modelli di quello che fanno gli altri, perché lì nella parte anche emulativa c'è effettivamente un'accelerazione incredibile. Se confermo quello che ha detto Claudia, in futuro anche proprio il tema della partnership diventerà fondamentale per le piccole aziende, non per niente. Le STG 17 parlano appunto di partnership, si fa proprio specifico riferimento nell'ambito dello sviluppo degli obiettivi del Global Compact alle partnership. Grazie, buongiorno. Una domanda, si parla di abuso di trend della sostenibilità un po' il titolo di tanti giornali e si parla anche del rischio di greenwashing. Come si può passare da questo timore di abusare di una moda invece dei risultati poi dagli titoli ai contenuti? Io credo che intanto anche abbinando il tema alla domanda di prima sulle piccole imprese, quello che mi capita spesso di fare quando chiacchere con gli imprenditori è fargli prendere consapevolezza di tante cose che già fanno. C'è un paese che ha il terzo settore molto sviluppato, quindi ci sono tantissime imprese che in realtà aziende medio piccole, anche proprio piccole, che in realtà fanno già cose sul territorio, che hanno già incorporato una ISG in una modalità embrionale, in una botalità non strategica, non magari pensata. Sì, non conscia, non pensata, però in realtà poi ti spiegano no ma questo io sono già autosufficiente energeticamente, ho fatto questo, però in realtà sono tutte cose che se oggi noi dovessimo andare a fare realista valgono, no? Sono punti, quindi questo è un pezzo preso della consapevolezza. L'altra parte è, lo diceva Carlo forse è una parte iniziale in una modalità rapida, ma fondamentale, è la strategia, cioè è che ISG è strategia, è un modo di essere, è il nuovo modello, nel senso che non può essere, come è stato in passato, una parte che cade sotto il cappello della comunicazione, non può cadere sotto solo il cappello dei rischi e dei controlli, ma deve essere una parte dove l'amministratore delegato, dove l'intero consiglio si mette perché è una parte fortemente strategica. Soprattutto Mircea, la rendicontazione, cioè il greenwashing sostenibile nel breve, poi la rendicontazione periodica farà emergere le case di successo, quello che invece è solo apparenza, insomma la rendicontazione è molto precisa, gli schemi sono assolutamente accurati ed è come la contabilità di bilancio, se uno non ha un patrimonio non è, alla fine emerge. E poi, sai che noi condividiamo il nostro percorso in ambito sostenibilità, lo dico ai ragazzi che sono qui, la sostenibilità poi in fondo è un grande paradosso, voi conoscete il paradosso di Archimede, guardo il Ferruccio, che tanto diverte gli ingegneri, la tartaruga, la lepre, la tartaruga si muove, va in avanti, la lepre la raggiunge, ma lei si è già mossa, è già andata a cima, allora la lepre va a C, è andata in D, quindi è una, in realtà è un paradosso, nel senso che tutti gli obiettivi sono sempre, si muovono e si muovono in avanti, quindi è in fondo irraggiungibile, è quasi un'utopia, questo è un pensiero che io condivido, che ritengo che la sostenibilità sia in realtà una grande sfida, di cui ci accorgeremo il vero significato nel tempo. Bene, mi chiedo se possiamo ritenere concluso il nostro incontro, o se magari uno dei ragazzi sarebbe bello a una curiosità da porre ai nostri ospiti. So che è sempre una domanda provocatoria perché i ragazzi rimangono gelati, però dato che o i ragazzi o magari le professoresse, i professori, che l'hanno accompagnati, ecco, perché coinvolgiamo anche loro, ecco, quindi... Ne hanno preparata una, dai, su! Nel senso che è davvero una roba, abbiamo parlato di cose che sono veramente dentro alla vostra vita futura, anche se adesso avete tutti altri pensieri, siete adolescenti, eccetera, ecco, cioè magari una professoressa se ha una domanda o una... Questo ragazzo... Dai, vi diamo un premio! ...che mi sembra bello carico, dai! Ma sì! Calvin Klein, dai! Un consiglio per un ragazzo che vorrebbe avventurarsi nell'imprenditoria italiana oggi? Bravo! Tu vuoi la domanda per te? No, qui bisogna pagare, no, qui, scusa! No free consulting, no, vi spiace! No, dai! Dai, dai, dai! La essere sostenibilità! Dai! No, io vedo... Rispondo con un caso nostro, familiare, io ho dei figli che stanno approcciando il mondo del lavoro, dell'impresa e vedo che lo fanno con grande coraggio, quello che noi non avevamo, perché noi eravamo dentro di uno schema molto più definito. Io penso che oggi un ragazzo possa avere e deve avere il coraggio di fare delle cose anche un po' fuori scala, ma oggi c'è la possibilità di fare, ecco, soprattutto perché se spiega e se è convincente può trovare aiuto, in tutti i sensi. Io forse do un consiglio un pochino più largo ai ragazzi, visto che non sono l'imprenditrice e vorrei anche far notare a tutto il pubblico che le uniche norme sono state tutte citate da Carlo, quindi dei due è quello più bravo. Ai ragazzi direi che siccome il mondo sta cambiando tanto in fretta e voi avete la possibilità di capire quanto la parte tecnologica, artificial intelligence può essere, siate molto audaci in inglobare quella parte, ma siate anche molto forti e molto rotondi come esseri umani, nel senso che concedetevi tutto dal punto di vista di umano, quindi abbiate il coraggio, fate l'esperienza, sbagliate, perché anche tanto di questa cultura che abbiamo citato oggi è una cultura che ci imbriglia un po' in tanti modelli, io ultimamente ho assolutamente le mie battaglie sul tema dell'errore, sul tema dell'insuccesso, quindi ragazzi provateci perché per fare l'imprenditore, per diventare un grande imprenditore probabilmente si cade un po' di volte, poi però un giorno ci si alza molto soddisfatti, coraggio. Bene, allora ringraziamo tantissimo l'avvocatessa l'ingegnere per questo colloquio pubblico e ringraziamo tutte le persone che sono venute a sentirci, se posso dire in particolare i ragazzi, che sono qui oggi in tanti. Buona giornata a tutti e buon lavoro. Grazie mille Paolo. Grazie a tutti. Grazie a tutti. Grazie a tutti. Grazie a tutti. Grazie a tutti.
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