Domestica e istituzionale: i due volti della violenza sulle donne
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Domestica e istituzionale: i due volti della violenza sulle donne
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buonasera, buonasera a tutti e benvenuti a questo appuntamento della Festival dell'Economia dedicato al tema della violenza di genere. In particolar modo abbiamo titolato volutamente questo evento come Domestica Estituzionale i due volti della violenza sulle donne. Perché? Perché vi racconteremo una serie di storie che in realtà appunto fotografano un tema estremamente importante, ma da più angolazioni, da più punti di vista. E lo faremo a partire da due libri che sono stati scritti dalle colleghe che ho qui accanto a me, anche da altre autrici, adesso andremo poi appunto a raccontarvi nello specifico. In particolar modo il primo libro è Ho detto no, come uscire dalla violenza di genere, scritto dalle giornaliste del Sole 24 ore, Radiocor Chiara di Cristofaro e Simona Rossitto, rispettivamente peraltro co-coordinatrice e contributor di Aleup, il blog multifirma del Sole 24 ore guidato da Monica Dascenzo in cui quotidianamente in realtà e con grande precisione vengono affrontati molti dei temi di cui discuteremo appunto proprio oggi. Peraltro avrete visto insomma anche all'ingresso c'è la possibilità per chi appunto di voi volesse approfondire il tema anche di acquistare appunto il libro. Il secondo libro invece che ci aiuterà a dare un ulteriore approfondimento su questo tema è Senza madre, storie di figli sottratti dallo Stato ed è stato scritto da Livia Zancaner, giornalista del Sole 24 ore radio che abbiamo appunto qui con noi oggi come vi dicevo da altre nove autrici che sono Clelia del Ponte, Franca Giansoldati, Silvia Amari, Flavia Landolfi, Assuntina Morresi, Monica Ricci, Sargentini, Nadia Somma, Paola Tavella d Emanuela Valente. Allora come dicevamo la violenza è l'elemento chiave diciamo il fir rouge appunto che lega entrambe queste pubblicazioni e per darvi un po' diciamo per aiutarci ad entrare meglio nel tema soprattutto per darvi l'ordine di grandezza appunto di ciò di cui stiamo parlando io vorrei innanzitutto invitarvi a guardare con noi questo video che è stato realizzato proprio dalla redazione di Aleop. Sottotitoli a cura di QTSS E allora i numeri sono purtroppo dramaticamente chiari secondo l'OMS appunto un terzo delle donne nel mondo subisce violenza almeno una volta nella vita e solo in Italia ogni giorno una donna ogni tre giorni scusate una donna è vittima di feminicidi ovvero viene uccisa per il semplice fatto appunto di essere donna e per il ruolo in realtà che l'è stato attribuito. Allora io partirei subito dal tuo libro dal vostro libro Chiara quindi appunto ho detto no Voi in questo libro avete raccontato la storia di sette donne e un uomo che hanno incontrato la violenza l'hanno conosciuta appunto nella maniera più drammatica possibile poi però da questa violenza sono effettivamente riusciti ad uscire hanno avviato appunto un percorso di uscita dalla violenza. La prima cosa che ti chiedo è di raccontarci qual è stato l'elemento secondo te diciamo che ha comunato poi un po' tutte queste storie se c'è poi effettivamente un astro che le lega tutte. Sì allora innanzitutto buonasera a tutti a tutti grazie per essere qui. C'è un filo che abbiamo individuato è sicuramente quello di una difficoltà iniziale a dare un nome a quello che si sta vivendo perché quando pensiamo alle donne vittime di violenza tendiamo ad avere anche lì un po' uno stereotipo magari si immaginiamo una donna fragile magari di una cultura non troppo elevata magari di messa la vittima no la vittima tipica ecco in realtà non è così perché la violenza sulle donne la violenza di genere è totalmente trasversale prescinde dal contesto culturale prescinde dalla preparazione accademica delle donne non è prescinde dalla posizione socioeconomica riguarda proprio tutta la società in maniera trasversale quindi dare il nome forse dare il nome alla violenza riconoscerla come tale riconoscere che quella relazione in cui sto e sto vivendo non è una relazione d'amore ma è altro è forse la caratteristica più difficile perché prendere atto il passaggio iniziale più difficile perché prendere atto di essere parte di quella narrazione non è così scontato una delle protagoniste del libro una delle donne che ci ha come diciamo sempre regalato la sua storia perché anche lì non è semplice raccontarsi Luisa lei diceva io andava alle manifestazioni per combattere la violenza contro le donne ro anche attiva ma io non mi ero resa conto che vivevo da 13 anni in un matrimonio che man mano mi ha tolto tutto perché quest'uomo le usava violenza psicologica ed economica quindi lasciandola completamente senza strumenti allora c'è da superare la vergogna c'è da superare il senso di colpa perché molte donne pensano di essere loro la causa di quello che sta accadendo tra le quattro mura sono loro che provocano il marito sono loro che non sanno tenere insieme la famiglia sono loro che non sono in grado di dare un contesto sicuro ai figli ecco il filo che abbiamo visto iniziale è questo ma le storie che abbiamo voluto raccontare sono storie in cui questo passaggio poi è stato fatto cioè la consapevolezza è arrivata e il libro l'obiettivo del libro non è tanto raccontare quanto sia brutta la violenza ma raccontare come si fa a uscirne perché gli strumenti ci sono e vanno conosciuti adesso infatti andremo poi ad approfondirli nello specifico ma mi vorrei soffermare prima ancora su un altro elemento lemento che per esempio ero trovato un po' in tutte queste storie molto spesso a queste donne poi viene detto anche quando poi incontrano gli operatori e gli operatrici perché non te ne sei accorta prima come hai fatto a non liberarti prima da questo uomo che ti stava appunto facendo tutto questo come hai fatto a non salvare prima magari anche i tuoi figli c'è quindi una sorta di ulteriore vittimizzazione ulteriore gabbia che si va a costruire appunto intorno a queste donne cosa l'alimenta e come ce ne possiamo liberare sì quella che descrivi è proprio quella che viene chiamata normalmente vittimizzazione secondaria cioè nel momento in cui una donna è vittima di violenza si trova a essere vittima per una seconda volta delle istituzioni che dovrebbero proteggerla quindi in primo luogo è un episodio come quello che raccontavi tu la donna si decide finalmente a denunciare va a denunciare ma signora è sicura ma che non è che l'ha fatto arrabbiare insomma adesso queste cose per fortuna succedono molto meno perché la formazione anche delle forze dell'ordine è andata avanti è migliorata un po' migliorata lo so c'ha ragione però però dobbiamo dirci che che fa che fa un po' fa no c'era una signora che giustamente diceva sì succede ancora sì è vero succede ancora così come succede nelle che è un magistrato che deve giudicare e non sappia leggere la violenza quindi la scambi per una conflittualità una conflittualità familiare normale allora se io non la so leggere la violenza non so leggere per esempio l'ambivalenza di una donna vittima di violenza perché una donna che denuncia il padre dei suoi figli una donna che denuncia l'uomo con cui ha deciso di fare una vita significa che sta mettendo in discussione tutto il suo progetto di vita in questo quasi sempre c'è dell'ambivalenza e se io vado dietro all'ambivalenza io magistrato io avvocato vado dietro a quell'ambivalenza e non mi fido più della parola di quella donna cade tutto e le donne ancora troppo non vengono credute un altro esempio di vittimizzazione secondaria pesante è quella che facciamo noi è quella che facciamo noi della carta stampata quando raccontiamo le donne in maniera morbosa quando andiamo a scavare nel loro passato quando andiamo a esaminare il perché sono vittime perché la violenza di genere è l'unico caso in cui quella che viene messa in discussione è la vittima non il colpevole cioè non quello che ha ammazzato nei casi di femminicidio la lente è puntata sul come mai l'ha fatto arrabbiare così tanto quindi leggiamo quelle frasi tremende sì oppure il raptus come sento dire che sappiamo non esistere soprattutto nei casi di violenza di genere i casi di raptus quanti erano neanche il 7% non sono quello il motivo il motivo è altrove è in una cultura che vede la donna totalmente oggetto dell'uomo che la vede completamente al di sotto o meglio l'uomo vede lei così e vuole mantenerla così allora Simona diciamo a questo punto per poter iniziare questo percorso perché come diceva appunto giustamente chiara in realtà noi si abbiamo voluto raccontare delle storie di violenza ma soprattutto abbiamo anche voluto diciamo dare il segno di come poi le cose si possono appunto cambiare e in realtà una cosa che mi ha colpito voi dite attenzione perché non necessariamente la prima cosa da fare è denunciare ci vuoi spiegare meglio certamente intanto buon più e buon viaggio a tutte e tutti grazie insomma mi vedo numerosi qui quando io e Chiara abbiamo cominciato a scrivere questo libro ci dicevamo spesso che avremmo raggiunto un successo del libro avremmo raggiunto uno degli obiettivi se almeno una delle donne vittime di violenza che avesse letto questo libro avesse poi trovato il coraggio di cercare di rompere il silenzio e quindi di cominciare un ITER di uscita della violenza effettivamente questo libro vuole essere tante cose vuole dimostrare che c'è sempre un punto di salvezza che si può trovare che gli strumenti ci sono e se utilizzati bene si può rompere il silenzio e rompere la rete però la cosa che pure volevamo dare offrire alle donne vittime di violenza è anche una sorta di vatemecum cioè una sorta di racconto degli strumenti che ci sono oggi e che possono essere utilizzati e come utilizzarli per rispondere alla tua domanda parto da quello che ci ha sempre detto una delle donne che ha regalato la sua storia a noi Anarchicca è una vignettista molto famosa che tanti anni fa ha subito una storia di violenza poi è riuscita a uscirne e non solo è riuscita anche a raccontare questa violenza agli altri ad aiutare le altre persone che si trovano nella stessa situazione lei dice sempre prima di denunciare attrezzatevi, che cosa vuol dire questo? È chiaro che se siamo in un'ipotesi di violenza per cui bisogna chiamare immediatamente Carabinieri la donna è in pericolo di vita, è ovvio che la prima cosa da fare è chiamare le forze di polizia, questo è chiaro però in genere, nei casi in cui la donna matura questa decisione di andare a denunciare è bene che sappia quanto è lungo e quanto è difficile l'iter che l'aspetta e si faccia accompagnare in questo percorso si faccia accompagnare da chi è formato, da chi è preparato per fare questo sono i centri antiviolenza, perché nei centri antiviolenza ci sono persone altamente formate che appunto conoscono benissimo il fenomeno della violenza e possono aiutare la donna in tutto quel percorso che deve compiere, perché come diceva anche Chiara prima, quello che è difficile è trovare dall'altra parte tra le forze di polizia, tra i magistrati, tra gli avvocati, persone formate che conoscono bene come funziona il ciclo della violenza il ciclo della violenza funziona in pratica che siccome la violenza per la maggior parte delle volte nasce proprio in l'ambito di una relazione affettiva, di una relazione familiare, la donna poi molte volte tentenna oppure è minacciata, oppure l'uomo dopo la denuncia le assicura che non succederà mai più quindi ci sono quei periodi che nei centri antiviolenza chiamano di luna di miele cioè di quei periodi di calma apparente a cui poi segue invece un escalation della violenza ora se la donna è seguita da persone preparate e competenti che conoscono come funziona è molto più facile che non demorda e va davanti e concluda l'iter che tante volte è molto difficile poi come ci dirà anche Livia, quando ci sono anche figli in mezzo e c'è anche il problema dell'affido tutto si complica molto di più cco ma Simona nello specifico hai citato appunto i centri antiviolenza come sono distribuiti sul territorio, sono sufficienti, hanno le risorse poi necessarie per poter operare, sono stati rafforzati, ulteriormente potenziati? allora i centri antiviolenza appunto partiamo dal presupposto che sono il fulcro, il cardine per la lotta contro questa piaga guardando diciamo il bicchiere mezzopieno possiamo dire che ci sono stati dei miglioramenti perché dopo la ratifica da parte dell'Italia della convenzione di Istanbul nel 2013 è stata emanata la legge sul femminicidio questa legge prevede dei finanziamenti per i centri antiviolenza poi si è andati avanti, sono fatti dei piani triennali, dei piani che appunto affrontano o vogliono affrontare il fenomeno in tutta la sua dimensione poi man mano ci sono stati anche dei piani di azione però ci sono molte magagne ancora innanzitutto i piani strutturali antiviolenza generali fatti dal governo non trovano poi piena attuazione nei piani concreti d è vero che i fondi sono stati aumentati e quindi dai 9 milioni di euro dell'inizio l'anno per i centri antiviolenza si è arrivati a 30 milioni però dobbiamo ricordare che i centri antiviolenza sono ancora sostenuti soprattutto dal lavoro volontario delle donne quindi hanno bisogno di una mole di investimenti sicuramente molto più alta inoltre come dicevi tu non sono comunque distribuiti in maniera omogenea nel territorio ma in maniera un po' a macchia di leopardo al nord per esempio ci sono il 70% delle case di fuggio, una bella fetta di centri antiviolenza però non così nel resto del territorio quindi ci sono ancora molte lacune da colmare ma la cosa che è un po' lasciata mareggiata è l'occasione persa che è stata rappresentata dal PNRR perché col PNRR si sperava in una risposta anche istituzionale risposta che non c'è stata sembra un po' come se le istituzioni non ricomprendessero questa piaga tra le emergenze del nostro Paese cco diciamo che le istituzioni subentrano poi in un altro momento in un certo senso hai dato un po' il la per iniziare ad entrare, ad addentrarci un po' anche in Senza madre un libro che devo dire estremamente intenso, estremamente toccante io ho dovuto leggere veramente a piccole dosi ma credo che fosse voluto questo anche per stimolare una sorta di presa di coscienza e di reazione rispetto a un tema di cui oggettivamente si parla ancora troppo poco Senza madre come dice proprio appunto lo stesso titolo in realtà racconta di quella che forse è la paura appunto più temibile per ogni mamma quindi vedersi sottratto il proprio figlio e vederselo sottratto non per una malattia ma in realtà per una decisione che viene presa sopra la testa di questa mamma in particolar modo la diciamo motivazione o comunque una appunto delle spinte arriva dalla cosiddetta sindrome dell'alienazione parentale ci vuoi raccontare che cos'è e perché nonostante sia diciamo molto controversa ancora per quello che leggo insomma si aggira diciamo liberamente poi nei tribunali italiani Allora buongiorno a tutti e a tutte, sono Olivia Zancanella, lavoro a Radio24 al lavoro scrivo per Alle Youp come loro tre, siamo un team che lavora insieme su molte tematiche allora faccio una premessa, il libro Senza madre è un saggio scritto da dieci autrici molto diverse siamo giornalisti, siamo attivisti, alcune ricercatrici ci siamo ritrovate perché abbiamo scoperto di seguire gli stessi temi abbiamo scritto questo libro volutamente forte come diceva Silvia per raccontare mettere nero su bianco nei nostri capitoli che cosa può accadere nei tribunali italiani Nei tribunali italiani spesso cosa accade? Accade che le donne che iniziano un procedimento di separazione dall'ex compagno violento vedono i figli alla fine finire nei casi migliori in affidamento congiunto nei casi peggiori e sono quelli raccontati nel nostro libro, finire in comunità per poi alla fine andare con il padre violento C'è una relazione della commissione del senato su femminicidio della precedente legislatura che dice che in oltre un terzo dei procedimenti quindi di separazione o di affidamento dei figli ci sono allegazioni di violenza che non vengono riconosciute nel 96% dei casi quindi i figli finiscono nella maggioranza dei casi in affidamento condiviso Questo perché? Perché appunto la violenza non viene riconosciuta La violenza non viene riconosciuta quindi il procedimento, la situazione si ribalta La donna che denuncia la violenza, che spesso non viene creduta perché queste denunce nella maggior parte dei casi vengono archiviate viene definita ostativa simbiotica alienante, sono gli aggettivi che tornano sempre Noi abbiamo imparato a riconoscerli perché ormai sono anni che ci occupiamo di questi casi sono gli aggettivi che vengono sempre utilizzati, viene definita quindi la donna ostativa simbiotica alienante perché è colpa di questa donna, di questa mamma se il bambino non vuole vedere il padre violento Non è colpa della violenza quindi del padre che è violento, ma è colpa della donna che manipola il figlio che quindi non vuole vedere il padre Padre che anche se è violento, quando la violenza viene riconosciuta comunque il padre violento può essere un buon padre perché ha usato violenza nei confronti della donna, magari non direttamente nei confronti del figlio ma comunque sappiamo benissimo che si tratta di violenza assistita e in questo caso è violenza diretta perché viene fatta tra le mura domestiche e il figlio abita lì quindi questa violenza non viene riconosciuta Questo si chiama, come mi ha chiesto Silvia, alienazione parentale ovvero il padre non vuole vedere, il figlio non vuole vedere il padre perché è manipolato dalla mamma L'alienazione parentale è una teoria che non ha nulla di scientifico perché poi è stata bocciata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è stata bocciata dal Parlamento Europeo e anche dalla Cassazione Quindi recentemente è un po' scomparsa, la parola di alienazione parentale passe dalle sentenze dei tribunali dalle relazioni degli assistenti sociali, dalle C.T.U. che sono le consulenze tecniche d'ufficio a cui si appoggiano i giudici, sono scritte dai periti però comunque la alienazione parentale torna, torna sotto forma di quegli aggettivi che abbiamo citato prima quindi mamma alienante, simbiotica o stativa Questo allontanamento del bambino viene realizzato perché? Perché c'è una legge, che era 54 al 2006, che è la legge della bigenitorialità Cioè è più importante che il bambino continui a vedere, a frequentare i due genitori Anche se il padre è violento, sì Se questo non accade perché secondo la PAS è la mamma che non permetta al padre di vedere il figlio allora il bambino viene allontanato, messo in comunità quindi staccato dalla mamma che lo manipola, messo in comunità e poi per avvicinarlo al padre Ecco allora Livia, io vorrei farti un'altra domanda poi mi piacerebbe moltissimo anche che ognuno di voi si sentisse libero di intervenire quindi se vi va poi apriamo anche le domande dal pubblico La storia che hai raccontato tu racconta proprio di Luca e di Lucia Lucia è una donna che ha subito violenza più volte dal suo compagno che poi è entrata in questo ginepraio giudiziario dal quale almeno per adesso è uscita sconfitta, nel senso che suo figlio comunque l'è stato allontanato mi ha colpito molto perché addirittura nella storia si chiede al bambino ma nonostante questo la mamma appunto dice una mattina di novembre mio figlio mi è stato sequestrato e io da quel giorno ho perso la vita negli ultimi cinque anni ho visto mio figlio solo 143 volte sempre in incontri super protetti e non l'ho visto complessivamente per 18 mesi noi che dormivamo insieme tutte le sere Allora che cosa ha significato per te raccontare una storia di questo tipo quindi metterti ovviamente anche in contatto con una situazione di questo genere che tipo di dati sei fatta? Cioè hai raccontato benissimo quali sono diciamo le basi anche normative che poi portano a tutto questo ma secondo te poi di fondo cosa c'è? C'è comunque la persistenza di stereotipi, di bias c'è appunto una scarsa formazione come dicevamo prima c'è una questione culturale, perché accadono ancora queste cose? Fondamentalmente accade perché le donne non vengono credute come dicevamo prima la situazione si ribalta quindi se io denuncio ma la mia denuncia accade nel vuoto se la denuncia non c'è quindi se la violenza scompare quindi prevale la legge di cui parlavamo prima la bigeneritorialità quindi il bambino deve avere comunque i due genitori deve frequentare se la violenza non c'è quindi il bambino deve frequentare i genitori è una cosa mi chiedevi l'approccio l'approccio è questo che è quello che ho usato anche scrivendo questo capitolo io l'ho scritto in un modo volutamente oggettivo infatti nel mio capitolo è molto asettico, sintetico molto giornalistico nella maniera più oggettiva del termine l'ho voluto scrivere così per far capire che sono storie che accadono davvero allora emblematica la frase che mi ha detto una mamma che ho usato per iniziare un articolo su All'Eupe lei mi ha detto se non fosse capitato a me io non ci avrei creduto ho denunciato, mi sono allontanata da mio marito perché è prevaricante ho lottato per non perdere i miei figli in effetti è così, perché? perché quando si sentono queste storie, una storia si pensa subito, beh però se le hanno tolti i figli qualcosa avrà fatto, no? questa signora qualcosa avrà fatto sicuramente all'inizio l'ho pensato anche io una storia ho detto vabbè è possibile che un giudice assistenti sociali, ctu cioè se arrivino tutti a questa conclusione allora qualcosa veramente sarà successo poi cosa è capitato? hanno iniziato a raccontarmeli in tanti queste storie io ho iniziato a leggere le sentenze ho letto ovviamente le relazioni degli assistenti sociali ho letto le ctu, ho parlato con gli esperti con gli avvocati, ho parlato con tutte le persone invece no, era chiaro perché leggendolo nero so bianco, facendo il nostro lavoro da giornaliste cioè era chiaro, il metodo utilizzato è sempre lo stesso adesso io quelle storie le riconosco, a quelle storie credo perché però è difficile, io lo capisco però sono storie che accadono l'intento di questo libro è raccontarle perché spesso sono storie che non si sentono non credo che molti di voi o forse si abbiano sentito storie di questo tipo se no magari qualche caso più eclatante però queste storie capitano, a me ne hanno raccontate decine agli altri colleghi ne hanno raccontate decine quindi sono storie che succedono io uso sempre questo approccio quindi raccontare basandomi ovviamente su quello che leggo sulle sentenze e racconto i fatti in una maniera appunto un po' in una maniera nel modo possibile, nel senso della maniera più oggettiva poi è ovvio che questo non rispecchia quello che mi porto a casa cioè quello che ci portiamo a casa perché queste sono storie che rimangono io con queste donne non parlo 10 minuti con questi ragazzi ho parlato anche con i ragazzi allontanati che poi hanno parlato con me una volta quando sono diventati più grandi sono storie che rimangono nel cuore sono storie che comunque ti porti con te sono storie a cui pensi notte e giorno praticamente quasi con queste donne rimani in contatto noi cerchiamo di aiutarle così raccontando le loro storie con una rete che abbiamo creato questo libro è un po' la dimostrazione di questa rete che abbiamo creato per far vedere che anche giornalisti, ricercatrici, attivisti diverse, che arrivano da mondi diversi, di età diverse riescono però a combattere un po' la stessa battaglia assolutamente, io per questo vi faccio ovviamente i miei complimenti appunto per quanto impegno c'è poi in tutto ciò che viene oggettivamente fatto appunto professionalmente ma appunto una professione che poi va oltre allora io vorrei chiedere a questo punto se qualcuno di voi ha già voglia magari di intervenire, se volete fare qualche domanda se c'è qualche aspetto di quelli raccontati fino adesso che volete approfondire prego arriva un attimo il microfono per quanto riguarda le sentenze che avete esaminato sappiamo che in Italia ci sono 3 gradi di giudizio quindi queste sentenze che non danno giustizia alle vittime sono le sentenze che avete esaminato maggioranza sono sentenze di primo grado, il secondo grado, il terzo grado perché in Italia c'è il primo grado, tribunali ancora l'apritura e poi i corti d'appello e poi la cassazione allora per quanto mi riguarda sono sentenze che si ripetono quindi le troviamo, poi sono sentenze che vengono confermate difficilmente si torna indietro, nel caso del libro praticamente cosa è successo questo bambino è stato portato via dall'età di 10 anni è tornato poi nella sua cameretta per la prima volta 5 anni dopo perché adesso è tornato a vedere la sua cameretta è tornato a 16 anni, 6 anni dopo è tornato ma le sentenze sono confermate cioè questa mamma ha continuato a vedere il bambino in incontri protetti prima non l'ha visto per 9 mesi poi una volta la settimana, poi 15 giorni in stanza perché questa sentenza comunque è stata confermata è stata confermata, però poi hanno dato mil permesso, adesso gli incontri sono liberi si possono vedere, però il ragazzo vive sempre dal padre si volevo aggiungere una cosa il Firouge diciamo che lega un po' tutto la mancanza di formazione per cui questa mancanza di formazione si riscontra un po' in tutti i gradi di giudizio c'è una differenza particolare tra la magistratura inquirente e quella giudicante per cui nella fase del procedimento si è lavorato bene ci sono dei PM che sono molto preparati la formazione è al 90% arrivata, quindi abbastanza nella magistratura giudicante, quindi quella che poi scrive le sentenze che sono ancora zeppe di stereotipi tante volte la Corte Europea dei diritti dell'uomo ci ha bacchettato per questo ci sono state almeno 7 sentenze contro l'Italia la magistratura giudicante ha ancora una formazione al 24% quindi davvero piuttosto bassa quindi quello che si dovrebbe fare è lavorare sulla formazione dei magistrati, avvocati, su due filoni principali innanzitutto rendendola obbligatoria, perché al momento non è obbligatoria poi cercando di fare una formazione che sia sostanziale quindi non solo formale il giudice non deve solo conoscere tutte le leggi sulla violenza che magari conosce benissimo a menadito ma deve conoscere il fenomeno, quindi avere una formazione di tipo sostanziale un po' come viene per il giudice che si occupa di mafia che non sa soltanto le leggi che vengono applicate per questo fenomeno ma conosce bene quelli che sono i meccanismi quindi questo è un po' quello che manca in Italia Forse se posso chiedere un'altra cosa ma statisticamente queste sentenze che avete esaminato sono immessi da magistrati donne o da magistrati maschi? La statistica esatta non ce l'abbiamo in questo momento però purtroppo ci sono anche tante donne questo fa anche più male quindi non c'è credo una questione di genere è proprio una questione di formazione Sì, anche perché volevo solo aggiungere che lo stereotipo è proprio trasversale nel senso l'idea di una donna di un certo tipo di un uomo fatto in un certo modo non riguarda solo gli uomini, riguarda anche le donne diciamo che poi per combattere la violenza di genere serve un cambiamento culturale un cambiamento che ci riguarda tutti, tutti proprio in maniera trasversale assolutamente E volevo aggiungere solo una cosa in questi casi cosa succede? che il giudice spesso non è un incompetente come hanno sottolineato loro il giudice non è un incompetente però manca la formazione sulla violenza nei casi di cui scrivo io spesso i giudici si affidano a queste CTU di cui ho parlato queste consulenze se nella consulenza è scritto così spesso il giudice si affida, perché? perché il perito dovrebbe essere il perito specializzato non formato qui siamo a zero anche il perito non è formato è un perito che si occupa di tutto però si occupa anche di questa violenza, di questi casi per cui è un cane che si mora della coda non è vincolato il parere del perito sì, però da lì parte, insomma satto c'è un'altra domanda, magari facciamo intervenire, prego salve voi avete parlato della formazione d è veramente il punto da battere poi c'è l'altra cosa che è passata un po' trasversale che è il fattore culturale noi purtroppo paghiamo tanto in Italia perché se abbiamo quei numeri di femminicidio noi abbiamo ancora da fare i conti con una cultura patriarcale che purtroppo aleggia ed è presente quando si faceva l'esempio anche del centri antiviolenza nord sud sud sono carenti sud le donne non lavorano quindi sono ulteriormente ricatabili quindi il problema culturale non si può non passare più da quello io sono un insegnante un insegnante delle scuole dell'infanzia io posso iniziare a parlare della questione di genere già da tre anni tutto qui, se noi riusciamo a riprendere l'educazione di genere riuscire a capire cosa succede perché poi esiste una masculinità tossica tutto quello che viene noi dobbiamo armare tutte e tutti perché io sono contenta che questa sala è piena ma ancora una volta vedo più donne che uomini ci sono pochi uomini e sono contentissima perché sono già tanti rispetto alle ultime dove eravamo solo donne quindi continuiamo a battere il vostro lavoro è incomiabile è bello questa indagine che avete fatto però bisogna battere sempre sulla questione culturale assolutamente giustissimo concordiamo direi tutte anzi lascia a te anche perché ci ha dato ulteriori oltre alla questione culturale fondamentale la questione economica che non eravamo ancora arrivati a toccare però ricordiamoci che tutto questo ha un grandissimo impegno economico io ho segnato alcuni dati una separazione con un adebito per violenze costa 60.000 euro in caso di affido di minore si può salire fino a 150.000 secondo punto su cui chiedo a te è anche la questione del coinvolgimento degli uomini nel vostro libro raccontate la storia di un uomo che ha fatti conti con il tema violenza andrò per flash abbiamo 7 minuti il tema culturale è quello che chiude il libro è l'ultimo capitolo del nostro libro ok, abbiamo raccontato quello che funziona ma cosa manca? è lì, esattamente quello che diceva la signora la violenza di genere affonda le radici nella disparità uomo-dona è la punta di un iceberg il femminicidio è la punta di quell'iceberg per sradicarla dobbiamo partire proprio dalle scuole dell'infanzia, dalle scuole elementari la violenza e il rispetto da quell'età perché solo così si può cambiare parte economica, anche qui un altro flash la violenza economica merita un approfondimento a parte perché la disparità tra uomo-dona da questo punto di vista che nasce da il fatto che le donne lavorano meno al fatto che più spesso sono in part time perché si occupano dei figli dal fatto che i carichi di cura familiare sono ancora prevalentemente sulle donne la violenza di genere colpisce anche quelli che hanno una posizione economica fortissima perché ci è capitato di sentire manager professionisti che tiravano su famiglie accademiche ma comunque vittime però il tema economico è fondamentale perché molte donne restano intrappolate perché magari banalmente negli anni non hanno un loro conto in banca non ci hanno pensato come si separano? la casa ce l'ha intestata solo lui oppure lui gli ha fatto firmare delle cambiali quindi si trovano in situazioni non ho mai fatto niente, l'autostima li va a zero la storia che raccontiamo nel libro che è la storia di Luisa lei è rinata col lavoro proprio perché nel momento in cui è aiutata dal centro antiviolenza in quel caso di Latina lui è venuto a trovare la sua passione lì ha detto che si, ma se la posso fare a tirare sui miei figli da sola solo quello, il lavoro e l'indipendenza economica l'hanno aiutata anche perché ci sono delle forme di sostegno tipo il reddito di libertà ma sono totalmente insufficienti, non sono strutturali stamattina i dati i finanziamenti del 2023 servono per 380 donne in Italia sono oltre 20.000 quelli che ne avrebbero bisogno per cui stiamo parlando proprio di un ago nel pagliaio Simona magari per la questione anche del coinvolgimento maschile quindi anche la storia che avete raccontato, che avete raccolto sì, noi pensiamo che ovviamente il lavoro non va fatto soltanto sulle donne anzi una delle cose principali che diciamo è che la donna deve prendere consapevolezza che la colpa non è sua innanzitutto quindi questo è fondamentale quindi bisogna lavorare anche sugli uomini maltrattanti cioè cercare di guidarli per anche loro fare un percorso a livello psicologico d aiutarli a non cadere nella recidiva quindi questo è assolutamente importante poi, chiuso sempre ritornando a bomba sul fatto della cultura bisogna agire chiaramente in modo tale da coinvolgere di più gli uomini anche nella lotta alla violenza contro le donne noi abbiamo fatto un bellissimo progetto con Livia e Chiara anche tanti altri partner per quanto riguarda la vittimizzazione secondaria abbiamo coinvolto anche un'associazione che si chiama Maschile Plurale è un'associazione molto interessante perché studia un altro modo un altro tipo di relazione tra donna e uomo basato su basi paritarie loro ci sono stati molto d'aiuto perché abbiamo con la lente maschile letto anche il fenomeno della violenza contro le donne ci siamo rafforzati nel convincimento che non deve essere una cosa che ci raccontiamo solo tra noi donne o solo nelle associazioni femministe ma deve essere una cosa che coinvolge gli uomini quindi dobbiamo arrivare ad un punto per cui uomo e donne lottino insieme i numerini segnalano rosso però vedo che c'è un'ultima domanda intanto grazie mille per questa occasione di incontro e per i vostri interventi per tutti i temi che avete portato agganciandomi anche a queste ultime riflessioni volevo fare una riflessione che parte dalla mia esperienza sono una tirocinante presso la Procura della Repubblica ora sono nel gruppo 3 che si occupa di soggetti vulnerabili quindi casi a punto di violenza ne vediamo parecchi condivido le riflessioni che sono state fatte prima mi era venuto in mente che spesso un altro problema poi magari mi piacerà sapere la vostra opinione a riguardo è che a volte succede frequentemente che ci sono delle donne che decidono finalmente di denunciare il compagno o soprattutto il solito convivente o maltrattante e poi però accade che nelle more di tutto l'iter la denuncia in questi casi comunque il procedimento penale va avanti perché è procedibile d'ufficio però anche questa cosa sicuramente può poi incidere sulla credibilità della persona anche quando si va a un grado di giudizio successivo perché molto spesso i motivi per cui la querella viene ritirata sono le pressioni da parte del marito a volte questioni economiche a volte il non voler lasciare la casa ai figli per andare nel centro antiviolenza ci sono questioni diverse quindi concordo però sulla riflessione che anche se il processo va avanti poi magari si arriva al primo grado un giudice che non è allenato magari a riconoscere questi segnali di violenza potrebbe interpretarlo come poca credibilità o comunque no ma se sono riappacificati allora va bene non c'è motivo è proprio esattamente questo lo ha spiegato benissimo è proprio quell'ambivalenza di cui parlavamo prima succede, succede tantissimo per chi è dall'altra parte è importante capire che l'ambivalenza fra proprio parte di quel processo lì per poterlo correttamente giudicare non pensare che la donna non è credibile Livia ti va di fare una battuta conclusiva a questo punto come diceva prima Chiara un tema ampissimo ne potremmo parlare per tanto tempo si prego abbiamo veramente 59 ma semplicemente chiederti magari voi potete parlarne a margine no secondo me è importante quello di questo partire perché non è il parino di Dino Sancho ma ultimamente sto leggendo un saggio di un studioso che ora fa un viaggio che lui dici questa frase grazie veramente le chiedo satto grazie grazie grazie grazie mille per il contributo Livia ti chiedo una battuta in chiusura prego se le persone ne sono consapevoli come te come lo sei tu se la denuncia ritirata andrà a capire perché conosce il ciclo della violenza saprà che quella non è una denuncia falsa perché lo sa ma tanti non lo sanno io prima non sapevo niente non conoscevo il ciclo della violenza ne sentivo parlare in tv dagli altri giornalisti però dopo anni lo riconosco come diceva la giudice parla di Nicola si indossano le lenti di genere io vi ringrazio veramente moltissimo grazie mille grazie
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