I mondi a fumetti di Sergio Bonelli Editore
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I mondi a fumetti di Sergio Bonelli Editore
Si discute della storia della Sergio Bonelli Editore dalla sua fondazione nel 1941 fino all'evoluzione dei suoi personaggi e metodi di produzione, toccando temi come l'adattamento ai cambiamenti sociali e tecnologici e la diversificazione nei media, tra cui cinema e televisione. Vengono inoltre approfonditi gli aspetti creativi, con interventi del redattore capo Luca Del Savio e del disegnatore Giancarlo Alessandrini, che condividono aneddoti e riflessioni sulla loro esperienza. Infine, si analizza il futuro dell'editore e la possibilità di creare nuovi personaggi adatti all'attuale panorama multimediale.
Relatori
Del Savio LucaAlessandrini Giancarlo
Edizione
2024 - QUO VADIS? I dilemmi del nostro tempoCi siamo, ci siamo, ci siamo, anzitutto grazie a chi è rimasto nonostante il diluvio. Notavo che nel tappo, come si chiama in gergo, Trento è molto assolata, non oggi e basta. E questo parano ci ha fermati da fare sia il pane al precedente che questo. Mi sono in maniera anche un po' provocatoria, presentato con una maglietta che nulla ha a che vedere con il mondo di cui parleremo adesso, tranne che per un aspetto che per me è sostanziale. I fumetti, come le grandi forme d'arte, sono capaci perfettamente di cogliere e interpretare lo spirito del tempo, direbbe qualche filosofo importante. In realtà riescono a cogliere anche i videogiochi, lo abbiamo raccontato nel pane al precedente, qualcosa che soggiace e si muove nel tempo in cui sono prodotti. E proprio di questo parleremo oggi, di tempo, di fumetti e di come il fumetto riesca a interpretare il suo tempo. Non lo farò per vostra fortuna io, lo faranno due persone che di questo ambiente sono protagonisti, sono con noi. Luca Delsavio, redattore capo centrale di Sergio Buonelli Editore. Luca, benvenuto. Grazie, grazie Emilio. E Giancarlo Alessandrini, disegnatore di tanti capolavori, tra cui Martin Mister, Tex e Dylan Dogg. Grazie. Giancarlo ti tirerò in mezzo, prego, accomodiamoci. Io partirei dal tempo perché Sergio Buonelli Editore ha più di 80 anni, il che significa che l'avventura è iniziata nel pieno della seconda guerra mondiale, da due pazzi sconsiderati, se interpretati con l'occhio di allora, ma da due illuminati rispetto a quello che ci c'è al suo dopo. Parlo ovviamente di Luigi Buonelli e di te, Abertasi, al momento di iniziare l'avventura, coppia poi in realtà, si sono separati, ma di questo parleremo dopo. Luca, come è nata la Sergio Buonelli Editore? Ricordo a Udace, furio almirante, non so quanti qui conoscano l'avventura, e come si è sviluppata? Poi chiederò come cambia anche il disegno nel tempo, ma ci arriveremo dopo, prego. Sì, effettivamente è così, nel 1941, quindi proprio nel cuore della seconda guerra mondiale, Gianluigi Buonelli acquisisce la collana a Udace da Mondadori e decide di pubblicarla da sé. Gianluigi Buonelli scriveva, scriveva romanzi, sceneggiava fumetti, e decide di fare questa impresa, di mettersi in proprio, di dire che voglio andare avanti con questa collana, raccontare avventure, e lo faccio con quella che allora era sua moglie, quindi Thea Bertasi in Buonelli. Da lì a poco però il suo spirito molto creativo, lui fa capire che lui non era tanto editore, era più proprio creativo, era più un narratore, e quindi lascia volentieri nelle mani della moglie Thea l'impresa di portare avanti lei dal lato proprio editoriale, quindi diventare imprenditrice ed editrice, quindi pensiamo anche alla figura di Thea Bertasi. 1941, una donna imprenditrice con un figlio piccolo, Sergio era nato nel 1932, che decide che questo è il suo futuro, che il futuro è nell'avventura, nell'avventura a fumetti, e quindi diventa lei la datrice di lavoro del marito, acquista le sue sceneggiature, pubblica i suoi personaggi, e fa degli investimenti oculati per cercare di equilibrare i costi con la qualità di quello che vuole proporre, andando anche a cercare degli artisti che pensano che possono farlo fare con il salto di qualità e di visibilità, uno di questi è Aurelio Gallepini. Con il quale si inventa, ovviamente lui e Buonelli nonno, si inventa Tex, che però è un ripiego per Paradosso, o meglio non è il titolo di punta quando lo lanciano insieme ad un altro titolo. Così è così, perché in quegli anni Gianluigi Buonelli era particolarmente ispirato e appassionato di cappa e spada, quindi lui era un super lettore dei tre moschettieri, Alexander Umat. E quindi l'idea di poter creare un personaggio vincente è quella di fare un personaggio che si muova tra corsari, moschettieri, che ci siano molti costumi, che sia molto ricco dal punto di vista visivo, tant'è che Aurelio Gallepini, lavorando sulle pagine di occhio cupo, così si chiamava il personaggio, dà veramente tutto a se stesso, producendo delle tavole di una ricchezza nei dettagli, nella cura dei costumi, dei movimenti dei personaggi, degli ambienti, che non ritroveremo in quello che poi paradossalmente è come dicevi tu un personaggio di ripiego, ovvero Tex. La leggenda racconta che di giorno Gallep lavorasse a occhio cupo facendo queste tavole straordinariamente dettagliate e di notte invece sudasse correndo come umato sulle strisce di Tex. Anche questa è una differenza, quelle di occhio cupo erano tavole, quindi erano un formato grande, più ricco e anche più costoso per il pubblico presentare un fumetto in formato albo, più povero, aperto e pronto a entrare nelle tasche di tutti i lettori, era invece il formato a striscia, che era un classico del dopoguerra italiano e un formato che è stato portato a successo non solo da Tex, ma da tessimi eroi, penso anche agli eroi bambini di altri editori come Capitan Mickey, che all'epoca vendeva molto di più i Tex, era rivolto direttamente ai ragazzi, Tex era visto come una cosa già un pochino più adulta, però poi il tempo passa e come dicevi tu anche nell'introduzione il fumetto si adegua anche un pochino ai tempi e quindi quello che accade poi è partire dalla metà degli anni 50, che questi eroi bambini cominciano a scomparire e Tex rimane e anzi cresce. Mi ha molto colpito anche la storia e questo rapporto di tira e molla molto argutamente gestito dalla casa di Trici rispetto al Minculpop fascista, perché eravamo nel pieno di quell'epoca il Ministero della Cultura fascista, perché in qualche modo Labonelli già dalla sua fondazione si permetteva degli azzardi che gli riuscivano, poi se volete di questa cosa parleremo, però volevo chiedere a Giancarlo il quale adesso inizierà a lavorare, mi dispiace, te la devo ricordare e vedrete su schermo il disegno nascere dal punto di vista degli strumenti, come si è evoluto il fumetto di Sergio Monelli, editore? Giancarlo mi dispiace ricordarlo, tu lavori con la Sergio Monelli dagli anni 70? No, finis anni 70, 77 ho fatto la prima collaborazione. Come è cambiato da allora? Come strumenti non so cambiati molto, vabbè su molti disegni in digitale con le tavolette, ma molti sono rimasti ancora col foglio, penarelli, pennino, pennelli, quelli classici di una volta, anzi lo faccio anch'io, io ho l'iPad ma mi ci diverte disegnare un po' così, pur divertimento, potrei farlo anche lì. Solo che mi piace ancora usare i pennini, i pennelli, quelli di una volta, perché secondo me ci hanno ancora la resa migliore, sia come tratto che come segno, tutto quanto, per cui non è cambiato molto. Poi ognuno ha un suo stile, dipende da disegnatore a disegnatore, come si trova meglio con i vali elementi, però è rimasto molto sul tradizionale, io ho la boccetta della china con il pennino, molto artigianale e per me secondo me con certi pennini il segno rimane comunque migliore, anche in digitale imita molto questa cosa qua, però sai disegnare su una superficie tipo di vetro anche se metti una pellicola un po' ruvida per imitare un po' la carta, anche se la risposta comunque è molto veloce, però sai non è come, a me piace sentire anche l'odore della carta, anche quando uso la matita col temperino mi piace sentire l'odore del legno ancora e ciò sta qua, ma non solo io, sento anche gli altri amici disegnatori, c'erano le stesse sensazioni. Quello che è cambiato non è tanto gli strumenti quanto il fatto che con internet adesso è diventato tutto molto più veloce, specialmente con la documentazione, una volta trovare, io per esempio negli anni 70 facevo diversi personaggi per il giornalino così, ogni macchina, una pistola, ogni cosa, dovevo andare a cercare sull'inciclopedia, oppure andare in libreria. Per ora mi raccontaci questo aspetto che non credo tutti conoscano, cioè il disegnatore ha anche il dovere, credo anche allo scelgiatore ovviamente, di fare una preparazione, di fare un lavoro di documentazione che non è esattamente secondaria e marginale. Nel scelgiatore ti mandava qualcosa, poi per il resto pensavi tu a trovarti le cose, infatti c'avevo un archivio dove c'avevo i cavalli, le case, le vie, gli alberi, adesso è tutto così. Per esempio quando faccio un text, la colta è 45, addirittura c'è un programma che te la metti lì, te la giri come vuoi, te la ingrandisci, te la copi, mentre prima dovei trovarti il libro, copiarla, capito? Per esempio anche il fatto di, scompari con Martin Bister, per esempio il personaggio che faccio è un personaggio che viaggia in tutto il mondo e quindi è facile trovare i posti dove lui va, senza andare in libreria, trovare l'inciclopedia dove c'è quel posto lì, adesso ti vieni giù, anche di più, tante volte c'è anche l'imbarazzo della scelta per cui è tutto molto più semplice, ma anche per gli sceneggitori è molto più semplice adesso. Ti volevo chiedere, pensando alla dicotomia, text e prodotto di punta, che poi prodotto di punta non è stato, per un disegnatore c'è la percezione, questa domanda l'ho fatta Ruth Gerauer, questo meriterebbe un applauso, ho visto cose che voi umani... C'è tutta la pioggia un po' Blade Runneriana. Molto, molto. Gli chiesi se avesse la percezione durante la registrazione, durante le riprese di Blade Runner di stare lavorando a qualcosa che avrebbe cambiato la storia del cinema e forse non solo. Voi avete visto nascere dei fenomeni popolari, alcuni dei vostri fumetti, partendo da text, hanno inciso la memoria di questo paese non solo. Si ha la percezione di stare lavorando a qualcosa che può cambiare la storia di quel segmento commerciale ma non solo? No. Onesto. Onestamente no, nel senso che ogni personaggio che nasce porta con sé tutto il nostro desiderio che sia un successo. Se ci fosse una formula per il successo... Magica tu dici, tutti la metterebbero in pratica. Esatto. Quindi diciamo che tutte le cose che noi cerchiamo di proporre al pubblico pensiamo che possano piacere al pubblico. Quindi sono fatte con grandissima passione, con grandissima professionalità e con il massimo impegno che sia un prodotto potenzialmente di nicchia ma che può ritagliarsi nel tempo comunque un suo pubblico importante o un prodotto più decisamente popolare che quindi magari da subito può arrivare più facilmente al pubblico. Però poi la verità è che è il pubblico che decide. Ci sono casi clamorosi in anni più recenti. Ovviamente parliamo di Dylan Dog, un nome che pochi conosceranno. Immagino. Dylan Dog per i primi mesi in cui è arrivato il Nedicola era un insuccesso. Arrivava la comunicazione dal distributore dicendo che questa collana è morta. Non funziona, non va. Non si muoveva, non faceva i numeri che avrebbe potuto fare comunque una nuova proposta. E poi all'improvviso qualcosa è scattato, qualcosa di magico. Cioè alla fine Dylan Dog ha intercettato evidentemente un po' gli umori del tempo, ha riempito dei vuoti che evidentemente il pubblico percepiva. Si è presentato anche in maniera molto originale, con una personalità molto forte. Questa personalità ha attecchito in maniera inaspettata e dà una collana tra virgolette qualunque come era partita, pur realizzata con la massima professionalità, entusiasmo e credendoci. Però il riscontro era quello, all'improvviso è esploso. Ma è stata una cosa assolutamente incontrollabile e anche imprevedibile per certi versi, la portata del fenomeno. Giancarlo, non voglio che tu mi dica se ci sono cose che fai meglio e altre cose meno bene, ma quando si lavora un grande successo c'è un approccio diverso? Quando si lavora un fumetto che leggeranno centinaia di migliaia, se non milioni di persone in prospettiva? All'inizio senti la responsabilità, dici che stai facendo e le leggono centomila persone. Può essere condizionante, però questa cosa ci ha fatto un po' l'abitudine nel passare del tempo. No, il fatto è divertente che volevo dire che ogni disegnatore ha un suo modo di approcciarsi alla storia di disegnare. Per esempio ci sono molti disegnatori che fanno venti pagine a matita e poi le ripassano tutte a china. Questo è una cosa che non vorrei fare perché poi mi divento al lavoro. Io comincio con la prima pagina, faccio la prima niente, la passo subito a china e vado avanti. Ma addirittura non leggo neanche la sceneggiatura, cioè leggo la sceneggiatura da quel momento lì. È come quando tu leggi un libro, non è che prima te lo leggi tutto, poi che sai come va a finire. Il fatto è che io non so cosa succede dopo 3-4 pagine, disegno meglio. Nel senso quando cambio la pagina, la sceneggiatura, vedo cosa succede. Però se io già sapessi quello che succede, non ho quell'emozione nel disegnare. Ma questa è una cosa mia, invece la fanno molto più a livello di studio. Quindi tu la visualizzi mentre la prendi. Esatto, sì. Io prima leggo la pagina che devo fare, la vedo un po' già disegnata quasi. Poi comincio con la prima scena e la passo subito a china. Non è che faccio tutta la pagina a matita, perché se la faccio tutta a matita, perdo quella sensazione spontanea che ti manca. Ognuno ha il suo metodo. Allora, un po', quanti di voi conoscono come nasce produttivamente un fumetto? Tutti? Qualcuno? No? Tutti no? Quindi Luca, riprendendo le parole di Giancarlo, ci racconti esattamente dall'idea appunto ad attribuire a uno sceneggiatore che immagino voi scegliate una certa ragion veduta a chi affidare la storia? Quindi il lettering e poi la stampa, come nasce un fumetto? Dall'inizio? Sì, come avrete intuito, ascoltando anche il racconto di Giancarlo, arrivare a pubblicare un fumetto è un processo lungo. Pico a curiosità, quando adesso noi andiamo a comprare l'albo e leggiamo la storia, quella storia è pronta da quanto tempo fa l'avete preparata? Pronta potrebbe essere anche 15 giorni prima. Ma è nata la gestazione? È nata, diciamo, mediamente. Quelle più rapide vengono fatte in sei mesi, ma è raro. Generalmente diciamo che si parte da un lavoro di un anno, un anno e mezzo prima. Dipende poi dagli autori, perché ci sono autori come Giancarlo che sanno essere anche molto produttivi, anche grazie da un lato al talento, dall'altro anche all'esperienza. Certo. Altri che insondabilmente, magari facendo anche un lavoro molto sintetico, però sono molto lenti nel produrre una singola pagina e quindi finché non sono arrivati in fondo, noi facciamo degli albi che hanno adesso un minimo di 64 pagine, però in media un centinaio di pagine, ci vuole davvero tanto tempo, perché si parte appunto da un'idea, un'idea che deve essere compatibile con la collana a cui ci si rivolge, ovviamente. Quindi se ho un'idea per Tex devo avere un'idea nuova. Noi abbiamo più di 75 anni di storie. Fare una storia originale è sempre più difficile, però noi dobbiamo cercare nel tempo di non approvare dei soggetti, quindi delle idee che si sovrappongono troppo a cose già fatte. Certo. E quindi già c'è un processo di selezione della storia e di ciò che andrà a raccontare. L'idea si prende e si sviluppa in un soggetto che è già proprio la storia dall'inizio alla fine. Cioè l'idea è Tex questa volta entra in un ranch dove incontra il cattivo da sconfiggere. Questa è proprio una supersintesi. Va bene, facciamola. Facciamola. Allora raccontiamo cosa succede esattamente, perché si trova lì, cosa sta facendo. Magari cominciamo anche a accennare quali possono essere i dialoghi principali. Da questo soggetto, che quindi ha proprio uno svolgimento, un inizio, uno svolgimento, una fine, si passa alla fase di sceneggiatura. Fase di sceneggiatura vuol dire indicare al disegnatore vignetta per vignetta ciò che deve essere visualizzato, cosa diranno i personaggi, quale saranno magari le loro espressioni, cioè cercare di farli recitare, di trasmettere proprio l'informazione al disegnatore in modo che poi possa imporre delle espressioni congrue a quello che sta accadendo in scena. Aggiungere anche gli effetti sonori e poi, appunto, tutta questa parte, che è la scansione dalla prima vignetta che appare nell'albo fino all'ultima, passa al disegnatore. Il disegnatore legge, interpreta e mette su carta, prima con la matita e poi con la china. C'è chi già lavora tutto quanto in digitale, quindi anche, magari, ora quello che una volta era per forza il passaggio a matita, adesso magari è direttamente sulla tavoletta grafica. Certo, certo. E comunque, insomma, seguendo la sceneggiatura, trane nei casi. E qui mi piacerebbe citare un classico di Alfredo Castelli. Cioè, Alfredo che ci ha lasciato purtroppo quest'anno era un grandissimo autore, il papà di Martin Mister che ha lavorato tantissimo con Giancarlo e era famoso perché ogni tanto diceva, beh, qui si picchiano per dieci pagine. Sì, sì, sì, sì, sì. Fai tu, fai tu. Che è facile o difficile da gestire? No, no, è meglio. Poi doveva fare il disegno come voglio io, capito? Quindi già lui sa che farò bene. Perché c'è un rapporto consolidato o non è vero? Ha considerato di latissimo con Alfredo. E c'era fiducia, insomma. Sì, sì. E praticamente quando l'ho conosciuto da sempre. Quando lavorò al Corriere dei Ragazzi negli anni settanta, poi siamo passati a Bonelli e lui mi ha scelto come disegnatore dittolare di Martin Mister. Infatti, quando mi propose, dì, senti, vuoi farlo tu? C'ho questo personaggio che Bonelli piacerebbe. E dito, ma che personaggio è? E dito, no, guarda, ero scienziato esploratore. Dito, ma come aspetto? Come? Ma no, fa un biondo bel americano con la sua donna Diana e ha la Ferrari Mondialotto come macchina. E dito, ah, ci vedi? E dito, sì, perché abbiamo visto, ha fatto un'indagine di quella Bonelli che la Ferrari Mondialotto era la macchina che era a quel momento più trendy in America. Adesso sarebbe una grezzata, cioè nel senso che va un po' da cottune, diciamo. Però ancora c'è la macchina. Allora, niente, ho buttato giù questo personaggio. Il biondo ha fatto, doveva assomigliare un po' a Peter O'Toole inizialmente. Perché a Bonelli era piaciuto molto la serie che faceva del Lord Shark sul Corriere dei Ragazzi. E mi aveva detto, senti, fa quel tipo lì che potrebbe andare bene. In effetti è andata bene subito la prima botta, diciamo. Sia lui, la sua campagna e poi il Java che era un po' un'opera di The Undertale, comunque. E niente, quando ho presentato i mod escite, Bonelli mi ha detto, va, benissimo così. E quindi abbiamo iniziato. E poi ha fatto tutte le copertine poi, d'altra volta. Vi fermo su questo punto. Poi torniamo a parlare del processo, però non hai finito, Luca. Per chiedervi, non so quanti lo sa. No, devo approfittare di questo racconto sulla genesi di Martin Mister, per magari far disegnare un Martin Mister in diretta. Colpa sua, eh. Vai. No, no, assoluto apposta. Vai, vai. Allora, però volevo chiedervi un'altra cosa. Forse non tutti sanno che quando nasce un personaggio, io, è bimodo per interposta persona di rivivere, molto in ritardo, la nascita della Bibbia di Martin Mister. Raccontatemi, cioè, quando nasce un personaggio, in realtà il personaggio nella testa dell'autore o degli autori, come in quel caso, è già ben delineato, o forse no, ma ha già dei tratti molto distintivi su cui gli scenegiatori futuri e i disegnatori possono aggrapparsi. Ci raccontate questo aspetto, forse non così noto, la Bibbia di un personaggio. Ma qui dipende moltissimo, diciamo, dall'approccio del singolo autore. Cioè, c'è chi, come dici tu, ha già in mente un'immagine ben precisa e quindi fa una descrizione del personaggio che deve essere soltanto tradotta in disegno. Mi raccontarono Serra e Beppe, insomma, i papà di Natanever che avevano prodotto tipo 500 pagine. Esatto, fai proprio un esempio, diciamo, di un approccio più moderno. Quindi, stai parlando di Natanever. Natanever esce nel 1991. Si inizia a lavorare intorno alla fine degli anni 80, in realtà, cioè le prime cose, le prime idee, eccetera, e nel 90 ci si mette di buzzo buono per arrivare poi in edicola a giugno del 1991. Insomma, si voleva dare un'idea di futuro importante e anche di coerenza, diciamo, del mondo e quindi i tre autori sardi si mettono e fanno veramente una Bibbia, come l'hai chiamata giustamente tu, che raccoglie tantissima documentazione. Tantissima della documentazione di cui parlava prima Giancarlo e che ora magari si recupera facilmente su internet. Non era così semplice. E quindi vengono messi insieme tante fonti di ispirazioni da Blade Runner che citavamo prima, quindi disegni di Sid Meade meravigliosi, a cose che arrivano dai film di Guerre Stellari o dai telefilm, magari persino quelli di Jerry Sylvia Anderson che andavano anche sulle nostre reti negli anni 70. Più una forte dose di ispirazione manga, manga, anime, diciamo, che erano ancora, lato editoriale in Italia, non una nicchia di più, non c'era praticamente nulla, però i cartoni animati che passavano sulle varie reti avevano colpito forte l'immaginario. Uno su tutti il più colpito dei tre è senz'altro Antonio Serra. E Antonio, che recuperava le riviste dal Giappone, faceva fotocopie di bellissima questa macchina, fantastico questo palazzo, bellissimo questo oggetto, prendiamolo come punto di varezza. Riferimento, certo. E quindi diciamo, la Bibbia serve a definire i personaggi, quindi vengono raccontati i personaggi sia dal punto di vista visivo-grafico che dal punto di vista caratteriale, come si comporteranno, quali sono i rapporti tra di loro, che il mondo in cui si muovono. E quindi in quel caso c'era la città tentacolare di Natanever, la metropoli del futuro, c'erano le stazioni orbitanti che magari arrivavano come ispirazione da Gundam, ma c'erano anche alcuni costumi, alcuni auto che si sarebbero mosse per la città, alcune ambientazioni persino desertiche, alamed max che venivano riprese citate. Tutto questo insieme di cose va a creare un mondo ricco in cui è possibile poi declinare le avventure in tanti modi diversi, perché ci può essere, sempre rimanendo su Natanever, la storia di indagine poliziesca, semplicemente ambientata nel futuro, la storia invece totalmente avventurosa in una giungla, in un deserto, nello spazio profondo, le battaglie tra le stazioni orbitanti, le guerre tra Marte e la Terra, eccetera eccetera eccetera. Tutte queste, se siano delle fondamenti così solide, così ricche, non possono che far germogliare poi tonnellate di storie che ancora oggi Natanever del 91 esce in edicolo tutti i mesi. E ha un universo solido, è molto strutturato, è molto credibile, cosa non secondaria. Questo però è il tuo parere, io da scrittore sono d'accordo. Giancarlo, è meglio avere tante informazioni o alle prossime 10 pagine farle tu? Guarda, con Castelli ho collaborato con diversi sceneggiaturi molto bravi, Nizzi, Minunilani, con Castelli c'era un affiatamento così grande che non mi diceva neanche nella vignetta come impostarla, se farla in primo piano, personaggio oppure fai tu. Fai tu, c'era il senso che pensavo io fare l'inquadratura o tutta l'impostazione della tavola, a parte qualche volta qualche particolare perché era importante. Per cui io mi trovavo benissimo con lui nel senso che lavoravo con massima scioltezza e mi divertivo anche. Poi voglio ricordare questo, quando lo sceneggiatore ti porta la sceneggiatura, tutta completa oppure in parte, il fatto del disegnatore cosa devi fare? Devi fare innanzitutto saper disegnare tutto, dai personaggi, le espressioni, movimento delle mani quando parlano. Il dinamismo che credo sia difficilissimo da disegnare. Esatto, i primi piani, i secondi piani, gli sfondi, vestiti, vestire i bambini, far recitare i bambini, far recitare le donne, cioè ti devi immedesimare nei personaggi, capite? Poi, una volta che hai preso mano, poi diventa anche divertente. Inveccharsi anche un personaggio, un attore con la barba, perché a me per esempio Castelli mi diceva, fai un personaggio su 50 anni generico, poi magari metti con la barba o il baffio. Cioè, il divertimento era quello che creavo il personaggio e lo facevo recitare. Per cui è come disegnare un film, c'è il set del cinema, c'è il regista che sta lì, ti arriva lo sceneggiatore, ti dà la sceneggiatura, adesso tu mi fai il film. Io devo fare il costumista, fare il casting, scegliere gli attori, farli recitare. E anche il regista, perché in quanto a te lo scegli tu. No, no, è anche il regista soprattutto. Sì, scegliere ambienti, disegnare gli ambienti, che poi i ambienti con Martin Mistel cambiano. Beh, sì, dai tropici a New York. Lui ha detto che sei particolarmente veloce. Spesso si dice che alcuni artisti non finiscono mai un'opera. È un lusso che puoi prenderti. Quando arrivi in fondo a una tavola, dici è finita o dici no, però potrebbe no? No, sì, alla fine guardi in attimo se c'è qualcosa che non va, oppure magari corregi qualcosina. Ma io di solito vado abbastanza veloce perché mi viene un segno migliore. Se sto lì che vado piano, il segno non è così spontaneo. Mi piace il segno veloce, però deciso e netto. Cosa che puoi fare dopo che hai abbastanza esperienza all'inizio, devi stare un po' tranquillo, perché sennò non ce la fai. Quando vai via sicuro, il segno anche ci guadagna. Non è che sono velocissimo, però mi piace il segno veloce. Ci sono anche altri autori che fanno tipo Bernet, che hanno un tratto molto veloce. E' bello, a me piace quello. Per esempio io sono venuto su Colo Go Pratt. Mi piaceva perché Colo Go Pratt con quattro segni faceva il mare, la nave, la montagna vicino alle scoglie. Con quattro segni ti rifaccia. Però con quei quattro segni c'era un'esperienza, se lo fa uno così diventava banalissimo. A me piaceva questa magia che con quattro segni ti creava quel mondo lì. Poi quello che mancava ce lo mettevi tu. Come quando leggi un libro, c'è una situazione, non c'è il disegno, te le immagini in testa, la situazione che lui ti racconta. Tu hai nominato Go Pratt, mi viene in mente che è stato uno che ha scombussolato anche le famose gabbie del fumetto. Uno dei tratti distintivi di Sergio Boneditore invece è una gabbia molto precisa, anche al formato, i Boneliani oggi si racconta. Io credo che per l'arte, adesso sto dicendo una cosa che potrebbe essere fraintesa, la censura faccia un gran bene. I limiti al grande artista fanno sempre bene. Sei d'accordo o sto dicendo una panzana? Ma il limite in che senso? Quello che vuoi. Interpretato tu il termine limite come vuoi. Il termine limite è di solito il senso due. Uno splatter, che non doveva essere strasplatter, A parte che mi è arrivata la sceneggiatura, adesso dira che c'è la scena splatter che è una cosa tremenda. Per cui magari mi devete anche disegnare. E poi il fatto del senso, magari non fare un po' orno proprio, magari senso abbastanza espicito, ma non vulgare, tipo la manara, sempre molto raffinata, elegante anche quando fa scena un po'. Lui però già rispetto a Bonelli può andare ancora più avanti, invece con Bonelli si è attenuto. Ah che sì insomma, così, spetta una volta adesso. E questo mi suggerisce, la prossima domanda, non ti ho fatto finire il processo di manca il lettering, manca la stampa, poi ci torniamo? Bonelli ha anche una grandissima responsabilità, il fumetto popolare che non è una roba secondaria. Poi raccontarmi, eravamo rimasti al buon furio, abbiamo fatto un salto a text e poi cos'è? Come è cambiato? Ti chiedo di sintetizzare 80 anni peraltro raccontati divinamente, questo è proprio spazio pubblicitario, raccontati divinamente in questo libro. Però sintetizza un attimo, almeno dacci le milestone, le tappe secondo te salienti di questo percorso. Posso dire che per tanti anni il fumetto d'avventura in Italia è stato quasi sinonimo di fumetto western. Questo per text secondo te? Per text ma anche proprio per gli eroi bambini di cui dicevamo prima, che erano comunque il piccolo Sheriff, il Capitan Mickey, erano sempre quegli anni raccontavano, sempre quelle ambientazioni. Ed erano un grande successo, come d'altronde spesso capita di sentire raccontare magari i nostri genitori, più di noi, me e te, magari Giancarlo, era uno di quelli invece che giocava a cowboy contro indiano. Perché era veramente un gioco popolare. Mi devo pensarti che ci ho giocato anche io tra l'altro. Anche io faccio finge di essere giovane ma ho fatto uguale uguale. Comunque scherzi a parte, a un certo punto è chiaro che anche da parte degli autori che maturavano nel tempo anche a livello di gusto, di conoscenza, ampliavano proprio i loro orizzonti, si è arrivato a raccontare anche un fumetto avventuroso popolare che non fosse soltanto in quell'ambientazione. Tra quelli che senz'altro hanno rotto il ghiaccio e portato poi il fumetto popolare in un'era più moderna, parlo sempre di Casa Bonelli, c'è il personaggio di Mr. No. Mr. No sposta molto in avanti la lancetta del tempo perché si parla quasi della contemporaneità. Cioè esce nel 1975, racconta storie che sono comunque ambientate sul finire degli anni 50 del secolo scorso, quindi abbiamo fatto un bel salto dalla fine dell'Ottocento o della metà dell'Ottocento dell'Western. E in più è un personaggio di rottura perché è un anti-eroe. Gli anni 70, anche dal punto di vista della narrazione cinematografica, pensiamo davvero alla rivoluzione olivudiana di quell'epoca dove la figura dell'anti-eroe è diventata dominante. La figura dell'eroe, tutto da un pezzo, cominciò ad accadolare. E Mr. No seguiva senz'altro quella scia ed è diventato straimportante. Ed è proprio da lì che poi ci sono stati i semi per cominciare a fare poi, pochi anni dopo, pensare a Martin Mister, dopo Martin Mister, che quindi già raccontava una contemporaneità in quel caso reale, perché era ambientato negli stessi anni in cui usciva. Cioè Martin Mister era dell'82, era esattamente ambientato nell'82. Era stato il primo personaggio moderno bonelliano poi seguito di Landog. Esattamente. E quattro anni dopo c'è stato di Landog. E poi Nick Ryder, fino ad arrivare, appunto, quali generi ci mancano? La Fantascienza, Nathan Nevers, la Quiver, eccetera eccetera poi. Esatto. Quindi diciamo l'evoluzione poi a quel punto è stato naturale perché comunque il pubblico, in particolare Martin Mister di Landog con la sua esplosione, era tornato al fumetto dopo un momento un po' di curva verso il basso. E quindi c'era anche fame di leggere qualcosa che non fosse solo quello che arrediccoli in quel momento. Esplorare orizzonti sia da parte degli autori che, per fortuna, da parte del pubblico. E a proposito di nuovi orizzonti, poi parliamo anche del fatto che oggi i vostri personaggi siano diventati o si apprestino a diventare anche trasmediali, come si dice. Però tu, Anpassant, hai detto giustamente, perché ci vivi dentro, casa editrice. Io vorrei mettere l'accento sulla questione della casa, perché Bonelli è letteralmente stata una casa. Cioè era te a Bertasi, con il suo figlio, col marito o ex marito, quanto questa dimensione, almeno all'inizio familiare, ha contato nella produzione Bonelli? E lo chiedo anche a Giancarlo perché l'ha vissuta, credo, sulla sua pelle questa, immagino questa atmosfera. Sì, penso che Giancarlo abbia conosciuto una casa editrice molto diversa da quella in cui sono entrato io negli anni 90. Io e altri miei colleghi, che abbiamo iniziato a lavorare poi costantemente in redazione proprio negli anni 90. Quando era già un colosso del momento italiano. Sì, assolutamente, ma possiamo ringraziare davvero l'esplosione di Dylan Dogg e tutti i cambiamenti che questa ha portato. C'era bisogno di più gente che facesse fumetti, che seguisse le tante collane che si erano moltiplicate nel giro di poco tempo. Quando è arrivato Giancarlo non è che non ci fossero così tanti fumetti. Cioè le proposte non mancavano in ogni caso, perché storicamente, se andiamo a vedere, ce ne erano parecchi. Però senz'altro lo staff era più ristretto, le persone con cui aveva a che fare lui erano poche rispetto a quelle che oggi ci erano in redazione. Ci erano ben più familiari, diciamo. E contava molto questo anche nel modo, il magino, nell'approccio al lavoro? Sì, infatti quando andavo in redazione c'era Sergio, mi dava pranzo, fossimo amici adesso non qua, così. Adesso invece è diventato una cosa, infatti vado di rado anche perché per altri motivi, ma non c'è più quel cosa familiare, è tutto molto più tecnico, sono tutti molto veloci, c'è sempre da fare un sacco di cose. Invece, quando andavo io, andavo un po' più spesso, si stava lì, si chiacchierava. Ma come avete vissuto il momento, perché è stato un momento in cui è esplosa davvero, la casa di Eter, c'è diventata veramente un colosso. Come si vive un momento di quel tipo? Ma guarda, è lì, come la vivi, benissimo. Alla grande, alla grandissima. È il nostro lavoro, più va meglio, è più, è bello, c'era un senso lì. Però anche perché poi parliamo sempre di cose artistiche, capito? Quindi io mi tengo fortunatissimo, mi fa un lavoro che mi diverto, ci guadagno e non posso far meno. Lo farei anche se c'erano altri lavori, sotto il banco lo disegnero e fumetti perché mi piaceva disegnare. Sono nato per disegnare quando ero piccolo, volo sempre la matita con la carta, per cui mi tengo fortunato di aver fatto il lavoro qua. Certo. Per cui, anche adesso nonostante l'età, non è che sono vecchissimo, però c'ho sempre lo stesso entusiasmo. Sai, quando nasci con una passione, con la musica, ti rimane. Come non lavorare, si dice. A limite poi fa un po' più fatica disegnare, però non più di tanto. Parto da questa cosa molto buona, però non farei il mio mestiere se non rilevassi che evidentemente i tempi siano cambiati. Oggi non solo il fumetto per certi versi è stato in crisi, ma banalmente nel mio paesino c'erano quattro ridicole, oggi ce n'è una sola. Cosa sta succedendo Luca e come state affrontando quello che sta succedendo voi? La realtà che descrivi è assolutamente quella che noi affrontiamo tutti i giorni. Ovviamente non è una cosa che sta succedendo adesso. Certo. È un processo che è iniziato già da diversi anni. Nel corso del tempo si è dato colpa a tutto, dai cartoni animati giapponesi, i videogiochi. I videogiochi, i possibili colpevoli sono tanti. In realtà cambiano i tempi, cambiano l'abitudine, cambia il modo di comunicare, di fruire del proprio tempo. E quindi lo vediamo che le generazioni nuove, addirittura ci sono ragazzi ragazzini che non conoscono neanche la parola edicola. E quindi è cambiata la comunicazione, è cambiata la penetrazione dei quotidiani e dei settimanali di informazione. Internet si è mangiata tantissimo dell'aspetto informativo. E così, come sono aumentate anche le distrazioni, sono cambiate le abitudini da parte del pubblico e quindi è meno abituato. Un ragazzo di oggi, mentre io mi passava ogni singola edicola che incontravo per strada, mi fermavo alla cerca di misteriosi tesori che magari cercavo soltanto io, adesso questo è molto più difficile che accada. Chiudendo davvero tante edicole negli ultimi anni, è chiaro che la casa di Trice deve guardarsi attorno e pensare al futuro. E quindi pensare anche quale possono essere le trasformazioni che ci possono permettere di continuare a vivere come azienda. Raccontaci qualcosa, perché avete avuto anche discreti successi in un salto fuori dalle pagine. Diciamo che sicuramente negli ultimi anni abbiamo istituito un ufficio, chiamato ufficio sviluppo, che si occupa proprio dello sviluppo delle nostre proprie in ambiti che non siano quelli strettamente editoriali. Stiamo andando in un ambito editoriale. Il nostro mercato di riferimento fino a pochi anni fa era solo quello dell'edicola. Adesso siamo in libreria, siamo in fumetteria, quindi sono altri ambiti che prima potevamo, tra virgolette, permetterci di ignorare o appaltare a qualcuno l'edizione di nostri personaggi in libreria. Ora ce li siamo presi in casa e li curiamo con tanto amore. Abbiamo nei giorni di pochi anni un catalogo, abbiamo costruito un catalogo importante di tanti nostri personaggi. Anche qui la punta di diamante rimane Tex. Cioè comunque un libro di Tex è sempre quello che fa più rumore. Posso una nota che forse non tutti sanno. Tex vende più in Italia di quanto Batman venda negli Stati Uniti, che non è proprio una robetta. È così. Scusami, vai, vai. No, è vero, è vero. Sono cose che poi non ci si crede perché le proporzioni anche della popolazione in Italia rispetto a quella negli Stati Uniti, ovviamente giocherebbero in favore di questo. Invece i numeri di Tex veramente non dico che non li faccia nessuno, però diciamo, guardando il mercato occidentale, in effetti è veramente un fenomeno pazzesco. C'è interrotto, continua a interrompere. Il salto, insomma l'anno scorso, stia anche andati al cinema, direi, con una sorpresina niente male. Sì, sì, sì. Adesso diciamo che l'ambizione è quella di utilizzare i personaggi che abbiamo costruito nel corso di tanti anni in ambiti differenti. Quindi guardiamo il cinema, guardiamo la televisione, la televisione sia dal punto di vista live action, cartone animati. Sul finire dell'anno scorso è esordito, prodotto insieme a Rai ed altre realtà, Dragonery Palladini, che è un cartone animato, quindi una versione, diciamo, per ragazzini delle avventure di Dragonery, che è la nostra collana fantasy. È stato un successo, stiamo producendo una seconda stagione, quindi luce verde da parte di Rai siamo felicissimi. Con Rai stiamo facendo anche altre cose. Abbiamo in ballo nei prossimi anni anche un progetto proprio su Marty Mister, che è stato presentato nel corso della scorsa Lucca. Siamo ancora alle primissime fasi, però sta andando avanti e successivamente la seconda stagione di Dragonery andremo in forza a lavorare su quello. Ma ci sono anche altre cose in ballo, anche con altri personaggi. Recentemente abbiamo fatto vedere un assaggio di quello che potrà essere questo progetto legato all'Exweaver, sempre in semi animazione in questo caso. E in più, sono un po' di anni che stiamo parlando anche di una live action di Dylan Dogg con dei nomi importantissimi coinvolti, come quello del più popolare registro horror sul pianeta in questo momento, che è James Wan. Niente male, direi. Noi siamo super entusiasti, sono progetti molto complessi, quindi è vero che ne stiamo parlando da tanto. Stiamo arrivando sempre più vicini all'inizio della lavorazione vera e propria. Ci sono tante fasi da superare. Perché recentemente Marvel Studio ha dichiarato che farà meno film rispetto a quelli che hanno fatto negli ultimi anni, tra l'altro. Poi non abbiamo il tempo, ma dobbiamo inventarci un altro appuntamento così. Certo, volentieri. Non hai disegnato niente, te lo faccio notare. Perfatti, se vi colleghi, lo faccio. Allora, andiamo. Io però ti voglio fare una domanda, che forse nel tuo caso è veramente banale, però non posso non fartela. Qual è il personaggio, se non voglio mi sembra come chiedere a un ragazzino o una ragazzina, a voi più bene, a mamma o papà, qual è il personaggio che ami più disegnare, che hai amato di più e perché? Marti Mistere, chiaro, perché l'ho creato io graficamente. Alfredo mi ha dato delle indicazioni abbastanza generiche, poi dopo l'ho sistemato io, lui e altri comprimi, quindi Marti Mistere. E com'è vederlo andare con le sue gambe? Cioè magari vederlo anche interpretato da altri o pensare che un domani un bravo personaggio, mi dico, le gola stava dicendo Luca, arrivi al cinema, arrivi, non lo so, altrove? Ma non lo so, guarda, io ho visto per esempio i cartelli di Marti che hanno fatto in Giappone, non mi sono piaciuti molto come è stato fatto. Molesto. No, è stata, sì, la caricatura praticamente di lui, però non è che mi sono piaciuti molto. Per il resto non ho capito già cosa dicevi. Com'è vedere camminare un proprio personaggio che hai letteralmente creato tu con le sue gambe? Come vedere un figlio uscire, una figlia uscire di casa? Sì, sì, sì, c'è una bella soddisfazione, quello sicuramente. Anzi ci tengo a portarla avanti, parte che non lo disegno solo io, porti anche altri signatori, però dà molta soddisfazione il fatto che insomma mi diverto a farlo, mi diverto a vedere la gente che lo legge, che gli piace, per cui, ma io dico così, cosa fare? Allora Giancarlo, ti saluto lasciandoti alla pagina bianca. Sì, se si riesce a vedere qualcosa, non lo so. Sì, non lo so. Io vado così, poi vediamo cosa viene fuori. Vai, vai, in caso lo inquadriamo. Luca, ti saluto con l'ultima domanda. Ipotizziamo, per assurdo, veramente per ipotesi, per altro Trento mi ha risposto per le rime sfoggiando questo sole meraviglioso, quindi abbiamo portato anche il sole. Grazie Trento. Ipotizziamo che io, per assurdo, voglia proporvi una mia idea per un personaggio. C'è ancora spazio per nuovi personaggi. Sergio Monelli, editore, sta pensando a nuove storie o i tempi sono troppo cambiati? E se c'è spazio, dammi due dritte. A ver, se avessi due dritte sai che l'avremmo già messe noi in pratica realizzando qualcosa. Lo spazio c'è in questo senso. Deve essere un personaggio che sia già pensato proprio nell'ottica che stavamo raccontando adesso, cioè che abbia già delle possibilità di sviluppo in altri ambiti che non siano soltanto quelli della carta stampata. Se un personaggio ha delle potenzialità per diventare un telefilm, un videogioco, un cartone animato, in questo momento la proposta è più forte per noi perché stiamo impiegando tanta energia in questi ambiti per trovare nuove strade ai nostri personaggi. Quindi è chiaro che il nostro primo desiderio è trasformare in qualcos'altro i personaggi che sono consolidati, cioè portare la popolarità di un personaggio che magari c'è da tanti anni in edicola in un altro media. Però senz'altro altri progetti che nascono magari per la libreria, per la linea audace, per esempio, sono nati proprio nell'ottica di dire ok, facciamo questi tre, quattro volumi che raccontano una storia intrigante con l'idea che ne possa nascere qualcos'altro. Questa è un po' la strada che stiamo seguendo. E allora aspettati prima o poi che crevi qualcosa. È veramente impressionante per la velocità. È proprio tuo figlio Giancarlo, si vede? Sì, sì, sì. È proprio tuo figlio? È proprio mio figlio. È sempre magico, anche per me che lo vedo da anni, però è una magia, è una magia vedere loro che creano dal foglio bianco e farlo nascere questi personaggi. Ho fatto delle volte, insomma, ma lo ricordo bene. Signori, mi avete messo, io starei qua ora, però mi avete terrorizzato dicendomi, non deve durare né troppo né troppo poco questo incontro, per cui io direi che sugli ultimi tratti di Giancarlo, l'hai finito? Quasi. Neanche ci puoi, no scusa, non volerò permettere fretta, ci mancherebbe altro. Non l'ho fatto, fatto, ho fatto velocità e ve l'ho fatto. E io non posso che ringraziarvi, spero che faremo un altro, faremo il bis, perché mi mancano ancora un sacco di cose da chiedervi, assolutamente. Io non posso che ringraziare Luca Delsavio, redattore, capo centrale di Sergio Monellatore e il maestro Giancarlo Alessandrini, che nel frattempo ha veramente finito. Grazie anche a voi per la resistenza. Grazie Emilio, grazie a te, davvero. Grazie a tutti.
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