Creare valore guidando il cambiamento
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Creare valore guidando il cambiamento
Massimo Bergami, professore dell'Università di Bologna, introduce e modera un confronto tra generazioni, sul tema attuale dei cambiamenti della società, fra intelligenza artificiale, guerre, energia, cambiamenti climatici. Ne parlano la studentessa Filomena Dora Petrozzino insieme all’amministratore delegato TIM Pietro Labriola.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buonasera a tutti, benvenuti. Io sono Massimo Bergami, sono una professora dell'Università di Bologna dove dirigo anche la Business School dell'Università che si chiama appunto Bologna Business School con grande fantasia. Sono contento di essere qui a Festival di Trento, anche quest'anno mi sembra che anche a vedere un numero di persone in sala nonostante la temperatura mi pare che sia un grande successo, una bella iniziativa, un'occasione per trovarsi, per confrontarsi e quindi sono personalmente soddisfatto e sono particolarmente soddisfatto anche di onorato e contento di ssere in questo panel specifico in cui il focus è la guida del cambiamento, una guida del cambiamento orientata a creare valore. Siamo qui insieme a Filomena Dora Petrazino, Filomena Dora è una studentessa, ha vent'anni, non ha ancora compiuti ventuno, che compirà fino a ottobre se non sbaglio, è iscritta all'Università Parteno, per Napoli, viene da Provincia di Avellino, si occupa assolutamente in corso con i suoi esami e si occupa di gestione amministrazione aziendale ma in particolare segue un indirizzo di studi sulle risorse umane. Il modo in cui è arrivata qui, Filomena Dora, è un po' divertente perché mi chiama il direttore del sole e mi dice c'è quest'incontro con il dottor Labriola che salutiamo, l'amministratore delegato di team, e però sarebbe bello se non fosse solo tu e lui, anzi, se ci fosse qualcuno di giovane, portati una studentessa dalla business school e io ho detto ma dico se porto una mia studentessa poi alla fine dice quello che voglio io perché se viene dalla business school, chiamiamo qualcuno allora ho chiamato una collega dell'Università Parteno e lui ha detto voglio la tua studentessa più brava d ecco qua abbiamo un dottor Filomena, così l'abbiamo messo un po' di pressione addosso per quest'incontro poi Pietro Labriola non ha bisogno di presentazioni, è un amministratore delegato di team, una carriera in diverse imprese, ricordo soltanto che, diciamo, la sua provenienza, la laurea a Bari, il master in gestione della tecnologia e dell'innovazione, sempre a Bari, poi carriera tra imprese e consulenza, prevalentemente imprese, mi pare in questa azienda da una ventina d'anni se non sbaglio, 22 quindi ormai, negli ultimi anni con un'esperienza molto importante in Brasile dove è stato il capo azienda del Brasile e poi recentemente è diventato appunto amministratore delegato di tutto il gruppo. Questo incontro funziona in questo modo, ve l'anticipo così capite anche un pochino cosa succede qua. Avremo così Filomena d'Ora che proporrà alcuni temi e nel proporre questi temi si avvarrà anche alcune cose che ha letto che l'hanno colpita prevalentemente e poi avremo Dott. Abrola che cercherà di portare un po' la sua risposta, la sua interpretazione rispetto ai temi che ci pone Filomena. Secondo me è un format interessante perché così sentiamo qualcosa che arriva dai giovani, domande che si pongono, il modo in cui vedono dei problemi magari che vediamo noi. Io e Dott. Abrola abbiamo un giorno di differenza nella nostra data di nascita, lui è nato l'1 ottobre e io il 2, però lui è di 3 anni più giovane di me. L'idea è quella di una generazione che guarda i problemi un pochino, non voglio dire un po' dall'altro, ma guardando anche la responsabilità di risolverli. Quindi lascerei un po' a Filomena l'onere di introdurre il primo tema che è un po' quello dei cambiamenti della società. Mi sembra che i cambiamenti siano sotto gli occhi tutti, non sto qui a ripetere cose che tutti sappiamo, l'intelligenza artificiale, la guerra, l'energia, i cambiamenti climatici. Io abito in Emilia-Romagna e quindi abbiamo avuto qualche giorno un po' difficile, anche noi a scuola, che è una scuola sulla collina, qualche frana, siamo stati fortunatissimi rispetto ad altri. Mentre salivo, c'erano dei ragazzi lì che scandivano uno slogan, dicevano quelli, del Festival dell'Economia sono gli stessi che ci portano in guerra. Non voglio commentare, però voglio dire che forse da parte dei giovani c'è anche un disagio a comprendere questa situazione. Evidentemente la complessità è molto elevata, l'interdipendenza tra tutte queste forze che vediamo sono molto alte. Noi parleremo di cambiamenti nella società, cambiamenti nella tecnologia, cambiamenti nel business e poi come questi cambiamenti invece di subirli si può tentare di provare di governarli cercando di orientare l'onda di cambiamento. Basta, smetto di annoiarli e passo la parola, Filomena. Ti ringrazio, sono davvero emozionata oggi di essere qui in rappresentanza comunque della mia generazione, quindi della generazione Z. Sono contenta di esporre la visione di noi giovani che siamo comunque il futuro del nostro Paese. Oggi le previsioni di crescita e la manifestazione del proprio potenziale della cosiddetta generazione Z sono tutte da individuare o forse da inventare. La sfida infatti attuale è proprio quella di mettere a sistema tutte le risorse umane, tecnologiche, ambientali, finanziarie per dar vita ad una società dove ci sia la collaborazione tra generazioni che vi appunto loga ad uno scambio reciproco tra queste. Ansia e incertezza nei confronti del domani sono i sentimenti prevalenti che caratterizzano i millennials e noi della generazione Z. Sempre più infatti i giovani chiedono alla politica e alle istituzioni di essere ascoltati e coinvolti nei processi decisionali proprio per favorire il loro attivismo garantendo ad essi che abbiano accesso alle informazioni e soprattutto alle opportunità. C'è dunque da progettare proprio una nuova normalità iniziando magari anche dalle aziende più lungimiranti che già rivestono proposte quindi già svolgono dei progetti verso le nuove generazioni. Un'occasione unica per mettere le basi per una nuova fase di crescita del nostro Paese che riposizioni la nostra generazione come parte attiva anzitutto incoraggiando quindi l'espressione della nostra energia positiva ma soprattutto valorizzando appieno il nostro capitale umano. La narrativa dei giovani che non hanno voglia di far nulla anche se comoda ad alcuni non è la fotografia della realtà. Allora io chiedo all'amministratore delegato della team se ha mai pensato come si possono gettare le basi per comunicare e far collaborare individui, persone appartenenti a due generazioni diverse? Anzitutto grazie Filomena. La scelta di Filomena è anche perché io parlo fuentemente in pugliese e in tellingue, italiano, portoghese e inglese quindi diciamo che un idioma comune ci permette di comunicare meglio, però siamo molto di mito che vicini. Il punto di partenza è, vogliamo dialogare, break the rules, rompiamo le regole, quindi io mi chiamo Pietro, se non altro mi chiamo Pietro, due gambe, due braccia, due occhi, quindi sono una persona normale. Il dialogo è comunque uno degli aspetti più importanti e non solo tra generazioni perché tra i principali problemi che viviamo oggi è la mancanza di dialogo anche all'interno della stessa generazione. Che è più comprensibile quando parliamo della nostra generazione per quello che dicevamo prima? Noi siamo una generazione che è cresciuta con una formazione nozionistica, in che senso? Chi di voi ha più o meno la metà, a 55 anni, si ricorda che ai nostri tempi in casa c'era una encicopedia, un dizionario, la scuola ti insegnava a imparare tutto a memoria perché non avevi accesso all'informazione in maniera immediata, dovevi portarti tutto nella tua testa. Questo si è riflesso anche nel modo di lavorare. Chiunque di voi abbia lavorato in azienda si ricorderà che il lavoro di gruppo, al di là di leggerlo sui manuali delle risorse umane o di gestione di gruppi, non era la realtà. I vostri colleghi non vi passavano le informazioni perché l'informazione era potere. E quindi noi siamo già una generazione che partita ed è cresciuta in un contesto completamente differente. E ci troviamo a dover dialogare con una generazione che ha una logica completamente differente. Quando ero più giovane e dovevo cercare l'informazione, l'enciclopedia o se dovevo parlare con qualcuno che parlava un'altra lingua, con il dizionario a cercare di tradurre. Oggi ci troviamo con una generazione nella quale tu, se hai bisogno di informazione, hai eccesso di informazioni. Se vogliamo trovare su internet qualcosa che dica, dialogo tra generazione Z e nuove generazioni, che non danno di informazioni. Abbiamo una generazione in cui il compito principale è la selezione delle informazioni, la capacità critica di selezione delle informazioni e fare la sintesi. E poi, come discutevamo prima, ci troviamo di fronte a una nuova sfida, perché questa capacità di sintesi verrà emulata da ChatGPT. Tra un po', tra un anno, non ti verrà manco più chiesto di fare la sintesi, perché ChatGPT provederà a fare la sintesi. Ho scandito questi elementi per cercare di capire quelle che sono le differenze tra le varie generazioni anche nella modalità di dialogo. Quindi tu ti trovi una generazione, la nostra, nella quale la collaborazione non è la cosa più naturale. Perché per il successo noi siamo una generazione che è cresciuta con dei role model che erano legati a raggiungere il successo a tutti i costi. Non erano legate al vivere la vita nella maniera che tu ritieni più opportuna, che non è un giudizio di merito sulle nuove generazioni o sulle vecchie. E' un modo di interpretare la vita in modalità differente, quindi ti trovi a dover far dialogare due soggetti che, da un lato, bisogna informazione, informazione e potere, collaborazione non serve, e dall'altro le nuove generazioni che invece partono al presupposto completamente differente. E quindi io ho un dialogo complesso. Come si risolve il problema? Intanto prendendo cognizione di quelli che sono i limiti di ciascuno di noi, dei due gruppi. Perché sennò continui ad essere un cinese che parla con un italiano. Non ci capiremo mai. Questo ha una serie di impatti. Il primo impatto è anche nel modo con il quale le aziende si devono proiettare nel futuro. Questo lo dico sulla base delle mie reminiscenze di marketing, io continuo a dire che continuo ad essere ancora il direttore marketing della nostra azienda, perché mi piace analizzare queste cose. Oggi ci sono banalmente molte aziende che lavorano sugli SG. Ma non perché ci credono veramente, ma perché una checklist che tu devi sottoscrivere per poter accedere a determinati finanziamenti. In Brasile ma anche in Italia abbiamo avuto accesso a finanziamenti con dei bond ad un tasso più basso perché ci prendevamo dei commitment sugli SG. Ma ci deve essere un cambio culturale completamente differente. Tu segui alcune tematiche dell'AS degli SG, del social, perché credi a quei valori, credi all'equità di genere, credi al fatto che mettendo insieme persone con differenti visioni di sistema aiuteranno, credi nel fatto che tu possa aiutare nel cambiamento. Perché mia figlia, Enrica, non è che mia figlia sia solo il riferimento però uno guarda anche dalla quotidianità le cose, cioè non devi necessariamente chiedere o far sottoscrivere una ricerca di 40.000 pagine sulle tematiche. Ma quando io parlo con mia figlia e lei sceglie alcune aziende perché fanno molta più attenzione al CO2, quindi anche da un punto di vista marketing c'è un tema di valori di quali le aziende devono cominciare a interpretare un aspetto che se vuoi interloquire con una classe di clienti devi cominciare ad abbracciare i loro valori, se non abbracci i loro valori sei out. A questo punto passiamo a un secondo aspetto, quindi il mercato devi cominciare a capire che ci sono delle persone con dei valori completamente differenti ai tuoi. L'azienda è fatta da persone di differenti età e qua avveniamo un grande problema. Come tu riesci a coniugare all'interno di un'azienda persone con valori differenti, modalità di lavoro differenti e culture differenti? È facile, se tu sei una startup, nella startup mediamente tu ti trovi tutte persone più o meno con una comunanza di valori perché è difficile trovare startup dove hai il 60enne e il 25enne, tendenzialmente ci hanno tutti quanti la stessa età, con una propensione a rischio differente, perché i ragazzi d'oggi hanno una propensione a rischio completamente differente rispetto alle nostre generazioni. E quindi tu ti trovi queste aziende che sono diventate le aziende a cui tutti aspirano. Se io provo ad assumere persone e chiedo volete venire a lavorare in team o volete andare a lavorare in Google e Facebook, qual è la risposta? Vi faccio un esempio non banale che ho vissuto andando Facebook negli Stati Uniti. In Facebook e in Google ci sono le vending machine, quei distribuitori automatici, non per le merendine o le bevande. Sapete per che cosa? La tassiera del computer, l'auricolare, tutte quelle. Immaginate in un'azienda con un'età media di un dato tipo se noi mettiamo la distribuzione gratuita di tutti quanti questi accessori. In qualche azienda ci hanno provato con un'età media di un dato tipo, che cosa è successo? La vending machine finiva scaricata immediatamente. Ora sembra una banalità, ma ci sono degli aspetti culturali completamente differenti e ha anche l'obbligo di gs enorme, ne siamo un'azienda di 40.000 persone. Che succede? Tutti lo smart working, però io ho un problema. Io ho i ragazzi di 25 anni, magari di Bari della mia città natale, che vogliono rimanere a lavorare a Bari e che vogliono lavorare a Bari smart working da casa. Però io ho dall'altra parte anche un sindacato con cui devo discutere, nel quale se io faccio fare smart working dei ragazzi a Bari, con quest'approccio dove necessariamente devo applicare la stessa regola per tutti, io dovrei mettere in smart working altre 35.000 persone che hanno dei lavori in alcuni casi che non può rendere smart workable, diciamo così, trasformando un termine inglese in un termine italiano. Detto questo, quindi ci sono delle difficoltà di sistema che non è checito per tornare a scusa e dire quindi il problema non si può risolvere, grazie Filomena passa col prossimo a fare la domanda. È perché dalla presa di cognizione di quelli che sono i problemi vanno trovate le soluzioni e torno al punto iniziale. La soluzione sta solo nel dialogo. Noi come team abbiamo avviato con la nostra funzione delle risorse umane un termine bruttissimo, perché non è che stanno delle risorse sub umane, delle risorse animali o altre cose, siamo tutti quanti colleghi. Abbiamo cominciato un dialogo e abbiamo delle attività costanti con tutti i nostri colleghi tra i 25-35 anni per incominciare a capire da loro quali sono le problematiche, come noi possiamo inserirli in un contesto, che per loro è un contesto differente, perché loro sono entrati in un'azienda che ha un'età media di 55 anni, sono loro che si sono avventurati nel Vietnam. Perché noi siamo un Vietnam rispetto agli standard dei ragazzi e quindi la prima cosa che dobbiamo fare è dialogare con loro per cercare di capire cosa si può fare. In alcuni casi negoziando con il sindacato e prevedendo anche delle logiche di remunerazione diverse rispetto ai tipici canoni tradizionali. Chiudo facendo un esempio banale. Per un'azienda come la nostra, che diciamo sta affrontando un momento particolarmente complesso, noi abbiamo chiesto, perché abbiamo la necessità di generare utile, di generare cassa, ai nostri colleghi, ai nostri funzionari, di sacrificare tra il 10 e il 25% del loro salario in cambio di una riduzione del costo del lavoro. L'hanno accettato e abbiamo però i giovani che a questo punto non vogliono più venire da noi e dicono no. Sapete come abbiamo risolto il problema? I giovani accettano di buon grado la riduzione tra il 10 e il 25% del salario se quel periodo di tempo io lo trasformo in formazione. L'informazione per avere delle certificazioni in più, per avere delle soluzioni che li possano permettere di avere un nuovo differente. Non esiste una soluzione, non esiste un manuale che ti dice come permettere il dialogo. C'è solo un elemento, avere la comprensione delle problematiche di ciascuno di due e facilitare il dialogo. Grazie per questo commento. Dico solo due cose brevissime perché poi il tempo scappa veloce. La scorsa settimana parlavo della Romagna, l'ho anche scritto sul sole di domenica scorsa. Noi abbiamo visto migliaia di giovani mettersi lì con il badile e gli stivali e stare lì giorni e giorni, anzi era diventata anche una cosa un po' cool addirittura. La riflessione è che qui i giovani sono gli stessi giovani che gli stereotipi ci restituiscono come persone che non hanno voglia di lavorare, che vogliono lo smart working come prima domanda che ti fanno, quelli che non lavorano non sono in formazione, non sono nella ricerca di lavoro. Io penso che, pensando alle cose che diceva Filomena, vedo almeno il mio punto di osservazione, i giovani si ingaggiano molto quando vedono qualcosa per cui va la pena ingaggiarsi e questo secondo me è un po' la responsabilità degli adulti. Perché, conosco poco team, però in una società come la nostra italiana, dove la base dei giovani tende a stringersi sempre di più, prima di dare delle responsabilità ai giovani, prima di buttarli nell'arena e dare responsabilità vera ai giovani, insomma è sempre un po' mediamente, non parlo di voi, mediamente, se guardo anche al contesto internazionale siamo forse un pochino più cauti e questo secondo me è un problema, peraltro in un Paese che non ha una politica esplicita di gestione di un'immigrazione anche, lo dico in maniera cinica, funzionale allo sviluppo del Paese. Perché comunque poi di persone che lavorano ce ne sarà bisogno, quindi bisognerebbe chiedersi quali e a Filomena quella cosa che a me viene da dire è, prendetevelo questo potere, ma prendetevelo decisi, perché tanto non so se ci sia tanto da aspettare che vi arrivi dagli adulti e questo è quello che ti dico un po' dal cuore. Allora si sa le famiglie che hanno accesso ad internet da casa sono aumentate in brevissimo tempo, infatti soltanto nel 2014 si è passati dal 60% al 64%. La radicalizzazione dei processi digitali è rappresentata proprio dalle forme sempre più forti di un utilizzo sociale, di servizi digitali che non solo ci ha portato a sperimentare nuove piattaforme, ma anche a rendere compatibili social media con la nostra vita affettiva, personale e professionale. Lo smart working è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta ad esempio degli spazi, degli orari, degli strumenti da utilizzare, a fronte ovviamente di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Infatti come riportato dal sole 24 ore nell'articolo addio vecchia scrivania le aziende ora puntano di formazione e tecnologia, lo smart working mette proprio al centro dell'organizzazione l'individuo con lo scopo di far convergere i suoi obiettivi personali e professionali con quelli dell'azienda aumentando ovviamente la produttività della stessa. Oggi ci troviamo quindi in una fase di assestamento di questa nuova organizzazione aziendale, è il momento però di riflettere su cosa sia il vero smart working basato quindi sul raggiungimento sì di obiettivi e su una digitalizzazione quindi intelligente delle attività in un'ottica però non solo di efficienza ma soprattutto di risparmi e sostenibilità. Tuttavia però va considerato che lo smart working ha un limite grandissimo ovvero quello di ridurre la fisicità e del contatto continuo con gli altri, noi per natura infatti siamo strutturati in modo da derivare la gran parte delle nostre conoscenze e competenze proprio dall'osservazione delle vite altrui e delle realtà che ci circondano. Ciò quindi su cui vale la pena soffermarsi è proprio come trasmettere il senso di appartenenza a una determinata organizzazione aziendale ai neossunti. Quindi ad esempio se io post laurea vengo assunta dalla vostra azienda che ha impostato come suo assetto organizzativo lo smart working, come pensa di far nascere in me questo senso di appartenenza? Quindi di sentirmi anche io allineata sui vostri obiettivi e strategie anche modi di operare di una realtà che io ovviamente non conosco. Allora Pietro ci hai parlato prima della formazione di giovani che è un pezzo molto importante e io adesso non per fare così, però so che fate veramente. Lei aggiunge un altro pezzo adesso che è quello della membership, dell'appartenenza, del contatto tra le persone. Allora proprio per continuare anche su questo tema del dialogo è della comunicazione intergenerazionale, perché ripeto se io prendo una startup o un'azienda che nasce giovane è completamente differente, ho avuto la fortuna di lavorare in Brasile, l'età media in Brasile era 33 anni. Io con 53 anni glielo dicevo ai miei colleghi, ero mediamente il papà di tutti. Le logiche valori a cui si ispiravano differenti perché diciamo come stanno le cose perché se no facciamo questi eventi non si capisce mai nulla, ci vogliamo tutti quanti bene. La verità è che coinvolgere o come si dice oggi per quelli called engagement, ingaggiare i ragazzi di 33 anni è molto più facile perché a 33 anni tu c'è ancora dei sogni e dei valori, che non vuol dire che chi ha 55 non li abbia, ma probabilmente a 55 anni hai ancora le ferite di tutti i sogni che hai dovuto mettere nel cassetto nel tempo. E quindi uno degli elementi fondamentali anche in base a quello che dicevamo è un'azienda tutta giovane la gestisci più facilmente rispetto ad un'azienda nella quale tu hai due tipologie di colleghi, quelli che c'hanno 55-60 anni età media e quelli che c'hanno tra i 25-35 anni e devi gestire le due tematiche. Come? Faccio anche degli esempi banali che però sono anche trasversali perché c'è anche un punto importante che comunque accomuna queste generazioni, ovvero nella vita di tutti non è che c'è un solo obiettivo e un sogno che è quello di diventare amministratore legato, il sogno è quello che ti guida la tua passione, è quello che tu vuoi fare nella vita. E questo lo dico perché sennò quando parliamo noi parliamo e generalizziamo sul fatto che tutti vogliono fare, oggi discutiamo qua nell'amministratore legato e un domani discute per quello che doveva diventare calciatore. No, nel mezzo c'è una varietà di figure che possono trovare il sogno della realizzazione della propria vita nell'aver una famiglia, nello stare sotto stress costantemente. Ci ho detto, veniamo alle differenze, lo smart working l'abbiamo scoperto e dimostra il fatto che i manager d'azienda non hanno il coraggio di prendere decisioni. Per cui stiamo parlando qua dello smart working, tutti contenti e felici, come è nato lo smart working? È nato a febbraio del 2020 con il covid dove tutti si sono spaventati, chiudi tutto dall'oggi al domani e all'improvviso le aziende hanno continuato a funzionare. Se mettete e prendete la macchina del tempo e tornate a dicembre del 2019 e vi mettete con una telecamera e provate a guardare una riunione dove un amministratore legato discute con il capo e il personale se possiamo fare lo smart working, vedete una ria quale c'è, anche il capo delle IT e non sappiamo se funzionano i apparati di videoconferenze e non sappiamo che cosa può dire il sindacato e non sappiamo se funziona, che facciamo? Stiamo fermi, io questo ho detto mancanza di coraggio digitale. L'abbiamo scoperto e che cosa abbiamo scoperto? Abbiamo scoperto che nella vita di tanti lo smart working è una soluzione a tanti problemi. Parliamo dei colleghi di una certetà che lavorano nei call center, che mediamente hanno una casa a circa un'ora di traffico dal call center. C'hanno 24 ore di vita nella giornata, diciamo che dormono mediamente tra le otto e dieci ore qualunque essere umano, diciamo 10, ne rimangono 14. 8 di lavoro, quindi toglia 14, 8 di lavoro più una di pausa, 9 ore, ne rimangono 5, ne devono spendere 2 per andare e tornare dall'ufficio. Secondo voi quando abbiamo messo lo smart working su tutti quanti questi colleghi cosa è successo? Come per miracolo i nostri hanno scoperto che migliorava la produttività, erano più felici. Tutte le malattie logiche, perché noi abbiamo anche il caso della malattia tipica prima del giorno festivo, la malattia del giorno in cui devono accompagnare ragazzini a scuola, per uomini e donne indistintamente. Quindi lo smart working non è una soluzione per i giovani, lo smart working su tutta una serie di attività è una soluzione che porta chiunque lo applichi ad avere un maggiore livello di soddisfazione di vita. E quando parliamo di alcune attività c'è la formazione costante, quindi tu li richiavi in sede periodicamente 1-2 settimane per fare la formazione, ma ci sono delle attività e delle persone che non necessariamente vanno cercando attraverso la condivisione dei problemi, la valorizzazione del proprio stile nel quale lavorano. Ci sono altre fattispecie nel quale il lavoro è fatto prevalente in comune con le persone. Quando tu lavori nel marketing, il marketing non è qualcuno che si chiude in un'isola, pensa e viene, il marketing è fatto da brainstorming e discussioni costanti dove il dialogo tra le persone è quello che attribuisce valore. E quindi devi costruire un mixtra presenza e non presenza che permetta anche di garantire dei lavori su cui la produttività non è oggettivabile. Io come capisco se il mio gruppo di marketing sta facendo il proprio lavoro o meno? Sul call center lo capisco, 10 chiamate, sul back office lo capisco, sull'amministrazione recupero crediti lo capisco, sul marketing e alla comunicazione? Quindi stiamo interagendo per trovare delle modalità che permettano, attraverso il rientro in sede, attraverso degli spazi, anche di garantire questa attività. Però poi c'è quello che dicevi correttamente tu, che è il cosiddetto on-boarding di chi arriva in azienda. E' un problema, non solo per i giovani, non è che si te ne arriva uno di 45 anni e arrivi in team, questo pronti partenza via ha capito come funziona. E arriva sempre il Vietnam, e c'è gli ostacoli da tutte le parti, e le zanzare, e il piume da attraversare, i vietcong nascosti che non ti vogliono condividere l'informazione perché sennò perdono la posizione. Allora quello che va fatto è affiancare queste persone e farle comprendere quello che si fa con dei progetti di mentoring, di coaching che noi abbiamo avviato sia per i giovani, sia per i meno giovani. Ma uno dei punti più importanti che nel mio stile manageriale ritengo fondamentale è spiegare perché noi facciamo le cose. Io tendenzialmente quello che faccio è chiedo quando abbiamo le riunioni, di far venire in riunione il maggior numero di persone possibili. Questo è fuori dagli schemi perché no, l'amministratore delegato che fa la riunione con il quarto livello è più o meno come un fotografo qua che prima, senza offesa, diceva no devi fare la foto con la giacca, è poco professionale senza giacca. Non è che la mia capacità di gestire un'azienda va misurata sul fatto che o porti una giacca o meno, sul fatto che io faccia le riunioni solo sulla prima linea o con gli altri. La mia capacità è quella di rompere gli schemi e cercare di portare a casa i risultati, quindi fare una riunione con molte persone ha un vantaggio. Chiunque sia di qualunque t'abbia capisce perché ho dato un'indicazione. Se io dico dobbiamo spostare quella bottiglia d'acqua da qua alla in fondo, se non ho spiegato il perché ovvero che lui che sta là in sala regia a sete, appena trova delle persone in mezzo e non puoi spostare la bottiglia, si fermi il processo, torna indietro e tu devi dire perché. Se tu gli spieghi guarda l'acqua dobbiamo portare là perché lui è a sete, se trova un problema e la trova da solo la soluzione. Continuo a dire, non voglio sembrare troppo filosofo e non voglio semplificare troppo il concetto, continuo a dire il dialogo è l'unica modalità che ti permette questo elemento intergenazionale, comprendendo però che ci sono dei comportamenti differenti e chiudo. Noi partecipiamo con la scuola del centro Elis alla formazione anche dell'ITS, in tutte le famiglie, ora faccio una domanda, chi di voi è un figlio, quanti di voi sarebbero contenti se vostro figlio venisse a voi e dice se non voglio far l'università voglio andare all'ITS e diventare elettricista, alzate la mano chi sarebbe felice? E stiamo sbagliando, primo perché magari vostro figlio ha un sogno, secondo perché noi stiamo creando una società basata su dei role model che sono sbagliati, perché anche queste formazioni diventano fondamentali e rischio che noi cerchiamo di dare ai giovani delle chiavi di lettura di quello che è il loro futuro, che non necessariamente risponde alle loro esigenze e a quello che prospetti il mercato, ma qual è il punto importante? Come facciamo a spiegare ai giovani che esistono l'ITS? Se facciamo con brainstorming avrà una quantità che di gente che dirà andiamo da Vespa e facciamo un'intervista a Vespa, ma quanti sono i ragazzi che vedono Bruno Vespa? 0, sapete chi ascoltano? I trapper, i loro role model, sono persone che stanno su TikTok o su Instagram, dobbiamo parlare il loro linguaggio, per parlare di queste cose sarebbe stato magari più interessante non fare uno streaming di questo tipo, ma fare delle interviste su TikTok perché così arriviamo a loro. Inversamente noi avremo una società spaccata di un mondo che continua a parlare su R1, R2, R3, R5, R4, R1 così nessuno si offende, e un altro mondo che vede un altro media e che ragiona con altre logiche. Quindi questa è una cosa che dobbiamo capire, cosa abbiamo fatto al centro Alice? Gli ho convinti a far parlare verso i giovani sull'importanza di queste cose come su TikTok attraverso quelli che sono i loro role model. Trapper, quelli, sto banalizzando i concetti e quindi non voglio offendere nessuno perché quando parliamo di giovani ne abbiamo di n categorie come il marketing, però parlare il loro linguaggio è avere il dialogo. Due miei colleghi, carissimi colleghi e amici, più giovani di me che sono recentemente diventati ordinari nella mia disciplina, per il merito loro, ho pubblicato un articolo sul diritto alla disconnessione. E quindi questa roba dello smart working apre tanti argomenti perché io ho dialogato con loro e ho detto di doveri non ne parliamo mai, ovviamente provo, però c'è anche adesso questa dimensione. Vogliamo lo smart working, lo smart working utile per le imprese, lo smart working che dà delle opportunità alle persone, però poi si apre un nuovo tipo di work-life balance sotto forme totalmente nuove, dove è il lavoro che ti viene a cercare nella vita perché tu sei a casa tua e ti arriva il lavoro, quindi c'è una complessità alta. Però su questo possiamo aprire anche un dibattito più ampio perché poi le persone in ufficio a casa non cambiano, vi spiego, chi fa determinati lavori e lavora otto ore e ripeto non è un giudizio di valore, entra e nuova, esce alle 17, a casa quel lavoro fa dalle 9 alle 17 e c'è qualcuno che però, magari dove è possibile, preferisce quella stessa pratica a svolgerla tra le 4 del mattino e le 9 del mattino. Faccio un esempio sempre del mio focus group, mio cugino fa sviluppo software, la sua azienda va a difficoltà di inquadrare in ufficio, quello smart working ora è diventato uno dei migliori, perché? Perché lui di giorno occupa il suo tempo, gioca a tennis, ping pong, fa altro, poi se lui dorme poco e ti sviluppi il software tutta la notte e te lo delivra nell'orale in cui tu, a me fa bene uguale, non è che cambia, ci sono altri lavori invece che richiedono più interazione e quindi c'è un altro aspetto, ma io che sono un tipo che lavora dalle 7 e mezza del mattino a mezzanotte, non c'è sabato e domenico e così come me altri colleghi in azienda, non sto dicendo che questo è lo standard, ma non è che se vado a casa chiedo il diritto alla disconnessione, non c'è mai il diritto alla disconnessione, quindi permette una generalizzazione, in Brasile ci sono delle norme che stanno lavorando su questo fronte, il diritto alla disconnessione, così come in Italia anche con il sindacato stiamo discutendo, però in alcuni casi si estremizzano le cose e si demonizzano, sentivo prima dietro di me qualcuno che parlava, uno dei problemi futuri è la capacità del diritto e delle regole di essere veloci come l'innovazione tecnologica, noi rischiamo o di ammazzare la tecnologia per diritto e innovazione, guardiamo quello che è successo sul chat di Pitti in Italia con rispetto ad altri paesi, che ti pone un problema poi di competitività del sistema paese, oppure di non avere la capacità di regolare il futuro, poi casomai se ci rimane il tempo discutiamo anche di questo aspetto. Come dicevamo prima, flessibilità, adattabilità e agilità sono senza dubbio le parole chiave che animano oggi il dibattito all'interno del mondo imprenditoriale, possiamo infatti affermare che le aziende sono entità dinamiche, cosistemi dove coesistono stimoli ma anche ostacoli, infatti è possibile assistere ad evoluzioni capaci di modificare radicalmente l'ordine aziendale precedente in periodi molto brevi e si tratta proprio di evoluzioni naturali che rispondono all'esigenza di far fronte alla complessità dei scenari sociali che appunto portano a creare le condizioni migliori proprio per il miglioramento. Oggi il modello della crescita a tutti i costi associato soprattutto alla figura dell'unicorno non è più sostenibile, non si adatta più ai nostri ecosistemi, chi è un unicorno? Un unicorno è un'azienda che ha raggiunto almeno un miliardo di dollari di valutazione ed è caratterizzata da una crescita esponenziale oltre vabbè che dal dominio del mercato di riferimento, questi unicorni ovviamente dovendo crescere in periodi molto brevi hanno la necessità di spendere somme significative e di accumulare già perdite sostanziali in i primi anni di attività, ppure l'attuale struttura della tecnologia e del venture capital premia queste aziende a unicorno, infatti premia la quantità sulla qualità, il consumo anziché la creazione. In controtendenza rispetto a questo pensiero economico, proprio il Financial Times propone un nuovo modello di business associato invece alla zebra, a differenza degli unicorni le zebra e animali reali hanno sia il bianco che il nero, dunque producono profitto e contestualmente migliorano la società, non sacrificano uno a discapito dell'altro, ma ciò che le rende realmente diverse dagli unicorni è proprio il metodo utilizzato per portare avanti il progetto imprenditoriale, infatti queste startup preferiscono utilizzare metodi alternativi per la raccolta di capitali potendosi così focalizzare sulla crescita costante dei ricavi ma anche di fornire un impatto positivo al territorio di riferimento, quindi mentre l'unicorno può essere noto per la sua rarità le zebra invece sono molto importanti perché valorizzano uno scenario di startup che ci tiene tanto alla collaborazione e all'inclusione e soprattutto uno scenario aziendale dove le organizzazioni danno molta priorità a portare avanti le proprie attività dando però un contributo socialmente responsabile e sostenibile. Per l'innovazione del futuro allora io credo che la proliferazione delle zebra in questa scena delle startup non è altro che al passo con i tempi, lei è d'accordo oppure è in contrario? Allora non è che essere d'accordo o contrario ma riflettevo nelle settimane passate a come rispetto a quando ho cominciato a lavorare io è cambiato il mondo della finanza e gli impatti che ha avuto sui modelli di competizione, quello che hai detto tu degli unicorni è assolutamente corretto però è il modello di competizione che è stato creato a partendo dalla valle del silicio, dalla Silicon Valley che poi è stato esportato un po' in giro per tutto il mondo, tu parti a questo presupposto i private equity ragionano una logica, la banalizzo quindi se c'è qualcuno più esperto di me chiedo scusa, fanno 10 investimenti, ragionano sul fatto che 3 o 4 andranno male e gli altri 6 o 7 che vanno bene ti remunerano anche il fallimento degli altri 3 o 4 e fino a qua tutto quanto bene. Quando ho cominciato a lavorare io era il 1993-1994 le logiche erano molto più industriali, non avevi i fondi private equity e non c'era in circolazione per il mondo una quantità di denaro così grande come oggi sui fondi, questo che cosa ha comportato? Che fondi hanno incominciato a snaturalizzare i processi di competizione normali? Facciamo degli esempi perché sennò non ci capiamo. Whatsapp, premesso che non ha raggiunto un miliardo, non hanno ancora incominciato a fare i soldi però è un modello di business che è distruttivo, distrugge un altro modello di business, tutti gli operatori di telecomunicazioni hanno perso negli anni una quantità di denaro enorme perché c'era Whatsapp, quindi come Whatsapp tu hai n modelli di business che partono che puntano sul fatto che ti rompono un dato modello di business, 6-7 volte su 10 vanno a buon fine, 3-4 volte no, però quelle 3-4 volte che non vanno a buon fine ti distruggono delle catene industriali intere e questo in un certo qual modo è unfair quando tutti trovano invece a gestire delle aziende che sono nate nel tempo con delle logiche differenti. E qua torna al punto che citavamo prima del diritto e delle regole, in alcuni casi questi aspetti disratti sono perché tu non riesci ad applicare le stesse regole tra varie industrie, mentre prima le telecomunicazioni erano molto chiaro cosa fossero le telecomunicazioni, oggi che cosa sono le telecomunicazioni rispetto a che cosa è Whatsapp, a che cosa è Instagram, voi in Instagram potete anche fare delle videochiamate, Whatsapp utilizza un numero di telefono, però quello che succede è che loro non sono obbligati a tutte e quante le normative che abbiamo noi, quindi che cosa succede ai questi fondi che partono con dei business che provano ad arricchirsi, arricchirsi è un termine svegliato, a generare profitto distruggendo altri business ma legato molto spesso alla simmetria delle regole, voi pensate che in noi come team o noi come operatori telecomunicazioni abbiamo le stesse regole di Netflix o di Whatsapp? Se qualcuno di voi è cliente di Team Vision, se non vi funziona Team Vision, mi chiamate 140 volte al call center, devo rispondere con un operatore e se non risponde un operatore mi arriva lo denunce, se non vi funziona il cellulare o la linea di fissa, chiamate noi e dobbiamo ripararlo, quando non funziona Whatsapp chi è cliente? Non c'è nessun obbligo di legge, io non lo faccio per qualche motivo, lo faccio perché ho delle regole che mi impongono queste cose, allora tu stai creando una competizione unfair, quindi quello del tema degli unicorn rispetto alle zebre, il mio timore è che le zebre nascono come una razza in via di istinzione, perché siccome il nostro è un mondo che va correndo dietro al profitto, quello che succederà è che verranno sempre preferiti i modelli degli unicorn rispetto alle zebre, in un contesto dove abbiamo un problema noi come sistema paese, perché gli unicorn come detto correttamente tu, hanno dei meccanismi per cui ha successo se tu cresci rapidamente come numero di clienti, il loro target è di solito il numero di clienti, non è il profitto che genera puntando al fatto che poi qualcuno ti comprerà, perché è andato così, vedi Whatsapp, non ha mai generato una lira di profitto e poi è stato comprato da Facebook, quindi questo porta anche una difficoltà nella definizione di quelli che sono i modelli di sviluppo e di startup dei singoli pesi, in Italia con 60 milioni di abitanti, se tu provi a lanciare delle soluzioni che rispondono al modello unicorn con scale molto grandi, nasci perdente, noi perderemo rispetto agli Stati Uniti che c'hanno 450 milioni di abitanti e poi risportano, perderemo rispetto al Brasile che c'ha 210 milioni di abitanti, in Brasile hai un contesto di sviluppo di startup molto maggiori dell'Italia anche semplicemente perché c'hanno 200 milioni di abitanti, perderemo rispetto all'India o alla Cina perché c'hanno un miliardo e mezzo di abitanti e noi come Europa non abbiamo un mercato unico, abbiamo n paesi tutti quanti visi con dei mercati locali, quindi il problema principale sarà definire qual è il modello, probabilmente il modello degli unicorn per forza, forza intendo dire come capacità, capacità di finanziamento che hanno dietro, prenderanno le zebre degli animali che sono in via di istinzione sin dall'inizio a meno che tu non inventi delle regole o qualcosa tipo ISG in tal senso e il problema principale sarà cominciare a capire che in un mercato globale devi ridurre il numero di regole, io non posso chiedere che venga regolata Whatsapp perché tanto non riusciamo a regolarla, c'ha la sede al di là dell'oceano e però lascia anche a me la possibilità di competere esattamente come Whatsapp, vi faccio un esempio e poi ti lascio nuovamente la parola, quando io in Brasile a un certo punto ho avuto un dibattito animato col regolatore brasiliano perché in Brasile c'era l'obbligo che per la telefonia immobile e telefonia fissa tu dovessi conservare un cartone un contratto cartaceo, ma non sto parlando di 15 anni fa, sto parlando di 3-4 anni fa, quando sono andato all'audizione pubblica ho detto scusate chi di voi ha Netflix, alzate la mano, mi fate vedere il contratto di Netflix dove l'avete messo, dove sta il contratto cartaceo di Netflix, dove sta il contratto cartaceo di Whatsapp e che differenza c'è tra un'operatoria di telecomunicazione Netflix e Whatsapp, avete un'idea dal puntista del costo produttivo per un'azienda? Questa differenza di regole cosa può costare? Si ammazza, quindi quello a cui vi dobbiamo fare attenzione è la definizione di un modello di regole più equilibrato, trovare un modo, ma non una soluzione, per cercare di dare al modello zebra una prospettiva e soprattutto cercare di comprendere che i mercati hanno sempre meno barriere geografiche e hanno bisogno di avere delle regole globali che sono uguali per tutti. Quello che sta cambiando ultimamente è anche il concetto di leadership. Allora che cosa vuol dire leader? Secondo la nostra visione un leader deve essere visto come un allenatore, non deve essere quindi una persona che ha tutte le risposte e ha un seguito ma deve essere appunto una persona che sa responsabilizzare i suoi collaboratori e quindi che questi riescano ad individuare le proprietà aziendali e a muoversi quindi nelle circostanze in cui si trovano liberamente senza dover ricorrere appunto al bisogno di dover fare le domande a un'altra persona, è più importante che appunto uno riesca ad arrivare alla risposta autonomamente, sviluppando appunto un proprio spirito anche critico e risolutivo. Corretto, concordo su un punto con te che il leader deve avere la capacità di spiegare perché andiamo in una data direzione, è come quando tu c'è una barca a remi, puoi avere una barca a remi di dieci cannotieri. Però se non vanno tutti allo stesso ritmo non vai da nessuna parte. Non sono completamente quindi una capacità di motivare, di dare una visione e di comprendere le differenze tra le varie generazioni, quando sul quale non sono d'accordo perché non c'è un modello corretto che è quello del modello delle competenze quindi diciamo che il leader ha due elementi, la capacità umana di trasmettere i valori, di ingaggiare e la capacità professionale Non esiste solo un modello di leadership da questo puntista perché dipende dal contesto in cui lavori, dalla situazione e dalla maturità dell'azienda, dal momento storico. Per esempio, se io faccio sempre esempio a mia azienda, oggi le telecomunicazioni sono nel mezzo della tempesta perfetta, si partono novità in tutte le direzioni e devi prendere decisioni real time, non solo ti ma tutti gli operatori delle telecomunicazioni in Europa, oggi hanno difficoltà economiche. Per una politica industriale definita trent'anni fa che il regolatore non è stato in grado di cambiare e questo è uno dei problemi, il regolatore dovrà essere molto più rapido a cambiare. Regolare il mondo guardando lo specchietto retrovisore è il modo migliore per far schiantare una macchina. Però arrivo al punto, con la velocità con cui cambiano le cose, per come sono interconnesse tra di loro, il leader deve aver chiaro che quando discuta col capo della regolamentazione cosa, deve sapere che nel modello del caos, quella decisione impatti in altri 34 elementi dell'azienda. Questo non è vero in qualunque momento della vita aziendale, ma per esempio nel settore delle telecomunicazioni oggi è vero. Io devo decidere banalmente se devo mettere un miliardo e tre di capex per costi dell'FTTH o no. Non è solo una scelta industriale di marketing, ma una scelta che deve portare a capire anche qual è il valore dell'azienda a dieci anni, come mi si sviluppa la parte finanziaria. Se io delego completamente sotto, il caparete vuole costi dell'FTTH andando anche al di fuori dell'Italia. Il capo della finanza mi dice no, non lo facciamo perché non ci abbiamo casse e dobbiamo pagare il debito. Il marketing, come succede tutte le volte il marketing, non si prende responsabilità e dice, ora vediamo il futuro. E quindi, che succede? Deve avere qualcuno che abbia anche la capacità di fare i punti sintesi. In questo momento, secondo me, nel settore delle telecomunicazioni si ha bisogno di una leadership chiamiamola così tecnica, di qualcuno che sappia di che cosa si parla. A un certo punto, quando tu devi fare una chirurgia importante allo stomaco, al polmone, che è quello specializzato, non prendi il medico generico. Ci sono dei momenti in cui è importante il medico generico e nei momenti in cui è importante lo specialista. Nel nostro settore, non posso parlare per gli altri settori, oggi è importante lo specialista. Con l'aspetto invece, la motivazione, la situazione che è traspersale dappertutto. Questo in qualche modo rende la leadership un compito ancora più difficile, nel senso che noi siamo stati abituati nel corso degli anni a pensare alla leadership che man mano che saliva e che diventava più alta, era una leadership più generalista che si avvaleva di competenze. Invece, qualcuno addirittura, quando parla di leadership, perché il compito più difficile del leader è creare il vuoto, lasciare il vuoto, lasciare del vuoto, perché se lasci del vuoto, quella è la precondizione, perché qualcun altro preda delle decisioni invece di stare ad aspettare. La cosa che tu aggiungi oggi è che i momenti specifici di cambiamento, soprattutto dove ci sono delle tecnologie coinvolte dei cambiamenti, dei breakthrough tecnologici forti, la dimensione di competenza tecnica torna a avere un ruolo importante senza che l'altra diminuisca. Ma quello che succede oggi, però il punto principale che non vuol dire che tu hai un uomo che riesce a fare e a gestire la sua azienda, vuol dire che tu metti attorno al tavolo tutti quanti e probabilmente tu sei quello che aiuta a fare la sintesi e connecti in dots, come diceva Steve Jobs. Quindi non frenteniamo perché in passato c'è il modello iperdirettivo, ipergerarchico, mentre ora invece c'è una gestione partecipativa, ma l'azienda alla fine non è solo una democrazia, non è che mettiamo le decisioni e le mettiamo ai voti. Quello che dico è mio, se dobbiamo litigare, litighiamo, ci possiamo anche scannare per onori in ufficio, però per la fine c'è qualcuno che deve fare la sintesi. La responsabilità, io non vengo pagato semplicemente per tenere persone, io vengo pagato per risolvere i problemi e a fare la sintesi e aiutare a trovare delle risposte di squadra, ma con qualcuno che decide. Filomena abbiamo 22 secondi, vorrei dirci qualcosa? Penso che alla fine il concetto chiave per il cambiamento è proprio il dialogo. Bene, grazie a tutti per aver partecipato, io propongo un applauso speciale a Filomena. Grazie anche a Pietro Labriola per aversi stato con noi questa sera e grazie a tutti voi per averci ascoltato. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org
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