I nuovi volti del potere
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I nuovi volti del potere
Intervista a Sabino Cassese al Festival Economia Trento, incentrata sull'evoluzione del potere in Italia. Si discute del passaggio da un potere verticale a uno di intermediazione, influenzato dalle grandi aziende tecnologiche e dal debito pubblico. Viene analizzata la debolezza della rappresentanza politica attuale, e il conseguente aumento dell'influenza di gruppi di interesse organizzati.
Buonasera! Chef Marisweatt Singer Buonasera! Haha, ma qui eh.. Gro skip magari al volto un po' non so no sinistro e troppo però insomma così è poderoso e esibito del potere. Allora benvenuti e grazie per essere qui così numerosi. Allora io sono l'intervistatrice del volume di cui parliamo anche oggi le strutture del potere e ho questo ruolo anche oggi con il professor Cassese e quindi comincio con una domanda poi naturalmente cercheremo di fare anche un po' conversazione ma insomma la domanda parte dal tema che c'è stata assegnato ovvero i volti del potere e allora ti chiederei qual è il volto caratterizzante oggi del potere italiano di questa fase che stiamo vivendo specifica? Beh immaginate di chiedere a un capo del governo di uno dei paesi dei 27 paesi dell'Unione Europea come esercita il potere. Allora lui vi dirà che l'esercita cercando un punto di incontro perché all'interno c'è tanti vassalli rumorosi come gli shogun nell'antico giappone e in Italia venti, quelli che vengono chiamati governatori. E all'esterno ce ne ha 27 con i quali si deve mettere d'accordo. Quindi ormai quello che noi vediamo come un potere nel senso tradizionale dei dominio, quello che sta al vertice del potere insomma, quello che una volta era il re che poteva dire lo stato sono io, Luigi XIV, in realtà è una persona che deve cercare un punto di incontro. Noi abbiamo delle testimonianze su questo, diversi presidenti del Consiglio italiani hanno detto guardate è molto complicato andare a Bruselle e cercare un punto di incontro con gli altri capi e quando non si è d'accordo c'è uno dei presidenti del Consiglio che recentemente ha detto è molto imbarazzante se si è gli unici che non, come dire, in disaccordo perché si sente che come dire si è esercito un potere di veto sostanzialmente si dice voi 26 non potete decidere questo perché io sono contrario e la stessa cosa accade in sede nazionale quindi in realtà oggi il potere è diventato un modo di intermediazione. Vi dico un'altra cosa interessante, Mark Zuckerberg in un'intervista di qualche mese fa ha detto ma dove sta il mio potere? Beh io metto io metto il rapporto tre miliardi di persone con i loro governi. Pensate a questa frase, che cosa voleva dire lui? Il mio potere sta nella capacità di intermediazione, una capacità come dire neutrale perché lui non è che interviene però stabilisce un rapporto tra... lui pensa di stabilire un rapporto tra tre miliardi di persone e i loro governi. Ecco quindi secondo me noi oggi dobbiamo avere un'immagine del potere meno verticale, meno Herrschaft, i tedeschi dicono Herrschaft, Herr è il padrone, insomma, il signore quindi dominio, Macht, forza. È molto più tentativo di raggiungere degli accordi e negli accordi contano un sacco di cose, insomma, la conoscenza personale, il rapporto, il saper parlare è una certa lingua comune, no? Sono cose piccole che contano quando si sta in 27 intorno a un tavolo o in 21 intorno a un altro tavolo. Però conta il potere contrattuale, allora sto ai due esempi che facevi, quello di Zuckerberg che addirittura nella come dire nella riflessione nel dibattito sul potere di questo periodo politologico anche vengono etichettati come Elon Musk, le grandi big tech, addirittura come non state actor, cioè sono dei non stati eppure sono forti come degli stati. Il primo ministro britannico, ora uscente, ha fatto una specie di intervista, lui che intervistava Elon Musk, che è una rappresentazione sottolineata in un articolo di financial times che mi aveva colpito qualche tempo fa per dire come, insomma, serve evidentemente non solo un potere negoziale ma a partire da una posizione di forza e l'altro esempio a proposito delle contrattazioni in Europa, mi viene in mente dicevi la difficoltà di essere gli uni, quindi unici a contrastare una certa decisione, quindi a utilizzare un potere di veto, Giorgia Meloni lo ha fatto per esempio sul MES, l'Italia lo ha fatto in una maniera che è destinata a pesare, quindi insomma è complicato e che ti isola effettivamente può come dire isolarti nel contesto. Metto questi due esempi. Sì, tu hai ragione, ma diciamo ci sono due fenomeni, dall'altro c'è un fenomeno di poteri privati che sono più forti di poteri pubblici, noi siamo abituati a un rapporto del tipo il potere pubblico privale è quello che ha il comando di ultima istanza, la difesa, gli eserciti e la polizia, insomma gli eserciti rispetto all'esterno e la polizia all'interno. Invece ci stiamo rendendo conto che esistono dei poteri privati che sono capaci di sfidare il potere pubblico, insomma pensate agli ultimi dati che abbiamo sulla ricchezza dei big tech, le ultime indagini della settimana scorsa sulla capitalizzazione delle big tech, sono assolutamente impressionanti, sono una manifestazione di ricchezza molto più forte dei prodotti interne, l'ordine nazionale di tanti stati del mondo. Nello stesso tempo, e scusate naturalmente c'è anche l'altra cosa, gli stati molto spesso se sono indebitati sono sottoposti al potere del mercato, insomma uno stato indebitato non giudica i mercati, è giudicato dai mercati, il rapporto si inverte, non è lo stato soggetto attivo rispetto al mercato, ma è il mercato soggetto attivo rispetto allo stato, questo è evidente, insomma tutti i governanti italiani in fondo governano con le mani legate, tutti parlano del peso del debito pubblico ma nessuno considera anche la forza che il debito pubblico esercita nell'obbligare i governi a contenere le loro promesse perché se ne facessero troppe non sarebbero sfiduciato dai loro popoli ma le sarebbero sfiduciato dai mercati internazionali, capito? E questo è un aspetto molto interessante del debito pubblico che nessuno scienziato politico ha ancora affrontato in Italia. Dall'altra parte, Alessandra, c'è un altro aspetto che è invece la debolezza interna, prendiamo un esempio concreto Italia, dunque in Italia gli amanti di diritto al voto sono 46 milioni e le persone che hanno votato per la coalizione sono 12 milioni, cioè sono poco più di un quarto degli amanti di diritto al voto, quindi chi governa ha un'investitura dal popolo ma un'investitura in questo caso che deriva da poco di più, 12 su 46, di un quarto del popolo, va bene? E quindi deve tener conto che la sua investitura che deriva da quei voti lì è un'investitura debole, sì, ho sentito, è un'investitura debole e è come dire pericolosa che da un giorno all'altro può scomparire, no? Ed è questo il motivo che molto spesso porta le persone che sono al governo a cercare di interrogare, a prendere la temperatura della propria clientela, no? dei propri votanti tutti i giorni, perché sanno che può sfuggire da un giorno all'altro, dall'altra parte, no, l'abbiamo visto da una elezione all'altra, una forza politica è passata da uno a sei, un'altra forza politica è passata da tre a uno, un'altra da tre a due, se questo voi lo beteste, lo beteste che vi posso dire per una società per azioni, il giorno dopo va con i libri in tribunale, capito? Questo spiega anche, visto siamo in una campagna elettorale, spiega anche perché poi i diversi leader politici si rivolgano, forse con un atteggiamento un po' rinunciatario, ma si rivolgano di più a tenere fino all'ultimo i propri, quindi diciamo a giocare tutte le carte identitarie, a prendere tutti i pezzetti della propria parte e non ad allargare, sta dentro questo meccanismo mi sembra, c'è una differenza che introduce il professor Cassese tra il potere di decisione e il potere di influenza, è stata una distinzione che ho personalmente trovato molto efficace, tanto che è stata un po' la chiave di una parte anche del libro intervista che abbiamo fatto per la terza e allora vorrei chiederti questo a proposito del potere di influenza, oggi potere che Sabino Cassese ha esercitato, come dire, c'è una missione, un racconto di come sia stato esercitato questo potere di influenza attraverso la competenza, attraverso la carriera universitaria, le tante esperienze dentro comitati, commissioni, neanche così, di amministrazione, quindi in tante strutture e poi il corte costituzionale ovviamente, allora io ti chiedo, questo potere di influenza oggi è ancora richiesto, è richiesto come in altre fasi della vita pubblica italiana, secondo te della storia italiana, o c'è una differenza o è più debole? L'oggi vuol dire dal 2022? Voi dal 2020, no no, sennò possiamo dire anche da, guarda, dal 2018. No, ecco, secondo me dal 2022 c'è stata una cessura e questa cessura deriva dal, diciamo, consapevolezza della possibilità di una maggiore stabilità di una coalizione di governo e quindi di un senso di maggiore sicurezza che chi esercita il governo ha e quindi di una minore necessità di un dialogo con l'opinione pubblica, di una consultazione delle persone che contribuiscono a formare l'opinione pubblica e così via. Una volta per esempio, specialmente nella fase declinata del partito della democrazia cristiana, persone come Demita cercavano il dialogo con i direttori dei giornali, no? Adesso questo dialogo è molto più limitato. Signora ha detto c'erano i giornali. Come? Io ho sentito dal pubblico questa frase, c'erano i giornali. La gente reggeva i giornali? Questo è un altro problema, questo è un altro problema. I giornali sono una struttura che da trent'anni sostanzialmente sta lentamente declinando e d'altra parte immagino che tutti abbiamo la sensazione di due cose. Primo, l'opinione pubblica poteva essere fatta o da grandi partiti organizzati o da grandi mezzi di comunicazione in media. Gli iscritti ai partiti per 50 anni della storia italiana sono stati l'otto per cento della popolazione, oggi forse raggiungono il 2% della popolazione. Secondo le stime che ho fatto di recente, il partito che ha il maggior numero di iscritti oggi ne ha 200 mila, gli altri stanno tra 150, 160, quelli più numerosi. Una volta si arrivava a milioni e questo è una cosa. L'altro è il partito uno strumento di formazione, era uno strumento di formazione. Non ci dimentichiamo che partiti come il Partito Comunista Italiano o il Partito della Democrazia Cristiana avevano fino a 20.000 sedi decentrate, sezioni decentrate, 20.000 vuol dire, i comuni italiani sono 8.000, 20.000 vuol dire che erano veramente ramificati sul territorio. Poi c'erano i congressi, i congressi provinciali, i congressi nazionali e così via, i congressi nazionali sono una specie in estinzione all'interno dei partiti politici italiani oggi. Poi l'altro strumento di formazione, l'opinione pubblica, sono i giornali. I giornali sono una specie in estinzione. C'è un bellissimo libro, quello di Orlando Figes, questo studioso inglese intitolato Gli Europei, è stato tradotto anche in italiano. È una bellissima storia di Turgenev e della sua amante, quindi è un bellissimo libro che racconta tante altre cose della storia della musica. Ma c'è altri capitoli molto interessanti che spiegano come in realtà i giornali diventano uno strumento di formazione dell'opinione pubblica quando si sviluppano le reti ferroviarie. Perché prima erano giornali locali, era il Corriere di Livorno o era il Washington Post o New York Times. In New York Times adesso si legge in tutto il mondo e si è cominciato a leggere in California nel momento in cui ci sono state le comunicazioni. Quindi in realtà i giornali sono diventati uno strumento di formazione dell'intera opinione pubblica di una nazione nel momento in cui hanno trovato uno strumento che ha fatto da traino. Il treno prima in Europa è proprio uno sviluppo parallelo, lo sviluppo della rete ferroviaria, lo sviluppo dei giornali e poi gli aerei. Questo ciclo si sta chiudendo inesorabilmente. I giornali sono... insomma, se chiunque legge giornali, io ho avuto le testimonianze di alcuni studiosi francesi che mi sono dovuto trovare recentemente, dicono ma l'Italia è un paese che ha una criminalità crescente. L'Istat dice che invece è il contrario, che la criminalità diminuisce. Ma perché questo? Perché i giornali raccontano con grandissima evidenza qualunque episodio di violenza e fanno diventare... ingigantiscono questi problemi. L'altra cosa che ti ricordi, ne abbiamo parlato Alessandra, è alla richiesta, in sondaggi, alle richieste agli italiani, sondaggi fatti bene, quanti sono gli stranieri che sono sul territorio nazionale, la risposta è stata di regola il triplo di quella che è il numero effettivo degli stranieri in Italia. Quindi nell'immagine che è fatta dai media sostanzialmente, c'è questa soprelevazione, il suddimensionamento di un fenomeno che deriva dalla scarsa capacità dei media di interpretare, di farci vedere il nostro paese. Ci comunicano l'immagine di un paese diverso da quello che noi sentiamo di essere. Perché forse si assecondano delle percezioni, perché poi sono comunque i giornali anche a pubblicare i dati dell'Istat nella loro realtà. Quindi offre l'amplificazione, la lettura e però teoricamente ci sono anche i fatti. Questo sembra voler dire che in realtà allora c'è un potere di influenza ancora che viene esercitato. Questo certamente, che esiste ancora un potere di influenza, ma è un rapporto di influenza dal quale si disintermedia il governo. C'è un minor bisogno da parte del governo e che riguarda invece il rapporto direttamente tra media o alcuni soggetti che attori dei media e la collettività e la comunità. Volevo farti una domanda che porta all'attualità e quindi ai giornali, ma che in realtà riguarda il potere economico. Perché il caso della Liguria, quindi la strettissima attualità del governatore Totti, ha con l'arresto e tutto lo spaccato della ramificazione di poteri economici, per l'appunto ha messo in evidenza come forse, lo hanno notato tanti osservatori, come sia cambiato il rapporto fra imprenditori e politica rispetto agli anni di Tangentopoli, quando i partiti erano forti e andavano a chiedere un finanziamento tangenti agli imprenditori, ma dove il più forte era il politico in quel momento, poi è finita come è finita. Invece questo caso Liguria, ma non è soltanto quello, lasciando stare gli aspetti strettamente giudiziari, ma quello che ha rivelato è che c'è un'imprenditoria che decide, che manovra la politica. Come valuti questo cambiamento? Intanto è legato al potere regionale, locale o è un fatto più ampio? Guarda, questa era la continuazione del discorso che facevamo un minuto fa. È chiaro che nella misura in cui i partiti politici perdono un radicamento sociale, perdono di peso come dimensioni, diventano solamente dei comitati elettorali e all'interno dei comitati elettorali ci sono sostanzialmente delle figure leader che determinano tutto nella vita dei partiti. Fondamentalmente chi deve essere eletto e chi non deve essere eletto, perché questo è un punto fondamentale. Le elezioni sono decise praticamente da poche persone e quindi che cosa succede? Che nella misura in cui tutto questo si indebolisce, nella società civile c'è bisogno di un rapporto con il potere, i governi, le amministrazioni, gli enti pubblici e così via, e si accentua quello che gli americani chiamano corporatismo, non corporativismo, che è l'esperienza del fascismo per esempio o di altri ordinamenti come quello spagnolo, e cioè di una struttura organizzata di rappresentanza degli interessi. La Camera dei Fasci e delle Corporazioni, che fu istituita nel 1939, era un organo che non era elettivo e che si rinnovava a misura in cui si rinnovavano il Consiglio nazionale delle corporazioni e il consiglio del Partito nazionale fascista. Quindi era come dire, se uno faceva parte dell'uno, faceva parte dell'altro. Però la rappresentanza politica era combinata con la rappresentanza degli interessi, quella del Consiglio nazionale delle corporazioni, ed è questo il motivo per il quale gli stessi costituenti riconobbero l'importanza di una rappresentanza. Crearono il CNEL, il Consiglio nazionale dell'economia del lavoro, sta scritto nella Costituzione. Ora i grandi interessi organizzati, la confindustria, ma i tassisti anche, i balneari, tutti questi hanno bisogno di un referente con cui dialogare e questo dialogo non è un fatto negativo, è un fatto positivo. Noi vogliamo che la democrazia comporta un dialogo tra la società e lo stato, e in questo caso lo stato, il governo, il Parlamento, i quelli che prendono delle decisioni e le organizzazioni della società civile, qualunque fosse siano, nella misura in cui non c'è il partito come intermediario e come intermediario selettore e che dice questo sì, questo no. Per esempio, non è giusto che siano ascoltati i pareri dei tassisti considerato che sono una piccola corporazione che danneggia l'interesse di tutta la collettività. Chiunque veda le file chilometriche che ci sono alla stazione Termini di Roma, ha dei travasi di bile ve lo assicuro, perché si vedono queste povere persone che arrivano da tutti i paesi del mondo e che aspettano ore e ore un tassista. Non è una cosa da paese civile e l'interesse della collettività, che però non si fa sentire perché non è organizzata, siamo ciascuno di noi che sarebbe interessato ad avere un servizio pubblico di trasporto che non sia trasporto di linea che è molto carente in molte città italiane. Ecco, è l'equilibrio tra questi interessi poi che finisce per essere danneggiato perché i partiti non sono più dei selettori, non sono più degli intermediari, queste voci si fanno sentire ed è giusto che si facciano sentire, ma non trovano dei contrappesi e la democrazia è fatta di bilanciamenti e di contrappesi. Si soppesano i vari interessi collettivi, lo sviluppo e la tutela dell'ambiente, la produzione dell'energia e la tutela dell'occupazione e la ponderazione, il bilanciamento tra questi interessi ci dà quello che noi chiamiamo governare un paese. Il governare un paese consiste nel fare queste scelte e queste scelte in qualche modo sono obbligate perché gli interessi sono già ormai codificati, la tutela del suolo, la tutela delle acque d'abbalnazione, il limite del rumore dei tosa erba, per dirvi le cose più minute che stanno già scritte nelle leggi, ma poi ci deve essere qualcuno che dice in questo caso deve prevalere questo, in quest'altro caso deve prevalere quell'altro, una volta sarà l'interesse dell'occupazione, un'altra volta sarà la tutela dell'ambiente, un'altra volta sarà la produzione di energia, un'altra volta sarà la coltivazione dei terreni perché dobbiamo pure mangiare e ho fatto riferimento a degli esempi che sono recenti. Per seguire fino in fondo il ragionamento, che cos'è che rende più forti del resto della collettività i balneari o i tassisti, cioè è perché c'è un lobismo che riesce ad avere più voce in capitolo, perché si rinvia la scelta di non decidere, perché cos'è che sbilancia i rapporti di forza e quindi la convenienza anche per chi amministra, per chi deve anche sottoporsi a giudizio degli elettori, perché uno dice ma quanti sono mai i balneari? Sì, quello che conta in questi casi è esattamente il numero delle persone che sono iscritte e la capacità organizzativa, se ci fosse dall'altra parte i contraddittori fossero capaci di organizzarsi nello stesso modo. Prendiamo i balneari. I balneari partono dalla condizione di privilegio perché hanno a condizioni economiche molto convenienti l'utilizzo di un suolo che appartiene a tutti voi e a tutti noi, che si chiama spiaggia, l'ido del mare. C'è scritto nel codice civile nel 1942, non è stato Stalin, non è O'Lennon che l'ha nazionalizzato, no, antico diritto va bene. Da una parte c'è un interesse di tutta la collettività per fare un uso razionale di quegli spazi che si chiamano appunto l'ido del mare, la spiaggia, e dall'altro c'è l'interesse di persone a sfruttare quelle zone dal punto di vista economico. Nella parte del primo interesse c'è anche un ulteriore interesse, non solo a utilizzarlo liberamente, ma c'è l'interesse a trarne una redditività che potrebbe servire, guarda caso, a bilanciare uno stato indebitato. Allora, chi deve prevalere? L'interesse di una collettività composta di 58 milioni e 900 mila persone, quanti siamo noi tutti italiani, che potrebbero avere un interesse anche per le future generazioni, cioè di avere un'entrata molto maggiore del canone che pagano loro, oppure i balneari. Per quanti siano i balneari sono certamente in un numero inferiore a 58 milioni e 900 mila persone che si chiamano italiani, va bene. Questo è quello che conta, va bene. E cioè il fatto che l'altra parte non è organizzata e dall'altra parte invece c'è una piccola organizzazione o delle piccole organizzazioni di interessi che si fanno muto sentire e che intimoriscono una classe politica che si trova in quelle condizioni 12 milioni su 46 milioni di voti, su 46 milioni di aventi di diritto al voto. Ricordatevelo questo. E qui arriviamo alla questione se questa, non tanto se è la classe politica, ma se il governo e il Primo Ministro, il Presidente del Consiglio debba pertanto avere più potere, più forza e quindi se questo premierato effettivamente sia una cosa necessaria. Nel libro tu dici non l'elezione diretta ma che ci sia un diverso, non un maggiore di potere perché ne ha già tanto, ma insomma qualcosa che aiuti la stabilità dei governi, sì, se posso riassumere molto per titoli la tua posizione, non elezione diretta ma qualcosa che rafforzi nella direzione della durata, sì. Sì, sì, sì. Io sono convinto di dire che sì, sì, sì, io sono convinto di questo. Primo, i poteri sono sufficienti, non bisogna aumentare i poteri. Ci sono due cose che mancano, la stabilità e la continuità da un lato e dall'altro. La capacità di fare quello che fanno i cani da pastore, ve lo ricordate che fanno i cani da pastore? Prendono il gregge e lo fanno andare insieme in modo tale che non ci siano delle pecorelle che vanno con tutto il rispetto per le pecorelle che chiamiamo ministri perché sto parlando dei ministri che vanno spesso fuori del gregge, insomma non vanno nella stessa direzione del gregge. Quindi se c'è bisogno di maggiore stabilità, insomma non possiamo continuare a avere i 76 anni di storia repubblicana, 68 anni di storia di posto governi, insomma, una media di un anno e quattro mesi. Ma mettetevi nei panni, io ho fatto il ministro della Funzione pubblica, sono arrivato lì sapendo più o meno quanto sarebbe durato il governo Ciampi e ho fin dall'inizio detto questo, quest'altro e quest'altro io non lo posso fare, posso fare solamente questo e questo. Perché, puoi dire che con il minimo dei lucidità, il mio scopo fondamentale era cambiare l'elitta amministrativa italiana perché noi abbiamo bisogno di un'elitta amministrativa come Westminster e come ce l'ha a Parigi, insomma non è possibile andare avanti così con i capi delle amministrazioni che non siano scelti secondo dei criteri strettamente meritocratici con delle persone con grandi abilità ed esperienza. Ci ho rinunciato subito perché sapevo benissimo che quella era una cosa che si poteva fare solamente avendo quattro anni davanti perché non è che da un giorno all'altro si creano quelle che si crea la procedura ma non si trovano le persone adatte, bisogna selezionarle, bisogna avere come diceva Guido D'Orso 100 uomini di acciaio, pensava che 100 uomini di acciaio avrebbero risolto i problemi dell'Italia e questo è un problema essenziale del nostro Paese. Rafforzare con la sfiducia costruttiva, con il potere di revoca in modo tale che il Presidente del Consiglio dei Ministri sia sostanzialmente messo in una posizione a un livello superiore dei Ministri perché la stessa Costituzione dice che il Presidente del Consiglio dei Ministri mantiene l'unità dell'indirizzo politico del governo. Il governo lo fissa insieme all'indirizzo politico ma poi il Presidente del Consiglio che deve mantenere l'unità dell'indirizzo politico. L'elezione diretta perché no? L'elezione diretta perché no, perché, allora, poiché noi non abbiamo un sistema bipartitico e abbiamo un sistema multipartitico, noi abbiamo bisogno di coalizioni. Le coalizioni sono dei matrimoni, sono dei contratti di matrimonio, ci si mette d'accordo, va bene? Il matrimonio che dure di più è fatto davanti a un ufficiale di Stato civile che ha la forza di farlo durare, è l'ufficiale di Stato civile che ha la maggiore forza, è il popolo italiano. Allora, se al popolo italiano quando va a votare gli si dice, prima domanda, vuoi tu dare il voto a questa coalizione? Seconda domanda, vuoi tu che questa coalizione sia guidata da X? A quel punto lì, chi va a votare sa che sta votando per un indirizzo politico, per le forze politiche che sosterranno quell'indirizzo e per una persona che sarà quel cane da pastore che tiene insieme il gregge e lo porta nella strada che è necessaria. Se fosse diretta invece sarebbe voto direttamente una persona e quindi non la coalizione, se fosse voto quella persona? Se fosse separato non ci darebbe a noi come votanti la forza di scegliere e la persona è il matrimonio e i nubendi, quelli che vanno a sposarsi. Sembra molto chiaro così. Questa è la mia idea e non è solo la mia. Come tutti sanno leggendo i giornali c'è un gruppo di persone che da varie parti anche in Parlamento, numerosi, stanno cercando di portare verso questo tipo di esito l'idea del cosiddetto premierato. Che però non è quella che è stata espressa poco fa al teatro sociale dalla Presidente del Consiglio che comunque per ora il centrodestra resta sull'elezione diretta. Ma ha valutato una cosa del Presidente del Consiglio che Meloni è partito dal presidenzialismo e poi è stato al premierato e ha preso una città e poi ha accettato molte modificazioni del suo testo. E quindi forse... No, allora ti dico, io ho fatto... Allora tu sei una nota linguista perché ti sei laureata con un grande linguista. Allora apprezzerai questa mia osservazione. Ho letto attentamente tutti i due libri che Meloni ha scritto. Io sono Giorgio e l'altro il parere di Giorgio. Adesso non ricordo il titolo, l'intervista con Zallusti. E il primo certamente l'ha scritto lei e il secondo un dialogo e quindi probabilmente c'è anche qualche mano. Una delle parole che più frequentemente ricorre è la parola realismo. Realismo è una grande dote di governanti badate bene. Realismo vuol dire per esempio andare al governo e capire che lo stato italiano c'è degli accordi che risalgono a De Gasperi per il patto atlantico, che c'ha degli accordi che risalgono anche quelli a De Gasperi, a Denauer e Schuman. Di realismo potrebbe anche consigliare qualche modifica in campo delle riabilitazioni. E quindi non è un'idea che non si può fare qualche modifica in campo delle riforme costituzionali per non andare a un referendum che però per il momento politicamente, ma siamo in campagna elettorale, viene auspicato. Però abbiamo ancora 4 minuti e 0.9, 0.8 secondi. Vedo lì da 0.6 secondi. E io ho ancora due domande alle quali terrei, quindi mi dispiace di stringere. Però una è questa, che forse meritava più spazio. Sei stato un fautore negli anni, diciamo nella prima repubblica, sei stato un fautore della programmazione, anzi nel momento in cui si costruiva tutta quella che poi è stata la politica italiana, la politica economica, le tante cose. Oggi ci sarebbe negli anni di Antonio Giolitti che è stata una figura molto importante per te. Oggi c'è qualcosa che avrebbe richiesto, richiederebbe ancora una stessa attenzione, cioè il PNRR. Come mai così tanti soldi che consentirebbero una programmazione, è vero che hanno una scadenza abbastanza ravvicinata, ma poi non così ravvicinata? Come mai non c'è alla fine nessun interesse scarso da parte dei media devo dire, scarso da parte dei cittadini, scarso anche da parte di chi lo amministra alla fine, come se fosse quasi un fastidio? Come mai non c'è questo senso che forse ci sono tanti soldi, quasi quanti, anzi mi dicevi prima, più del piano Marshall? E però così, non ci crediamo. Ci sono due motivi per questo. Il primo motivo è che per così dire è un provvedimento che ha troppi padri. Un programma ha bisogno di un programmatore, di un artefice, è passato per troppe mani. Il secondo motivo è che nessuno nel mondo della politica e pochissimi nel mondo dei media hanno capito la novità e l'importanza del PNRR, che si riassume in tre parole. Primo, è l'attuazione perfetta dell'idea di vincolo esterno di Alcide de Gasperi e di Guido Carli. Noi non siamo virtuosi, ci leghiamo a un campo di persone virtuose in modo tale che la nostra virtù aumenti dato che noi siamo dei viziosi. Secondo, ci leghiamo ma ci prendiamo dei soldi, quindi questo ci viene dato anche come un incentivo, questo è promosso da quelli ai quali noi ci leghiamo. E terzo, ci sono delle scadenze, l'Italia rifugia le scadenze, fai domani quello che potresti fare oggi, invece che fare oggi quello che si dovrebbe fare domani. Perché ci sono i mille proroghe poi, non siamo il paese del mille proroghe. È un paese che tutti gli anni approva dicembre una legge che si chiama mille proroghe, mi sono sempre chiesto ma perché qualcuno ha detto una volta, dice ma perché bisogna prorogarle visto che non siamo riusciti a farle? Sono tante scadenze che vengono e sono decine e decine di pagine quelle leggi. Siamo nella zona negativa, sono diventati rossi i numeri però e io a questo punto l'ultima domanda che forse a volte è stata anche la prima nei dibattiti anche nel nostro libro, il potere invisibile, quello dietro le quinte, quello sul palcoscenico, ma il potere invisibile è pericoloso? Sì il potere invisibile è pericoloso perché non spiega, non perché si nasconde ma perché non motiva e se c'è una cosa che le democrazie moderne di cui hanno bisogno le democrazie moderne è la motivazione, gli atti amministrativi debbono essere motivati, i provvedimenti legislativi dell'Unione Europea sono anch'essi tutti motivati se voi provate a leggere una decisione, un regolamento comunitario scoprirete che ci sono spesso 10-15 pagine visto che considerato che e così via e c'è una spiegazione quasi articolo per articolo. Ora la motivazione è essenziale perché aiuta a capire e la motivazione è un modo per andare incontro ai cittadini a far capire le cose e se la democrazia vuol dire trasparenza, se la democrazia vuol dire partecipazione, la motivazione è un obbligo, il potere è invisibile e quello che dice questo non si fa tanto per dire la ragioneria generale che non mette il bollino nota procedura oscura del nostro Paese. L'ha messo sul super bonus questo l'abbiamo capito però su questo che meriterebbe un altro dibattito a parte mi sa che ci dobbiamo fermare però teniamolo così come ragionamento fra partecipazione e del buono della ragioneria. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.
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