Bilanci d'impresa: non solo numeri ma visioni e cultura dello sviluppo sostenibile
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Bilanci d'impresa: non solo numeri ma visioni e cultura dello sviluppo sostenibile
Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa in dialogo con Giovanna Melandri, economista e presidente di Human Foundation, sul tema: “Bilanci d'impresa: non solo numeri ma visioni e cultura dello sviluppo sostenibile”. Il dibattito verte sul bilancio, visto non solo come un insieme di numeri ma come atto poetico: dentro il bilancio, infatti, c’è il racconto di cosa abbiamo fatto, ma anche la prospettiva delle cose che vogliamo fare.
bene, prima che il sole abbia ragione della nostra buona volontà, della vostra buona volontà, cominciamo puntuali. Ora certo il sole è bello è però fa anche un po' caldo, meglio il sole della pioggia, ma insomma queste scale sono ancora vuote e qui un poco di spazio di ombra c'è. Questo è un altro fatto poetico e i criteri della sostenibilità, come nasce forse come tutte le cose più divertenti nasce da una chiacchera potrei dire una conversazione se volessimo tirarcelo un po' come una chiacchera era una chiacchera tra Giovanna e me ragionando un giorno dei bilanci ambientali di simbola e così durante questa conversazione c'è venuto giocare, il gioco è fondamentale sul senso del bilancio, ora il bilancio tradizionalmente è un atto noioso, cioè adesso durante tutte le assemblage bene adesso guardiamo i numeri del bilancio poi c'è la reazione dei revisioni dei conti e la reazione diffusa tranne che per quelli che lo scrivono è che palle allora convinti tutti e due contemporaneamente del che palle ma anche dell'essenzialità dei numeri abbiamo provato a metterci un pezzo di contenuto più narrativo più discorsivo e così c'è venuta fuori questa cosa che se al confine del paradosso del bilancio come atto poetico che volevamo dire dentro un bilancio c'è il racconto delle cose che abbiamo fatto ma anche voler essere molto lungimiranti dentro un bilancio c'è la prospettiva delle cose che vogliamo fare bilancio come viaggio è sempre esagerando è sempre sul filo del paradosso e ricordandosi di valter beniamin ogni racconto è il racconto di viaggio e non c'è viaggio che non comporti un racconto lo abbiamo applicato il bilancio forse giovanna forzando un po' ma forse anche no perché il rendiconto è appunto storia e i budget sono avventura con una caratteristica non puoi fare grandi sogni a meno che quei sogni non abbiano una rispondenza in numeri e possibilità che è quello che tradizionalmente fanno anche le donne gli uomini di lettere che hanno però consapevolezza che tutti i processi aziendali non possono non essere misurati e la loro misurabilità è funzione della loro attendibilità così andando avanti ed è quello di cui parleremo dentro questo criterio della misurabilità ci sono due dimensioni almeno due dimensioni ce ne sono molte ma almeno due La prima dimensione è proviamo a misurare gli intangible e cioè le scelte culturali gli investimenti in ricerca informazione l'idea che le imprese siano attori culturali non perché mecenati ma perché le scelte culturali di un'impresa se è un brevetto e cultura se è una lega d'acciaio speciale e cultura se è acciaio green e cultura tutto questo va rendi contato a chi ci mette i soldi rendi contare alle cose che facciamo nei confronti di chi ci mette i soldi è un atto di responsabilità un atto di etica fondamentale quei soldi possono ssere soldi di una grande operazione speculativa ma possono anche essere i risparmi di coloro che hanno deciso di puntare su un'impresa mettendo lì quello che hanno risparmiato nel corso della vita i fondi pensione per esempio e la seconda misurabilità che fare con le scelte di sostenibilità se la sostenibilità non è un nice to have non è un orpello non è un fiocco non è una un elemento di packaging non è un dato narrativo di comunicazione ma se la sostenibilità è fondamento di scelte produttive competitive cco il nostro discorso nasce da qui dalla consapevolezza cioè di dover mettere tutte le scelte culturali e le scelte sostenibilità sono scelte culturali dentro la competitività delle nostre imprese per spiegare e così la finisco una cosa che sembra abbastanza bizzarra da dire ed è questa questo nostro paese sta crescendo conomicamente molto al di là delle aspettative undici per cento del ventuno ventidue uno due per cento quest'anno undici per cento in due anni è il ritmo di crescita dagli anni del boom conomico che era talmente sorprendente tra gli anni cinquanta e sessanta che lo fu che fu chiamato miracolo ora io miracoli non ci credo però quella cosa era davvero inusuale per un paese che fino a qualche anno prima era piccolo bovro provinciale e contadino e nell'arco di un tempo molto breve è diventato una delle grandi potenze economiche crescevamo del cinque per cento all'anno in quel lungo periodo in questi due anni siamo cresciuti nel cinque per cento più o meno sette per cento sette e passa per cento un anno tre per cento tre più per cento l'altro anno e quest'anno l'uno e due perché cresciamo tanto cresciamo tanto perché c'è una dinamicità delle forze produttive che nonostante tutti i vincoli del sistema paese esprimono prodotto interno lordo esprimono occupazione anche l'occupazione a dati molto buoni e però quindi come siamo consapevoli dei limiti del sistema paese e tre limiti del sistema paese per sempio c'è il fatto che uno studente su due quando esce dalla maturità non sa capire un testo non sa affrontare un calcolo appena appena complesso c'è l'affabitismo e ritorno che riguarda un terzo abbondante degli italiani e via via continuando allora la percezione la sensazione la preoccupazione che questo paese sia crescendo camminando come motore d'auto fuori giri ora tu puoi andare fuori giri ma soltanto per un tempo limitato forse un paese sotto stress può continuare a crescere ma a un certo punto si rompe che cosa dobbiamo scrivere nei budget mentali e poi nelle scelte di politiche economiche poi nelle scelte delle imprese perché la si smetta di stare fuori giri in questo atto poetico c'è anche un pezzetto della malinconia e della responsabilità giovanna Allora intanto buongiorno a tutti e a tutte sono molto contenta di avere questa occasione di confronto con Antonio su questo tema e vi ha già spiegato molto bene come è nata l'idea di questa conversazione sul bilancio come atto poetico non ci torno abbiamo anche come dire scambiato le nostre riflessioni con due piccoli articoli su che sono usciti sul sole 24 ore ormai un po' di mesi fa allora io vorrei provare intanto a dirvi perché ho trovato super interessante questa sfida come posso dire intellettuale ma anche quest'ardimento diciamo di provare a parlare di un bilancio aziendale come un atto poetico e provo a farlo partendo dalla mia esperienza perché quando ci siamo trovati con Antonio discutere di questo lo ricordava era la presentazione del rapporto di simbola io ero ancora al maxi adesso non lo sono più e e nei gli ultimi 10 anni della mia vita non vi voglio parlare di me ovviamente ma vi voglio parlare di perché sono convinta che che il bilancio sia un atto poetico gli ultimi 10 anni della mia vita io ho fatto due cose ho guidato al maxi e ho costruito nel 2009 una fondazione che si chiama human foundation che si occupa esattamente di questo cioè di come introdurre nella rendicontazione finanziaria delle aziende dei soggetti dei la capacità di misurare come diceva Antonio gli intangibili perché esiste ne abbiamo parlato anche ieri no esiste un movimento internazionale chiamiamolo della impact economy che prova a misurarsi con una sfida che innanzitutto filosofica poi molto tecnica anche perché la sfida filosofica è come misuriamo il valore a cosa diamo valore e quindi come trasformiamo il valore in numeri perché i bilanci si fanno che palle con i numeri allora vi ho detto queste due cose perché io sono quindi da una parte con human da 10 anni proviamo a utilizzare degli strumenti dei modelli di valutazione di impatto e di rendi di rendicontazione non finanziaria che si integri con la rendicontazione finanziaria e forse questo è stato anche nella nostro scambio uno dei punti non di discussione ma di che problematizza questa questa questione cioè come facciamo a far sì che le aziende io sottoscrivo tutto quello che ha detto antonia quindi non ci torno su che le aziende motore fondamentale della trasformazione dell'economia verso un modello generativo di valore e non strattivo come facciamo che le aziende superino quella dicotomia che è tuttora presente tra rendicontazione finanziaria e i bilanci sociali ambientali di sostenibilità allora dico subito una cosa vedo tanti ragazzi e mi fa tanto piacere dico subito una cosa che è un po il mantra di uman da dieci anni cioè noi non ci crediamo più in questa separazione cioè non funziona noi il nuovo modello economico non lo costruiamo con il bilancio da una parte la rendicontazione finanziaria che peraltro è ancora figlia di regole meccanismi il mercato dei capitali poi parliamo magari anche un attimo di finanza in realtà adesso ci stiamo nel sul piano come dire della singola unità aziendale no ma sono ancora meccanismi derivati per chi di voi ha studiato economia aziendale uno da una discussione da una riflessione teorica molto complessa che ci fu nel secondo dopo guerra che non teneva assolutamente conto delle esternalità delle come dire delle crisi che oggi stiamo invece e che e che ha impresso di sé una cultura aziendale molto ortodossa sulla dimensione economica quindi quindi prima primo assunto pensare di costruire la nuova economia con al centro la creatività la propensione all'impresa e la centralità dell'impresa senza affrontare il tema di come si misura il valore è un problema quindi il bilancio è un atto poetico perché in quei numeri dobbiamo come dire dobbiamo saper intravedere la generatività ambientale culturale di parità di genere di territorio insomma tutti i temi che sono alla base di questa parola per me ormai abusatissima che è sostenibilità poi vi dico anche che 10 anni come presidente del maxi mi hanno allenato a fare questo in effetti io sono un economista di formazione poi ho dedicato tanti anni della mia vita alle istituzioni e mi sono trovata negli ultimi 10 anni a approvare e a predisporre bilanci preventivi approvare bilanci consumtivi il maxi non vi voglio parlare del maxi è solo per dire diciamo così l'esercizio concreto della definizione di un bilancio perché comunque il maxi è una fondazione di diritto privato quindi diciamo regolata dal codice civile quindi il bilancio è un bilancio privatistico che assomiglia a un bilancio aziendale non sarebbe possibile fare per me questo discorso se io avessi diretto uno dei musei che sta nella pancia del ministero dei beni culturali invece è una fondazione di una fondazione di diritto privatistico e allora anche lì anche lì mi sono accorta che provare a fare questo sforzo cioè provare poi a trasformare a tradurre in numeri indicazione previsioni di spesa e di ricavi le come dire le funzioni culturali di quell'istituzione è stato fondamentale e quindi quando Antonio ha detto bilancio strumento poetico io mi ci sono totalmente ritrovata dentro allora come si fa però perché io credo che la cosa interessante da condividere oggi è sattamente questo no cioè voi sapete che c'è tutta questa riflessione a livello macroeconomico noi oggi stiamo parlando a livello microeconomico cioè a livello delle scelte delle singole aziende voi sapete che a livello macroeconomico da tanti anni anche lì insomma questo benedetto pill che cresce giustamente siamo dentro questa cornice come hai detto antonio prima insomma stiamo crescendo come hai usato una parola molto efficace che la crescita però non me la ricordo la parola comunque è una crescita sotto stress con motore cco era questo era una perdita sotto stress il motore a un certo punto sbarella quindi abbiamo un problema macroeconomico e il problema macroeconomico è di non guardare solo al prodotto interno lordo e quindi come sapete c'è tutta la riflessione sul io peraltro sono stata cresciuta accademicamente da un grande conomista che si chiama Federico caffè che ci insegnava già alla fine degli anni ottanta inizio gli anni novanta che il pil poteva ssere anche un idolo bugiardo se dentro al pil non guardavamo all'esternalità positiva e negativa c'è tutto un filone di economia del benessere che ha studiato questo ma direi che da questo punto di vista anche l'italia grazie a rigo giovannini e tanti che ne hanno fatto diciamo una battaglia abbiamo cominciato da affiancare a questi indicatori degli indicatori di sostenibilità mentre sulla scala microaziendale la cosa è ancora complicata però non è impossibile però non è impossibile soprattutto non è impossibile se io credo evitiamo di fare quest'operazione che è anche corretta sul piano come dire intellettuale ma che non ci porta molto lontano che quella della separazione della rendicontazione finanziaria l'ho già detto ma lo ribadisco perché sono convinta che questo è uno dei problemi rendicontazione finanziaria bilancio e poi questi bellissimi bilanci di sostenibilità in cui si raccontano le magnifiche sorte della dell'azienda le tante cose che è un'azienda ma anche con di servizio fa sui territori ma che non intreccia una un modello in cui si integrano queste due dimensioni e allora qui poi facciamo un po' avanti indietro qui vi voglio raccontare perché siamo nel rettorato e siamo dentro università che esiste che c'è una bellissima avventura ribadisco innanzitutto intellettuale filosofica e poi tecnica economica in corso che è questo modello tra l'altro pilotata dall'università di Harvard in particolare dal capo della business school di Harvard che si chiama Georg Seraphim che ha lanciato questo modello che si chiama impact weighted accounts quindi bilanci weighted pesati dalla dimensione dell'impatto con human noi lavoriamo molto sulla dimensione dell'impatto io preferisco parlare di impatto che di sostenibilità perché ho come la sensazione che questa parola si stia svuotando e allora lo sforzo è stato quello di costruire una matrice econometrica in cui tutta una serie di diciamo valori possano essere tradotti conclusivamente in numeri che entrano nella rendicontazione finanziaria pesata dall'impatto impact weighted accounts allora io ve lo segnalo perché è un processo diciamo così è uno sforzo teorico molto importante sostenuto anche dalle nazioni unite con un comitato scientifico internazionale in cui siamo coinvolti anche noi ed è coinvolta alla rete dell'impact investment mondiale io non so se sarà quello il modello a cui si approderà certo è che a un certo punto lo standard bisogna trovarlo e certo è che nel frattempo il tema della sostenibilità per me è precipuamente un tema di management e di gestione ecco è qui che diciamo ogni tanto c'è lo scarto no tra la tra il confronto molto teorico molto ideologico poi la messa a terra di questi modelli per me e per uman e chiudo su questo infatti nel frattempo finché lo standard internazionale non sarà uno standard condiviso riconosciuto e quindi anche scalabile quindi che potrà generare anche confrontabilità tra un'azienda l'altra noi usiamo un modello che si chiama impact management project che è open source lo potete scaricare stranamente si usa poco in Italia ma si usa molto nelle reti dell'impact investment internazionale e che come dice la parola stessa è un cruscotto cco usiamo ancora la metafora automobilistica è un cruscotto di cioè di gestione e quindi non è ti dico quanto sei bravo quanto sei cattivo ma dentro il modello dell'impact management project io riesco a spostare anche le scelte di un'azienda perché alla fine il bilancio è un atto poetico è un atto di previsione e diciamo la verità è un atto di visione continuo questo ragionamento col cappello del dipendente pirelli io lavoro in pirelli in pirelli abbiamo solo bilancio dentro questo bilancio sugli lementi che formano questo bilancio ci sono tutte le cose che riguardano la sostenibilità ambientale e sociale perché lo abbiamo fatto lo abbiamo fatto non soltanto perché questa ci pare che sia una tendenza del futuro e noi siamo un'azienda che ha fatto 150 anni l'anno scorso e ci piaceva raccontarci sempre con gusto di paradosso con una startup di 150 anni una startup perché va cambiando nel corso del tempo l'abbiamo fatto nella convinzione che le scelte ambientali culturali sociali adesso provo a semplificare velocemente che sono state fatte nel corso della storia della pirelli ma naturalmente non soltanto della pirelli vengono in mente le lezioni straordinarie di adriano olivetti e prima lui suo padre camillo le scelte fatte da l'iri in alcune stagioni le scelte fatte dal leni nella stagione di mattei le scelte fatte dai merloni a fabriano da tanti altri imprenditori nel corso del tempo siano produttive di capacità competitiva delle nostre imprese processo complicato perché una delle questioni che ci troviamo affrontare dentro pirelli azienda illuminata da questo punto di vista è quella degli uomini del marketing e del commerciale che dicono ma l'angar bicoca l'angar bicoca per chi non lo sapesse il più grande spazio di arte contemporanea in europa grande nel senso di dimensione importante anche dal punto di vista della qualità quanti pneumatici ci fa vendere l'angar bicoca quanti pneumatici ci fa vendere la fondazione pirelli che è l'archivio di 150 anni quanti pneumatici ci fa vendere il calendario o l'investimento in luna rossa o le scelte culturali che abbiamo fatto le sponsorizzazioni di festival musicali quanti pneumatici ci fa vendere l'aver affidato la progettazione di una fabbrica nuova settimotorinese a renzo piano perché facesse una fabbrica bella in mezzo a 400 alberici 10 questa cosa ci fa vendere più o meno pneumatici che è la risposta giusta che la domanda giusta che fanno quelli che si occupano della produzione e della vendita della produzione e la nostra risposta a cominciare per fortuna al vertice aziendale è stata ma noi potremmo essere il numero uno dei pneumatici alta gamma se non ci fosse un forte valore simbolico in quello che facciamo e potremmo avere un livello molto alto di qualità della ricerca che ci consente di essere più i dieci anni fornitori della formula 1 pneumatici più difficili da fare perché vengono fatti perché si consumino cioè in controtendenza rispetto all'uso di un pneumatico che deve durare al buco quali si devono consumare perché se non si consumano non fa il pit stop se non fa il pit stop non sorpassi se non sorpassi non c'è spettacolo ma per imparare questa cosa in contro senza in controtendenza abbiamo bisogno di avere un reparto di ricerche e sviluppo fortemente motivati su una sfida che non è soltanto una sfida tecnologica ma è una sfida intellettuale fare il contrario di sé e la risposta appunto è che non venderemo se non ci fosse un forte valore simbolico valore simbolico invece se esiste un'idea della realtà che va al di là del binomio produzione vendita e ritorna al binomio produzione vendita caricandola di valori valori sociali valori culturali valori ambientali per produrre valore economico che è detta con un titolo è quello che giovanna ha detto in modo molto più sofisticato e sensato è una tradizione nostra oppure è una caratteristica di fondo di una parte larga delle imprese italiane una tradizione storica delle imprese italiane invece mi guardo la storia dell'economia italiana trovo sia nell'ottocento i rossi in Veneto ma anche in Marzotto Isela a Biella questo territorio e poi Milano trovo una serie di esempi di imprenditori di imprese che sono riuscite ad avere una forte capacità di attrazione di intelligenze lavorando moltissimo sui valori sociali ma lavorando moltissimo anche su alcune cose che non sono così immediatamente legate al processo produttivo le prime biblioteche per i dipendenti in pirelli sono aperte nel 1929 perché perché la lettura non la lettura di cose tecniche la lettura lettura dei romanzi lettura delle poesie la lettura dei raccoti la lettura è un pezzo che qualifica l'essere persona e dunque nel rispetto della persona un lavoratore migliore cioè non un'intenzione da benefattori ma un'intenzione da produttori che misuriamo in termini di produttività e di competitività questa cosa vale per noi ma vale per una serie di altre imprese ed è lo stesso ragionamento che ha guidato un numero crescente di imprese nel progettare e nel fare seguire i nuovi stabilimenti architetti di qualità lo ha fatto zambon farmaceutica comichere de lucchi per fare un solo esempio che non sia quello di pirelli perché la qualità dell'abitare perché la qualità dell'abitare il posto di lavoro è direttamente funzionale al fatto che tu lì ci stai bene e se una ricerca ha bisogno di 10 ore per essere chiusa tu le fai le 10 ore poi certo segni le ore istradiario in più che ti vengono naturalmente e ampiamente pagate ma per poterle fare non è una risposta remunerativa ma devi stare bene nel posto in cui stai o per dirla in un altro modo giovanna non puoi produrre il meglio del made in italy in un sottoscala fumoso ecco questa consapevolezza che ha a che fare con la bellezza che è un fattore di produttività e di competitività è una dimensione che si va diffondendo e questo sta scritto in bilancio quando in bilancio scrivi parcella Renzo piano aumento dei costi della progettazione di renzo piano questo è un elemento che ti dice di una scelta di fondo che è una scelta umanistica umanesima industriale un'espressione ricorrente per quello che riguarda per fortuna un numero crescente di imprese la fabbrica bella come funzione della qualità del lavoro quanto vale questo anche dal punto di vista della riconoscibilità sociale e qui si ha per un ragionamento e ti ripasso la parola su questo che non è di micro ma è di macro da qualche tempo per fortuna da alcuni anni una parte è consistente la letteratura conomica ereditando anche la lezione di Federico caffè o rileggendo Keynes o rileggendo Franco Modigliani dice che è necessario rileggittimare il capitalismo o anche salvare il capitalismo da se stesso sono due modi diversi di vedere la stessa cosa perché perché se non ritrovi riconoscibilità di valori personali e di valori sociali dentro i processi conomici non avrai mai possibilità di crescita quilibrata è la lezione di Papa Francesco da un certo punto di vista ma è appunto la rilettura di una parte della letteratura conomica è il motivo per cui la sostenibilità finisce a modificare gli indici generali macroeconomici il BES l'indice del benessere eco sostenibile e a rileggere i bilanci aziendali dobbiamo lavorare sui valori per produrre valore dobbiamo cioè dare risposte a un cambiamento di paradigma radicale che per fortuna è già in movimento nel passaggio da quella che si chiamava la shareholder economy l'economia delle azionisti corsi di borsa profitti all'economia degli stakeholders e cioè di tutti i valori e gli interessi legittimi interesse è una parola importante non è una parola negativa dei consumatori dei dipendenti dei fornitori delle persone che abitano le comunità su cui incide l'impresa in questo passaggio la scrittura diversa degli elementi del bilancio fa sì che alla fine più lentamente quell'economia sia accettabile e anche un altro passaggio ed è un passaggio dal primato della finanza speculativa fare soldi per mezzogli soldi grid is good come diceva wall street uno dei film esemplari di quella stagione alla rivalutazione dell'economia reale alla rivalutazione delle fabbriche alla rivalutazione del lavoro produttivo perché molto più che nelle stanze strette della finanza speculativa le fabbriche i luoghi della produzione sono spazi in cui si incontrano persone valori attitudini conflitti progetti e dunque voci che quando scrivi un bilancio devi tenere in considerazione allora io intanto vi devo dire che mi fate tanto pena perché vi vedo proprio che vi state sciogliendo come delle candele qui c'è altra ombra lì c'è dell'altra ombra non ci potete salire non so comunque anche qui davanti qui sotto venite più avanti c'è veramente non c'è cioè vorrei vorrei che steste bene ecco non vorrei vedervi poi con l'insolazione quindi aspetta un attimo riprendere il discorso magari riusciamo a ecco bravissimi allora io riprendo la conversazione riprendo la con il sole sta inesorabilmente arrivando però vediamo se riusciamo a proteggerci riprendo la conversazione proprio sul livello macro che con cui chiudeva adesso nella sua riflessione Antonio allora dunque perché lui diceva l'intenzione no ecco se noi guardiamo all'impresa sotto questo profilo l'intenzione di un'impresa che guarda il suo bilancio come un atto poetico che cerca di registrare gli intangibili nel bilancio io penso la dico un po forte è l'intenzione di una agente del cambiamento e questa cosa è molto importante perché anch'io torno un attimo sul tema come dire dell'autoriforma del capitalismo allora il capitalismo ha vinto ha vinto io penso che sia anche una buona notizia peraltro ma queste regole interne della misurazione della creazione del valore che non sono in es come dire che non sono scritte sulla pietra non vanno più bene il rapporto mondiale che ha dato il via al movimento della finanza d'impatto dell'impact investment a cui io partecipo da dieci anni anche con human tra l'altro se volete sul sito di human potete scaricare tutti i documenti che volete quel rapporto aveva questo titolo anche che anch'esso un po romantico noi parliamo di bilancio atto poetico quel rapporto che indicava un obiettivo di investimenti mondiali considerati come investimenti ad impatto ovvero investimenti che guardassero rischio rendimento e impatto l'elica della finanza degli investimenti 3d si chiamava the invisible heart of markets vedi che the invisible heart of market cos'è questo cuore pulsante dei mercati intanto è un'affermazione che ci dice non basta the invisible hand non basta la mano invisibile dei mercati non basta damo smith non basta più quella logica di concorrenza tra interesse di relazione tra interessi individuali che genererebbe secondo l'economia neoclassica il l'ottimo sui mercati io dico anche da Keynesiana diciamo così nella fibra dico anche che non basta più Keynes però perché per chi ricorda diciamo una delle immagini più potenti del Keynes sostenitore della spesa pubblica degli investimenti pubblici c'è della crescita della domanda interna non la faccio lunga però a un certo punto Keynes dice perfino basta scavare le buche e poi ricoprirle perché quell'atto genera occupazione produce reddito eccetera cco la verità è che non basta più scavare le buche che noi dobbiamo dare qualificazione e caratteri generativi alla azione dell'impresa e allora ha fatto molto bene Antonio prima perché a collegarci con le riflessioni più generali perché io penso che se noi immaginiamo che la transizione nergetica la transizione ambientale ma anche il contrasto ai gravissimi processi disegualitari nella dimensione sociale che stanno avvenendo ieri ho partecipato a una conversazione molto interessante su questo tema sulle disuguaglianze sulla crescita delle disuguaglianze cioè qui uno dei grandi rischi all'orizzonte uno è il climate change e va bene la casa sta bruciando penso che non dobbiamo nemmeno parlarne dobbiamo semplicemente capire cosa fare per contrastare questo processo che peraltro è noto da 30 anni ma il secondo processo è che le classi medie che sono l'architrave delle democrazie liberali in tutto il mondo stanno svaporando quindi grande tema che diciamo climatico cresce delle disuguaglianze ancora una volta mi riaggancia le tue parole le bolle finanziarie 2009 non è un caso che tutto il movimento dell'impact investment tra l'altro io non vi devo raccontare i fatti miei però vi voglio raccontare questa cosa perché vi dà anche il senso come dire di una veramente di un movimento internazionale cioè io dopo domani parto vado a istanbul dove c'è i leadership meeting di questo di quest'organizzazione che si chiama global steering group for impact investment che raggruppa tutti i fondi che nel mondo stanno lavorando per questo nuova asset class di investimenti che si chiamano appunto finanziamenti impact finance allora antonio ricordava diciamo il il fatto che metterci in questa logica anche sul livello microaziendale significa anche lì c'è agente di cambiamento perché significa contrastare de facto il rapporto di una finanza speculativa senza collegamenti con l'economia reale con la produzione di valore reale io non penso che noi ce la faremo ma io sono come dire non voglio lanciare una un segnale come dire apocalittico ma io non penso che ce la faremo a fare la transizione ambientale la transizione sociale la transizione finanziaria da una finanza diciamo da quella turbo finanza speculativa a una finanza generativa di rendimenti chiaro non stiamo parlando di filantropia generativa di rendimenti ma che riconosce che i fattori da ottimizzare non sono più solo rischio rendimento ma sono rischio rendimento impatto e quindi poi si apre tutto il tema di come lo misuriamo questo impatto io non penso che che il mondo diciamo mi viene da dire libero perché poi c'è questo tema anche forse non è il tema di oggi ma insomma non possa fare queste tre transizioni semplicemente contando sul regolatori che ci vogliono su spesa pubblica che ci vuole su per altro scusate i meccanismi di misurazione di impatto sono decisivi per la per gli investitori sul mercato ma sono decisivi anche per l'investitore pubblico perché sia finanza pubblica che finanza privata devono introiettare questo meccanismo di valutazione di misurazione degli intangibili e della capacità generativa degli investimenti se no torniamo alle buche di Keynes e mi rendo conto che sto mettendo sul tavolo tante cose diverse però le buche di Keynes rischiano di essere il PNRR cioè se il PNRR che è la grande occasione ricordiamoci finanza a debito risorse a debito per investire con la logica della realizzazione degli obiettivi cioè il PNRR è un grande addestramento per il nostro Paese a lavorare nella logica dell'impatto perché non basterà portare in Europa le ricevute delle risorse pubbliche spese l'Europa ci chiede quali sono gli obiettivi che avete raggiunto che se mi sono spiegata ci siamo spiegati finora sattamente la dimensione poetica del bilancio cioè qual è l'obiettivo dove stiamo andando qual è la strategia e come misuriamo gli obiettivi se non facciamo questo rischiamo di tornare in una logica invece in cui tutto sommato basta spendere. Ecco volevo dare questi lementi di riflessione più macroeconomica più di finanza generale per tornare poi invece con una parola alla dimensione micro e dei nostri adorati bilanci poetici perché Antonio parlava l'umanesimo industriale peraltro il nostro paese è un paese che voglio dire ce l'hanno il sangue ce l'hanno il suo dna quell'umanesimo industriale ma voglio dire tu hai citato oliveetti ma torniamo anche non so al rinascimento torniamo alla formazione del mercato adesso quello che dobbiamo fare è essere un po' più nordici e qui è perfetto dirlo a trento cioè oltre all'umanesimo industriale noi dobbiamo immaginare rapporti sociali con in un modello di stakeholders engagement di capitale paziente che faccia delle imprese dei soggetti e degli agenti che trasformino anche il sistema del welfare del nostro paese quindi lascio lascio sottoscrivo tutto quello che tu hai detto su sulla bellezza sulla cultura voglio dire una cosa in più sulla dimensione sociale perché io credo che il bilancio come indicatore di una prospettiva è anche legato al fatto che l'aumento di procedure di welfare aziendale di stensione di coperture assicurative di offerta diciamo così cioè noi abbiamo un grande tema in questo paese che è il livello dei salari troppo basso il aree di diciamo assenza di dignità nella rogazione del lavoro e guardate che questo sarebbe un altro grande tema ma insomma lo vediamo oggi che cosa sta succedendo ci sono lavori estremamente decualificati e poveri e una grande fascia intermedia che rischia di essere una di quelle diciamo aree di occupazione che produce la lenta come dire la silent come si dice esatto la silent resignation anche in italia le aziende le aziende che sono sul confine e sul margine della rivoluzione dell'impact investment secondo me hanno una funzione molto importante non l'abbiamo detto l'altra volta ma anche su questo cioè offrire oltre a ovviamente compensi salari stipendi dignitosi ma tutta una serie di servizi di affiancamento di crescita del lavoratore della lavoratrice che fanno sì un po come tu dicevi sulla biblioteca cioè non è cioè fanno sì che anche l'impresa si fa carico della difesa del modello del welfare europeo perché guardate che questo è l'unico quadrante del mondo su questo finisco perché noi sull'europa insomma noi dobbiamo difenderla con le unghie con le denti con questa nostro questo nostro costruzione istituzionale uropea per con tutte le sue difficoltà con tutte le sue burocrazie con tutte le sue diciamo insomma incrostature ma se ci pensiamo bene l'europa oltre a essere l'europa del new generation l'europa della transizione intanto è anche l'europa unico quadrante del mondo che ha introdotto sul tema della finanza d'impatto che quindi c'entra in quello che stiamo dicendo ha introdotto un inquadramento giuridico per cui non si può alzare un fondo in europa e dire io sono un fondo ad impatto no in europa tu per ssere un fondo isg o ad impatto c'hai una compliance la famosa tassonomia vi ricorderete ecco e questa compliance piano piano sta entrando nella definizione del mercato tra pochissimo tra pochissimo nel 2025 le grandi aziende ma anche le aziende sotto 500 detti quotate in borsa dovranno fare la CSRD che è su cui io c'ho sentimenti misti lo dico lo dichiaro apertamente perché da una parte nega tutto quello detto finora cioè la CSRD è la rendicontazione non finanziaria e quindi ho sentimenti misti perché chiaramente non è ancora quell'approdoto della impact weighted accounts che invece secondo me è l'approdoto complessivo e come dire augurabile e definitivo però obbligherà come ha fatto la tassonomia finanziaria le aziende ha un auto riflessione su loro stesse e a guardare i loro bilanci a me piacerebbe molto su questo spenderò uman i prossimi anni diciamo così provare anche in Italia individuare 4 5 6 10 aziende perché le aziende che dovranno fare la CSRD in Italia saranno credo 6000 ma trovare dei champions dei campioni magari ti lancio la sfida vediamo ma trovare dei campioni che realizzino la CSRD non come un l'hai usato tu quindi mi sento di farlo anche io pallosissima obbligo comunitaria ma come un meccanismo per introdurre nel cruscotto di gestione l'idea dell'impact management a 360 gradi sulla dimensione ambientale energetica della chiusura dei cicli delle catene di fornitura del welfare del welfare sociale cioè farsi che l'italia che ha questo DNA che ha questa tradizione possa a tutto tondo a 360 gradi e dire questa azienda è un'azienda che produce valore che fa dei buoni rendimenti perché deve fare dei buoni rendimenti qui non vorrei essere mai fraintesa su questo ma che è dentro il tessuto sociale un agente del cambiamento perché il cambiamento è necessario ed è urgente abbiamo gli ultimi dieci minuti prima che il sole vinca e prima che scada il nostro tempo quindi cinque atteste Giovanna per un paio di considerazioni conclusive le mie noi abbiamo come avete visto giocato in continuazione sulla dialettica o sull'alternanza o sulla confluenza tra macro e micro lo dico come metodo a chi studia le cose vanno sempre viste nella loro complessità e nei loro intrecci tutto si tiene certo poi bisogna andare in profondità rispetto alla conoscenza ma se non si è in grado di leggere fenomeni interrelati tra la filosofia e la filosofia della scienza tra la matematica e la letteratura tra la medicina e l'ingegneria non si capisce niente del mondo in cui si avviene non si capirà niente del mondo in cui si avviene. Gli algoritmi chi li scrive? certo li scrivono i matematici ma un algoritmo scritto senza capire il senso dell'algoritmo non funzionerà mai o sarà un algoritmo oppressivo un algoritmo scritto da un filosofo da un letterato da un poeta da un cyber scienziato da qualcuno che sa di cyber sicurezza da qualcuno che sa di matematica da qualcuno che sa di sociologia da qualcuno che sa di diritto l'algoritmo del futuro responsabile è un algoritmo multidisciplinare. Il senso delle cose che abbiamo detto si può anche chiudere in questa frase la seconda cosa che vorrei ricordarvi è ha a che fare con la tradizione di questo paese anche tradizione una bella parola se tradizione non è custodia delle sceneri ma è culto del fuoco l'espressione bellissima non è mia sto citando Mahler la tradizione italiana tutte le cose che abbiamo detto Smith e Keynes e la grande letteratura economica hanno un padre che non è Smith. Smith ha un maestro lo sai benissimo e questo maestro è un economista italiano si chiamava Antonio Genovesi era napoletano in una stagione a metà del settecento in cui il luminismo era molto più fertile a Napoli di quanto non fosse a Milano certo a Milano c'era una beccaria i verri quella lezione legata al buon governo della cosa pubblica che ha molto a che fare anche con questo territorio Napoli era un luogo di straordinaria intelligenza fertile con parecchie figure eminenti uno si chiamava Antonio Genovesi l'altro era un abate, l'abbate galliani ecco per dirvi quanto pensava quell'illuminismo nei grandi salotti francesi nelle conversazioni con Diderot con Voltaire con D'Alembert gli illuministi milanesi non avevano accesso non sapevano neanche che sistessero ma i napoletani sì Genovesi e Galliani erano gli interrogatori degli scrittori dell' nciclopedia francese Genovesi scrive un libro che si chiama trattato dell'economia civile civile civis la cittadinanza anche lì per stare visto che siamo dentro il rettorato sulle cose di tradizione in latino i romani usavano due parole diverse per dire quello che noi oggi chiamiamo città dicevano urbs per dire dei palazzi i palazzi le strade gli difici l'imprastruttura materiale e poi usavano civitas per dire del senso di cittadinanza siccome i romani erano persone esatte il latino è una lingua satta la differenza tra il manufatto e lo spirito con cui si abita il manufatto è fondamentale l'economia civile l'economia che ha a che fare con l'essere cittadini cioè persone che hanno una responsabilità di dire i doveri civitas e comunitas sono due valori molto vicini civitas e comunitas sono quegli elementi che fanno scrivere ad Antonio Genovesi l'economia civile cioè un'economia che rispetta le relazioni di una comunità che progredisce adam smith usa genovesi come maestro dentro un elemento che di sottovaluta di smith e cioè l'idea che certo gli individui sono legati da interessi economici non chiedere al tuo macellaio di fornirti il cibo se non perché lo paghi ma dentro questo lemento smith introduce un altro concetto che è quello che sottovaluta e su cui poi cresce Keynes che è la simpatia siun e pathos avere insieme corrispondenza di sentimenti e sensazioni ecco Antonio Genovesi che era stato a lungo dimenticato durante tutto il corso dell'elaborazione economica l'800 dei primi e il 900 è stato riscoperto e sta dentro tutte le cose che stiamo dicendo che è divertentissimo sapere che in un libro della metà del settecento c'è tutto quello che stiamo dicendo anche quando l'idea dell'impresa non era così sviluppata come quella di cui stiamo parlando adesso l'economia circolare ai cui parla papa francesco sta lì la rilettura di Keynes sta lì la finanza di impatto sta lì tutto nel libro aureo di un illuminista napoletano di metà del settecento peccato per questo paese che i borbone fossero delle canaglie orrende che hanno strancato quel passaggio l'ho detto in modo molto piatto io sono molto meridionale metà siciliano metà milanese mettiamola così peccato che quella sia trastroncata e questo paese non abbia conosciuto quella fertilissima idea dell'economia civile che è la responsabilità la qualità il valore economico legato al sistema dei valori è tutto quello di cui abbiamo amabilmente Giovanni e io chiaccherato sinora la conclusione tua allora io chiudo con tre franco bolli allora il primo visto che stiamo così cercando le nostre radici dentro questo questo confronto voglio citare un altro italiano molto importante che era un frate mi pare domenicano però non ci giurerei adesso c'è un dubbio che nel 1490 più o meno fine 400 si chiamava luca paccioli inventa la partita doppia quindi l'italia è la patria della contabilità quindi io dico anche che possiamo provare a essere la patria della nuova contabilità e sono anche abbastanza convinta quella poetica e sono anche abbastanza convinta che tutta questa riflessione teorica filosofica e poi molto concreta molto pratica possa come dire germinare dall'europa allora e questo è il primo franco bollo il secondo franco bollo è ovviamente dopo la crisi finanziaria del 2009 vi riporto un attimo alla alla sfida della finanza isg e della sfinanza d'impatto questo movimento un movimento internazionale ad istanbul tra qualche giorno ci saranno fondi da tutto il mondo però l'europa è l'unico pezzo l'ho già detto che ha provato a introdurre una tassonomia per decidere che cosa significa essere sostenibili e ha dato anche una gradualità adesso non voglio entrare nel gergo anche se forse se siete studenti di economia mi potete capire cioè ha detto ok in base a in base a quanto spingi la finanza delica in quanto guardi intenzionalmente addizionalmente l'impatto che quell'investimento produce tu sei un articolo sei un articolo sette un articolo otto un articolo nove ok se sei un fondo articolo nove sei il più tra virgolette sostenibile o comunque il più generativo di valore ambientale sociale eccetera ora questa cosa il franco bolo è questo se facciamo sul serio e non chiacchere e non comunicazione non cioè poi bisogna farla la comunicazione però voglio dire non solo comunicazione i mercati registrano tutto questo in europa sta accadendo che ti ri dichiarato articolo 9 perché eri molto sostenibile non lo sei sarai declassificato e questo processo del downgrading della declassificazione dei fondi sg è uno dei secondo me migliore notizie ma non perché ci sono i fondi che vengono declassificati che mi dispiace nel senso che sarebbe meglio se fossero tutti compliant con quello che hanno detto ma perché vuol dire che il mercato sta cominciando a guardare sul serio ci saranno effetti reputazionali ci saranno gli investitori istituzionali che hanno finanziato quel fondo perché si era dichiarato un articolo 9 non lo ra ripeto non voglio entrare nel tecnico quello che voglio dire rispetto anche alla riflessione più macro conomica dell'invisible heart della simpatia e che la simpatia quando viene viene riconosciuta e individuata dal mercato diventa fenomeno collettivo cioè non è sono buono e sono quello che dico di essere che se volete è ancora più profonda anche come postura esistenziale del singolo dell'impresa del fondo cioè ti dico la verità e questo era il secondo franco bollo il terzo franco bollo che vi lascio per un dibattito al al festival dell'anno prossimo e questo tutta questa sforzo in europa e nel mondo di andare verso una diciamo mercato dei capitali che introietta la dimensione dell'impatto è nato ve lo dicevo prima dopo la crisi finanziaria ed è nato in un momento di globalizzazione dei mercati finanziari io mi sto molto interrogando in queste in questi giorni in queste veramente in quest'ultimo periodo perché noi siamo in una fase diversa noi siamo una fase di deglobalizzazione e in questa fase di deglobalizzazione questi strumenti sono degli anticorpi fondamentali per non chiudere i rubinetti verso per sempio emerging markets verso l'africa mi rendo conto che come dire laterale però non è del tutto laterale c'è noi in questa fase di deglobalizzazione e di ridefinizione del ruolo delle aree geopolitiche nel mondo credo che quello di cui abbiamo parlato oggi sia su scala macro che su scala micro sia uno dei modi attraverso cui difendiamo le democrazie liberali del occidente cioè cioè le democrazie liberali sono sotto attacco da tanti punti di vista da fuori vedi guerra in ucraina ma anche da dentro e questi strumenti sono strumenti che le rafforzano e quindi siccome io penso che le democrazie liberali per quanto imperfettissime perché non c'è mai fine al lavoro della crescita democratica però hanno bisogno della finanza d'impatto dei bilanci poetici della economia generativa per non implodere da dentro grazie
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