Aspettiamo solo lo streaming e cominciamo eh. Però scusa perché lui è bagnatissimo e tu no? Io l'ombrello... Sei stato generoso vero? Io tenere un copo a tavolo e lui lo lasciato. Non è meglio se lo lasciamo aperto? Io credo che possiamo cominciare. Credo che lo debba dire lui, si ha detto di si. Ci hanno dato l'ok e quindi pure in questa situazione di diluvio almeno per chi ci ascolta coperto e da fuori cominciamo la nostra conversazione e ci scusiamo per il ritardo ma appunto ci sono stati un po' di problemi logistici e soprattutto temporaleschi. Ma noi qui siamo a parlare di bellezza e quindi ci rifaremo con l'immaginazione di vogli che Nicolás Ballario ci farà sognare. Io sono molto contenta di fare questa chiacchierata insieme a Nicolás Ballario per varie ragioni. Per questa sua idea che adesso andiamo a raccontare che l'arte ha bisogno di tempo e io ho questa idea che l'arte ha bisogno di tempo la trovo giustissima. In realtà tante cose hanno bisogno di tempo. Dovremmo tutti dare un po' più di tempo alle cose che ci interessano, ognuno le sue. Ma che l'arte abbia bisogno di tempo credo sia uno specifico dell'arte che tu appunto sottolinei. Quindi parto da qua, non parto dal tuo libro di cui poi parliamo approfonditamente però volevo chiederti prima, siccome il tuo libro richiederà tempo perché è un volume importante, perché l'arte chiede di dedicarci sì? Perché diciamo che in un mondo in cui tutto quanto è immediato, in un mondo in cui oramai divoriamo le cose in 15 secondi, io devo dire che sono il primo, perché io sono uno di quelli che la sera quando va a dormire si rincoglionisce davanti a TikTok a guardare i video che fanno ridere. Questa cosa qua mi sta lentamente uccidendo dal punto di vista mentale, intellettivo, eccetera eccetera. Però non c'è solo quel mondo lì. In un mondo che deve essere velocissimo per poter essere digerito, è molto bello che ci sia una cosa che invece richiede un grande impegno. E in realtà l'arte ha sempre richiesto un grande impegno, perché c'è un tipo d'arte che è quella che noi abbiamo assimilato, soprattutto grazie alla benedizione della storia, che diamo per scontata. Ma anche lì invece ci sono delle cose che, come dire, se non si sanno, uno va a vedere la cappella Sistina, se non conosce nulla della storia della religione, si, l'apprezza perché è un posto bellissimo, però qualcosa se lo perde. E io credo che il contemporaneo abbia bisogno di questa cosa qua, ha bisogno di tempo per due tipi di cose. C'è certamente una componente... Grazie, si vede che faccio radio di mestiere, non su usare i microfoni. C'è sicuramente una componente immediata, una componente che di solito dicono gli artisti, gli artisti dicono sempre che l'arte deve parlare da sola e sanno benissimo anche loro che non è vero, però è una cosa che è bella da dire che l'arte deve parlare da sola. L'arte purtroppo non parla da sola, l'arte ha bisogno di un innesto culturale precedente e soprattutto ha bisogno poi di un momento di grande riflessione dopo. Quindi il momento dell'arte in realtà è una conseguenza di tante cose ed è una causa di altrettante altre. Cioè se uno guarda l'arte e poi se ne va soddisfatto perché l'arte parla da sola come se fosse una sentenza, come se fosse una frase, secondo me perde un po' di valore. L'arte invece ti deve mettere dei dubbi che poi ti richiedono tanto tempo perché se invece tu vai a vedere una roba d'arte e ti è bastato vederla, credo che ci sia un problema. L'equivalente di un video su TikTok, allora forse... A me lascia gli stessi danni, perché nel video di sottofondo mi lascia danni cerebrali perché sembro uno di quei ragazzini compulsivi. Però credo che TikTok o Instagram siano una cosa che non lo so, ci siamo ritrovati davanti. Cioè l'idea di avere tutto il mondo dentro il telefono è una cosa comunque interessante. Io non riesco a non farci caso. Tu li usi social? Poco. Moderatamente, poco TikTok, ma forse perché sono di una generazione sbagliata. Anche io per TikTok sono molto vecchio per TikTok. Infatti non pubblico niente perché mi vergogno, però lo guardo nel segreto della mia camera la sera. Veniamo a che cosa fai, e poi arrivo al libro. Perché comunque Nicola Sballario fa tante cose. Infatti faccio fatica a presentarti in un mondo solo, devo dire, tante cose. Perché sei un conduttore radiofonico, un conduttore televisivo, ti occupi di arte e fai appunto questo incrocio difficile che è fare il divulgatore di una cosa però complessa come appunto il mondo dell'arte. Hai un tuo programma appunto su Sky Art, e poi hai scritto questo libro che si chiama appunto I 100 luoghi del contemporaneo. Cento, numero tondo, numero importante, sono pochi o tanti 100 luoghi del contemporaneo. Penso che a volte il caso fa bene alle cose e credo che siano quelli giusti per l'Italia. Forse se avessimo dovuto prendere un altro paese, non parliamo degli Stati Uniti che figuriamoci, ma se avessimo dovuto prendere un altro paese forse non sarebbero bastati. O magari il livello sarebbe stato più alto, quindi ci saremmo fermati a un livello un po' più alto. Non è che ci sono cose di livello basso, certo l'Italia sul panorama internazionale dal punto di vista artistico arranca molto, però ha una peculiarità che a parte... sì c'è un po' Milano che ovviamente la fa un po' da padrone, perché è la grande città internazionale italiana, però in Italia non c'è un centro, è come se fosse un grande paese diffuso. E quindi l'arte contemporanea si può trovare nelle metropoli, ma anche nei paesini. E questo non è una cosa che succede, che a noi sembra scontata, ma negli altri paesi non succede, non succede a nessuna parte. Ci sono tante cose, non esiste probabilmente, in gran parte d'Europa non esiste una grande città senza un museo d'arte contemporanea, e questo in Italia non è così perché non ce li abbiamo, però nello stesso tempo nei piccoli centri, queste trovate e centri che abbiamo noi italiani, gli altri paesi internazionali non li abbiamo. Quindi sono pochi se pensiamo a quanto potremmo dare, ma sono il numero giusto credo se vogliamo restituire un'idea diffusa di arte che c'è in Italia, che poi è semplicemente un'eredità storica, perché la grande arte classica, la grande architettura, arrivando fino all'archeologia, in Italia c'è per tutto. Non c'è un posto con un sito di interesse più lontano di 100 km in Italia, non esiste. Comunque anche nel posto più sfigato d'Italia, non so quale sia, ma a un'ora di strada hai comunque qualcosa di bellissimo. Un palazzo. Assolutamente, al massimo a un'ora di strada hai qualcosa di notevole. Però il contemporaneo è diverso, tu lo scrivi in maniera molto forte nella tua introduzione al libro. Dici questa frase che secondo me è bellissima, che cito a memoria, spero di citarla giusta, che sembra che in Italia fra essere e non essere tutti scelgano l'essere stato, che trovo che sintetizza in una maniera mirabile proprio il senso. Ecco, l'Italia sul contemporaneo, perché non è quella che è stata l'Italia del rinascimento? Cioè quello che stiamo dicendo, no? È ancora tessuto italiano reale, perché cammini e c'è bellezza ovunque. Però no, sul contemporaneo ci siamo fermati, ci siamo fermati all'essere stato. Perché? Beh, essere stato perché... Sto arrivando nell'acqua e ci sono tutti quanti cari. E questo? Fantastico! Mi piace enormemente ma è troppo rischioso.