Beni pubblici globali, dalla sanità al clima: politiche nazionali o cooperazione?
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Beni pubblici globali, dalla sanità al clima: politiche nazionali o cooperazione?
L'intervento di Franco Bassanini pone l'accento sulla crescente contraddizione tra l'aumento delle sfide globali e l'inadeguatezza della produzione di beni pubblici globali. I beni pubblici stanno diventando sempre più globali a causa di fattori come il cambiamento climatico e i progressi tecnologici, ma le organizzazioni internazionali stanno perdendo efficacia. Bassanini suggerisce che l'Unione Europea potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel promuovere la cooperazione internazionale e affrontare queste sfide. Daniel Piccolo sottolinea l'importanza della sicurezza e della geopolitica nel contesto dei beni pubblici globali, evidenziando la crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina. Nicolas Veroneau ribadisce questa dinamica, sottolineando la mancanza di un piano chiaro e i rischi di un'escalation incontrollata. Maristella Botticini evidenzia come la transizione verso un'economia sostenibile offra opportunità ma richieda investimenti significativi e cooperazione internazionale. Federico Arcelli conclude che il futuro dei beni pubblici globali richiede un nuovo equilibrio e un sistema di cooperazione.
Il nostro canale è stato ricordato da un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'autore che ha fatto un'aut excellenti E dall'altra parte l'esigenza di una governance e dei beni pubblici globali che sono per loro natura globali e quindi interessano tutti e che influenzeranno il nostro futuro perché esplicano i loro effetti di generazione in generazione come abbiamo detto prima. Allora ci chiediamo se la gestione dei beni pubblici globali non richiederebbe forse uno sforzo collaborativo di tutti i paesi e forse politiche economiche più cooperative anziché politiche competitive. Il tutto soprattutto se consideriamo che le organizzazioni internazionali diciamocelo in questo periodo storico non sono propriamente efficienti in riuscire a governare i giochi. Ecco, questo è il dilemma che noi poniamo che ci piace come Isèa porre ai nostri ospiti che hanno in comune il fatto di avere esperienze accademiche in università di livello primario e anche esperienze di collaborazione con amministrazioni nazionali e governi. Purtroppo abbiamo a disposizione solo un'ora un'ora e un quarto per essere preciso, adesso è un'ora e c'è stato anche chiesto di dare spazio a qualche domanda dalla platea quindi anzi io vi invito a partecipare al dibattito e quindi io chiederò ai relatori di rimanere all'interno dei 10 minuti nei loro interventi. Inizierei con una voce italiana e darei la parola a Franco Bassanini che certamente tutti conoscete quindi io non devo presentarlo però vorrei solo ricordare che è professore di diritto costituzionale, è stato parlamentare ministro, presidente della Cassa di Deposito e Prestiti e ora tra l'altro preside la fondazione Astrid che è un notissimo tin tank italiano rispetto al quale Isnea non esiste diciamocelo. La mia domanda è condivide la considerazione che sui beni pubblici globali stiamo vivendo una contraddizione? Intanto prego di dirmi quando arrivo agli 8 minuti perché non vedo ci sono le bottiglie di mezzo. Le spostiamo subito? Particolando. No, non solo condivido ma mi pare che la contraposizione sia sempre più ampia e sempre più drammatica o tragica se vogliamo perché da un lato aumentano le sfide globali e le minacce globali non solo al benessere delle persone ma anche al loro diritto costituzionale. E le minacce globali non solo al benessere delle persone ma anche al loro diritto alla loro libertà e alla loro vita, pensiamo alle pandemie. Dall'altro è crescente la radicale inadeguatezza della produzione di beni pubblici locali perché si è, come tu dicevi prima, degradato il quadro della governance globale e della cooperazione internazionale e dunque la capacità di dare risposte in termini di assicurare l'offerta di beni pubblici locali. I beni pubblici sono sempre più globali a causa di un profondo cambiamento rispetto a qualche decennio fa che non è solo l'effetto della globalizzazione ma anche di cause oggettive. Il riscaldamento globale, il climate change ha effetti che non si limitano ai confini nazionali e non può essere risolto con politiche nazionali. Riguarda il pianeta nel suo insieme, 50 anni fa il problema era il problema dell'inquinamento dell'aria nella pianura padana, era un problema nazionale. Oggi è un problema non solo europeo ma globale. La stessa cosa, 50 anni fa avevamo l'epidemia, perché non c'era il trasporto aereo, non c'erano mobilità e scambi internazionali che rendono oggi un'epidemia suscettibile di trasformarsi rapidamente in una pandemia. Ma direi anche di più, gli sviluppi tecnologici e l'intelligenza artificiale rendono globali le minacce alla pace e alla sicurezza. Pensiamo alla guerra ibrida, pensiamo a quello che prima di morire ha scritto Kissinger sul rischio con l'intelligenza artificiale che persino la deterrenza, la politica di deterrenza possa a questo punto non avere più i suoi effetti. Peraltro gli sviluppi tecnologici richiedono l'impiego di materie prime rare che stanno in alcune parti del mondo e quindi possono essere sostenuti soltanto se c'è una equa condivisione di materie prime rare. Diventa globale il problema del freeriding, diventa globale anche il problema della distribuzione inequale di costi e benefici per la produzione di beni pubblici, prima era un problema interno ai singoli paesi, freeriding e distribuzione dei costi e benefici. Oggi diventa globale. Evidente quello che tu hai già detto, cioè la necessità di assicurare un multilateralismo rinvigorito, una crescente capacità di regole internazionali, di cooperazione internazionale, di istituzioni multilaterali rafforzate e di assicurare l'effettivo enforcement, compresa anche il ruolo che possono avere istituzioni di governo regionale, esperienze di cooperazione regionale nell'ambito di questa rinnovata cooperazione internazionale. Anche perché i costi di offerta di questi beni pubblici globali sono enormi, pensiamo alla transizione ecologica per cui si misurano in termini di trillioni di dollari e quindi c'è il problema del loro finanziamento. In realtà di fronte a queste minacce occorrerebbe a vedere bene una riconversione radicale dell'economia mondiale, quindi dei vari paesi. Oggi lo vediamo in riconversione in economia di guerra, abbiamo un esempio nella Federazione Russa, tutto l'opposto. Non solo minaccia la pace ma con effetti anche sugli altri beni pubblici globali. La guerra in Ucraina ha prodotto la riapertura di centrali a carbone, quindi si è visto questo effetto. Nel contempo invece, come tu dicevi, le organizzazioni internazionali stanno perdendo efficacia, la crisi dell'ONU è evidente, WTO, il G20. Io ero ministro quando si cominciò a parlare di uno shift dal G8, perché allora c'era il G8, al G20. Organizzavamo il G8 a presidenza italiana, io ero incaricato di istruirne la parte che riguardava le ICT, e io disse a Giuliana Amato che era il presidente che dobbiamo invitare necessariamente Cina, India, Russia, Brasile e per avere un paese africano Sudafrica. Sono i BRICS! Ma sto parlando del 1999, 1999-2000, gli invitammo, parteciparono a quello che era un G8 allargato su questi temi. Subito dopo Giuliana Amato mi disse, ma guarda, forse occorre una struttura tipo G8, ma che comprenda i grandi paesi in via di sviluppo. G20 oggi ha perso quasi completamente in questo mondo che torna a dividersi in blocchi, comunque torna ad avere contrapposizioni radicali, ha perso moltissima efficacia. Come si fa a correggere questa tendenza riegressiva che rischia di precipitare il nostro pianeta verso l'autodistruzione? Termini un po' forti. Arduo dare risposte, io non sono in grado di farlo, però c'è un punto da sottenere che mi pare appropriato in questi ultimi giorni che ci separano dalla elezione del nuovo Parlamento Europeo. Ed è che l'Unione Europea potrebbe svolgere un ruolo crociane, e dunque, a mio avviso, dovrebbe svolgerlo. Per molte ragioni, intanto è la regione del mondo dove la consapevolezza diffusa delle minacce globali al benessere e ai diritti della vita è più alta. Recenti indagini all'Europarlamento dimostrano che una crescente maggioranza dei cittadini europei chiedono intanto un potenziamento della produzione europea di beni pubblici grubali. Cioè chiedono che l'Europa faccia di più per assicurare la transizione climatica, il benessere, lo stato sociale, eccetera eccetera. E anche questo è interessante perché votano magari per partiti sovranisti, ma chiedono più beni pubblici europei. Poi l'Europa è sicuramente la regione più interessata a tenere aperti i canali della cooperazione internazionale, a difendere quel tanto di governance multilaterale che si è venuta costruendo nei decenni scorsi a partire da Bretton Woods, che ha fatto di più per tenere aperti i mercati, che ha più bisogno della libertà degli scambi nell'ambito di un'appropriata regolazione. E quindi l'Europa è interessata più di altri a difendere il multilateralismo regolato. E peraltro l'Europa è anche maestra, almeno in una cosa, cioè maestra nella capacità di indirizzare e incentivare mediante regole e incentivi la produzione di beni pubblici. Qualche volta persino esagera, cioè finisce a regolare tecnologie che non ha. L'Europa lo può fare. I segnali al momento sono contradditori perché abbiamo un'esperienza sicuramente positiva, momento della pandemia, con i vaccini, con Next Generation EU, con SUAR, però intanto sono beni pubblici europei mentre la dimensione globale. Qualcosa è stato fatto per esportare i vaccini ma insomma poco. Poi perché sono esperienze una tanto. Non basta l'articolo 120, sono basati nell'articolo 122 che lo consente solo in situazioni eccezionali. Invece ci sarebbe bisogno di farlo istituzionalmente. Temo che finché non arriveranno altre crisi drammatiche come la crisi pandemica, che è stata drammatica ma è durata poco e oggi è già dimenticata. Forse un game changer potrebbe essere l'elezione di Trump. Per l'Europa potrebbe essere un game changer perché potrebbe imporre all'Europa di fare scelte che oggi non riesce a fare, compreso quella di ragionare sulla possibilità di finanziare la produzione di beni pubblici europei in prospettiva globale mediante il ricorso al debito pubblico europeo. Tema che oggi è politicamente impraticabile, che solo uno shock esterno potrebbe rendere praticabile. Ci sono però delle condizioni perché l'Europa lo possa fare. La prima che io vedo, o l'ultima se volete, è che l'Europa lo può fare se riesce a darsi una forte leadership, cioè avere alla sua guida personalità dotate di grande autorevolezza e di una visione globale. Che poi siano il Presidente della Commissione o il Presidente del Consiglio Europeo, ma comunque non è importante, però se l'Europa non ha una forte leadership, non riesce ad assumere questo ruolo che io ipotizzavo, perché in realtà è necessario anche se molto difficile. Poi occorre che l'Europa si renda conto che la sua dimensione esterna è fondamentale e non può sostanzialmente renderla una cosa che è subalterna alle politiche estere degli Stati. Occorre una riforma istituzionale che superi il voto a maggioranza. Occorre rinunciare fermi la tutela dei diritti delle persone ad imporre la nostra visione della democrazia. Io sono convinto che la democrazia liberale sia la migliore forma di Stato, ma non possiamo pretendere nella ricerca di accordi e collaborazioni globali di imporre questa visione della democrazia. Poi, io penso, occorre affrontare in modo razionale il problema del confronto con la Cina. Su questo la posizione dell'Europa probabilmente non può allinearsi, mentre sulla difesa della sicurezza è essenziale l'allineamento con gli Stati Uniti nel rapporto con la Cina, perché noi non possiamo pensare a nessun accordo globale che non comprenda anche Cina-India. Gli Stati Uniti l'hanno capito a Dubai, nella COP28, che si è chiusa dopo un confronto, un dialogo forte tra John Kirby e il suo similare. Il problema è, la Cina è come la Russia, l'Iran, la Nord Corea, un pericolo, un potenziale nemico militare? O è un potenziale e anche reale rivale economico, politico, forse anche culturale, ma con i rivali economici, politici e culturali si fanno i conti cercando accordi, cercando di ripristinare. Certo, la Cina di oggi di Xi non è quella di qualche anno fa che andava Davos a sostenere con forza che occorreva ristabilire una regolazione multilaterale forte. Però il tema della Cina, secondo me, resta fondamentale. Grazie e ci fermiamo un attimo qui. Perché adesso sentiamo l'opinione degli Stati Uniti. Cioè cosa sta succedendo negli Stati Uniti rispetto a questo quadro? È proprio recentissima la notizia che i dazi sulle auto elettriche, prima parlavamo di auto elettriche nell'ottica del climate change, sono quadruplicati l'altro giorno e sono passati dal 25% al 100%. Quelli sulle batterie dal 7,7 al 25%. Sui pannelli solari sono passati dal 25% al 50% raddoppiati e potrei continuare, mi fermo, con l'obiettivo di difendere le industrie e i lavoratori statunitensi nei settori strategici per la transizione verde e per anche forse favorire il primato tecnologico del Paese. Non so se questa sia veramente la logica e comunque lo chiediamo a Daniel Hamilton che ci illustrerà il punto di vista degli Stati Uniti. Daniel ha lavorato a lungo e credo che lavori ancora con il governo americano in vari ruoli. È stato vicesegretario di stato americano per gli affari europei, quindi è una voce molto autorevole e di esperienza. E ora tra l'altro è presidente del Transatlantic Leadership Network e Senior Fellow dell'Instituto di Politica Internazionale della Johns Hopkins. E Piccolo Piccolo è anche un Senior Fellow di sé. Gli do la parola e lo ringrazio. Quando abbiamo pensato a globali prodotti, abbiamo pensato a globali problemi, più di 150 anni fa, quando erano creati nuovi accordi globali, per fare con il telefono, il telegrapho, il sistema metrico. Ci sono molte cose che sono state create a lungo tempo fa, che si possono considerare globali prodotti pubblici. La maggior parte del mondo è parte di queste, ma sono state organizzate in modo di standard, in modo tecnico, ma è stato il principio. Non è qualcosa di nuovo, è qualcosa che è stato in grado per un lungo tempo. Ma credo che ci sia stato molto difficile per quelle tipi di organizzazioni di prevenire se c'era conflitto tra i maggiori poteri. E ancora, se pensate, abbiamo avuto due guerre mondiali, e in alcune di queste instituzioni i meccanismi sono ancora preveniti, anche durante i conflitti. Alcune non. La Liga delle Nazioni non ha fatto così bene. All'ultimo del II° c'era un nuovo effetto per creare un nuovo tipo di instituzioni per fare anche con i problemi globali. Il sistema UN, le istituzioni internazionali, il GATT, le organizzazioni di prevenire, e così via. Ma molti altri tipi di cose, se pensate al sistema UN, include l'organizzazione di salute mondiale, l'UNICEF, molte cose che stanno cercando di fare con questi problemi che stiamo facendo. Ma, se siamo sinceri, per altri 40-50 anni, molte di questi effetti sono stati bloccati perché del conflitto. La guerra colpita un sacco di trattamenti globali che avremmo potuto avere durante quel tempo. E quindi, una lezione è che non si può ignorare la geopolita, non si può ignorare la sicurezza, e pensare solo alla economia, perché la sicurezza è come l'oxigeno. Non si pensa di questa cosa quando lo abbiamo, ma se non lo abbiamo, si pensa di questa cosa sempre. E penso che alla fine della guerra colpita un'altra fase in cui c'era un grande senso di speranza, soprattutto in Europa, l'Europa, il migliore beneficio del cuore della guerra colpita. E il notione, poi, è stato, penso, in gli Stati Uniti e in Europa, che possiamo ora pensare, in un senso globale, che c'era un movimento in cui i principi dei standard occidentali del sud erano così magnetici a persone quasi ovunque, che molte persone e paesi vogliono unire il nostro mondo. Quello che è stato il dinamico per il prossimo quartiere di secolo, questo paradigma di un sud magnetico, espandente, in cui i principi si avverrano in più. E che ci sarebbe un posto, non solo in Europa, per altri paesi, come vogliono unire, anche la Russia, potrebbe avere un posto in quel mondo se lo scegli. E nel contesto di questo, noi, insieme, abbiamo posto un grande conto. Abbiamo detto che questo avrebbe anche l'esterno a Cina. Noi abbiamo detto al momento, che la scelta era che Cina si riunisse alle nostre istituzioni, in particolare alla organizzazione di intercettare il mondo. E la visione era che il potere di questo inizierà a cambiare la società cinese, così che si lavorerà da dentro per creare più principi liberi, economia del mercato e così via, e per far vantaggi a la società cinese, e non solo per riuscire a riuscire al paese cinese. Credo che, magari, un decaduto fa, al stesso tempo in cui il signore Putin era invadito la Ukraine per la prima volta, c'era un senso, almeno nel Stato Unito, che abbiamo perso la scelta. Abbiamo perso la scelta. Che i cinesi hanno deciso, 20 anni fa, non ora, che in questo momento, in gioco, devono diriscere. Non decouplere, perché siamo così attaccati a un'altra, ma diriscere. Quindi, questa notione di decouplere, che è molto quello che la gente parla di, non credo che nessuna agenda politica di cui nessuno ha a decouplere. Sembra che hai preso il plugno da un'altra, ma nessuno fa quello. La conoscenza che abbiamo, le conoscenze che abbiamo, ogni uno di noi, con la Cina in particolare, sono così profonde e intensi, non si trattano di prendere il plugno. Anche i più radicali, penso, gli americani, i cinesi, come li chiamiamo, non si chiamano per quello. Ma ciò che stiamo facendo, è ridefinire i termini della nostra interdependenza. Questa è la nuova debattica. Come potete fare con queste problemi globali mentre siete così interdependenti con l'altro? E la nostra interdependenza fa che tutti siamo molto incontrivoluti, anche i cinesi. E quindi, in mia vista, se pensate alla Cold War, che è governata da un principio semplice, non so se questo si tradurrà in italiano, ma lo provo. Nella Cold War, la standoff, la standoff nucleare tra il sud e la Unione Sovieta, era chiamata MAD. E' una destruzione mutuale assurda. Siamo saputi che, se oltre i cinesi si arricchivavano ad attaccare con le nuove, usare le nuove prima, tutto era scomparito. E questo, per molti, ha mantenuto il mondo sicuro. Non è sempre stato critico, ma in fine, questa era la doctrina. Io vorrei parlare oggi di una nuova mazzetta, una nuova doctrina, con la Cina. Ma non è una destruzione mutuale assurda, è una dependenza mutua, asymmetrica. È ancora mazzetta, ma è diversa. E quindi, siamo in grado di essere entretornati, e per questo il termine decouplimento non funziona. E per questo il Presidente von der Leyen ha scoperto il termine del rischi, che si è abbracato il Presidente Biden, che si è abbracato il G7, i cinesi non piaceva il termine, ma lo hanno inventato. 20 anni fa, non un paio di anni fa. Quindi, mentre c'è un grande focus sull'Unione Stata, ci stiamo giocando. Quindi, al turno del secolo, il governo cinesi ha deciso che il tavolo e di eseguire i risultati statali in quanto a questo tavolo era di aumentare la dipendenza di paesi westerni su Cina, e di decretare la dipendenza di Cina su quei altri paesi. E hanno sistematamente provato, a base di un serie di programmi diversi, di eseguire i risultati di un sistema leninista a certi settori dell'economia che si promuovono, e che si sono sospettati, molto di più, di tutti noi insieme, e di creare questi tipi di campioni, se volete, che sia in modo da aumentare la dipendenza di altri su quelli e di aumentare la dipendenza di quelli su quelli alti. E quindi, penso che sia il nuovo debattimento, se potremo di ogni uno di noi riscaldare in modo che ci permette di fare anche alcune cose insieme quello che pensiamo sia importante. Quindi, in un po' di tempo mi raccoglio, penso che l'Immigrante della Biden, informamente, si chiede cosa significa il rischio del rischio. Si dice che ha tre pezzi, tre componenti, protegerlo, promuovere e partner. Questo è quello che dicono, informamente. Io dirò che Cina non usa quel termo, o quei tre, ma è anche quello che fa Cina, con le caratteristiche cinese. E io vorrei dire, francamente, che l'Europa fa esattamente la stessa cosa, protegerlo, promuovere e partner con le caratteristiche europee. Quindi, facciamo cosa stessa, ma facciamo cosa stessa. E quindi, la domanda è, come interagiscono con l'altro? Ho detto, il sistema di protegerla cinese è molto stabilato, molto profondo, e è in passato. È sinergistico con gli effetti di promuovere, di promuovere l'industria cinese, di promuovere i standardi cinese, e così via. E poi c'è un elemento di partner che ha Cina, che è creare un set di allianze che non sono globali, che, in effetti, si sfondano i regimi globali per creare un sistema diverso, basato su diverse norme. Le partite di protegerla, di promuovere, e di partner, sono, ti ho detto, le tarife. È per provare a prendere alcuni strumenti dell'economia che sono strategiche, in cui c'è una credenza che, a causa delle azioni cinese, le Stati Unite sono in pericolo di perdere la loro tecnologica, o che ci sono aspetti militari che Cina è vincendo dal suo open flow di conoscenza. E che, come l'adviso della sicurezza nazionale di nostra parte, si chiama il piccolo piovo e la fensa alta, si fensa da certe tecnologie, non la tutta l'economia, non è un protettorio in questo modo, ma lo fai con un obiettivo strategico in mente. Non è un protettorio in un pochino, ma in certe zone che sono strategiche. La promuovere è fare una cosa simile in termini di sostegno, promuovere quelle industrie che sono stati strategiche, o che devono restare strategiche, quindi manteneremo il più di una partita possibile, a causa delle avanzate tecnologiche. E quindi è dove vedete cosa succede. C'è un grande debattimento in Europa e una fichezia, che mi sorprende sempre, è quello che si chiama l'Inflazione Reduzione dell'IRA, ma è trascenduto il punto che l'IRA è solo un pezzo di quattro parti di legge, il più grande paese di legge in la storia americana da Planck e Roosevelt per riposare gli Stati Uniti per un mondo molto diverso, un mondo di disrupzione, non un mondo di democrazia ever espandente. Abbiamo lasciato quel mondo. Nella storia dei Stati Uniti c'è un consenso bi-partito. Quello è finito. Penso che in Europa stai debattendo se è finito o no. E la domanda è se ci posizioneremo per questo nuovo mondo bene o se stompermo e non capiremo cosa succede con noi. E questo è quello che è. L'IRA è solo un pezzo. L'ACIPS e il Scienze è un'altra grande forza di capacità americana. La terza è l'Infrastruttura Act, 1,2 trilli di dollari per riparare l'infrastruttura americana. Ho sempre sentito i miei amici in Europa che vengono all'Unità dei Stati Uniti e dicono, non puoi fare qualcosa per questa infrastruttura di colpimento? Sì, lo facciamo. E il plan di riscuo americano era il post-pandemia come la fattoria di rivoluzione europea. Se li mettete insieme, è un'idea comprensibile di come l'Unità dei Stati Uniti sta cercando di posizionare la stessa. E poi l'elemento del partner è creare diversi modi di nuove allianze e nuove regime, anche con l'Unità europea, ma anche con molti altri partner che non esistono prima. Vi vedete, molto di questo in l'area Pacifica Asia, per creare un nuovo tipo di partner che sono molto diversi, che possiamo parlare di, se volete. Il partner include il partner con la Cina. Siano riusciti a capire che la relazione era andando così male che li hanno messo un pò sotto e hanno cercato di identificare le zone in cui potete parlare con l'altro e cercare di trovare alcuni modi per avviare. Ma è difficile. Il climate change è uno di questi. I droghi sono altri, i droghi illiciti. I militari cinesi parlano con l'altro ancora, perché si tratta di un rischio di miscalcolazione. La stabilità finanziaria, il Treasurio di Segre, era solo in Cina. Ci sono un sacco di gruppi così, puoi parlare di quale effettivo sono, ma c'è un pò sotto la relazione. E finisco con dire, credo, lo lascio ai miei colleghi europei per dirmi, ma credo che l'Unità europea sta facendo lo stesso. L'Unità europea è venuta con un nuovo set di strumenti per proteggere i tariffi sui VV. La Commissione sta facendo lo stesso in poche settimane. Quindi siamo avanti da voi in la notte, ma non in termini di cosa succede. Quindi ci sarà. Tutto il strumento anti-corrosione, tutto ciò che l'Unità europea ha fatto, è molto simile in questo modo. La agenda di promuovimento è molto simile. Tutto l'instituto europeo che ho visto compare le sostanze europeanie con le sostanze IRA, sono circa le stesse. Non è come se l'Unità europea non fosse fatto qualcosa di estremamente freddo. Il problema con la RRA per molti europei è che ha alcuni elementi discriminatori. Ma anche ciò che si potrà fare è tagliare le emissioni di gas nel Reino Unito da 43% fino a questo decaduto. E ancora, gli europei dicono perché gli americani non fanno nulla per il cambiamento climatico? Questo è il più drammatico per la nostra metaura di emissioni che abbiamo mai avuto. E quindi ci sono altri motivi per questo. E finalmente, l'effort europeo sui partner. L'Unità europea sta anche andando a creare tutti i nuovi tipi di partner come lo restiamo. E, ultimamente, pensate che all'Atlantica, se mettessi le nostre esercize insieme, avremmo un po' di peso in questa competizione di rischi. Ma ci piace spendere le nostre time squabbando con l'altro e prendendo questo o quello scabolo di l'altra parte, invece di capire che se non possiamo tornare in un posto in cui possiamo iniziarci a parlare di grandi sfondamenti che facevamo, globalmente, per il tuo punto, avremo un standard cinese. Penso che sia la nostra scelta. E penso che sia la debatta dell'Unità. Abbiamo una polarizzazione grande, come lo sapete, nel nostro paese, quindi non parlo in un modo americano. Ma penso che sia un sentimento bipartisano che ho cercato di descrivere e che spanica il spectrum politico dell'Unità in modo che non sia un problema di chi sei. Grazie. Io credo che Daniel ci abbia dato moltissimi spunti, assolutamente molto importanti sui quali riflettere, però io continuo a purire il problema della competizione, sui beni pubblici globali, naturalmente. E quindi volevo chiedere a Nicolas Veronne se secondo lui i giochi che prevarranno saranno dei giochi win-win in cui riusciremo a migliorare complessivamente la situazione. Sto sempre riferendomi solo ai beni pubblici globali, perché poi le altre problematiche sono molto da vedere singolarmente in modo più approfondito. Oppure se stiamo andando verso dei giochi a somma zero in cui un paese che compete con l'altro uno vince e uno perde e il risultato è zero. Oppure win-win. Nicolas Veronne è co-fondatore signor fellow della Bruegel a Bruselle, signor fellow del Peterson Institute for International Economics a Washington, con focus principalmente sull'Europa. Quindi forse ci può dare la sua opinione su comunque che tipo di questo sviluppo delle dinamiche dei rapporti tra i paesi a livello globale o a livello di diciamo di singoli accordi da che parte stanno andando? Grazie. Grazie tante perdono che vado a parlare in inglese. Grazie per gli organizzatori. È la mia prima volta al festival di Trento. È un grande privilegio. Sono anche consapevole del tempo. Spero che avremo tempo per le domande dell'audience, quindi cercherò di essere successivi. E come hai detto, lavoro in due organizzazioni. Una è in Bruselle, l'altra in Washington. Questo mi dà un'opera da un'opera di più. Non spendo abbastanza tempo in Asia per avere una vista globale, ma cercherò di canalezzare una parte di questo. Come ho detto, sarò molto successivi, perché vorrei che ci sia una debattia. Ma penso che la presentazione eloquente di Dan se niente, non si è piaciuta alla rivoluzione e dell'antagonismo tra l'U.S. e ora. Questo è l'issue che dominia ogni discussione globale e pubblica, e non va bene. Non voglio farmi parte della discussione di chi ha iniziato, perché è futile. Penso, scusa per le due, ci sono delle determini molto hostili e attituti in Cina contro l'U.S. Sono delle attituti molto hostili che noi europei tendiamo a vedere come irrazionali, a volte racisti, assolutamente misguidi contro la Cina. E questo deteriora per, non lo dirò al giorno, sicuramente per il anno, ed è iniziante evidente che la fase currenta di l'antagonismo acuto è iniziata da Trump nel 2018, non c'è un'improvementazione sotto Biden, che non significa, ovviamente, che un'elezione di Donald Trump non risulta in ulteriori deteriorazioni, che credo che forse possiamo discusere. Penso anche, Danny, e questo è per il sacco del dibattimento, perché andiamo in un modo molto lungo, e abbiamo avuto molte debette, che hanno overplayato il livello di consistenza di entrambi l'approccio dell'U.S. e dell'approccio della Cina. Queste sono due tine, che si riempiono in un precipice. Non sono in controllo del tempo delle vetture. In realtà, c'era un sviluppo molto interessante l'anno scorso, quando questo evento di ballone, che era un po' ridicolo, creò veri obstacoli e non si riempiva di una discussione di crescita tra l'U.S. e la Cina. Questo era un ricordaggio per gli uffici, penso, che questo era un'elettrica di controllo molto rapidamente. Ci era un po' di forza nel lato del anno. Lo so che l'Ammunizia dell'U.S. diceva che tutto questo era per il propietà e molto organizzato. Penso che fosse più caotico di quello. Ma ci era un forza ma non è abbastanza. E vediamo che ora abbiamo un altro ciclo di tariffi sloppati. E, scusate, i tariffi europei non saranno al stesso livello che i tariffi dell'U.S. e saranno compatibili al WTO, inoltre al U.S. Quindi, quando parliamo di prodotti pubblici globali, è una grande differenza. Ma penso che questo non è controllo. Non c'è un plan. C'è una dinamica, una dinamica di un'imparazione e se non c'è una leaderazione che lo stoppa, e a questo punto non c'è un modo di vedere questa leaderazione in Cina o in l'U.S., finirà molto male per tutti noi. Mi dirò anche che nessuno dei due campi, e sto mettendo troppo simetria tra loro, ovviamente qui, perché noi europei siamo alli con l'U.S., lo vediamo in Ucraina, ma non siamo Cina, non siamo l'U.S., quindi dobbiamo pensare indipendentemente quando questi due sono inoltre antagonisti con l'altro. Nessuno dei due campi pensa primariamente sui alli. Siano a pensare sui alli, perché sanno che hanno bisogno di alli, e il resto del mondo è in gioco. Quindi, ogni uno di loro è in grado di raggiungere il resto del mondo per ottimizzare, per ottimizzare la coalizione. In realtà, per entrambi l'Europa è fronte e centro. Se pensate alla strategia di belte e ruote, la strategia di belte e ruote è primariamente una visione euro-asiana. È una strategia di connetterci a due strade dell'Urae. Da quel punto di vista, la guerra in Ucraina è un disastro per la strategia di belte e ruote, perché si taglia esattamente nel centro. Per la Cina, la relazione con l'Europa è molto importante, perché pensano che se possono avere una relazione amicita con l'Europa, che aiuta enormemente in loro rivoluzione con l'Urae. E, come ha detto Dan, correttamente, lo stesso a un grande punto è vero per l'Urae. L'Urae ha questa visione che se siamo insieme contro la Cina, possiamo scegliere. Per gli europei, ovviamente, non chiediamo l'antagonismo tra l'Urae e la Cina. E questo è qualcosa che crea molte difficoltà per noi. Quindi, in base, parlo, e voglio essere breve, che nessuno ha un plan. Siamo alli con l'Urae sui valori, come tanto l'Urae mantiene quei valori, quindi la committenza dell'Urae alla democrazia e alla regola del luogo è importante per questa allianza. Siamo alli con l'Urae sull'Ucraina, come tanto l'Urae è a nostra parte sull'Ucraina. Siamo sulla parte dell'Ucraina. Questo è vitale per l'Europa. L'Urae è sulla parte dell'Ucraina, è meno vitale per l'Urae che per l'Europa, ma è importante per l'Urae. A questo punto, questa allianza è molto importante. Si informa delle attitudini european vis-à-vis la Cina. Penso che non ci sono questioni che le attitudini european vis-à-vis la Cina abbassano drammaticamente le ultime 5 anni. Penso che non è prima di tutto perché del comportamento della parte cinese, ma prima di tutto perché della guerra in Ucraina e perché abbiamo questo interesse vitale per preservare la nostra allianza con l'Urae come tanto possibile come le circostanze permette. Non mi stiamo a partire qui e spero che debattiamo. Grazie. Grazie molto. Sono la professoressa di economia politica e consulente economico che opera tra Londra, Parigi e Bologna e le chiederei abbiamo parlato di Europa, abbiamo parlato di Stati Uniti, abbiamo parlato di Cina e ci mancano i paesi in via di sviluppo, ci manca tutto il resto del mondo. Quindi come possono oporsi questi paesi che hanno una diversa capacità produttiva, un diverso reddito, come potranno oporsi in questa dinamica, in questa competizione? Grazie Maristella, buongiorno a tutti, cerco di essere telegrafica, per Rieko e Nicola vorrei che ci fosse spazio per il dibattito. Quindi cerco di rispondere alla tua domanda in maniera un po' diversa, da un punto di vista diverso. Innanzitutto vorrei ho proprio tre punti. Il primo è che i beni globali sono sempre esistiti e c'è già stato ripetuto. 80 anni fa festeggiamo quest'anno l'ottantesimo anniversario della conferenza di Bretton Woods che ebbe il compito di ristabilire l'ordine economico, politico e strategico dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dura e si era ancora durante la guerra, però l'obiettivo era quello di pensare al mondo dopo la guerra e soprattutto creare un'economia dove non ci fossero gli errori, il protezionismo in particolare, che furono fatali durante il periodo fra le due guerre. Quindi la conferenza si fosse il problema della crescita economica e della domanda aggregata e dei beni pubblici che servono a sostenere crescita e domanda aggregata in particolare. Finanza di sviluppo e l'istituzione che venne creata fu la Banca Mondiale. Stabilità finanziaria, Fondo Monetario, commercio internazionale, quindi aperto e liberalizzato con regole, ovviamente da rispettare e venne creato quello che era poi l'antesignano di quello che oggi abbiamo l'Organizzazione Mondiale del Commercio, non creato Bretton Woods, ma in qualche modo discende da Bretton Woods, e quindi è stato creato in qualche modo discende da Bretton Woods, stabilità e sicurezza, quindi sistema delle Nazioni Unite. Non parlo dell'istituzione, perché ne parlerà Federico Arcelli, però questo fu quindi, i beni pubblici esistono. L'ambiente non era così forte, perché poi, comunque i beni pubblici rimangono, ma si evolvono e si evolvono le problematiche intorno ai beni pubblici. Secondo punto, oggi ci sono i beni pubblici, in particolare i cambiamenti, appunto all'interno anche delle nostre società, dell'ordine economico e mondiale, cambiano anche il modo in cui noi, i beni pubblici vengono protetti e i rischi che ci sono intorno ai beni pubblici, penso innanzitutto alla stabilità finanziaria, ma soprattutto all'ambiente. E quindi, oggi l'ambiente e la necessità imperativa di proteggere l'ambiente e mitigare il rischio crea l'opportunità di creare beni che sono strumenti per rispondere a questo imperativo. Quindi l'auto elettrica non è un bene pubblico, è uno degli strumenti che servono per mitigare i cambiamenti climatici. Allora intorno a questa transizione si stanno creando opportunità importantissime, opportunità industriale, opportunità finanziaria e ovviamente chi come coglia questa opportunità avrà in mano il futuro. Own the future. E questo è veramente il terreno di sfida. Chi possa fare questo? Chiaramente ci vogliono forti investimenti, capacità innovativa, capacità di ricerca, talenti e competenze e soprattutto appunto, ripeto, forti investimenti. Chi riesce a fare questo in sostanza sono tre protagonisti, sono gli Stati Uniti, l'Europa e la Cina. Quindi paesi in via di sviluppo, questo è un cambiamento sistemico. Ed è la fonte su cui oggi ci si in qualche modo ci si scontra. Perché appunto trenta anni fa, vent'anni fa, quando si parlava di globalizzazione, cioè di integrazione economica, facevamo conto con un concorrente su produzioni a basso valore aggiunto. Cioè, facciamo in sostanza, manifatti a basso valore aggiunto. Chiaro, una concorrenza per un paese come l'Italia, che si trova con un'interscambio un po' con la Cina un po' sovrapposto. Ma chiaramente non per i grandi paesi industrializzati, non per gli Stati Uniti. Oggi lo scontro è invece su un terreno altamente tecnologico e altamente importante per le sviluppi futuri. Questo è punto numero 3, cosa facciamo? Allora, io non so poco di auto elettriche, però vi faccio un esempio invece sulla stabilità finanziaria. Il sistema di pagamento digitale e l'uso della moneta digitale emessa nelle banche centrali. Dove la Cina oggi ha un vantaggio rispetto agli altri paesi. L'Europa sta facendo molta ricerca e molta sperimentazione con la banca centrale europea, però la Cina è molto più avanzata. Allora, qui abbiamo un problema. Chi determina il futuro sono i paesi che controllano gli standard, controllano le regole. E quindi all'interno dei pagamenti digitali è importante che troviamo in qualche modo un modo di cooperare proprio su questi standard e proprio su queste regole per evitare la frammentazione. Dan ci ha parlato di the risking, ma l'altro aspetto, l'altro lato della medaglia, è la frammentazione. C'è il rischio che noi, giustamente per creare meno rischio, soprattutto per essere meno vulnerabili, questa è la lezione che abbiamo imparato con la pandemia e con l'instabilità geopolitica, che probabilmente eravamo troppo fiduciosi in questa integrazione che è una situazione anni 90, inizio anni 2000 in cui si pensava che le catene del valore fossero inattaccabili, anche da eventi, anche da problemi proprio di qualcosa che si rompe, qualcosa che va storto, non necessariamente geopolitici. È chiaro che oggi noi ci sentiamo vulnerabili nelle nostre catene del valore e quindi è chiaro che la risposta è un the risking, è un the risking che deve tenere conto anche del fatto dei rischi della frammentazione perché come ha detto Dan, siamo ancora molto integrati, quindi il decoupling, anche se se lo si volesse e non è un spocabile, sarebbe molto difficile. E quindi il rischio è che ci troviamo comunque in un'integrazione avanzata e profonda, ma frammentati e quindi con molta più instabilità di qualsiasi tipo, finanziaria, industriale, ma anche l'incapacità di rispondere alla sfida ambientale che è quello che oggi è esistenziale per noi. Grazie. E adesso abbiamo il nostro ultimo relatore a cui chiederò di essere un pochino più siete stati tutti abbastanza sintetici devo dire, però chiederemo un po' di collaborazione più, però vorrei prima di dargli la parola, fare una piccola citazione. Nel mondo di oggi vediamo più scontro e meno cooperazione, più polarità e meno multilateralismo. Il sistema internazionale a cui eravamo abituati dopo la guerra fredda non esiste più. L'ordine multilaterale post 1945 sta perdendo terreno. Allora questo l'ha detto recentemente Borrelle, alto rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza parlando a degli studenti a Oxford. Allora ci domandiamo le organizzazioni internazionali che ruolo giocano oggi in questo contesto e potrebbero fare qualcosa? Lo fanno? L'incertezza e l'imprevedibilità che è emersa un po' in tutti questi nostri interventi dominano le nostre relazioni internazionali e forse abbiamo perso l'idea di un mondo ordinato o l'idea che un mondo che si possa fare qualcosa per tornare ad un mondo ordinato. Allora a questo punto darei la parola a Federico Arcelli che è professore dell'Università Cattolica del Sago Cuore, signor Feglio del Center for International Governance Innovation e signor Fellos anche del nostro Isnea e che recentemente ha fatto qualche riflessione sugli accordi di Bretton Woods, qui c'è un suo paper che però deve aggiornare quindi se volete è a disposizione e poi in ogni caso gli do la parola. Grazie a te Federico. Allora io sarò super succinto perché tra l'altro Paola Mia ha dato molti lead su quello che vorrei dire. Tornando al 1944 sostanzialmente quando si pensa alla conferenza di Bretton Woods al futuro dopo la guerra c'è una cosa che non sempre viene citata, il dibattito che ci fu tra Dexter White e Keynes sull'opportunità o meno di avere una moneta globale il banker. Diciamo che poi l'idea che c'era dietro l'idea di Keynes era qualcosa di molto particolare. Allora noi sappiamo come andò a finire, di fatto gli Stati Uniti più o meno prevalsero la linea di Dexter White che portò ad avere il sistema basato sul dollar al centro e le principali valute convertibili che in qualche modo gli ugotavano intorno, sistema che è durato fino al 1971 quando Nixon decise di sospendere la convertibilità sull'oro, sistema che era ancora basato su una tradizione storica che era quella della convertibilità sull'oro. Io farò queste riflessioni anche perché di tempo ne abbiamo poco e non voglio perdermi in dettagli che sapete meglio di me magari. Però credo che ci sia importante oggi fare una riflessione. Intanto il futuro di presenti beni pubblici globali non è una cosa teorica che può essere imposta dall'alto con accordi multilaterali, non ci sono le condizioni. Bisogna creare delle condizioni di convenienza. Un bene pubblico globale ovviamente è anche se vogliamo magari meno diciamo invasivo di quello che può essere l'impatto del clima o di altre cose che in qualche modo toccano direttamente, certamente il commercio e la stabilità finanziaria e il denaro in generale. Allora le domande che vengono sono, ha senso parlare di nuovo, di un riequilibrio, di riparare di quello che possono essere le strutture di scambio internazionale denominate in qualche moneta? Io direi una cosa di questo tipo, a noi occidentali può non convenire, noi sappiamo che c'è un dibattito attualmente esistente se vogliamo in cui chiaramente in modo diverso i BRICS cercano di portare avanti questo discorso e sanno tutti anche che non possono fare a meno del dollaro. Ora una rapida considerazione, e qui sto andando veramente in maniera super veloce è che effettivamente a noi conviene tenere una distinzione tra le monete perché le monete in qualche modo determinano anche la ricchezza o la denominazione della ricchezza dei paesi e la nostra ricchezza cioè dell'Europa e degli Stati Uniti in quanto diciamo in qualche modo asse legato di mondo occidentale è denominata nelle valute forti che sono richieste anche dagli altri. Quindi lì c'è un punto su cui in qualche forma noi dobbiamo pensare al nostro futuro, dobbiamo riflettere sul fatto che ci conviene tener insieme questa struttura che in qualche modo adatto all'Occidente se vogliamo anche un'arma ma in qualche modo un modo di proporre al resto del mondo tutta una serie di valori su cui certamente oggi il perimetro è in difficoltà, siamo consi che la democrazia non è più qualcosa che si aspira nemmeno a portare in qualche modo a tutti ma è un percorso che poi richiede una storia, richiede un passato, richiede uno sviluppo economico. Detto questo come si crea in qualche modo un punto di sintesi? Beh, certamente ci vorrà un accordo, ci vorrà qualcosa che riproponga delle forme di cooperazione che in questo senso preservino, tutelino, portino in qualche modo a rendere stabile il contesto monetario in cui siamo, ma lo riportino in una situazione non competitiva perché per noi abbiamo comunque un vantaggio ma anche un enorme rischio, cioè il rischio eventuale che certamente non nel breve e neanche nel medio ci sia in qualche modo una minaccia sul ruolo internazionale delle monete e in questo senso, io non vi parlerò di euro digitale perché sono coinvolto professionalmente nella cosa, ma sostanzialmente noi sappiamo che ci sono dei dibattiti oggi su come creare delle monete che in qualche modo possono essere utilizzate anche al di fuori delle aree monetarie e senza necessariamente passare per gli strumenti standard, diciamo carta di credito, conti bancari piuttosto che monetari, cartacea, che in qualche modo hanno tutti i limiti che conosciamo oggi. Ora se questo succederà, può essere che cambi il contesto economico da punto di vista della capacità delle banche centrali regolari e la politica monetaria. Allora, per farle estremamente breve, dove potremmo vedere un futuro interessante? Beh, certamente non può prescindere da un ruolo importante degli Stati Uniti innanzitutto, perché di fatto è l'economia rilevante del punto di vista mondiale, ma anche quella da cui volente e onolente l'Europa a qualche modo deve appoggiarsi perché l'euro da punto di vista della percezione del mercato internazionale fuori dalle nostre aree di fatto è una proxy in qualche forma del tipo di riserva che è offerta dal dollar americano. Un secondo aspetto importante è quello del commercio. Noi non possiamo certamente immaginare un mondo che non abbia regole del tutto, perché questo non conviene a nessuno, e soprattutto perché nel momento in cui ci sarà un ordine sulle cose che convengono a tutti, questo può essere il ruolo di un nuovo tipo di Bretton Woods che non necessariamente richiede istituzioni nuove, potrebbe richiedere può anche richiedere semplicemente una riforma di quelli esistenti, anche se i dibattiti che ci sono ora sono abbastanza limitati a questioni di governance, quello che si legge sulla stampa, ovviamente anche sulla stampa sulle pubblicazioni economiche è ovviamente limitante. Evidentemente tutto questo è parte di qualcosa che certamente non può essere magari definito con un'architettura a priori, non è una questione che non può venire fuori da decisioni unilaterali, ma può essere nell'interesse dello stesso occidente poter porre sul tavolo con delle regole molto chiare. E potrebbe essere che questo diventi anche un interesse delle parti che in qualche modo in questo momento aspirerebbe un ruolo nuovo, perché certamente è una parte di discussione su cui si può riflettere in un ambito di conversazione. Non ci sono le condizioni, la situazione di tensione geopolitica non l'aiuta, però creare le convenienze, di solito è il momento, è il modo con cui poi si crea la prospettiva. Io forse lascierei gli ultimi quattro minuti perché ho parlato anche troppo. Ma credo che ne avremo anche qualche... mi hanno fatto cenno, mi hanno detto che abbiamo qualche minuto in più, quindi abbiamo tutto il tempo, grazie. Bene, ecco domande. Salve, è un piacere per me essere qui oggi e vi ringrazio per i vostri interventi. Sono una studentessa della Scuola dei Studi Internazionali. Volevo chiedervi se credete che il rilancio della cooperazione internazionale per la produzione di benefici pubblici globali debba assumere come punto di partenza una più esatta rendicontazione del benessere in nome della sostenibilità? Quindi mi riferisco all'inclusione del capitale naturale e del capitale sociale nel calcolo dell'estima del PIL. Chi vuole rispondere? Di voi? Sicuramente, sono assolutamente d'accordo, però è molto difficile, è possibile tecnicamente. Questa è una storia lunga, come cambiare anche la formulazione e il calcolo del PIL. Non so se ci arriveremo, ci sono state fatte varie proposte, prima si parlava del G20, questo era una cosa di cui si parlava nel G20 di 10 anni fa, proprio perché il modo di formulare e di calcolare il PIL deve tenere conto dei beni comuni e del cosiddetto free riding, del fatto che i beni comuni vengono danneggiati a forza di comportamenti che chiamiamo opportunistici. Questo impone un ripensamento del modello di crescita. E quindi, e qui potremo parlarne per tutta la giornata, l'importante è che questo tipo di sensibilità e di attenzione si traduca in policy. E qui rispondo anche, mi è venuto in mente che non ho risposto alla domanda di Maria Stella, i Paesi in via di sviluppo. Una delle richieste ai Paesi in via di sviluppo, tra l'altro, è uno degli ostacoli detti in maniera molto semplicistica, ma voi vi siete sviluppati inquinando, avete rovinato l'ambiente? Perché chiedete a noi invece di muoverci in maniera diversa? E quindi sta diventando veramente una discussione molto molto difficile, però sono assolutamente d'accordo. Le soluzioni sono limitate. I learned this was called a gelato here, which I love it. I want to emphasize something that Dan said. We're worrying about security issues these days in a way that we weren't ten- fifteen years ago. We were, of course, before the end of the Cold War, but that's a long past memory. So for most of us, most of our active life has been in a period which in retrospect was a period of massive underestimation of security issues compared with the long-term average. So it's very difficult to include sustainability issues in our economic policies, in our investment frameworks. It's much more difficult to include security concerns. So just to underline the magnitude of that challenge. Thank you. Prego. Salve. Detto che la parola dei rischi mi sembra un modo politically correct di dire l'inizio del decoupling. Le prime azioni che vanno verso il decoupling, si può analiticamente andare a vedere esattamente quali sono foreign direct investment, e detto che, sottostante qui c'è la trappola di Tucidide, quindi il fatto che per ragioni demografiche e di economia, la Cina sta diventando sempre più potente, e a un certo punto reclama il proprio ruolo nel mondo, io ho due domande. La prima è quando? La Cina invade Taiwan se facciamo il decoupling? No. E la seconda domanda è come si fa a tenere l'India dalla parte delle democrazie? Quali sono gli atti concreti che ci permettono di togliere dall'India l'apparato militare russo, le armi russe, come si fa a convincere quel miliardo e quattrocento milioni di persone a stare dalla nostra parte e non dall'altra parte? Grazie. Coraggio, Dan, è tuo turno. Ok, grazie. Let me start with India. I think it's very interesting to see how India is positioning itself. It of course is now getting bigger than China. It views itself as Mr. Modi says the teacher, which is a direct assault on the Chinese conception of being the middle kingdom. So India has its own sense of its role in history and its sense of role in the world and it's an ambitious one. But of course it has so many challenges at home. It's very hard to move forward unless it can really, you know, transform itself at home. And for that it will need some help. For so many decades the Indian model was self-sufficiency. They didn't want the others involved because of colonial history, lots of sensitivities. I think that's changing at the margin but it's again with this sense that India has its own destiny. So it is very competitive with China. And so having a link to Russia was useful to it before but now that Russia and China are actually coming together it's proving to be problematic. And given the tense security situation with China and Pakistan, you name it, the notion of being reliant in Russian military technology I think is no longer the paradigm for India. But some of these systems that you buy, these systems, they are with you for decades. And the parts and components you have to supply them are with you for decades. So India will remain reliant on Russia as an arm supplier for a long, long time. But if you look at their purchasing and where they're going, they're going totally to the west. So over time I think there's going to be a major change but it's not going to happen soon. And then it depends on how you integrate India into other types of mechanisms. It won't side with anybody in the end. It'll be India. But it is a major player and I think you see at least the United States trying really very hard to try to create the new kinds of mechanisms to work with India. But also with the European Union. You know, there's this very interesting project, this India-Middle East corridor that is being basically done by the United States and the EU with India. The Middle East conflict right now is creating some problems for that. But it's the notion of you're creating new types of connections, new types of gateways for India. And I think that that'll be a new thing. The US has these new regimes with the Indians involved in Indo-Pacific arrangements. Those are very new. So we keep working at it. I think it's a long-term process. But I think it'll help. On China, on de-risking, I mean I just don't accept that de-risking is just a step to decoupling. Decoupling implies you're just going to cut off everything. It would be like the Cold War with Russia. That's why I was trying to make a distinction. It won't be like that. We will remain deeply interdependent with each other. Just think of the raw materials connections. That's going to remain, again, for decades. Despite any effort of Europe to become more reliant on raw materials for the green transition, it's going to remain in China. So will we. And China is incapable of producing highest end technologies without the West. So each of us hit our limits. We're each very dependent on certain things. And that will continue. What we're all trying to do is make that interdependence a bit less uncomfortable. Put it that way. So we come to your hard question, which is about Taiwan and about the threats. I mean, you know, there is a question of managing that issue as we have for decades so that it doesn't blow up into a full scale war. And it's hard to anticipate what Xi Jinping wants to do, but that's why you have to keep managing it, and that the costs of anything that would be so prohibitive, you wouldn't want to do it. I would simply say, trying to link it back to our other debate, what has become apparent, at least, to me, at least, is that the North Atlantic and Indo-Pacific are now very strategically linked. We used to think they were sort of different, but they're not. They're very linked because anything happening with Taiwan would implicate Europe immediately, not just in terms of lots of ripple effects, but think about the United States' security commitment to Europe. The U.S. has security commitments in both theaters. And if there was a simultaneous crisis, the United States might not be here for Europe in the way the Europeans expect it to be. That's why more European capability, in security terms, here, is actually a good thing for all of us. That's why it's not about 2%. It's about building real capabilities so Europeans can, say, be the first responder to crises in and around their neighborhood instead of asking the American Air Force to fly the French to Mali because they can't get there on their own. Things like that. Those are the kinds of things that we have to work on much more seriously. But back to China. China is not a world away. China is now a power in Europe. It is investing in critical technologies. It is still acquiring many companies. It is invested in strategic ports and all sorts of elements here. It is already here. It is present every day. And that's the new reality. Its effort to acquire technological capabilities that have military purposes will have a huge impact on Europe. It's challenged back to public goods. One way to think of public goods maybe is the global commons. Freedom of navigation. Freedom of information. Freedom of outer space. And if you think about that, 80% of Europe's trade today is dependent on maritime flows that are contested by China. And who keeps those flows open? The US Navy. Not the European navies. So, you know, in terms of upholding the global commons and who's contesting it, that's a pretty dramatic link between the North Atlantic and the Pacific in terms of who's actually doing what. So, I think we have to be very clear and sober about the kinds of challenges we're facing here and understand it's not a world away. That's what's uniting us now is this commons security challenge that we're facing. Questions, are we going to face it together or are we going to like to spend our time squabbling about these issues? Thank you. Thank you very much. Io vedo una clessidra rossa e mi piacerebbe continuare il dibattito anche perché io credo che abbiate colto lo spessore dei contenuti che ci sono stati trasferiti. Io come conclusione direi che il nostro dilemma resta aperto. Apertissimo. Non abbiamo trovato e non troveremo ovviamente come diceva Franco Bassanini una risposta. Non la possiamo trovare certo qui. Il dibattito è aperto però io credo che siamo riusciti a porre il problema sul tavolo e quindi avremo occasione di pensarci e di cogliere una serie di spunti per il futuro. Vorrei ringraziare i nostri ospiti per la loro disponibilità. Grazie. Grazie. Grazie.
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