Come sarà e cosa farà la Repubblica popolare cinese
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Come sarà e cosa farà la Repubblica popolare cinese
Il panel ha fornito una panoramica completa delle sfide e delle opportunità che la Cina affronterà nel suo percorso futuro, evidenziando il ruolo cruciale della cooperazione internazionale, dell'innovazione economica e dell'evoluzione normativa.
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Andiamo su un altro territorio, che è quello di Hong Kong, perché Gianluca Mirante è da anni, poi crescendo nella sua carriera, non è solo per l'Italia, ma anche per altri paesi del sud Europa, è la persona che più ha in qualche modo seguito, in virtù del suo compito, che è quello di essere il direttore dell'ufficio di promozione all'estero di Hong Kong, dell'evoluzione di questo ex protettorato britannico, che ritornerà completamente alla Cina, più o meno intorno al 2049, ma appunto lui ci parlerà poi di queste tappe. Lo dico adesso, perché poi quando loro parleranno, nel loro intervento, non farò più altre presentazioni. Amiamo una testimonianza, che adesso prego di far partire, appena finisco di presentarla, invece di un personaggio molto illustre, che in questo momento ha smesso di rivestire il suo compito di segretario generale della Farnesina, che io ho avuto modo di intervistare, di conoscere mentre ero corrispondente in Cina, che è Michele Valensise, l'ambasciatore Valensise, che ci ha fatto questo regalo, di questo video che noi adesso vedremo, in cui fa un po' da intro nel nostro tema. Ci spiega adesso cosa sta succedendo la geopolitica, la Cina. A quel punto potremo cominciare noi parlando del futuro. Grazie. Buongiorno, un saluto ai partecipanti un grazie agli organizzatori per avermi consentito di scambiare qualche spunto aggiornato sulla Cina con voi in video. L'attenzione all'Asia, all'Indopacifico e in particolare per la Cina non è un fatto nuovo. Sono già passati 15 anni da quando è entrata la Casa Bianca Barack Obama, un presidente nato nelle Hawaii e cresciuto in Indonesia, che ha considerevolmente spostato l'attenzione del primo paese del mondo verso tutto il bacino pacifico e asiatico. Ma è soprattutto nell'ultimo anno, con la pandemia, con la guerra in Ucraina, con la ricerca di un nuovo ordine internazionale, che la Cina, l'Indopacifico e l'Asia sono ritornati prepotentemente alla ribalta, all'attenzione della comunità internazionale. L'anno scorso il presidente cinese è stato confermato con un nuovo terzo mandato ha dato nuova stabilità o nuova eternità forse al regime cinese. La guerra è stato un fattore di cambiamento, senz'altro, nelle relazioni con la Cina. Abbiamo assistito ad una intesa iniziale tra la Cina e la Russia per una cooperazione senza limiti, abbiamo visto una linea politica di Pechino che è consistita in una neutralità ambigua, più favorevole alla Russia che all'Occidente, ma comunque una neutralità che ha comportato la mancanza di aiuti finanziari, la mancanza di aiuti militari alla Russia. La Cina è stata protagonista da ultimo anche di iniziative politiche importanti, ricordiamo solamente la mediazione tra Iran e Arabia Saudita da parte di Pechino, ricordiamo i tentativi di mediazione anche sul conflitto russo-ucraino, quindi un nuovo protagonismo, una nuova assertività. Che cosa è stata, quale è stata la reazione dell'Occidente? Io credo che possiamo subito partire comunicato dalla conclusione del vertice del G7 della settimana scorsa a Hiroshima. A mio avviso molto significativo perché ha tracciato delle linee concrete, chiare, di comportamento di tutto il gruppo di testa della comunità occidentale, appunto il G7 nei confronti di Pechino. Non c'è una volontà da parte dell'Occidente di antagonizzare la Cina. Il comunicato descrive molto dettagliatamente le priorità dell'Occidente nei confronti della Cina in questa fase. Sono quelle di riconoscere il ruolo importante della Cina sul pianeta, a livello planetario, sono le priorità di limitare da una parte i rischi di una eccessiva dipendenza nei confronti di Pechino, ma allo stesso tempo di evitare uno sganciamento, un disaccoppiamento, si dice in gergo il decoupling, nei confronti di attività, interessi, commerci, investimenti che sono essenziali per l'Occidente. Quindi un approccio bilanciato che rinnova la volontà di cooperare con la Cina, invitando la Cina ad una serie di comportamenti virtuosi che dovrebbero essere anche nel suo interesse. Si parla di level playing field, una base normativa ed economica che avvicini i due competitori, l'Occidente e la Cina. Si parla anche di rispetto dei diritti umani, si parla anche di un invito molto fermo ad evitare iniziative militari che sono purtroppo all'ordine del giorno, sia pure senza una programmazione precisa. La Cina viene riconosciuta quindi come certamente un partner, anche come un concorrente, meno se possibile come un avversario, ma anzi l'auspicio occidentale del G7 è quello di avere una Cina quanto più cooperativa. Molto dipenderà dalle scelte della dirigenza cinese. In questa definizione aggiornata della posizione dell'Occidente, l'Europa ha pesato. Noi siamo spesso critici nei confronti dell'Europa, per la sua capacità di espressione, di far valere i suoi interessi. L'impressione prevalente è che nell'ambito del G7 i paesi europei, quindi la Germania, la Francia, il Regno Unito e non ultima l'Italia, abbiano fatto passare una linea di dialogo, di collaborazione potenziale, anche se condizionata dagli elementi che abbiamo detto. Per questo è importante che in questa configurazione l'Europa, al di là dei dibattiti sulla cosiddetta autonomia strategica, continui a far sentire bene e forte la sua voce all'interno della comunità occidentale e quindi fuori. Sarebbe vano immaginare, illusorio immaginare, che un paese europeo, anche il più grande, possa avere una sua politica autonoma, una sua politica individuale nei confronti della Cina. La Cina riconosce solamente gruppi regionali attrezzati, coesi, coerenti, quindi è un motivo in più per auspicare che l'Europa sappia sempre più parlare con una voce sola. Ultima notazione, l'Italia ha le carte in regola per far sentire la sua voce, ha anche le carte in regola per correggere forse qualche scelta del passato, mi riferisco senza veli alla firma del memorandum per la via della seta, siamo stati l'unico paese del G7 nel 2019 a firmare questo accordo, che ha più un valore simbolico che un effettivo contenuto economico, è plausibile ed è ragionevole che l'Italia consideri i modi e i mezzi per riallineare la posizione italiana a quella di tutti gli altri paesi del G7. Bene, io ho provveduto a ringraziare direttamente l'ambasciatore Valenzise, penso che sia un intervento anche molto bilanciato, fresco, perché appunto recepisce gli ultimi accadimenti, invece noi ci proiettiamo sul futuro, quindi a livello economico, professor Noci, lei che Cina vede nel 2049? Beh, una domanda direi proprio alla luce di quello che l'ambasciatore evidenziava, molto difficile da affrontare, io però faccio un paio di considerazioni, la Cina che la riforma denghista, quindi con lo sdoganamento che arricchirsi non era peccato, ha grossomodo avuto una crescita del PIB 50-60 volte, quindi abbiamo un paradigma di sviluppo denominato economia capitalistica in salsa cinese che ha qualificato una Cina, come una Cina che si proietta essere un paese tra i leader del mondo, che ha avuto un'energia imprenditoriale straordinaria, dove i miei studenti, ne parlavamo ieri sera, i miei studenti e gli studenti delle Università italiane ambivano ad andare. Perché? Perché c'era un'energia positiva straordinaria. I nostri giovani respiravano in Cina quella capacità di fare le cose, di farle velocemente, di farle su larga scala, che in qualche misura mancava al mondo occidentale, certamente mancava al frammentato mercato europeo. Questo è un paradigma. In questo momento, per parafrasare l'Ambasciatore Valensise, le cose stanno cambiando senza veli. Stanno cambiando in che senso? Nel senso che quello che emerge dai lavori del partito comunista cinese è in primo luogo l'affermazione di un paradigma di maggiore equità dal punto di vista reddituale. Quindi, arricchirsi sì, ma con moderazione, usando una semplificazione. Secondo elemento, una centralità delle imprese di Stato rispetto alle imprese private. Vi faccio notare che le imprese private pesano per il 70% del prodotto interno loro del Paese. Un terzo elemento, ne parlavo ieri con un alto funzionario del partito comunista cinese, con una progressiva, un obiettivo di spostarsi da un'economia piattaforma all'economia manifatturiera. Non sono parole mie, sono parole di un alto esponente del partito comunista che ho sentito ieri. Qui, Rita, qui sta il Busillis. Cioè, questo paradigma che sta emergendo è un paradigma che è in grado di sostenere una crescita, ma soprattutto di sostenere la priorità numero uno, Rita, che è innovazione, si chiama. E vado in chiusura perché il tempo è tiranno. La Cina non può essere più il manufacturing powerhouse of the world, perché i costi della mano d'opera sono immediatamente addoppiati negli ultimi 10 anni. Ha una straordinaria dotazione infrastrutturale, ma non basta. Fare innovazione significa, come dire, in qualche modo convogliare quelle straordinarie energie che io respiravo, spero di respirare la settimana prossima a Pechino, a Shanghai, a Hangzhou, a Nanjing, convogliare quelle straordinarie energie verso un paradigma di innovazione, che peraltro ci hanno insegnato i cinesi a essere un paradigma piattaforma. Jack Ma, giusto per evocarne uno. Quindi qui c'è il tema delicato. Sono sicuro che gli amici del Partito Comunista mi diranno la chiave di volta è confucianamente quella di sviluppare un sistema in cui c'è una forte politica industriale, ci sono significativi investimenti che vengono convogliati su tecnologie core, a quel punto, in qualche modo, per dirla all'inglese, si cerca di valorizzare il collective power, quindi quella forza collettiva che confucianamente produce innovazione. Qui, a mio modo di vedere, c'è la scommessa. Perché? Perché anche i cinesi sono individui, sono uomini, sono mossi da aspirazioni, quello che c'è da capire è se ed in che misura chi sarà nell'impresa di Stato svilupperà paradigmi di innovazione con la stessa intensità rispetto a contadini, a maestri di campagna che, avendo un grande sogno, qualche anno dopo hanno ottenuto risultati strabilianti. Vi ricordo che la Cina era il paese in cui incontravo giovani come vedo qui seduti in sala, che cinque anni prima erano studenti cinque anni dopo erano molti miliardari. Quindi, Rita, nel 2049 non è per nulla facile. L'ambasciatore Valensise diceva che siamo in una falla della storia da un punto di vista geopolitico. Ecco, noi siamo in un'ennesima falla della storia cinese su cui potrebbe affermarsi un paradigma nuovo di sviluppo basato su una teoria confuciana di generazione e innovazione, ma è una grande scommessa. Non resisto, però, a non dire una cosa rispetto a quello che ha detto l'ambasciatore Valensise, rispetto all'Europa in particolare. Sono anch'io convinto che l'Europa abbia uno straordinario potenziale ruolo. Del resto, nel momento in cui da un mondo unipolare si va a un mondo bipolare, se c'è qualcuno in mezzo che cerca di definire i equilibri, noi ingegneri, diremmo, acquisisce automaticamente un ruolo. Tuttavia, l'Europa deve uscire dalla metafora in cui è. Ha bisogno di diventare grande. E scusatemi, sarà schifoso dirlo magari questi giovani che sono qui non piacerà. Ma la prima cosa che deve fare è avere un esercito. Senza un esercito non conti nulla nelle partite geopolitiche internazionali. Questo è magari poco chic, ma è un ingrediente fondamentale in quella che è la geopolitica internazionale. Bene, grazie. Sono sicura che a livello centrale queste cose che lei, professore, ha evidenziato sono ben presenti. Quindi lo sforzo, soprattutto sull'innovazione, che non sia imbrilliata a livello centralizzato, ma sia in qualche modo regolamentata, ma favorita. E' per questo che parliamo di regole, di norme, parliamo di leggi, perché la Cina si è in qualche modo dovuta in qualche... autoregolamentare. Entrare in un discorso a livello, diciamo, di nuovo codice civile, la parte commerciale, la parte falimentale. Insomma, sposare o quantomeno dotarsi di strumenti che prima erano praticamente sconosciuti, le aziende in Cina non fallivano. Adesso sì, cioè tecnicamente. E' per questo motivo che io adesso do la parola a Giunibai, che è anche avvocato, quindi ha idea di che cosa significa. Cinque minuti per dirci, rispetto a questo tipo di background, il diritto, the rule of law, che è tanto caro al segretario generale Xi Jinping, dove porterà la Cina? Grazie. Sì, allora, io vorrei innanzitutto dire che si parla della Cina del futuro, della Cina del 2049. Ecco, sicuramente nel 2049 la Cina sicuramente ci sarà avrà un ruolo estremamente importante a livello internazionale. E questo lo dimostra la storia cinese. Chi ha studiato la storia cinese i diversi millenni nella storia cinese capisce come la civiltà cinese e il paese Cina hanno sempre in qualche modo contribuito allo sviluppo dell'uparità. E questo vuol dire anche necessariamente capire la Cina partendo anche dal passato anche dal recente passato. La mia è una lettura ovviamente di tipo giuridica, ssendo questa la materia oggetto dei miei studi, quindi leggo l'evoluzione della storia cinese da un punto di vista giuridico per poi capire qual è la direzione che la Cina prende. E la Cina di oggi, dal punto di vista giuridico, è il risultato sicuramente di una storia molto lunga, ma dal punto di vista normativo la maggioranza della produzione normativa oggi in vigore risale ai ultimi 40 anni. Quindi è una storia estremamente recente che è partita con la politica delle porte aperte di Deng Xiaoping avviata nel 1978, che è stato scandito utilizzando lo strumento del diritto in vari momenti della storia moderna della Cina per evidenziare un messaggio molto forte che in modo molto pragmatico è stato realizzato, che è appunto l'apertura della Cina nei confronti del resto del mondo. Con momenti importanti come l'emanazione della legge sulle equity joint venture nel 1979, quando è stato individuato lo strumento che permettesse per la prima volta ai investitori stranieri di mettere piede sul territorio cinese con l'emanazione della serie di norme in tema di proprietà intellettuale, con l'entrata della Cina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, che ha richiesto una emanazione di migliaia di norme per arrivare a dei standard internazionalmente riconosciuti che creassero un ambiente normativo a tutela dei investitori stranieri, a tutela dell'apertura, che in qualche modo ha trainato ha fatto sì che i stessi cinesi hanno fatto proprio questo percorso la normativa interna. I recentissimi passi del legislatore cinese hanno portato alla legge sui investimenti stranieri del 2020 all'emanazione del primo codice civile della Repubblica Provincia Cinese nel 2021, che contiene una serie di elementi di innovazione che fanno capire come, anche dal punto di vista generativo, dopo una fase molto, come dire, un percorso lungo, a volte anche sperimentale, siamo arrivati a una fase di maturità dove una norma vuole anche introdurre dei aspetti che possono essere un po' anche come precursori da seguire anche da parte di altri stati nel mondo, a partire dal principio verde contenuto nel codice civile, da tutti gli aspetti tecnologici normati nel codice civile per capire un po' il futuro, anche in tema della costituzione di uno stato di diritto, ovviamente socialista con le caratteristiche cinesi, è stato approvato nel 2022, quindi ieri, il piano quinquennale sulla costituzione dello stato di diritto, che evidentemente come si usa fare in Cina, ovvero si guarda il futuro pianificando cercando di far sì che tutti remino verso una certa direzione in modo che l'efficacia dell'azione possa essere più forte, questo piano, così come le ulteriori normative che stanno emergendo in questi ultimi anni molto decisivi, videnziano un percorso tracciato di apertura che anche in una situazione di complessità nazionale e internazionale fanno parte della società cinese devono essere anche conosciuti dai soggetti che collaborano con la Cina per capire la Cina come sarà nel futuro, questo a mio avviso è un percorso tracciato che non cambierà. Bene, grazie, è molto chiaro questo aspetto. Io adesso darei la parola a Gianluca Mirante, che appunto a proposito di proiezione, sappiamo che Hong Kong è territorio cinese, ma effettivamente lo diventerà nel 2047, ssendo ci stato questo handover tra la Gran Bretagna la Repubblica Popolare Cinese nel 1997. Anche qui ci sono un passo lunghissimo, come diceva il professor Bai, la Cina programma, poi in qualche modo lo fa anche per aumentare, programmare anche la marcia dell'avvicinamento all'obiettivo. Questo obiettivo di reintegrare effettivamente un suolo che è Cina, ma reintegrarlo in tutti i sensi, anche in qualche modo mettendo insieme quella che è l'eredità britannica o comunque di tutte le varie istituzioni e l'eredità. Come sta venendo e che prospettive ci sono nel prossimo futuro? Sì, devo dire che ho un approccio un pochino più empirico se vogliamo, occupandoci prevalentemente di trade. Ma ci piace questo, piace anche il Cinesia sicuramente. Quindi chiaramente la Cina sta programmando il 2047 riferito a Hong Kong se vogliamo già da un po' di tempo. La prima grossa apertura è stata addirittura nel 2004 con l'entrata in vigore dell'accordo cosiddetto SIPA, il Closer Economic Partnership Arrangement, che fu un primissimo piano d'azione che consentiva a Hong Kong di dargli un ruolo assolutamente privilegiato rispetto a tutto il resto del mondo. Sostanzialmente l'accordo prevedeva l'export di servizi e di prodotti con un certo tipo di caratteristiche verso la Cina continentale ad azio zero, cosa che non è stata consentita a nessun altro. Dopo di che chiaramente siamo arrivati a qualche anno fa, le cose sono diventate sempre più consistenti e importanti quindi è venuto fuori questo nuovo progetto che è decisamente importante e imponente che è chiamato Greater Bay Area. Forse qualcuno l'ha già sentito nominare, che è tendenzialmente l'integrazione tra il Guangdong, che è una delle province più ricche della Cina, a sud Macao e Hong Kong. Nel Guangdong ci sono nove municipalità importanti che sono coinvolte. Se vogliamo, anche qui per gli addetti ai lavori, c'è una evoluzione di quello che 15-20 anni fa chiamavamo Pearl River Delta, quindi il delta del fiume delle perle. Ai tempi aveva quel tipo di concerto. Io ho un memoria storica di vent'anni, perché lavoro per loro da vent'anni. Attraverso questo tipo di accordi abbiamo visto in modo concreto come si è sviluppato il business. La Greater Bay Area è una serie di misure integrative che vanno dalle infrastrutture. Tutti quanti abbiamo sentito parlare di questo famoso ponte di 55 km sul mare che collega Macao, Zuai e Hong Kong. A un certo punto, poiché quello è un bacino in cui transita tante navi cargo, si sono dovute inventare due isole artificiali con una galleria sotto il mare larga 7 km che consentisse il passaggio delle navi cargo importanti per il traffico-merci. Questa è solo una delle integrazioni che sta avvenendo. C'è la linea ad alta velocità che collega Hong Kong a Guangzhou a Shenzhen proprio in pochi minuti. Nel 2020 ci sono le autorità cinesi sul territorio di Hong Kong, per snellire le procedure di ingresso. Visto, si prende direttamente a Hong Kong si va direttamente a Guangzhou o a Shenzhen. Ci sono tutta una serie di misure che vanno chiaramente dal punto di vista dell'integrazione commerciale che servono a sfruttare quello che è il potenziale di Hong Kong a livello finanziario, di semplificazione, di attrazione di interesse a livello mondiale quello che è adesso il know-how cinese, soprattutto se si parla di innovazione, che è uno dei cardini e pilastri di questo progetto. Ma non ci si limita a quello, si va oltre, si va alle energie rinnovabili, alla sostenibilità, all'integrazione a livello turistico, alla promozione anche alla sostenibilità dal punto di vista della crescita dei giovani, dal punto di vista delle opportunità commerciali che stanno andando in questa area della Greater Varia perché ci sono forti sviluppi, soprattutto dal punto di vista innovativo. Chi è andato in Cina in quest'area 15 anni fa ricorda produzioni di tastiere, di mouse, di batterie, eccetera, eccetera, già da ormai 6, 7, 8 anni viene sperimentato già allora. Ora in realtà è il 5G, le macchine a guida autonoma quindi questi colossi che sono ormai realtà a livello globale. Noi stessi siamo stati accolti da un paio di questi giganti che erano molto legati a Hong Kong perché avevano studiato al Politecnico di Hong Kong in cui mi riferisco al leader commerciale dei droni che è Ash and Zen. Quindi di fatto c'è questo tipo di integrazione che sta avvenendo ci sono molte opportunità economiche perché la Grete Bay Area a livello numerico compete già con quella di New York, con quella di San Francisco e con quella di Tokyo. Quindi parliamo di una cosa imponente quello che noi diciamo attualmente è che, soprattutto le aziende italiane, di non esitare perché ci sono grossi opportunità commerciali. Non bisogna star qui a valutare, ma ci conviene dove andiamo e dove non andiamo. C'è la continua esitazione e paura di chissà che cosa. Ci sono gli strumenti, ci sono le opportunità, c'è la conoscenza prima ancora di partire. Mi piace sempre ripetere che i nostri vertici della nostra agenzia, che per semplificare può essere paragonata a una sorta di omologo dell'ICI che abbiamo in Italia, però è l'ICI del governo di Hong Kong, ha aperto l'ufficio in Italia a Milano nel 1972. Abbiamo festeggiato 50 anni di presenza in Italia con un ufficio diretto, un branch office. Questo per dire che a capo ha messo un locale, non ha messo uno di Hong Kong. Questo è un segnale di massima apertura dal punto di vista della trasparenza. Quello che a me con un pizzico d'orgoglio fa piacere dire è che comunque noi aiutiamo l'export italiano anche in questo momento storico, particolarmente delicato, è più che mai necessario farlo. Grazie, grazie. E adesso... quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Mario Boselli, il suo futuro, che futuro vede per questo grande paese come un continente? Grazie Rita, ciao, buongiorno a tutti. E' lieto di essere qui e soprattutto di aver ascoltato questi interventi. Il professor Bai ha citato una data, 1978. Io c'ero, è stato il mio primo viaggio in Cina, quindi ho avuto il grande privilegio dall'inizio dell'epoca di Deng Xiaoping di vivere 45 anni, salvo gli ultimi due o tre, sono andato in Cina più di 150 volte. Non li ho più contati. Devo dire che della Cina ho visto tanto, perché in questi 40 anni è successo di tutto. L'inizio, devo dire, la Cina doveva crescere, crescere, crescere, come è stato accordato, la mission era quella, d è cresciuta anche facendo, dobbiamo essere onesti, danni a tante situazioni anche in occidente, perché non rispetto delle regole sull'inquinamento, dumping sociale, dumping monetario, eccetera, è stata una situazione molto complicata. Devo dire che però la Cina ha avuto la grande capacità di evolvere, di cambiare, di svilupparsi in modo positivo e concreto. Quindi le regole hanno cominciato a essere rispettate, meno inquinamento, un certo rispetto delle regole, soprattutto tanta attenzione a crescere in un certo modo legato a innovazione, ricerca, sviluppo e quant'altro. Quindi qui mi collego a una delle cose interessanti che ha detto il professor Ducci, quando ha parlato innovazione come paradigma. Un po' di anni fa mi sono permesso di fare un libro su Cina da fabbrica del mondo al laboratorio per il futuro. Allora, non è vero che la Cina non sia più fabbrica del mondo, è ancora fabbrica del mondo, anche se di prodotti molto diversi, perché un po' li ha portati dalla Cina esterna, diciamo azzurra, quella gialla, un pochino più economica dal punto di vista produttivo. La Cina non è più fabbrica del mondo, le ha delocalizzate, quindi non ci sono più in Cina si è concentrata su produzioni di maggior qualità. È cambiata in maniera esponenziale tutta l'area dell'innovazione, della ricerca, dell'accoglienza. Quindi devo dire che ho grande ammirazione per il percorso che ha fatto la Cina che è una cosa, parlando del passato, che nessun paese al mondo ha fatto in 50 anni quello che ha fatto la Cina, abolendo la fame, abolendo i morti per fame in Cina. Questo è un qualcosa di unico, di clamoroso in un periodo di tempo così limitato. Vittorino Colombo era andato per aiutare, per il futuro che aiutano noi. Ecco, ho detto questo sinteticamente per guardare al futuro. Tre fattori che mi fanno dire che in un processo lineare, questo va detto perché bisogna che il processo sia lineare perché sennò le cose non sono così scontate, la Cina diventerà nel 2030, quindi prima di certe date, il primo paese al mondo è la città economica tre fattori sono, a mio giudizio, che hanno una peculiarità. La Cina è di fatto una sorta di paese in via di sviluppo con alcune caratteristiche, ma con una potenza economica, con dei numeri clamorosi. Ecco, l'insieme di queste due cose è un unico. Io non trovo un altro esempio al mondo. Il discorso dell'innovazione, quindi quel discorso che ho accennato da fabbrica a laboratorio, credo che sarà la chiave del successo della Cina. Terzo e ultimo, io ho una stima e un rispetto del cinese. Non parlo della lingua, parlo ovviamente del cittadino, della cittadina, dell'operario, del contadino, cinese, cinese. E l'ho dei cinesi che ho incontrato in Cina dei cinesi che vedo in via Paolo Sarpi, coi quali collaboro come presidente dell'Intelligent Council Foundation, che è la fondazione che si è unita con la Camera di Comercio. Ecco, io trovo che il popolo cinese ha una capacità di lavoro, di fatica, di anche resistenza alla sofferenza, che è abbastanza unica al mondo. Ecco, io credo che l'asset più importante che ha la Cina oggi l'avrà per il futuro, è proprio quella. La base di quel miliardo e quattro, peccato che adesso non stia crescendo, anche per il futuro. Grazie. Grazie, Mario. Grazie. Allora, io chiederei ai nostri quattro relatori velocissimamente di indicare ognuno se potesse dare un consiglio, indicare cosa fare in più o in meno, tenendo presente la strategia verso il 2049 della Cina. Quindi un consiglio. Cina, fai di più questo o meno di quell'altro. Quindi una cosa veramente molto veloce. Ma prima di darvi la parola, vorrei costringere il professor Tria a dare una piccola battuta su un tema che non si può tralasciare, la finanza. Il tema della finanza cinese, una battuta. Quanto importante la costruzione giuridiche, ma strutture anche come dire, per accogliere quello che diceva il professor Noci, cioè l'innovazione. L'innovazione si fa con i capitali. E per usare o far circolare i capitali bisogna avere le strutture. Una battuta, professore. Lei doveva essere seduto qui tra di noi non può negarlo questo. E non è stato possibile solo perché lei è impegnato in 10.000 altre cose. Però una battuta ce la può fare. Perché la finanza è importante, è stata importante per la crescita cinese. Grazie. Mi pare che il tasso di risparmi del tutto aggiornato cinese è ancora intorno al tasso risparmio nazionale del 45%. Questo significa una massa di risparmi di capitale in cerca di rendimento. Se solo questo risparmio potesse viaggiare nel mondo, avremmo uno sconvolgimento dei mercati finanziari. Questa è una delle questioni. Quindi c'è dietro una potenza di fuoco. La trazione che voglio far notare, perché non è stata forse compresa del tutto in occidente, è che negli stessi anni, a partire dal 2018 al 2019, sono state varate le nuove norme sugli investimenti stranieri in Cina, nei vari settori, più successivamente le norme secondarie di attuazione, al tempo stesso si è proceduta ad una riforma del sistema di regolamentazione dei mercati. E poi una serie del mercato con una riforma sull'antitrust riforma del sistema di regolamentazione del settore assicurativo e bancario. Queste riforme stanno davanti con un rafforzamento, in qualche modo una restrizione dell'azione. Questo è stato visto in occidente molto spesso come si ritorna alla Cina di un tempo. Io ricordo che la storia del capitalismo occidentale è una storia in cui si alternavano momenti di capitalismo cosiddetto selvaggio all'inizio della prima parte dello scorso secolo, anche negli Stati Uniti, poi l'intervento di regolamentazione, l'intervento di antitrust. Più la Cina si apre al mercato più si apre anche al mercato degli investimenti stranieri, che non esiste un sistema di regolamentazione perché non esiste un mercato senza regolamentazione. Ecco qui che si gioca il discorso sul mercato, l'industria di Stato o non l'industria di Stato. Quello che in occidente si è detto circa un capitalismo monopolistico delle grandi giganti del tech, ma in occidente forse questi oligopoli catturano i governi lì non è accaduto. Ciò che si discute in occidente lì poi l'hanno fatto. Dirompere, per esempio, la potenza di fuoco di Alibaba, che oltre essere l'Amazono occidentale, poi diventava sistema bancario, sistema di pagamenti, è vero che bisogna l'iniziativa privata, ma la regolamentazione è molto importante allo stesso tempo quello che si imputava alla Cina gli aiuti di Stato. Non c'era il terreno di gioco uguale con l'Occidente, perché lì ci sono le aziende di Stato, ci sono gli aiuti di Stato, ma attualmente la politica industriale è arrivata perfino negli Stati Uniti, è arrivata in occidente. Il gioco sta cambiando completamente molte delle caratteristiche che, ovviamente in un contesto diverso che erano in Cina, adesso si stanno discutendo paradossalmente in occidente. Complicata, ma questi sono quello che si sta giocando in occidente poi in Cina. Una battuta su quello che ha detto il Basciatore prima, sul G7. Attenzione, non si parla di decouping, si parla di derisking. Questo termine sono inventate perché si sta tornando leggermente indietro quindi il consigliere di sicurezza nazionale, Sullivan, sul derisking c'è l'idea che si possa limitare il libero importazione delle tecnologie di frontiera, perché c'è l'idea della sicurezza nazionale. Ovviamente è un termine un po' vago questo può interrompere un processo di innovazione, non solo in Cina, che è andato avanti proprio perché fin quando c'è la libera circolazione della conoscenza e delle tecnologie. Nel G7 non c'era l'Europa. C'erano tre paesi europei su 27. In questo momento, finché non finisce la guerra in Ucraina, sono i tre paesi fondamentali storicamente in Europa, ma ricordando per sornoci, chi non ha un esercito non conta sul piano geopolitico, ma sul piano militare in Europa conteranno. Paesi dell'est, paesi baltici che rispondono più a Washington che a Bruxelles. Grazie, provostore. Le ho fatto fare straordinarie, ma non sono pentita. Allora, cominciamo da Gianluca Mirante. Magari lei all'orecchio di Xi Jinping faccia più o meno una parola? Deve fare più, una cosa in più o una cosa in meno? È una domandona questa. Soprattutto a rivolta a me, che insomma mi occupo di una cosa forse più commerciale. Hong Kong sta facendo un certo cammino, magari si può dire di non correre troppo. Il progetto e tutti gli atti che hanno costituito la Greater Beria, c'è tutto dal punto di vista dello sviluppo, della sostenibilità, dell'integrazione graduale. Quindi non si può dire nulla da quel punto di vista. Adesso Hong Kong si sta riprendendo dopo questi tre anni di chiusura. Io stesso andrò il mese prossimo, per cui ho anche io desiderio di toccare con mano che cosa sta avvenendo, però onestamente non vedo nulla, perché è considerata ormai, nella storia, 25 anni, gli abbiamo festeggiati lo scorso anno in questo periodo, 25 anni di rientro di Hong Kong alla Cina, quindi ora ne mancano 24, per la storia è nulla. Io direi che il processo è giusto perché l'immigrativa della Greater Beria porterà Hong Kong, deve essere sempre il fiore all'occhiello della Cina per i suoi trascorsi, per la sua facilità anche a livello commerciale. Non ci dimentichiamo che il 60% degli investimenti esteri diretti in entrate e uscita della Cina passano da Hong Kong. Quindi questo è un segnale concreto da dire. Direi di procedere così, non più cautela, perché c'è già cautela. Professor, vai, più diritto, meno diritto, meno cosa, velocemente. Ovviamente non ho un expertise per dare dei consigli che possono essere seguiti o utili, però io credo che quello che ha detto anche il professor Tria, ovvero una regolamentazione del mercato, una promozione di una economia mista ma regolamentato in un sistema globale multilaterale sia sicuramente una direzione tracciata che può essere perseguita in una rinnovata situazione di equilibrio potrebbe portare dei vantaggi alla Cina credo anche al resto del mondo. Grazie, grazie. Professor Noci, più o meno cosa? Anzitutto sono molto d'accordo con il professor Tria sul tema del G7, sul tema del dialogo, sul tema di andare oltre il Washington Consensus, gli accordi Bretton Woods e quant'altro. Quindi questo è fondamentale, cioè il mondo occidentale, come dico sempre, deve accettare che esiste qualcosa d'altro che in questo momento si chiama Cine, che va rispettata e che va accettata con cui dobbiamo dialogare. Punto a capo, è un dato di fatto quindi un eccesso di assertività da parte del mondo occidentale è strutturalmente sbagliato. Ne potremmo discutere, ma il tempo vedo è tiranno. E questo è un dato di fatto. Attenzione, adesso non lo dice Tria, Noci, per esempio Henry Kissinger, recentemente intervista dall'Economist, lo qualifica in modo molto chiaro d è qualcuno che qualcosa capisce di geopolitica internazionale. Questo è un primo elemento per sottolineare quanto corretto fosse quello che diceva il professor Tria. Sono d'accordo. La chiave di volta del grande esperimento che il cavalier Boseli evidenziava per il suo successo, cioè la più grande operazione di urbanizzazione della storia dell'uomo la più grande operazione di uscita dalla povertà, è un'operazione che si combina, usando le parole del professor Tria, una logica di Yin e Yang, tipica della cultura cinese, in cui c'è una politica industriale che era persa in occidente che seguivano questo tipo di politica industriale. Io credo che la ricetta stia ancora qui, in un mix tra politica industriale, obiettivi di lungo periodo la capacità di produrre quello che si diceva innovazione. Mi devo fermare? C'è ancora 12 minuti. Dico ancora una cosa, posso? C'è un tema, però, da cui non possiamo prescindere per completezza per coloro che ci sono qui presenti. Sono due fatti nuovi. Un fatto nuovo è quello demografico. È vero che sono un miliardo e quattro, ma è finito il dividendo demografico, cioè la popolazione cinese è rapidamente invecchia. Questo è un elemento di novità. L'altro elemento di novità è che in un discorso di politica industriale alla Greater Bay Area, ma ci sono molte cluster tecnologici che si sono costituiti in Cina, il Partito Comunista non potrà più avere, come lo ha avuto nel passato, un effetto volano giocato dei territori locali. Quindi, in qualche modo, quella che era paradossalmente più federale del mondo dovrà ritrovare nel centralismo una logica, una prospettiva a supporto del disegno che è il disegno di una Cina che nel post-Deng traguarda al 2049. Grazie, professore. Dulcis in fondo, Cavaliere Boselli, più o meno cosa? Più apertura, nel senso che noi dobbiamo riconoscere che negli ultimi anni c'è stata una certa chiusura della Cina. Allora, si può dire Covid-19, ma non solo. Quindi se devo dare un consiglio, aprirsi, avere il coraggio di aprirsi, ma questo è nell'interesse in primis della Cina. È un qualcosa win-win credo che possa bastare questa sintesi. Grazie, era proprio quello che io chiedevo. E vabbè, par condizio, professore Tria, più finanza, meno finanza, più strutture, cosa? Più o meno? Una roba veloce. Ognuno si deve assumere la responsabilità. In questo caso di essere Giovanni Tria. Più regolamentazione, se dovesse consigliare alle alte sfere in questo cammino verso il 2049, più apertura e meno, piuttosto che. Lei cosa consiglierebbe? Do lo stesso consiglio, se gioca molto la reciprocità, quello che accade nel mondo, noi dobbiamo consigliare all'Occidente. Molto spesso qui in Occidente qualcuno ti chiede da che parte stai. Io so da che parte sto, ma discuto quello che deve fare la mia parte. Non do consigli all'altra parte. Giusto tutto questo. C'è lo spazio per domande da parte del pubblico. C'è qualcuno che ha una curiosità o qualcosa da sottoporre ai nostri relatori? Buongiorno e volevo anche ringraziare per questo bellissimo intervento di tutti i relatori. Avevo solo una domanda. Ti può qualificare? Io sono Ghezz Alessandro. Sono uno studente al terzo anno di economia. Volevo solo chiedere, diciamo che la Cina sta creando tutte queste varie politiche di indirizzo e così via, ma come è che la popolazione sta percependo tutti questi cambiamenti anche di politiche e così via? A chi possiamo chiedere di rispondere? Mi sembra il più integrato in questo momento dal punto di vista del polso della situazione. Io devo dirle alcune cose, ma non solo del mondo dei giovani. Io vado in Cina dal 2000 in avanti quello che ho respirato nel tempo è una progressiva presa di coscienza orgoglio da parte dei cinesi per il fatto che dopo il secolo della Grande Emiliazione hanno ritrovato il ruolo naturale che aspettava la Cina. La crisi finanziaria del 2008 ha determinato un oiato nell'atteggiamento dei cinesi. In qualche modo prima del 2008 respiravo a tutti i livelli guardare all'Occidente e soprattutto agli Stati Uniti come punto di riferimento da seguire. Dal 2008 in avanti i cinesi hanno preso coscienza che via era un modello di sviluppo, per il sistema di valori, caratteristiche contestuali e quant'altro era una via diversa da quella occidentale. In questo senso i nostri studenti quando andavano in Cina respiravano uno straordinario ottimismo, una straordinaria energia e devo dire che molti nostri studenti non sono più tornati. Oggi i cinesi giovani come lei sono molto orgogliosi del paese in cui vivono. Sono molto orgogliosi perché si rendono conto di essere in un paese che fino ad oggi ha avuto dinamiche di crescita importanti hanno avuto la capacità di liberamente esprimere quella che era loro vissi imprenditoriale. Quindi in questo momento il clima che respira è estremamente positivo. Mi faccio dire, è proprio vero quello che diceva il cavalier Boselli. Cioè un altro tratto straordinario che è difficile riprodurre a parole qui a Trento e in Italia è quella straordinaria voglia di fare che lì si respira. Noi la vediamo nei bar cinesi, dove hai anche persone molto abbienti. Se gli palesi l'opportunità di un affare il sabato sera alle 22, alle 22.30 questi vengono lì e fanno l'affare. Questa è stata la Cina è stata quella straordinaria impulso che ha portato questo paese a crescere decine di volte nell'arco di pochi decenni. Grazie. Un'altra domanda in fondo, due, ben due. Ho visto prima il ragazzo. Ok, ora signora, è uguale. Buongiorno, sono Gabriella Centomo. Io sono un operatore economico di Vicenza. Frequento la Cina dal 1997 devo dire che sono molto contenta di aver trovato negli interventi dei relatori la conferma dei miei pensieri. Io volevo fare una domanda al professor Tria visto nel suo ruolo istituzionale. Mi richiamo a quello che ha detto prima l'ambasciatore, rivedere gli accordi che ci sono stati fatti sulla via della seta. Professor Tria, chiedo a lei una domanda visto il ruolo istituzionale che lei ha avuto nel nostro governo. Ma è possibile che i nostri amministratori delegati delle varie società che hanno firmato l'accordo sulla via della seta non abbiano avuto il benestare europeo? Se la sente, professore, di rispondere. Come è stato detto, è stato un accordo sostanzialmente simbolico. In quel governo penso che fosse quello che più conosceva la Cina aveva rapporti con la Cina. Non ero molto d'accordo sul firmare in quel momento questo accordo sia perché era il momento della svolta l'Italia non si poteva permettere sui mercati finanziari di essere attaccata, ma sia perché poi era un accordo abbastanza vuoto. L'Italia doveva partecipare all'iniziativa della Belt and Road Initiative, ma parteciparci come partecipavano gli altri paesi, cioè con progetti e investimenti. In ogni caso è stato firmato questo accordo e a questo punto credo che sia sbagliato ritirarsi. Ripeto, ero l'unico che non era d'accordo allora paradossalmente, ma non perché... Prima di quell'accordo avevo firmato un accordo di dialogo finanziario con la Cina che gli altri principali paesi occidentali avevano che l'Italia non aveva mai firmato. Vi dico solo una cosa, che al Ministero delle Finanze cinese c'era un ufficio che aveva rapporti internazionali con i paesi che avevano firmato questo accordo poi per tutti gli altri. Ci ha permesso di avere un dialogo con il Ministero delle Finanze d è quello che l'Italia deve fare. Adesso fare un gesto politico successivo, negativo, penso che sia la cosa peggiore, anche perché in quell'accordo l'Italia dopo non ha fatto nulla e abbiamo avuto il risultato brillante di far arrabbiare gli americani e i cinesi. Bene, un'ultima domanda. Buongiorno a tutti, sono Luca Salvemini, mi occupo di compliance in ambito finanziario. Volevo trattare un piccolo tema, cioè Taiwan, soltanto brevemente da due aspetti, uno reputazionale, la Cina non ha mai fatto una guerra negli ultimi 40 anni, uno economico, ovvero la deterrenza del blocco occidentale su eventuali sanzioni che in caso di guerra potrebbero essere applicate come queste poi si rifletterebbero sull'economia cinese. La domanda è, c'è una concreta possibilità che questo conflitto verrà a breve non sarà più una minaccia teorica più che effettiva. Può rispondere Mario? La palla di cristallo non l'abbiamo, quindi è impossibile rispondere in modo razionale in base agli elementi oggettivi. Il mio parere, ma è personale, è che non ci sarà nessuna guerra guerreggiata. Ma a titolo personale dico che per me entro dieci anni ci sarà un'unica Greater China questo verrà per linee economiche, di interesse economico. Quindi no guerra, si integrazione. Guarda, io direi magari sentire l'altra domanda perché c'è un'altra persona che voleva poi magari vediamo di dare più. Grazie e buongiorno a tutti. La domanda è legata probabilmente. Volevo avere maggiori informazioni riguardo a questo obiettivo 2049 se è un obiettivo nazionalistico dal punto di vista della Cina. Sull'obiettivo 2049 magari lo chiedo all'esponente cinese che è sul palco. Grazie. È italiano, ma cinese. L'apparenza inganna. Lei parla benissimo l'italiano. Adesso vi spiega tutto lui. Prego. L'obiettivo 2049 si basa sul sogno cinese. Quindi un'affermazione prerogative di un popolo che da una lunga storia ha avuto alti e bassi che vuole sicuramente emergere in tutti i campi. Io credo che si debba parlare di paesi, di nazioni, di paesi diversi, che possono essere differenti. Se vogliamo poi declinare il concetto nazionalismo in un senso di conflittualità, spero che non sia questa la direzione di qualunque paese del mondo. Grazie per questa... Abbiamo tempo per un'ultimissima domanda. Chi la fa? Sì. Adesso arriva... Forza, Brambilla, forza. L'ultima, l'ultimissima. È qui davanti, però. A dietro. Un problema che non è emerso nel dibattito, vado molto velocemente, è il tema della democrazia dei diritti civili. La democrazia sembrerebbe essere per la Cina quasi un impaccio a questo punto per il suo sviluppo. È un'impressione sbagliata che ho avuto? Io farei rispondere al professor Noci. Sì, sì, sì. Allora, noi dobbiamo iniziare. Noi come sempre viviamo una realtà filtrata. Vi do un dato di un sondaggio di cui citano sempre una parte e non l'altra. Su Taiwan, il 90% della popolazione di Taiwan non vuole l'indipendenza dalla Cina. Non vuole l'indipendenza. Quindi lo status quo è auspicato dai taiwanesi. È lo stesso sondaggio che viene citato, però è un altro pezzo. La seconda cosa è il tema democrazia. La semplifico in questo modo. Il sistema cinese vive di una combinazione di fattori. Il fatto che a livello locale tende a configurarsi piuttosto simile a una democrazia. Quindi il presupposto di fondo è che la gestione degli affari più operativi più spiccioli è un affare che può essere gestito attraverso sistemi democratici. Il tema invece di coloro che devono guardare ha politiche a 50 anni. Devono guardare molto lungo periodo che in qualche misura vive di un sistema platonico-aristostelico. Ci sono degli eletti che hanno la possibilità di raggiungere questo tipo di capacità. Quindi c'è all'interno del partito comunista un processo di progressiva selezione che dobbiamo qualificare e radicare rispetto all'impianto culturale in cui si inserisce la Cina, che è un impianto confuciano. Un impianto confuciano significa che i valori prevalenti di quella società sono ordine e gerarchia. Chiudo con una considerazione un po' naif ma che ci fa capire cosa pensa quel paese come noi non possiamo pensare di imporre il nostro modo di pensare a persone che per millenni hanno la Cina soprattutto. La mascherina non la mettono per proteggersi dai batteri degli altri, ma la mettono per evitare che i batteri dell'individuo che ha la mascherina infettino gli altri. Il rapporto individuo-società è invertito d è in questa chiave che noi dobbiamo cercare di leggere questo grande paese, che in nome di uno sterile principio, quello sì nazionalista e imperialista, che è di esportazione della democrazia, di ottenere il fantastico risultato che otteniamo dei sistemi ancora meno democratici per certi versi terroristici. Ogni riferimento è puramente casuale. Abbiamo a tempo scaduto spazio per l'ultima domanda. Sono Livio Martucci, mi occupo di analisi dei consumi attraverso Data Analytics. La domanda viene sentendo parlare della fervore dell'attività dei cinesi, 24 ore su 24. Allora ho pensato a noi, i paesi occidentali, che invece parliamo di lavorare 4 giorni su 5. Mi chiedevo cosa pensano i cinesi di questo nostro tipo di tendenza di discussione di valori. Chi vuole rispondere? Le dico una cosa, cosa pensano i cinesi con un fatto concreto della settimana prossima. La settimana prossima sarò in due o tre tappe in Cina gli appuntamenti più importanti di lavoro saranno a domenica. Confermo. Noi abbiamo la settimana della moda maschile, che è da venerdì al martedì successivo. Sabato e domenica non potremmo vedere le sfilate perché abbiamo fiordi delegazioni cinesi che vengono in visita. Grazie, vi ringrazio. Nel 2049, se c'è qualcosa che ci faccia vivere per 200 anni, forse non ci saremo, ma stiamo lavorando perché almeno le nostre generazioni possono avere un futuro migliore. Grazie a tutti. Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Grazie a tutti. Grazie a tutti. Grazie a tutti.
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