Il Potenziale “in guscio”
Incorpora video
Il Potenziale “in guscio”
L'evento esplora il potenziale della filiera della frutta a guscio in Italia, evidenziando la crescita dei consumi, le sfide del cambiamento climatico e delle fitopatie e le opportunità di innovazione varietale e di valorizzazione del germoplasma locale. Si sottolinea l'importanza della ricerca e della collaborazione tra istituzioni e produttori per una filiera sostenibile e competitiva.
e non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, non è un'altra cosa che si può fare. E quindi, quando continuano a fare il bank, quindi non si fare meer la polizia operated sul confronto, quindi non si farà lo schemancio di beastledge attacco. Specialmente perché è all' commencer di uncleara in advertenz弟zzo,liyor aggressively taking care di la s児 da Bom in front of Buongiorno, buongiorno e benvenuti. Oggi parliamo di Frutta in Guscio che è un settore dall'alto potenziale. Negli ultimi dieci anni in Italia c'è stato un boom del consumo del 25%. Perché? Perché è un settore destagionalizzato, è un settore che si è molto legato a questo trend salutista che siamo molto in auge in quest'ultimo periodo. È un settore però che per quanto riguarda il nostro Paese risconta due dati. I consumi sono altissimi ma non riusciamo a produrre quanto necessario. Dunque importiamo moltissimo, importiamo moltissimo dall'estero, importiamo dagli USA, dalla Turchia, dal Cile, dalla Spagna. Perché? Perché anche questa è una filiera che purtroppo deve vedersela con problemi legati soprattutto al crema change ma anche alle fitopatie che hanno tagliato le rese. Di questo quindi, un identikit del settore, le prospettive faremo appunto oggi con i nostri ospiti che vi presento. Allora abbiamo qui in presenza Erika Adeledi Pierro che è una ricercatrice della fondazione Edwood Mach, ricercatrice come lei è anche Luisa Palmieri, buongiorno benvenuta, Giacomo Gatti collaboratore scientifico del centro sperimentazione di Leinberg e collegato con noi c'è invece, buongiorno, buongiorno cavaliere, Giuseppe Calcani che è presidente onorario del gruppo Besana e anche presidente del comitato Sostenibilità Inc che è l'international nut and dried fruit che è praticamente l'organismo internazionale che raggruppa circa 700 operatori di frutta secca e dessiccata in tutto il mondo. Bene, Calcani allora partirei da lei, buongiorno, benvenuto, abbiamo superato le difficoltà tecniche e le chiederei di farci un quadro del settore e di illustrarci quelle che sono le prospettive di questa filiera. Prego a lei la parola. Grazie infinite e buongiorno, sto qui nell'aeroporto di Budapest prima di prendere un altro aereo, allora la pregherei se è possibile reggire a proiettare una slide che sono emblematiche per darci una dimensione italiana rispetto ad una dimensione internazionale. Le slide possono essere proiettate. Non vedo le slide, non vedo le slides perché non vedo neanche lo scenario. La produzione mondiale è in continua espansione, ma anche il consumo della frutta secca è in continua espansione. In brevi parole, noi abbiamo una produzione mondiale di 15 milioni di tonnellate di frutta secca in guscio, ma abbiamo anche una fortissima espansione nei consumi nei 5 continenti. Quindi ricordiamoci, 5 continenti, 85 paesi produttori e 130 paesi con i nostri. Questi sono i grandi numeri dove noi poi ci confrontiamo. In Italia siamo i maggiori produttori di nocciole, seguiti poi da mandorle, da noci e leggermente da pistacchio e poi faremo una parentesi a parte per quanto riguarda le castagne. Le presupposti per un futuro sono di grande interesse perché c'è un'attenzione particolare che si rivolge alla frutta secca con un invito del 5 day e un invito anche del 40 grammi al giorno. Per i nostri produttori italiani, il fatto stesso che l'Italia importa 3 volte mezzo, quindi 350% di quello che consuma e di quello che produce è sicuramente un indice che c'è un mercato importante davanti a noi. Mercato che si cammina soprattutto sulla qualità del prodotto e perché noi abbiamo perso dei punti negli ultimi 30 anni e perché le qualità non erano paragonate, ma oggi ci sono tutti i vanti buoni e presupposti per ripartire e confermare nella zona di produzione quanto di buono. Quindi vorrei dire, mi spiace non potervi presentare questo slide direttamente, ma ci sono grandi possibilità. L'abbiamo perso. Dottor Calcagni. La Cina non produce castagne da consumo diretto, ma soprattutto castagne internazionali, ragion per cui c'è grande espansione per l'Europa e per l'Italia in particolare a nuove produzioni di castagne. La castagna ha soprattutto il marrone che è quanto io consiglierei oggi, tra l'altro ha superato le tempeste di attacchi virali che vi sono stati negli ultimi 20-30 anni, oggi con portamesti adatti, la castagna vera è resistente, c'è anche un grosso futuro. Quindi diamoci da fare, riproduciamo di più perché il consumo è con noi e naturalmente anche le preferenze. Bene, stiamo proiettando un'altra slide, lei la vede, la vuole commentare o il commercio mondiale? Io vedo solo me stesso. Allora, ecco, quindi probabilmente è già stato assorbito. Allora, adesso stiamo vedendo una slide relativa al commercio mondiale. Allora, le chiedo io una cosa, Cavaliere, parlavamo l'altro giorno, allora, l'abbiamo persa alcune volte mentre lei illustrava questi dati, quindi non so se lei abbia già illustrato questo concetto. Mi interessava il fatto che in Italia abbiamo perso delle produzioni, questo era legato anche al fatto che la qualità non fosse poi di alto livello e quindi adesso abbiamo delle praterie davanti a noi, ma il discorso regionale, se non erro sono rimaste soltanto tre le regioni, si sono perse un po' negli anni le produzioni, ci sono solo tre regioni oggi che producono? Ci spieghi? Purtroppo la voce va e viene e si sono intromessi anche dei techici, diciamo appunto della qualità. Oggi c'è un recupero di qualità e di varietà nuove, molto importanti per la noce altrettanto importanti per il fischio e per le mancle, quindi oggi c'è anche una maggiore produttività che le nuove varietà offrono e anche una maggiore sensibilità o non sensibilità, diciamo, questo cambiamento climatico che ci attanaglia, quindi i fioliture tardive per le mandorle, per le noci sicuramente bisogna andare sulle varietà, su porti inesti, forti varietà tipo candler, tipo altrettanto la vara, c'è la leggina che è anche interessante, che sono delle varietà locali molto apprezzate e molto gustose, quindi c'è un ritorno generale degli italiani a mangiare italiano e a consumare i quanti c'è, e possibilità anche di anticipare i raccolti perché con le nuove tecniche di propagazione è possibile anticipare quelli di due, quattro anni, quelli che una volta separavano dei tempi contro un fratello di produzione. Quindi ci sono tutti i presupposti, la mia organizzazione al vostro fianco, non disponiamo di un team di 75 tecnici a livello mondiale con interazione di 74 università, quindi siamo assolutamente ben lieti di dare una mano a questa nostra produzione di fruttecca. Benissimo, grazie, grazie cavaliere. Adelle Di Pierro, io immagino che come in tante altre filiere il punto sia in un momento tra l'altro così complicato e per quanto riguarda le fitopatie, per quanto riguarda il climate change, immagino che uno snodo fondamentale sia appunto la ricerca e quindi l'innovazione varietale. Allora voi come fondazione avete lanciato un progetto sulla Noce del Bleggio che sta andando molto bene, ce lo illustri. Certo, certo. Innanzitutto ringrazio il dottor Cacani per questa esaustiva illustrazione della situazione commerciale insomma e della filiera fruttaguscio a livello nazionale, internazionale. Con la Noce del Bleggio torniamo al territorio Trentino soprattutto e volevo contestualizzare un attimo come nasce il progetto Noble e da che esigenze, da che necessità. È stato condotto presso la fondazione Mac grazie anche alle grandi competenze che ci sono ed diversificate, ma anche grazie al confinanzamento della fondazione Caritro e all'esigenza del territorio, proprio appunto dell'area del Bleggio che è sì l'area tradizionalmente evocata, ma che anche ha spinto per una rivolorizzazione e rilancio dell'intera coltura della Noce. Perché diciamo che in Trentino comunque la coltivazione del Noce è presente non solo esclusivamente nelle giudicarie ma raggiunge anche l'Omaso, la Val di Gresta, addirittura l'Altopiano della Vigolana, fino addirittura Spormaggiore. Quindi è un tipo di coltura molto legata al territorio. Sicuramente nell'area del Bleggio c'è una tradizione che viene fatta risalire addirittura all'epoca del Rinascimento nell'archivio di Trentini, si facenno alla guerra delle Noci quando i giudicariesi lottarono contro i tirolesi all'interno proprio di un noceto nella piana tra Dasindo e Fiavè. Quindi si sente molto forte comunque l'identità di questa coltura territoriale. Quindi l'idea era proprio questa, voler dare un rilancio, una rivolorizzazione di questa coltura ma con il supporto della ricerca scientifica, quindi attraverso una caratterizzazione a tutto tondo, attraverso un approccio multidisciplinare che consentisse di caratterizzare quello che è il patrimonio varietale della Noce presente localmente in Trentino e confrontarlo anche però con quello nazionale e internazionale. Questo è stato fatto sia mediante delle tecnologie ad hoc per analisi genetica, quindi fondamentalmente noi abbiamo caratterizzato i profili genetici del patrimonio varietale che è presente nella zona del Bleggio. Focalizzandoci su quella che poi è, siamo partiti diciamo da quella che è la varietà tradizionale, quindi la bleggiana, e anche altre varietà coltivate localmente, oltre che diciamo le piante presenti in zona. Abbiamo visto come si distinguono molto bene da quello che è il patrimonio internazionale. Noi abbiamo visto inserendo anche in queste analisi altri ecotipi e accessioni italiane come per esempio la noce di Sorrento, in realtà sono ecotipi appunto della penisola Sorrentina, e l'ecotipo della Feltrina. Quello che abbiamo visto è che appunto queste accessioni, questi ecotipi, queste varietà formano un gruppo ben distinto rispetto invece alle varietà selezionate nei programmi di miglioramento americani o cinesi o francesi. All'interno di questo gruppo poi noi abbiamo una chiara distinzione tra gli ecotipi di Sorrento, proprio anche a livello genetico, ma vedremo anche a livello proprio qualitativo, e le varietà coltivate al Bleggio. Questo ci ha permesso, questa caratterizzazione in realtà ci ha permesso anche di identificare una varietà che si pensava essere francese, ma che in realtà ha molto probabilmente origini locali, perché dal punto di vista del profilo genetico è molto distante da quelle francesi o americane, mentre è molto vicina alla blegiana e alle altre piante presenti nell'area del Bleggio. Come vi dicevo, anche dal punto di vista qualitativo, queste varietà si sono distinte in maniera molto interessante, perché caratterizzando il profilo nutrizionale dei composti tipici della noce, quindi parlo dei polifenoli di cui è molto ricca la cuticola, e degli acidi grassi polinsatori, in particolare gli omega 6 e gli omega 3, quello che abbiamo visto è che nelle varietà locali abbiamo un'elevata concentrazione di polifenoli, la blegiana si distingue molto anche per l'elevato contenuto nell'agitannini, che sono molto importanti dal punto di vista di proprietà antiossidanti. E anche considerando i lipidi, in particolare un dato interessante riguardava il rapporto omega 6 omega 3, che è un rapporto che nella dieta, anche nella dieta mediterranea, tende a essere sbilanciato verso gli omega 6, che però se consumati in eccesso rischiano di essere pro-infiammatori. Quello che noi abbiamo visto è che il rapporto ideale sarebbe un 4 a 1 e la noce già ricade tra gli alimenti, la frutta guscia in generale, ricadono tra gli alimenti che hanno un buon rapporto e poi in particolare ovviamente il pesce. Sappiamo quello che abbiamo notato è che la blegiana in tutti i tre anni di attività di analisi che abbiamo condotto, era quella che ha sempre avuto il rapporto più basso, quindi un dato interessante anche dal punto di vista nutrizionale. Inoltre questi aspetti conferiscono in particolare l'elevata concentrazione di polifenoli alla blegiana e anche alla blegette, la nuova varietà che abbiamo appunto identificato e rinominato quella confrontante della noce del blegio, quel classico gusto tradizionale della noce, quello un po' astringente che si sta perdendo nelle varietà commerciali che sono molto più dolci e questo è stato apprezzato devo dire dai consumatori perché nell'ambito dello studio abbiamo condotto un test di gradimento su circa 200 consumatori che erano presenti a un evento nel 2018 a Fa la Cosa Giusta Trento e quello che abbiamo visto è che c'è certamente un apprezzamento ampio di tutte le varietà che hanno assaggiato, hanno assaggiato la blegiana, la blegette, la Lara che è una varietà che viene coltivata al blegio perché è molto produttiva per la fruttificazione laterale, ma anche la Chandler che è la varietà più popolare negli Stati Uniti e che viene maggiormente importata in Italia che troviamo nei mercati all'ingrosso, quindi sono state apprezzate però abbiamo potuto vedere un certo gradiente, un certo gradiente in cui la blegetta è quella che è risultata sia dal punto di vista gustativo che visivo quella più apprezzata possiamo dire e questo ovviamente c'è tutto questo lavoro possiamo dire che ci porta a comprendere a mettere in risalto come il germoplasma locale quindi la ricchezza che si ha è una vera propria ricchezza in termini di fonte di diversità non solo genetica ma anche delle proprietà qualitative dei nostri prodotti e che va preservato bisogna sicuramente supportare anche i produttori locali che hanno bisogno anche di un supporto dal punto di per esempio una problematica importante per la noce è l'aspetto vivaistico riuscire ad avere le piante da poter propagare e mantenere sul territorio in loco e questo perché? perché comunque anche nell'ottica di cambiamenti climatici e problematiche sempre più se vogliamo nuove ma importanti questa diversità rappresenta una fonte a cui noi possiamo poi attingere per eventuali caratteri per un maggior adattamento resilienza e reazione agli eventuali stress biotici e abiotici quindi sarà molto importante studiare anche come queste varietà diciamo si comportano rispetto all'utilizzo della risorsa idrica o a livello qualitativo anche capire i processi di maturazione se è possibile aumentare ulteriormente la qualità del prodotto e nell'ottica anche di pensare a livello di economia territoriale a un mercato che si basi su un prodotto di qualità e riconoscibile come locale. Ecco un passaggio, un altro aspetto che abbiamo portato avanti nell'ambito del progetto Noble è stato sperimentale cioè proprio sperimentale ma nel senso di preliminare ed esplorativo capire se possiamo utilizzare una tecnica basata sulla definizione dei profili isotopici e minerali che si usa già molto nella tracciabilità in maniera efficace di vino, olio e parmigiano reggiano grano padano vedere se fosse possibile usarla anche per la noce come forma di tutela del nostro prodotto e quello che abbiamo visto ribadisco è preliminare quindi va preso sicuramente con cautela il risultato ma è molto interessante e andrebbe approfondito in futuro che è possibile distinguere la noce italiana per esempio a livello nazionale abbiamo potuto distinguere le noci provenienti dalla penisola Sorrentina rispetto a quelle del nord Italia ma anche perché appunto la tipologia di suolo su cui crescono è differente, giù abbiamo un suolo vulcanico che ben si distingue da quello del nord. L'altra cosa interessante era che focalizzandoci per esempio sulla varietà Lara siamo riusciti a distinguere preliminariamente le Lara provenienti dall'Italia da quelle francesi da quelle per esempio australiane e cilene sono dati che vanno ulteriormente validati sicuramente però è un primo risultato per la tutela. Discuttevamo anche l'altro giorno, ora non c'è tempo altrimenti lasciamo troppo poco spazio agli altri ospiti, il valore anche identitario di queste filiere no magari inizialmente anche poco remunerative mi ricordo che c'è stato un intervento di Calcani che diceva no per renderle remunerative bisognerebbe produrre diceva lui le produzioni locali hanno senso purche producano 4 tonnellate per ettari però non dimentichiamo appunto sempre anche il valore identitario. Grazie, passo la parola a Luisa Palmieri che ci parlerà della filiera del castagno in Trentino che è una filiera dall'alto potenziale se non ero occupa circa 1600 produttori è corretto? Ci faccio un'identichetta. Buongiorno prima di tutto volevo ringraziare gli organizzatori di questa opportunità di poter parlare appunto di castagno e si è un mix tra la filiera italiana in realtà e la filiera Trentina prima di parlare della filiera mi piacerebbe ricordare come a livello storico già nel primo secolo a.C. Roma era il centro europeo della castanicoltura quindi la castanicoltura veramente una storia antica per non parlare poi di reperti fossili che sono stati trovati e i latini chiamavano la castagne la ghianda di Zeus quindi aveva veramente una sua importanza e che anche già l'ignio il vecchio scriveva di come le castagne venivano essiccate e poi usate per fare una farina che veniva utilizzata da delle sacerdotesse che per rito non potevano mangiare la farina di cereali quindi diciamo qui vediamo già quello che era la bozzo della prima filiera diciamo in certo senso e poi col tempo le castagnetti si sono diffusi nelle zone montane anche qua in Trentino soprattutto perché era un po' l'unità poderale montanara per cui c'era la famiglia con il castagnetto gli animali e il castagnetto sfamava la famiglia e gli animali e quindi era veramente un prodotto eccellente permetteva anche di utilizzare il castagno veniva utilizzato anche per il suo legno veniva utilizzato sia per la paleria in agricoltura sia per le costruzioni e quindi insomma aveva veramente una sua importanza pian piano il castagno appunto si è diffuso e attualmente in italia ci sono circa 700.000 ettari di castagnetto che tra castagno coltivato e castagno che è presente nel bosco in Trentino attualmente e parliamo di stime la stima di ettari di castagnetto presente di 600 ettari di cui più o meno la metà è coltivato e da circa come dicevamo 1500 castani coltori che sono dispersi diciamo in 80 piccole aree di produzione quindi sicuramente il prodotto principale della filiera sia italiana sia locale è il prodotto fresco infatti in Trentino produciamo circa 5 10 quintali a ettaro e di solito il marrone nostro marrone viene venduto tra i 6 e gli 8 euro al chilo quindi è un buon prodotto in Trentino e poi grazie all'attività della cooperativa dei castani coltori del Trentino alto adige di altre cooperative di altri consorzi sia anche la produzione di lavorati i lavorati che sono le creme di castagno di marroni non di castagno le i marroni sottospirito i marroni sciroppati birre sta andando che molto la birra di castagno e i mieli quindi abbiamo una filiera particolare interna un altro prodotto di filiera di cui non possiamo non parlare è la farina non è una nostra tradizione la farina in realtà ma è un prodotto che si trova più che altro diciamo in Emilia-Romagna in Toscana un po perché loro hanno le varietà adatte alla farina un po perché esisteva proprio una tradizione storica in questo senso il piemonte e il sud italia diciamo sono i leader assoluti invece nella produzione di marron glass di snack esiste in proprio montella al sud questa castagna che ha detta la castagna del pret che è una castagna che viene prima essicata e poi riutilizzata in sacchettini come snack oppure producono altri dolci panettoni insomma c'è una forte industria dolciaria mi scusi palmieri la interrompo perché non lasciamo un adeguato spazio anche agatti le volevo chiedere il potenziale quindi è noto evidente ma quali sono le criticità del comparto con quali problematiche la criticità principale direi che è la scara le scarse indagini statistiche e le scarse censimenti in ambito castanicolo perché è difficilissimo dare i numeri a livello castanico perché è veramente un problema nel momento in cui ci fosse un reale censimento sarebbe più facile anche avere degli indicatori di sostenibilità economica sociale per le aziende castanicole un altro problema grosso è il scarso ricambio generazionale infatti c'è un grosso abbandono da parte di che stanno adesso diciamo negli ultimi anni ci sono giovani che si stanno riempiando probabilmente anche dovuto alla scarsa meccanizzazione perché diciamo soprattutto montagna da noi la meccanizzazione non è così avanzata altro problema diciamo è la polverizzazione del territorio per cui come dicevamo prima questi castanicoltori si trovano in tantissime zone diverse grandissimo problema che stiamo affrontando anche come fondazione come fondazione e clima e cambiamenti climatici abbiamo visto l'anno scorso che a livello italiano la temperatura in settembre si è alzata di 2,17 gradi questi sono dati del cnr e questo ha portato in italia in molte regioni una perdita tra il 40 50 per cento di prodotto diciamo che il Trentino e Piemonte sono le regioni che hanno retto meglio a questa questi cambiamenti climatici e forse un ultima problematica può essere la mancanza di un di un approccio integrato e quindi un approccio che veda collaborazione interistituzionale tra pubblico e privato che quindi possa favorire perché la castanicoltura ha bisogno appunto di essere aiutata essere favorita abbiamo però come potenziale che mi piacerebbe ricordare che il potenziale è una criticità perché non è solo criticità sicuramente come diceva l'importa export noi importiamo il 50 per cento di quello che consumiamo quindi spazio per produrre ce n'è veramente valori nutrizionali la castagna anche la castagna vitamine fibre è diciamo un prodotto ottimo per i celiaci la farina di castagna e in dubbio secondo me e questo si vede soprattutto in Trentino è il valore ecologico della castagna e del castagnetto in un castagnetto possiamo trovare un sacco di specie soprattutto la cosa interessante è che nel castagnetto coltivato troviamo molte più specie che non nel castagnetto abbandonato è l'unico caso in cui l'antropizzazione favorisce la biodiversità è un messaggio bellissimo che deve passare la castagnicoltura è una biodiversità un valore ecologico che poi si rivede anche nel turismo cioè in Trentino viviamo di turismo e dovremo sfruttare al massimo questi giardini questi castagnetti questi giardini che noi abbiamo sia adesso con la primavera con la fioritura sia nel momento in cui abbiamo le castagne il fogliage che c'è gente che va diciamo in america a vedere fogliage ce l'abbiamo quindi e quindi insomma pensare che veramente la castagnicoltura ha una valenza mi piacerebbe finire a terminare con una frase del professor Bellini che secondo me è bellissima che dice che il castagno è l'unica tra le specie alborie da frutto quasi analfabetta cioè il pero sa tutto il melo pure il castagno sa poco e neanche noi sappiamo tantissimo del castagno e questa è un'altra delle grossissime potenzialità per cui noi dovremo essere veramente abbiamo grandissime potenzialità per conoscere e per avanzare soprattutto nella ricerca grazie grazie giaco gatti centro sperimentazione leinboga dicevamo il clana change taglia le rese immagino che l'altra problematica sia la fitopatia cosa state studiando in questo ambito? Si io provengo del centro sperimentazione leinboga quindi dalla provincia vicina della provincia di bolzano non non ripeterò nulla della castagnicoltura alto tesina perché la sorella praticamente gemella della castagnicoltura trentina ed entrambe come realtà la maggior parte delle culture agrarie stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico questo significa che non solo a settembre ma realtà anche in ottobre e addirittura in post raccolta il mese novembre siamo ancora in grado di registrare temperature pomeriliane superiore ai 30 gradi che significa che nelle settimane che precedono la raccolta e nelle settimane della raccolta perché è una raccolta scalare noi abbiamo temperature molto più alte rispetto a quelle che queste piante di 3400 anni hanno vissuto diciamo nella loro lunga vita. Cosa comporta questa temperatura alta? Comporta che un patogeno che rappresentava fino a pochi anni fa un patogeno quasi secondario la agnomoniopsis castanea che veniva chiamata con un altro nome precedentemente insomma ha vissuto una recrodescenza ampissima per la quale se 20-30 anni fa questo patogeno questo fungo dava danni intorno all'1% o meno oggi può comportare una perdita completa del prodotto. Cosa bisogna fare? Noi abbiamo iniziato circa nel 2018 il primo anno in cui questo patogeno si è manifestato questo fungo a lavorare soprattutto insieme al dottor Maresi della fondazione perché insomma siamo fortunati in questa regione avere due centri di sperimentazione e saremmo un po' miopi a non collaborare tra di noi e abbiamo iniziato un po' a studiare questo patogeno a fare le prime prove e abbiamo capito che insomma il castagneto è un sistema per fortuna resiliente dove però insomma riesce a raggiungere il massimo della sua potenziale sia aiutato dall'uomo quindi mi piaceva anche molto questo questo input di Luisa sulla biodiversità e l'antropizzazione del castagneto. Cosa significa? In castagneto non si fanno trattamenti, il castagneto è un sistema cosiddetto agroforestale perché convivono queste due anime insomma una è frutticola e l'altra è boschiva e pure si riesce mantenendo l'equilibrio a gestire il castagneto in completa assenza di trattamenti ma il che non significa in assenza di lavoro da parte del castagnicoltore bisogna lavorare sulla fisiologia, sull'irrigazione, sulle potature anche sulla confusione sessuale volendo di alcuni patogeni però siamo fortunati ad avere una cultura che di sé è resiliente però da sola non può vincere la sfida del cambiamento climatico e quindi da queste prove che abbiamo condotto assieme alla alla fondazione è emerso che c'è un po' un malinteso storico cioè la castagna è sì un frutto aguscio ma non è un frutto secco, la castagna è un frutto fresco e come tale va gestito significa che dalla raccolta in poi l'unico modo per frenare lo sviluppo di questo fungo che è già presente all'interno delle castagne di tutte le castagne europee veramente noi partecipiamo a convegni europei mondiali dove insomma negli ultimissimi anni la neopsis castagne è il tema principale e come si risolve ci sono due approcci c'è chi lavora con i fungicidi sistemici ma noi vogliamo preservare il nostro sistema complesso agroforestale del castagneto e chi come noi sta provando a lavorare sul post raccolta il che significa che la castagna va mantenuta a temperature prossima allo zero dalla immediatamente subito la raccolta fino al consumatore passando per la commercializzazione quindi l'errore più grande è gestire la castagna da frutto secco dimenticarla in credenza e vederla sul banco dell'ortofrutta novembre con 22 gradi all'interno del supermercato e insomma se il clima cambia deve cambiare anche il nostro approccio alla coltura per quanto sembri una soluzione banale ma la gestione del post raccolta dovuta a questa rilettura della castagna in chiave di frutto fresco permette di mantenere questo questo prodotto completamente pulito al di là del biologico perché è un prodotto proprio non trattato è un prodotto sì figlio di un bosco ma un bosco antropizzato dove l'uomo fa parte della biodiversità del castagneto e quindi insomma deve cambiare dicevamo anche l'approccio del consumatore poi no se non cambia l'approccio del consumatore non siamo in grado anche come ricerca a spiegare ai commercianti prima e consumatori poi come devono gestire questo frutto a casa o al supermercato ovviamente nulla avranno i nostri sforzi come ricerca e come produttoria e poi vuol dire non comporta anche perché se posso dare prego prego ancora un ultimo incipit in pochi secondi è il festivo dell'economia è sicuramente corretto quello che ha detto il cavaliere però non esistono solo economia di grande scala ad esempio il trentino alto adisee non saranno mai grandi esportatori mondiali di frutta guscio anche perché di superficie coltivabile meccanizzabili ne abbiamo poca ed è già occupata da culture più remunerative secondo me molto interessante l'esempio del alto adisee dove il castagna su 400 ettari che in realtà sono pochissimi pensando alle decine di migliaia di ettari presenti a livello mondiale eppure castagna in alto adisee è una cultura remunerativa e altamente valorizzata questo perché negli anni siamo stati in grado di riscoprire una tradizione quella del törgelen quella delle castagnate all'interno degli agriturismi all'interno delle aziende agricole dove non solo i turisti ma anche i locali possono apprezzare il vino autoprodotto la castagna e in questo modo si valorizza il prodotto e il prodotto non viene più venduto solo come fresco ma si riesce anche a trasformarlo banalmente in caldarroste e questo per l'agricoltura vuol dire un introito molto importante perché ha la possibilità di non dover mai entrare insomma nei ricatti della gdo ma di poter vendere direttamente il suo prodotto quindi non è detto che un'economia piccola e tradizionale sia un'economia vecchia e inadeguata ai tempi moderni perché l'esempio della castagno in cultura del 31 alto adisee dicono l'esatto opposto col castagno si può guadagnare col castagno si può mantenere biodiversità si può creare filiera si può creare turismo però sapendo sempre insomma non dimenticandosi mai di spiegare questo prodotto. Grazie Gatti, grazie Palmieri, grazie Di Piero, il Cavaliere Calcani che non credo sia più collegato, grazie a tutti, buona giornata.
{{section.title}}
{{ item.title }}
{{ item.subtitle }}