Dentro il palazzo
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Dentro il palazzo
L'incontro è dedicato ad un'intervista a Carlo Cottarelli. Si discorre sul suo libro "Dentro il Palazzo," che analizza il funzionamento del Parlamento italiano, evidenziando lo spostamento del potere legislativo dall'organo legislativo all'esecutivo. Si affrontano inoltre l'esperienza di Cottarelli come candidato Premier e la sua breve carriera senatoria, con riflessioni sulle riforme necessarie e sulla necessità di maggiore trasparenza in politica.
Chi saberà Alice Shakespeare. Che sia la princip floor. in un modo o nell'altro. Carlo Cottarelli sapete benissimo, in verità, quasi inutile che io ridica il suo curriculum, però ritengo sia opportuno farlo. È stato in Banca d'Italia, è stato a Lenin, è stato direttore di Partimento Fiscale del Fondo Monetario Internazionale, è stato senatore per nove mesi per il PD, adesso è invece direttore del programma d'educazione per le scienze economiche e sociali dell'Università Cattolica e dirige l'Osservatorio sui conti pubblici sempre incardinato all'interno dell'Università Cattolica. Ha scritto questo libro con uno spirito, diciamo così, di massima onestà intellettuale e direi quasi, rispetto all'avventura politica, quasi con, come dice lui stesso peraltro, con l'entusiasmo del neofita, bisogna dire, con una capacità però di penetrazione dei temi e di osservazione con una freschezza di idee, perché è propria la freschezza di idee di chi non è stato nel Palazzo per una vita ma proviene da tutti altri ambienti e si ritrova a vivere in questo contesto un po' sacerdotale, diciamo così, che è il mondo della politica romana e non solo. Questo libro è fatto come un disco di vinile, lato A e lato B. Il lato A è quello che prende in esame per l'appunto il funzionamento del nostro meccanismo parlamentare, del funzionamento delle camere all'interno del nostro sistema democratico. Il lato B invece è quello che racconta l'esperienza della chiamata di Mattarella come candidato Premier e non solo e propone anche tutta una serie di, un vademecum di possibili riformi. Andiamo con ordine e cominciamo dal lato A. Sostanzialmente visto dall'interno ma anche visto dall'esterno da un cronista, il Parlamento nell'ultima fase sembra più una specie di organo vidimatore di decreti del governo. Buongiorno, buon pomeriggio, molto contento. In questa sala molto lunga, sono altri due posti liberi qui davanti se qualcuno si vuole sedere mi sembra, il Parlamento in effetti è ormai sempre più, non è completamente, ma sempre più non è il posto dove si fanno le leggi. Voi sapete nella tradizionale ripartizione dei poteri, il potere esecutivo, il potere legislativo e il potere giudiziario. Il potere legislativo è nel Parlamento normalmente, da che mondo è mondo, il potere esecutivo è il governo e poi c'è il potere giudiziario. Sempre più, con una tendenza che mi hanno detto sia accentuata in particolare negli ultimi 15 anni, chi fa le leggi è il governo. In che modo questo viene reso compatibile con la nostra Costituzione, in che dice che il Parlamento ha fare le leggi? Ci sono fondamentamente tre strumenti più una cosa che bisogna aggiungere. Il primo strumento è il ricorso a decreti leggi, a decretazioni di urgenza per cose che non sono urgenti. Questo governo ha battuto quasi ogni record in termini di frequenza dei decreti leggi, praticamente uno alla settimana, però la tendenza a un aumento c'era anche in precedenza. In realtà, fin dalla prima Repubblica c'era stato un ricorso alla decretazione di urgenza che non era giustificato, però la cosa era stata bloccata a un certo punto dalla Corte Costituzionale, da una sentenza mi sembra dal 1996 e lì le cose erano tornate abbastanza normali. Poi negli ultimi 15 anni forse a partire dal governo Monti, che era un governo di emergenza in cui la decretazione di urgenza è diventata pratica comune, però poi è rimasta anche quando l'emergenza era passata. Il secondo strumento è il ricorso al voto di fiducia, che è un ricorso che è un ricorso a fiducia collegato a certe leggi. Perché il voto di fiducia è rilevante? Perché quando il governo chiede la fiducia su un certo provvedimento, questo blocca la discussione parlamentare, blocca il processo degli emendamenti, si va direttamente al voto sulla fiducia. Il terzo strumento è ancora, secondo me, in qualche modo più pericoloso. Il terzo strumento è il ricorso a leggi delega frequente. Che cos'è una legge delega? È una legge in cui il Parlamento delega il governo a scrivere le leggi. Ovviamente è consentito dalla Costituzione che però dice che il Parlamento nel dare questa delega deve fissare dei principi che poi il governo deve seguire, perché altrimenti dai una segna in bianco e il governo può scrivere qualunque cosa. Il problema è che questi principi sono diventati sempre più vaghi nel corso del tempo. L'esempio più clamoroso e recente è stato la legge delega sul fisco in cui il Parlamento ha delegato il governo in pratica a decidere, forse è la cosa più importante che ha sempre fatto un Parlamento dai tempi della Magna Carta, cioè decidere i livelli di tassazione. Quali devono essere i livelli delle aliquote per l'IRPF, dell'IVA, quale deve essere la progressività. Sono talmente generali i criteri da non porre quasi nessun vincolo al governo. Questo è in un'area che è estremamente delicata. A queste cose ci aggiungo un'ultima cosa. È collegata con le nostre leggi elettorali. Le ultime leggi elettorali hanno tolto il voto di preferenza, cioè le preferenze. Il cittadino non può più indicare chi è la persona che pensa di bandare il Parlamento. Allora, come si va in Parlamento? Si va in Parlamento a seconda di dove il capo del partito ti mette in un certo punto della lista. Se ti metti in alto, vai in Parlamento, se ti metti in fondo non ci vai. Chi viene messo in alto, allora, deve avere una caratteristica principale, non tanto quella di attirare preferenze dagli elettori, ma la caratteristica principale è quella di essere fedele al capo del partito, o al capo o alla capa del partito. Quindi finiscono in Parlamento persone che sono pronte ad obbedire, che non pensano con la propria testa in qualche modo sto esagerando, ma quella è la tendenza. L'esempio più eclatante di questo lo abbiamo avuto con l'approvazione dell'ultima legge di bilancio, nel dicembre scorso, quando il Governo ha ordinato a tutti i parlamentari di maggioranza di non presentare neanche un emendamento, per essere sicuri che quello che usciva dal Governo non veniva modificato da nessun altro. Ovviamente la minoranza non ha i voti per far approvare i emendamenti, quindi è soltanto la maggioranza che può far approvare i emendamenti. E tutti i parlamentari di maggioranza, tranne uno, si sono adeguati. L'eccezione è stata il senatore Romeo, capogruppo della Lega, che ha presentato tre emendamenti, gli hanno subito detto no, toglili, e lui ha detto ma io credevo che due o tre si potrebbero presentare, no, neanche quello. Ora, di fronte a questo, capite che chi fa davvero le leggi è il Governo. Perché questo è un problema? È un problema perché se togliamo un ruolo al Parlamento, prima di tutto si toglie un ruolo al dibattito parlamentare, infatti poi magari ci arriveremo, si parla anche di quanto poco sostanziale sia il dibattito parlamentare. Ma poi, se passa alla nuova riforma costituzionale, da cui l'attualità anche di quello che stai dicendo, il Parlamento perde anche l'unico potere che ha, cioè quello di eventualmente forse far cadere il Governo, perché il Capo del Governo eletto dal popolo sarebbe in una posizione predominante da un lato nei confronti del Parlamento e poi come sostengo nel libro anche nei confronti del Capo dello Stato. Sempre più si va a questa tendenza di accentramento del potere politico nelle mani alla fine di una persona, quello che verrebbe eletto direttamente dal popolo. Poi ci torniamo, preferisco rimanere a esaminare, seguendo poi i capitoli del libro che ho letto, come funziona il Parlamento attualmente. C'è un capitolo molto divertente sull'oralità delle procedure parlamentari che colpisce molto perché Carlo Cottarelli è un uomo moderno, fa parte di questo nostro mondo digitale, dei big data, però ci racconta con grandissimo stupore come effettivamente il Parlamento, quello che conta è una specie di celebrazione, di liturgia, tutta affidata all'oralità dei relatori che leggono per uso dei commissari di commissione, del genere. Quanto è paradossale questo sistema? Più che altro uno si chiede ma perché si fanno certe cose in un certo modo? L'oralità, cosa vuol dire? Per ogni provvedimento, per ogni legge c'è un relatore, nel mio caso al Senato, un senatore di storico di maggioranza che fa da relatore. Il compito del relatore è quello di leggere all'inizio della discussione sia in aula, sia nelle commissioni, leggere una specie di riassunto del testo che deve essere approvato. Riassunto neanche poi torpo stringato, anche abbastanza dettagliato. Ora, essendo un riassunto però non ha un ruolo sostanziale, per capire in una legge basta cambiare una virgola, cambia tutto. Un riassunto non ha un significato vero e in conseguenza del fatto che non ha un significato vero, intanto che il relatore legge questa cosa tutti se ne disinteressano, fanno i cavoli loro, sia nell'aula, sia in commissione. E ho avuto in due occasioni una evidenza molto chiara di questo perché è successo due volte questo fatto piuttosto curioso. C'era un senatore, era una senatrice per il primo caso, un senatore nel secondo caso, che aveva due provvedimenti in questione e questo senatore, senatrice, legge la relazione sul primo provvedimento, dopodiché c'è la discussione di quel provvedimento, si chiude con una votazione in commissione, qui stiamo parlando nelle commissioni, quindi in un gruppo di venti persone, e comincia a leggere la relazione sul secondo provvedimento. Si sbaglia e ricomincia a leggere la relazione sul primo provvedimento e inizialmente nessuno si è d'accordo. Dopo due o tre minuti alzo la mano e dico ma questo qui è quello che abbiamo già letto prima? Ah sì sì è vero, adesso correggiamo. La seconda volta, dopo circa un mese, stessa scena identica, lì anch'io mi sono distratto, è stato dopo cinque, sei, sette minuti che il funzionario del senato in commissione è stato lui a dire no guardate sta rileggendo la stessa cosa, cerco quando capiscono queste cose, oppure altra scena, questa era la relazione sulla legge di Bilagio che è un documento piuttosto lungo come potete capire, quindi la relazione era lunga e quindi si sforzava a leggere rapidamente, però non era abbastanza rapido per il senatore Lotito che alza la mano e dice oh ma leggi più o meno, c'è tipo riunione de condominio, allora perché dobbiamo leggere questa cosa? Non si può dare per letto, eh no perché c'è l'oralità della procedura, a questo punto che vi rimarrendo. E' divertente perché il libro è fatto così, c'è questo grande stupore di chi incontra questi mondi che procedono così da quando è nata la Repubblica diciamo la verità. No però sta peggiorando secondo me questa tendenza perché il motivo per cui queste cose si approvvondiscono è che se tu togli valore sostanziale al dibattito perché tanto tutto viene decido dal governo, beh allora quelli che sono lì chiaramente fanno delle cose formali, cioè io non me la prendo con i singoli, deputati o senatori, è parte di questo meccanismo per cui se tu togli rilevanza a un organo rimani lì per fare altre cose, allora qualcuno legge la relazione e gli altri fanno le loro cose nel frattempo, fai un, non so se parliamo del dibattito parlamentare, intervieni in un dibattito che nessuno ti ascolta perché tanto si sa che non conta niente quello che dici, alla fine uno ha l'impressione di stare lì a scaldare la sedia. E alla fine uno si dimette? Sì poi ci sono dei vantaggi, pochi per la verità, a qualche modo non si dimetto di più perché ci sono dei vantaggi, lo stipendio è buono, sono 12 mila netti al mese più 2.090 euro per spese rendi contabili, cioè soldi che uno può utilizzare anche da dare al partito perché molti dicono e sì ho 12 mila però poi devo pagare il partito, no? Quelli ci sono in aggiunta le 12 mila nette soldi con cui tu ci puoi anche pagare il partito, poi la mesa è ottima davvero, il senato è ottima, la cioccolata calda del senato è la migliore del mondo secondo me, quindi c'è qualche vantaggio, viaggi gratis in treno e in aereo ti danno una tessera per pagare i pedaggi autostradali che è una vera meraviglia perché il comune mortale mentre dentro la carta di credito tessera in lettura, passano cinque minuti, oh con questa tessera qui dai senatori e deputati metti dentro si alza la barra immediatamente, sono soddisfazioni queste. C'è un tema che Rocchia tiene al funzionamento dell'attività parlamentare, la gestione delle lobby perché è chiaro che qualunque parlamentare viene assalito normalmente poi dagli interessi organizzati che chiedono questa o quella riforma, questo o quel favore, questo o quell'indirizzo legislativo eccetera che in parte è anche una cosa della fisiologia, della composizione poi di interessi che spesso sono diversi e quindi hanno bisogno di rendersi visibili e quindi poi eventualmente componibili con interessi anche opposti. Però c'è come dire da noi c'è una zona grigia perché per 97 volte abbiamo provato a regolare ma non ci siamo mai riusciti, come mai? Perché le lobby sono potenti, questa è la prova più vidente del fatto che le lobby sono potenti, lobby, gruppi di pressione, portatori di interessi, ora non c'è niente di male nel portare interessi e sarebbe assurdo vietare che i parlamentari non incontrassero queste persone perché queste servono a portare interessi anche legittimi e a far conoscere meglio la realtà ai parlamentari. Però questa attività deve essere regolata, peccatamente succedono delle cose strane, per esempio all'estero se uno per esempio è stato condannato per reatri contro la pubblica amministrazione non puoi fare il lobbyista perché sono un po' sospetta la cosa è a quel punto lì. Ci sono regole di trasparenza, rendere chiaro che incontri il senatore e il deputato incontrano, sono incontri da cui esistenza viene resa pubblica con dei registri. Questa cosa in Italia non c'è e che rende il rischio appunto dei portatori di interessi di diventare un vero e proprio lobbyista, un rischio per il parlamentare stesso perché il parlamentare è vero che dovrebbe ascoltare tutti ma non ascolta tutti, ascolta quelli che si sono meglio organizzati. Allora perché un interesse deve avere particolari valori soltanto perché un certo gruppo si è meglio organizzato? Non vi dovrebbe fare in modo che sia anzi una maggiore apertura in maniera trasparente a diverse opinioni sulla stessa cosa. Questa cosa però non siamo mai riusciti a farlo, l'ultimo tentativo l'aveva fatto il governo Draghi di fare approvare in Parlamento una legge appunto che regolamentava le lobby ma anche Draghi ha fallito. Ma il sistema americano funziona? C'è sempre un'imperfezione, questa è il punto. La questione è se ci sarebbe un miglioramento da avere una maggiore trasparenza, una regolamentazione su chi può fare il lobby, cose di questo genere. Veniamo ora al Lato B che secondo me poi è la parte più bella delle libri, diciamo la verità, come che è per certe canzoni. Ci racconti l'esperienza da candidato Premier che poi il cuore del libro è la copertina di Carlo Cottarelli col suo trolley che ha fatto la storia diciamo così di iconografica dei momenti della nostra democrazia e cosa è successo realmente? No, le sono successe tante in quei 4 giorni, 4 giorni pieni di emozione a partire da quando ho ricevuto la telefonata, Ti squilli il telefono, quella sera lì avevo finito di correggere i compiti dei miei studenti alla Bocconi e mi stavo apprestando a farmi un piatto di lenticchie e guardare Breaking Bad alla televisione, 2 puntate, Ti squilli il telefono e c'è questo numero 06 poi 4 cifre, un clil tipico di un'istituzione romana, allora ti viene il dubbo, oddio, chiameranno me, che io ho sentito in televisore che il Presidente aveva chiamato qualcuno per guidare un governo teclico, ti ri sui telefono e senti questa voce, buonasera, sono alla secreteria del Presidente Mattarelle, potrei passarle il Presidente? Al che ti viene in mente? No scusi devo andare a farmi le lenticchie, mi richiami fra un'ora, ovviamente, poi ti viene in mente che possa essere uno scherzo dalla Zanzara, perché ne fanno di queste cose, poi per una settimana ti fanno sentire in radio questo cretino pensava di essere chiamato al Presidente Mattarelle, poi invece era proprio lui che mi ha spiegato la cosa da fare, è stata una grande emozione in quel momento, poi da lì sono partiti una serie di eventi che inizialmente sembrava dovessi portare effettivamente il Paese a nuove elezioni perché era un governo tecnico, non un governo per fare riforme, molti dicono ma se lei fosse rimasto lì che riforme avrebbe fatto? L'unico compito era di portare il Paese a nuove elezioni, probabilmente senza avere la fiducia del Parlamento, gestendo quindi soltanto l'ordinaria amministrazione, inizialmente quello era il compito e comunque era un compito molto difficile, dopo 10 giorni c'era l'incontro dei G7, aveva incontrato Trump, aveva incontrato tutti gli altri capi di governo dei G7. Il compito è diventato quasi mission impossible quando una volta arrivato a Roma è iniziata una violenta campagna elettorale con Tony e anche impeachment per il Presidente puntata sul tema dell'Euro, perché la rottura tra i gialloverdi e Mattarella era stata sulla tema di chi doveva fare il Ministro dell'Economia se lo doveva fare Savona che era visto come un no Euro oppure qualcun altro. Visto che questo era il tema e partito da una campagna elettorale sulla questione dell'Euro, i mercati finanziari sono impazziti di fronte a questa cosa, i tassi di interesse hanno cominciato ad aumentare e quando io il secondo giorno mi sono recato al Quirinale con la lista dei Ministri, la prima cosa che Mattarella mi ha chiesto è ma lei pensa che dovremmo andare avanti in questa situazione? E il mio risposto è stata chiara, no secondo me ci dobbiamo fermare e dobbiamo fare un nuovo tentativo di raggiungere un compromesso tale da poter far partire un governo politico ma senza Savona come Ministro dell'Economia e i successivi due giorni io l'ho passati a parlare con Di Maio e soprattutto Salvini cercandolo di convincerlo che non c'era altra soluzione se non andare a un compromesso che potesse far partire un governo politico e ho usato un argomento fondamentale, io ho detto a Salvini e anche a Di Maio ma mi vero il problema come dico era Salvini, io posso anche, io non vado avanti, non mollo il Presidente, non restituisco un mandato, io vado avanti però rendetevi conto che se io vado avanti con un governo tecnico senza la fiducia con i poteri dell'ordinaria amministrazione non sono in grado di gestire una crisi finanziaria e fra una settimana vi garantisco che lo spread non sarà a 300, era salito in un giorno da 200 a 300 ve lo trovate a mille fra una settimana e fra una settimana a quel punto io dovrò comunque fare un passo indietro, voi dovete far partire un governo politico di compromesso e non potrete certo avere con lo spread a mille Savona come Ministro dell'Economia, forse questo ragionale, quindi tanto vale che lo facciate adesso un compromesso, non so se sia stato quello o qualcos'altro ma alla fine questo è stato il risultato raggiunto, c'è stato un governo di compromesso, c'è stato un accordo in cui Savona rimaneva nel governo ma andava a fare il Ministro dei rapporti con l'Unione Europea che all'epoca non era particolarmente rilevante, Stria è diventato Ministro dell'Economia e quel governo non è durato molto, è durato poco più di un anno dauffacando sulle spiagge di Milano-Marittima, ricorderete il papete, però si è calmata la situazione finanziaria perché si è evitato di avere due mesi di campagna elettorale sul tema dell'Euro. Certo, alla fine effettivamente il Ministro Stria è riuscito anche ad avere un tesoretto che è stato poi disponibile per il governo successivo? Sì, non solo adesso, per dire, il deficit pubblico, nonostante quel governo fosse partito con l'idea facciamo più deficit pubblico, aumentiamo la spesa pubblica perché se aumentiamo il deficit pubblico, la spesa, l'economia cresce di più, aumentano le entrate dello Stato e così addirittura miracolosamente migliorano i conti pubblici. Alla fine nel 2019 anche per le pressioni che sono vene dalle Commissioni Europee, il deficit pubblico è stato uno dei più bassi degli ultimi trent'anni, avevamo un avanzo primario, cioè bilancio meno spese di interessi, avevamo entrate superiori alle spese, escludendo gli interessi, il livello più alto dal 2006, quindi inaspettatamente Tria comunque, Tria e c'era Daniele Franco che poi sarebbe diventato Ministro Andraghi, Daniele Franco era ragioniero generale dello Stato, nella gestione di quell'anno sono andati molto meglio finendo con un risultato migliore addirittura di quello che era stato previsto all'inizio. Rimaniamo sempre in quei quattro famosi giorni, io so che la lista dei Ministri rimarrà un segreto perché Cottarelli ha detto che lui rispetterà questa cosa e non dirà mai chi sono i Ministri, però ci può raccontare un po' le cose che racconta nel libro che sono anche interessanti di quanto è stato complicato la composizione e di qualche atteggiamento un po' originale di qualcuno dei convocati, diciamo così. Come si fa un governo, ti danno una segretaria, un bloc notes, una matita e un telefono e uno pensa se il Presidente del Consiglio del Calcato ha venti persone a disposizione che fanno telefonate, no, quella era la dotazione del Presidente del Consiglio. Allora si cominciano a fare telefonata ai personaggi, alle personalità che uno aveva in mente, alcune suggerite da Mattarelli, altre c'avevo idee mie. È stato abbastanza rapido, qualcuno ha detto di no, la maggior parte hanno detto di sì, era un governo molto equilibrato, anzitinziamente 13 Ministri più un Sottosegretario alla Presidenza e volevo fare 7 uomini, 7 donne, alla fine è venuto fuori 6 uomini e 8 donne. C'è stato un caso molto curioso che mi è rimasto impresso, c'era una di queste personalità, personaggi che doveva fare il Ministro dell'Istruzione e quello era un nome che era stato suggerito da Mattarella, era un professore, però un professore che aveva scritto libri, faceva presentazioni pubbliche e non riuscivamo a trovare il suo numero di telefono, neanche la famosa batteria del Viminale, cioè il centralino del Ministro degli Interni, ne Palazzo Chigi aveva il numero di telefono di questo, però eravamo riusciti a trovare il numero di telefono della gente, la gente perché facendo presentazioni pubbliche questo personaggio aveva una gente, allora faccio il numero, ho il mio cellulare, chiamo la gente e gli spiego, sono Carlo Cottarelli, forse sapere che sto cercando di formare un governo, avrei bisogno del numero del telefono delle persone tal dei tali per fargli una proposta di entrare nel governo, e la gente mi risponde, no scusi non sono autorizzato a daglielo, perché io ho pensato, non ha capito, e gli ripeto, sono Carlo Cottarelli eccetera eccetera, mi interrope, quindi ho capito benissimo, soltanto che tutte le persone che vogliono passare devono passare da me, e io poi però posso riferire, le garantisco che lo riferisco, anche uno gli viene in mente la scena di il Presidente del Consiglio Cottarelli convoca il Consiglio dei Ministri e si presenta la gente, oppure ogni volta che devo parlare con il mio Ministro della pubblica istruzione devo telefonare alla gente, guardi grazie non importa, troverevo un'altra soluzione, quando poi l'ha raccontato Mattarella si è messo un po' a ridere da questa situazione, ero strano in certe cose. A meno che non si volesse fare una riforma informale, che vuole dire per cui era solo un problema di quantare il cachet, no perché uno dice, a me è venuto il dubbio, siccome gli agenti sono pagati a percentuale, lo stipendio di un Ministro non è molto alto, forse la cosa non gli interessava. Fantastico, il libro ve lo consiglio perché è pieno di queste chicche, che non vorrei spoilerare tutte perché ovviamente se no non faccio bene il mio mestiere. Però invece torniamo all'esperienza da Senatore nove mesi di missioni, dimissioni sono un atto di un periodo che ha alimentato una frustrazione, una disillusione, un gesto di militanza polemica, una situazione vista adesso di rimpianto, di rimorso, che cosa è successo umanamente? No, quello che è successo è che io sono stato eletto, sono un liberal democratico, quindi quando ho letto mi ha chiamato, la prima cosa che mi ha detto è se potevo correre col Partito Democratico, perché era uscito al calenda, aveva rotto col Partito Democratico, serviva rafforzare l'area liberal democratica della collezione, ho detto ma io appunto sono liberal democratico, correrei comunque nella lista come capo gruppo, addirittura a Milano del PD, e io non sono però socialista, il PD è un partito diciamo di area socialista, più sinistra di quello che sono io, però alla fine eletta ha insistito, mi ha detto di andare a leggere il documento dei valori del Partito Democratico, che era quello del 2008, sono andato a leggere, e lì effettivamente c'erano dei valori liberal democratici, l'uguaglianza veniva intesa prima di tutto come ugualianza di opportunità, dopodiché si lascia operare il meccanismo del merito, si premi il merito, e poi c'è anche una redistribuzione, ma non è che si parte dalla redistribuzione come punto principale, sulla base di questo ho accettato di candidarmi, cos'è successo poi? Dopo l'elezione è stato formato un gruppo di 80 persone, di cui io non ero parte, che ha riscritto i nuovi valori del Partito Democratico, approvati nel gennaio del 2023, che erano molto diversi da quelli del 2008, si criticava il principio del merito, si criticavano questa idea che ci deve essere ugualianza di possibilità, perché cosa ci deve essere? Ci deve essere redistribuzione. E durante le primarie l'Ischlein si è presentata con un programma che era coerente con queste linee di nuovi principi del Partito Democratico del 2023, e si criticava esplicitamente il principio del merito, dicendo che tanto è un falso principio, perché non ci sarà mai l'ugualianza di opportunità. La mia posizione è, beh allora sforziamoci per ottenere l'ugualianza di opportunità. Di fronte a questa cosa e di fronte al fatto che in diverse occasioni, io ero in disaccordo, vi faccio soltanto un esempio. Valdittari, il ministro dell'Istruzione, nel gennaio del 2023, pubblicamente disse che se un insegnante lavorava in un'area geografica dove il costo della vita era più alto, era giusto che ricevesse più soldi, altrimenti nessuno andava più a insegnare al centro di Milano, per esempio. Io ho detto che aveva ragione, in un tweet ho detto che aveva ragione. I 5 Stelle hanno chiesto, avendo visto i miei tweet, si dissoci il Partito Democratico da quello che ha detto il senatore Cottarelli, e il Partito Democratico si è subito dissociato da questa cosa. Ora, questa è una questione politica, non è che c'è una cosa giusta o sbagliata. Uno può essere liberale, liberal, democratico, socialista, sovranista, tutto. Però uno non può rimanere in un partito, non ne è ne un partito ma nel gruppo parlamentare, provendo poi a votare delle cose su cui non ero d'accordo. Per cui a quel punto lì ho deciso di fare un passo di dietro. Potevo rimanere in Parlamento cambiando gruppo parlamentare. Stavo per arrivarci, tutti avrebbero fatto così. Cambiare gruppo parlamentare non mi sembrava giusto, anche se in teoria questo uno lo può fare, anzi non c'è il vincolo di mandato. Non mi sembrava giusto perché io non ero stato eletto come Carlo Cottarelli. Io avevo corso nell'uninominale e nel plurinominale. Nell'uninominale dove votavano Cottarelli, io avevo perso di 25 punti percentuali contro Daniele a Sant'Anche, a Cermona, che è la mia città. Quindi proprio non potevo dire neanche io vado ad eludere i miei elettori. Io ho stato eletto come capolista nel plurinominale a Milano. Averso lo metto Pincopallino come capolista, sarebbe stato eletto Pincopallino. Quindi era un voto dato al Partito Democratico. Quindi non mi sembrava giusto, me l'hanno chiesto, spostarmi in quello che allora era il Terzo Polo e allora ho dato le dimissioni. Poi siccome le dimissioni di un senatore devono essere votate in uno scrutinio segreto da parte del Senato, scusate, un voto a scrutinio segreto da parte del Senato, uno si deve inventare un motivo per andare via. Perché non puoi dire vado via perché non sono d'accordo con il mio gruppo parlamentare, perché diremo ma però ti puoi spostare e io non lo voglio fare. Allora ho avuto quest'idea e questo faccio un po' di pubblicità. Ha questo programma, la mia motivazione ufficiale per andare via, che andavo a dirigere questo programma, si chiama Programma per l'educazione nelle scienze economiche e sociali, di cui sono direttore a momenti, il PESES, che ha portato in quest'anno 50 personalità di altissimo livello, tanto per dire, sono cinque ex presidenti del Consiglio, tra cui che sono Amato, Gentiloni, Prodi, Monti e Draghi, più i ministri dell'economia degli ultimi vent'anni, imprenditori, giuristi del calibro di Sabino Cassese, Marta Cartabia, anche giornalisti, sono cinque giornalisti tra cui Fabio Fazio per esempio, nelle scuole superiori italiane. Abbiamo visitato 165 scuole, in tutta Italia, dalla Sicilia all'Altrentino al Toadige, dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia, abbiamo coperto tutta Italia, abbiamo avuto 250 domande, siamo riusciti a coprire ne soltanto 165. Questa è stata la mia motivazione ufficiale per andare via, il programma, io personalmente ho fatto anche qui una scuola a Trento, è andato molto bene, l'unico problema è che non siamo riusciti a visitare tutte le scuole. Dal 3 giugno, nel caso di fossero insegnanti, si riaprono le iscrizioni e questo mi ha dato molta soddisfazione. Tornando alle dimissione, non è facile che ti votino subito, ci sono stati alcuni parlamentari, nella scorsa all'isilatura un senatore 5 Stelle non è mai riuscito a andare via, li hanno votato contro 5 volte, perché non era chiara la motivazione, allora il senato dice magari sei sotto pressione per dimetterti, è successo qualche altra volta che qualcuno non è riuscito a andare via. Crozetto stesso, nella scorsa all'isilatura, quando ho andato a dirigere questo consorzio aerospaziale, è andato via la terza votazione, io sono andato via alla prima votazione, non mi sopportavano più proprio. Ma non è che magari si fa più politica facendo queste cose che fa adesso? Sì, certo, se per politica si intende la diffusione di idee, la presa di posizione, qualche volta anche litigando, c'è stata una recente polemica tra me e la presidente del Consiglio, per esempio faccio più politica adesso, perché lì fondamentalmente stavo a scaldare la sedia, questa è la cosa piuttosto frustrante, il Parlamento non dovrebbe essere così, non dovrebbe essere pieno di persone che fondamentalmente scaldano la sedia. Comunque davvero sciaporispetta una scelta davvero difficile e complicata che il 99% dei politici italiani non avrebbe fatto, questo è sicuramente un tratto distintivo di cui bisogna dare tributo a Carlo Cottarelli. Resto però al tema delle riforme, il finanziamento della politica, non ne abbiamo parlato, non possiamo accettare che la politica debba diventare una cosa da ottimati da primo Parlamento dell'Italia appena unita con la nobiltà, non può essere quello, quindi in qualche modo qualcuno deve tirare fuori i soldi. Guardate, questo è un tema, bisogna dirlo vero, ci sono cose in cui uno non sa che cosa fare, questa è una delle cose in cui sinceramente vi dico non so qual è la soluzione giusta, perché da un lato ci sono due esigenze, una è quello di dire ma la politica la devono fare, poter fare tutti, quindi ci deve essere un finanziamento pubblico, non solo, ma si dice se tu non hai un finanziamento pubblico i partiti devono prendere soldi dai privati, cioè dagli imprenditori e questo da spazio a attività di corruzione che può essere più o meno palese, che può essere più o meno sostanziale, ma è difficile dire che se tu prendi soldi da un imprenditore è chiaro che se quello ti telefona non gli dici scusa sono occupato e poi non ti fai più sentire, lo stai ascoltando tornando al tema delle lobby, i portatori di interesse che sono anche portatori di soldi è chiaro che hanno una maggiore influenza, detto questo perché sono incerto su che cosa si debba fare, prima di tutto l'evidenza empirica perlomeno in Italia è che non ha molto funzionato il finanziamento pubblico per ridurre la corruzione, il finanziamento pubblico dei partiti fu introdotto nel 1974 dalla legge piccoli principalmente per questo motivo, per ridurre la corruzione nel 1974, 15 anni dopo c'è stata Tangentopoli, i partiti sono andati avanti a prendere soldi dai privati anche dall'estero più i soldi pubblici, non è che hanno detto ma siccome abbiamo i soldi pubblici adesso non abbiamo più bisogno dei soldi dei privati, ne hanno preso di più, quindi questo mi lascia un po' perplesso su quello che bisognerebbe fare, poi sinceramente c'è una questione psicologica, io ho fatto il commissario per la revisione della spesa, proprio non ci riesco a dire ci vorrebbe un finanziamento pubblico dei partiti, però come dico forse mi sbaglio, bisognerebbe ripensare tutta quest'area e adesso noi usciremo la prossima settimana come osservatorio sui conti pubblici con una nota però abbastanza fattuale che spiega come queste cose vengono fatte in Italia, come vengono fatte all'estero per dare per lo meno informazioni su questo argomento perché spesso le cose, attualmente in realtà c'è un po' di finanziamento ai partiti politici con soldi pubblici c'è perché ci sono trasferimenti ai gruppi parlamentari che contano circa 60 milioni all'anno, quelli non appaiono come finanziamenti pubblici dello Stato perché sono soldi che lo Stato dà al Senato e alla Camera e poi vengono dati ai gruppi parlamentari ma sono di fatto un finanziamento pubblico, sono diverse decine di milioni che vanno, poi quando prendete anche il 2 per mille, il 2 per mille comunque vuol dire che lo Stato incassa meno dalle tasse e quelli qualche altra decina di milioni, credo siano 20 milioni in totale, vanno aggiunti, poi ci mettete pure questi soldi che vengono dati dai parlamentari traendo da queste spese rendicontabili, comunque già in parte c'è il finanziamento pubblico e costruito e poi ci mettono un punto di domanda. Bene, apprezzo come sempre l'onestà intellettuale, anche se ci vorrebbe un tavolo dove mettere tutte le diverse posizioni e comporre questa complessa materia e non affidarla ai titoloni dei giornali sulle inchieste oggi, domani e non sai mai dove vai a finire, qual'è la cosa che davvero può aiutarti a correggere il mal costume? Vorrei chiudere, purtroppo il tempo sta correndo e abbiamo quasi finito con una domanda tutta emozionale, io ho letto nel libro la parola speranza c'è, speranza è una categoria della politica. Non lo so se è una categoria della politica, è una categoria mia nel senso che uno non si deve mai arrendere di fonte alle cose che racconto nel libro, uno potrebbe reagire dicendo basta, che cosa che molte persone fanno, non mi allontano dalla politica, perlomeno da questa politica, non vado più a votare, l'aumento dell'estensionismo è stato molto forte, sapete, negli ultimi trent'anni e sta accelerando, cioè la fuga dalle urne diventa sempre più rapida rispetto al passato, nell'ultima elezione rispetto a quelle del 2019, e in quanto a quelle del 2018 abbiamo perso più di 8 punti percentuali, che è il record rispetto al passato in termini di velocità di caduta alla partecipazione. Quella può essere una reazione, una reazione legittima, siccome io penso che bisogna sempre sperare che le cose cambino, personalmente io no, io andrò a votare naturalmente e quello che ho fatto nello scrivere questo libro è appunto cercare, informando le persone di come funzionano le cose dall'interno, di creare un moto di reazione che possa portare un miglioramento. Faccio un ultimo esempio, c'è ancora due minuti, per esempio cosa si potrebbe fare? Io come parlamentare ho presentato un unico disegno di legge a prima firma mia, era quello che avrebbe obbligato i partiti politici alle prossime elezioni di indicare nei loro programmi elettorali non solo che cosa volevano fare, vi voglio tagliare le tasse, vi voglio mandare impressione prima, ma anche da dove sarebbero arrivati i soldi, perché se tu non dici da dove arrivano i soldi, puoi fare tutte le promesse che vuoi e allora diventano con tutto il rispetto per i marinai promesse da marinaio. Se già questa cosa cambiasse, credo che la politica e la gente andrebbe a votare in maniera più convinta, se sa quali sono i veri programmi dei partiti politici. Allora questa legge l'ho depositata, non andrà da nessuna parte, ma in termini di speranza, perché non pensare magari quando ci avviciniamo alle prossime elezioni di fare una legge di iniziativa popolare che ripete la stessa cosa, ma a cui sarà molto più difficile al politico dire la ignoriamo, perché è un'iniziativa che arriva perlomeno con 50.000 firme. In termini di speranza è uno che deve comunque cercare ogni volta di inventarsi qualcosa per cercare di migliorare uno status quo che secondo me adesso è del tutto insufficiente. Grazie. A volte viene da pensare che la democrazia sia un privilegio di cui non ci meritiamo, qualche volta devo dire la verità. Grazie. Non riusciamo a fare le domande perché abbiamo esaurito il tempo. Forse se ce ne sono due ci prendiamo 3-4 minuti. Però ecco, provi a parlare forte, non vedo microfoni. Sto arrivando un microfono. Grazie. È molto interessante l'aspetto della produzione legislativa che si è spostato all'esecutivo rispetto al Parlamento, quindi abuso della decretazione d'urgenza. Io aggiungerei altri elementi molto gravi, per esempio le sentenze costituzionali additive, cioè che dicono la legge è in costituzione laddove non prevede e quindi sostanzialmente suggerisce una produzione legislativa. Quindi le disapplicazioni da parte dei giudici che stanno diventando frequenti e poi ovviamente c'è i regolamenti europei e le direttive dettagliate che sono direttamente applicabili. Voglio dire, sta succedendo quello che è successo in Europa, in cui l'organo legislativo che doveva essere di rappresentanza popolare al Parlamento ha avuto poteri nulli all'inizio e ora ha un potere di codecisione rispetto al Consiglio. Quindi c'è una sottovalutazione sotto operatività degli organi elettivi. Grazie. Dunque, io adesso tiro in questione anche il potere giudiziario e ha ragione, c'è anche quell'aspetto, spero che io siccome ero focalizzato tra la relazione del potere esecutivo e il potere del Parlamento, il potere legislativo, non sono entrato nel ruolo, però c'è anche questo aspetto. Sul Parlamento europeo però, tutti quelli con cui ho parlato sono concordi a dire che nel Parlamento europeo invece si fa effettivamente un lavoro, si decidono cose. Perché questo? Perché il Parlamento europeo, al contrario del Parlamento italiano, non ha un governo di riferimento da cui prendere ordini. Da cui si creano maggioranze specifiche su un certo provvedimento che sono variabili. Per cui il Parlamento europeo, prima si deve studiare davvero i dossier e poi deve prendere una posizione ragionando con la testa sua e non soltanto prendendo ordine da qualcuno. Quindi io non sono stato nel Parlamento europeo e non mi sono candidato per queste elezioni. Però mi è stato detto che effettivamente il Parlamento europeo da questo punto di vista funziona molto meglio, in maniera molto più sostantiva, sostanziale. Cosa ne pensa della proposta del premierato? Non rischia di esauturare ancora di più il ruolo del Parlamento? Sì, tornando, l'ho detto prima brevemente, a me non piace la proposta. Non mi piace perché si accentuerebbe il ruolo, il potere effettivo del Presidente del Consiglio sia rispetto al Parlamento sia rispetto al Presidente della Repubblica. Quando parlo di quei quattro giorni sul reggio dell'alcol, nel libro sostengo che quello di cui si discuteva effettivamente non era il nome di Savona. Tanto vero che Savona dopo poco è stato mandato a fare il Presidente della Consob. Quello che si stava discutendo era il ruolo del Presidente della Repubblica e di come intenderlo la nostra democrazia. I gialloverdi sostenevano che noi siamo stati appena eletti dal popolo, tu Presidente, indipendentemente da quello che c'è scritto dalla Costituzione, devi fare quello che diciamo noi perché tu non sei stato eletto dal popolo. La stessa cosa si riproporrebbe col premierato con un premier eletto direttamente dal popolo. Certo, le elezioni dirette al Presidente dell'esecutivo c'è anche negli Stati Uniti, c'è anche in Francia, ma qual è la differenza rispetto a Francia e Stati Uniti? In quei Paesi non c'è la sicurezza, la certezza che il Capo dell'esecutivo, prendiamo il Presidente americano, controlli il Parlamento, il Congresso. Perché il meccanismo elettorale è tale per cui sono due voti disgiunti. Non solo, ma quando viene eletto il Presidente americano viene cambiato soltanto metà del Parlamento americano, l'altro metà è legato a quello che erano le preferenze degli elettori due anni prima. E questo perché? Per creare un equilibrio di poteri che secondo me è la vera democrazia. Non è che chi viene eletto un certo giorno dal popolo può fare poi per cinque anni tutto quello che gli pare, non è una vera democrazia secondo me, ci deve essere un equilibrio di poteri. E questo mi preoccupa perché in assenza di quell'equilibrio dei poteri, se tutto il potere va nelle mani di una persona, quella persona non soltanto c'è un problema per la democrazia, ma anche, diciamo per esempio, se questa fosse la persona più democratica del mondo. Ma quella persona normalmente quando ha troppi poteri si monta la testa, si crede Dio in terra e prende decisioni che sono avventate. E ne abbiamo nella nostra storia un po' di esempi di questo genere. Questa è la cosa che mi preoccupa di più. Per cui io sì, sono contrario al premierato, si possono trovare altri modi per avere i governi stabili e quindi parlando di futura attività politica, io mi impegnerò quando si arriverà il momento del referendum perché appunto questa riforma non passi. Grazie. Grazie. Grazie. Arrivederci. Grazie. Grazie.
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