Food tourism: il gusto del viaggio
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Food tourism: il gusto del viaggio
Panel dedicato al turismo enogastronomico. I relatori, Alice Agnelli, Andrea Bacquini e Giorgio Locatelli, discutono la sostenibilità di questo settore, analizzando i problemi legati alla gestione dei flussi turistici, ai prezzi, e al ruolo dei social media. Si affrontano temi cruciali come la sostenibilità economica ed etica, la valorizzazione del capitale umano e la necessità di un prezzo adeguato che rifletta il reale valore del prodotto e del servizio offerto. Infine, si discute l'importanza di un'esperienza turistica autentica e di qualità
Buon pomeriggio, ben ritrovati, ben arrivati a tutti voi che siete in sala. Per questo appuntamento vado veloce perché il tempo a nostra disposizione in vero non è tantissimo, circa 45 minuti nei quali vorremmo con i nostri ospiti, ma magari anche con il vostro aiuto, fare un viaggio non tanto nella Food Valley di cui tanto si parla in Italia, ma nel turismo enogastronomico, il gusto del viaggio e il titolo di questo incontro che è inserito all'interno di un festival che ben sapete ha come tema generale questo ovviamente molto generale cuovadis, dove andiamo i dilemmi del nostro tempo. Allora abbiamo cercato anche nel concordare con i relatori il percorso che andremo a fare insieme di capire dove può andare questo turismo enogastronomico. L'Italia è una repubblica fondata sul cibo, potremmo dire ultimamente ne parliamo tantissimo, addirittura nelle nostre ambasciate all'estero si fanno corsi di cucina, focus, si invitano gli abitanti degli altri paesi a conoscere il nostro paese dal punto di vista per l'appunto dell'enogastronomia e allora però ci dobbiamo anche domandare se tutto questo è sostenibile, se possiamo e vogliamo e quanto vogliamo offrire agli altri di questo patrimonio che abbiamo in casa e qual è la maniera migliore per proporlo. La prima distinzione che andremo a fare è per l'appunto quella sul turismo sostenibile, la sostenibilità di questo turismo. Due parole sui nostri ospiti, qui subito alla mia destra Andrea Bacquini, grandi esperienze però quella che ci incuriosisce di più oggi è quella appunto del destination designer che è un po' una sartoria su misura della destinazione turistica, dico bene è un po' questo, cioè lavorare sulla destinazione e la proposta di questa destinazione e poi tutte le implicazioni che ha un lavoro di questo tipo. Alice Agnelli nasce nel mondo della moda, poi cresce sul suo blog Gipsy in the Kitchen, dove Kitchen è ovviamente un riferimento al cibo, ma nel blog c'è molto di più, c'è molta vita, c'è molta, anche tu a vita, stili di vita, molto viaggio e quindi vita in viaggio e cibo. Chef Giorgio Locatelli lo conosciamo un po' tutti per averlo visto in televisione e c'è chi ha avuto la fortuna di conoscerlo anche magari nei suoi ristoranti, di sicuro anche lui ha scritto vari libri, ciascuno di loro in realtà, ha scritto dei libri, gli ultimi ricordo di Giorgio Locatelli sulla cucina siciliana, però tu invece hai fatto un libro che nasce dalle tue esperienze di zingara del viaggio di Gipsy in the Kitchen e la fatica di Giorgio di andare avanti l'hai tolta, io sono turismo, dove è che è? Io sono turismo appena uscita e quindi ce l'abbiamo qui a disposizione, però qualcosa diciamo così, magari, ah ecco, l'hanno già messo anche il sommario, l'Italia non è una repubblica fondata sul turismo ma dovrebbe esserlo, siete d'accordo o no? Lo vedremo e come la propone poi tra l'altro Andrea lo vedremo. Cominciamo dalla parte però della sostenibilità di questo tipo di turismo, innanzitutto il turismo sostenibile e la sostenibilità del turismo sono due cose un pochino diverse, turismo sostenibile più un concetto che c'è dentro anche la sostenibilità da un punto di vista dell'agenda 2030, delle Nazioni Unite, il rispetto dei diritti e poi il turismo e la sostenibilità del turismo come la vedete voi? Forse Giorgio vedevo che Giannu Iva ha un'idea su cui possiamo cominciare. No, il nostro prodotto a livello turistico è invidiato da tutto il mondo, noi abbiamo qualcosa di incredibile e io sono rimasto scioccato quando ho sentito che bisogna pagare solo 5 euro per entrare a Venezia, quando tu paghi 80 dollari per entrare a Disneyland che è tutta plastica, ci stiamo ancora sottovalutando secondo me, abbiamo una grande valore e dobbiamo cercare di indirizzare questo turismo, ci saranno delle zone che non potremmo mai, rimarrà sempre un turismo di massa per la bellezza di questi siti che abbiamo, non so, può essere dal Colosseo a Venezia o che cosa, però secondo me il turismo di elite può essere più indirizzato in zone limitrofe, è una questione di organizzazione, di come gestirlo questo turismo. Anche di giustizia vogliamo guardare rispetto a chi abita quei luoghi o come noi italiani che ci nasciamo, dobbiamo forse essere ne esclusi, quindi andiamo già subito sulla risa, dai. Non penso che, come puoi tu negare a qualcuno di venire a vedere una città in Italia, cosa puoi fare, puoi prendere delle decisioni come gestire questo afflusso, al momento non è così, capisci? Questo è il problema. Andrea so che qui... no a campo aperto, vai. No, allora, io sono di quelli che pensano che è giusto cercare di regolamentare, perché non come le cavallette possiamo andare a distruggere Venezia, penso anche che 80 euro per andare a Venezia mi sembra come cittadino italiano un po' un esproprio per me. Ma io... Adesso te no, lo so, tira sul microfono. Innanzitutto è bellissimo sentire dopo, da quando è uscito il libro, innanzitutto buongiorno a tutti, da quando è uscito il libro sentire per la prima volta qualcuno che tira subito all'obiettivo, no? Io l'ho conosciuto adesso, Giorgio, perciò l'ho ascoltato adesso oltre a vederlo alcune volte in televisione. Sì, nel senso che la risposta è sì, non si può fare felici tutti. Nel libro spesso faccio degli esempi. La sostenibilità del turismo e il turismo sostenibile sono due cose che all'apparenza sembrano molto simili. In verità la sostenibilità del turismo vuol dire che il turismo, essendo un business, un mercato da affrontare, deve essere sostenibile, possiamo sostenerlo. L'Italia non può sostenere tutto e tutti. Io nel libro faccio un esempio di una casa. Se uno compra una casa di 150 metri quadri, perciò la dimensione, i metri quadri sono importanti, non può invitare 300 persone, perché non ha tempo da dedicar a nessuno, gliela distruggono probabilmente, non hanno neanche il tempo di apprezzare ciò che c'è o tutto quello che hai acquistato all'interno di quell'appartamento a cui tu sei. Se invece ne fai entrare 20 alla volta, hai tempo di ospitarli e si torna al concetto di ospitalità e hai anche la possibilità di fargli apprezzare tutto quello che vale casa tua, quello che c'è dentro casa tua, la cucina di casa tua. Alla fine probabilmente capiranno. Noi abbiamo talmente tante cose da dire nel nostro Paese e talmente tante bellezze, che abbiamo bisogno di tempo per spiegarle. Perciò io sono partito dal concetto di sostenibilità, che tu hai aperto, dicendo che la sostenibilità esiste nel momento in cui tu sei in grado di sostenerlo. Se non fai palestra, non puoi tirare su 200 kg, solo perché sei bello. Sono stato bravo? Bravo, ti sei contenuto. Lei mi conosce, perciò puoi parlare con me. Io ho avuto già esperienza. Invece so che Alice è un pochino più vicina al mio pensiero e propone però anche una riflessione sul turismo slow, che non è quello che ti porta a Venezia, ma è quello che ti porta a conoscere l'Italia, gli italiani e la loro cultura con un cammino, con un percorso. Per cui magari partendo dalla sostenibilità, partendo magari dalla scusa di vado a Venezia, conosco tutto quello che c'è intorno a Venezia, poi ovviamente arrivare anche a Venezia, vado a conoscere le tradizioni culinarie, vado a scoprire il perché di determinate tradizioni, il perché di determinati riti, il perché di tutto quello che ha portato Venezia a essere Venezia e tutto quello che è intorno a Venezia rende Venezia magica, perché non è solo Venezia, assolutamente Venezia è bellissima, adorata da tutti, l'amiamo tutti, ma tutto il Veneto è bellissimo, ha delle tradizioni incredibili, per cui io prendo la scusa di andare a Venezia e intanto vado a scoprire tutto quello che c'è intorno a Venezia e poi Venezia stessa. E forse apprezzerò anche di più il cibo a quel punto. Assolutamente, ma secondo me, io lo dico sempre, a me piace scoprire i luoghi attraverso il cibo, per cui io sono... Adoro andare, ovviamente, nei mercati, ma anche nei vari supermercatini, dove magari passo del tempo inaccettabile a andare per scaffali, a scoprire i prodotti locali, anche, per dirti, assolutamente, anche quelli un pochino più di massa, ma proprio perché secondo me, attraverso il cibo, attraverso le usanze culinarie, si scopre le persone, si scoprono le persone, si scopre la storia, secondo me è interessantissimo. E poi c'è proprio una curiosità che mi spinge a indagare i gusti. Di solito, infatti, a me piace sempre tornare a casa con delle spezie che poi ripropongo nelle mie ricette proprio per adattarle poi a quella che è la mia storia quotidiana. Che brava che sei. Quando vuoi venire a casa mia sei benvenuta. Però vengo un po' ingombrante. Vieni ingombrante perché vieni con il camper, la bambina... Non più camper ma cani e bambina. Vabbè, cani e bambini possiamo accettare. Il camper è più difficile da posteggiare. Giorgio, però a questo punto mi viene un po' spontaneo domandarti quando tu all'estero, perché tu comunque lavori e hai iniziato la carriera partita dall'estero, devi proporre l'Italia e il piatto italiano. Il piatto italiano va bene, ma proponi anche un'esperienza che deve essere più simile possibile, forse quella che si potrebbe fare in Italia. Come fai a ricostruirla? Vabbè, a parte il fatto che le esperienze in Italia sono completamente differenti, da regione a regione, da città a città, da maniera di comportarsi in Italia abbiamo questa selezione incredibile. Per cui è un po' difficile essere italiani o dare questa idea di italianità in un ristorante. Io devo dire che noi abbiamo fatto un compromesso enorme perché con mia moglie, che lavora con me da più di 20 anni, lei si occupa molto di questo. Abbiamo ottenuto un ristorante che è un ristorante italiano che viene considerato un ristorante internazionale italiano. Poi il ristorante italiano in se stesso è proprio tipico, non so, dipende proprio da cosa vuoi fare. Secondo me noi abbiamo sempre trovato la risposta nella cucina. La cucina è sempre stata il mangiare che abbiamo servito e faceva veramente vedere la nostra italianità. Poi dopo qualche anno mi sono accorto che anche c'è una differenza nella maniera in cui noi italiani facciamo un servizio. Abbiamo un senso dell'ospitalità innata. Cioè, grandi camerieri sono italiani, anche nei grandi tre stelle francesi. Sono italiani, in metro Tean sono tutti italiani. In giro per il mondo, tu gli italiani, i nostri camerieri buoni, noi li perdiamo tutti all'estero. Non ne rimangono in Italia. Quindi c'è un secondo elemento che fa l'italianità, per esempio il servizio. La cucina, il servizio? Venendo dalla cucina, sento un cuoco per anni, ho pensato che il mio lavoro fosse finito quando era sul piatto e il piatto usciva, io avevo finito. Per qualche anno non mi interessava neanche cosa ne pensava quello che lo mangiava. Volevo capire anche la sua opinione e dopo ho capito che era importantissimo quello che succedeva dopo. È una questione proprio, penso che sia uno step by step per i cuochi di questo, perché ti concentri molto più sul tuo prodotto. Però come abbiamo detto il servizio è importantissimo e soprattutto penso che i turisti, quando vengono in Italia, si aspettano un alto livello di servizio. Perché solitamente nei ristoranti di alto livello in giro per il mondo il servizio è mandato avanti dagli italiani. Questo può essere una grande fonte di delusione però quando uno arriva in Italia e scopre che non tutto è così fantastico. E' stato detto da qualcuno di molto importante un po' di tempo fa, in occasione mi pare delle stelle dell'anno scorso, che se gli chef italiani si svegliassero davvero e capissero la ricchezza sulla quale sono seduti non ci sarebbe più scampo per nessun altro chef. Quindi forse è proprio il fatto che noi italiani siamo poco nazionalisti. Diamo molto per scontato quello che abbiamo perché siamo cresciuti nella bellezza, siamo cresciuti con la fortuna di avere anche un cibo fresco, un cibo genuino, cosa che all'estero non c'è. E tutta questa ricchezza, passami il termine opulenza, ha fatto sì che ci siamo adagiati e ci siamo fatti battere anche da altre... non so, per esempio dalla Spagna, dalla Francia, anche noi merito al turismo stesso. E questo forse parte proprio dalla consapevolezza di qualcosa che a noi italiani manca. Però questo, scusami Alice, questo è un lavoro del destination designer. Cioè definire qual è l'immagine che noi vogliamo dare. La Spagna ci ha battuto numericamente, però se probabilmente vai a chiedere a livello di cucina, ristoranti, così, non credo, non lo so, qui Giorgio magari ce lo può dire. Con la cucina molecolare la Spagna nel 2000 ha avuto questa esplosione, un tipo di cucina molto singolare, molto speciale che è stata copiata tantissimo. Adesso sta scomparendo, ha lasciato tantissimi... Non lo vedo come una guerra che ti batti o cosa. Cioè ci sono dei momenti di influenza di altri paesi e poi... Però siamo noi che abbiamo colonizzato e che abbiamo fatto una cosa molto importante. Cioè, hai colonizzato il mondo con la nostra cucina. Cioè, tu vai in tutto il mondo, non ne trovi poi tanti di ristoranti spagnoli. Invece adesso si sta parlando di difendere questa cosa, che sembra una cosa ridicola. Non dobbiamo difendere niente, dobbiamo difendere i lavoratori, la gente che lavora e soprattutto dobbiamo difendere l'insegnamento, la capacità di didattica e la capacità di fare un servizio o di cucina o di cultura della cucina ai giovani. Questo è il nostro grande tema adesso, io penso. Allora, sul tema del difendere anche i diritti del lavoro ci porta uno dei tanti capitoli che vengono... No? Che tu hai scritto in questo volume, io sono nel turismo, che è per l'appunto un ragionamento sui prezzi che sono... E' qui... Ti piaccio dirlo, però, se dovessimo rispettare i diritti di tutta la catena, i prezzi che normalmente noi paghiamo nei ristoranti, capiremmo che sono troppo bassi. Perché da qualche parte, per tenere il prezzo basso, qualcuno ha rinunciato a un diritto. Può essere quello che ha raccolto il pomodoro nel campo, può essere il lavapiatti, può essere la lavanderia che si occupa del lavare le tovaglie, ma se il prezzo è molto basso, quindi adesso volevo portarti su questo secondo passaggio. Grazie, Laura. Sai, lei... Mi aggancio. Mi aggancio. Su quello che hai detto prima, c'è un capitolo che dice Empire State of Mind, che è una canzone di Alicia Keys. Se si va negli Stati Uniti... Che è Alicia Keys. Giusto? Ero una dedica, però, era... Alicia Keys. E in questo momento, negli Stati Uniti, la proudness della popolazione di colore è che si rinuncia ai livelli massimi. Il miglior cantante del mondo di colore, il miglior giocatore di basket del mondo di colore influenzano le economie dello sport in tutto il mondo. È importante questo, perché hanno capito di essere importanti. Quando... Mi aggancio sempre ai colleghi, amici qui. Quando si parla di servizio, bisogna distinguere il servizio dal prodotto. Perciò, quando si parla di prodotto, siamo molto bravi a dare un prezzo al nostro prodotto, perché in Italia sappiamo perfettamente quanto costa il riso, il vino, la pasta, il sugo, i pomodori. Quando si tratta di servizio, un po' meno. Anche perché non abbiamo neanche gli strumenti per valorizzare l'ultimo della filiera. L'ultimo della filiera di un ristorante è probabilmente un lavapiatti. Perciò è importante. Della filiera, non è il meno importante, perché Giorgio sa benissimo che se un lavapiatti smette di lavare i piatti, si ferma tutto il ristorante. Come un meccanico in Formula 1. Perciò i diritti per parlare di sostenibilità bisogna guardare quanto guadagna un lavapiatti in Italia, non guardare quanto guadagna un cameriere o un responsabile di sala. Il servizio è fondamentale perché, nella maggior parte dei casi, quando uno si alza da un ristorante, non pensa solo al piatto. Pensa tutto quello che sta intorno al piatto che determina la valorizzazione della sua esperienza. Per rendere tutto questo sostenibile, la parola sostenibile di Laura quando abbiamo fatto la call mi ha colpito. La sostenibilità dell'essere umano e anche dell'economia che è attaccata a un servizio ristorativo è figlia dello scontrino. E noi abbiamo proprio lo scontrino sbagliato. Proprio lo scontrino sbagliato, perché in tutto il mondo esistono le tips. Le mance. Finiscono nello scontrino. Vanno da anche, lui lo sa perfettamente, possono andare dal 12% anche al 25%. E le mance e le tips vengono canalizzate, defiscalizzate dentro la busta paga del dipendente. È molto semplice rispondere alla domanda come mai i camerieri vanno a lavorare in Inghilterra, in America, in Francia, in Germania. Perché guadagnano tre volte di più grazie alle tips. Perciò bisognerebbe defiscalizzare le tips, canalizzarle, battere tutti gli scontrini, non fare il nero. E quando si arriva qui, allora diventa tutto sostenibile. Perché se devi pagare tutto e non schiavizzare il lavapiatti a salire, tu vedrai che un piatto di pasta non può costare 12 euro. Perché se paghi tutte le tasse, se paghi tutti i dipendenti, se paghi il lavapiatti come deve essere pagato, il piatto di pasta probabilmente costerà come un piatto di pasta acquistato in Messico, o in Francia, o in Germania, o a Londra. Noi siamo un po' egoisti. Dovremo capire che quando... Poi a me piace sorridere, adesso quando tratto questo, perché lo sento io molto, quando parliamo di queste cose bisognerebbe essere più chirurgici sull'argomento e conoscere molto bene le difficoltà dell'ultimo, non del primo. Si guarda sempre il primo e non si guarda l'ultimo. Se guardi l'ultimo e lui è felice, va a dormire in una casa, noi in 45 persone che dormono, guadagna, può comprarsi una macchina e tutto probabilmente il primo è. Il primo guadagna molto di più, il primo della filiera, e tutto questo lo deve pagare il turista. E chi è il turista? Qui ci andiamo dopo. Giorgio Cattelli, su questo punto, mi sembravi d'accordo? Assolutamente d'accordo. Questo è importantissimo, non si può continuare a lamentarsi che non c'è personale, poi trattarlo come lo trattiamo. Un nessun. Ci sono tanti metodi per raggiungere un obiettivo che ti dia dei conti finali alla fine del mese che siano positivi. È vero che bisogna fare dei sacrifici da parte della gestione e soprattutto da parte della gente che lavora con te perché non è facile arrivare a quello. Tagliando shifts, nel tipo... Il ristorante all'inizio era aperto posso parlare della mia esperienza, i ristoranti aperti sette giorni alla settimana hanno un costo di gestione di personale che non è solo del 25% in più, anche se è stato aperto solo due giorni in più, ma arriva, siccome ha un sistema, dovrà avere le ferie e soprattutto avere ogni persona responsabile di ognuno dei settori che hai, e i costi salgono del 40%. Dipende che tipo di ristorante o che tipo di ristorante si manda avanti. Comunque l'idea di defiscalizzare le tips sarebbe una cosa importantissima. Poi ecco... La gente dice che spende poco. Io mi ricordo che mio nonno diceva sempre da buon lombardo, diceva staga attenta, spend poco e ciapa tant'e. Era un suo motto che vuol dire, spendere poco e aprendere tanto, perché c'è qualcosa che non va. O qualcuno viene calpestato durante la produzione o nel coso. Certo che io posso dire una cosa che mi vanto tantissimo, che l'unico employee che c'è nel mio ristorante a Lodra da 23 anni adesso è Wakaba, che è il chef flangeur, lo chiamiamo noi, perché lui è il capo del lavapiatti, e lui è l'unico che ho da 22 anni. Ti fa capire quanto... E' contento, sì, è contentissimo. E soprattutto rende contenti anche gli altri che lavorano per lui. A cuore contento. A proposito del attento a spendere poco e aprendere troppo, quando io avevo fatto questo ragionamento con Alice Agnelli lei mi aveva portato l'esempio delle mensi scolastiche, dove l'Aste è fatta a ribasso, il bambino ha 2 euro, quant'è che mi hai detto a Milano? Guarda, sono guerritissima. Non lo so, però è giusto, perché comunque il ragionamento è quello. Assolutamente. Nel senso che per esempio mia figlia va in una scuola privata e in questa scuola privata paghiamo 800 euro all'anno per la mensa scolastica. Di questi 800 euro in realtà vuol dire che per un bambino viene destinato 2 euro al giorno per avere un primo piatto, un secondo piatto e la frutta. Ora dunque. Per qualcuno di questi bambini quello lì è l'unico meal della giornata che hanno. Sare privato può essere che non sia quello, però nella materna pubblica potrebbe essere... Questo fornitore che si occupa della ristorazione della scuola di Milano è lo stesso. Per cui che vai nella pubblica, che vai nel privato, il budget che loro destinano è sempre quello. Ok, quindi anche per il bambino che mangia una volta al giorno. Assolutamente. Io sono fortemente convinta del fatto che il cibo non deve essere solo un nutrimento, ma deve essere anche cura. Se non lo paghiamo adesso lo pagheremo poi dopo in termini di salute. Ma questo costa troppo? Si, costa, ma poi dopo lo andiamo a pagare con la nostra salute. Quindi è per quello che bisogna stare attentissimo. Ed è anche un po' il male del nostro secolo, perché siamo abituati tutti a andare in queste grandi distribuzioni e a comprare perché è più comodo, no? Senza avere davvero il focus sulla provenienza dell'ingrediente stesso e della materia prima. E da qua poi la mia lotta contro Milano Ristorazione, proprio perché secondo me destinare 2 euro a bambino è veramente... poi appunto erano uscite degli scandali ultimamente che avevano dimostrato che la qualità era veramente pessima. Se non parliamo appunto della compressione dei diritti di chi ha partecipato comunque alla produzione di un cibo pessimo, ma comunque c'era in qualche maniera. Quindi questo è un grande tema. Questo è un grandissimo tema che ci fa anche ragionare su quella follia per cui tante persone in Italia sono appassionatissime di alta cucina, di cucina, di ristoranti, scrivono recensioni e così via. Poi da una parte vanno a spender tanto. E poi alla scuola però pretendono che sì, con 2 euro si mangi bene. Che è un assurdo. Ci spendi ma a metà. E quindi fai un ragionamento sulle tasche e sul corretto prezzo magari delle cose che non si vede nel loro complesso e il prezzo che tu puoi permetterti di pagare anche. Quindi non pretendere che quel ristoratore ti dia chissà che cosa, ma pretendi che ti dia il giusto per il prezzo che stai pagando. Io penso che la ristorazione non si può inventare la ristorazione. Secondo me non si può inventare la ristorazione democratica. Nel senso il vino è democratico. C'è il vino da 6 euro e c'è il vino da 1000 euro perché è invecchiato 25 anni ed è stato trasportato a mano in mezzo a una collina. Voglio dire, te lo devi meritare. Io parlo da giovane. Sono stato molto fortunato nella vita. Tantissimo. Però all'inizio invece no. E perciò quando andavamo a mangiare andavamo a mangiare ai 7 anni a Torino una volta al mese al ristorante e una volta alla settimana in pizzeria. E ce lo meritavamo. Perché in casa non c'erano tutti questi soldi. Io sono di Torino. Perciò andare al ristorante tutti i giorni e pretendere di pagare poco è un'utopia. Nel senso te lo devi meritare. E ti devi meritare anche il nostro paese. Poi chi non può, io non potevo, decidevamo quando colpire veramente. Perciò nel momento in cui tu pretendi di avere tutto e deve costare poco devi anche guardare l'altra faccia della medaglia che è stata appena toccata. Il poco che tu pretendi ha un retrogusto. O stai mangiando un pezzo di cartone o c'è qualcuno che sta dormendo in un piazzale la sera. Cioè è molto semplice. Perché si tratta di economia. E questa cosa qua deve essere presa secondo me. Poi io non sono sicuramente la luce che illumina tutte le piazze del mondo. Però quando incominci a entrare dentro con una mentalità di numeri e di Excel che è un po' meno soul quando affronti questa tipologia di problemi e sei sui numeri, i numeri non sbagliano mai. Io quando andavo a scuola, all'università non la mia, perché io non l'ho fatta ma insegno in università dico sempre, l'Excel difficilmente sbaglia. Sbagli tu a mettere il numero. L'Excel non sbaglia mai. C'è un programma, non sbaglia mai. Sei tu che sbaglia a mettere il numero. Perciò se metti il numero sbagliato qua poi sotto c'è qualcosa che non va, viene fuori un meno. Se metti due euro e poi dopo due euro hai un primo, un secondo, un dolce c'è già un problema. C'è già un problema. E questo secondo me varrebbe la pena mettere un limite inferiore. Sotto un tot no. Sotto un tot no. Quella lì di Milano se le avessero detto con questa offerta da due euro tu sei fuori dalle prossime gare perché è troppo basso. Lo so che non si può fare, però forse bisognerebbe ragionare anche su un limite inferiore. Un responsabile acquisti che dice troppo basso non è ancora stato inviato. Lo so, però che sia solo la morale e l'etica, non lo so se convince. Infatti secondo me la sostenibilità è molto legata alla consapevolezza. Nel senso che comunque ci deve essere ammunte un discorso di consapevolezza, io capisco cos'ho davanti, capisco da dove arriva e soprattutto mi rendo conto che per avere un certo nutrimento, una certa qualità ci deve essere per forza dietro altro. Aliccia, io una volta ho preso uno sconterino e ho un amico di Malmo, svedese. Siamo andati a mangiare in Val d'Aosta e vabbè questo è un esempio che farò dopo perché me lo ho sostenuto alla fine. Però questo che non c'è è che io gli ho detto pago io. E lui era la prima volta che veniva in Italia, è venuto a sciare in Val d'Aosta e io ero già nel loop di questo libro, sto parlando di tre anni e mezzo fa, strappai la parte destra del preconto, cioè del conto, pago io non preoccuparti. Poi l'ho pagato, sono andato lì e ho strappato la colonna A di destra. Quella dei numeri? Lì l'ho girato e gli ho detto Close, come un gioco, dimmi quanto costa. Lì mi aggancio a questa cosa, invito tutti a farlo con un amico straniero, perché lì ci rendiamo conto veramente di chi siamo, perché è impressionante. Fatelo sempre, ogni volta che trovate uno straniero, pagate lì il conto non portatelo dallo Chef Locatelli, portatelo... A meno che lui non torni in Italia che poi magari... Portatelo nel posticino, poi dite il vino, nel vostro pezzo di carta strappato trovate scritto magari 16, 22 e lui parte subito così, 90, piatto primo, 45 il primo, dentro di te dici, guarda che è un ristorantino di Nuss, ma ha mangiato benissimo, c'era le tende ricamate, non era eccezionale, però era italiano e perciò tutto questo diventava un boost pazzesco. Perciò per lui un pranzo da 160 euro a testa era... Easy. Va bene, ma noi li paghiamo volentieri 160 se sappiamo che tutta la catena è volentieri. Magari facciamo uno sforzo, se tutti sono felici, tutti hanno pagato le tasse, tutti hanno ricevuto il giusto, no? Eh no, non lo paghiamo tanto. Vero. Però sì, ecco, a volte... Poi il giudizio di quanto uno... Ogni ristorante è un microcosmo. È a se stesso. È un po' difficile avere un'opinione che sia generale. Però sicuramente a volte la gente non apprezza quello, lo sforzo che ha fatto per produrre quello che hanno davanti e servirlo in questo, in un posto... Un ristorante a Londo adesso paga mezzo milione di sterline all'anno da affitto. Cioè sto a dire che tu ogni mattina quando hai messo la chiave nel ristorante e hai aprito la porta, sei già sotto di 6700 sterline. Non devi conto di cosa vuol dire. La pressione è in casa. La pressione è in casa. Alice, so che tu diciamo, hai avuto un'esperienza di viaggio, di competenze diversa, diciamo. Non sei andata a cercare i ristoranti. Però il capitale umano è la materia prima e quello che hai trovato in Italia, che va bene, nel tuo paese Natale, quindi hai un sentimento, una percezione diversa. Però come lei, no, come lo vado, ti rispetto a quello che hai visto nell'Europa che hai girato, nel mondo che hai girato. Mi riaggancio a quanto appena hai detto da entrambi. Assolutamente l'accoglienza italiana è tutt'altra cosa. Cioè, una delle cose che ho sempre detto è capisci che è italiano, si vede che è italiano. No, quando arrivi al ristorante, magari, non so, in Svezia o quando sono stata in Norvegia, c'era questo personale italiano e lo capivi, proprio perché secondo me noi italiani sappiamo accogliere, sappiamo coccolare, sappiamo prendere in cura le persone, questo è quello che fa di più la differenza. Dopodiché è ovvio che a me piace viaggiare e come ho detto prima, mi piace farlo attraverso il gusto, attraverso i sapori, per cui magari quando siamo andati in Lapponia siamo andati nella casa del pescatore che ha portato... Che aveva un profumo squisito, immagina. La casa del pescatore Lapponia. Si, meraviglioso. Ma non marcire ancora, il pesce sozzo. Non si vuole ammarcire finché non si stacca. Assolutamente. Quando, per esempio, in Norvegia molte delle case affumicano in casa. Infatti io ho preso anche l'affumicatore casalingo perché a quel punto tornato devo affumicare tutto. Figlia, cane e affumicatore. Assolutamente. Cani. Assolutamente. Per cui sono viaggi che ti lasciano sempre qualcosa e assolutamente scoprire tutte queste terre tutte queste culture tradizioni attraverso il cibo diventa proprio un'enorme fonte di ricchezza e curiosità. È ovvio che se vado a mangiare in un ristorante mi aspetto un determinato conto finale. Ma è altrettanto ovvio che, per esempio, la sottoscritta ama viaggiare ma ama viaggiare attraverso anche i vari food truck, attraverso magari quelle piccolissime micro realtà quasi casalingue, attraverso le quali proprio senti i sapori. Beh, un modo certo. E chiaramente per quello che io quando parlo penso alla sostenibilità attraverso anche il prezzo stesso, il costo stesso dici, tutto quello che abbiamo detto fino ad ora è verissimo. Poi però c'è il consumatore finale che è anche quello poi che fa rende tutto questo sostenibile. Comunque non siamo più una volta eravamo visti come un posto dove andare a fare le ferie cheap, anche di cheap holiday in Italy. Invece adesso non siamo proprio più visti così perché abbiamo aggiunto talmente tanta qualità e talmente tanta anche profusione del prodotto a livello mondiale. Il cliente è preparato per quando arriva in Italia in quello che dovrà trovare o cosa si aspetta di trovare. E questo è cambiato tantissimo. Secondo me sai Giorgio che c'è stato io penso che il big bang gigantesco è stato l'avvento di internet prima e poi dei social network perché la gente prima di questi cataclismi digitali non aveva coscienza di che cosa ci fosse qui se non per il passaparola. Noi negli ultimi 25 anni abbiamo sdoganato talmente tanta bellezza estetica attraverso la digitalizzazione della nostra bellezza e anche la tecnologia a supporto. Perciò uno che arriva a vedere il Colosseo adesso, ha già visto 94 documentari sul Colosseo, l'ha visto in 3D, ci può viaggiare dentro. Ma secondo te è un male? No, no, no. Vuole venire qua a tutti i costi. Non ci sta dentro. Vuole venire qui e vuole... Io ne vedo un pericolo però in questa cosa. Eh sì, anch'io. Questo del solinizazione dell'Italia, esatto. A me mi infastiglia quando la gente viene quando gli italiani arrivano al ristorante, mi chiedono un selfie al ristorante, mi dà un fastidio incredibile. Perché non sei venuto qua a gioire con noi di una serata con tua moglie, sei venuto qua perché vuoi far vedere questo selfie a qualcun altro, vuoi mandarlo a qualcun altro. Per me è un'offesa incredibile. Sai cos'è che io guarda, ti dico, c'è stato un momento in cui ho lavorato per la televisione. Io ho fatto anche altre cose, perciò non sono uno scrittore prima di tutto. Però io guardo i giovani e sono innamorato dei giovani. Da sempre mi hanno portato una fortuna pazzesca. I giovani... Io scrivo nel libro, infatti, la differenza tra turista e turista. Da Instagram? Da Instra. Cioè, noi non possiamo combattere una guerra che stanno... Non è una guerra, l'economia dei giovani. I giovani oggi dai 18 ai 25 anni, dai 25 ai 35 anni, condivivono. Cioè, fanno e condividono. Cioè, vivono e condividono. Fanno tutte e due. Io ce li ho davanti, ho due attività in montagna. Loro devono produrre contenuti, è un altro mondo. Io lo sto accettando perché se tu lo accetti, fai... Non sto parlando del selfie della persona che le dice, chef, posso fare il selfie. Però l'esperienza per loro non è più solo un'esperienza materica, è anche una cosa che se non la dico alla mia community, non esisto. Non so come dire, perciò mio figlio non può solo fare un salto con la BMX, deve anche dirlo a qualcuno e lui lo deve dire almeno 4-5 volte al giorno. Perciò anche l'esperienza ristorativa, penso, non si... Non stia più solo nell'esperienza fisica e materica che per noi è una grandissima opportunità, per forza, perché noi siamo i campioni del mondo del fare e quando qualcuno vene qua dice, wow, il saper fare, l'ospitalità italiana. Ma dobbiamo metterci, se vogliamo fare il turismo, anche in quel mercato, in cui tutto quello che ci sta intorno deve poter essere condiviso, perché il turista del futuro è quello che oggi ha 25 anni, non quello che ne ha 70. E lui ci porterà a trasformare il nostro paese in un paese ricco grazie al turismo, perché lui lo dirà mentre sta mangiando, non c'è solo lui che lo mangia e lo dice a 5 persone, mangia e lo dice a 25.000 persone. E poi noi dovremmo gestire le 25.000 persone che vengono qua. Ho visto varie espressioni, a volte d'accordo, a volte meno. Questa è la libertà. È una questione proprio di gestire il tipo di turismo, come vi ho detto, non puoi fermare qualcuno, venire a farsi un selfie davanti al Colosseo, però puoi limitare o puoi gestire i flussi, invece adesso il turismo è far west, no? Anzi, ho notato adesso, l'ultimo periodo che ho speso in Puglia, che ci sono più agenzie turistiche tedesche che fanno questa biciclettata attraverso Salento su tutta la costa, che italiani. Cioè gli italiani non riescono a fornire un sistema del genere, vengono direttamente loro, con le loro biciclette, con le loro cose, e gli fanno fare 200 km, gli fanno mangiare in 3 ristoranti e in 3 ristoranti. La cosa che, boh, perché non possiamo farla noi? No, lasciamo fare alle agenzie turistiche tedesche. È un far west, non proteggiamo, e che questo dovremmo proteggere, non l'identità gastronomica, ma questo dovremmo proteggere proprio come sviluppare questo turismo e come deve essere tassato, applicato e che porti anche dei benefici alle persone che sono lì. Alla comunità locale, certo, perché altrimenti i benefici di quel turista tedesco che va lì, vanno in Germania. E' solitamente il turismo, diciamo, un po' più di elite che aggiunge valore, mentre il turismo di massa sembra togliere un po' di valore a dove lo trovi. Sicuramente il turismo di massa, unito con la maniera dei selfie, secondo me è la catastrofe. Laura, lo sai che quando ero a Las Vegas, ero a Bali, tutti sullo stesso tempio, che c'è la coda di gente che fa... Cosa tremenda, vedi, da tutti i due i lati. Sostenibile, ma tremenda. Ero a Las Vegas con un amico, io ero già stato a vedere il Grand Canyon e lui mi disse, dai, andiamo a vedere il Grand Canyon. Io gli faccio guardare, l'ho già visto. Perciò alla fine gli ho detto, dai, diamo. Abbiamo preso una macchina, siamo andati nel point of view più vicino, siamo arrivati al cancello, ci hanno fermato, hanno detto, potete andare col Pullman o con l'elicottero. Io ho guardato e gli ho detto, vabbè, siamo venuti qua in macchina, pigliamo Pullman, che va bene, no? Siamo arrivati lì, l'ho visto e ci hanno tolto i telefoni, ci hanno dato i telefoni per farci selfie, poi ci hanno chiesto 30 dollari per scaricare tutti i selfie che ci siamo fatti su YouTube. Buoto te lo do. Com'è? Eh? Pensa se lo facessimo in Italia. Abbassate, avremmo già ripianato il bilancio dello Stato a sto punto, direi che... No, però... E lui diceva, per gestire il più grande bin degli Stati Uniti, il più grande cestino degli Stati Uniti da pulire tutti gli anni, quando la gente butta la carta nel Grand Canyon, siamo arrivati a far pagare i selfie. Alice, hai fatto qualche esperienza di questo genere? Ti è capitato qualche tasa in prevista, adesso che siamo in chiusura? No, assolutamente. Andiamo all'aneddotica? No, nel senso, niente di che... di inaspettato, ecco, parte di quelle che paghi quando entri in Dogana o... niente di assolutamente inaspettato. Poi è ovvio che durante questo discorso io con il social ci vivo. Nel senso, io... Ecco, giusto. Io racconto, io creo contenuti per cui, personalmente, c'è da fare un grande distinguo, c'è chi ovviamente ne abusa, usa e abusa, e vediamo i selfie, vediamo queste anche mancanza di rispetto nei confronti del lavoro sesso, dello chef, piuttosto che... A proprio della persona come persona. Del team anche, in questo caso, perché, hai capito, è un team che ha fatto tutto quello. Però è anche vero che attraverso il social siamo venuti a conoscenza di tantissime realtà che magari non conoscevamo, c'è chi magari i social li usa come me, oppure come altre colleghe bravissime per raccontare delle piccole realtà, dei piccoli produttori, e allora, ah sì, i social sono utilissimi, diventano utilissimi, perché comunque permettono a tutti di conoscere determinate realtà che altrimenti magari non si sarebbero conosciute, proprio perché ritorno allora al discorso del turismo di massa, si va sempre negli stessi posti, no? Quindi, in realtà, la discrezione del singolo allora ritorna al discorso di prima, consapevolezza, in tutto, no? È sempre quello l'acqua della bilancia. Anche la curiosità che possiamo mettere nei nostri viaggi, cioè arrivare in un posto e, come dire, uscire un po' dal tracciato. Ma io trovo super affascinante anche magari, non so, andare a visitare New York, raccontare la mia New York attraverso i miei occhi, e poi magari vedo dalle loro stories una New York diversa, no? E tutto questo è social media, assolutamente, però mi dà un punto di vista molto differente rispetto magari al mio stesso solo singolo punto di vista. Poi ripeto, ci vuole consapevolezza e modo, ed educazione e savoir faire anche nell'utilizzo di questi benedetti social media, ma non li vedo assolutamente come un intralcio alla promozione del turismo, o ben sì, invece, come una grande spinta e un grande aiuto. Ecco. Signori, ci dobbiamo salutare. Siamo giunti al termine. Grazie mille. Grazie. Grazie. Grazie a voi. Grazie a voi. Giorgio Roccatelli, Alizia Agnelli, Andrea Marquini. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.
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